N. 295 ORDINANZA 7 - 9 novembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Configurazione come  delitto  della  mera  inottemperanza
  dello straniero che,  gia'  destinatario  di  un  provvedimento  di
  espulsione e di un ordine di allontanamento, continui  a  permanere
  nel territorio dello Stato - Previsione della pena della reclusione
  fino  a  cinque  anni  -  Denunciata  violazione  dei  principi  di
  proporzionalita' della pena nonche' dell'ordinamento comunitario  e
  degli obblighi internazionali - Sopravvenuta  incompatibilita'  con
  la  sentenza  della  Corte   di   giustizia   dell'Unione   europea
  interpretativa della disciplina comunitaria - Sopravvenuta modifica
  normativa della disciplina impugnata  -  Necessita'  di  una  nuova
  valutazione della rilevanza delle questioni  -  Restituzione  degli
  atti ai giudici rimettenti. 
- D.lgs. 25 luglio 1998,  n.  286,  art.  14,  comma  5-quater,  come
  sostituito dall'art. 1, comma 22, lett. m), della legge  15  luglio
  2009, n. 94. 
- Costituzione, artt. 3, 11, 27 e 117. 
(GU n.48 del 16-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,  Alessandro  CRISCUOLO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  14,  comma
5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e
norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall'art. 1,
comma 22, lettera m), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni
in materia di sicurezza  pubblica),  promossi,  rispettivamente,  dal
Tribunale di Busto Arsizio, con ordinanza del 21 gennaio 2011, e  dal
Tribunale di Modica con ordinanza del 1° marzo 2011, iscritte ai  nn.
75 e 96 del registro  ordinanze  2011  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica nn. 19 e 23, 1ª speciale, dell'anno 2011. 
    Udito nella camera di consiglio del 5  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri. 
    Ritenuto che il  Tribunale  di  Busto  Arsizio,  in  composizione
monocratica, con ordinanza del 21  gennaio  2011,  ha  sollevato,  in
riferimento  all'articolo  117  della  Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come modificato dall'art. 1, comma 22, lettera  m),
della legge 15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica); 
        che la norma indicata e' oggetto di censura  nella  parte  in
cui - in contrasto con la direttiva 16 dicembre 2008, n.  2008/115/CE
(direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  recante  «Norme  e
procedure comuni applicabili  negli  Stati  membri  al  rimpatrio  di
cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare») - configura
come  delitto  la  mera  inottemperanza  dello  straniero  che,  gia'
destinatario di un provvedimento di espulsione  e  di  un  ordine  di
allontanamento a norma dei precedenti commi 5-ter e 5-bis, continui a
permanere nel territorio dello Stato, e comunque nella parte  in  cui
prevede, per tale delitto, la pena della  reclusione  fino  a  cinque
anni; 
        che il rimettente  procede  nei  confronti  di  un  cittadino
straniero imputato, tra l'altro, del reato di cui al  comma  5-quater
dell'art. 14 del Testo unico in materia di immigrazione; 
        che,   secondo   lo   stesso   rimettente,   la   fattispecie
incriminatrice,  pur  nel  contenuto  precettivo   risultante   dalla
sentenza della  Corte  costituzionale  n.  359  del  2010  (e  dunque
nell'irrilevanza delle condotte inottemperanti tenute in presenza  di
un «giustificato motivo»), si pone in «insanabile  contrasto»  con  i
principi informatori della direttiva n. 2008/115/CE; 
        che  tale  direttiva,  in   particolare,   esprimerebbe   una
preferenza  per  forme  volontarie  di  rimpatrio,   favorite   dalla
concessione di termini non inferiori ai sette giorni, e derogate solo
in casi particolari, nei  quali  la  restrizione  della  liberta'  e'
consentita a soli fini di esecuzione del provvedimento  espulsivo,  e
per un tempo comunque non superiore a sei mesi, prorogabile  fino  ad
un massimo di diciotto mesi; 
        che invece, secondo il rimettente, gli  artt.  13  e  14  del
d.lgs. n. 286 del 1998 sarebbero ispirati all'opposto principio della
