N. 289 ORDINANZA 18 ottobre - 4 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Reati e pene -  Estinzione  del  reato  -  Incapacita'  permanente  e
  irreversibile dell'imputato a  partecipare  in  modo  cosciente  al
  procedimento - Omessa configurazione come causa di  estinzione  del
  reato -  Denunciata  violazione  del  principio  di  uguaglianza  -
  Esclusione - Manifesta infondatezza della questione. 
- Cod. pen., art. 150. 
- Costituzione, art. 3. 
Processo  penale  -  Sospensione  del  procedimento  per  incapacita'
  dell'imputato  -  Obbligatoria  rinnovazione   degli   accertamenti
  peritali sullo stato di  mente  dell'imputato  anche  di  fronte  a
  situazioni di incapacita' irreversibile - Denunciata violazione dei
  principi di ragionevolezza e della ragionevole durata del  processo
  -  Difetto  di  rilevanza  -   Manifesta   inammissibilita'   della
  questione. 
- Cod. proc. pen., art. 72. 
- Costituzione, artt. 3 e 111, secondo comma. 
(GU n.47 del 9-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 72  del  codice
di procedura penale e dell'art. 150 del codice  penale  promosso  dal
Giudice  dell'udienza  preliminare  del  Tribunale   di   Lecce   nel
procedimento penale a carico di G.R., con ordinanza  del  7  dicembre
2010, iscritta al n. 69 del  registro  ordinanze  2011  e  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª  serie  speciale,
dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza  del  7  dicembre  2010,  il  Giudice
dell'udienza  preliminare  del  Tribunale  di  Lecce   ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale: 
        a) dell'art. 72 del codice di procedura penale, per contrasto
con gli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, nella parte
in cui non esclude l'applicabilita' della disciplina ivi dettata  nei
casi «in cui sia stato accertato che lo stato  mentale  dell'imputato
ne impedisce  in  modo  permanente  la  cosciente  partecipazione  al
procedimento»; 
        b) dell'art. 150 del codice penale, per contrasto con  l'art.
3 Cost., nella parte in cui non prevede che  l'estinzione  del  reato
consegua, oltre che  alla  morte  del  reo,  «ad  uno  stato  mentale
dell'imputato  in  vita  che  ne  impedisca  in  modo  permanente  ed
irreversibile la cosciente partecipazione al procedimento»; 
        che  il  giudice  a  quo  -  chiamato  a  svolgere  l'udienza
preliminare nei confronti  di  una  persona  imputata  del  reato  di
omicidio colposo, in cooperazione con altri soggetti - riferisce che,
in esito a perizia disposta ai sensi dell'art. 70  cod.  proc.  pen.,
l'imputato era risultato permanentemente incapace di  partecipare  al
procedimento in maniera cosciente  e  attiva,  a  causa  degli  esiti
cronici di una patologia ischemica; 
        che - disposta la sospensione del processo, a norma dell'art.
71  cod.  proc.  pen.  -  si  era   successivamente   proceduto,   in
ottemperanza  all'art.  72  del  medesimo  codice,  a  due  ulteriori
accertamenti peritali sullo stato di  mente  dell'imputato,  i  quali
avevano confermato la prognosi di  irreversibilita'  della  patologia
riscontrata; 
        che il rimettente, all'esito dell'ultima  perizia  espletata,
si  troverebbe,  dunque,  a  dover  confermare  il  provvedimento  di
sospensione del processo; 
        che il giudice a quo  dubita,  tuttavia,  della  legittimita'
costituzionale del citato art. 72 cod. proc. pen., nella parte in cui
non esclude che la disciplina da esso recata  si  applichi  allorche'
sia stato accertato che lo stato mentale dell'imputato  ne  impedisce
in modo permanente la cosciente partecipazione al procedimento; 
        che la norma censurata prevede,  infatti,  che  -  quando  il
procedimento e' stato sospeso ai sensi dell'art. 71 cod. proc. pen. -
il giudice deve disporre ulteriori accertamenti peritali sullo  stato
di mente dell'imputato allo scadere del sesto  mese  dalla  pronuncia
dell'ordinanza  di  sospensione  (o  anche  prima,  se   ne   ravvisi
l'esigenza),  e  cosi'  a  ogni  successiva  scadenza   del   termine
semestrale, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso; 
        che, ad avviso del giudice a quo, tale disciplina - del tutto
ragionevole allorche' l'incapacita' dell'imputato appaia temporanea e
reversibile - si rivelerebbe, al contrario, irrazionale - e,  dunque,
lesiva dell'art. 3 Cost. - quando ci si trovi di fronte a impedimenti
a  carattere  permanente  e  irreversibile,  connessi   a   patologie
croniche; 
        che, in simili evenienze, la sospensione del  procedimento  -
la  quale,  per  sua  natura,  dovrebbe  comportare  una  stasi  solo
temporanea delle attivita' processuali - sarebbe destinata, di fatto,
a protrarsi «ad oltranza», per tutta la  residua  durata  della  vita
dell'imputato, con conseguente compromissione anche del principio  di
ragionevole durata  del  processo,  sancito  dall'art.  111,  secondo
comma, Cost.; 
        che  il  rimettente  dubita,  altresi',  della   legittimita'
costituzionale dell'art. 150  cod.  pen.,  nella  parte  in  cui  non
prevede che l'estinzione del reato consegua - oltre  che  alla  morte
del reo, la quale, secondo quanto affermato dalla  giurisprudenza  di
legittimita',  «fa  venir   meno   la   prosecuzione   del   rapporto
processuale» - anche «ad uno stato mentale dell'imputato in vita  che
ne  impedisca  in  modo  permanente  ed  irreversibile  la  cosciente
partecipazione  al  procedimento»,  producendo,  cosi',  il  medesimo
effetto di impedire in via definitiva la  prosecuzione  del  rapporto
processuale; 
        che la mancata considerazione di tale  ipotesi  -  pienamente
assimilabile, sotto il profilo dianzi evidenziato, a quella  regolata
dalla norma censurata - porrebbe, dunque, quest'ultima  in  contrasto
con l'art. 3 Cost.; 
        che le questioni sarebbero, infine, rilevanti nel giudizio  a
quo,  giacche'  il  loro  accoglimento  consentirebbe   di   emettere
immediatamente una sentenza di non doversi  procedere  nei  confronti
dell'imputato; 
        che nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il  quale  ha  chiesto  che  le
questioni siano dichiarate non fondate. 
    Considerato che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di  Lecce  solleva  due  questioni  di  legittimita'   costituzionale
distinte, anche se fra  loro  correlate:  una  attinente  alla  norma
processuale dell'art. 72 del codice di procedura penale, l'altra alla
norma sostanziale dell'art. 150 del codice penale; 
        che, tra le due questioni, risulta peraltro pregiudiziale  la
seconda: quella intesa, cioe', a  trasformare  -  tramite  intervento
additivo  sull'art.  150  cod.  pen.  -  l'incapacita'  irreversibile
dell'imputato a partecipare in modo cosciente al procedimento in  una
causa di estinzione del reato; 
        che, ove  tale  questione  fosse  accolta,  non  vi  sarebbe,
infatti, alcuna necessita'  di  incidere,  nei  sensi  auspicati  dal
rimettente, anche sull'art.  72  cod.  proc.  pen.:  la  prognosi  di
irreversibilita' dell'incapacita' dell'imputato imporrebbe,  infatti,
di pronunciare sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere
nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 531 o  425,  comma  1,  cod.
proc. pen.; circostanza  che  -  alla  luce  dell'espresso  disposto,
rispettivamente, dell'art. 71, comma 1, ultima parte, e dell'art. 72,
comma 2, cod. proc. pen. - renderebbe inoperante la disciplina  della
sospensione del  procedimento,  ovvero  imporrebbe  la  revoca  della
sospensione gia' disposta,  con  conseguente  venir  meno  anche  del
correlato  obbligo  di  verifica  periodica  sullo  stato  di   mente
dell'imputato; 
        che, esaminando, dunque, per prima  la  questione  avente  ad
oggetto l'art. 150 cod. pen., il giudice a quo assume  che  la  norma
censurata si porrebbe in contrasto con il  principio  di  eguaglianza
(art. 3 Cost.), nella parte  in  cui  non  configura  come  causa  di
estinzione del reato - in aggiunta  alla  «morte  del  reo,  avvenuta
prima  della   condanna»   -   anche   l'incapacita'   permanente   e
irreversibile  dell'imputato  a  partecipare  in  modo  cosciente  al
procedimento; 
        che,  ad  avviso   del   rimettente,   le   due   fattispecie
risulterebbero  pienamente  assimilabili,  producendo   entrambe   il
medesimo effetto di impedire in via definitiva  la  prosecuzione  del
rapporto processuale; 
        che,  a  tale  proposito,  il  giudice  a  quo  richiama   il
consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo  il  quale  la  morte
dell'imputato, intervenuta prima del  passaggio  in  giudicato  della
condanna, determina la cessazione del rapporto processuale penale (e,
con esso, anche  di  quello  civile  inserito  nel  processo  penale,
impedendo con cio'  la  pronuncia  sull'impugnazione  proposta  dalla
parte civile: a tale ipotesi si riferisce, in  specie,  la  pronuncia
della Corte di cassazione - Cass.,  sez.  VI,  25  settembre  1988-30
novembre 1989, n. 16812 - citata nell'ordinanza di rimessione); 
        che l'asserita  esigenza  costituzionale  di  omologare,  nei
termini indicati,  il  trattamento  delle  due  fattispecie  poste  a
confronto si rivela, peraltro, palesemente insussistente; 
        che -  a  prescindere  pure  dal  rilievo  che  le  cause  di
estinzione del reato costituiscono ius singulare, rientrante,  quanto
a casi e disciplina, nella discrezionalita' legislativa, giacche'  le
norme che le prevedono implicano una eccezione alle  regole  generali
circa le conseguenze della commissione di fatti penalmente illeciti -
occorre, in primo luogo, osservare  che  mentre  nel  caso  di  morte
dell'imputato la cessazione del  rapporto  processuale  deriva  dalla
natura stessa dell'evento, che  implica  il  venir  meno,  sul  piano
fisico,  di  uno  dei  soggetti  di   quel   rapporto;   nell'ipotesi
considerata dal giudice a quo la definitivita' dell'impedimento  alla
prosecuzione delle attivita' processuali si correla,  invece,  a  una
prognosi (quella  di  assenza  di  prospettive  di  guarigione  o  di
significativa attenuazione dell'infermita' mentale da cui  l'imputato
risulta affetto): prognosi che  -  in  quanto  basata  sulle  attuali
cognizioni scientifiche, e tenuto conto  anche  dell'eventualita'  di
comportamenti simulatori (al riguardo, ordinanze n. 33 del 2003 e  n.
298 del 1991) - appare  connotata  da  margini  di  possibile  errore
certamente  superiori,   in   linea   generale,   a   quelli   propri
dell'accertamento dell'avvenuto decesso dell'imputato; 
        che  dirimente  e',   peraltro,   la   considerazione   della
diversita' della ratio  di  tutela  che  viene  in  rilievo  nei  due
frangenti; 
        che l'estinzione del reato per  morte  del  reo  costituisce,
infatti, diretto riflesso del principio - di carattere sostanziale  -
di personalita' della responsabilita' penale (art. 27,  primo  comma,
Cost.), il quale impedisce che la potesta' punitiva  dello  Stato  si
eserciti su soggetti diversi dall'autore del fatto criminoso; 
        che,  di  contro,  la  preclusione   allo   svolgimento   del
procedimento nei confronti della persona che, per  il  suo  stato  di
mente, non e' in grado  di  parteciparvi  in  modo  cosciente  ha  un
obiettivo di protezione di natura  prettamente  processuale,  mirando
alla salvaguardia del diritto di  difesa  (art.  24,  secondo  comma,
Cost.), nel particolare aspetto della difesa personale  o  autodifesa
(sentenza n. 281 del 1995); 
        che  l'eterogeneita'  delle  situazioni  poste  a   confronto
impedisce,  pertanto,  di  ravvisare  la  denunciata  violazione  del
principio di eguaglianza; 
        che,  alla  luce  delle  considerazioni  che  precedono,   la
questione va, dunque, dichiarata manifestamente infondata; 
        che quanto, poi, alla questione avente ad oggetto  l'art.  72
cod. proc. pen. - censurato nella parte in cui  impone  di  rinnovare
gli accertamenti peritali anche di fronte a situazioni di incapacita'
irreversibile - occorre rilevare che,  secondo  quanto  si  riferisce
nell'ordinanza di rimessione, il giudice a quo ha gia' proceduto alla
verifica periodica (la seconda) sullo stato  di  mente  dell'imputato
tramite accertamento peritale e si trova, sulla base dei suoi  esiti,
a dover stabilire se l'ordinanza di sospensione  del  processo  debba
essere o meno revocata; 
        che   la   questione   risulta,   pertanto,    manifestamente
inammissibile per  difetto  di  rilevanza,  avendo  il  rimettente  -
nell'attuale fase del procedimento - gia'  fatto  applicazione  della
norma censurata; cio', a prescindere dall'ulteriore rilievo  che  una
eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale del solo art.
72 cod.  proc.  pen.  non  solo  non  eliminerebbe,  ma  rischierebbe
addirittura  di  aggravare  l'ipotizzato  vulnus  del  principio   di
ragionevole durata del processo: essa avrebbe,  infatti,  come  unico
effetto, quello di  escludere  l'obbligo  degli  ulteriori  controlli
periodici sullo stato di mente  dell'imputato,  dopo  che  sia  stata
disposta la sospensione del procedimento ai sensi del precedente art.
71,  col  risultato  di  lasciare  il  procedimento  stesso  in   una
condizione di stasi a tempo indefinito, senza la previsione di alcuno
strumento per riattivarne eventualmente il corso. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  150   del   codice   penale,
sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal  Giudice
dell'udienza preliminare  del  Tribunale  di  Lecce  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe; 
    2) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  72  del  codice  di  procedura
penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo  comma,
della  Costituzione,  dal  Giudice   dell'udienza   preliminare   del
Tribunale di Lecce con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 ottobre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                         Il redattore: Frigo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 4 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti