N. 139 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 novembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 novembre 2011 (della Regione Friuli-Venezia Giulia). Regioni a statuto speciale - Finanza regionale - Concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica - Lamentata modifica in senso deteriore delle misure gia' previste dal comma 5 dell'art. 20 del d.l. 98/2011 e dal comma 156 dell'art. 1 della legge 220/2010, con un cumulo complessivo asseritamente lesivo della capacita' di assolvimento delle funzioni pubbliche e sperequato rispetto alle Regioni ordinarie - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria speciale della Regione, violazione del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni, violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 1, comma 8. - Costituzione, artt. 116, primo comma, e 119, commi primo, secondo e quarto; statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48 e 49. Regioni a statuto speciale - Finanza regionale - Maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati, nonche', in generale, maggiori entrate derivanti dal decreto censurato o dalla lotta all'evasione - Riserva integrale allo Stato - Lamentata incidenza con legge ordinaria sull'assetto dei rapporti finanziari Stato-Regione, quali delineati nello statuto e nelle norme di attuazione, omessa concertazione - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria speciale della Regione, violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 2, commi 3, ultimo periodo, e 36, primo periodo. - Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48, 49, 63, commi primo e quinto, e 65; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, primo comma; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art. 6, comma 2. Regioni a statuto speciale - Finanza regionale - Previsione che il ministero dell'economia adotti un apposito decreto che stabilisca le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione - Lamentata incidenza con legge ordinaria sull'assetto dei rapporti finanziari Stato-Regione, quali delineati nello statuto e nelle norme di attuazione, e in subordine mancata previsione dell'intesa - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria speciale della Regione, violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 2, comma 36, secondo periodo. - Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48, 49, 63, commi primo e quinto 5, e 65; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, primo comma; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art. 6, comma 2. Regioni a statuto speciale - Finanza regionale - Maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione - Destinazione integrale ad un Fondo statale per la riduzione strutturale della pressione fiscale - Lamentata acquisizione all'erario di entrate non nuove e connesse a tributi esistenti per le quali lo statuto prevede la compartecipazione regionale, in subordine mancata previsione dell'intesa - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria speciale della Regione, violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 2, comma 36, terzo e quarto periodo. - Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48, 49, 63, commi primo e quinto, e 65; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, primo comma; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art. 6, comma 2.(GU n.53 del 21-12-2011 )
Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore dott. Renzo Tondo, autorizzato con deliberazioni della Giunta regionale n. 1980 del 21 ottobre 2011 (doc. 1) e n. ??????? del 10 novembre 2011 (doc. 2), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della Regione, in piazza Colonna, 355, Contro il Presidente del Consiglio dei ministri Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 8, e dell'art. 2, commi 3 e 36, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011; Per violazione: degli articoli 116 e 119 della Costituzione; degli articoli 48, 49, 63 e 65 dello Statuto speciale adottato con legge costituzionale n. 1 del 1963; dell'art. 4, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 e dell'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 8/1997; del principio di leale collaborazione, per i profili e nei modi di seguito illustrati. Fatto e Diritto Il presente ricorso riguarda due distinti ambiti delle disposizioni di cui al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148: da un lato l'art. 1, comma 8, che ha modificato una disposizione gia' impugnata da questa Regione, dall'altro - se ritenute applicabili alla Regione - le disposizioni dell'art. 2, comma 3, ultimo periodo, e comma 36, relative alla riserva all'erario statale delle maggiori entrate derivanti dal decreto stesso. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, d.-l. n. 138/2011. L'art. 20, comma 5, d.-l. n. 98/2011 aveva previsto che «le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, per gli anni 2013 e successivi concorrono con le seguenti ulteriori misure in termini di fabbisogno e di indebitamento netto: ... b) le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e per 2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014». L'art. 1, comma 8, d.-l. n. 138/2011 modifica l'art. 20, comma 5, d.-l. n. 98/2011, nel seguente modo: «a) nell'alinea, le parole: ''per gli anni 2013 e successivi'', sono sostituite dalle seguenti: ''per gli anni 2012 e successivi''; ... c) alla lettera b), le parole: ''per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013 e'' sono soppresse; nella medesima lettera, le parole: ''a decorrere dall'anno 2014'', sono sostituite dalle seguenti: ''a decorrere dall'anno 2012''». Dunque, l'art. 1, comma 8, d.-l. n. 138/2011 peggiora in misura rilevante, per la Regione Friuli-Venezia Giulia, le misure gia' assai restrittive previste dal d.-l. n. 98/2011. Infatti, non solo il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica previsto dall'art. 20, comma 5, d.-l. n. 98/2011 e' anticipato al 2012, ma esso viene applicato sin dal 2012 nella misura di 2000 milioni di euro, che doveva operare a decorrere dal 2014. La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che, allo stesso modo di quelle previste dal d.