esecuzione coattiva dell'espulsione, con previsione solo  eccezionale
della  partenza  in  forma  volontaria,  la   quale   deve   comunque
intervenire  entro  il  termine  fisso  di  cinque  giorni,   e   con
previsione, per il  caso  di  inottemperanza,  della  condanna  dello
straniero ad una lunga pena detentiva (quattro anni di  reclusione  o
addirittura  cinque,  nel  caso  di  reiterazione  degli  ordini   di
allontanamento); 
        che  il  trattamento  sanzionatorio  istituito  dalle   norme
interne confliggerebbe sia con il  fine  essenziale  della  procedura
regolata  dalla   direttiva   n.   2008/115/CE,   cioe'   l'effettiva
estromissione dello straniero dal territorio dello Stato, sia con  la
fissazione  di  limiti  assai  inferiori  di   durata   massima   del
trattenimento consentito, dalla stessa  direttiva,  per  l'esecuzione
dei provvedimenti di espulsione; 
        che non varrebbe obiettare - sempre a parere del Tribunale  -
un difetto di pertinenza della citata direttiva alla normativa penale
in materia  di  inottemperanza  ai  provvedimenti  amministrativi  di
allontanamento, poiche' entrambe le discipline mirano  ad  assicurare
l'effettivita'  delle  espulsioni,  e  quella  comunitaria  comprende
limiti ben piu' stringenti di quella nazionale riguardo  alla  durata
della restrizione di liberta' ammissibile per il fine indicato; 
        che  il  rimettente  prosegue  affermando   che,   nonostante
l'intervenuta  scadenza  (al  24  dicembre  2010)  del  termine   per
l'attuazione  della  direttiva,  non  potrebbe   farsi   luogo   alla
«disapplicazione» della norma interna confliggente  (cioe'  il  comma
5-quater dell'art. 14 del d.lgs. n.  286  del  1998),  posto  che  la
direttiva medesima, pur contenendo  una  puntuale  regolazione  delle
procedure amministrative di rimpatrio, «non esclude ne' individua con
precisione e tassativita' specifiche condotte a rilevanza penale»; 
        che d'altra parte non potrebbe farsi luogo a  disapplicazione
del provvedimento amministrativo rimasto, nel  caso  concreto,  senza
esecuzione, trattandosi di decreto legittimamente adottato prima  del
24 dicembre 2010, in applicazione delle norme al momento vigenti; 
        che dovrebbe quindi trovare applicazione, nel giudizio a quo,
una  norma   incriminatrice   la   quale,   per   la   sua   «attuale
configurazione», o quanto meno per «la misura della  sanzione  penale
prevista», confliggerebbe con l'art. 117 Cost., che impone allo Stato
di   adeguarsi,   nella   produzione    normativa,    all'ordinamento
comunitario; 
        che sussisterebbero  le  ulteriori  condizioni  di  rilevanza
della questione sollevata, posta la ricorrenza, nel caso  di  specie,
degli elementi necessari  per  una  affermazione  di  responsabilita'
dell'imputato (precedente condanna per inottemperanza  ad  ordine  di
allontanamento, legittimita'  del  nuovo  ed  analogo  provvedimento,
mancanza di circostanze utili a costituire un  «giustificato  motivo»
per la nuova condotta di inadempimento); 
        che il Tribunale di Modica, in composizione monocratica,  con
ordinanza del 1° marzo 2011, ha sollevato - in riferimento agli artt.
3, 11, 27 e 117 Cost.  -  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 5-quater,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  come
modificato dall'art. 1, comma 22, lettera m), della legge n.  94  del
2009, nella  parte  in  cui  -  in  contrasto  con  la  direttiva  n.
2008/115/CE - configura  come  reato  la  mera  inottemperanza  dello
straniero all'ordine impartitogli dal questore  di  allontanarsi  dal
territorio dello Stato, o nella parte in cui prevede, per tale reato,
una sanzione detentiva  di  durata  difforme  dai  «limiti  minimi  e
massimi previsti dalla direttiva» citata; 
        che il rimettente  procede  nei  confronti  di  un  cittadino
straniero imputato del reato «di  cui  all'art.  14,  commi  5-ter  e
5-quater» del Testo unico in materia di immigrazione; 
        che   secondo   lo   stesso   rimettente    la    fattispecie
incriminatrice - segnatamente  quella  delineata  al  comma  5-quater
della norma citata -  si  pone  in  contrasto  con  la  direttiva  n.
