N. 237 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2011
Ordinanza del 26 gennaio 2011 emessa dal Tribunale di Monza nel procedimento civile promosso da Riboldi Franco contro I.N.P.D.A.P.. Previdenza - Indennita' premio di fine servizio per direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario delle A.S.L. - Determinazione dei contributi previdenziali sulla base del trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito, anziche' sulla base del trattamento stipendiale spettante (retribuzione "virtuale"), come stabilito dall'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, abrogato dall'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 229/1999 - Irragionevolezza per ingiustificato trattamento di privilegio rispetto alla generalita' dei pubblici dipendenti e per il piu' favorevole trattamento dei dirigenti che sono cessati contestualmente dall'incarico e dal rapporto di impiego rispetto a quelli che sono cessati successivamente dal rapporto di impiego. - Decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, art. 3, comma 2, abrogativo dell'art. 3, comma 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, art. 3, comma 3, aggiuntivo dell'art. 3-bis, comma 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; legge 30 novembre 1998, n. 419, art. 2, comma 1, lett. t). - Costituzione, art. 3.(GU n.48 del 16-11-2011 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 445/2009 r.g. promossa da: Riboldi Franco (C.F.) con patrocinio degli avv. Panto' Giuseppe e, con elezione di domicilio in Via V. Emanuele, 26 - 20052 Monza, presso l'avv. Panto' Giuseppe, ricorrente; Contro I.N.P.D.A.P. (C.F.) con patrocinio degli avv. Peco Giulio e, con elezione di domicilio in ATAP Via Vittorio Emanuele II n. 6, Casella 252/122B - 2005 Monza, presso l'avv. Peco Giulio, resistente. Con ricorso ritualmente notificato il ricorrente indicato in epigrafe ha convenuto in giudizio dinanzi al Giudice del Lavoro l'INPDAP deducendo: In premessa, di essere stato assunto nelle strutture del Servizio sanitario nazionale dal 1971, e' divenuto nel 1994 dirigente amministrativo presso l'Azienda Ospedaliera «Ospedale di Lecco» e, nel 2004, e' stato collocato in aspettativa ai sensi del decreto legislativo 1992, n. 502 (come modificato dal decreto legislativo 1999, n. 229), art. 3-bis, commi 8 e 11, per svolgere l'incarico di direttore generale dell'Azienda USL di Bologna, situazione che si e' protratta per poco meno di quattro anni, sino al 2008, data di pensionamento; di avere ricevuto l'indennita' premio di servizio non sulla base del trattamento economico goduto dal 2004 al 2008 in virtu' dell'incarico di direttore generale (c.d. «retribuzione effettive») bensi' in relazione al trattamento economico in atto al 2004 prima del collocamento in aspettativa e' aggiornato con le relative progressioni economiche sino al 2008 (c.d. «retribuzione virtuale)». Il ricorrente chiedeva pertanto l'accertamento del diritto alla riliquidazione dell'Indennita' Premio Servizio con l'inclusione nella base di computo della differenza di trattamento economico percepita negli ultimi dodici mesi di servizio per effetto di mansioni superiori, ad esclusione dell'indennita' per funzioni dirigenziali, con conseguente condanna dell'I.N.P.D.A.P., al pagamento in favore del ricorrente della relativa differenza, tra quanto corrisposto e quanto spettante in forza dell'accoglimento del ricorso e quindi della somma di euro 155.032,00 o della maggiore o minore somma, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria fino al saldo. Fissata l'udienza di discussione si e' ritualmente costituito l'INPDAP che ha contestato la domanda chiedendone il rigetto, nonche' sollevando questione di legittimita' costituzionale per contrato della disciplina in oggetto con l'art. 3 Cost. Oggetto della controversia e' l'inclusione nella base di calcolo della indennita' «premio fine servizio» della retribuzione di posizione di Direttore generale a percepita dal ricorrente nel periodo in cui detto incarico e' stato ricoperto. Secondo l'art. 4 della legge 1968, n. 152, la misura dell'indennita' premio di servizio e' pari, per ogni anno di servizio, a un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi di servizio, in ragione dell'80%. Punto di riferimento normativo e' ancora oggi l'art. 11 legge n. 152/68 il quale al comma 5 stabilisce che l'art. 11, comma 4, della legge n. 152/68, secondo cui la «retribuzione contributiva (su cui va calcolata l'I.P.S.: n. d.r.) e' costituita dallo stipendio o salario comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima mensilita' e del valore degli assegni in natura spettanti per legge o per regolamento e formanti parte integrante dello stipendio stesso». Appare evidente che cio' che assume rilievo in questo contesto non e' la natura retributiva o meno della indennita' in questione (sul punto cassa 11329/05) quanto il fatto che essa faccia parte integrante della «retribuzione contributiva» sulla quale va effettuato il calcolo ai fini della determinazione della Indennita' Premio Fine Servizio. La definizione di retribuzione annua contributiva indicata dall'art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152 e dall'art. 30, terzo comma, della legge 26 aprile 1983, n. 131, comprende la somma degli emolumenti fissi e continuativi devoluti come remunerazione per l'attivita' lavorativa e, in particolare, tra essi l'indennita' per mansioni superiori, stante la sua fissita', predeterminazione e continuativita', in quanto collegata ad incarico che, ancorche' temporaneo, si protrae nel tempo e, peraltro, come nella fattispecie sino alla cessazione del servizio del dipendente interessato. A lungo si e' dibattuto in giurisprudenza su quale debba intendersi lo «stipendio annuo complessivo» ed, in particolare, quali indennita' ed emolumenti vadano a comporre la nozione di «stipendio complessivo» al fine di individuare la nozione di retribuzione che rileva in ambito contributivo. Divisa e' stata la giurisprudenza in merito alla questione se cio' sia o meno sufficiente per pervenire al riconoscimento del diritto in quanto noti tutto cio' che costituisce la retribuzione entra a far parte della «retribuzione contributiva» in assenza di un generale principio di omnicomprensivita'. La giurisprudenza di legittimita' piu' risalente SS.UU. della Corte di cassazione (sentenza n. 3673/97 che pur affrontando una diversa questione relativa ad un assegno ad personam ha tuttavia esaminato l'intera problematica affermando l'incompatibilita' nel nostro ordinamento di una nozione omnicomprensiva di retribuzione utile ai fini della liquidazione dell'indennita' in oggetto) ha ribadita l'assenza in via generale di un principio generale ed inderogabile di omnicomprensivita' previsto dal legislatore solo a riguardo di alcuni emolumenti (tra cui indennita' di anzianita' e trattamento di fine rapporto), ed ha osservato che se l'art. 11, comma 5 avesse voluto comprendere tutti gli emolumenti corrisposti in via continuativa in connessione con le normali prestazioni lavorative, del tutto ingiustificata ed incoerente risulterebbe la specifica menzione degli aumenti periodici, della tredicesima, mensilita' e del valore degli assegni in natura come elementi dello stipendio o del salario da ricondurre nell'ambito della retribuzione contributiva. Ne conseguirebbe quindi un'asimmetria tra base imponibile ed emolumento computabile nel senso che intanto un compenso, sia pure percepito in modo fisso, continuativo e con vincolo di corrispettivita' puo' entrare a far parte della retribuzione contributiva in quanto sia preventivamente incluso nel coacervo su cui devono essere versati i contributi. Concludeva pertanto la Corte affermando il principio secondo il quale «l'indennita' Premio Fine Servizio e' costituita esclusivamente dagli emolumenti testualmente menzionati e che tale elencazione ha carattere tassativo. L'interpretazione sin qui ricordata ha trovato conferme successive da parte della Corte (tra cui per esempio n. 9901/03) stando alla quale doveva intendersi esclusa l'indennita' di incentivazione della produttivita' per i dirigenti medici benche' costituente parte fissa e globale del trattamento retributivo del lavoratore; cosi' come (Cass n. 15906/04) si escludeva rilevanza alle indennita' di posizione variabile ed all'indennita' di rischio radiologico corrisposte ai dirigenti medici nonostante, il loro carattere retributivo. Nel solco gia' tracciato si collocano le successive pronunce della Corte in relazione all'indennita' per funzioni dirigenziali laddove ha ribadito che «la retribuzione contributiva, alla quale per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma dell'art. 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152, l'indennita' premio di servizio, e' costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 11, quinto comma, legge cit., la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione "stipendio o salario" richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilita' e del valore degli assegni in natura», ha affermato: «Conseguentemente non puo' assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennita', l'indennita' per le funzioni dirigenziali, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto la stessa non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non puo' considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione». (Corte di cassazione sent. n. 16634/04 e n. 19427/06). Nel medesimo filone si pongono le ulteriori affermazioni secondo cui «la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma della legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, l'indennita' premio di servizio, e' costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 11, comma 5, legge cit., la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione "stipendio o salario" richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilita' e del valore degli assegni in natura.» (da ultimo Cass. 2007/19377 in motivazione,) «la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura l'indennita' premio servizio e' costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 11, comma quinto, legge cit., la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione "stipendio o salario" richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilita' e del valore degli assegni in natura. Conseguentemente non puo' assumere rilievo, ai fini della determinazione della suddetta indennita', un assegno ad personam, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto lo stesso non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non puo' considerarsi come componente dello stipendio nella locuzione usata dalla citata norma di previsione»). Del resto, nel regime della indennita' premio di servizio «la circostanza che il legislatore del 1968 abbia avvertito l'esigenza di includere nello stipendio o nel salario, da valere quale "retribuzione contributiva" utile al computo dell'indennita' soltanto gli aumenti periodici, la tredicesima mensilita' e gli assegni in natura, e non anche altri emolumenti seppure aventi carattere indubbiamente retribuivo, significa esclusione dallo stipendio o salario, ai fini anzi detti id est dalla retribuzione contributiva), di ogni altra voce del trattamento retribuivo globale del lavoratore non espressamente menzionata». In termini simili anche la giurisprudenza amministrativa ha costantemente interpretato il termine stipendio in tutte le controversie concernenti le indennita' di fine rapporto dei pubblici impiegati (in tal senso Consiglio di Stato n. 121/1985, n. 1121 del 1998 e da ultimo con riferimento specifico all'art. 13, legge 70/75, n. 1789/2000). Nell'ultima sentenza indicata il Consiglio di Stato ha affermato specificamente che il calcolo dell'indennita' di anzianita' deve essere effettuato avendo riguardo al solo stipendio annuo complessivo in godimento, qualunque sia il numero delle mensilita' con esclusione delle indennita' connesse alla specifica posizione professionale del dipendente. Tornando alla fattispecie di cui si discute parte ricorrente, a sostegno dell'assunto secondo cui anche l'indennita' Premio di Servizio e non solo l'assegno pensionistico va calcolata sulla scorta della retribuzione percepita per l'incarico di direttore generale, invoca l'equiparazione posta dalla Sc con l'affermazione (Sez. L, Sentenza n. 12325 del 15 maggio 2008 (Rv. 603229) stando alla quale «L'art. 3-bis del d.lgs. n. 502 del 1992, introdotto dal d.lgs. n. 229 del 1999, di attuazione della legge delega n. 419 del 1998 per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, ha unificato il trattamento previdenziale ed assistenziale dei dirigenti, pubblici e privati, nominati dalle aziende sanitarie - in ispecie assicurando ad entrambe le categorie la conservazione del posto durante l'aspettativa non retribuita e il computo del relativo periodo ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza -, dovendosi ritenere che la norma, nella parte in cui attribuisce alle «amministrazioni di provenienza» l'onere di effettuare il versamento dei contributi, debba essere interpretata - in coerenza con il principio dettato con la delega legislativa - come riferita non gia' alle pubbliche amministrazioni ma, genericamente, all'ente datore di lavoro, sia esso un ente pubblico ovvero un'impresa privata. Ne' la previsione, imponendo di mantenere in vita un rapporto quiescente, si pone in contrasto con l'art. 41 Cost., restando giustificata la compressione dell'iniziativa economica dell'impresa, dall'utilita' sociale, costituita dalla possibilita' di scegliere i dirigenti della sanita' pubblica nel piu' vasto ambito del lavoro pubblico e privato Evidenza il ricorrente che il citato art. 3, comma 8 e' stato, infatti, abrogato e ad esso si e' sostituito il nuovo art. 3-bis d.lgs. n. 502/1992 che, come si e' anticipato, al comma 11 prevede che «le amministrazioni di appartenenza provvedono a effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito». In relazione all'interpretazione del decreto legislativo 1999, n. 229, art. 3, commi 2 e 3 (attuativo della legge delega 1998, n. 419, art. 2, lettera T), il quale, nel testo del decreto legislativo 1992, n. 502, ha abrogato l'art. 3, comma 8, e ha introdotto l'art. 3-bis, commi 8 e 11, (1) la Corte d'appello di Ancona, Sezione Lavoro, con ordinanza 2009, n. 1145, aveva sollevato questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 76 Cost., questione che la Corte costituzionale con pronuncia n. 351/10 ha dichiarato infondata. Tuttavia residua il dubbio circa il contrasto della normativa sopra citata con l'art. 3 Cost., per manifesta irragionevolezza, in quanto la norma: nell'ambito dei dipendenti pubblici non soggetti a T.F.R., introduce per una ristretta categoria di essi vale a dire i dipendenti che hanno assunto temporaneamente l'incarico di direttori generali delle USL con contratto di lavoro autonomo e, per questo, sono stati posti in aspettativa dal rapporto di pubblico impiego) un computo del trattamento previdenziale (nella specie, 11.p.s. di cui alla legge 1968 n. 152) piu' vantaggioso nella base di calcolo (o retribuzione contributiva) rispetto a quello della generalita'; nell'ambito della ristretta categoria, i dipendenti che hanno rivestito l'incarico di direttori generali delle USL con contratto di lavoro autonomo e, per questo, sono stati posti in aspettativa dal rapporto di pubblico impiego, introduce il sopra descritto piu' vantaggioso computo del trattamento previdenziale soltanto per coloro che contestualmente hanno cessato l'incarico di direttore generale dell'USL, il rapporto di pubblico impiego e l'aspettativa e non, invece, per coloro che, dopo aver cessato l'incarico di direttore generale dell'USL e l'aspettativa, hanno ripreso servizio di pubblico impiego e, successivamente, hanno cessato il rapporto di pubblico impiego stesso. In particolare sotto il primo profilo per la generalita' dei dipendenti pubblici non soggetti a T.F.R., la retribuzione contributiva, alla stregua della legge come interpretata dalla giurisprudenza di merito e di legittimita' sopra ricordata (ma confermata anche in materia di indennita' di buonuscita, di indennita' di anzianita', ecc.), e' rigorosamente limitata agli emolumenti percepiti nell'ultimo anno di servizio in stretta correlazione all'inquadramento (per l'I.P.S. lo "stipendio" di cui all'art. 11, comma 5, della legge 1968, n. 152), senza che abbiano alcun rilievo gli emolumenti correlati alle mansioni o incarichi di volta in volta assegnati, anche se eventualmente svolti per un notevole periodo di tempo, con o senza aspettativa dal rapporto di pubblico impiego. Come e' noto fa eccezione a tale principio soltanto la ristretta categoria dei dipendenti beneficiati dalla norma in contestazione, la quale stabilisce che per i medesimi la retribuzione contributiva non sia la retribuzione virtuale (ossia gli emolumenti che, se non fossero stati collocati in aspettativa, gli interessati avrebbero percepito nell'ultimo anno di servizio in stretta correlazione all'inquadramento che avrebbero avuto, ossia quello posseduto all'atto del collocamento in aspettativa, aggiornato con le progressioni alle quali avrebbero avuto diritto) bensi' il compenso notevolmente maggiore percepito nell'ultimo anno in qualita' di non di pubblici dipendenti ma di lavoratori autonomi incaricati di direzione generale delle USL per effetto di atti di nomina discrezionali, a termine e revocabili che quindi trovano titolo in un rapporto di natura diversa e comunque privo del carattere di stabilita' e continuita'. Inoltre, per il secondo ordine di argomentazioni i dipendenti pubblici non soggetti a T.F.R., che abbiano rivestito l'incarico di direttori generali delle USL con contratto di lavoro autonomo e, per questo, siano stati posti in aspettativa dal rapporto di pubblico impiego, potrebbero: dopo aver cessato l'incarico di direttore generale dell'USL e l'aspettativa, riprendere servizio di pubblico impiego e, dopo almeno un anno, cessare il rapporto di pubblico impiego stesso e, in questa ipotesi, avrebbero diritto al computo dell'i.p.s. su retribuzione pari a quella percepita come dipendenti pubblici nell'ultimo anno di servizio, in correlazione all'inquadramento; oppure, contestualmente, cessare l'incarico di direttore generale dell'USL, il rapporto di pubblico impiego e l'aspettativa e, in questa ipotesi, avrebbero diritto, in virtu' della norma contestata, al computo dell'i.p.s. non (come dovrebbe essere) su retribuzione pari a quella virtuale ossia agli emolumenti che, se non fossero stati collocati in aspettativa, gli interessati avrebbero percepito nell'ultimo anno di servizio in correlazione all'inquadramento che avrebbero avuto, bensi' il compenso, notevolmente maggiore percepito nell'ultimo anno quali lavoratori autonomi incaricati di direzione generale dell'USL. La affermata conformita' della disciplina al principio di ragionevolezza esaminata dalla Corte costituzionale al punto 4 della pronuncia citata 351/10, presenta punti di rilevanza sotto altro profilo vale a dire per la fiscalita' generale, sulla quale sostanzialmente si regge il bilancio dell'Istituto,e pone quindi altra questione ossia quella di tenuta rispetto al principio di cui all'art. 3 Cost., alla luce dei continui interventi da parte del legislatore volti sia al contenimento della spesa pubblica, anche nel settore previdenziale, che ad una razionalizzazione delle risorse a fini redistributivi (cfr. da ultimo decreto Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 195 - Dario Immordino). La stessa Corte costituzionale ha piu' volte riconosciuto che «,in un contesto di progressivo deterioramento della finanza pubblica, si pone la necessita' di una piu' adeguata ponderazione dell'interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica e che» detto interesse non si pone in contrasto con l'art. 38 Cost. che di per se' non esclude la possibilita' di un intervento legislativo che, per una inderogabile esigenza di contenimento della spesa pubblica, riduca in maniera definitiva un trattamento pensionistico in precedenza spettante v., ex plurimis, S. nn. 220/1988, 822/1988, 119/1991 e 240/1994. Sent. n. 0361 del 1996. Posto che soltanto la Corte costituzionale, come in altre occasioni ha fatto (Sentenza n. 0316 del 2010 (G.U. 046 del 17 novembre 2010) puo' stabilire il punto di bilanciamento tra principi di uguale rango costituzionale, ossia quello di cui all'art. 38 Cost. e quello della solidarieta' sociale ex art. 3 Cost. sotteso alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di tenuta finanziaria del sistema previdenziale (1) Stando a quale al comma 8: «Il rapporto di lavoro del Direttore Generale (dell'unita' sanitaria locale) (...) e' esclusivo ed e' regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo III (Del lavoro autonomo) del libro V del Codice civile»; al comma 11: «La nomina a direttore generale (...) determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. (...) Il periodo di aspettativa e' utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali (...), calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 1997, n. 181».
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 1953, n. 87, il Tribunale di Monza di rimette gli atti della presente controversia alla Corte costituzionale dichiarando rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 3 Cost.: dell'art. 3, comma 2 e comma 3, del decreto legislativo 1999, n. 229, nella parte in cui abroga l'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 1992, n. 502 e aggiunge al decreto legislativo medesimo l'art. 3-bis, comma 11; del medesimo art. 3-bis, comma 11, del decreto legislativo 1992, n. 502, cosi' come aggiunto dal decreto legislativo 1999, n. 229; dell'art. 2, lettera T, della legge delega 1998, n. 419, nella parte in cui ha autorizzato (ovvero nella parte in cui non ha escluso che) l'art. 3, comma 2 e comma 3, del decreto legislativo 1999, n. 229, ad abrogare l'art. 3, comma 8, del decreto legislativo 1992, n. 502 e aggiungere al decreto legislativo medesimo l'art. 3-bis, comma 11. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio. Ordina che a cura della cancelleria questo dispositivo unitamente alla motivazione di questa ordinanza siano notificati alle parti al Presidente del Consiglio dei ministri e siano comunicati ai Presidenti delle Camere. Monza, addi' 20 gennaio 2011 Il Giudice: Pizzi