N. 136 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 - 18 novembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 novembre 2011 (della Regione Basilicata) . Regioni (in genere) - Consiglieri regionali - Determinazione del numero massimo dei consiglieri e degli assessori regionali, previsione di un limite massimo degli emolumenti e delle indennita', commisurazione del trattamento economico alla effettiva partecipazione ai lavori del Consiglio, introduzione del trattamento previdenziale contributivo, istituzione e disciplina di un organo regionale denominato "Collegio dei revisori dei conti" - Obbligo per le Regioni di adeguamento entro i termini stabiliti - Elemento per la valutazione della c.d. "virtuosita'" degli enti territoriali, secondo il meccanismo introdotto dall'art. 20 del d.l. n. 98/2011 - Lamentata compressione, con disciplina di dettaglio, dell'autonomia regionale in tema di forma di governo e di principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione - Ricorso della Regione Basilicata - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, lesione del principio di autonomia degli enti locali. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 14. - Costituzione, artt. 114, 117, comma terzo, e 123.(GU n.52 del 14-12-2011 )
Ricorso della Regione Basilicata (C.F.: 80002950766), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore dott. Vito De Filippo (C.F.: DFLVTI63M27I305M), rappresentata e difesa, in virtu' di pedissequa procura speciale, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Maurizio Roberto Brancati (C.F.: BRNMZR59R21G9421B) e Antonio Pasquale Golia (C.F.: GLONNP49R05L126W), giusta deliberazione di Giunta Regionale n. 1627 dell'11 novembre 2011, elettivamente domiciliata con gli stessi in Roma, presso l'Ufficio di Rappresentanza dell'Ente, alla Via Nizza n. 56 (PEC: brancati.maurizio@cert.ordineavvocatipotenza.it; Fax: 06/84556307), contro il Presidente del Consiglio dei ministri, domiciliato per la carica presso l'Avvocatura Generale dello Stato in Roma - Via dei Portoghesi n. 12; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 14 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148 (in Gazzetta Ufficiale 16 settembre 2011, n. 216). Il d.l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 148/2011, prevede la riduzione delle indennita' parlamentari, l'incompatibilita' della carica di parlamentare e di membro del Governo con cariche pubbliche elettive monocratiche in enti pubblici territoriali, l'obbligo di svolgimento dei referendum in un'unica data annuale, la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori provinciali. S'introducono, inoltre, una serie di prescrizioni cui le regioni - ordinarie e speciali - devono adeguare la propria normativa al fine di accedere alle misure premiali previste dalla disciplina del patto di stabilita' per gli enti piu' virtuosi, tra i quali la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali, l'adeguamento degli emolumenti percepiti dagli stessi entro il limite dell'indennita' massima spettante ai membri del Parlamento. L'art. 14 della legge 14 settembre 2011, n. 148, rubricato «Riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali e relative indennita'. Misure premiali» nel premettere, al suo comma 1, che la finalita' della norma e' quella di conseguire gli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, detta criteri rigidi (definiti «parametri») per il loro conseguimento. La Regione Basilicata, per effetto dell'entrata in vigore di tale prescrizione, e' chiamata a mutare sensibilmente il proprio ordinamento, cristallizzato dallo statuto regionale (rimasto integralmente quello approvato con la legge 22 maggio 1971, n. 350) e, a fronte di un siffatta induzione al cambiamento, non puo' non chiedersi quali siano gli spazi che concretamente le residuano nell'esercizio della sua potesta' statutaria e legislativa in materia. Detto articolo di legge sembra porsi principalmente in contrasto con l'art. 123 della Costituzione in quanto limita di fatto l'autonomia in tema di forma di Governo e di principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione. A fronte della scelta operata dallo Stato di intervenire con disciplina tanto dettagliata v'e' inoltre da chiedersi se lo specifico strumento possa essere considerato l'unico idoneo e proporzionato ad ottenere il risultato di un contenimento della spesa pubblica cui e' preordinata l'intera manovra di stabilizzazione finanziaria. In tema di ripartizione costituzionale della potesta' legislativa l'art. 117 Cost. al comma 3 rimette la materia della armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nell'ambito di quelle di legislazione concorrente. Se la norma gravata rientra in tale ambito, e su questo non dovrebbero esserci dubbi stante la stessa formulazione testuale dell'intero articolo di legge che impone alle regioni destinatarie il necessario adeguamento ordinamentale, con l'art. 14 la legge de qua non si e' limitata a fissare dei principi che le regioni sono chiamate ad applicare ed integrare con propria disciplina di dettaglio. Nella fattispecie viene sostanzialmente negato un ruolo normativo, anche meramente marginale, alle Regioni. Viene infatti lesa la concorrenzialita' assicurata dal riparto costituzionale che impedisce alle Regioni di intervenire con proprie norme se non negli angusti limiti stabiliti. La potesta' legislativa, com'e' consacrato dall'ultimo periodo del terzo comma del citato articolo della Costituzione, e' assegnata alle regioni «salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». Ma possono mai definirsi «principi fondamentali» quelle prescrizioni puntuali e rigorose che, come quelle di cui alla norma impugnata, disciplinano dettagliatamente la materia? E' possibile, infine, distinguere gli enti virtuosi da tutti gli altri sulla base della conformazione pura e semplice a modelli preconfezionati di ordinamento? Appare quasi che il legislatore statale abbia voluto ripristinare quella distinzione tra gli enti territoriali tipica della superata «centralita'». L'art. 114 Cost., viceversa, pone in rapporto di equiordinazione gli enti come costituenti la Repubblica e assume ricorrere distinzioni tra loro soltanto ed unicamente sotto il profilo funzionale, secondo attribuzioni di funzioni e dei relativi poteri individuati dalla stessa Costituzione. L'art. 117 Cost. contribuisce poi a chiarire le distinzioni tra i vari enti partendo dalla ripartizione della potesta' legislativa e distribuendola tra lo Stato e le Regioni in virtu' di esso principio di equiordinazione. Orbene, pur conoscendo l'orientamento dell'ecc.ma Corte costituzionale (sent. n. 303/2003, n. 6/2004) in base al quale gli aspetti finalistici comportano comunque - e quindi assorbono - anche gli aspetti strumentali, non si puo' negare che una qualche differenza esista tra principi fondamentali e norme di dettaglio. Sulle prime la competenza statale ha indubbiamente una sua dilatazione e forza espansiva, sulle seconde la potesta' legislativa dello Stato non puo' giungere sino al punto di comprimere oltremodo l'autonomia regionale. Peraltro, le norme statali che fissano limiti alla spesa di enti pubblici regionali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica allorquando si limitino a porre obiettivi di riequilibro della medesima (intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente) e sempreche' non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il conseguimento dei suddetti limiti (sent. nn. 120/2008; 169 e 412/2007, n. 88/2006). L'ecc.ma Corte, al riguardo, ha piu' volte sancito che il coordinamento incidente sulla spesa regionale debba limitarsi a porre i principi ai quali la Regione deve ispirare la sua condotta finanziaria, lasciando poi alla stessa le regole di dettaglio della condotta suddetta (sent. n. 414/2004, n. 121/2007). Il coordinamento finanziario, secondo la Corte, per sua stessa natura puo' richiedere l'adozione di misure tecniche (ottenibili con l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo) senza per questo attribuire al Governo il potere di incidere sulle scelte autonome degli enti quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse (sent. n. 376/2003) e men che mai quanto alla riduzione del numero dei componenti dell'organismo assembleare.
P. Q. M. Conclude affinche' l'Ecc.ma Corte costituzionale Voglia dichiarare la illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 114, 117, terzo comma, e art. 123 della Costituzione, dell'art. 14 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011, n. 148. Potenza-Roma, addi' 12 novembre 2011 Gli avvocati: Brancati - Golia