N. 305 SENTENZA 9 - 11 novembre 2011

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni -  Ricorso
  del Presidente del Consiglio dei ministri avverso la delibera della
  Giunta regionale del Veneto recante la  disciplina  della  stagione
  venatoria 2010/2011 - Intervento nel giudizio di  soggetti  diversi
  da quelli legittimati a promuovere il giudizio o a resistervi e che
  non siano parti in un giudizio avente ad oggetto l'atto impugnato -
  Inammissibilita'. 
- Delibera della Giunta regionale del Veneto 5 ottobre 2010, n. 2371. 
- Costituzione, artt. 117, primo e secondo comma, lett. s); direttiva
  2009/147/CE, art. 9; direttiva 79/409/CEE; legge 11 febbraio  1992,
  n. 157, art. 19-bis. 
Ambiente - Caccia  -  Delibera  della  Giunta  regionale  del  Veneto
  recante l'autorizzazione, per la stagione  venatoria  2010/2011  e,
  con riguardo alla cattura di talune  specie  di  uccelli  migratori
  indicate nell'allegato A alla delibera medesima, la deroga all'art.
  9, comma 1, lett. c), della Direttiva  2009/147/CE  -  Ricorso  per
  conflitto di attribuzione del Presidente del Consiglio dei ministri
  - Lamentata assenza dei requisiti minimi  sanciti  dal  legislatore
  statale per l'autorizzazione  in  deroga  -  Denunciata  violazione
  dell'obbligo di osservanza delle norme  comunitarie  nonche'  della
  competenza esclusiva statale in materia di ambiente  -  Pregiudizio
  non riconducibile ad autonoma  attitudine  lesiva  dell'atto  ma  a
  presunta  erronea  applicazione  della  legge  -  Insussistenza  di
  materia  per  conflitto  di  attribuzione  -  Inammissibilita'  del
  conflitto. 
- Delibera della Giunta regionale del Veneto 5 ottobre 2010, n. 2371. 
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lett. s);  direttiva
  2009/147/CE, art. 9; direttiva 79/409/CEE; legge 11 febbraio  1992,
  n. 157, art. 19-bis. 
(GU n.48 del 16-11-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi  MAZZELLA  ,  Gaetano
  SILVESTRI,  Sabino   CASSESE,   Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Alessandro CRISCUOLO , Paolo GROSSI, Giorgio  LATTANZI,
  Aldo CAROSI, Marta CARTABIA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito della delibera  della  Giunta  regionale  del  Veneto  del  5
ottobre  2010,  n.  2371,  recante  «Stagione  venatoria   2010/2011:
applicazione del regime di deroga  previsto  dall'art.  9,  comma  1,
lettera c), della Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e  del
Consiglio del 30 novembre 2009, concernente  la  conservazione  degli
uccelli selvatici. Approvazione ai sensi dell'art. 2, comma 1,  della
Legge regionale 12 agosto 2005, n. 13», promosso dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  10  dicembre  2010,
depositato in cancelleria il 15 dicembre 2010 ed iscritto  al  n.  11
del registro conflitti tra enti 2010. 
    Visti l'atto di costituzione della Regione Veneto nonche'  l'atto
di intervento della World Wide Fund Italia Onlus ONG ed altri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Borgo per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Bruno Barel e Luigi  Manzi  per
la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-- Giusta conforme deliberazione governativa  del  30  novembre
2010,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   con   ricorso
notificato alla Regione Veneto in data 10 dicembre 2010, ha sollevato
conflitto di attribuzione fra enti in relazione alla  delibera  della
Giunta regionale del Veneto del 5 ottobre 2010, n.  2371,  pubblicata
nel Bollettino ufficiale della Regione n. 79  del  12  ottobre  2010,
recante «Stagione venatoria 2010/2011:  applicazione  del  regime  di
deroga previsto dall'art. 9, comma 1,  lettera  c),  della  Direttiva
2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  30  novembre
2009,  concernente  la   conservazione   degli   uccelli   selvatici.
Approvazione ai sensi dell'art. 2, comma 1, della Legge regionale  12
agosto 2005, n. 13». 
    1.1.-- Il ricorrente rileva che con la delibera in  questione  e'
stata autorizzata, per la stagione venatoria 2010/2011 e con riguardo
alla cattura di talune specie di uccelli  migratori  indicate  in  un
allegato alla delibera medesima, la deroga all'art. 9 della direttiva
comunitaria 2009/147/CE. 
