N. 140 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 novembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 novembre 2011 (della Regione Siciliana). Regioni a statuto speciale - Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Beni ubicati in Sicilia, che vengano a perdere la loro destinazione a servizi di carattere nazionale - Previsione che possano costituire oggetto di permuta demaniale da parte dello Stato - Lamentata sottrazione al demanio regionale, al quale tali beni spetterebbero in base ad un criterio di ripartizione su base funzionale - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata violazione delle prerogative regionali in materia di demanio e patrimonio. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 6, comma 6-ter. - Statuto della Regione Siciliana, artt. 32 e 33; d.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825. Regioni a statuto speciale - Finanza regionale - Imposte e tasse - Introduzione di varie entrate tributarie da riscuotersi nell'ambito del territorio regionale e riservate allo Stato - Asserita carenza dei requisiti della novita' e/o della specificita' dello scopo dei tributi medesimi - Lamentata sottrazione all'erario regionale - Ricorso della Regione Siciliana - Denunciata violazione delle prerogative regionali in materia di tributi e finanza regionale. - Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 2, commi 1, 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 3, 5-bis, 5-ter, 6, 35-octies e 36. - Statuto della Regione Siciliana, artt. 36 e 37; d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 2.(GU n.53 del 21-12-2011 )
Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avvocati Paolo Chiapparrone e Beatrice Fiandaca, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale allegata; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 6-ter del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 come convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011, n.148 recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 16 settembre 2011, n. 216; Per violazione degli artt. 32 e 33 dello Statuto siciliano nonche' delle relative norme di attuazione in materia di demanio e patrimonio di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1961, n. 1825; dell'articolo 2, comma 1, comma 2, comma da 2-bis a 2-quater, comma 3, comma 6, comma 35-octies e comma 36 nonche' commi 5-bis e 5-ter del medesimo decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 come convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011, n. 148 recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 16 settembre 2011, n. 216 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto siciliano nonche' delle relative norme di attuazione in materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n.1074 ed, in particolare, all'art. 2. Fatto Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 216 del 16 settembre 2011, e' stata pubblicata la legge 15 luglio 2011 n. 111 di conversione con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria». Detto decreto, nel testo quale risulta dalla legge di conversione, contiene svariate disposizioni che si profilano lesive delle prerogative statutarie di questa regione. A) In primo luogo, esaminando le previsioni che si sottopongono allo scrutinio di costituzionalita' di codesta ecc.ma Corte, rileva il contenuto dell'art.6, comma 6-ter che cosi' prevede «Per una efficace e immediata attuazione di quanto previsto in tema di razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche al comma 1 dell'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, l'Agenzia del demanio procedera', con priorita' in aree a piu' elevato disagio occupazionale e produttivo, ad operazioni di permuta, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, di beni appartenenti allo Stato, con esclusione di tutti i beni comunque trasferibili agli enti pubblici territoriali ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 196-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con immobili adeguati all'uso governativo, al fine di rilasciare immobili di terzi attualmente condotti in locazione passiva dalla pubblica amministrazione ovvero appartenenti al demanio e al patrimonio dello Stato ritenuti inadeguati. Le amministrazioni dello Stato comunicano all'Agenzia del demanio l'ammontare dei fondi statali gia' stanziati e non impegnati al fine della realizzazione di nuovi immobili per valutare la possibilita' di recupero di spesa per effetto di operazioni di permuta, ovvero gli immobili di nuova realizzazione da destinare ad uso governativo». La norma surriportata risulta lesiva delle prerogative statutarie garantite alla Regione siciliana dagli artt. 32 e 33 dello Statuto e dalle norme di attuazione in materia di demanio e patrimonio di cui al D.