2008/115/CE; 
        che tale direttiva infatti prevede: a)  all'art.  7,  che  la
decisione di rimpatrio dello  straniero  sia  seguita  dall'invito  a
lasciare il territorio dello Stato entro un termine non  inferiore  a
sette giorni,  consentendo  eventualmente  l'adozione  di  cautele  a
carattere non detentivo; b) all'art. 8, che il rimpatrio sia eseguito
coattivamente solo allo scadere del  termine  (salvo  il  caso  della
sopravvenienza del rischio di fuga); c) all'art. 15, che le eventuali
condotte  non  collaborative  dello  straniero  vengano  fronteggiate
mediante  il  trattenimento  per  il  tempo  strettamente  necessario
all'esecuzione del provvedimento espulsivo, e comunque per non  oltre
sei mesi, prorogabili fino a diciotto nel  caso  ricorrano  ulteriori
condizioni; d) all'art. 16, che gli stranieri trattenuti, pur  quando
si renda inevitabile il loro ricovero presso  istituti  penitenziari,
siano separati dalle persone accusate o condannate  per  condotte  di
natura criminale; 
        che invece - osserva il giudice a quo - la normativa italiana
prescrive di norma il trattenimento dello straniero in tutti  i  casi
nei quali non sia possibile eseguire  con  immediatezza  l'espulsione
(art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998),  consentendo  che  la
misura (ove convalidata)  prosegua  per  trenta  giorni  e,  mediante
proroga, fino a centottanta (commi 5 e 5-bis dello stesso art. 14); 
        che, per altro  verso,  l'inottemperanza  senza  giustificato
motivo all'ordine di  allontanamento  viene  sanzionata  mediante  la
reclusione fino a quattro anni (comma 5-ter del citato art. 14),  con
rinnovata  espulsione  dello  straniero  inadempiente  ed   eventuale
adozione di un nuovo decreto di  allontanamento,  la  cui  violazione
puo' comportare l'ulteriore condanna alla reclusione per  un  massimo
di cinque anni (comma 5-quater); 
        che, secondo  il  rimettente,  le  misure  restrittive  della
liberta',  nella  logica   della   direttiva   n.   2008/115/CE,   si
giustificano unicamente in funzione strumentale alla  esecuzione  del
provvedimento espulsivo, e per una durata massima di diciotto mesi; 
        che dunque l'applicazione di  misure  con  diverso  finalismo
(compreso  quello  rieducativo  tipico  dell'esecuzione  penale),  di
fronte al mero inadempimento dell'obbligo di lasciare  il  territorio
dello Stato, contrasterebbe con lo strumento comunitario,  in  radice
e, comunque, riguardo a restrizioni di durata superiore  ai  diciotto
mesi; 
        che l'incompatibilita'  della  disciplina  nazionale  con  la
direttiva in questione risulterebbe ancor piu' evidente  -  a  parere
del Tribunale - considerando come la prima consenta di  cumulare  una
lunga «detenzione amministrativa» ed una sanzione penale  conseguente
all'inottemperanza del successivo ordine di allontanamento,  eseguita
la quale  vi  sarebbe  una  nuova  espulsione,  con  possibilita'  di
reiterazione della stessa sequenza per un numero indefinito di volte; 
        che siffatte  caratteristiche  dimostrerebbero  l'assenza  di
finalita' rieducative della sanzione detentiva prevista  dalla  norma
oggetto  di  censura,  e  comunque  la   carenza,   nel   conseguente
provvedimento  restrittivo,  della  necessaria  strumentalita'   alla
effettiva estromissione dello straniero dal territorio dello Stato; 
        che secondo il rimettente, in particolare, la norma censurata
avrebbe il medesimo oggetto della previsione di cui al  primo  comma,
lettera  b),  dell'art.  15  della  direttiva  n.  2008/115/CE   («il
cittadino del Paese terzo  evita  od  ostacola  la  preparazione  del
rimpatrio o dell'allontanamento»), e tuttavia collegherebbe al  fatto
una sanzione del tutto sproporzionata rispetto  a  quella  consentita
dalla norma sovranazionale, oltreche' alle pene, assai piu' miti, che
lo stesso  ordinamento  interno  prevede  per  altre  fattispecie  di
inosservanza dei provvedimenti dell'autorita'; 
        che il Tribunale ricorda come la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 22 del 2007, avesse giudicato  inammissibile  un  proprio
intervento correttivo sui livelli sanzionatori  per  le  condotte  di
inottemperanza all'ordine di allontanamento, e cio' per  la  mancanza
di «precisi punti di riferimento che possano condurre a  sostituzioni
costituzionalmente obbligate»; 
        che i «punti di  riferimento»  allora  mancanti,  secondo  il
giudice a quo, sarebbero oggi disponibili grazie  all'art.  15  della
"direttiva rimpatri", e consisterebbero nella previsione di un limite
massimo di sei mesi, prorogabile fino a diciotto, per la  restrizione
di liberta' connessa all'inottemperanza; 
        che dunque la  norma  censurata  potrebbe  essere  ricondotta
entro  limiti  compatibili  con  il  principio  di  proporzionalita',
desumibile dagli artt. 3 e 27 Cost.,  attraverso  il  riferimento  ai
parametri fissati nella normativa comunitaria; 
        che il comma 5-quater dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998
violerebbe, inoltre, l'art. 11 Cost., nella parte in cui consente  la
limitazione di sovranita' necessaria ad un ordinamento  che  assicuri
la pace e la giustizia tra le Nazioni,  e  l'art.  117  Cost.,  nella
parte in cui prescrive l'adeguamento della legislazione nazionale  ai
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali; 
        che entrambe le questioni sollevate, nella prospettazione del
rimettente, sono rilevanti nel giudizio a quo; 
        che infatti, ove si ritenesse che  la  normativa  comunitaria
osti ad una sanzione penale per i fatti  di  inottemperanza,  che  si
affianchi alla detenzione amministrativa strumentale  all'espulsione,
la  norma  censurata  andrebbe  rimossa  dall'ordinamento,   con   la
conseguenza che il fatto ascritto all'imputato non costituirebbe piu'
reato; 
        che invece, se la norma interna  fosse  ritenuta  illegittima
nella parte in cui la sanzione edittale eccede  «i  limiti  minimi  e
massimi  previsti  dalla  direttiva»,  l'imputato   potrebbe   essere
condannato ad una pena  inferiore  a  quella  che  dovrebbe  essergli
inflitta in base alla disposizione censurata. 
    Considerato che il Tribunale di  Busto  Arsizio  in  composizione
monocratica, con ordinanza del 21  gennaio  2011,  ha  sollevato,  in
riferimento  all'articolo  117  della  Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo  unico  delle  disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla  condizione
dello straniero), come modificato dall'art. 1, comma 22, lettera  m),
della legge 15  luglio  2009,  n.  94  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza pubblica); 
        che la norma indicata e' oggetto di censura  nella  parte  in
cui - in contrasto con la direttiva 16 dicembre 2008, n.  2008/115/CE
(direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio  recante  «Norme  e
procedure comuni applicabili  negli  Stati  membri  al  rimpatrio  di
cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare») - configura
come  delitto  la  mera  inottemperanza  dello  straniero  che,  gia'
destinatario di un provvedimento di espulsione  e  di  un  ordine  di
allontanamento a norma dei precedenti commi 5-ter e 5-bis, continui a
permanere nel territorio dello Stato, e comunque nella parte  in  cui
prevede, per tale delitto, la pena della  reclusione  fino  a  cinque
anni; 
        che il Tribunale di Modica, in composizione monocratica,  con
ordinanza del 1° marzo 2011, ha sollevato - in riferimento agli artt.
3, 11, 27 e 117 Cost.  -  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma 5-quater,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  come
modificato dall'art. 1, comma 22, lettera m), della legge n.  94  del
2009, nella  parte  in  cui  -  in  contrasto  con  la  direttiva  n.
2008/115/CE - configura  come  reato  la  mera  inottemperanza  dello
straniero all'ordine impartitogli dal questore  di  allontanarsi  dal
territorio dello Stato, o nella parte in cui prevede, per tale reato,
una sanzione detentiva  di  durata  difforme  dai  «limiti  minimi  e
massimi previsti dalla direttiva» citata; 
        che, stante l'analogia tra le questioni sollevate, i  giudizi
possono essere definiti congiuntamente; 
        che entrambi i rimettenti  fondano  in  sostanza  le  proprie
censure  sull'assunto  che   la   direttiva   n.   2008/115/CE   osti
radicalmente alla previsione di sanzioni penali per  le  condotte  di
inottemperanza all'ordine  di  allontanamento,  o  comunque  precluda
l'adozione di sanzioni detentive o,  quanto  meno,  di  sanzioni  con
valori  edittali  superiori  al  termine  massimo  stabilito  per  la
detenzione «amministrativa»; 
        che, in epoca successiva alle  ordinanze  di  rimessione,  la
Corte di giustizia dell'Unione europea ha pronunciato la sentenza  28
aprile 2011, nella causa C-61/11 PPU, avente ad oggetto la domanda di
rinvio pregiudiziale  per  l'interpretazione  delle  norme  contenute
nella direttiva piu' volte citata, il cui termine di  attuazione  era
scaduto in data 24 dicembre 2010 senza che  il  legislatore  italiano
avesse provveduto  ad  adeguare,  in  senso  conforme,  l'ordinamento
interno; 
        che  la  Corte  di  giustizia,  nella  citata  sentenza,   ha
affermato  che  gli  artt.   15   e   16   della   direttiva   ostano
all'applicazione negli Stati membri  di  disposizioni  che  prevedano
«l'irrogazione della pena della reclusione al cittadino di  un  paese
terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi,
in violazione di un ordine di lasciare entro un  determinato  termine
il territorio di  tale  Stato,  permane  in  detto  territorio  senza
giustificato motivo»; 
        che inoltre, secondo la stessa Corte, e' compito del  giudice
nazionale «disapplicare ogni disposizione del decreto legislativo  n.
286  del  1998  contraria  al  risultato  della  direttiva  2008/115,
segnatamente l'art. 14, comma 5-ter, di  tale  decreto  legislativo»,
tenendo altresi' in  debito  conto  il  principio  «dell'applicazione
retroattiva della pena piu' mite, il quale fa parte delle  tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri»; 
        che  l'ampia  portata  del  giudizio  espresso  dalla   Corte
dell'Unione europea ha indotto la generalita' degli interpreti, e  la
stessa Corte di cassazione, a rilevare come anche la specifica figura
di inottemperanza delineata al comma  5-quater  dell'art.  14  citato
confligga  con  la  direttiva  in  materia  di  rimpatri  (Corte   di
cassazione, sezione I penale, sentenza n. 22105 del 28 aprile 2011); 
        che,  ancora  piu'  di  recente,  la   norma   incriminatrice
contenuta nell'art. 14, comma 5-quater, del d.lgs. n. 286 del 1998 e'
stata sostituita dall'art. 3, comma 1,  lettera  d),  numero  6,  del
decreto-legge 23 giugno 2011, n.  89  (Disposizioni  urgenti  per  il
completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera
circolazione dei cittadini comunitari  e  per  il  recepimento  della
direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio  dei  cittadini  di  Paesi  terzi
irregolari), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 agosto 2011, n. 129; 
        che, nel testo vigente, l'art. 14, comma  5-quater,  sanziona
con la pena della multa la condotta di inottemperanza  all'ordine  di
allontanamento emesso in applicazione del terzo periodo del novellato
comma 5-ter, e cioe' dopo l'accertamento della mancata osservanza, da
parte dello straniero, di una precedente intimazione  a  lasciare  il
territorio dello Stato; 
        che dunque,  relativamente  alla  norma  censurata,  si  sono
succedute   nel   tempo   due   vicende   modificative,    costituite
rispettivamente dalla incompatibilita' sopravvenuta con la disciplina
comunitaria e dalla successiva riforma, con la sostituzione  di  pene
pecuniarie alla sanzione detentiva originariamente comminata; 
        che il richiamato ius superveniens, alla  luce  dei  principi
che governano la successione di  leggi  penali  nel  tempo,  pone  la
questione della perdurante applicabilita' della norma  incriminatrice
contenuta nel testo previgente  dell'art.  14,  comma  5-quater,  del
d.lgs. n. 286 del 1998, e comunque delle sanzioni detentive  in  esso
previste, cosi' investendo ogni aspetto delle  censure  proposte  dai
rimettenti; 
        che  occorre  dunque  rimettere  ai  giudici  a   quibus   la
valutazione circa l'attuale rilevanza delle questioni sollevate. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Riuniti i giudizi, 
    Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Busto Arsizio e
al Tribunale di Modica. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti