N. 261 SENTENZA 3 - 7 ottobre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Comuni e province  -  Norme  della  Regione  Piemonte  -  Divieto  di
  istituzione di nuovi comuni con popolazione inferiore a  cinquemila
  abitanti o la cui  costituzione  comporti,  come  conseguenza,  che
  altri comuni scendano sotto tale limite - Lamentata violazione  del
  principio di uguaglianza -  Asserita  violazione  della  competenza
  esclusiva statale in materia di ordinamento  degli  enti  locali  -
  Illogicita'  e  contraddittorieta'  delle  argomentazioni  poste  a
  fondamento delle censure - Inammissibilita' delle questioni. 
- Legge della Regione Piemonte 2 dicembre 1992, n. 51, art.  3,  come
  sostituito dall'art. 6, comma 2, della  legge  regionale  26  marzo
  2009, n. 10. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, terzo comma; d.lgs. 18 agosto 2000, n.
  267, art. 15, comma 1. 
(GU n.43 del 12-10-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Giuseppe  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe
  FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio  LATTANZI,  Aldo
  CAROSI, Marta CARTABIA 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge
della Regione Piemonte  2  dicembre  1992,  n.  51  (Disposizioni  in
materia di circoscrizioni  comunali,  unione  e  fusione  di  Comuni,
circoscrizioni provinciali), come modificato dall'art.  6,  comma  2,
della legge della Regione Piemonte 26  marzo  2009,  n.  10,  recante
«Modifiche alla legge regionale 16 gennaio  1973,  n.  4  (Iniziativa
popolare e degli enti locali e referendum abrogativo e consultivo)  e
alla legge regionale 2 dicembre 1992, n. 51 (Disposizioni in  materia
di   circoscrizioni   comunali,   unione   e   fusione   di   Comuni,
circoscrizioni provinciali)», promosso dal  Tribunale  amministrativo
regionale per  il  Piemonte  con  ordinanza  del  19  novembre  2010,
iscritta al n. 27 del registro  ordinanze  2011  e  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  8, 1ª   serie   speciale,
dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito nell'udienza pubblica del  20  settembre  2011  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    Udito l'avvocato Giulietta Magliona per la Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale per il  Piemonte,  con
ordinanza depositata in data 19 novembre  2010,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli articoli 3 e 117, terzo comma, della Costituzione  -
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  legge
della Regione Piemonte  2  dicembre  1992,  n.  51  (Disposizioni  in
materia di circoscrizioni  comunali,  unione  e  fusione  di  Comuni,
circoscrizioni provinciali), come modificato  dall'art.  6,  comma  1
(rectius: comma 2), della legge della Regione Piemonte 26 marzo 2009,
n. 10, recante «Modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1973, n.  4
(Iniziativa popolare e degli enti locali e  referendum  abrogativo  e
consultivo)  e  alla  legge  regionale  2  dicembre   1992,   n.   51
(Disposizioni in materia di circoscrizioni comunali, unione e fusione
di  Comuni,  circoscrizioni  provinciali)»,  nella   parte   in   cui
stabilisce - in violazione del disposto dell'art. 15,  comma  1,  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti  locali),  secondo  cui  le  Regioni  non
possono istituire nuovi Comuni con popolazione inferiore ai diecimila
abitanti - il solo divieto di istituire  Comuni  la  cui  popolazione
consista in meno di cinquemila unita'. 
    1.1. - La vicenda posta ad oggetto del giudizio  a  quo,  secondo
quanto riferisce il Tribunale rimettente, concerne  l'iniziativa  per
l'istituzione di un nuovo Comune, denominato Mappano, con  territorio
risultante dal distacco di porzioni attualmente riferite ai Comuni di
Settimo Torinese, Caselle Torinese, Borgaro Torinese e Leini'. 
    La Regione Piemonte, con deliberazione del Consiglio n. 271-34222
del  29  luglio  2009,  aveva  indetto  al  proposito  un  referendum
consultivo, ed il relativo  provvedimento  era  stato  impugnato  dal
Comune di Leini'. Il Tribunale procedente aveva accolto la domanda di
sospensiva proposta dal ricorrente, con provvedimento pero' riformato
dal Consiglio di  Stato  in  sede  di  appello  cautelare.  Per  tale
ragione,  con  proprio  decreto  n.  17  del  16  febbraio  2010,  il
Presidente della  Giunta  regionale  del  Piemonte  aveva  nuovamente
indetto un referendum consultivo. 
    Anche il nuovo provvedimento e' stato  impugnato  dal  Comune  di
Leini', cui si e' affiancato, con analogo ricorso, quello di  Settimo
Torinese. 