    Precisa altresi' che, sebbene la competenza a consentire  deroghe
alla citata normativa comunitaria  spetti  alle  Regioni,  essa  deve
essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario e dei principi
fissati  dal  legislatore  statale,  costituenti  limiti  minimi   ed
uniformi a tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ai sensi dell'art.
117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Rileva il ricorrente che, invece, la deroga in questione e' stata
adottata in assenza dei  presupposti  e  delle  condizioni  alla  cui
osservanza l'art. 9 della direttiva  comunitaria  2009/147/CE  (cosi'
come, in passato, l'art. 9 della direttiva  79/409/CEE)  prevede  sia
subordinato il rilascio. Risulterebbero in tal modo  violati  sia  il
vincolo  comunitario  di  cui  all'art.  117,  primo   comma,   della
Costituzione che le previsioni  contenute  nella  legge  11  febbraio
1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma
e per il prelievo venatorio). 
    Per un verso, infatti,  la  direttiva  2009/147/CE  subordina  la
deroga al divieto di cattura delle specie protette alla ricorrenza di
determinate  condizioni  ed  in  misura  non  eccedente  le   piccole
quantita', mentre l'art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, oltre  a
richiamare l'art. 9 della succitata direttiva  comunitaria,  precisa,
al comma 3, che la deroga deve essere  preceduta  dalla  acquisizione
del parere espresso dall'Istituto Superiore per la  Protezione  e  la
Ricerca Ambientale (ISPRA), gia'  Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica (INFS), ora sostituito. 
    Tali condizioni non sarebbero soddisfatte nel caso che interessa,
come sarebbe confermato  dal  parere  espresso,  in  senso  negativo,
dall'ISPRA in data 5 marzo  2010,  ove  si  legge  che,  non  essendo
possibile, sulla base dei dati attualmente disponibili,  fornire  una
nozione «oggettiva e scientificamente solida della piccola  quantita'
cacciabile», non e' consentita la deroga all'art. 9, comma  1,  della
direttiva 2009/147/CE. 
    Soggiunge il ricorrente che la Giunta regionale, onde determinare
la «piccola quantita' cacciabile», in mancanza di  dati  attuali,  si
e',  invece,  rifatta  a  quelli  riferiti  alle  stagioni  venatorie
2005/2006 e 2006/2007, non conformandosi al contenuto del parere reso
dall'ISPRA e violando il dettato dell'art. 19-bis della legge n.  157
del 1992, definito «strumento adottato dallo Stato per  governare  in
maniera unitaria le determinazioni regionali in materia di caccia». 
    1.2.-- Poiche' la disposizione  statale  sopra  richiamata  detta
misure   di   tutela   inderogabili   in   favore   dell'ambiente   e
dell'ecosistema,  competenza  esclusiva  dello  Stato  ex  art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),   della   Costituzione,   la   Regione,
disattendendole, avrebbe ecceduto dalle proprie competenze, invadendo
l'ambito di competenza esclusiva dello Stato. 
    Ricorda, ancora, il  ricorrente  che,  proprio  a  seguito  della
adozione da parte della Regione Veneto di misure legislative volte  a
consentire la caccia in deroga, e'  stata  aperta  una  procedura  di
infrazione di fronte agli  organi  della  giurisdizione  comunitaria,
che, con sentenza C-573/08  del  15  luglio  2010,  hanno  sanzionato
l'Italia in quanto  il  sistema  di  recepimento  dell'art.  9  della
direttiva 2009/147/CE quivi vigente non garantisce il rispetto  delle
condizioni da esso poste. 
    Conclude parte ricorrente rammentando che la  delibera  impugnata
ha contenuto analogo  a  quello  di  talune  leggi  regionali  (della
Lombardia e della Toscana) gia' dichiarate illegittime  con  sentenza
n. 266 del 2010, per violazione dell'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione. 
    1.3.-- Chiede, in conclusione, che sia dichiarato che non  spetta
alla Regione Veneto stabilire un regime di deroga  all'art.  9  della
piu' volte ricordata direttiva comunitaria 2009/147/CE,  in  mancanza
dei requisiti minimi sanciti dal legislatore statale, in  particolare
non tenendo conto del fatto, evidenziato nel parere reso  dall'ISPRA,
che i dati attualmente disponibili non consentono di determinare, per
le specie migratrici oggetto della delibera, in maniera  oggettiva  e
scientificamente  solida  la  piccola  quantita'  cacciabile  e  che,
pertanto, sia annullata la delibera della Giunta regionale del Veneto
del 5 ottobre 2010, n. 2371. 
    2.-- Si e' costituita in giudizio la Regione Veneto  concludendo,
in via gradata, per la cessazione della materia del  contendere,  per
la inammissibilita' del ricorso ovvero per il suo rigetto. 
    Con riguardo alla prima ipotesi prospettata,  la  Regione  rileva
che il provvedimento impugnato, avente ad oggetto l'individuazione di
talune deroghe al divieto di caccia, essendo destinato ad operare per
la stagione venatoria 2010/2011, conclusasi riguardo alle  specie  in
questione nell'autunno del 2010, ha oramai spiegato definitivamente i
suoi effetti, sicche' sarebbe venuto meno qualsivoglia  interesse  da
parte dello Stato alla emananda decisione. 
    Relativamente  alla  dedotta  inammissibilita'  del  ricorso,  la
Regione osserva che in esso si da'  per  scontato  il  fatto  che  il
contrasto  fra  il  contenuto  dell'atto  impugnato  ed  il   vincolo
comunitario  valga  ad  integrare  la  lesione  di  una  attribuzione
statale, ma che tale assunto sarebbe infondato. Ritiene, infatti,  la
Regione resistente che la direttiva comunitaria 2009/147/CE, oltre  a
fissare lo standard minimo di tutela della fauna protetta,  individua
i limiti in cui ne e' consentita la deroga a scopo venatorio.  Mentre
per il primo profilo la direttiva incide sulla materia  ambiente,  di
competenza statale, riguardo al secondo, la materia di riferimento e'
quella della caccia, di competenza  regionale.  Da  cio'  deriva  che
spetta alla Regione dare attuazione alla direttiva riguardo a  questo
secondo aspetto; ne' ha rilievo il fatto che dall'inadempimento degli
obblighi derivanti dalla legislazione comunitaria possa derivare  una
responsabilita' a carico dello  Stato:  infatti,  ferme  restando  le
attribuzioni regionali, lo Stato dispone di idonei strumenti, fra cui
il potere di annullamento degli  atti  regionali  previsto  dall'art.
19-bis della legge n. 157 del 1992, per potere evitare tale  rischio,
senza  che  cio'   comporti   la   sussistenza   di   un'attribuzione
competenziale statale suscettibile di essere difesa con lo  strumento
del conflitto. 
    Conclude   sul    punto    la    resistente,    osservando    che
l'inammissibilita' del ricorso emerge anche dalla circostanza che  la
censura  statale  investe  esclusivamente  il  profilo  del  corretto
esercizio da parte della Regione delle sue attribuzioni in materia di
governo della  attivita'  venatoria,  in  particolare  riguardo  alla
congruita' della motivazione addotta a sostegno  della  deliberazione
impugnata, senza che sia  contestata  la  sussistenza  in  capo  alla
Regione della competenza ad adottare l'atto in questione. 
    2.1.-- Nel merito  la  Regione  rileva  che  erra  il  ricorrente
nell'affermare che il provvedimento impugnato e'  stato  adottato  in
essenza dei necessari presupposti: in particolare  non  sarebbe  vero
che esso si discosta dal parere negativo, reso  dall'ISPRA  con  nota
del 5 marzo 2010. 
    Sul punto la Regione osserva, in primo luogo,  che  la  direttiva
2009/147/CE non fa menzione di alcun parere, essendo  questo  preteso
solo dall'art. 19-bis della legge n. 157 del 1992, in  secondo  luogo
rivendica  la  natura  non  vincolante  del  parere  medesimo,   che,
diversamente, avrebbe costituito un'inammissibile compressione  della
autonomia regionale. 