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825. B) L'articolo 2, commi 1, 2, commi da 2-bis a 2-quater, comma 3, comma 6, comma 35-octies e comma 36 nonche' commi 5-bis e 5- ter sono anch'essi lesivi delle prerogative statutarie con riferimento ai contenuti di ciascuno di essi. L'art. 2, comma 1 del d.l. n. 138/11 ha reintrodotto l'art. 18, comma 22-bis del d.l. n. 98/11 convertito con modificazioni dalla legge n. 111/2011, riguardo alla previsione, con decorrenza dal 2011 e fino al 2013, di un contributo di solidarieta' a carico dei contribuenti con reddito complessivo superiore a 90.000 Euro lordi annui, articolato su due aliquote (5% e 10%). In particolare l'art. 2 «Disposizioni in materia di entrate», comma 2, in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2013, l'introduzione di un contributo di solidarieta' a carico di tutti i contribuenti il cui reddito complessivo ai fini IRPEF sia superiore a 300.000 euro lordi annui, prorogabile anche per gli anni successivi al 2013 fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il 30 ottobre 2011, saranno determinate le modalita' tecniche di attuazione delle disposizioni di cui al presente comma, garantendo l'assenza di oneri per il bilancio dello Stato. L'articolo 2, commi da 2-bis a 2-quater (Aumento aliquota IVA dal 20 al 21 per cento) sostituisce, alla lettera a) del comma 2-bis il primo comma dell'articolo 16 del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilendo la nuova misura dell'aliquota IVA al ventuno per cento. L'articolo 2, comma 3 (Maggiori entrate derivanti dai giochi e dall'accisa sui tabacchi) dispone che il Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con propri decreti dirigenziali adottati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, emani tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, inclusa anche la modifica della misura del prelievo erariale unico. L'attuazione delle disposizioni del presente comma deve assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. Viene infine previsto che le maggiori entrate derivanti dal presente comma sono integralmente attribuite allo Stato. Articolo 2, comma 6 e ss. (Imposte sostitutive sugli interessi, premi). L'art. 2, comma 6 e seguenti provvede a uniformare il regime di tassazione di tutte le rendite finanziarie introducendo per le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, la misura unica del 20 per cento. Di conseguenza alcune fattispecie tassate al 27 per cento vengono ricondotte ad una aliquota del 20 (es. conti correnti bancari o postali) mentre per altre si passa da una aliquota del 12,5% ad una tassazione del 20% (obbligazioni, azioni, ETF, pronti contro termine, ...). L'articolo 2, comma 35-octies. (Imposta sul money transfer) Il comma 35-octies prevede l'istituzione di un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati attraverso gli istituti bancari, le agenzie «money transfer» ed altri agenti in attivita' finanziaria. L'imposta e' dovuta in misura pari al 2 per cento dell'importo trasferito con ogni singola operazione, con un prelievo minimo pari a 3 euro. L'imposta non e' dovuta per i trasferimenti effettuati dai cittadini dell'Unione europea nonche' per quelli effettuati verso i Paesi dell'Unione europea. Sono esentati i trasferimenti effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale. L'articolo 2, commi 5-bis e 5-ter (Recupero somme non versate condono 2002). La norma in parola dispone che l'Agenzia delle entrate e le societa' del gruppo Equitalia e la societa' Riscossione Sicilia, al fine di recuperare all'entrata del bilancio dello Stato le somme dichiarate e non versate dai contribuenti che si sono avvalsi dei condoni e delle sanatorie di cui alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, anche dopo l'iscrizione a ruolo e la notifica delle relative cartelle di pagamento, provvedano all'avvio, entro e non oltre trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ad una ricognizione di tali contribuenti. Nei successivi trenta giorni, le societa' del gruppo Equitalia e quelle di Riscossione Sicilia provvedono, altresi', ad avviare nei confronti di ciascuno dei contribuenti di cui al periodo precedente ogni azione coattiva necessaria al fine dell'integrale recupero delle somme dovute e non corrisposte, maggiorate degli interessi maturati, anche mediante l'invio di un'intimazione a pagare quanto concordato e non versato alla prevista scadenza, inderogabilmente entro il termine ultimo del 31 dicembre 2011. In caso di omesso pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo entro il termine di cui al comma 5-bis, si applica una sanzione pari al 50 per cento delle predette somme. L'articolo 2, comma 36 (Destinazione delle maggiori entrate). Il comma 36, prevede che per un periodo di cinque anni le maggiori entrate derivanti dal decreto-legge in esame siano riservate all'Erario, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalita' della situazione economica internazionale. Tali maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese». Tutte le disposizioni finanziarie surriportate si profilano lesive degli artt. 36 e 37 dello Statuto d'autonomia e delle relative norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. Diritto AA) Violazione degli artt. 32 e 33 dello Statuto siciliano e delle relative norme di attuazione in materia di demanio e patrimonio. L'art. 6, comma 6-ter del d.l. n. 138/2011, prevede che possono costituire oggetto di permuta demaniale da parte dello Stato, anche quei beni che, ubicati in Sicilia, vengano a perdere la loro destinazione a servizi di carattere nazionale. Tale previsione viola l'art. 32 dello Statuto che esclude dal trasferimento al demanio regionale i beni «che interessano la difesa o servizi di carattere nazionale» per cui, venendo meno tale destinazione, implicita nella permuta, la loro titolarita' non puo' che essere trasferita alla Regione ricorrente. Ed infatti, il trasferimento dei beni dallo Stato alla Regione non e' collegata ad un criterio contabile- patrimoniale di ripartizione, (che giustificherebbe la sostituzione dell'uno con altro) ma ad un criterio esclusivamente «funzionale» la cui violazione ha gia' dato luogo alla proposizione di un conflitto relativo alla dismissione di beni del demanio militare ad oggi pendente). BB) Violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto siciliano d'autonomia e delle relative norme di attuazione in materia finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 L'esame dei menzionati commi viene effettuato alla luce dei principi contenuti negli artt. 36 e 37 dello Statuto e nell'art. 2 delle norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, adottate con D.P.R. 26 luglio 1965, n.1074, il quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'articolo 36 dello Statuto spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Risulta evidente che, dall'applicazione delle disposizioni contenute nei commi 1, 2, da 2-bis a 2-quater, 3, da 5-bis a 5-ter, 6 e ss. e 35-octies dell'art.2, derivera' un gettito originato o da tributi nuovi o dall'aumento di aliquote di tributi preesistenti che determineranno maggiori entrate da riservare allo Stato con le finalita' e i limiti temporali, indicati nel comma 36 del medesimo articolo. Ma la destinazione all'erario regionale puo' essere sottoposta a deroghe e limitazioni qualora ricorrano determinate condizioni. La prima e cioe' quella della novita' e' stata ben individuata dalla giurisprudenza di codesta Corte che, con sentenza n.49 del 1972 ha precisato che «per nuova entrata tributaria, di cui all'art. 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente le norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, deve intendersi non un tributo nuovo, ma solo un'entrata derivante da un atto impositivo nuovo, in mancanza del quale l'entrata non si sarebbe verificata, a nulla rilevando che il nuovo atto impositivo introduca un tributo nuovo o ne aumenti soltanto uno precedente». Tuttavia l'atto impositivo nuovo deve soddisfare il requisito della specificita' dello scopo cosi' come espressamente previsto dall'art. 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente le norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria. Ed invero, dalle previsioni recate dagli artt. 36 dello Statuto e dall'articolo 2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 emerge la regola generale secondo la quale, a parte talune individuate eccezioni, tra le quali sono da ricomprendere le (effettivamente) nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime, spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate . Ora, la norma in esame, malgrado configuri anche nuove entrate, non indica, come dovrebbe, una specifica destinazione del gettito che ne giustifichi l'attribuzione allo Stato assolvendo, cosi' alla prescrizione contenuta dall'art.2 del D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ed e', pertanto, e' lesiva dei parametri rubricati. Al riguardo, non si puo' non rilevare che quest'ultima disposizione non sembra presentare i requisiti di legittimita' della riserva statale, siccome previsti all'art. 2 del D.P.R. n. 1074/65 e cioe', la novita' dell'entrata (intesa sia come novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti da tributo gia' esistente (Corte costituzionale sentenze n. 49/72 e n. 429/96) e la specifica finalita' (contingente o continuativa prevista nella legge medesima). Altrettanto puo' affermarsi, alla luce della riserva erariale contenuta al comma 36 dell'art.2, in ordine alla disposizione contenuta nel comma 5-bis dell'art.2, laddove prevede, anche per la Societa' Riscossione Sicilia, che le entrate tributarie derivanti dal recupero delle somme dovute e non corrisposte, discendenti dal condono di cui alla legge 27 dicembre 2002, n.289, vengano versate al bilancio dello Stato, sottraendo in tal modo all'erario regionale risorse ad esso spettanti. Infatti, siffatte risorse non deriverebbero dall'istituzione di un nuovo tributo, ne' dall'aumento di aliquota di una forma di prelievo preesistente, ma concernerebbero tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale. Al riguardo, la stessa Corte Costituzionale, per una fattispecie analoga, nella sentenza n.152/2011 ha affermato: «che tale gettito, lungi dal costituire frutto di una nuova entrata tributaria erariale, non e' altro che l'equivalente del gettito del tributo previsto (al di fuori dei casi nei quali e' concesso il credito d'imposta), che compete alla Regione sulla base e nei limiti dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965.». Pertanto, la summenzionata disposizione, presenta nella sua formulazione letterale elementi di illegittimita'. In ordine, poi, alla formula di riserva erariale prevista dal comma 36 dell'art.2, appare il caso di sottolineare che, quando la legge che istituisce la riserva all'erario comprende sia misure accrescitive delle entrate che riduzioni di gettito, per nuove entrate riservate allo Stato devono intendersi solo gli incrementi netti di risorse derivanti dalla legge, «dunque solo le maggiori entrate che eccedono le minori entrate contemporaneamente derivanti dallo stesso provvedimento» (Sent. 198/99 e sent. 49/72). Pertanto, laddove le norme in parola prevedono anche la generica destinazione delle maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio e alla riduzione del debito, al «Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale» che, peraltro, non e' un' esigenza prioritaria, si profila l'illegittimita' costituzionale delle stesse. Infatti la norma dovrebbe disporre l'afflusso al fondo di cui sopra, unicamente delle maggiori entrate al netto di quelle spettanti alla Regione siciliana in virtu' dell'art.36 dello Statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria (D.P.R. n. 1074/65) , anche in considerazione della circostanza che l'eventuale riduzione strutturale della pressione fiscale avra' effetti immediati e diretti sulle entrate erariali di spettanza regionale. In tal modo, alla Regione siciliana sara' garantita, se non altro, la spettanza delle entrate derivanti dai sopracitati commi dell'art.2, Per quelli conseguenti dall'attuazione del comma 5-bis, in forza dei principi affermati dalla citata sentenza n. 152/2011, e' di pacifica spettanza della Regione siciliana. Cio', anche alla luce di quanto emerge dalla nuova manovra economica, che, in buona sostanza, aggiunge ulteriori 1,6 miliardi di tagli circa per i prossimi due anni a carico di Regione ed enti locali siciliani, che, sommandosi a quelli gia' previsti dalla manovra di luglio (d.l. n. 98/11), e se correlati ai minori trasferimenti, raggiungono i quattro miliardi di Euro, determinando un ingiustificato squilibrio per il bilancio regionale. (sent. n. 138/99) Peraltro, la disposizione recata dall'art. 2 comma 6, del testo legislativo in parola, che provvede a uniformare il regime di tassazione di tutte le rendite finanziarie, mentre da un lato riserva allo Stato le maggiori entrate che deriveranno dall'applicazione della norma, dall'altro non assicura, laddove ha previsto una riduzione dal 27 al 20 per cento dell'aliquota sulle rendite finanziarie (Conti correnti bancari e postali), la salvaguardia del gettito gia' spettante alla Regione siciliana attraverso misure compensative, determinando in tal modo un pregiudizio per la finanza della regione. A tal proposito, appare necessario evidenziare che la giurisprudenza di Codesta ecc.ma Corte ha piu' volte affermato che la legge dello Stato puo', nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella disponibilita' finanziaria delle Regioni, purche' non sia alterato il rapporto tra i complessivi bisogni regionali e i mezzi finanziari per farvi fronte (cfr. sentenze n. 307 del 1983, n. 123 del 1992, n. 370 del 1993 e n.138 del 1999). Nella fattispecie in esame, essendo indiscutibile il depauperamento della finanza regionale, la stessa Corte ha affermato che non e': «necessario dimostrare alcun vulnus effettivo al bilancio regionale». (sent. n. 152/2011). A cio' si aggiunga che l'art.19-bis del testo legislativo in parola, che recita: «L'attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.» introduce nel provvedimento - con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di «compatibilita'» con l'ordinamento delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, a cui e' stato aggiunto il riferimento all'articolo 27 della legge n. 42/09, quale norma che disciplina l'attuazione del federalismo fiscale nelle Regioni a statuto speciale. L'esplicitazione di questo principio e' stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull'effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia a Codesta Corte. Tuttavia, e' stato gia' precisato in una serie di pronunce concernenti le leggi finanziarie che simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potesta' legislativa regionale (sentenze n. 326 del 2008, nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006) in quanto «l'eccessiva vaghezza della loro formulazione, aggravata dalla complessa struttura delle leggi finanziarie, frutto della prassi invalsa negli ultimi anni, non puo' valere ad escludere le autonomie speciali dall'applicazione delle norme contenute nelle suddette leggi» (sentenza n. 105/2007).
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 6-ter del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 come convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011, n. 148 recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato nella G.U.R.I. 16 settembre 2011, n. 216 per violazione degli artt. 32 e 33 dello Statuto siciliano nonche' delle relative norme di attuazione in materia di demanio e patrimonio di cui al D.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825; dell'articolo 2, comma 1, comma 2, comma da 2-bis a 2-quater, comma 3, comma 6, comma 35-octies e comma 36 nonche' commi 5-bis e 5-ter del medesimo decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 come convertito con modificazioni con legge 14 settembre 2011 n. 148 recante «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria» pubblicato nella G.U.R.I. 16 settembre 2011, n. 210 per violazione degli artt. 36 e 37 dello Statuto siciliano nonche' delle relative norme di attuazione in materia finanziaria di cui al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 ed, in particolare, all'art. 2. Con riserva di ulteriori deduzioni. Si deposita con il presente atto: 1) Autorizzazione a ricorrere Palermo, addi' 14 novembre 2011 Avv. Chiaparrone - avv. Fiandaca