    A  sostegno  dell'impugnazione  si  e'  dedotta  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge reg. n. 51 del  1992,  il  cui
secondo comma, fissando la soglia minima di  consistenza  demografica
per i Comuni di nuova istituzione a cinquemila unita', salvo il  caso
della fusione tra Comuni gia' esistenti,  consente  la  creazione  di
nuovi Comuni con popolazione  inferiore  ai  diecimila  abitanti.  La
norma contrasterebbe con il disposto dell'art. 15 del d.lgs.  n.  267
del 2000, ove e' stabilito  che  le  Regioni  possono  modificare  le
circoscrizioni  territoriali  dei  Comuni  -  sentite,  nelle   forme
previste dalla legge regionale, le popolazioni interessate -  ma  non
istituire  nuovi  Comuni  con  popolazione  inferiore  ai   diecimila
abitanti (o Comuni per effetto  della  cui  costituzione  altri  enti
rimangano con popolazione inferiore alla soglia indicata),  salvo  il
caso della fusione tra Comuni esistenti. 
    Nella  prospettazione  dei  ricorrenti,  la  disposizione  appena
citata esprimerebbe una norma non derogabile dalle Regioni, in quanto
principio generale posto dallo  Stato  in  una  materia  di  potesta'
legislativa concorrente.  I  ricorrenti  avrebbero  sostenuto  anche,
secondo la sintesi esposta dal giudice a quo, che la norma interposta
attiene  alla   «materia   dell'ordinamento   degli   enti   locali»,
asseritamente rimessa alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. 
    1.2. - Nel giudizio principale, sempre secondo l'esposizione  del
rimettente, la Regione Piemonte  ha  sostenuto  la  pertinenza  della
materia «circoscrizioni comunali»  alla  competenza  residuale  delle
Regioni,  poiche'  l'originario  e  specifico  riferimento  ad   essa
contenuto  nell'art.  117  Cost.,   quale   materia   di   competenza
concorrente, non e'  stato  ripreso  dopo  la  modifica  della  norma
costituzionale.  A  favore  della  esclusiva   competenza   regionale
militerebbero anche l'invariato tenore del  secondo  comma  dell'art.
133 Cost., secondo il quale la Regione  puo'  istituire  nel  proprio
territorio  nuovi  Comuni,  e  modificare  la  circoscrizione  e   la
denominazione di quelli esistenti, e la previsione  del  primo  comma
della stessa norma, che riserva  espressamente  allo  Stato  la  sola
istituzione di nuove Province. 
    1.3. - Il Tribunale piemontese condivide i dubbi  dei  ricorrenti
circa  la  legittimita'  costituzionale  della  legge  regionale  che
disciplina il procedimento per la creazione di nuovi Comuni. 
    In punto di rilevanza, il giudice  a  quo  osserva  che  tutti  i
provvedimenti regionali impugnati si fondano sulla legge reg.  n.  51
del  1992.   In   particolare,   solo   la   disposizione   censurata
consentirebbe (in contrasto con l'art. 15 del d.lgs. n. 267 del 2000)
di istituire il comune di Mappano,  che  conterebbe  una  popolazione
inferiore alle diecimila persone. Dall'accoglimento  della  questione
di legittimita' costituzionale deriverebbe dunque  l'invalidita'  dei
provvedimenti  impugnati  dai  ricorrenti,   con   conseguente   loro
annullamento. 
    1.4. - Nel merito della questione, il giudice  rimettente  assume
che l'esame coordinato di tutte le disposizioni dell'art.  117  Cost.
dimostrerebbe   l'afferenza   della   materia   avente   ad   oggetto
l'ordinamento territoriale dei Comuni alla  lettera  p)  del  secondo
comma. Il legislatore costituzionale avrebbe infatti voluto assegnare
alla competenza esclusiva dello Stato «ogni segmento della vita delle
autonomie locali, principiando  dal  momento  genetico,  identificato
nella "legislazione elettorale" (...), di poi transitando  attraverso
il momento diacronico dell'attivita' e delle competenze degli "organi
di governo", fino a  giungere  all'approdo  terminale  del  tracciato
percorso fenomenico,  individuandolo  nelle  "funzioni  fondamentali"
dell'ente locale». 
    Non potrebbe allora sfuggire alla medesima competenza il «momento
genetico  basilare»,  cioe'  la  istituzione   e   la   delimitazione
territoriale dell'ente. Ed infatti - ribadisce  il  rimettente  -  il
nuovo testo del terzo comma dell'art. 117 Cost. non comprende piu' il
precedente  riferimento  alla  competenza  legislativa  regionale  in
materia di circoscrizioni comunali. 
    L'intervenuto mutamento del quadro costituzionale varrebbe  anche
a  limitare  l'odierna  rilevanza   di   una   pronuncia   fortemente
valorizzata  dai  ricorrenti,   cioe'   la   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 1 del 1993. Nell'occasione, il disposto  del  primo
comma dell'art. 11 della legge 8 giugno  1990,  n.  142  (Ordinamento
delle autonomie locali), era stato certamente riferito «al quadro dei
nuovi principi organizzativi delle autonomie locali», ma - secondo il
rimettente - al solo scopo di dedurne l'abrogazione  implicita  della
legge 15 febbraio 1953, n. 71 (Ricostituzione di Comuni soppressi  in
regime fascista), che consentiva appunto la  ricostituzione  di  enti
anche nel caso di popolazione  inferiore  alle  tremila  persone.  La
Corte, del resto, aveva deliberato in base al  testo  allora  vigente
dell'art.  117  Cost.,  ed   al   disposto   dell'art.   128   Cost.,
successivamente abrogato, a norma del quale le Province  e  i  Comuni
costituivano «enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi
generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni».  In  quel
contesto  -  osserva  il  Tribunale  -  la  soccombenza  delle  leggi
regionali rispetto a principi generali fissati  nella  legge  statale
appariva del tutto naturale. Oggi, invece, il dettato della  sentenza
n. 1 del 1993 puo' rilevare nella sola  parte  in  cui  configura  la
soglia  dei   diecimila   abitanti   come   «principio   fondamentale
inderogabile per l'istituzione di nuovi Comuni». 
    Altri precedenti della giurisprudenza costituzionale,  piuttosto,
varrebbero a sostenere l'assunto  della  competenza  esclusiva  dello
Stato nella materia in esame. Piu' volte, in  particolare,  la  Corte
costituzionale avrebbe attribuito  alla  competenza  residuale  delle
Regioni la disciplina delle comunita' montane, «pur in presenza della
loro qualificazione come enti locali contenuta nel d.lgs. n. 267  del
2000» (la citazione e' riferita alla sentenza n. 237 del  2009;  sono
citate, inoltre, la sentenza n. 397 del 2006, e le sentenze n. 456  e
n. 244 del 2004, rectius: del 2005).  Il  rimettente  assume  che  la
Corte avrebbe implicitamente ammesso, per tal via, come per gli altri
enti locali debba ritenersi la competenza esclusiva dello Stato. 
    Non  sarebbe  mancata  neppure  una  presa  di   posizione   piu'
esplicita, che il Tribunale individua nella sentenza n. 48 del  2003.
In quel contesto sarebbe stata postulata una sostanziale  stabilita',
pur  dopo  la  modifica  dell'art.  117   Cost.,   della   disciplina
costituzionale circa  il  riparto  delle  competenze  in  materia  di
ordinamento  delle  autonomie  locali,  con  attribuzione  alle  sole
Regioni a statuto speciale «di una competenza primaria in materia  di
ordinamento degli enti locali del proprio territorio».  La  decisione
varrebbe  tra  l'altro,  secondo  il  rimettente,  a  confermare   la
perdurante coesione,  nel  riparto  costituzionale  delle  competenze
legislative, della materia «ordinamento delle autonomie locali». 
    1.5. - Il Tribunale non nega la distonia  tra  il  secondo  comma
dell'art. 133 Cost. e la ricostruzione fin qui riassunta, che sarebbe
«interna allo stesso dettato costituzionale». 
    Le regole di attribuzione della  competenza  ad  istituire  nuovi
Comuni, in  effetti,  costituirebbero  un  «sottoinsieme»  nel  corpo
unitario delineato dalla lettera p) del secondo comma  dell'art.  117
Cost. Si tratterebbe pero',  secondo  il  rimettente,  d'un  caso  di
competenza legislativa concorrente, con la conseguenza che  le  leggi
regionali in materia  dovrebbero  comunque  uniformarsi  ai  principi
fondamentali stabiliti dalla legge statale, ai sensi del terzo comma,
ultima parte, del citato art. 117 Cost. 
    Il divieto di istituire Comuni con meno di diecimila  abitanti  -
ripete il rimettente  -  sarebbe  gia'  stato  definito  dalla  Corte
costituzionale, quale «principio fondamentale», in rapporto  all'art.
11 della legge n. 142 del 1990, il cui testo e' stato trasfuso, senza
variazioni, nell'art. 15 del d.lgs. n. 267 del 2000.  Alla  base  del
principio, l'esigenza  di  contenere  la  proliferazione  degli  enti
territoriali e delle pertinenti strutture amministrative, al fine  di
ridurre  la  spesa  pubblica  e  di  assicurare  il  buon   andamento
dell'amministrazione. 
    In  definitiva,  secondo  il  Tribunale,   la   norma   regionale
censurata, ammettendo la costituzione di Comuni con meno di diecimila
abitanti, viola il terzo comma dell'art. 117 Cost. Vi  sarebbe  anche
una violazione concomitante dell'art. 3 Cost.,  data  la  difformita'
della disciplina introdotta da quella  valevole  per  la  generalita'
delle altre Regioni della Repubblica. 