-l. n. 98 del 2011, anche le nuove restrizioni introdotte dall'art. 1, comma 8, decreto legge n. 138/2011 - nelle parti ad essa riferibili - ledano la autonomia finanziaria ad essa assicurata dagli artt. 48 Statuto, e 119, commi 1, 2, e 4, Cost.; ritiene inoltre che le restrizioni ledano l'art. 116, comma 1, Cost., e l'art. 49 Statuto. Per meglio inquadrare le questioni di costituzionalita', occorre precisare che le misure indicate si aggiungono non solo a quelle previste dal d.-l. n. 78/2010, ma anche a quelle disposte dall'art. 1, comma 156, primo periodo, della legge n. 220/2010. L'art. 14 del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto - per quanto riguarda le Regioni speciali - che «ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica» esse «concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 20112013» per 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012, «in termini di fabbisogno e indebitamento netto» (comma 1, lettera b). Successivamente, la Tabella 1, allegata alla legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilita' 2011: v. l'art. 1, comma 131) ha precisato che il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica consiste nella riduzione delle spese, e ha ripartito tra le autonomie speciali l'obiettivo complessivo: la Regione Friuli-Venezia Giulia e' chiamata a concorrere per 77.216.900 euro nel 2011, e per 154.433.800 euro in ciascuno degli anni 2012 e 2013. In base all'art. 1, comma 156, primo periodo, della legge n. 220/2010, poi, «la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia garantisce un effetto positivo sull'indebitamento netto, ulteriore rispetto a quello previsto dalla legislazione vigente, ivi comprese le disposizioni introdotte dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, di 150 milioni di euro nel 2011, di 200 milioni di euro nel 2012, di 250 milioni di euro nel 2013, di 300 milioni di euro nel 2014, di 350 milioni di euro nel 2015, di 340 milioni di euro nel 2016, di 350 milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e di 370 milioni di euro annui a decorrere dal 2031». L'art. 20, comma 4, d.-l. n. 98/2011 ha stabilizzato le misure temporanee previste dall'art. 14 d.-l. n. 78/2010 ed il comma 5 ha previsto «ulteriori misure», sopra esposte. Assumendo che la ripartizione tra le Regioni a statuto speciale delle misure introdotte con il d.-l. n. 98/2011, come modificato dal d.-l. n. 138/2011, segua gli stessi criteri utilizzati per le norme precedenti di analogo contenuto, per effetto di tale cumulo il peso a carico della Regione Friuli-Venezia Giulia ammonterebbe a circa 762 milioni di euro dal 2012. La Regione e' consapevole che la autonomia finanziaria intesa come disponibilita' di risorse sufficienti ad esercitare le proprie attribuzioni costituzionali, e come effettiva capacita' di spesa, va valutata nel complesso, e che «contenimenti» transitori delle spese non sono necessariamente incostituzionali (secondo quanto risulta ad esempio, in ordine ai vincoli derivanti dal patto di stabilita', dalla sent. N. 284/2009). Tuttavia, se non si vuole privare l'art. 119 cost. e, per il Friuli-Venezia Giulia, l'art. 48 Statuto, della capacita' di fungere da parametri di costituzionalita', occorre riconoscere che singoli provvedimenti normativi (gli unici contro i quali - ex art. 127 Cost. - la Regione puo' reagire, ed entro termini tassativi) possano essere sindacati e, se del caso, censurati, anche alla luce di altri singoli provvedimenti, l'insieme dei quali si dimostra lesivo dell'autonomia finanziaria regionale. Nel caso, la Regione si trova nella condizione di affermare che l'ulteriore aggravamento ed anticipazione delle misure di contenimento, in una con le riduzioni della legge n. 220/2010, determinano la incostituzionalita' dell'art. 1, comma 8, del decreto legge n. 138/2011, in quanto impongono riduzioni consistenti alla spesa, tali da pregiudicare l'assolvimento delle funzioni pubbliche ad essa attribuite, in violazione dell'art. 119 Cost. (v. soprattutto il principio di corrispondenza tra risorse e funzioni di cui al comma 4: «Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite») e dell'art. 48 Statuto, la cui portata si precisa anche attraverso la considerazione sistematica di tutte le norme costituzionali e statutarie rilevanti ai fini dell'autonomia finanziaria. In questo senso, la lesione di altri parametri - che subito si illustra -concorre a dimostrare anche la violazione degli art. 119 Cost. e 48 Statuto. Violato e' in primo luogo l'art. 116, comma 1, Cost., il quale riconosce alle Regioni speciali forme e condizioni particolari di autonomia, che non possono non riguardare - data la formulazione della disposizione - anche la autonomia finanziaria (sent. N. 82/2007). L'art. 1, comma 8, lede la disposizione in quanto riserva alle Regioni speciali - e, per quanto interessa qui, alla Regione Friuli-Venezia Giulia - un trattamento deteriore rispetto a quanto vale per le Regioni ordinarie. L'insieme di queste concorre al risanamento per 1.600 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012, mentre le sole Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano concorrono per 2.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012. L'irragionevolezza del trattamento deteriore si apprezza considerando che queste differenziazioni operano in un contesto normativo stabile, quanto alle funzioni, per le Regioni ordinarie, mentre e' aumentato il concorso specifico della Regione Friuli-Venezia Giulia al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'assolvimento degli obblighi derivanti dall'ordinamento europeo e dal patto di stabilita' interno. Si rammenta qui il comma 152 dell'art. 1 della legge di stabilita' per il 2011 (legge n. 220/2010), secondo cui «nel rispetto dei principi indicati nella legge 5 maggio 2009, n. 42, a decorrere dall'anno 2011, la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia contribuisce all'attuazione del federalismo fiscale, nella misura di 370 milioni di euro annui, mediante: a) il pagamento di una somma in favore dello Stato; b) ovvero la rinuncia alle assegnazioni statali derivanti dalle leggi di settore, individuate nell'ambito del tavolo di confronto di cui all'art. 27, comma 7, della citata legge n. 42 del 2009; c) ovvero l'attribuzione di funzioni amministrative attualmente esercitate dallo Stato, individuate mediante accordo tra il Governo e la regione, con oneri a carico della regione. Con le modalita' previste dagli articoli 10 e 65 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, lo Stato e la regione definiscono le funzioni da attribuire». Il trattamento gravoso riservato alle autonomie speciali, e tra esse alla ricorrente Regione, non puo' essere giustificato sulla base della considerazione della relativa maggiore ampiezza - rispetto alle Regioni ordinarie - delle risorse ad esse riservate. Tale maggiore ampiezza infatti e' il frutto delle valutazioni dell'ordinamento costituzionale dello Stato, e non puo' essere alterata se non seguendo le vie costituzionalmente prescritte: le quali, del resto, esistono, come tra breve verra' illustrato. L'art. 49 Statuto garantisce alla Regione certezza di entrate, finalizzate ad assicurarle la possibilita' di esercizio delle proprie funzioni. Ad avviso della ricorrente Regione le disposizioni censurate ledono - in via indiretta ma sicura - anche tale parametro: non ha senso logico che vi sia per la Regione garanzia costituzionale di determinate entrate (una garanzia che la ricorrente Regione ha potuto far valere con successo, ad esempio, nella controversia definita con la sent. n. 74/2009), se poi fosse consentito allo Stato di imporre con legge ordinaria massicce riduzioni della spesa, alla quale le entrate garantite sono finalizzate! Di fronte a tali sostanziali violazioni dei parametri costituzionali, non varrebbe certo obiettare che tutte le autonomie territoriali - Regioni speciali comprese - sono soggette ai principi di coordinamento della finanza pubblica, inevitabilmente fissati a livello nazionale, anche in adempimento di obblighi europei (sent. n. 82/2007); che la attribuzione di quote fisse di tributi erariali puo' condurre ad un incremento delle risorse regionali, in funzione di manovre tributarie statali, senza che vi sia necessita' - da parte della Regione - di nuove risorse per nuove funzioni, o per un migliore assolvimento di compiti precedenti (ma le entrate potrebbero anche diminuire, per l'andamento negativo del ciclo economico ...); che lo stesso art. 49 Statuto, nel momento in cui riconosce alla Regione autonomia finanziaria, aggiunge subito che essa si svolge (si deve svolgere) «in armonia con i principi della solidarieta' nazionale». Infatti, la considerazione di tali valori deve essa stessa manifestarsi mediante strumenti costituzionalmente ammissibili nell'ordinamento. Cosi', anzitutto, le stesse norme di attuazione statutaria - radicate direttamente nel principio di solidarieta' nazionale (sent. n. 75/1967) - consentono di eccettuare dalla attribuzione alla Regione le nuove entrate tributarie statali il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime (v. l'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114). Ma la legittimita' costituzionale della riserva e' subordinata alla presenza di una apposita clausola di destinazione, che vale, come si legge nella sent. 61/1987, «a rendere possibile il controllo politico sull'esatto e corretto esercizio della deroga» al sistema normale di finanziamento: norma funzionale, quindi, al principio di responsabilita'. Le stesse disposizioni statutarie sulla autonomia finanziaria (art. 49 compreso) possono sempre essere modificate (come varie volte e' gia' accaduto) senza ricorrere alla revisione con legge costituzionale, purche' vi sia il coinvolgimento della Regione (art. 63, comma 5, Statuto). In termini generali, poi, i rapporti finanziari Stato-Regione sono ispirati al principio della determinazione consensuale. L'«obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all'azione di risanamento della finanza pubblica» - puntualizza la Corte con la sent. 82/2007 - «deve essere contemperato e coordinato con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette Regioni, in forza dei loro statuti. In tale prospettiva, come questa Corte ha avuto occasione di affermare, la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione della descritta autonomia finanziaria e del contemperamento di tale principio con quello del rispetto dei limiti alla spesa imposti dal cosiddetto ''patto di stabilita'' (sentenza n. 353 del 2004)». Questo principio, sul piano della legislazione ordinaria, ha trovato fino ad ora varie concretizzazioni. E' sufficiente richiamare qui, per la sua portata sistematica, l'art. 27, legge n. 42/2009, che rimette alle norme di attuazione statutaria la attuazione dei principi del c.d. federalismo fiscale (tra i quali vi e' il rispetto del patto di stabilita' e dei vincoli finanziari europei), tenendo «conto della dimensione della finanza delle [...] regioni e province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva, delle funzioni da esse effettivamente esercitate e dei relativi oneri.». Le stesse misure particolari dei ricordati commi 152 e 156 dell'art. 1 legge n. 220/2010, specificamente concernenti l'apporto della Regione Friuli-Venezia Giulia al risanamento delle finanze pubbliche, sono state oggetto di confronto e discussione tra Governo e Regione. Con il principio costituzionale di collaborazione si pongono in contrasto le disposizioni impugnate. Sembra alla Regione opportuno sottolineare che dall'annullamento dell'art. 1, comma 8, d.-l. n. 138/2011 non deriverebbe alcun necessario pregiudizio alla «unita' economica della Repubblica», ne' ai principi di solidarieta' nazionale, ne' agli obiettivi di risanamento finanziario. Lo Stato - come si e' appena indicato - continua infatti ad avere tutti gli strumenti per perseguire tali obiettivi, nel rispetto dell'autonomia Regionale, secondo quanto sopra esposto. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 3 e 36, d.-l. n. 138/2011. a. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 3, ultimo periodo, e comma 36, primo periodo. Come sopra gia' illustrato, il Titolo IV dello Statuto speciale (1egge cost. n. 1/1963) riconosce alla Regione Friuli-Venezia Giulia una speciale autonomia finanziaria. In particolare, l'art. 49 dispone che «spettano alla Regione le seguenti quote fisse delle sottoindicate entrate tributarie erariali riscosse nel territorio della Regione stessa: 1) sei decimi del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche; 2) quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche; 3) sei decimi del gettito delle ritenute alla fonte di cui agli artt. 23, 24, 25 e 29 del decreto del Presidente della Repubblcia 29 settembre 1973, n. 600, ed all'art. 25-bis aggiunto allo stesso decreto del Presidente della Repubblica con l'art. 2, primo comma, del d.-l. 30 dicembre 1982, n. 953, come modificato con legge di conversione 28 febbraio 1983, n. 53; 4) 9,1 decimi del gettito dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione ...; 5) nove decimi del gettito dell'imposta erariale sull'energia elettrica, consumata nella regione; 6) nove decimi del gettito dei canoni per le concessioni idroelettriche; 7) nove decimi del gettito della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione; 7-bis) il 29,75 per cento del gettito dell'accisa sulle benzine ed il 30,34 per cento del gettito dell'accisa sul gasolio consumati nella regione per uso autotrazione». L'art. 63 dello Statuto prevede che, per le modificazioni di esso, si applica la procedura prevista dalla Costituzione per le leggi costituzionali. Il quinto comma dell'art. 63, pero', introduce una speciale procedura per la modificazione delle norme del Titolo IV: «Le disposizioni contenute nel titolo IV possono essere modificate con leggi ordinarie, su proposta di ciascun membro delle Camere, del Governo e della Regione, e, in ogni caso, sentita la Regione». L'art. 65 St. dispone che «con decreti legislativi, sentita una Commissione paritetica di sei membri, nominati tre dal Governo della Repubblica e tre dal Consiglio regionale, saranno stabilite le norme di attuazione del presente Statuto e quelle relative al trasferimento all'Amministrazione regionale degli uffici statali che nel Friuli-Venezia Giulia adempiono a funzioni attribuite alla Regione». Dunque, e' escluso che una fonte primaria «ordinaria» possa incidere sull'assetto dei rapporti finanziari quali delineati nello Statuto e nelle norme di attuazione. L'art. 2 d.-l. n. 138/2011, oggetto della presente impugnazione, e' inserito nel Titolo I, Disposizioni per la stabilizzazione finanziaria, e detta Disposizioni in materia di entrate. Il comma 3 riguarda le entrate derivanti da giochi pubblici. Esso statuisce in primo luogo che «il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. emana tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, potendo tra l'altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea, adottare nuove modalita' di gioco del Lotto, nonche' dei giochi numerici a totalizzazione nazionale, variare l'assegnazione della percentuale della posta di gioco a montepremi ovvero a vincite in denaro, la misura del prelievo erariale unico, nonche' la percentuale del compenso per le attivita' di gestione ovvero per quella dei punti vendita». Esso stabilisce inoltre che «il Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato puo' proporre al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre con propri decreti, entro il 30 giugno 2012, tenuto anche conto dei provvedimenti di variazione delle tariffe dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati eventualmente intervenuti, l'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati prevista dall'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni». Infine, esso precisa che «l'attuazione delle disposizioni del presente comma assicura maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012» e di seguito dispone che «le maggiori entrate derivanti dal presente comma sono integralmente attribuite allo Stato». Dunque, quest'ultima norma riserva integralmente allo Stato le maggiori entrate derivanti dall'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati. Mentre il comma 3 ha lo specifico oggetto sopra illustrato, il comma 36 dell'art. 3 si riferisce a tutte le maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del d.lgs. n. 149 del 2011, quali quelle derivanti dall'art. 1, comma 6, dall'art. 2 (che - ad esempio - introduce il contributo di solidarieta' e aumenta l'aliquota IVA al 21%) e dall'art. 7. In termini generali, infatti, esso dispone che «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale», aggiungendo in termini attuativi che «con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione». Ancora, il comma 36 prevede che, «a partire dall'anno 2014, il Documento di economia e finanza conterra' una valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attivita' di contrasto all'evasione», e di seguito dispone che «dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». Anche il comma 36, dunque, riserva allo Stato le maggiori entrate di natura tributaria risultanti o dalle nuove norme contenute nel decreto o dalla lotta all'evasione. Peraltro, l'art. 19-bis dello stesso d.-l. n. 138/2011 dispone che «l'attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». Il comma 1 di quest'ultima disposizione stabilisce che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, entro il termine di ventiquattro mesi stabilito per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'art. 2 e secondo il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica di cui all'art. 2, comma 2, lettera m)». Non e' esclusa, dunque, un'interpretazione delle disposizioni in questione nel senso che la riserva all'erario non operi per le somme relative alla regione Friuli-Venezia Giulia. Nel senso dell'interpretazione «adeguatrice» potrebbe far concludere il principio di specialita', confortato anche da quanto considerato nella sentenza di codesta Corte n. 152 del 2011, che ha ritenuto l'applicabilita' anche nella Regione siciliana di norme simili a quelle qui impugnate, che riservavano all'erario il gettito di tributi compartecipati dalla Regione Sicilia, «posto che il d.l. in esame non contiene alcuna formula che possa configurarsi quale clausola di salvaguardia delle attribuzioni delle Regioni ad autonomia speciale»: clausola che invece, come ora esposto, in questo caso esiste. Tuttavia, la drastica formulazione del comma 3 (secondo cui le maggiori entrate derivanti dal presente comma sono integralmente attribuite allo Stato) induce a temere che l'art. 2, commi 3 e 36, possa essere inteso nel senso della riserva allo Stato anche nei confronti della ricorrente Regione. Ove cosi' intese, le norme in questione sarebbero illegittime e lesive delle prerogative della Regione. Come sopra esposto, l'art. 2, comma 3, d.-l. n. 138/2011 prevede «l'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati prevista dall'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modificazioni», aggiungendo che «l'attuazione delle disposizioni del presente comma assicura maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012» e che «le maggiori entrate derivanti dal presente comma sono integralmente attribuite allo Stato». Si e' anche ricordato che l'art. 49, n. 7, dello Statuto riserva alla Regione i «nove decimi del gettito della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione». Risulta dunque illegittima la riserva allo Stato delle entrate in questione. Infatti, come va subito precisato, l'accisa sui tabacchi lavorati prevista dall'allegato I al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, coincide con l'imposta sul consumo dei tabacchi di cui all'art. 75 dello Statuto. Infatti, l'art. 1 d.-l. n. 331/1993 stabilisce che i tabacchi lavorati sono sottoposti ad accisa (comma 1) e che per accisa si intende «l'imposizione indiretta sulla produzione o sui consumi prevista, dalle vigenti disposizioni, con la denominazione di imposta di fabbricazione o di consumo». Gli artt. 27 e 28 d.-l. n. 331/1993 usano indifferentemente i termine «accisa» e «imposta di consumo» e l'intero d.-l. n. 331/1993 prevede due sole imposte sui tabacchi lavorati: l'Iva e l'accisa. Anche l'art. 1 del d.lgs. n. 504/1995 (t.u. sulle accise) precisa che «ai fini del presente testo unico si intende per: a) accisa: l'imposizione indiretta sulla produzione o sul consumo dei prodotti energetici, dell'alcole etilico e delle bevande alcoliche, dell'energia elettrica e dei tabacchi lavorati». Inoltre, i codici tributo sui quali, in base al decreto ministeriale 17 ottobre 2008 attuativo del d.lgs. n. 137/2007, si applica la compartecipazione regionale sono il 2839 e 2842, collegati al capitolo 1601 del bilancio dello Stato, che e' denominato «IMPOSTA SUL CONSUMO DEI TABACCHI» (doc. 2); i codici tributo 2839 e 2842 sono stati appositamente istituiti per raccogliere il gettito spettante a questa Regione e sono stati introdotti dalla risoluzione dell'Agenzia delle entrate 15 febbraio 2008, n. 50/E (doc. 3), intitolata Istituzione dei codici tributo per il versamento, tramite modello F24-accise, delle accise sui tabacchi lavorati, degli interessi per ritardato pagamento e dell'indennita' di mora di cui al decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, di competenza della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell'art. 49, comma 7, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1. Stabilito cio', risulta chiaramente il contrasto fra l'art. 2, comma 3, ultimo periodo (qualora ritenuto applicabile alla Regione) e l'art. 49, n. 7, dello Statuto speciale. Mentre quest'ultima disposizione riserva alla Regione i «nove decimi del gettito della quota fiscale dell'imposta erariale di consumo relativa ai prodotti dei monopoli dei tabacchi consumati nella regione», la norma impugnata attribuisce «integralmente. allo Stato» le «maggiori entrate derivanti dal presente comma». E' da notare che la norma impugnata non contiene una delimitazione temporale della riserva ne' una destinazione specifica delle risorse, dato che il suo carattere di specialita' induce a ritenere che essa prevalga, in relazione all'accisa sui tabacchi, sulla disciplina «generale» di cui all'art. 2, comma 36, primo periodo. D'altronde anche il comma 36, primo periodo, seppur differente rispetto al comma 3, ultimo periodo, risulta contrastante con l'art. 49 dello Statuto, che riserva alla Regione ben precise compartecipazioni a determinati tributi erariali. L'art. 36, infatti, riserva all'Erario, per un periodo di cinque anni, «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto», per destinarle «alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale». Si rinvia poi ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, per stabilire «le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione». Il contrasto si ravvisa, in particolare, in relazione ai tributi di seguito illustrati. L'art. 2, comma 2, d.-l. n. 138/2011 introduce un contributo di solidarieta', che puo' considerarsi un'imposta sul reddito: la riserva di questa maggiore entrata all'erario, dunque, contrasta con l'art. 49, n. 1, dello Statuto. L'art. 2, comma 2-bis, eleva l'aliquota Iva al 21%: la riserva di questa maggiore entrata all'erario contrasta con l'art. 49, n. 4, dello Statuto. L'art. 2, comma 6, fissa nella misura del 20 per cento le ritenute e le imposte sostitutive sui redditi da capitale (interessi, premi e altro provento di cui all'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) e sui redditi diversi di cui all'art. 67 comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies, del medesimo decreto (uniformando pertanto l'aliquota da applicarsi in relazione a tale tipologia di redditi, prima differenziata in ragione delle caratteristiche dello strumento finanziario impiegato). In base al combinato disposto degli articoli 49 dello Statuto e 25, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 - come risulta dalla tabella B allegata al decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 17 ottobre 2008 - alla Regione spettano i sei decimi dell'imposta sostitutiva di cui all'art. 2 del d.lgs. 1º aprile 1996, n. 239 (imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per i soggetti residenti) e i 4,965 decimi dell'imposta di cui all'art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 (imposizione sostitutiva dei redditi da capitale di fonte estera), sempreche' le somme siano riscosse nel territorio della Regione. Si precisa che l'aliquota delle imposte di cui agli articoli 2 e 18 citati era stabilita, prima del descritto intervento normativo, nella misura del 12,5 per cento. L'art. 2, commi 36-bis e 36-quater, reca norme in materia di societa' cooperative, disponendo l'incremento della quota di utili netti annuali destinati alla riserva obbligatoria che sono sottratti al regime di esenzione previsto dall'art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, e nel contempo escludendo dal regime di esenzione anzidetto il 10 per cento di tali riserve. La modifica risulta diretta ad un aumento del gettito dell'imposta sul reddito delle societa' applicata alle societa' cooperative. Sempre in materia di imposta sul reddito delle societa', l'art. 2, comma 36-quinquies, applica una maggiorazione d'aliquota pari a 10,5 punti percentuali a carico delle societa' di cui all'art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (cosi' dette «societa' di comodo»). Analoga maggiorazione e' prevista dall'art. 2, comma 36-decies, per le societa' che presentano per tre periodi di imposta sostitutivi dichiarazioni in perdita fiscale. In base all'art. 49, n. 2, dello Statuto, alla Regione spettano quattro decimi e mezzo del gettito dell'imposta sul reddito delle societa' riscossa sul proprio territorio. Appare dunque chiaro che l'art. 2, comma 36, primo periodo, riservando all'erario «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto. per un periodo di cinque anni», per destinarle «alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea», viola le norme appena citate dell'art. 49, che prevedono precise compartecipazioni ad alcuni dei tributi oggetto del d.-l. n. 138/2011. Ne' e' possibile sostenere che le norme censurate (comma 3, ultimo periodo, e comma 36, prima parte) sono giustificate in virtu' di altre clausole contenute nelle norme di attuazione. Esse, infatti, non rispettano affatto i requisiti posti dall'art. 4, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 per la riserva all'erario del «gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o da altre modificazioni in ordine ai tributi devoluti alla regione». Tali requisiti sono: a) la destinazione per legge «alla copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo, che non rientrano nelle materie di competenza della regione, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»»; b) la delimitazione temporale del gettito; c) la contabilizzazione distinta nel bilancio statale e la quantificabilita'. L'assenza di tali requisiti e' chiara per il gettito di cui all'art. 2, comma 3, dato che mancano la destinazione a «nuove specifiche spese di carattere non continuativo», la delimitazione temporale e la contabilita' distinta. Inoltre, anche la riserva di cui al comma 36, primo periodo, non rispetta le condizioni poste dall'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965. Infatti, la prima parte del comma 36 riserva all'Erario «le maggiori entrate derivanti dal presente decreto» (per un periodo di cinque anni, attraverso separata contabilizzazione) per destinarle «alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale». Dunque, e' assente il primo requisito sopra indicato, in quanto il comma 36 non destina le maggiori entrate a «nuove specifiche spese»: e' da ricordare che la sent. n. 182/2010 fece salva la norma impugnata in quell'occasione (l'art. 13-bis, comma 8, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78) proprio in quanto essa destinava il gettito dell'imposta «al finanziamento della ripresa economica, quali: il sostegno alle imprese, anche attraverso il finanziamento del fondo di garanzia e l'alleggerimento del carico fiscale ...; gli interventi sul mercato del lavoro, anche attraverso il finanziamento del fondo per l'occupazione ...; il finanziamento degli investimenti pubblici, con particolare riguardo alle infrastrutture e alle attivita' di ricerca e sviluppo ...; il supporto alle famiglie, con misure di salvaguardia del potere d'acquisto, di tutela dei piccoli risparmiatori, di risposta all'emergenza abitativa ...; il finanziamento della cooperazione internazionale allo sviluppo ...; il finanziamento delle opere di ricostruzione dell'Abruzzo». Si tratta, come si puo' vedere, di spese e finalita' ben diverse dal mero e generale «raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea». Escluso che il comma 36, primo periodo, possa trovare fondamento nell'art. 4 decreto dele Presidente della Repubblica n. 114/1965, e' anche da escludere che esso possa ricondursi all'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 8/1997, in base al quale, «nelle more del completamento del processo di trasferimento e di delega di funzioni dallo Stato alla regione, qualora la quota delle spese relative all'esercizio delle funzioni delegate eventualmente a carico della regione ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera b) [decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965], fosse insufficiente al raggiungimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, una quota del previsto incremento del gettito tributario spettante alla regione - ad esclusione in ogni caso degli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale ed al netto delle eventuali previsioni di riduzioni di gettito - derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita', non considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo all'esercizio finanziario precedente, puo' essere destinata al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai predetti provvedimenti, tenuto conto altresi' delle spese a carico della regione per funzioni trasferite in data successiva al 1° gennaio 1997». Ad avviso della ricorrente Regione questa norma non e' applicabile alla disciplina qui contestata, in quanto essa non ha portata generale ma opera in relazione allo specifico accordo annuale, tra Governo e Regione, che determinava «l'eventuale quota che rimane a carico del bilancio della regione - per l'esercizio oggetto dell'accordo - delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla medesima, in relazione alle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita', da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito tributario derivante dalle manovre medesime, ad esclusione in ogni caso degli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale ed al netto delle eventuali previsioni di riduzione del gettito» (art. 4, comma 2, lett. b) decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965). In ogni modo, anche qualora la disposizione di cui all'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 8/1997 fosse ritenuta applicabile, il comma 36, primo periodo, non vi corrisponderebbe sia per l'unilateralita' della riserva (essendo chiaro che l'art. 6, comma 2, presuppone l'accordo: v. anche l'art. 6, comma 3) sia perche' riserva all'Erario tutte le maggiori entrare e non solo «una quota del previsto incremento del gettito tributario spettante alla regione». Dunque, nella denegata ipotesi dell'applicabilita' dell'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 8/1997, lo Stato avrebbe pur sempre dovuto cercare l'accordo con la Regione, non potendo unilateralmente alterare le regole sulle compartecipazioni. Il comma 36, dunque, violerebbe pur sempre il principio di leale collaborazione e, in particolare, il principio consensuale che domina le relazioni finanziarie fra lo Stato e le Regioni speciali. Infatti, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo. Cosi', ad es., la sent. n. 82 del 2007 ha riconosciuto che «la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione» della «speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette Regioni, in forza dei loro statuti» (punto 6 del Diritto); e nella sent. n. 353 del 2004 la Corte ha affermato che il metodo dell'accordo (sempre per la determinazione delle spese), introdotto per la prima volta dalla legge finanziaria per il 1998 e riprodotto in tutte le leggi finanziarie successivamente adottate, deve essere tendenzialmente preferito ad altri, dato che «la necessita' di un accordo tra lo Stato e gli enti ad autonomia speciale nasce dall'esigenza di rispettare l'autonomia finanziaria di questi ultimi». Si puo' ricordare anche la sent. n. 39 del 1984, che ha annullato un atto ministeriale che aveva unilateralmente modificato l'elenco delle imposte ai fini dell'art. 49 dello Statuto, precisando che «il legislatore statale ben potrebbe intervenire, se lo ritenesse opportuno, nell'ambito della sua specifica competenza in materia: ma dovrebbe farlo, comunque, dopo aver sentito la Regione (art. 65 Statuto Friuli-Venezia Giulia) e avendo i poteri per mettere ordine nella complessa vicenda senza turbare i delicati rapporti coll'Ente Regione». Pertinente e' anche il richiamo alla sent. n. 98 del 2000, che ha giudicato di alcune norme legislative statali che disponevano la riserva a favore dell'erario delle entrate derivanti da altre disposizioni e che erano contestate per violazione dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione. La Corte ha riconosciuto l'esistenza del «principio. di leale cooperazione fra Stato e Regione, che domina le relazioni fra i livelli di governo la' dove si verifichino, come in queste ipotesi accade, interferenze fra le rispettive sfere e i rispettivi ambiti finanziari», e ha sottolineato che «sono espressioni significative di tale esigenza le norme di attuazione di altri statuti speciali, le quali, a tal proposito, contemplano procedimenti cui sono chiamate a partecipare le Regioni». La Corte ha, dunque, statuito che le norme impugnate dovevano prevedere «procedimenti non unilaterali, ma che contemplino una partecipazione della Regione direttamente interessata». Il principio consensuale e' stato ribadito piu' di recente, proprio in relazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, dalla sent. n. 74/2009, con cui la Corte costituzionale ha annullato l'art. 2, comma 5, legge n. 244/2007 (finanziaria 2008), che limitava i maggiori introiti a favore del bilancio della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'applicazione del comma 4 dell'art. 1 del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137. La Corte ha ritenuto che la norma impugnata, ponendo un limite all'ammontare annuo statutariamente spettante alla Regione delle ritenute sui redditi da pensione, violasse il combinato disposto degli artt. 48 e 49 dello Statuto e dell'art. 1, comma 4, del citato decreto legislativo di attuazione dello statuto. Dunque, codesta Corte ha gia' escluso il potere del legislatore ordinario di incidere direttamente sulla disciplina della compartecipazione introducendo un tetto massimo al gettito spettante. Sarebbe stata semmai necessaria una nuova norma di attuazione, fondata essa stessa sul principio consensuale. Si puo' ricordare, infine, la sent. n. 133/2010. La Provincia di Trento aveva impugnato l'art. 9-bis, comma 5, d.-l. n. 78/2009, che attribuiva al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di fissare «i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome, compatibilmente con gli statuti di autonomia delle regioni ad autonomia speciale e delle citate province autonome, ivi compresi quelli afferenti alla compartecipazione ai tributi erariali statali». La Corte ha accolto le questioni sollevate nel ricorso, ritenendo che tale norma incidesse sui rapporti finanziari intercorrenti tra lo Stato, la Regione e le Province autonome, e che «pertanto avrebbe dovuto essere approvata con il procedimento previsto dal citato art. 104 dello statuto speciale, ove e' richiesto il necessario accordo preventivo di Stato e Regione». In effetti, e' chiaramente illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Regione, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia. Inoltre, la norma impugnata non rispetta l'art. 6, comma 2 (sempre nella denegata ipotesi che esso sia ritenuto applicabile), anche perche' riserva all'erario tutte «le maggiori entrate», mentre la norma di attuazione limita ad «una quota del previsto incremento del gettito tributario» la possibilita' di destinazione «al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica». Infine, proprio perche' agli artt. 48 e 49 St. si e' derogato con una fonte primaria «ordinaria» (nella specie, un decreto-legge convertito), l'art. 2, commi 3 e 36, prima parte, violano anche gli artt. 63, commi 1 e 5 (che prevedono il procedimento di revisione costituzionale per le modifiche dello Statuto e la possibilita' di modificare «le disposizioni contenute nel titolo IV. con leggi ordinarie, su proposta di ciascun membro delle Camere, del Governo e della Regione, e, in ogni caso, sentita la Regione») e l'art. 65 (che disciplina la speciale procedura per l'adozione delle norme di attuazione dello Statuto) dello Statuto speciale. Le norme impugnate alterano gravemente e unilateralmente la relazione strutturale che intercorre tra il tributo erariale e la compartecipazione statutaria regionale. Il legislatore costituzionale ha posto a presidio dell'autonomia finanziaria della Regione il meccanismo della compartecipazione ai tributi erariali che garantisce l'approvvigionamento finanziario dell'ente in via del tutto automatica. L'attribuzione del gettito e' rimessa, infatti, esclusivamente all'operare della percentuale di spettanza statutariamente prevista, applicata al gettito riscosso nel territorio regionale. L'art. 2, commi 3, ultimo periodo, e 36, primo periodo, violano la struttura automatica della compartecipazione escludendo che talune innovazioni fiscali possano tradursi in beneficio per l'entrata della Regione, con cio' incidendo sull'autonomia che di tale automatismo costituisce il portato. La sent. n. 155/2006 di codesta Corte ha statuito che la Regione Friuli-Venezia Giulia non puo' contestare nuove norme tributarie statali che, incidendo su tributi erariali ai quali la Regione compartecipa, comportino una riduzione del gettito per la Regione. Proprio l'automatismo insito nella compartecipazione implica che la Regione debba subire gli effetti - entro certi limiti - delle novita' normative statali che hanno riflessi finanziari riduttivi (e infatti anche il d.-l. n. 138/2011 contiene norme che, indirettamente, incidono negativamente sulla finanza regionale, come quella che prevede la deducibilita' del contributo di solidarieta' ai fini Irpef). Se cosi' e', allora anche i vantaggi economici che derivano dalla modifica di aliquote o da altre novita' normative concernenti i tributi erariali devono andare, pro quota, a beneficio della Regione, cosi' come prevede lo Statuto: ove, s'intende, non ricorrano gli specifici presupposti previsti dalle norme di attuazione per la riserva allo Stato. b. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36, secondo periodo. Il secondo periodo del comma 36 dell'art. 2 dispone che «con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione». Si tratta dunque di una norma volta a regolare l'attuazione del primo periodo : la quale, pertanto, e' affetta dai medesimi vizi sopra illustrati. In subordine, essa e' poi censurabile specificamente ed autonomamente sotto un ulteriore aspetto, cioe' per la mancata previsione dell'intesa con questa Regione in relazione al decreto che stabilisce le modalita' di individuazione del maggior gettito. Infatti, poiche' si tratta di intervenire in relazione a risorse che spetterebbero alla Regione, in una materia dominata dal principio consensuale, risulta specificamente illegittima, per violazione del principio di leale collaborazione, la previsione di un decreto ministeriale. senza intesa con questa Regione. c. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 36, terzo e quarto periodo. Il terzo ed il quarto periodo del comma 36 dell'art. 2 dispongono, rispettivamente, che «a partire dall'anno 2014, il Documento di economia e finanza conterra' una valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attivita' di contrasto all'evasione» e che «dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». Il quarto periodo risulta, ad avviso della ricorrente Regione, del tutto illegittimo, mentre il terzo periodo e' impugnato solo in quanto l'attivita' di rilevazione in esso prevista e' finalizzata all'attuazione del quarto periodo. Si tratta, infatti, di maggiori entrate che non derivano dall'aumento delle aliquote o dall'introduzione di nuovi tributi, ma semplicemente dalla lotta all'evasione, cioe' da un piu' rigoroso accertamento degli obblighi tributari preesistenti. Le maggiori entrate che ne derivano sono pur sempre entrate connesse alle aliquote e ai tributi esistenti, per alcuni dei quali l'art. 49 dello Statuto prevede la compartecipazione regionale. Manca dunque, in relazione ai tributi per i quali lo Statuto prevede la compartecipazione regionale, qualunque fondamento per la destinazione ad un Fondo statale di tali maggiori entrate, che risulta pertanto totalmente illegittima. La fondatezza di tale censura e' confermata anche dalla recente sent. n.152/2011, che ha dichiarato «costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 6, del d.-l. n. 40 del 2010, nella parte in cui stabilisce che le entrate derivanti dal recupero dei crediti d'imposta ''sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario'', anche con riferimento a crediti d'imposta inerenti a tributi che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio della Regione siciliana». La sentenza stabilisce che «e' alla Regione siciliana. che spetta, non solo provvedere al detto recupero, ma anche acquisire il gettito da esso derivante, posto che tale gettito, lungi dal costituire frutto di una nuova entrata tributaria erariale, non e' altro che l'equivalente del gettito del tributo previsto (al di fuori dei casi nei quali e' concesso il credito d'imposta), che compete alla Regione sulla base e nei limiti dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965». La medesima sent. n. 152/2011 ha poi annullato l'art. 3, comma 2-bis, d.-l. n. 40/2010, in quanto «la previsione della esclusiva destinazione a fondi erariali del gettito derivante dalla definizione agevolata di tali controversie inerenti alla contestazione di tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale si pone in contrasto con il principio di cui all'art. 2 delle norme di attuazione, non potendo peraltro neppure ritenersi che le entrate derivanti dalla richiamata definizione agevolata delle controversie tributarie siano ''entrate nuove''». Per quanto riguarda poi il terzo periodo del comma 36, esso e' affetto dagli stessi vizi appena illustrati (essendo strettamente collegato al quarto periodo). Inoltre, ove in denegata ipotesi dovesse risultare legittimo il trattenimento delle somme in questione al bilancio dello Stato, esso risulterebbe illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione, perche' la quantificazione delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione viene operata senza intesa con questa Regione, benche' tale quantificazione incida direttamente e negativamente sulla dimensione delle risorse che spettano alla Regione. Anche in questo caso si tratta di una previsione dettata unilateralmente dello Stato, che sconvolge l'assetto dei rapporti finanziari Stato-Regione in violazione del principio consensuale, dell'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 e dell'art. 6 d.lgs. n. 8/1997, dato che il comma 36, ultimo periodo, non si occupa di risorse provenienti da «maggiorazioni di aliquote o da altre modificazioni in ordine ai tributi devoluti alla regione» (art. 4) o da «manovre correttive di finanza pubblica» (art. 6). Da cio' deriva anche la violazione degli artt. 63 e 65 St., per le medesime ragioni sopra viste.
P. Q. M. Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 8, e dell'art. 2, comma 3, ultimo periodo, e comma 36, se ritenuti applicabili alla Regione, del d.-l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, nelle arti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova, 10 novembre 2011 Prof. avv.: Falcon ALLEGATI 1) Deliberazione della Giunta regionale 21 ottobre 2011, n. 1980. 2) Deliberazione della Giunta regionale 10 novembre 2011, n. 2070. 3) Capitolo 1601 del bilancio dello Stato. 4) Risoluzione dell'Agenzia delle entrate 15.2.2008, n. 50/E.