    Peraltro, il parere dell'ISPRA non sarebbe stato  reso  in  senso
negativo, in quanto l'ISPRA  avrebbe  omesso  di  rendere  il  parere
tecnico, sostenendo di non disporre  dei  dati  necessari  per  poter
determinare la piccola quantita' cacciabile.  Quindi  la  Regione  ha
svolto  un'accurata  istruttoria  volta  all'acquisizione  di   altri
elementi per l'accertamento del  dato  richiesto,  avvalendosi  delle
indicazioni desumibili dalla  «Guida  alla  disciplina  della  caccia
nell'ambito della  direttiva  79/409/CEE  sulla  conservazione  degli
uccelli»  predisposta  dalla  Commissione  europea,  giungendo   alla
definizione di piccola quantita' cacciabile  nella  misura,  definita
«prudenziale», dell'1% della mortalita' annua dei capi delle  singole
specie. Determinazione, poi, ulteriormente ridotta «nella proporzione
di   sei   quattordicesimi»   per   l'eventualita',   peraltro    non
verificatasi,  che  anche  la  limitrofa  Regione  Lombardia   avesse
deliberato di autorizzare  il  prelievo  venatorio  in  deroga  delle
medesime specie per le quali esso e' stato autorizzato dalla  Regione
Veneto. 
    In  definitiva,  ritiene  la  Regione,  poiche'  la   percentuale
numerica di esemplari  catturabili  in  deroga  risulta  essere,  per
ciascuna specie, di gran lunga inferiore alla  soglia  dell'1%  della
mortalita' annua, essa e' ampiamente idonea a soddisfare le  esigenze
di conservazione di tali specie, come e' obbiettivo  della  direttiva
comunitaria in questione. 
    2.2.-- Conclude, percio',  la  resistente  rilevando  come  essa,
negli  ultimi  anni,  ha  costantemente  disciplinato   il   prelievo
venatorio in deroga (fra l'altro con  la  deliberazione  oggetto  del
presente conflitto di attribuzione) attenendosi ai criteri  contenuti
nelle Direttive comunitarie - prescindendo pertanto da quelli fissati
dalla sua legislazione regionale, oggetto di censura di  fronte  alla
Corte di giustizia dell'Unione europea - e conformandosi,  sia  nelle
metodologie che nel rilevamento  dei  dati,  alle  indicazioni  della
giurisprudenza comunitaria  desumibili  dalla  sentenza  15  dicembre
2005, in causa  C-344/03,  le  quali  hanno  trovato  conferma  nella
successiva sentenza 11 novembre 2010, in causa C-164/2009. 
    3.-- Sono, altresi', intervenuti nel giudizio, con unica memoria,
il World Wild Fund Italia  Onlus  ONG,  l'Ente  Nazionale  Protezione
Animali ENPA Onlus, la Lega Antivivisezione L.A.V. Onlus  e  la  Lega
Italiana Protezione degli Uccelli LIPU Birdlife Italia  Onlus,  tutti
in persona dei rispettivi legali  rappresentanti,  associandosi  alle
conclusioni formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri delle
quali chiedono, pertanto, l'accoglimento. 
    4.-- Nell'imminenza della udienza, l'Avvocatura  dello  Stato  ha
depositato  una  memoria  illustrativa  nella  quale,  contestata  la
eccezione di inammissibilita' del  ricorso  formulata  dalla  Regione
Veneto, ribadisce che quest'ultima avrebbe leso la competenza statale
avente ad  oggetto  la  determinazione  delle  condizioni  per  poter
derogare al regime, fissato in  sede  comunitaria,  di  tutela  della
fauna selvatica ed insiste, pertanto, nell'accoglimento del ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  sollevato,  nei
confronti della Regione Veneto, conflitto di attribuzione  fra  enti,
contestando  la  legittimita'  della  delibera  della  locale  Giunta
regionale del 5 ottobre 2010, n. 2371  -  pubblicata  nel  Bollettino
ufficiale della Regione n. 79 del 12 ottobre 2010, recante  «Stagione
venatoria 2010/2011:  applicazione  del  regime  di  deroga  previsto
dall'art. 9, comma 1, lettera c),  della  Direttiva  2009/147/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009,  concernente
la conservazione  degli  uccelli  selvatici.  Approvazione  ai  sensi
dell'art. 2, comma 1, della Legge regionale 12 agosto 2005, n. 13»  -
con la quale sono state individuate, come precisato  nell'allegato  A
alla medesima delibera, le deroghe  al  regime  di  cacciabilita'  di
talune specie di uccelli migratori. 
    Ritiene il ricorrente che il provvedimento derogatorio  impugnato
sia stato adottato in assenza dei presupposti e delle condizioni alla
cui osservanza  l'art.  9  della  direttiva  comunitaria  2009/147/CE
(cosi' come, in precedenza,  l'art.  9  della  direttiva  79/409/CEE)
prevede sia subordinato  il  rilascio.  Risulterebbero  in  tal  modo
violati sia il vincolo comunitario di cui all'art. 117, primo  comma,
della  Costituzione  che  le  previsioni  contenute  nella  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio). 
    Per un verso, infatti,  la  direttiva  2009/147/CE  subordina  la
deroga al divieto di cattura delle specie protette alla ricorrenza di
determinate  condizioni  ed  in  misura  non  eccedente  le   piccole
quantita', mentre l'art. 19-bis della legge n. 157 del 1992  precisa,
al  comma  3,  che  la  deroga  deve  anche  essere  preceduta  dalla
acquisizione  del   parere   espresso   dall'INFS   (ora   sostituito
dall'ISPRA). 
    Tali condizioni non sarebbero  state  soddisfatte  nel  caso  che
interessa, come sarebbe confermato  dal  parere  espresso,  in  senso
negativo, dall'ISPRA in data 5 marzo 2010,  ove  si  legge  che,  non
essendo possibile, sulla base dei dati  allora  disponibili,  fornire
una  nozione  «oggettiva  e  scientificamente  solida  della  piccola
quantita' cacciabile» non sarebbe consentita la  deroga  all'art.  9,
comma 1, della direttiva 2009/147/CE. 
    2.--  Deve,   in   limine   litis,   valutarsi   l'ammissibilita'
dell'intervento in giudizio spiegato dal World Wild Fund Italia Onlus
ONG, dall'Ente Nazionale Protezione Animali ENPA  Onlus,  dalla  Lega
Antivivisezione LAV Onlus e  dalla  Lega  Italiana  Protezione  degli
Uccelli LIPU Birdlife Italia Onlus, tutti in persona  dei  rispettivi
legali rappresentanti. 
    2.1.-- Come piu' volte dichiarato da questa  Corte,  nei  giudizi
per conflitto di attribuzione fra enti non e' ammesso l'intervento di
soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il  ricorso  o  a
resistervi, subendo tale regola l'eccezione relativa  all'ipotesi  in
cui gli atti impugnati siano oggetto di un giudizio  di  fronte  agli
organi  della  giurisdizione  comune  -  ordinaria,   amministrativa,
tributaria, militare o contabile - in cui l'interventore sia parte  e
la pronuncia della Corte sia suscettibile di condizionare l'esito  di
tale giudizio (fra le molte, sentenze n. 279 del  2008,  n.  368  del
2007, n. 312 del 2006). 
    Poiche',  nel  caso  in  questione,  non  e'  dato  rinvenire  la
ricorrenza dei  fattori  che  giustificano  l'eccezione  alla  regola
generale, i predetti interventi sono inammissibili. 
    3.-- Preliminarmente alla valutazione della fondatezza,  o  meno,
della  stessa  eccezione,  avanzata  dalla   difesa   della   Regione
resistente, volta  alla  affermazione  della  intervenuta  cessazione
della materia del contendere,  e'  necessario,  stante  il  contenuto
sostanziale della pronunzia che in tal modo si  sollecita,  esaminare
la ammissibilita' del ricorso proposto dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    3.1.-- Il ricorso e' inammissibile. 
    Osserva, infatti, questa Corte che il ricorrente per  sua  stessa
ammissione riconosce pienamente la spettanza  in  capo  alla  Regione
resistente  del  potere  di  disporre   deroghe   al   regime   della
cacciabilita' delle specie migratorie come  dettato  dalla  direttiva
comunitaria 2009/147/CE. D'altra parte, l'espresso  tenore  normativo
dell'art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 non lascia  al  riguardo
adito  a  dubbi  la'  dove  testualmente  prevede  che  «Le   Regioni
disciplinano  l'esercizio  delle  deroghe  previste  dalla  direttiva
79/409/CEE» (riferimento quest'ultimo che, ad oggi,  deve  intendersi
rivolto, senza che sia tuttavia cambiata la  disciplina  sostanziale,
alla direttiva 2009/147/CE che ha sostituito quella  ricordata  nella
citata disposizione legislativa statale). 
    In realta', il ricorrente non  lamenta  uno  sconfinamento  della
Regione all'interno di un ambito competenziale dello Stato,  tale  da
lederne  una  attribuzione  costituzionalmente  tutelata,  dato   che
l'effettivo oggetto delle doglianze statali e' il modo attraverso  il
quale  la  competenza  regionale   in   materia   di   deroghe   alla
cacciabilita'  degli  uccelli  migratori  e'  stata  esercitata,   in
particolare  la  mancata  ottemperanza  al  contenuto   del   parere,
obbligatorio, reso sul punto dall'ISPRA. In altre parole, cio' che si
lamenta non e' la spettanza del potere ma le modalita' attraverso  le
quali questo e' stato esercitato. 
    3.2.-- La Corte ha, in molte occasioni, affermato che «la  figura
dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola  ipotesi  di
contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che  ciascuno
dei  soggetti  contendenti  rivendichi  per  se',  ma  si  estende  a
comprendere ogni ipotesi in  cui  dall'illegittimo  esercizio  di  un
potere altrui consegua la menomazione di una  sfera  di  attribuzioni
costituzionalmente  assegnate  all'altro  soggetto»   (ex   plurimis,
sentenze n. 195 del 2007, n. 99 del 1991, n. 285 del 1990  e  n.  110
del 1970). 
    Ma, in questa ultima ipotesi,  occorre  che  l'atto  per  il  suo
contenuto sia idoneo ad arrecare di per se' pregiudizio alla sfera di
competenze costituzionali vantate dall'ente ricorrente.  Nel  caso  -
come quello in esame - in cui la lesione si sostanzi e  si  esaurisca
nella  mera  presunta  erronea  applicazione  della  legge  da  parte
dell'atto  impugnato  non  sussiste  materia  per  un  conflitto   di
attribuzione, restando aperta,  invece,  la  strada  della  ordinaria
tutela  giurisdizionale  al  fine  di  farne  valere   la   affermata
illegittimita',  dato  che  il  pregiudizio  denunciato  non  sarebbe
riconducibile ad  un'autonoma  attitudine  lesiva  dello  stesso,  ma
soltanto al modo erroneo in cui  e'  stata  applicata  la  legge  (in
particolare sentenza n. 467 del 1997, ma, nello stesso senso, fra  le
altre, anche le sentenze n. 95 del 2003, n. 473 e n. 245 del 1992). 
    Nel caso in questione vi e' un aggiuntivo  elemento  che  esclude
che il sopra descritto contrasto possa essere inquadrato  nell'ambito
dei conflitti tra enti sottoponibili al  giudizio  di  questa  Corte.
Nello stesso corpo normativo della legge che  il  ricorrente  ritiene
violata e' infatti contenuta, come sottolinea la resistente  Regione,
una disposizione che consentiva allo  Stato,  laddove  avesse  inteso
reprimere con immediata tempestivita'  la  denunziata  illegittimita'
della censurata  delibera  della  Giunta  regionale  del  Veneto,  di
annullare il provvedimento impugnato. L'art. 19-bis, comma  4,  della
legge n. 157 del 1992,  prevede  infatti  che,  entro  il  termine  -
introdotto a seguito della novella  recata  dall'art.  42,  comma  3,
lettera a), della legge  4  giugno  2010,  n.  96  (Disposizioni  per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009) - di due mesi  dalla
loro entrata in vigore, e' in potere del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  di
concerto con quello dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio,
annullare, se ritenuti in contrasto con  la  legislazione  vigente  e
previa diffida alla Regione interessata, i provvedimenti con i  quali
sono state fissate deroghe al regime di  cacciabilita'  delle  specie
animali. E', quindi, del tutto contraddittorio ed illogico  sostenere
che un atto la cui complessiva regolamentazione, non contestata dalla
resistente,  prevede  anche  la  sua  sottoposizione  al  potere   di
annullamento dello Stato possa determinare un vulnus  alla  sfera  di
attribuzioni costituzionali di quest'ultimo.  
 
                          Per questi motivi 
 
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto  dal
Presidente del Consiglio dei  ministri  in  relazione  alla  delibera
della Giunta regionale del  Veneto  del  5  ottobre  2010,  n.  2371,
recante «Stagione venatoria 2010/2011:  applicazione  del  regime  di
deroga previsto dall'art. 9, comma 1,  lettera  c),  della  Direttiva
2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  30  novembre
2009,  concernente  la   conservazione   degli   uccelli   selvatici.
Approvazione ai sensi dell'art. 2, comma 1, della Legge regionale  12
agosto 2005, n. 13», con il ricorso in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 novembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                      Il redattore: Napolitano 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositato in cancelleria l'11 novembre 2011 
 
                      Il cancelliere: Melatti