    2. - La Regione Piemonte, in persona del  Presidente  pro-tempore
della Giunta regionale,  si  e'  costituita  nel  giudizio  con  atto
depositato il 18 febbraio 2011. 
    Dopo aver ricostruito dettagliatamente la procedura  referendaria
cui si riferisce il giudizio a quo,  ed  aver  riassunto  le  censure
prospettate dal rimettente, la  Regione  nega  che  l'istituzione  di
nuovi Comuni  sia  materia  assegnata  alla  competenza  esclusiva  o
concorrente dello Stato. 
    Nel procedere all'esegesi di quanto disposto alla lettera p)  del
secondo comma dell'art. 117 Cost., il Tribunale  avrebbe  forzato  la
portata della norma, assimilando la  procedura  elettorale  e  quella
istitutiva in un preteso segmento unitario  pertinente  alla  nascita
dell'ente territoriale. In realta' - si osserva - non possono esservi
elezioni senza che l'ente gia' esista in tutte le sue componenti, dal
territorio alla popolazione, e d'altra parte la materia «legislazione
elettorale» non puo' certo comprendere l'istituzione degli  enti  che
dovranno essere governati attraverso organi elettivi. 
    Lo stesso rimettente - prosegue la Regione - ha  dovuto  prendere
atto   d'una   pretesa   «contraddizione    interna»    al    dettato
costituzionale,  senza  per  altro  ben  chiarire  come   l'esplicita
previsione della  competenza  regionale  (di  cui  al  secondo  comma
dell'art. 133 Cost.) possa conciliarsi con l'asserita  e  complessiva
competenza  statale  per  la  materia  «ordinamento  delle  autonomie
locali». Il rilievo varrebbe ad evidenziare  che  l'espunzione  delle
«circoscrizioni comunali» dal testo vigente dell'art. 117  Cost.  non
mirava  ad  una  completa  inclusione  della  materia  in  quella  di
«ordinamento degli enti locali», quanto piuttosto ad  una  disciplina
articolata: competenza statale quanto alla legislazione elettorale ed
alle funzioni fondamentali  degli  enti  territoriali  sub-regionali;
competenza regionale non solo quanto all'ordinamento territoriale dei
Comuni, ma anche per l'organizzazione amministrativa dei medesimi. 
    Del resto  -  prosegue  la  Regione  Piemonte  -  il  legislatore
costituzionale avrebbe potuto facilmente includere in  modo  espresso
la materia «ordinamento degli enti locali», se questa fosse stata  la
sua intenzione, tra le competenze esclusive dello Stato.  Invece,  in
modo espresso, ha  riservato  alla  legislazione  nazionale  solo  le
materie indicate alla lettera p) del secondo comma dell'art.  117  ed
al  primo  comma  dell'art.  133  (che  sancisce,  in   significativa
difformita' dal disposto del comma successivo, la competenza  statale
per l'istituzione di nuove Province).  Lo  spazio  restante  dovrebbe
intendersi regolato,  quindi,  in  termini  di  competenza  regionale
residuale. 
    2.1. - La ricostruzione del Tribunale  amministrativo  piemontese
non sarebbe adeguatamente sostenuta - secondo la difesa  regionale  -
dalla giurisprudenza costituzionale evocata nel testo  dell'ordinanza
di rimessione: una giurisprudenza che sarebbe stata  avviata  da  una
affermazione apodittica, poi piu'  volte  reiterata  senza  ulteriori
approfondimenti (sono citate le sentenze n. 159 del 2008, n. 377 e n.
48 del 2003). 
    Non si potrebbero trascurare, d'altra parte,  le  pronunce  della
stessa Corte costituzionale in materia di comunita' montane,  la  cui
disciplina  e'  stata  attribuita  alla   competenza   regionale   in
applicazione del quarto comma dell'art. 117 Cost.  (sentenze  n.  237
del 2009, n. 397 del 2006, nn. 456 e 244 del 2005). Il rimettente  ha
sostenuto  che  la  Corte  avrebbe  identificato  la  competenza   in
questione «nonostante» la  natura  di  enti  locali  delle  comunita'
montane, con cio' significando che detta natura  comporta  di  regola
una competenza statale. Ma si tratterebbe di un  fraintendimento.  La
Corte avrebbe  inteso  rilevare  che,  per  quanto  enti  locali,  le
comunita' non sono comprese nella previsione  della  lettera  p)  del
secondo comma dell'art. 117 Cost., che  delimita  specificamente  sia
gli  enti  interessati  che  i  profili  ordinamentali  rimessi  alla
legislazione  nazionale.  Con  la  conseguenza  che,  non  ricorrendo
neppure una ipotesi di competenza concorrente,  la  disciplina  delle
comunita'  ricadrebbe  appunto  nell'ambito  residuale  regolato  dal
quarto comma della citata norma costituzionale. 
    Il riconoscimento di competenze regionali esclusive in materia di
enti locali varrebbe a smentire,  secondo  la  Regione  Piemonte,  la
pretesa  di  una  competenza  statale  generalizzata  in   punto   di
ordinamento degli enti medesimi. La stessa logica  applicata  per  le
comunita'  montane,  anzi,  dovrebbe  indurre  ad  identificare   una
competenza  residuale   con   la   sola   eccezione   delle   materie
specificamente sottratte dalla lettera p) del secondo comma dell'art.
117 Cost., cioe' la legislazione elettorale, gli organi di governo  e
le funzioni fondamentali degli enti sub-regionali. Il che in  effetti
sarebbe avvenuto, secondo la Regione, con  la  sentenza  n.  326  del
2008, ove la Corte, pur senza  direttamente  smentire  la  pertinenza
alla competenza esclusiva dello Stato della materia  dell'ordinamento
locale, avrebbe comunque riconosciuto l'esistenza di una  sub-materia
(«organizzazione degli uffici degli enti territoriali»)  attribuibile
secondo un criterio di competenza residuale delle Regioni. 
    Si tratterebbe quindi, a giudizio della difesa regionale, di  una
sub-materia a sua volta non  riconducibile  alla  piu'  volte  citata
lettera p). Un'ulteriore situazione dello stesso genere sarebbe stata
individuata   dalla   Corte   costituzionale,   a   proposito   della
«organizzazione degli enti locali», con la sentenza n. 324 del 2010. 
    2.2.  -  In  definitiva,  secondo   la   Regione   Piemonte,   la
giurisprudenza costituzionale esprimerebbe due indirizzi. Secondo  il
primo, la potesta' legislativa in materia di ordinamento  degli  enti
locali, anche dopo la riforma del  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione, sarebbe rimasta  immutata  in  capo  allo  Stato  (sono
citate le sentenze n. 159 del 2008, nn. 377 e 48  del  2003).  Ve  ne
sarebbe pero' un secondo, sviluppatosi con  riguardo  alle  comunita'
montane, in base al quale  la  materia  sarebbe  ormai  rimessa  alla
competenza regionale residuale (sentenze n. 237 del 2009, n. 397  del
2006, nn. 456 e 244 del 2005). Gli argomenti esposti  a  sostegno  di
tale ultimo orientamento sarebbero spendibili  anche  per  gli  altri
enti locali, con il solo limite  di  quanto  espressamente  stabilito
alla lettera p) del secondo comma dell'art. 117 Cost. 
    2.3. -  A  parere  della  Regione  Piemonte,  in  definitiva,  la
soppressione dell'art. 128 Cost.  avrebbe  comportato  la  prevalenza
nella materia in esame del criterio residuale di  attribuzione  della
competenza,  con  l'eccezione  di  tre  ristrette  «sub-materie».  In
particolare, i mutamenti territoriali delle  circoscrizioni  comunali
sarebbero  rimessi  alla  competenza  legislativa   esclusiva   delle
Regioni, con la sola eccezione dei casi di  spostamento  del  singolo
Comune dal territorio di  una  Regione  a  quello  di  un'altra,  che
restano riservati (in base  all'art.  132  Cost.)  alla  legislazione
statale. 
    L'attribuzione alla potesta' regionale  confermerebbe  del  resto
una scelta gia' espressa dal precedente testo dell'art. 117 Cost.,  e
ribadita dalla perdurante statuizione del secondo comma dell'art. 133
Cost., dalla quale si desumerebbe che, nella materia de qua,  l'unico
principio generale e' dato dalla necessita'  di  consultazione  delle
popolazioni interessate. Per tali motivi avrebbe perso  ogni  effetto
cogente,  quale  principio  generale  dettato  in  una   materia   di
competenza concorrente, la norma dettata dall'art. 15, comma  1,  del
d.lgs. n. 267 del 2000. 
    Quanto  meno,  la  norma  in  questione  risulterebbe  «cedevole»
rispetto al concreto esercizio della sopravvenuta potesta'  regionale
esclusiva, secondo il disposto dell'art. 1, comma 2,  della  legge  5
giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento  dell'ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),  e
nella mera prospettiva del  principio  «di  continuita'»  piu'  volte
espresso dalla Corte costituzionale (sono citate le sentenze  n.  401
del 2007, n. 162 del 2005 e n. 13 del 2004). 
    La Regione Piemonte, appunto, avrebbe  utilizzato  le  competenze
esclusive sopravvenute per disciplinare lo stesso  oggetto,  dettando
con la norma censurata una disciplina sostitutiva di  quella  statale
preesistente. La qual cosa, secondo l'interveniente, sarebbe avvenuta
(sempre nel senso  di  un  abbassamento  a  cinquemila  unita'  della
popolazione minima per i Comuni di nuova istituzione) anche ad  opera
di altre Regioni (sono citate l'Abruzzo e la Sicilia). 
    La   circostanza   varrebbe   a   documentare,    tra    l'altro,
l'infondatezza della dedotta violazione dell'art. 3 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo regionale per il  Piemonte,  con
ordinanza depositata in data 19 novembre  2010,  ha  sollevato  -  in
riferimento agli articoli 3 e 117, terzo comma, della Costituzione  -
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  legge
della Regione Piemonte  2  dicembre  1992,  n.  51  (Disposizioni  in
materia di circoscrizioni  comunali,  unione  e  fusione  di  Comuni,
circoscrizioni provinciali), come modificato  dall'art.  6,  comma  1
(rectius: comma 2), della legge della Regione Piemonte 26 marzo 2009,
n. 10, recante «Modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1973, n.  4
(Iniziativa popolare e degli enti locali e  referendum  abrogativo  e
consultivo)  e  alla  legge  regionale  2  dicembre   1992,   n.   51
(Disposizioni in materia di circoscrizioni comunali, unione e fusione
di  Comuni,  circoscrizioni  provinciali)»,  nella   parte   in   cui
stabilisce - in violazione del disposto dell'art. 15,  comma  1,  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti  locali),  secondo  cui  le  Regioni  non
possono istituire nuovi Comuni con popolazione inferiore ai diecimila
abitanti - il solo divieto di istituire  Comuni  la  cui  popolazione
consista in meno di cinquemila unita'. 
    Secondo  il  Tribunale  rimettente,  una  corretta  esegesi   del
novellato art. 117 Cost. condurrebbe ad  includere  l'istituzione  di
nuovi Comuni nell'ambito della previsione recata dalla lettera p) del
secondo  comma,  riferendo  dunque   la   materia   alla   competenza
legislativa  esclusiva  dello   Stato.   Per   altro   verso,   nella
prospettazione del giudice a quo, il  raccordo  tra  la  disposizione
citata  ed  il  secondo  comma  dell'art.  133  Cost.  (che   prevede
l'istituzione   di   nuovi   Comuni   mediante    leggi    regionali)
implicherebbe, per la materia de qua, una competenza  concorrente  di
Stato e Regioni. Sarebbe dunque riservata allo  Stato  l'enunciazione
di  principi  fondamentali,  tra  i  quali  dovrebbe  annoverarsi  la
fissazione di limiti minimi di consistenza demografica per  i  Comuni
di nuova istituzione. 
    Questa Corte, con  la  sentenza  n.  1  del  1993,  avrebbe  gia'
riconosciuto  il  valore  di  principio  generale  alla  norma   oggi
trasposta nell'art. 15 del d.lgs. n. 267 del 2000, ove  e'  stabilito
tra l'altro che le Regioni non possono  istituire  nuovi  Comuni  con
popolazione inferiore ai diecimila abitanti. Dunque  la  disposizione
regionale censurata, consentendo la creazione di Comuni con un numero
di  abitanti  inferiore,  violerebbe  il  disposto  del  terzo  comma
dell'art. 117 Cost. 
    Sarebbe violato anche l'art. 3 Cost., data  la  disparita'  della
disciplina introdotta per  il  territorio  piemontese  rispetto  alla
normativa vigente per le porzioni restanti del territorio nazionale. 
    2. - La questione sollevata in riferimento  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. e' inammissibile. 
    Occorre premettere, al proposito, una  ricostruzione  del  quadro
normativo costituzionale e della sua evoluzione.  L'art.  117  Cost.,
nel testo antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al Titolo  V  della  Parte  seconda  della  Costituzione),
includeva  la  materia  «circoscrizioni  comunali»  tra   quelle   di
competenza concorrente delle Regioni, le quali  dovevano  rispettare,
nell'esercizio  della  loro  competenza  legislativa,   i   «principi
fondamentali stabiliti dalle leggi  dello  Stato»  (primo  comma  del
medesimo art. 117, nel testo originario). 
    In seguito alla  riforma  del  Titolo  V  della  Parte  II  della
Costituzione, la  materia  «circoscrizioni  comunali»  non  e'  stata
inclusa nel nuovo testo dell'art. 117, che invece, nel secondo comma,
lettera p), attribuisce alla  potesta'  legislativa  esclusiva  dello
Stato la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni
fondamentali di  Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane.  Nessun
riferimento  alle  circoscrizioni  comunali,   in   particolare,   e'
contenuto nel terzo comma  del  medesimo  art.  117,  che  elenca  le
materie rientranti nella competenza legislativa concorrente di  Stato
e Regioni. 
    A differenza dell'art. 117 Cost., e' rimasto invariato,  dopo  la
riforma del 2001, il testo dell'art. 133 Cost., nel cui secondo comma
e' stabilito: «La Regione, sentite le popolazioni  interessate,  puo'
con sue  leggi  istituire  nel  proprio  territorio  nuovi  Comuni  e
modificare le loro circoscrizioni e denominazioni». 
    3.  -  Per  motivare  la  sollevata  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge reg. n. 51  del  1992  -  come
modificato dalla legge reg. n. 10 del 2009 -  il  rimettente  afferma
inizialmente che, con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  p),  il
legislatore costituzionale «ha inteso  abbracciare  e  includere  nel
raggio  della  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  ogni
segmento della vita  degli  enti  locali,  principiando  dal  momento
genetico, identificato nella  "legislazione  elettorale"  [...]».  Su
tale presupposto interpretativo, il giudice a quo afferma  che  «ogni
momento della vita di un ente  locale  e'  devoluto  dal  legislatore
costituzionale alla competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato»,
con la conseguenza che «appare in re ipsa  che  siffatta  devoluzione
includa anche il momento genetico basilare della  istituzione  stessa
di un ente locale, nelle sue componenti geografiche e personali,  ivi
compresa la fissazione del numero minimo di abitanti». In  definitiva
sarebbe   possibile   affermare,   secondo    il    rimettente,    la
«onnicomprensivita'  dell'ascrizione  allo  Stato  della   competenza
legislativa esclusiva in tutta la materia dell'ordinamento degli enti
locali», derivante, a suo  dire,  dalla  soppressione  della  materia
«circoscrizioni comunali», «espunta dal testo del comma  3  dell'art.
117 che enumera le materie di legislazione concorrente». 
    Ad ulteriore chiarimento del suo pensiero, il giudice  a  quo  ha
affermato che «eliminando dal novero delle  materie  di  legislazione
concorrente quella delle circoscrizioni comunali ed abbracciando ogni
settore della vita degli enti locali nel fuoco dell'art. 117, lettera
p), il legislatore costituzionale ha palesato l'intento di  riservare
alla  legislazione  esclusiva  dello  Stato  tutto  il   microsistema
dell'ordinamento  degli  enti  locali,  in  ossequio   al   superiore
pregnante principio dell'unitarieta' dell'ordinamento giuridico». 
    Di fronte al disposto del secondo comma  dell'art.  133  Cost.  -
che,  come  segnalato  prima,  stabilisce  la  competenza   regionale
sull'istituzione di nuovi Comuni, e sulle  modificazioni  delle  loro
circoscrizioni e denominazioni  -  il  rimettente  rileva  «un'intima
contraddizione, interna allo  stesso  dettato  costituzionale».  Dopo
aver ricordato che il quarto comma dell'art.  117  Cost.,  a  seguito
della riforma intervenuta nel 2001,  ha  attribuito  alla  competenza
legislativa  residuale   delle   Regioni   tutte   le   materie   non
espressamente riservate alla potesta'  legislativa  dello  Stato,  il
Tribunale amministrativo conclude nel senso  che  «il  micro  settore
dell'istituzione di nuovi  comuni,  rientrante  nel  perimetro  della
materia "ordinamento delle autonomie locali", sia  da  ascrivere  non
certo alla potesta' legislativa primaria o residuale  [...],  bensi',
piu'  correttamente,   al   quadro   della   competenza   legislativa
concorrente». In  sostanza,  il  legislatore  costituzionale  avrebbe
«ritagliato a favore della potesta' normativa regionale una sfera  di
competenza   regionale   ripartita   o    concorrente,    concernente
l'istituzione di nuovi comuni e la modifica delle loro circoscrizioni
e denominazioni». 
    4. - Deve osservare questa Corte che  la  contraddizione  che  il
rimettente attribuisce alle norme  costituzionali  e'  insita  invece
nell'iter della motivazione  che  sorregge  l'atto  introduttivo  del
giudizio. 
    E' agevole rilevare  che  una  competenza  esclusiva  statale  in
materia di ordinamento degli enti locali -  dal  rimettente  definita
«onnicomprensiva»   ed    esplicitamente    riferita    anche    alle
circoscrizioni comunali - non si concilia con una ritenuta competenza
concorrente delle Regioni, che non solo  non  emerge  dal  testo  del
secondo comma dell'art. 133 Cost., ma non e' neppure  menzionata  nel
terzo  comma  dell'art.  117  Cost.  La  trasformazione  operata  dal
rimettente nel corso del  suo  ragionamento  circa  la  natura  della
competenza legislativa dello Stato - da esclusiva, come affermato  in
apertura,  a  concorrente  -  non  trova  giustificazione  in  alcuna
disposizione costituzionale. Essa si pone anzi  in  netto  contrasto,
logico e giuridico, con l'interpretazione data dal medesimo giudice a
quo della lettera p) del  secondo  comma  dell'art.  117  Cost.,  che
ingloberebbe, a suo dire, tutti gli aspetti  della  vita  degli  enti
locali, a partire dalla loro istituzione,  sino  alla  determinazione
delle loro funzioni fondamentali. 
    Il combinato disposto di due norme costituzionali, la prima delle
quali - art. 117, secondo comma, lettera p) - configurerebbe, secondo
il rimettente, una competenza esclusiva  statale  onnicomprensiva  in
materia di enti locali, mentre  l'altra  (art.  133,  secondo  comma)
conferisce espressamente alle  Regioni  la  potesta'  legislativa  in
materia di circoscrizioni comunali, non  puo'  dare  origine  ad  una
nuova materia di competenza legislativa concorrente, non prevista ne'
dal terzo comma dell'art.  117  Cost.  -  assunto  dal  rimettente  a
parametro della presente questione di legittimita'  costituzionale  -
ne' dal secondo comma dell'art. 133. 
    Del resto, se la costruzione  ermeneutica  del  rimettente  fosse
plausibile, non si comprenderebbe perche' lo stesso metta in  rilievo
una  contraddizione  nel  dettato  costituzionale,  che,  nella   sua
prospettiva, sarebbe invece del tutto coerente. Delle due l'una: o lo
Stato possiede una competenza legislativa esclusiva «onnicomprensiva»
in materia di ordinamento degli enti locali, ed allora la  previsione
dell'art. 133 Cost. costituirebbe una deroga, un  "ritaglio"  di  una
parte  di  tale  competenza  in  favore  della  potesta'  legislativa
residuale delle Regioni,  poiche'  non  esiste  alcun  appiglio,  ne'
testuale ne' sistematico, per affermare l'esistenza di  una  potesta'
concorrente; oppure la potesta' legislativa esclusiva dello Stato non
e'  «onnicomprensiva»,  ma  e'  limitata  ai  campi   di   disciplina
espressamente menzionati nella lettera p) del secondo comma dell'art.
117 Cost., ed allora dovrebbe configurarsi una competenza legislativa
residuale delle Regioni, in base al criterio fondamentale di  riparto
stabilito nel nuovo art. 117 Cost., che contiene una  elencazione  di
materie di competenza esclusiva statale e di competenza  concorrente,
con la conseguenza di far rifluire  nella  potesta'  residuale  delle
Regioni quelle non esplicitamente previste. 
    Si  pone,  in  conclusione,  come  illogica   e   contraddittoria
l'individuazione di una potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato,
derivante dall'art. 117, secondo comma, lettera p), che  risulterebbe
"affievolita" in concorrente, per la contemporanea vigenza  dell'art.
133,  secondo  comma,  che  attribuisce,  senza  porre   limiti,   la
competenza legislativa, in materia di circoscrizioni  comunali,  alle
Regioni. 
    Per le ragioni esposte, la questione relativa all'art. 117, terzo
comma, Cost., risulta motivata in termini contraddittori, e va dunque
dichiarata inammissibile, in conformita' alla costante giurisprudenza
di questa Corte (ex plurimis, di recente, ordinanze n. 31 del 2010  e
n. 127 del 2009). 
    5.  -  Parimenti  inammissibile  e'  la  questione  sollevata  in
riferimento all'art. 3 Cost. 
    Il rimettente non spiega come una diversita' di disciplina -  che
deriva in  modo  naturale  dalla  ripartizione  costituzionale  della
potesta' legislativa tra Stato e Regioni -  possa  violare  l'art.  3
Cost. Tale violazione, nella  fattispecie,  potrebbe  ipotizzarsi  in
astratto  (salva  dunque  la  verifica  nel  merito)   solo   se   la
ricostruzione operata in relazione all'art. 117, terzo  comma,  Cost.
non fosse contraddittoria, come sopra si  e'  invece  dimostrato.  La
contraddittorieta'   delle   argomentazioni   riferite   alle   norme
costituzionali sul riparto delle competenze legislative si  riflette,
pertanto, sulla censura che evoca l'art. 3 Cost. e ne  determina,  di
conseguenza, l'inammissibilita'. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 3  della  legge  della  Regione  Piemonte  2
dicembre 1992, n.  51  (Disposizioni  in  materia  di  circoscrizioni
comunali, unione e fusione di  Comuni,  circoscrizioni  provinciali),
come modificato dall'art. 6,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Piemonte  26  marzo  2009,  n.  10,  recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 16 gennaio 1973, n. 4 (Iniziativa  popolare  e  degli  enti
locali e referendum abrogativo e consultivo) e alla legge regionale 2
dicembre 1992, n.  51  (Disposizioni  in  materia  di  circoscrizioni
comunali, unione e fusione di comuni,  circoscrizioni  provinciali)»,
sollevata, in riferimento agli artt. 3  e  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il  Piemonte
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 ottobre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria il 7 ottobre 2011 
 
               Il direttore della cancelliere: Melatti