N. 293 SENTENZA 7 - 9 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Costituzione ed intervento - Interventi di soggetti che non rivestono
  la qualita' di parte nei giudizi a quibus ne' sono titolari  di  un
  interesse qualificato, inerente in modo  diretto  ed  immediato  al
  rapporto sostanziale dedotto in giudizio - Inammissibilita'. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge 30 luglio 2010, n. 122), art. 11, commi 13 e 14. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, primo comma, 32,  38,  primo  comma,
  101,  102,  104,  111  e  117,  primo  comma,  in  relazione   alla
  Convenzione  per  la  salvaguardia  diritti  dell'uomo  e  liberta'
  fondamentali, artt. 2 e 14 e alla Carta  dei  diritti  fondamentali
  U.E., art. 35. 
Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati  da
  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di   vaccinazioni
  obbligatorie, trasfusioni  e  somministrazioni  -  Previsione,  con
  norma di interpretazione autentica,  che  l'indennita'  integrativa
  speciale relativa all'indennizzo stesso per le persone  affette  da
  epatite post-trasfusionale non e' soggetta a rivalutazione  secondo
  il tasso di inflazione - Irragionevole  disparita'  di  trattamento
  rispetto ai soggetti  portatori  della  sindrome  da  talidomide  -
  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   degli   ulteriori
  profili di censura. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge 30 luglio 2010, n. 122), art. 11, comma 13. 
- Costituzione, art. 3; legge 25  luglio  1997,  n.  210,  modificata
  dalla legge 25 luglio 1997, n. 238, art.  2;  (Costituzione,  artt.
  24, 25, primo comma, 32, 38, primo comma, 101, 102, 104, 111 e 117,
  primo comma, in relazione  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia
  diritti dell'uomo e liberta' fondamentali, artt.  2  e  14  e  alla
  Carta dei diritti fondamentali U.E., art. 35). 
Sanita' pubblica - Indennizzo a favore dei  soggetti  danneggiati  da
  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di   vaccinazioni
  obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni - Disposizione diretta
  a regolare  gli  effetti  intertemporali  di  norma  interpretativa
  secondo   cui   l'indennita'    integrativa    speciale    relativa
  all'indennizzo  stesso  per   le   persone   affette   da   epatite
  post-trasfusionale non e' soggetta a rivalutazione secondo il tasso
  di inflazione - Norma strettamente collegata ad  altra  oggetto  di
  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  -  Illegittimita'
  costituzionale - Assorbimento degli ulteriori profili di censura. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito,  con  modificazioni,  dalla
  legge 30 luglio 2010, n. 122), art. 11, comma 14. 
- Costituzione, art. 3; legge 25  luglio  1997,  n.  210,  modificata
  dalla legge 25 luglio 1997, n. 238, art.  2;  (Costituzione,  artt.
  24, 25, primo comma, 32, 38, primo comma, 101, 102, 104, 111 e 117,
  primo comma, in relazione  alla  Convenzione  per  la  salvaguardia
  diritti dell'uomo e liberta' fondamentali, artt.  2  e  14  e  alla
  Carta dei diritti fondamentali U.E., art. 35). 
(GU n.48 del 16-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,
  Aldo CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 11, commi 13
e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78  (Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, promossi dal Tribunale di  Reggio
Emilia con ordinanza del 17 settembre 2010, dal  Tribunale  di  Parma
con due ordinanze del 30 ottobre 2010, dal Tribunale  di  Alessandria
con ordinanza del 18 gennaio 2011, dal Tribunale di  Tempio  Pausania
con ordinanza del 13 gennaio 2011 e dal Tribunale di Alessandria  con
ordinanza del 15 dicembre 2010, rispettivamente iscritte ai  nn.  17,
57, 58, 88, 97 e 98 del registro ordinanze 2011  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6, 15,  22  e  25,  1ª  serie
speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di C.T., di L.F., nonche' gli atti
di intervento dell'AMEV, Associazione Malati Emotrasfusi e Vaccinati,
ed altri, del Coordinamento nazionale danneggiati da  vaccino  e  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 4 ottobre 2011 e nella camera  di
consiglio  del  5  ottobre  2011  il  Giudice   relatore   Alessandro
Criscuolo; 
    uditi gli avvocati Vittorio Angiolini e Paola Soragni  per  C.T.,
Mario Melillo e Anton Giulio Lana per L.F. e l'avvocato  dello  Stato
Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale di Reggio Emilia, in funzione  di  giudice  del
lavoro, con ordinanza del 17 settembre 2010 (r. o. n. 17 del 2011) ha
sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 25, primo  comma,  32,
102, 104, 111 e 117 della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e   di   competitivita'   economica)   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    1.1. - Il giudice a quo premette che nel giudizio  principale  il
ricorrente, quale beneficiario dell'indennizzo previsto  dalla  legge
25  febbraio  1992,  n.  210  (Indennizzo  a  favore   dei   soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati), avendo contratto epatite HCV a seguito di  trasfusioni,
ha chiesto l'accertamento del diritto a riscuotere  la  rivalutazione
monetaria,  sulla  base  del   tasso   di   inflazione   programmato,
dell'indennita' integrativa speciale di  cui  all'art.  2,  comma  2,
della medesima legge, costituente parte integrante dell'indennizzo in
godimento. 
    Il rimettente pone in evidenza come la questione, concernente  la
rivalutazione della componente prevista dall'art. 2, comma  2,  della
legge n. 210  del  1992,  sia  stata  oggetto  in  giurisprudenza  di
decisioni contrastanti. In particolare, con la sentenza del 28 luglio
2005, n. 15894, la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha  affermato
la necessita'  della  rivalutazione,  secondo  il  tasso  annuale  di
inflazione programmata, dell'indennizzo di cui alla legge n. 210  del
1992, anche con riferimento  alla  componente  di  cui  al  comma  2,
dell'art.  2  della  medesima  legge,  rilevando  che   una   diversa
interpretazione non sarebbe conforme ai principi  costituzionali,  in
quanto la misura dell'indennizzo, se non rivalutata per intero  nelle
sue componenti,  non  sarebbe  equa  rispetto  al  danno  subito,  da
rapportare al pregiudizio alla salute, tanto  piu'  che  gli  aumenti
Istat dell'indennizzo - al netto dell'indennita' integrativa speciale
- sono  modesti  e  l'indennita'  stessa  e'  rimasta  ferma  a  lire
1.991.765, pari a euro 1.028,66  (corrispondente  al  valore  di  due
mensilita', in quanto l'indennizzo e'  corrisposto  ogni  due  mesi).
Diversamente, con la sentenza del 13 ottobre 2010  (recte:  2009)  n.
21703, la Corte di cassazione, sezione lavoro, si e'  discostata  dal
precedente orientamento, ritenendo non rivalutabile la componente  di
cui all'art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992. 
    Il   rimettente   sottolinea   che,    nonostante    quest'ultima
interpretazione, le  Corti  di  merito  continuano  ad  adeguarsi  al
precedente  orientamento,  riconoscendo  la  rivalutazione  monetaria
dell'intero indennizzo. 
    Il  giudice  a  quo,  dopo  aver  riportato  il  contenuto  delle
disposizioni censurate,  la  cui  adozione  sarebbe  scaturita  dalla
riferita difformita' interpretativa in ordine all'art.  2,  comma  2,
della legge n. 210 del 1992, pone in rilievo come, sulla base di tale
intervento normativo, il ricorso introduttivo del giudizio principale
sarebbe  da  rigettare.  Da  qui  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, il rimettente,
nel condividere l'orientamento giurisprudenziale di cui alle sentenze
della Corte di cassazione, sezione lavoro, del  28  luglio  2005,  n.
15894 e del 27 agosto 2007, n. 18109, osserva che, ai sensi di quanto
disposto dall'art. 2  della  legge  n.  210  del  1992,  entrambe  le
componenti dell'indennizzo dovrebbero essere  rivalutate  annualmente
secondo  il  tasso  di  inflazione   programmato,   in   quanto:   1)
l'indennizzo deve essere  inteso  nella  sua  globalita'  e,  dunque,
rivalutato  in  entrambe  le  sue  parti;  infatti,   anche   se   la
disposizione che prevede la rivalutazione automatica e' collocata nel
primo  comma  dell'art.  2,  ove  e'   prevista   la   corresponsione
dell'assegno reversibile, e' anche vero che la rivalutazione  annuale
e' riferita all'indennizzo di cui all'art.  1,  comma  1,  ovvero  al
trattamento nella sua interezza, comprensivo anche  della  componente
di cui al secondo comma; 2) l'indennita' integrativa speciale portava
con se' il meccanismo di  adeguamento  delle  retribuzioni  al  costo
della vita «nella sua originaria struttura», ma successivamente  essa
e' stata snaturata con il cosiddetto «taglio della scala mobile», per
cui  non  c'e'  ragione  di  non  rivalutarne  l'importo;  3)  questa
interpretazione sarebbe «costituzionalmente orientata», garantendo la
tutela del diritto alla salute ai sensi dell'art. 32 Cost. 
    Pertanto, ad avviso del giudice a quo, la  norma  censurata,  pur
qualificandosi  come  di  interpretazione   autentica,   in   realta'
introdurrebbe una vera e propria modifica legislativa con  violazione
dell'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza e uguaglianza
di trattamento, degli artt. 32 e 117 Cost., degli artt.  101,  102  e
104 Cost., interferendo con funzioni costituzionalmente riservate  al
potere giudiziario, nonche' dell'art. 24 Cost. creando un  discrimine
nella tutela giudiziaria riservata a tutti  i  cittadini.  Sarebbero,
poi, violati gli artt. 2, 14, 35 della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
ratificata e resa esecutiva in Italia con legge  4  agosto  1955,  n.
848. 
    1.2. - In  particolare,  il  citato  art.  11,  commi  13  e  14,
violerebbe  l'art.  3  Cost.  sotto  il  profilo  della   illegittima
disparita' di trattamento tra coloro il cui indennizzo ai sensi della
legge  n.  210  del  1992  (avente  finalita'  assistenziali  e   non
risarcitorie), per effetto del d.l. n. 78 del 2010, non potra' essere
rivalutato e coloro che percepiscono  l'indennizzo  rivalutato  sulla
base    delle    numerose    sentenze    conformi    all'orientamento
giurisprudenziale  sopra  riferito,  nonche'  tra   i   titolari   di
indennizzo, ai sensi della legge n. 210 del 1992,  non  rivalutato  e
gli altri titolari di prestazioni pensionistiche e assistenziali,  in
particolar modo i vaccinati (art. 1 , comma 4,  della  legge  del  29
ottobre 2005, n. 229, recante «Disposizioni in materia di  indennizzo
a  favore  dei  soggetti   danneggiati   da   complicanze   di   tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni  obbligatorie»)  e  i  soggetti
affetti da sindrome  da  talidomide  (art.1,  comma  4,  del  decreto
ministeriale del 2 ottobre  2009,  n.  163  recante  «Regolamento  di
esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24 dicembre  2007,
n. 244, che riconosce un indennizzo ai soggetti affetti  da  sindrome
da  talidomide,  determinata  dalla   somministrazione   dell'omonimo
farmaco»), per i quali l'indennizzo e'  integralmente  rivalutato  ex
lege. 
    Le disposizioni censurate si porrebbero, altresi',  in  contrasto
con l'art.  117,  primo  comma,  Cost.  per  violazione  delle  norme
convenzionali di cui agli artt. 2 e 14 della CEDU, (recte: Carta UE).
In particolare, l'art. 2 della CEDU tutela il  diritto  alla  vita  e
l'art. 14 di essa pone il divieto di  ogni  discriminazione.  Secondo
l'interpretazione della Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,  una
distinzione sarebbe «discriminatoria», ai sensi della norma suddetta,
se manca di una giustificazione obiettiva e ragionevole  e  «se  essa
non persegua uno scopo  legittimo  o  se  non  c'e'  un  rapporto  di
ragionevole proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo che  si
e' prefissata» (CEDU, sentenza 1° dicembre  2009,  in  causa  G.N.  e
altri contro Italia). Ad avviso del rimettente,  sarebbe  palesemente
irragionevole e illegittima la discriminazione tra coloro  che  hanno
gia' ottenuto la rivalutazione dell'indennizzo ai sensi  della  legge
n. 210 del 1992 e coloro che sono ancora in attesa del riconoscimento
e tra questi ultimi e gli altri titolari di indennizzo, in particolar
modo i vaccinati e gli affetti da sindrome da talidomide. 
    1.3. - Il rimettente ritiene che l'art. 11, commi 13  e  14,  del
d.l. n. 78 del 2010  violi  anche  il  diritto  alla  salute  sancito
dall'art. 32 Cost., in quanto la misura dell'indennizzo, ritenuta non
rivalutabile per  intero  nelle  sue  componenti,  non  sarebbe  equa
rispetto al danno subito da rapportare al  pregiudizio  alla  salute,
tanto  piu'  che  gli  aumenti  Istat   dell'indennizzo   (al   netto
dell'indennita' integrativa speciale) dal 1992 in poi sarebbero stati
modesti e l'indennita' nel periodo in questione sarebbe  stata  ferma
ad euro 1.028,66 (bimestrali). 
    Il giudice a quo pone in evidenza, al riguardo, che  l'indennizzo
ex lege n. 210 del 1992 e' composto da due  parti:  l'indennizzo  «in
senso  stretto»,  di  cui  al  comma  1,  dell'art.  2,  soggetto   a
rivalutazione  (e  costituente  solo  il  5  per  cento   dell'intero
indennizzo) e  la  somma  corrispondente  all'indennita'  integrativa
speciale di cui al comma 2, del  medesimo  articolo,  non  rivalutata
(costituente il  95  per  cento  circa  dell'indennizzo  totale).  La
rivalutazione di una quota minima dell'indennizzo avrebbe  comportato
una progressiva  e  ingiustificata  perdita  di  valore  delle  somme
originariamente  stabilite  a  titolo  di  indennizzo  a  favore  del
soggetto    danneggiato    irreversibilmente    da    HIV,    epatite
post-trasfusionale e da vaccinazione. 
    In particolare, il rimettente precisa che la  tabella  utilizzata
dal  Ministero  della  salute  prevede  la  rivalutazione  del   solo
«indennizzo in senso stretto di cui alla tab. B» (art.  2,  comma  1,
della legge n. 210 del 1992) per cui, dal 1992 al 2009,  l'indennizzo
mensile e' aumentato soltanto di otto euro  (dagli  originari  542,20
euro a 550,20 euro), in quanto l'importo originariamente  previsto  a
titolo di indennita' integrativa speciale e' rimasto  fisso  ad  euro
1.028,66 bimestrali, con una perdita di  circa  150  euro  mensili  a
causa della intercorsa svalutazione monetaria. 
    Il giudice a quo sottolinea che, proprio al  fine  di  preservare
nel tempo l'originario importo stabilito dal legislatore del 1992, la
legge del 25 luglio 1997, n.  238  (Modifiche  ed  integrazioni  alla
legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai  soggetti
danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati)
e gia' prima il decreto-legge del 23 ottobre 1996, n. 548 (Interventi
per  le  aree  depresse  e  protette,  per  manifestazioni   sportive
internazionali, nonche' modifiche alla legge  25  febbraio  1992,  n.
210), hanno introdotto  il  meccanismo  della  rivalutazione  annuale
dell'indennizzo secondo il T.I.P. (tasso  di  inflazione  annualmente
programmato). La rivalutazione dell'indennizzo nella  sua  globalita'
doveva assicurare  la  non  alterazione  del  valore  originariamente
fissato ex lege, trattandosi di indennizzo  vitalizio  con  finalita'
assistenziali e non risarcitorie. 
    Pertanto, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni  censurate
violano  l'art.  32  Cost.   in   quanto   cristallizzano   l'importo
dell'indennizzo ai valori del 1992,  determinandone  una  progressiva
erosione a causa della svalutazione monetaria  e  non  garantendo  un
indennizzo equo e ragionevole. 
    Per le medesime ragioni le disposizioni in oggetto si  porrebbero
in contrasto con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.  per  violazione
dell'art. 35 della CEDU (recte: della Carta UE), che tutela la salute
come «bene primario» cui garantire «un elevato livello di protezione»
nella definizione e  nell'attuazione  di  tutte  le  politiche  e  le
attivita' dell'Unione. 
    1.4 - Il citato art. 11, commi 13  e  14,  violerebbe  anche  gli
artt. 24, 25, primo comma, 102, 104 e 111 Cost. 
    Ad avviso  del  rimettente,  stante  l'ingerenza,  attraverso  le
disposizioni censurate, del potere legislativo su quello giudiziario,
sarebbero  lese   l'indipendenza   e   l'autonomia   della   funzione
giudiziaria, con conseguente violazione degli  artt.  102,  104,  111
Cost., nonche' il principio del giudice  naturale  precostituito  per
legge, con violazione dell'art. 25, primo comma, Cost. e, infine,  il
diritto del cittadino ad un giusto processo, tutelato  dall'art.  111
Cost. e dagli artt. 6 CEDU e 47 Carta UE. 
    Inoltre, le disposizioni in  esame  si  porrebbero  in  contrasto
anche con gli artt. 3 e 24 Cost., in  quanto  sarebbe  vanificato  il
diritto del cittadino alla tutela giurisdizionale. In particolare, il
citato articolo 11, commi  13  e  14,  nel  fare  salve  le  pronunce
giurisdizionali passate in giudicato alla data di entrata  in  vigore
della norma, crea una disparita' ingiustificata  di  trattamento  tra
coloro che hanno  gia'  adito  l'autorita'  giudiziaria,  percorrendo
tutti i gradi di giudizio e ottenendo una pronuncia  favorevole  alla
rivalutazione, e coloro che sono ancora sub iudice o  che  non  hanno
ancora adito l'autorita' giurisdizionale ovvero  che  hanno  ottenuto
sentenze favorevoli non passate in giudicato. 
    Ulteriore argomento a sostegno di tale censura e' quello per  cui
il  ius  superveniens  comporterebbe  di  fatto  una  estinzione  dei
processi in corso  (con  compensazione  delle  spese  o,  peggio,  la
condanna del ricorrente) e dunque una sostanziale vanificazione della
«via   giurisdizionale   quale   mezzo   per   attuare   un   diritto
preesistente», con violazione del diritto di azione di  cui  all'art.
24 Cost. 
    Il contrasto si porrebbe non solo con riguardo agli artt. 3 e  24
Cost., ma anche agli artt. 102 e 113 (recte: 111)  Cost.,  in  quanto
l'estinzione  automatica  di  tutti  i   giudizi   pendenti   -   con
compensazione  delle  spese  o  addirittura  con  la   condanna   del
ricorrente, in quanto ex lege si e' avuta una negazione  del  diritto
di  quest'ultimo,   con   soccombenza   virtuale   dell'assistito   -
comporterebbe una illegittima  interferenza  del  potere  legislativo
nella sfera della giurisdizione. 
    2. - Con memoria depositata  in  data  18  febbraio  2011  si  e'
costituito in giudizio T.C., chiedendo l'accoglimento della sollevata
questione di legittimita' costituzionale. 
    La parte privata, nel condividere le argomentazioni sottese  alla
ordinanza  di  rimessione,  si  sofferma   sull'inquadramento   della
fattispecie,  anche  alla  luce  della  giurisprudenza  della   Corte
costituzionale.  Al  riguardo,  pone  in  evidenza  come  al  diritto
dell'individuo a misure di sostengo  assistenziale,  ai  sensi  degli
artt. 2 e 38 Cost., si contrapponga il diritto dell'individuo  ad  un
equo indennizzo, discendente dagli artt. 2 e 32  Cost.,  nell'ipotesi
di danno irreversibile, non derivante  da  fatto  illecito,  che  sia
stato subito in conseguenza dell'adempimento  di  un  obbligo  legale
(sentenza n. 118 del 1996). 
    In particolare,  il  diritto  costituzionale  all'indennizzo,  il
quale trova fondamento negli artt. 2 e 32 Cost., e'  quello  connesso
ai danni non «tollerabili», in quanto eccedenti «la  temporaneita'  e
scarsa entita'» (sentenza n. 307 del 1990), che l'individuo riporti a
seguito di trattamenti sanitari  obbligatori  ovvero  di  trattamenti
promossi dalla pubblica autorita'  nell'ambito  di  un  programma  di
politica sanitaria, per un interesse della collettivita' (sentenza n.
27 del 1998). In tal caso, i soggetti pubblici si assumono il rischio
del danno al diritto fondamentale della  salute  dell'individuo,  che
risulta leso per effetto di trattamenti sanitari leciti  (obbligatori
o   promossi   dalla   pubblica   autorita'   per   interesse   della
collettivita'). Con particolare riguardo  al  diritto  all'indennizzo
dovuto  a  coloro  che  presentino  danni  irreversibili  da  epatiti
post-trasfusionali (HCV), lo  stesso  non  risulterebbe  direttamente
assimilabile ad un "diritto costituzionale" scaturente dagli artt.  2
e 32 Cost., ma sarebbe riportabile ad una  scelta  discrezionale  del
legislatore, soggetta al controllo della Corte sotto il  profilo  del
rispetto della parita' di trattamento e del nucleo minimo di garanzia
(sentenza  n.  226  del  2000),  nonche'  sotto  il   profilo   della
ragionevolezza (sentenza n. 432 del 2005) ovvero della  "ragionevole"
modulazione della disciplina rispetto agli scopi perseguiti. 
    In merito la Corte  costituzionale,  dopo  avere  individuato  la
ratio   dell'indennizzo   per   danno   da    emotrasfusione    nella
«insufficienza dei controlli sanitari fino  ad  allora  predisposti»,
con assunzione da parte del soggetto pubblico del rischio  del  danno
irreversibile al «diritto fondamentale dell'individuo», ha esteso  la
applicabilita' della norma di cui all'art. 1 della legge n.  210  del
1992, anche agli operatori sanitari che, in occasione del servizio  e
durante  il  medesimo,  abbiano  riportato  danni   permanenti   alla
integrita' psico-fisica, a seguito di  contatto  con  sangue  e  suoi
derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti (sentenza n.  476
del 2002) e ai soggetti che presentino danni irreversibili  derivanti
da epatite contratta a seguito di somministrazione  di  derivati  del
sangue (sentenza n. 28 del 2009). 
    Si  tratterebbe,  dunque,  di  una  ratio  e  di  un   fondamento
paralleli, e non coincidenti, con quelli dell'indennizzo  dovuto  nel
caso di "obbligo legale" di trattamento  sanitario  o  in  situazioni
equiparate. La parte privata sottolinea come anche  l'indennizzo  per
il danno da epatite (HVC)  da  emotrasfusione  sia  indissolubilmente
connesso alla tutela della salute ex art. 32 Cost. e, sia pure per la
scelta discrezionale  del  legislatore  su  come  attuare  la  tutela
sanitaria medesima, trovi in essa specifico fondamento. 
    Si evidenzia, altresi', come  la  previsione  dell'indennizzo  ai
soggetti che presentino danni irreversibili derivanti da  epatite  da
emotrasfusione rappresenti il corollario logico e ragionevole  di  un
assetto normativo  -  legge  del  21  ottobre  2005,  n.  219  (Nuova
disciplina delle attivita' trasfusionali e della produzione nazionale
degli emoderivati); legge del 4 maggio 1990, n. 107  (Disciplina  per
le attivita' trasfusionali  relative  al  sangue  umano  ed  ai  suoi
componenti e per la produzione di plasma derivati); decreto-legge del
30 ottobre 1987, n. 443 (Disposizioni urgenti in materia  sanitaria),
convertito dalla legge del 29 dicembre 1987, n.  531;  legge  del  23
dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale);
decreto del Presidente della Repubblica del 24 agosto 1971,  n.  1256
(Regolamento per l'esecuzione  della  L.  14  luglio  1967,  n.  592,
concernente la raccolta, conservazione  e  distribuzione  del  sangue
umano); legge del 14 luglio 1967, n. 592 (Raccolta,  conservazione  e
distribuzione  del  sangue  umano)   -   congegnato   con   controlli
sull'attivita' emotrasfusionale e sull'uso  di  sostanze  ematiche  o
emoderivati a scopo terapeutico, con conseguente assunzione  in  capo
al soggetto pubblico, che quei controlli e' tenuto a far  funzionare,
del  rischio  del  danno  intollerabile  al   «diritto   fondamentale
dell'individuo». 
    Che la ratio dell'indennizzo del danno da emotrasfusione  sia  da
rinvenire nel malfunzionamento delle terapie  e  nella  insufficienza
dei controlli sulle stesse esercitate,  si  evincerebbe  anche  avuto
riguardo ai requisiti richiesti dall'art. 1, comma 3, della legge  n.
210 del 1992, individuati nella  irreversibilita'  del  danno  e  nel
necessario  nesso  causale  tra  l'uso  terapeutico  delle   sostanze
ematiche   e    il    danno    stesso    (l'epatite    deve    essere
post-trasfusionale). 
    Il  principio  del  libero  consenso  ai   trattamenti   sanitari
comporterebbe anche che esso si formi correttamente  e  sia  pertanto
"informato" (art. 3 della legge n. 219 del 2005), per cui i  soggetti
che abbiano riportato danni irreversibili, derivanti  da  epatite  da
emotrasfusione, devono essere indennizzati in quanto il consenso  che
hanno dato al trattamento si e' retto sulla premessa ingannevole  che
il rischio da "malattie trasmissibili" sarebbe stato  scongiurato  da
"sufficienti controlli" pubblici. A tale indennizzo, sotto il profilo
della  ratio  e  del  fondamento,  sarebbe  assimilabile  quello  dei
soggetti affetti da sindrome da talidomide (art. 2, comma 363,  della
legge 27 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008),
che  ha  esteso  l'applicazione  della  legge  n.  229   del   2005),
determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco,  in  quanto,
anche in tal caso, l'indennizzo  troverebbe  fondamento  nell'erroneo
affidamento ingenerato, in  ordine  alla  scelta  di  assunzione  del
farmaco,   da   controlli   pubblici   rivelatisi,   a    posteriori,
insufficienti  a  prevenire  il  rischio  farmacologico   cui   erano
destinati. 
    Quanto alle singole censure, la parte privata osserva,  in  primo
luogo, che e' ingiustificata la disparita'  di  trattamento  (assunta
violazione degli artt. 2, 3, 32, 38 Cost., nonche' degli artt. 2 e 14
della CEDU in relazione all'art.  117,  primo  comma,  Cost.)  tra  i
titolari   di   indennizzo   per   danni   da    emotrasfusione    (o
somministrazione di derivati del sangue), per i quali e'  esclusa  la
integrale rivalutazione secondo il tasso di inflazione, e i vaccinati
e/o i soggetti  affetti  da  sindrome  da  talidomide,  per  i  quali
l'indennizzo e' rivalutato integralmente ex lege. In particolare,  la
irragionevolezza della discriminazione emergerebbe con riguardo  alla
diversa  disciplina  dell'indennizzo  concernente  la   sindrome   da
talidomide,  che  presenta  ratio  e  fondamento  omologhi  a  quelli
dell'indennizzo per danno da emotrasfusione. 
    In  ordine  alla   censura   concernente   la   incidenza   delle
disposizioni censurate sulla  misura  dell'indennizzo  per  danno  da
emotrasfusione, in termini di equita' (assunta violazione degli artt.
32 Cost. e 35 della Carta UE in relazione all'art. 117, primo  comma,
Cost.),  la  parte  privata   ritiene   che   la   esclusione   della
rivalutazione di una componente dell'indennizzo  (ossia  della  somma
corrispondente  all'importo  dell'indennita'  integrativa   speciale)
verrebbe a contraddire irragionevolmente la finalita' e i presupposti
legislativamente  assegnati  all'indennizzo  stesso,  in  quanto  non
garantirebbe  l'adeguamento  nel  tempo  di  quest'ultimo,  ancorche'
ritenuto equo in partenza. Invero, l'indennizzo, nella sua interezza,
sarebbe suscettibile di rivalutazione annuale  secondo  il  tasso  di
inflazione programmato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della legge n.
210 del 1992, e nessun  riflesso  avrebbe  comportato  il  cosiddetto
«blocco della scala mobile»,  relativo  alla  indennita'  integrativa
speciale, in quanto il riferimento ad essa,  ai  sensi  dell'art.  2,
comma 2, della medesima legge, varrebbe soltanto  come  criterio  per
stabilire la somma destinata ad integrare l'indennizzo. 
    Infine,   riguardo    alla    assunta    indebita    interferenza
dell'attivita'  legislativa  con  quella  giurisdizionale,  la  parte
privata osserva, in particolare, che l'art. 11, comma 14, del d.l. n.
78  del  2010,  lungi  dal  concretare  una  norma  "interpretativa",
detterebbe una disciplina transitoria che scinde l'applicazione della
disposizione censurata da quella che essa dovrebbe interpretare e che
dovrebbe continuare ad essere applicata nel significato  reso  chiaro
dalla norma "interpretativa". 
    3. - Con atto depositato in data 22 febbraio 2011, e' intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata. 
    3.1. - In primo luogo, la difesa erariale eccepisce il  carattere
generico della motivazione in ordine alla non manifesta  infondatezza
con riferimento all'art. 2 Cost. (recte: della CEDU), agli artt.  25,
primo comma, 102, 104, 111 Cost. e agli artt. 6 della CEDU e 47 della
Carta UE. 
    3.2. - Nel merito, ad avviso del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, la questione non sarebbe fondata. 
    In particolare, in ordine alla dedotta violazione degli  artt.  3
Cost. e 14 CEDU, in combinato disposto con l'art. 117,  primo  comma,
Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza e del divieto di
discriminazione,  la  difesa  dello  Stato  osserva  che   la   norma
interpretativa  censurata  -  lungi  dal  creare  una  disparita'  di
trattamento tra i titolari di indennizzo ex lege  n.  210  del  1992,
destinati, per effetto del d.l.  n.  78  del  2010,  a  percepire  il
beneficio  senza  la  rivalutazione  della   componente   commisurata
all'indennita'  integrativa  speciale,  e  i  titolari  del  medesimo
indennizzo, che lo percepiscano maggiorato della rivalutazione  della
componente  commisurata  all'indennita'  integrativa   speciale   per
effetto di sentenze passate in giudicato - costituirebbe  veicolo  di
perequazione del trattamento di tali  due  categorie.  Infatti,  dopo
l'entrata in vigore dell'art. 11, commi 13 e 14, del d.l. n.  78  del
2010, l'incremento periodico dell'indennita' integrativa speciale non
troverebbe piu' titolo ne' nell'art. 2, comma 2, della legge  n.  210
del 1992, per come interpretato autenticamente, ne' nei  giudicati  i
cui effetti sono fatti salvi solo per i  periodi  da  essi  definiti,
ne', infine, nei provvedimenti amministrativi  la  cui  efficacia  e'
cessata a decorrere dall'entrata il vigore del d.l. n. 78 del 2010. 
    Il comma 14 dell'art.  11  del  d.l.  n.  78  del  2010  farebbe,
infatti, salva la gia'  intervenuta  corresponsione  dell'adeguamento
dell'indennita' integrativa speciale per  il  periodo  coperto  dalla
sentenza,  nel  rispetto  del   principio   dell'intangibilita'   del
giudicato, disponendo, al tempo stesso, per il futuro la  perdita  di
efficacia   dei   provvedimenti   amministrativi    che    dispongano
l'adeguamento della detta indennita'. 
    La  difesa  dello  Stato  precisa  al  riguardo  che,  stante  il
consolidamento dell'orientamento giurisprudenziale  nel  senso  della
spettanza  della  rivalutazione   della   indennita'   in   questione
(Cassazione, sezione lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109  e
del 28 luglio 2005, n. 15894), il Ministero  della  salute,  con  una
direttiva  dell'8  aprile  2008,  aveva  stabilito  che,   nel   dare
attuazione ai titoli esecutivi che  riconoscessero  il  diritto  alla
rivalutazione  di  essa,  si  dovesse  estendere  la   corresponsione
dell'adeguamento, non solo al periodo coperto dal  titolo  esecutivo,
ma anche al futuro. 
    Ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'art. 11,
comma 14,  dispone  la  cessazione  dell'efficacia  proprio  di  quei
provvedimenti adottati in  esecuzione  della  direttiva  ministeriale
dell'8 aprile 2008, fermi restando gli effetti da essi prodotti  fino
alla data di entrata in vigore del d.l. n. 78 del 2010 e gli  effetti
esplicati da sentenze passate in giudicato  per  i  periodi  da  esse
definiti. Ne conseguirebbe che i titolari  di  indennizzo  che  hanno
ottenuto in passato giudicati favorevoli - i cui effetti  sono  salvi
solo per i periodi da essi definiti -  e  che  abbiano  continuato  a
percepire    l'indennizzo     comprensivo     della     rivalutazione
dell'indennita' per effetto di provvedimenti adottati  in  base  alla
direttiva ministeriale 8 aprile 2008, dopo l'entrata  in  vigore  del
d.l. n. 78 del 2010 riceveranno l'indennizzo  ricalcolato  alla  luce
del significato dell'art. 2, comma 2, della legge n.  210  del  1992,
come  esplicitato  dalla  legge  di   interpretazione.   L'indennizzo
effettivamente corrisposto  dovra'  essere  quindi  quantificato  per
tutti  gli  aventi  diritto   senza   l'adeguamento   dell'indennita'
integrativa speciale,  tornando  all'importo  originario  erogato  ai
titolari dell'indennizzo che  non  abbiano  mai  ottenuto  un  titolo
esecutivo che riconoscesse loro il diritto alla  rivalutazione  della
componente commisurata a detta indennita'. 
    Con riguardo all'ulteriore profilo in cui  si  manifesterebbe  la
dedotta violazione del principio di eguaglianza,  ovvero  la  pretesa
disparita' di trattamento tra i titolari dell'indennizzo ex  lege  n.
210 del 1992 non rivalutato  e  gli  altri  titolari  di  prestazioni
pensionistiche e assistenziali, in particolar modo i vaccinati  (art.
1, comma 4, della legge n. 229 del 2005) ed  i  soggetti  affetti  da
sindrome da talidomide (art. 1, comma 4, del d.m. n.  163  del  2009,
attuativo dell'art. 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007), per i
quali l'indennizzo e' integralmente rivalutato  ex  lege,  la  difesa
erariale osserva che si tratterebbe di categorie non equiparabili tra
loro,  in  quanto  il  diverso  beneficio   indennitario   nascerebbe
differenziato ab origine, essendo il  rispettivo  ammontare  comunque
diverso, a prescindere dalla rivalutabilita' o meno della  componente
commisurata all'indennita' integrativa speciale inclusa nella base di
calcolo. In particolare, i soggetti danneggiati da vaccino ex art. 1,
comma 1, della legge  n.  210  del  1992  e  i  soggetti  affetti  da
«sindrome da talidomide» avrebbero  diritto,  in  ogni  caso,  ad  un
importo maggiore rispetto ai soggetti elencati nei commi 2 e seguenti
dell'art. 1 della legge n. 210 del 1992, ovvero ad un importo che per
i "talidomidici" e' multiplo dell'indennizzo-base di cui  all'art.  2
della legge n.  210  del  1992  e  per  i  vaccinati  si  aggiunge  a
quest'ultimo.  La  previsione  di  una   differente   quantificazione
dell'indennizzo per le  diverse  categorie  di  aventi  diritto  allo
stesso beneficio rientrerebbe nella discrezionalita' del legislatore,
avuto riguardo  alla  diversa  fattispecie  genetica  del  danno,  al
diverso grado di partecipazione dello Stato nella  sua  causazione  e
alla  diversa  percezione,  in  termini  di   solidarieta'   sociale,
dell'esigenza   di   "socializzare",    attraverso    lo    strumento
indennitario, il pregiudizio alla  salute  prodottosi.  Peraltro,  ad
avviso della difesa  erariale,  qualora  si  dovesse  riconoscere  la
rivalutazione  della   componente   commisurata   all'indennita'   in
questione  dell'indennizzo,   la   diversa   entita'   dei   benefici
indennitari denunciata dal rimettente resterebbe  ferma,  atteso  che
l'indennita' integrativa speciale inclusa nel calcolo dell'indennizzo
spettante ai vaccinati e ai "talidomidici" subirebbe,  in  tal  modo,
una doppia rivalutazione, essendo  l'indennizzo  spettante  a  queste
categorie comunque interamente rivalutato ex lege. 
    3.3. - Quanto alla assunta violazione degli artt. 32 Cost.  e  35
della CEDU  (recte  Carta  UE),  per  insufficienza  dell'indennizzo,
quantificato secondo  quanto  disposto  dalla  norma  interpretativa,
rispetto al diritto alla salute (sentenze n. 307 del 1990  e  n.  118
del 1996),  la  difesa  dello  Stato  osserva  che  la  stessa  Corte
costituzionale nella sentenza n. 27  del  1998  (nel  dichiarare  non
fondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  ,
comma 2, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non  prevede
gli interessi legali e la rivalutazione  monetaria  dell'assegno  una
tantum ivi previsto in favore del  danneggiato  da  vaccinazione)  ha
affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore  operare
le valutazioni nella  predisposizione  dei  mezzi  necessari  a  fare
fronte agli obblighi dello  Stato  in  materia  di  diritti  sociali,
mentre compete alla Corte garantire la misura  minima  essenziale  di
protezione dei diritti, potendo  valutare  l'equita'  dell'indennizzo
nel senso di verificare se esso  risulti  o  meno  «tanto  esiguo  da
vanificare, riducendolo ad un nome privo di  concreto  contenuto,  il
diritto all'indennizzo stesso, diritto che,  da  un  punto  di  vista
costituzionale, e' stabilito nell'an ma non nel quantum». 
    Se, dunque, la Corte costituzionale ha ritenuto  che  la  mancata
previsione  del  diritto  agli   interessi   e   alla   rivalutazione
sull'assegno una tantum non ne comporti l'iniquita', cio', ad  avviso
del Presidente del Consiglio dei ministri, dovrebbe valere anche  nel
caso della mancata previsione della rivalutazione automatica  di  una
sola  componente  dell'indennizzo,  stante   l'identita'   di   scopo
dell'assegno una  tantum  e  dell'indennizzo  stesso,  finalizzati  a
compensare, rispettivamente per il passato e il futuro, il danno alla
salute provocato da trattamenti sanitari leciti. 
    3.4. - Infine, quanto alla censura inerente  agli  artt.  3,  24,
102, 104 e 113 (recte: 111) Cost., per cui, con l'entrata  in  vigore
dell'art.  11  del  d.l.  n.  78  del  2010,  si  determinerebbe  una
«estinzione di fatto» di tutti i giudizi pendenti, aventi ad  oggetto
la spettanza della rivalutazione della componente dell'indennizzo  ex
lege n. 210 del 1992 commisurata all'indennita' integrativa speciale,
con   sostanziale   vanificazione    del    diritto    alla    tutela
giurisdizionale, la difesa dello Stato osserva che  la  stessa  Corte
costituzionale   ha   affermato   la   legittimita'    delle    norme
interpretative retroattive che si limitino  ad  esplicitare  uno  dei
possibili significati della norma interpretata (sentenze n. 135 e  n.
274 del 2006). Di fronte a situazioni di incertezza interpretativa di
una norma, come nel caso di specie, la  sopravvenienza  in  corso  di
causa di una legge, che tra i vari  significati  possibili  individua
quello corretto, non impedisce al giudice di pronunciarsi nel merito,
sia pure attenendosi al significato che il  legislatore  ha  indicato
come corretto in sede di interpretazione autentica, ne' gli  preclude
di statuire sulle spese, ripartendole  in  base  alle  norme  vigenti
(rientrando, peraltro, nella normale alea giudiziale la prevalenza di
un'interpretazione favorevole o sfavorevole alla tesi prospettata  da
colui che agisce). 
    4.  -  Con  atto  depositato  in  data  22  febbraio  2011,  sono
intervenuti nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  la  AMEV,
Associazione  Malati  Emotrasfusi  e  Vaccinati,   in   persona   del
presidente pro tempore, nonche' numerosi associati indicati nell'atto
di  intervento  stesso,  svolgendo  una  serie  di  argomentazioni  a
sostegno della sospettata illegittimita' costituzionale dell'art. 11,
commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010. 
    4.1. - In data 31 maggio 2011 la parte privata  e  il  Presidente
del Consiglio dei ministri hanno depositato memorie illustrative. 
    5. - Il Tribunale di Parma, in funzione di  giudice  del  lavoro,
con due ordinanze del 30 ottobre 2010 (r. o. nn. 57 e 58  del  2011),
ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, primo  comma,  32,
102, 104, 111 e 117 Cost., questione di  legittimita'  costituzionale
dell' art. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78  del  2010,  convertito,
con modificazioni, nella n. 122 del 2010. 
    5.1. - In entrambe le ordinanze, il rimettente, premette che, nei
rispettivi  giudizi  principali,  i  ricorrenti,  quali   beneficiari
dell'indennizzo  previsto  dalla  legge  n.  210  del  1992,   avendo
contratto  epatite  HCV  a  seguito  di  trasfusioni,  hanno  chiesto
l'accertamento del diritto a  percepire  la  rivalutazione  monetaria
dell'indennita' integrativa speciale di  cui  all'art.  2,  comma  2,
della medesima legge, costituente parte integrante dell'indennizzo in
godimento, sulla base del tasso di inflazione programmato. 
    5.2. - Sotto il profilo della rilevanza, il giudice a quo osserva
che, sulla base delle disposizioni censurate, i ricorsi  introduttivi
dei rispettivi giudizi principali dovrebbero essere rigettati. 
    5.3. - Quanto alla  non  manifesta  infondatezza,  il  rimettente
svolge le medesime argomentazioni di cui alla ordinanza del Tribunale
di Reggio-Emilia del 17 settembre 2010 (r. o. n. 17 del 2011). 
    6. - Con atti depositati in data 21 aprile 2011 (r. o. n. 57  del
2011 e n. 58 del 2011), e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
del ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
comunque infondata, sulla base delle medesime argomentazioni  di  cui
all'atto di intervento nel giudizio r. o. n. 17 del 2011. 
    7. - Nel giudizio r. o. n. 57 del 2011, con  atto  depositato  in
data 20 aprile 2011, sono intervenuti nel  giudizio  di  legittimita'
costituzionale la AMEV, Associazione Malati Emotrasfusi e  Vaccinati,
in persona del  presidente  pro-tempore,  nonche'  la  sua  associata
sig.ra M.G.L., svolgendo una serie di argomentazioni a sostegno della
sospettata illegittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 13 e 14,
del d.l. n. 78 del 2010. 
    7.1. - La AMEV e la parte privata M.G.L. premettono di  avere  un
interesse diretto alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale
della norma censurata. In particolare,  la  associata  sig.ra  M.G.L.
sottolinea  di  essere  costituita  in  altro  giudizio  dinanzi   al
Tribunale di Oristano, sezione previdenza, che ritenendo la decisione
della   controversia   dipendente   dall'esito   del   giudizio    di
costituzionalita' sull'art. 11, commi 13 e 14, del  d.l.  n.  78  del
2010, convertito in legge  n.  12  del  2010,  ha  sospeso  il  detto
procedimento, in attesa della decisione della Corte costituzionale. 
    7.2. - Nel detto atto  di  intervento  sono  svolte  le  medesime
argomentazioni di cui all'atto di intervento della AMEV nel  giudizio
r. o. n.17 del 2011. 
    8. - In data 27 luglio 2011, nei giudizi r. o. n. 57 e n. 58  del
2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato  memorie
illustrative, con le quali, nel riportarsi a quanto gia' dedotto  con
i rispettivi atti di intervento, chiede dichiararsi inammissibile,  e
comunque non fondata, la questione  di  legittimita'  costituzionale.
Nella memoria depositata nel giudizio r. o. n. 57 del 2011, la difesa
dello Stato eccepisce,  preliminarmente,  la  inammissibilita'  degli
interventi della sig.ra L. M. G. e della AMEV. 
    9. - Il Tribunale di Tempio Pausania, in funzione di giudice  del
lavoro, con ordinanza del 13 gennaio 2011 (r. o. n. 97 del  2011)  ha
sollevato, in riferimento agli  artt.  3  e  32  Cost.  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 13 e 14, del d.l.  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122. 
    9.1. - Il rimettente premette  che  nel  giudizio  principale  il
ricorrente, quale beneficiario dell'indennizzo previsto  dalla  legge
n.  210  del  1992,  avendo  contratto  epatite  HCV  a  seguito   di
trasfusioni, ha chiesto l'accertamento del  diritto  a  percepire  la
rivalutazione monetaria sulla indennita' integrativa speciale di  cui
all'art.  2,  comma  2,  della  medesima  legge,  costituente   parte
integrante dell'indennizzo in godimento,  sulla  base  del  tasso  di
inflazione programmato. 
    Il giudice a  quo  pone  in  evidenza  come  la  questione  della
rivalutazione della componente, di cui all'art.  2,  comma  2,  della
legge n. 210  del  1992,  sia  stata  oggetto  in  giurisprudenza  di
decisioni contrastanti, rilevando, tuttavia, che le Corti  di  merito
continuano ad adeguarsi al precedente orientamento,  riconoscendo  la
rivalutazione monetaria dell'intero indennizzo. 
    Il  giudice  a  quo,  dopo  aver  riportato  il  contenuto  delle
disposizioni censurate,  la  cui  adozione  sarebbe  scaturita  dalla
riferita difformita' interpretativa in ordine all'art.  2,  comma  2,
della legge n. 210 del 1992, pone in rilievo come, sulla base di tale
intervento normativo, il ricorso del giudizio principale  sarebbe  da
rigettare. Da  qui  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, ad avviso  del
giudice a  quo,  la  norma  censurata,  pur  qualificandosi  come  di
interpretazione  autentica,  in  realta'  introdurrebbe  una  vera  e
propria modifica legislativa con violazione dell'art. 3  Cost.  sotto
il  profilo  della  ragionevolezza  e  uguaglianza  di   trattamento,
dell'art. 32 Cost. nonche' degli artt. 14 e 25 della CEDU. 
    9.2. - In  particolare,  il  citato  art.  11,  commi  13  e  14,
violerebbe  l'art.  3  Cost.  e  l'art.  14  CEDU,  determinando  una
illegittima disparita' di trattamento tra coloro il cui indennizzo ex
lege  n.  210  del  1992  (avente  finalita'  assistenziali   e   non
risarcitorie), per effetto del d.l. n. 78 del 2010, non potra' essere
rivalutato e coloro che percepiscono  l'indennizzo  rivalutato  sulla
base    delle    numerose    sentenze    conformi    all'orientamento
giurisprudenziale  sopra  riferito,  nonche'  tra   i   titolari   di
indennizzo ex lege n.210 del 1992 non rivalutato e gli altri titolari
di prestazioni pensionistiche e assistenziali, in particolar  modo  i
vaccinati (art.1, comma 4, della legge n. 229 del 2005) e i  soggetti
affetti da sindrome da talidomide (art.1, comma 4, del d. m.  n.  163
del 2009), per i quali l'indennizzo e'  integralmente  rivalutato  ex
lege. 
    9.3. - Il rimettente ritiene che l'art. 11, commi 13  e  14,  del
d.l. n. 78 del 2010  violi  anche  il  diritto  alla  salute  sancito
dall'art. 32 Cost. e dall'art. 25 della CEDU,  in  quanto  la  misura
dell'indennizzo, ritenuta  non  rivalutabile  per  intero  nelle  sue
componenti, non sarebbe equa rispetto al danno subito  da  rapportare
al  pregiudizio  alla  salute,  tanto  piu'  che  gli  aumenti  Istat
dell'indennizzo (al netto dell'indennita' integrativa  speciale)  dal
1992 in poi  sarebbero  stati  modesti  e  l'indennita'  stessa,  nel
periodo  in  questione,  sarebbe  stata  ferma   ad   euro   1.028,66
(bimestrali). 
    Il giudice a quo sottolinea, al  riguardo,  che  l'indennizzo  ex
lege n. 210 del 1992 e' composto da due parti: l'indennizzo «in senso
stretto», di cui al primo comma dell'art. 2, soggetto a rivalutazione
(e costituente solo il 5 per cento dell'intero indennizzo) e la somma
corrispondente all'indennita' integrativa speciale di cui al  secondo
comma del medesimo articolo, non rivalutata (costituente  il  95  per
cento circa dell'indennizzo totale). La rivalutazione  di  una  quota
minima  dell'indennizzo  avrebbe   comportato   una   progressiva   e
ingiustificata  perdita  di  valore   delle   somme   originariamente
stabilite a titolo di indennizzo a favore  del  soggetto  danneggiato
irreversibilmente   da   HIV,   epatite   post-trasfusionale   e   da
vaccinazione. 
    Pertanto, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni  censurate
violano  l'art.  32  Cost.   in   quanto   cristallizzano   l'importo
dell'indennizzo ai valori del 1992,  determinandone  una  progressiva
erosione a causa della svalutazione monetaria  e  non  garantendo  un
indennizzo equo e ragionevole. 
    10. - Con memoria  depositata  in  data  1°  giugno  2011  si  e'
costituita la parte privata F.L., chiedendo preliminarmente  che  sia
disposta la riunione del giudizio r. o. n. 97 del 2011 a quelli r. o.
n. 17, 57, 58, 88 del 2011, e, nel  merito,  che  sia  dichiarata  la
illegittimita' costituzionale della norma  censurata  per  violazione
degli artt. 3, 32, 38, 101, 102, 104, Cost. nonche' 117, primo comma,
Cost. in relazione agli artt.  6,  paragrafo  1,  e  14  CEDU,  letto
congiuntamente agli artt. 2 e 8 CEDU e all'art. 1 del  Protocollo  n.
1. 
    10.1. - La parte privata F.L., nel dedurre  la  violazione  degli
artt. 101, 102, 104 Cost.,  ricorda  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale in merito  ai  limiti  delle  norme  (retroattive)  di
interpretazione  autentica.  Ad  avviso  della  parte   privata,   il
censurato comma 14,  nel  disporre  «la  cessazione,  dalla  data  di
entrata in vigore del  decreto,  della  efficacia  dei  provvedimenti
emanati al fine di rivalutare la somma di cui al comma 13 in forza di
un titolo esecutivo», esplicherebbe effetti sul  giudicato.  Infatti,
diversi ricorrenti ai quali era  stato  riconosciuto  un  determinato
indennizzo si vedrebbero  sottrarre  una  notevole  quota  di  quanto
assegnato loro in precedenza. 
    La  parte  privata  richiama,  in  merito,  alcune  pronunce   di
illegittimita' costituzionale di norme  comportanti  la  decurtazione
dei trattamenti pensionistici, in quanto lesive di altri e preminenti
beni della vita dei soggetti beneficiari (sentenze n. 566  del  1989;
n. 204 del 1992; n. 822 del 1988). 
    La  medesima  parte   richiama   anche   pronunce   della   Corte
costituzionale  in  tema  di  tutela  dell'affidamento  del   privato
cittadino nella sicurezza giuridica, la cui  lesione  e'  tanto  piu'
grave quando colpisca soggetti a reddito non elevato, i quali abbiano
destinato i trattamenti previdenziali al soddisfacimento dei  bisogni
alimentari propri e della famiglia (sentenze n. 282 del 2005, n.  397
del 1994; n. 39 del 1993). 
    10.2.  -  La  parte  privata  deduce,  altresi',  la   violazione
dell'art. 32 Cost. letto insieme con l'art. 2 Cost. 
    Essa ricorda che la Corte di cassazione, sezione  lavoro  del  28
luglio  2005,  n.  15894,  nell'affermare  la  rivalutabilita'  della
indennita' integrativa speciale,  ha  richiamato  le  pronunce  della
Corte costituzionale n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996, con le  quali
si era evidenziata la necessita'  di  garantire  un  equo  ristoro  a
coloro che avessero contratto infezioni  a  seguito  di  vaccinazioni
obbligatorie. 
    E, ancora, la parte privata  richiama  le  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 88 del 1979 e n. 184 del 1986,  a  sostengo  di  un
completo ristoro nel  caso  di  lesione  di  diritti  tutelati  dalla
Costituzione (il diritto alla salute ex art. 32 Cost. sarebbe l'unico
espressamente dichiarato «fondamentale» dalla Costituzione stessa). 
    10.3.  -  F.L.  assume  anche  il  contrasto  delle  disposizioni
censurate con l'art. 117, primo comma,  Cost.  stante  la  violazione
dell'art. 6, paragrafo 1, CEDU in tema di diritto  all'equo  processo
(obbligo imposto anche dall'art. 47 della Carta UE). 
    La CEDU ha affermato che, sebbene non sia precluso al legislatore
in materia civile di  adottare  nuove  disposizioni  retroattive  per
regolare diritti derivanti da una legge esistente, il principio dello
stato di diritto e la nozione di giusto processo di  cui  all'art.  6
CEDU impediscono qualsiasi ingerenza del legislatore - salvo che  per
impellenti motivi di interesse generale - nell'amministrazione  della
giustizia volta  ad  influenzare  la  decisione  giudiziaria  di  una
singola controversia (tra le tante, CEDU,  Grande  Camera,  29  marzo
2006, Scordino contro Italia). 
    Ad avviso della parte privata, nel caso di specie, lo Stato parte
in causa ha assunto il ruolo di Stato legislatore, al fine di emanare
una norma che  nega  al  ricorrente  il  riconoscimento  del  proprio
diritto alla  rivalutazione  e  che,  nell'interpretazione  denegata,
verrebbe ad incidere sull'esito di un giudizio in corso assegnando un
indebito vantaggio all'amministrazione convenuta  e  cancellando  gli
effetti di una precedente sentenza favorevole. 
    Detti principi sono stati ribaditi dalla CEDU nella  sentenza  21
giugno 2007, Scanner e altri contro Francia, secondo cui si  verifica
un'ingerenza nei diritti processuali  qualora  una  legge  sia  stata
introdotta dopo l'inizio del processo avviato dal privato  contro  lo
Stato, (...) senza fare salvi i processi  pendenti  prima  della  sua
entrata in vigore, nonche' nella sentenza 11 febbraio  2010,  Javague
contro Francia, in base alla  quale  lo  Stato  aveva  compromesso  i
diritti dei ricorrenti garantiti dall'art. 6, intervenendo in maniera
decisiva  per  orientare  in  suo  favore  l'esito  imminente   della
procedura di cui era parte. 
    La parte privata ricorda come la CEDU - nelle citate  sentenze  -
abbia affermato che «i motivi imperativi di interesse  generale»  che
potrebbero giustificare l'applicazione delle  norme  retroattive  con
incidenza sui giudizi pendenti, non si possono ravvisare  nelle  mere
esigenze finanziarie connesse al rischio derivante dalla  soccombenza
nei giudizi avviati dallo Stato amministrazione. 
    Si richiama anche la sentenza della Corte costituzionale  n.  311
del  2009,   nella   quale   si   e'   riconosciuta   la   potenziale
incompatibilita' con il principio del giusto processo  di  interventi
legislativi sopravvenuti che modifichino  retroattivamente  in  senso
sfavorevole per gli interessati le disposizioni di legge  attributive
di diritti, la cui lesione abbia dato  luogo  ad  azioni  giudiziarie
ancora pendenti all'epoca della modifica. 
    Alla  luce  della  giurisprudenza  della  CEDU  e  costituzionale
richiamata appare evidente, ad avviso della  parte  privata,  che  la
norma di  interpretazione  autentica  censurata  abbia  lo  scopo  di
interferire indebitamente sulle iniziative giudiziarie gia'  promosse
nei  confronti  dello  Stato  al  fine  di  tutelarne  gli  interessi
finanziari in assenza di motivi imperiosi di carattere generale,  con
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. per il tramite dell'art.
6 CEDU. 
    10.4. - La parte privata deduce anche la violazione  dell'art.  3
Cost. e dell'art. 117, primo comma, Cost. in  relazione  all'art.  14
CEDU, letto congiuntamente agli artt.  2  (diritto  alla  vita)  e  8
(diritto al rispetto della vita privata e familiare) CEDU e  all'art.
1 del Protocollo n. 1 (diritto al rispetto dei beni), e in  relazione
all'art. 21 della Carta UE. 
    Infatti, ad avviso della parte privata, le disposizioni censurate
determinano una disparita' di trattamento irragionevole tra vaccinati
obbligatori (per i quali l'art. 1, comma 4, della legge  n.  229  del
2005  ha  sancito  la  rivalutabilita'  annuale  dell'intero  importo
dell'indennizzo) e affetti da sindrome  da  talidomide  (con  decreto
ministeriale del 2 ottobre 2009, n. 163 il legislatore ha ribadito il
principio della integrale rivalutazione annuale dell'indennizzo),  da
un lato, e soggetti emotrasfusi, dall'altro. 
    L'esistenza  di  una  «differenza  di   trattamento»   presuppone
l'analogia o compatibilita' delle situazioni che vengono  in  rilievo
(in tal senso, CEDU 18 febbraio 1999, Larkos contro Cipro;  27  marzo
1998, Petrovic  contro  Austria;  18  febbraio  1991,  Fredin  contro
Svezia) e, per non incorrere nella violazione dell'art. 14  CEDU,  si
deve fondare su di una giustificazione oggettiva e ragionevole  (CEDU
23 luglio 1968, Affare linguistico belga). 
    La parte privata richiama, al riguardo, una recente sentenza  che
ha riconosciuto la violazione dell'art. 14 CEDU, letto congiuntamente
all'art. 2, in relazione al diverso trattamento riservato a  soggetti
talassemici contagiati  da  emoderivati  infetti  rispetto  a  quello
riservato a soggetti emofiliaci infettati allo stesso modo  (sentenza
30 aprile 2009, Glor  contro  Svizzera;  nel  senso  del  divieto  di
discriminazione  fondata  sulle  caratteristiche  genetiche  e  sulla
disabilita' anche CEDU  1°  dicembre  2009,  G.  N.  e  altri  contro
Italia). 
    11. - Con atto depositato in data 20 giugno 2011, e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata. La difesa erariale riporta sostanzialmente,  in
riferimento ai parametri costituzionali evocati (art. 3 e 32  Cost.),
le medesime argomentazioni di cui agli atti di intervento negli altri
giudizi di cui sopra, precisando, nel caso di specie,  la  erroneita'
della indicazione dell'art. 25 CEDU, in quanto trattasi di norma  non
vertente in materia di diritto alla salute. 
    12. - Con atto depositato in data 27 giugno 2011  e'  intervenuto
il Coordinamento nazionale danneggiati da  vaccino,  in  persona  del
Presidente pro-tempore, chiedendo che sia dichiarata rilevante e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
delle disposizioni censurate per contrasto con gli artt.  2,  3,  24,
25, 32, 38, 77, 101, 104, 111 e 117 Cost., nonche' con gli  artt.  2,
14,  35  della  CEDU,  e  per  l'effetto,  che  sia   dichiarata   la
illegittimita' costituzionale dell'art. 11, commi 13 e  14,  d.l.  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122. 
    13. - In data 27 luglio 2011, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  depositato  memoria  illustrativa,  con  la  quale,  nel
riportarsi a quanto gia' dedotto con  l'atto  di  intervento,  chiede
dichiararsi la  inammissibilita'  dell'intervento  del  Coordinamento
nazionale danneggiati da vaccino nonche' infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    14. - Il Tribunale di Alessandria, in  funzione  di  giudice  del
lavoro, con ordinanza del 15 dicembre 2010 (r. o. n. 98 del 2011)  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  38,  primo  comma,  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 13, d.l.
31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.
122 del 2010 
    14.1. - Il rimettente premette che, nel giudizio  principale,  il
ricorrente, quale beneficiario dal maggio del  2001,  dell'indennizzo
previsto dalla legge n. 210 del 1992, ha chiesto  l'accertamento  del
diritto  a  ricevere  la  rivalutazione   monetaria   dell'indennita'
integrativa speciale di cui  all'art.  2,  comma  2,  della  medesima
legge. 
    Il giudice a quo sottolinea che la giurisprudenza, a  partire  da
Cassazione, sentenza n. 15894 del 2005,  ha  sempre  interpretato  la
disposizione, di cui all'art. 2 della legge  n.  210  del  1992,  nel
senso della rivalutabilita'  della  componente  di  cui  al  comma  2
dell'art. 2 della legge n. 210 del  1992.  Tale  principio  e'  stato
seguito anche dalla giurisprudenza di merito prevalente. 
    Con la sentenza 13  ottobre  2009,  n.  21703,  confermata  dalla
sentenza 19 ottobre 2009, n. 22212, la  Corte  di  cassazione  si  e'
discostata da tale orientamento statuendo che la rivalutazione non e'
dovuta sulla integrazione. I  giudici  di  merito,  nonostante  cio',
continuano ad adeguarsi al precedente orientamento,  riconoscendo  la
rivalutazione monetaria dell'intero indennizzo. 
    Il  giudice  a  quo,  dopo  aver  riportato  il  contenuto  delle
disposizioni censurate,  la  cui  adozione  sarebbe  scaturita  dalla
riferita difformita' interpretativa in ordine all'art.  2,  comma  2,
della legge n. 2010 del 1992, pone in rilievo  come,  sulla  base  di
tale intervento normativo, il ricorso del giudizio principale sarebbe
da rigettare. Da qui la rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    14.2. - Sotto il profilo della  non  manifesta  infondatezza,  ad
avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma   censurata,   che   avrebbe
effettivamente natura interpretativa e non innovativa, contrasterebbe
con gli artt. 3 e 38, primo comma, Cost. 
    Il rimettente osserva che gli indennizzi ai soggetti  affetti  da
epatite post-trasfusionale hanno natura assistenziale e non di  «equo
ristoro» della salute lesa (sentenza della  Corte  costituzionale  n.
342 del 2006). Ricorda che, in ordine a tali misure di  sostegno,  la
giurisprudenza costituzionale ha anche affermato che  «il  diritto  a
misure di sostegno assistenziale in caso di  malattia,  alla  stregua
dell'art. 38 Cost., non e' indipendente dal necessario intervento del
legislatore nell'esercizio dei suoi  poteri  di  apprezzamento  della
qualita',  della  misura  e  delle  modalita'  di  erogazione   delle
provvidenze  da  adottarsi,  nonche'  della  loro   gradualita',   in
relazione a tutti gli elementi di  natura  costituzionale  in  gioco,
compresi quelli finanziari, la cui ponderazione  rientra  nell'ambito
della sua discrezionalita'». E' stato, inoltre, sottolineato che  non
mancano «alla Corte gli  strumenti  di  controllo  delle  scelte  del
legislatore sotto il profilo specialmente del rispetto della  parita'
di trattamento e del nucleo minimo della garanzia, ma tali  strumenti
non le consentono di sostituire alle necessarie valutazioni politiche
del legislatore una propria decisione che,  in  mancanza  di  criteri
giuridico-costituzionali   predeterminati,   si    risolverebbe    in
un'esorbitanza in un campo che non le e' proprio e nel quale  trovano
applicazione gli strumenti ordinari dell'assistenza sociale anche  in
relazione alle menomazioni alla salute di cui e' questione» (sentenza
n. 226 del 2000). 
    Il rimettente richiama, altresi', la giurisprudenza  della  Corte
costituzionale  secondo   cui   ai   crediti   per   le   prestazioni
assistenziali previste dal primo comma dell'art. 38 Cost. deve essere
concessa la  medesima  tutela  attribuita  ai  crediti  previdenziali
contro i danni da ritardo dell'adempimento (art.  429,  terzo  comma,
del codice di  procedura  civile).  In  particolare,  le  prestazioni
assistenziali di cui al primo comma dell'art. 38 Cost. hanno lo scopo
di  garantire  ai  cittadini   inabili   e   bisognosi   «il   minimo
esistenziale, i mezzi necessari per vivere», mentre il secondo  comma
dello stesso articolo garantisce non soltanto  la  soddisfazione  dei
bisogni alimentari di pura sussistenza  materiale,  bensi'  anche  il
soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita  dei
lavoratori (sentenza n. 196 del 1993). 
    Pertanto, ad avviso  del  rimettente,  se  la  esclusione  di  un
meccanismo di difesa dai mutamenti del potere di  acquisto  incidesse
negativamente  sulla  adeguatezza  delle  prestazioni   previdenziali
(sulla perequazione dei trattamenti pensionistici sono richiamate  le
sentenze n. 316 del 2010; n. 372 del 1998; n. 31 del 1986; n. 349 del
1985), tale conclusione dovrebbe  valere  anche  per  le  prestazioni
assistenziali, stante il principio di «maggiore meritevolezza» di cui
alla sentenza n. 196 del 1993. 
    La   previsione   della   mancata   rivalutazione   della   somma
corrispondente all'importo della indennita' integrativa speciale  non
assicura, stante la  svalutazione  monetaria,  la  conservazione  del
potere di acquisto dell'importo ritenuto in origine adeguato. Da  qui
il dubbio di  incostituzionalita'  della  disposizione  censurata  in
riferimento agli artt. 3 e 38 primo comma, Cost.,  sotto  il  profilo
della  ragionevolezza   e   della   adeguatezza   delle   prestazioni
assistenziali. 
    Quanto   all'evocato   art.   3   Cost.,   come   parametro    di
ragionevolezza, il rimettente osserva che  la  Corte  di  cassazione,
sezione lavoro, sentenza n. 21703 del 2009, ha identificato la  ratio
della integrazione dell'indennizzo di cui all'art. 2, comma 1,  della
legge n. 210 del 1992 con una somma  corrispondente  alla  indennita'
integrativa speciale nella necessita' di  impedire  o  attenuare  gli
effetti della  svalutazione  monetaria.  La  disposizione  censurata,
nell'escludere    la    rivalutazione    della    detta    componente
dell'indennizzo,  appare  irragionevole  in  quanto  contraria   alla
funzione di essa. 
    15. - Con atto depositato in data 20 giugno 2011  e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata infondata. 
    In particolare, la  difesa  erariale  nega  che  dalla  finalita'
essenzialmente solidaristica  e  assistenziale  dell'indennizzo,  nel
caso di danni determinati da emotrasfusione, si possa fare discendere
un necessario adeguamento di tutte le sue componenti, compresa quella
commisurata all'indennita' integrativa speciale, pena  la  violazione
del contenuto economico  del  diritto  e  la  conseguente  violazione
dell'art. 38 Cost. 
    In primo luogo,  ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  dall'eccezione  di   illegittimita'   costituzionale   per
violazione dell'art. 38 Cost., resterebbero irragionevolmente fuori i
casi dei soggetti aventi diritto all'indennizzo in quanto danneggiati
da vaccinazione obbligatoria, per i quali il fondamento del beneficio
risiede negli artt. 2 e 32 Cost. 
    Inoltre,  il  fatto  che   l'istituto   assistenziale   prescinda
completamente  dalle  condizioni  reddittuali   dell'avente   diritto
comporta che il riferimento all'art. 38 Cost.  vada  letto  in  senso
ampio,  senza  necessariamente  desumerne   la   necessita'   di   un
adeguamento  al   costo   della   vita   di   tutte   le   componenti
dell'indennizzo. 
    Infine, se la Corte costituzionale,  nella  sentenza  n.  27  del
1998,  ha  ritenuto  che  la  mancata  previsione  del  diritto  agli
interessi  e  alla  rivalutazione  sull'assegno  una  tantum  non  ne
comporti l'iniquita' nel senso di renderlo talmente esiguo da ridurlo
ad un «nome  privo  di  concreto  contenuto»,  cio',  ad  avviso  del
Presidente del Consiglio dei ministri,  dovrebbe  a  maggior  ragione
valere anche nel caso della mancata previsione della rivalutazione di
una sola componente  dell'indennizzo,  stante  l'identita'  di  scopo
dell'assegno  una   tantum   e   dell'indennizzo   stesso,   entrambi
finalizzati a compensare - rispettivamente per il passato  e  per  il
futuro - il danno  alla  salute  provocato  da  trattamenti  sanitari
leciti. Nel caso  di  specie,  peraltro,  un  adeguamento  di  valore
dell'indennizzo nel corso del tempo sarebbe comunque  assicurato  dal
meccanismo della rivalutazione annuale riguardante la sola componente
"assegno". 
    16. - Con atto depositato in data 27 giugno 2011  e'  intervenuto
il Coordinamento nazionale danneggiati da  vaccino,  in  persona  del
Presidente pro-tempore, chiedendo che sia dichiarata rilevante e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
delle disposizioni censurate per contrasto con gli artt.  2,  3,  24,
25, 32, 38, 77, 101, 104, 111 e 117 Cost., nonche' con gli  artt.  2,
14, 35 della CEDU, e per l'effetto, la illegittimita'  costituzionale
dell'art. 11, commi 13 e 14, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni,dalla legge n. 122 del 2010. 
    17. - Il Tribunale di Alessandria, in  funzione  di  giudice  del
lavoro, con ordinanza del 18 gennaio 2011 (r o. n. 88  del  2011)  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  38,  primo  comma,  Cost.,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 13, d.l.
n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122 del
2010. 
    17.1. - Il rimettente premette che, nel giudizio  principale,  il
ricorrente, quale beneficiario dal maggio  del  2001  dell'indennizzo
previsto dalla legge n. 210 del 1992, ha chiesto  l'accertamento  del
diritto  a  percepire  la  rivalutazione  monetaria   dell'indennita'
integrativa speciale di cui  all'art.  2,  comma  2,  della  medesima
legge. 
    Il giudice a quo, a sostegno della  detta  questione,  svolge  le
medesime argomentazioni di cui alla ordinanza del  15  dicembre  2010
(r. o. n. 98 del 2011). 
    18. - Con atto depositato in data 14 giugno 2011, e'  intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata non fondata sulla base delle  medesime  argomentazioni  di
cui all'atto di intervento nel giudizio r. o. n. 98 del 2011. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - I Tribunali di  Reggio  Emilia,  Parma,  Tempio  Pausania  e
Alessandria, tutti in funzione di giudici  del  lavoro,  con  le  sei
ordinanze indicate in epigrafe hanno nel  complesso  sollevato  -  in
riferimento agli articoli 3, 24, 25 comma primo, 32,  38,  102,  104,
111, 117, primo comma, della Costituzione - questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli 11, commi 13  e  14,  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,
n. 122. 
    2. - I rimettenti premettono  che,  nei  giudizi  principali,  le
parti ricorrenti, quali beneficiarie dell'indennizzo  previsto  dalla
legge 25 febbraio 1992, n. 210  (Indennizzo  a  favore  dei  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati), come modificata dalla legge  25  luglio  1997,  n.  238
(Modifiche e integrazioni alla legge 25 febbraio  1992,  n.  210,  in
materia  di  indennizzi  ai  soggetti  danneggiati  da   vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), avendo  contratto  epatite
HCV a  seguito  di  trasfusioni,  hanno  chiesto  l'accertamento  del
diritto a riscuotere la rivalutazione monetaria, sulla base del tasso
d'inflazione  programmato,  della  somma  corrispondente  all'importo
dell'indennita' integrativa speciale di  cui  all'art.  2,  comma  2,
della medesima legge, costituente parte integrante dell'indennizzo in
godimento. 
    Dopo  aver  dato  atto  dei  contrasti  emersi  sul  punto  nella
giurisprudenza di legittimita', i giudici a  quibus  considerano  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
della normativa censurata (ovvero l'art. 11, commi 13  e  14,  comma,
quest'ultimo, censurato  da  tutti  i  giudici  a  quibus,  salvo  il
Tribunale di Alessandria, del d.l. n. 78 del  2010),  convertito  con
modificazioni dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  122  del  2010,
ritenendo che essa violi: 
    (r. o. nn. 17, 57, 58 del 2011): 
        a) l'art. 3 Cost., sotto il profilo  della  ragionevolezza  e
dell'uguaglianza, per l'illegittima  disparita'  di  trattamento  tra
coloro il cui indennizzo, per effetto del d.l. n. 78  del  2010,  non
potra'  essere  rivalutato  e  coloro  che  riscuotono   l'indennizzo
rivalutato sulla  base  delle  sentenze  che  hanno  riconosciuto  il
relativo diritto, nonche' tra i titolari di indennizzo non rivalutato
e gli altri titolari di prestazioni pensionistiche  e  assistenziali,
in particolar modo i vaccinati e le persone affette  da  sindrome  da
talidomide, per i quali l'indennizzo e' integralmente  rivalutato  ex
lege; 
        b) l'art. 117, primo comma, Cost., stante la violazione delle
norme convenzionali di cui all'art. 2 della Convenzione  europea  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali
(d'ora in avanti, CEDU), ratificata e resa esecutiva  in  Italia  con
legge 4 agosto 1955, n. 848, norma che tutela il diritto  alla  vita,
nonche' di cui all'art.  14  della  medesima  CEDU  che  sancisce  il
divieto  di  discriminazione,   in   quanto,   tenuto   conto   della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sul concetto
di distinzione discriminatoria - da ritenere tale  se  manca  di  una
giustificazione obiettiva e ragionevole e, cioe', se  la  distinzione
non persegua uno scopo  legittimo  o  se  non  c'e'  un  rapporto  di
ragionevole  proporzionalita'  tra  i  mezzi  impiegati  e  lo  scopo
prefissato - sarebbe  palesemente  irragionevole  ed  illegittima  la
discriminazione tra coloro che hanno gia' ottenuto  la  rivalutazione
dell'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992 e coloro  che  sono
ancora in attesa del riconoscimento, e tra questi ultimi e gli  altri
titolari di indennizzo, in particolar modo i vaccinati e gli  affetti
da sindrome da talidomide; 
        c) l'art. 32  Cost.,  che  tutela  il  diritto  alla  salute,
nonche'  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  stante  la   violazione
dell'art. 35  CEDU  (recte:  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea), che tutela la salute quale  bene  primario  cui
dover garantire «un livello elevato di protezione» nella  definizione
e nell'attuazione di tutte le politiche e attivita'  dell'Unione,  in
quanto la  misura  dell'indennizzo,  ritenuta  non  rivalutabile  per
intero nelle sue componenti,  non  sarebbe  equa  rispetto  al  danno
subito, da riferire al pregiudizio alla salute, avuto  riguardo  alla
progressiva elusione a causa della svalutazione monetaria; 
        d) gli artt. 25, primo comma, 101, 102, 104,  111  Cost.,  in
quanto, per l'ingerenza  attraverso  le  disposizioni  censurate  del
potere   legislativo   su   quello   giudiziario,   sarebbero    lesi
l'indipendenza e l'autonomia della funzione giudiziaria, il principio
del giudice  naturale  precostituito  per  legge  e  il  diritto  del
cittadino ad un giusto processo; 
        e) l'art. 24 Cost., perche' le  disposizioni  censurate,  nel
fare salve le pronunzie giurisdizionali  passate  in  giudicato  alla
data di entrata in vigore della norma, creerebbero una ingiustificata
disparita' di trattamento tra coloro  che  hanno  gia'  ottenuto  una
decisione favorevole alla rivalutazione e coloro che sono ancora  sub
iudice o che non hanno ancora adito  l'autorita'  giudiziaria  ovvero
che hanno ottenuto sentenze favorevoli non passate in giudicato, onde
sarebbe   vanificato   il   diritto   del   cittadino   alla   tutela
giurisdizionale.  Inoltre,  il  ius  superveniens  comporterebbe,  di
fatto,  una  estinzione  dei  processi  in  corso  e,   dunque,   una
sostanziale vanificazione della via giurisdizionale quale  mezzo  per
attuare un  diritto  preesistente,  con  violazione  del  diritto  di
azione; 
        f) gli  artt.  102  e  113  (recte:  111)  Cost.,  in  quanto
l'estinzione automatica di tutti i giudizi pendenti comporterebbe una
illegittima interferenza del potere  legislativo  nella  sfera  della
giurisdizione. 
    Sarebbero altresi' violati: 
    (r. o. n. 97 del 2011): 
        g) l'art. 3 Cost., sotto il profilo  della  ragionevolezza  e
dell'uguaglianza, per la illegittima disparita'  di  trattamento  tra
coloro il cui indennizzo ai sensi della legge n. 210  del  1992,  per
effetto del d.l. n. 78 del  2010,  non  potra'  essere  rivalutato  e
coloro  che  riscuotono  l'indennizzo  rivalutato  sulla  base  delle
sentenze conformi all'orientamento giurisprudenziale favorevole  alla
rivalutazione, nonche'  tra  i  titolari  del  detto  indennizzo  non
rivalutato e gli  altri  titolari  di  prestazioni  pensionistiche  o
assistenziali, in particolare i vaccinati e  le  persone  affette  da
sindrome da talidomide, per i  quali  l'indennizzo  e'  integralmente
rivalutato ex lege; 
        h) l'art. 32 Cost.,  in  quanto  la  misura  dell'indennizzo,
ritenuta non rivalutabile per  l'intero  nelle  sue  componenti,  non
sarebbe equa rispetto al danno subito da riferire al pregiudizio alla
salute, avuto riguardo alla  progressiva  erosione  conseguente  alla
svalutazione monetaria. 
    Infine, risulterebbero violati: 
    (r. o. nn. 88 e 98 del 2011): 
        i) l'art. 3 Cost., sotto  il  profilo  della  ragionevolezza,
perche' la disciplina censurata, nel prevedere la non rivalutabilita'
della somma corrispondente  all'importo  dell'indennita'  integrativa
speciale di cui all'art. 2, comma 2, della legge  n.  210  del  1992,
sarebbe irragionevole siccome contraria alla funzione stessa di detta
indennita', identificata dalla Corte di cassazione (sentenza n. 21703
del 2009) nella necessita' d'impedire o attenuare gli  effetti  della
svalutazione monetaria; 
        l) l'art. 38, primo comma,  Cost.,  sotto  il  profilo  della
adeguatezza delle prestazioni assistenziali, in quanto, premesso  che
l'indennizzo  corrisposto  ai  soggetti  affetti  da  epatite  o  HIV
post-trasfusionale concreta una misura di sostegno economico  fondata
sulla solidarieta'  collettiva  a  fronte  di  eventi  generanti  una
situazione di bisogno,  la  previsione  della  mancata  rivalutazione
della somma corrispondente  all'importo  dell'indennita'  integrativa
speciale  non  assicura,  stante  la   svalutazione   monetaria,   la
conservazione del potere di acquisto della somma ritenuta in  origine
adeguata. 
    3. - Le sei ordinanze indicate in epigrafe censurano la  medesima
normativa (art. 11, commi 13 e 14, d.l. n. 78 del  2010,  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della  legge  n.  122  del
2010), con argomentazioni identiche o analoghe. Pertanto, i  relativi
giudizi di legittimita' costituzionale  devono  essere  riuniti,  per
essere definiti con unica decisione. 
    4. - Gli interventi,  di  cui  in  narrativa,  spiegati  da  AMEV
(Associazione  Malati  Emotrasfusi  e  Vaccinati),  in  persona   del
presidente  pro-tempore,  dai  numerosi  associati  aderenti  a  tale
sodalizio, indicati nell'atto d'intervento depositato il 22  febbraio
2011, da L. M.  G.  e  dal  Coordinamento  Nazionale  Danneggiati  da
Vaccino,  in  persona  del  legale   rappresentante   p.   t.,   sono
inammissibili. 
    Invero, premesso  che  i  suddetti  intervenienti  non  risultano
essere parti nei giudizi a quibus,  per  costante  giurisprudenza  di
questa Corte sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale  di
legittimita' costituzionale (oltre al Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente  della  Giunta
regionale), le sole parti del giudizio  principale.  L'intervento  di
soggetti estranei a  questo  e'  ammissibile  soltanto  per  i  terzi
titolari di un interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e
immediato  al  rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio   e   non
semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla  norma  o  dalle
norme oggetto di censura (ex plurimis:  ordinanza  letta  all'udienza
del 23 marzo 2010, confermata con sentenza n. 138 del 2010; ordinanza
letta all'udienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza  n.  151
del 2009; sentenze n. 94 del 2009, n. 96 del 2008, n. 245 del 2007). 
    Del resto, l'ammissibilita' dell'intervento ad opera di un terzo,
titolare di un  interesse  soltanto  analogo  a  quello  dedotto  nel
giudizio principale, contrasterebbe con il carattere incidentale  del
giudizio di legittimita' costituzionale, in  quanto  l'accesso  delle
parti al  detto  giudizio  avverrebbe  senza  previa  verifica  della
rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte
del giudice a quo. 
    Da quanto esposto consegue  l'inammissibilita'  degli  interventi
sopra indicati. 
    5. - La questione e'  fondata,  con  riferimento  ai  profili  di
seguito indicati. 
    La legge n. 210 del 1992, modificata dalla legge n. 238 del 1997,
stabilisce che «Chiunque abbia riportato,  a  causa  di  vaccinazioni
obbligatorie per legge o per ordinanza  di  una  autorita'  sanitaria
italiana,  lesioni  o  infermita',  dalle  quali  sia  derivata   una
menomazione permanente della integrita' psicofisica, ha diritto ad un
indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti
dalla presente legge» (art. 1, comma 1). Il medesimo art. 1, comma 3,
dispone che «I benefici di cui alla presente legge spettano  altresi'
a   coloro   che   presentino   danni   irreversibili   da    epatiti
post-trasfusionali». 
    L'art. 2, comma  1,  della  citata  legge  n.  210  del  1992  (e
successive modificazioni) aggiunge che l'indennizzo de quo  «consiste
in un assegno,  reversibile  per  quindici  anni,  determinato  nella
misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile  1976,  n.
177, come modificata dall'articolo 8 della legge 2  maggio  1984,  n.
111. L'indennizzo e' cumulabile con ogni altro emolumento a qualsiasi
titolo percepito ed e' rivalutato annualmente sulla  base  del  tasso
d'inflazione programmato». 
    L'art. 2, comma 2 (primo periodo), della medesima  legge  prevede
che  l'indennizzo  in  questione   sia   integrato   da   una   somma
corrispondente all'importo dell'indennita' integrativa  speciale,  di
cui alla legge 27 maggio 1959, n.  324  (Miglioramenti  economici  al
personale statale  in  attivita'  ed  in  quiescenza),  e  successive
modificazioni, contemplata per la prima  qualifica  funzionale  degli
impiegati civili dello Stato. 
    La rivalutazione su base annua,  secondo  il  tasso  d'inflazione
programmato, dell'assegno disciplinato dall'art. 2,  comma  1,  della
legge n. 210 del 1992 non era prevista dal testo  iniziale  di  detta
disposizione. Essa fu introdotta con l'art. 1, comma 1,  della  legge
n. 238 del 1997. Nulla,  invece,  fu  disposto  al  riguardo  per  la
seconda componente dell'indennizzo, cioe' per la somma corrispondente
all'importo dell'indennita' integrativa  speciale,  ancorche'  questa
avesse per l'appunto funzione integrativa dell'indennizzo medesimo. 
    Sulla possibilita'  di  rivalutare  o  meno  la  detta  somma  la
giurisprudenza di legittimita' si e' espressa  in  modo  contrastante
(in senso favorevole alla rivalutazione, Corte di cassazione, sezione
lavoro, sentenze del 27 agosto 2007, n. 18109 e del 28  luglio  2005,
n. 15894, secondo cui l'importo bimestrale  corrisposto  agli  aventi
diritto  all'indennizzo  deve  essere  rivalutato  secondo  il  tasso
d'inflazione annualmente programmato, sia con riferimento all'assegno
di cui all'art. 2, comma 1, della legge n.  210  del  1992,  sia  con
riferimento alla somma prevista dall'art. 2, comma 2, della  medesima
legge; in senso  contrario,  Corte  di  cassazione,  sezione  lavoro,
sentenza del 19 ottobre 2009, n. 22112 e 13 ottobre 2009,  n.  21703,
secondo le quali la  possibilita'  di  rivalutare  la  somma  de  qua
sarebbe  esclusa  sia  dal  dato  testuale,  sia  dal   rilievo   che
l'indennita' integrativa speciale  avrebbe  proprio  la  funzione  di
attenuare o impedire gli effetti della svalutazione  monetaria,  onde
sarebbe ragionevole che ne sia esclusa la rivalutabilita'). 
    La giurisprudenza di merito ha in  prevalenza  seguito  il  primo
orientamento. 
    In questo quadro, e' intervenuta la normativa  censurata,  recata
dall'art. 11, commi 13 e 14, del d. l. n. 78  del  2010,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010. 
    In particolare, il citato art. 11, comma 13, ha disposto che  «Il
comma 2 dell'articolo 2 della  legge  25  febbraio  1992,  n.  210  e
successive  modificazioni  si  interpreta  nel  senso  che  la  somma
corrispondente all'importo dell'indennita' integrativa  speciale  non
e' rivalutata secondo il tasso d'inflazione». Il successivo comma  14
ha stabilito che «Fermo restando gli effetti  esplicati  da  sentenze
passate in giudicato, per i periodi da esse definiti, a partire dalla
data di entrata in vigore del presente decreto cessa  l'efficacia  di
provvedimenti emanati al fine di rivalutare la somma di cui al  comma
13, in forza di un titolo esecutivo. Sono  fatti  salvi  gli  effetti
prodottisi fino alla data di entrata in vigore del presente decreto». 
    5.1. - Tale disciplina  non  e'  conforme  al  parametro  dettato
dall'art. 3, primo comma, Cost., in quanto risulta in violazione  del
principio di uguaglianza. 
    Va  premesso  che,  come  questa  Corte  ha  gia'  chiarito,   la
menomazione della salute  conseguente  a  trattamenti  sanitari  puo'
determinare, oltre al risarcimento del danno in base alla  previsione
dell'art. 2043 del codice civile, il diritto ad un  equo  indennizzo,
in forza dell'art. 32 in collegamento con l'art. 2 Cost., qualora  il
danno,   non   derivante   da   fatto   illecito,   sia   conseguenza
dell'adempimento di un  obbligo  legale,  come  la  sottoposizione  a
vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla quale e' stato assimilato
il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento sanitario che,
pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia, in base ad
una legge, promosso dalla  pubblica  autorita'  in  vista  della  sua
diffusione capillare  nella  societa':  sentenza  n.  27  del  1998);
nonche' il diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma degli
artt.  2  e  38,  secondo  comma,  Cost.,  a   misure   di   sostegno
assistenziale disposte  dal  legislatore  nell'ambito  della  propria
discrezionalita' (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000 e n.  118
del 1996). 
    La situazione giuridica di coloro che, a seguito di  trasfusione,
siano affetti da epatite e' riconducibile  all'ultima  delle  ipotesi
ora indicate.  E  il  legislatore,  nell'esercizio  dei  suoi  poteri
discrezionali,  e'  intervenuto  con  la  legge  n.  210  del   1992,
prevedendo (tra l'altro) un indennizzo consistente in una  misura  di
sostegno economico, fondato sulla solidarieta'  collettiva  garantita
ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cost., a fronte di
eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006,
punto 3 del Considerato in  diritto),  misura  che  trova  fondamento
nella insufficienza dei controlli sanitari  predisposti  nel  settore
(sentenza n. 28 del 2009). 
    Le scelte del legislatore,  nell'esercizio  dei  suoi  poteri  di
apprezzamento della qualita', della misura, della gradualita'  e  dei
modi di erogazione delle provvidenze  da  adottare,  rientrano  nella
sfera della sua discrezionalita'. Tuttavia, compete  a  questa  Corte
verificare che esse non  siano  affette  da  palese  arbitrarieta'  o
irrazionalita', ovvero non comportino una lesione  della  parita'  di
trattamento o del nucleo minimo della garanzia (sentenze n.  342  del
2006 e n. 226 del 2000). 
    Cio' posto, si deve rilevare che con l'art. 2, comma  363,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008),
e' stato disposto che «L'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge
29 ottobre 2005, n.  229,  e'  riconosciuto,  altresi',  ai  soggetti
affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione
dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia,  dell'emimelia,  della
focomelia e della macromelia». 
    L'art. 1 della legge 29 ottobre 2005,  n.  229  (Disposizioni  in
materia  di  indennizzo  a  favore  dei   soggetti   danneggiati   da
complicanze  di  tipo   irreversibile   a   causa   di   vaccinazioni
obbligatorie) rinvia, a sua volta, ai soggetti  di  cui  all'art.  1,
comma 1, della  legge  n.  210  del  1992  e  disciplina  l'ulteriore
indennizzo ai medesimi spettante, determinandone importo e  modalita'
di erogazione (comma  1).  Il  comma  4  della  norma  statuisce  che
«L'intero importo dell'indennizzo, stabilito ai  sensi  del  presente
articolo, e' rivalutato annualmente in  base  alla  variazione  degli
indici ISTAT». Per il richiamo effettuato dalla legge n. 24 del  2007
all'intero art. 1 della legge n.  229  del  2005  anche  quest'ultima
disposizione  si  applica  all'indennizzo  riconosciuto  ai  soggetti
affetti da sindrome da  talidomide.  Del  resto,  il  regolamento  di
esecuzione dell'art. 2, comma 363,  della  legge  n.  244  del  2007,
recato  dal  decreto  ministeriale  del  2  ottobre  2009,   n.   163
(Regolamento di esecuzione dell'articolo 2, comma 363, della legge 24
dicembre 2007, n.  244,  che  riconosce  un  indennizzo  ai  soggetti
affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione
dell'omonimo farmaco), ribadisce nell'art. 1, comma 4, che  l'importo
dell'indennizzo suddetto «e' interamente  rivalutato  annualmente  in
base alla variazione degli indici ISTAT». 
    Orbene, come gia' chiarito da questa Corte,  non  e'  ravvisabile
irrazionale disparita' di trattamento  dei  soggetti  danneggiati  in
modo  irreversibile  da  emotrasfusioni  rispetto  a  quanti  abbiano
ricevuto una  menomazione  permanente  alla  salute  da  vaccinazioni
obbligatorie, trattandosi di situazioni diverse che non  si  prestano
ad entrare in una visione unificatrice (sentenza n. 423  del  2000  e
ordinanza n. 522 del 2000). 
    Non altrettanto,  pero',  puo'  dirsi  per  la  situazione  delle
persone affette da sindrome  da  talidomide.  Invero,  la  ratio  del
beneficio concesso a tali persone e' da ravvisare nell'immissione  in
commercio del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari
sui  suoi  effetti,  sicche'  esso  ha  fondamento  analogo,  se  non
identico, a quello del beneficio introdotto  dall'art.  1,  comma  3,
della legge n. 210 del  1992.  Nella  sindrome  da  talidomide,  come
nell'epatite post-trasfusionale, i  danni  irreversibili  subiti  dai
pazienti sono derivati  da  trattamenti  terapeutici  non  legalmente
imposti e neppure incentivati e promossi  dall'autorita'  nell'ambito
di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure  hanno  natura
assistenziale, basandosi sulla solidarieta' collettiva  garantita  ai
cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost. 
    In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi,  fonte  di
una irragionevole disparita' di trattamento in contrasto  con  l'art.
3, comma primo, Cost., la situazione venutasi  a  creare,  a  seguito
della  normativa  censurata,  per  le  persone  affette  da   epatite
post-trasfusionale rispetto a quella  dei  soggetti  portatori  della
sindrome da talidomide. 
    A  questi  ultimi  e'  riconosciuta  la   rivalutazione   annuale
dell'intero indennizzo, mentre alle  prime  la  rivalutazione  (sulla
base del tasso di inflazione programmato: art. 2, comma 1,  legge  n.
210 del 1992) e' negata proprio sulla componente diretta a coprire la
maggior  parte  dell'indennizzo  stesso,  con  la  conseguenza,   tra
l'altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione
derivante dalla svalutazione. E cio' ad  onta  delle  caratteristiche
omogenee come sopra riscontrate tra i due benefici. 
    La tesi della difesa dello Stato, secondo  cui  essi  in  realta'
resterebbero differenziati ab origine, «nel  senso  che  il  relativo
ammontare  e'  comunque   diverso»,   anche   a   prescindere   dalla
rivalutabilita' o meno della componente commisurata  alla  indennita'
integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non  puo'  essere
condivisa. Infatti, il diverso ammontare dell'indennizzo attiene alla
determinazione del quantum e, quindi,  risponde  a  legittime  scelte
discrezionali del legislatore che non sono qui in discussione.  Esse,
comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate. 
    Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni,  deve
essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma
13, del d. l. n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, della legge n. 122 del  2010.  La  declaratoria  riguarda
anche  il  successivo   comma   14,   trattandosi   di   disposizione
strettamente connessa alla precedente, in quanto diretta  a  regolare
gli effetti intertemporali della norma interpretativa,  della  quale,
dunque, segue la sorte. 
    Ogni altro profilo resta assorbito. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 11,  commi
13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in
materia  di   stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma  1,
legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Criscuolo 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti