N. 141 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 novembre 2011

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 23 novembre 2011 (della Regione Puglia). 
 
Enti locali - Unioni di comuni  -  Comuni  fino  a  1000  abitanti  -
  Esercizio necessario di tutte le funzioni, incluse quelle  delegate
  o  attribuite  dalle  Regioni,  attraverso  la  forma   associativa
  dell'Unione dotata  di  propri  organi  e  potesta'  statutaria,  e
  titolare di rapporti giuridici e  di  risorse  -  Previsione  della
  forma  alternativa  della  convenzione,   rimessa   ai   Comuni   e
  all'apprezzamento  del  Ministero  dell'interno  -  Previsione   di
  regolamenti  e  poteri  di  vigilanza  ministeriali   -   Lamentata
  incidenza  sull'assetto  ordinamentale  ed  istituzionale  di  enti
  locali aventi rilevanza costituzionale, lamentata riallocazione  di
  funzioni comunali ad opera  dello  Stato  anziche'  della  Regione,
  lamentata differenziazione dell'unitaria  categoria  dei  comuni  -
  Ricorso  della  Regione  Puglia  -  Denunciata   violazione   della
  competenza legislativa  e  amministrativa  residuale  regionale  in
  materia di ordinamento degli enti locali, violazione della potesta'
  regolamentare regionale, esorbitanza dello Stato  dalla  competenza
  legislativa esclusiva in materia di organi di  governo  e  funzioni
  fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane, violazione
  della autonomia, uguaglianza  e  pari  dignita'  istituzionale  dei
  Comuni,  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge   13   agosto   2011,   n.   138,   convertito,   con
  modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 16. 
- Costituzione, artt. 3, 97, 114, commi primo e secondo,  117,  commi
  secondo, lett. p), terzo, quarto, quinto e sesto, 118, primo comma,
  119, comma secondo, e 133. 
(GU n.53 del 21-12-2011 )
     Ricorso  della  Regione  Puglia,  in  persona   del   Presidente
pro-tempore, autorizzato con  deliberazione  della  Giunta  regionale
dell'11 novembre 2011, n.  2449,  rappresentata  e  difesa,  come  da
procura speciale a margine del presente atto, dall'Avv. Prof.  Nicola
Colaianni con domicilio eletto in Roma presso  la  Delegazione  della
Regione Puglia, via Barberini 36; 
    Contro il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  pro-tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso
la quale e' domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi,  n.
12, 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        dell'art. 16  del  decreto-legge  13  agosto  2011,  n.  138,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011, per
violazione: 
          dell'art. 117, primo,  secondo,  terzo,  quarto,  quinto  e
sesto comma, della Costituzione; 
          dell'art. 118, primo e secondo comma, della Costituzione; 
          dell'art. 119 della Costituzione; 
          dell'art. 114 della Costituzione 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
    1. Con il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 recante  «Ulteriori
misure urgenti per la  stabilizzazione  finanziaria  e  lo  sviluppo.
Delega al Governo per la  riorganizzazione  della  distribuzione  sul
territorio degli uffici giudiziari», poi convertito  nella  legge  14
settembre 2011 n.  148,  sono  state  adottate  numerose  innovazioni
legislative  e  modifiche   normative   che   incidono   sull'assetto
ordinamentale ed istituzionale di  soggetti  aventi  piena  rilevanza
costituzionale, tra i quali i Comuni e le Regioni. 
    In particolare, l'art. 16 nei commi da 1 a 16 prevede: 
        che a decorrere dalla data fissata dal comma 9 i  comuni  con
popolazione fino a 1000 abitanti debbano esercitare obbligatoriamente
in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi
pubblici loro spettanti tramite una Unione, disciplinata dall'art. 32
del TUEL e dalle norme puntuali, e ampiamente  innovative,  contenute
nei citati commi dell'art. 16; 
        che di queste unioni possano far parte anche comuni superiori
a 1000 abitanti ai quali e' data la facolta' di esercitare attraverso
di esse le funzioni fondamentali o, a loro scelta, tutte le  funzioni
o servizi loro attribuiti, cosi' come stabilito per i comuni  fino  a
1000 abitanti; che a queste unioni spetta «per conto dei  comuni  che
ne sono membri la programmazione finanziaria e la gestione  contabile
con riferimento alle funzioni esercitate per mezzo dell'unione» e che
«i comuni concorrono ala predisposizione del bilancio  di  previsione
dell'unione»  soltanto   «mediante   l'adozione   di   un   documento
programmatico, nell'ambito del piano generale di indirizzo deliberato
dall'unione» (comma 4); 
        che «l'unione  succede  a  tutti  gli  effetti  nei  rapporti
giuridici in essere alla data di cui al comma 9  che  siano  inerenti
alle funzioni e ai servizi ad essa affidati ai sensi dei commi 1, 2 e
4» e «nonche' i relativi rapporti finanziaria derivanti da  bilancio;
che  i  comuni  che  fanno  parte  dell'unione  entro  quattro   mesi
dall'istituzione delle unione devono adeguare i loro ordinamenti alla
disciplina delle unioni» (comma 7); 
        che dal momento  dell'istituzione  dell'unione  per  tutti  i
comuni fino a mille abitanti che ne fanno parte e  anche  per  quelli
con popolazione superiore che svolgano  mediante  l'unione  tutte  le
loro funzioni decadono le giunte e gli organi sono il  sindaco  e  il
consiglio e che «ai consigli dei comuni  che  sono  membri  competono
esclusivamente i poteri di indirizzo» e solo per  quelli  dei  comuni
sopra i 1000 abitanti che non esercitino tutte  le  funzioni  tramite
unione i consigli esercitano anche i poteri normativi  rispetto  alle
funzioni residue; 
        che l'unione e' dotata di propri organi e in particolar di un
consiglio composto dai sindaci e da un certo numero  dei  consiglieri
dei comuni membri, i quali eleggono il presidente  che  a  sua  volta
nomina la giunta e che e' previsto che successivamente il legislatore
statale possa anche prevedere l'elezione  a  suffragio  universale  e
diretto di questi organi (commi 10 e 11); 
        che composizione, funzioni, durata in  carica  ed  emolumenti
degli organi delle unioni sono minutamente  disciplinati  (commi  12,
13, 14, 15); 
        che i comuni inferiori  a  mille  abitanti  possono  derogare
all'obbligo di esercitare tutte le loro funzioni  e  i  loro  servizi
solo se adottano altra forma associativa, quale la convenzione di cui
all'art. 30 TUEL, fermo restando che  anche  in  questo  caso  devono
gestire tutte le funzioni e i servizi ad essi attribuiti  tramite  la
convenzione. 
    2. La normativa qui puntualmente richiamata appare  in  ogni  sua
parte e nel suo complesso viziata  da  illegittimita'  costituzionale
per violazione degli artt. 114, primo e secondo comma,  117,  secondo
comma, lett. p), 118 e 133 Cost. nonche' per violazione del principio
di ragionevolezza e di buon andamento di cui agli art. 3 e 97 Cost. 
    Il comma 1 e' incostituzionale nella misura in  cui  pretende  di
allocare funzioni amministrative in ambiti di competenza  legislativa
regionale, concorrente e residuale, violando cosi' l'art. 117,  terzo
e quarto comma, e l'art. 118, secondo comma, Cost. 
    In particolare, l'incostituzionalita'  e',  in  primo  luogo,  da
individuare nella conformazione generale dell'ambito di  applicazione
della norma considerata. Essa, infatti, riguarda «tutte  le  funzioni
amministrative»  esercitate  dagli  enti  locali  in  questione,   in
qualunque materia esse si  collochino.  Dunque,  e'  incostituzionale
nella  parte  in   cui   pretende   di   applicarsi   alle   funzioni
amministrative che ricadono nelle materie di cui  ai  commi  terzo  e
quarto dell'art. 117 Cost. 
    Ancor piu' evidente e' l'incostituzionalita' della previsione  in
esame nella parte in cui  pretende  di  allocare  tutte  le  funzioni
amministrative che riguardano i «servizi pubblici» svolti dagli  enti
locali. E' infatti  ormai  approdo  indiscusso  della  giurisprudenza
costituzionale che i servizi pubblici locali costituiscono un  ambito
affidato alla competenza legislativa residuale regionale. 
    3. I commi da 2 a 16, poi, regolano l'ordinamento delle unioni di
comuni, rendendo peraltro  la  loro  istituzione,  ove  ricorrano  le
condizioni  previste,  obbligatoria  da  parte  degli   enti   locali
interessati. 
    Tali disposizioni devono  senz'altro  ritenersi  incostituzionali
perche' violano la  competenza  legislativa  residuale  regionale  in
materia di «!ordinamento degli enti locali», non  potendo  del  resto
trovare fondamento nell'art. 117, secondo comma, lett. p), Cost. Come
ha evidenziato un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza
costituzionale (cfr. le sentt. nn. 244 e  456  del  2005  e  237  del
2009),  infatti,  non  esiste  nessuna   norma   costituzionale   che
attribuisca allo Stato una competenza generale  in  materia  di  enti
locali. L'unica norma che e' espressamente rivolta a disciplinare  la
competenza legislativa su tale oggetto e'  il  menzionato  art.  117,
secondo comma, lett. p), Cost., il quale pero' limita  il  titolo  di
intervento statale anche  in  relazione  al  «tipo»  di  enti  locali
(Comuni, Province e Citta' metropolitane), e non  solo  in  relazione
agli  aspetti  degli  ordinamenti  di  questi  ultimi   (legislazione
elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali). 
    La citata  disposizione  costituzionale,  infatti,  «fa  espresso
riferimento ai Comuni, alle Province e alle  Citta'  metropolitane  e
l'indicazione  deve  ritenersi  tassativa».  Da  tale  premessa,  «la
conseguenza  che  la  disciplina  delle  Comunita'  montane,  pur  in
presenza della loro qualificazione come  enti  locali  contenuta  nel
d.lgs.  n.  267  del  2000,  rientra  nella  competenza   legislativa
residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117, quarto  comma,  della
Costituzione». Ed e' del tutto evidente che questa  conclusione  puo'
essere estesa alla disciplina de qua, poiche'  le  Comunita'  montane
non sono altro che un tipo di unioni di  comuni,  come  riconosce  la
stessa giurisprudenza costituzionale. 
    Invero, i commi indubbiati di contrasto configurano sia  l'unione
che la convenzione come  forme  associative  di  fatto  obbligatorie,
anche se la seconda e' prospettata come  derogatoria  ed  eccezionale
rispetto alla prima, tramite le quali i comuni fino a  1000  abitanti
sono tenuti ad esercitare tutte le loro  funzioni,  mentre  i  comuni
superiori a tale quota di popolazione hanno facolta' di scegliere  se
esercitare  solo  le  funzioni  fondamentali  o  tutte  quelle   loro
assegnate dalla legge. 
    La obbligatorieta' dell'esercizio di tutte le funzioni e di tutti
i servizi mediante queste due forme associative  appare  violare  gli
artt. 114, 117, 118 della Costituzione. 
    L'art. 114 della Costituzione stabilisce che: «La  Repubblica  e'
costituita dai Comuni, dalle Province,  dalle  Citta'  metropolitane,
dalle Regioni e dallo Stato. 
    I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le  Regioni  sono
enti autonomi  con  propri  statuti,  poteri  e  funzioni  secondo  i
principi fissati dalla Costituzione». 
    L'indirizzo politico-istituzionale che sta alla base primo  comma
e'  quello  di  assegnare  pari  dignita'  costituzionale  a  Comuni,
Province e Citta'  metropolitane  ponendoli  sullo  stesso  piano  di
Regioni e Stato. Cio' significa che gli enti di cui all'art. 114  non
sono piu' ripartizioni territoriali, ma  enti  costitutivi,  soggetti
equiordinati e dunque connotati da pari dignita' istituzionale. 
    Tale fondamentale principio regolativo dei rapporti fra gli  enti
costitutivi    dell'ordinamento    repubblicano    trova    ulteriore
precisazione nel secondo comma dello stesso art. 114.  Infatti,  tale
previsione estende a  Comuni,  Province  e  Citta'  metropolitane  la
medesima garanzia costituzionale prevista per le  Regioni,  ossia  il
riconoscimento  costituzionale  della  propria   autonomia   che   si
estrinseca nella potesta'  statutaria,  nell'esercizio  di  poteri  e
funzioni autonome secondo  i  principi  fissati  dalla  Costituzione.
Pertanto, e' la cornice costituzionale che regola i rapporti, fissa i
limiti, definisce gli ambiti dei poteri e delle funzioni  di  ciascun
soggetto costitutivo e nel rapporto con  gli  altri  soggetti,  ferma
restando la funzione unificante propria dello Stato  in  ragione  dei
principi superiori dell'unita' ed indivisibilita' ai sensi  dell'art.
5 della Costituzione. 
    Il contenuto della norma censurata viola  percio'  il  quadro  di
garanzie costituzionali fissate dall'art. 114. 
    Il legislatore non puo' spingersi  sino  al  punto  di  sottrarre
all'ente comune la titolarita' delle funzioni e dei servizi,  se  non
violando il secondo comma dell'art. 114. Inoltre, prevedere una forma
associativa titolare della  gestione  di  ogni  funzione  e  servizio
assegnato ai comuni membri e della quale questi  comuni  sono  tenuti
obbligatoriamente a far parte,  impone  a  questa  classe  di  comuni
vincoli e limiti  che  li  differenziano  completamente  dagli  altri
comuni ai quali questi vincoli non si applicano. 
    Una differenziazione che appare  in  netto  contrasto  tanto  con
l'art. 114 quanto anche con l'art. 118  Cost.  nella  misura  in  cui
prevede forme associate obbligatorie  per  l'esercizio  di  tutte  le
funzioni e di tutti i servizi. 
    Una scelta  siffatta  crea  due  diverse  classi  di  comuni  con
caratteristiche istituzionali diverse, articolando  in  tal  modo  in
maniera rigida, netta e definitiva  un  livello  di  governo,  quello
comunale appunto, che l'art.  114  Cost.  vuole  invece  ispirato  al
principio di eguaglianza e di pari dignita'  istituzionale:  principi
che l'art. 114 applica ai rapporti tra tutti i livelli  istituzionali
costitutivi della repubblica e che quindi, a  maggior  ragione,  deve
valere rispetto a un categoria specifica di essi. 
    Si deve dunque considerare come un  punto  fermo  che  il  quadro
costituzionale non tolleri una forma di differenziazione  generale  e
onnipervasiva  dei  comuni,  tale  da  irrigidire  in  due  categorie
distinte l'unitaria categoria del comune come livello territoriale di
governo. E  cio'  tanto  piu'  se  si  considera  il  ruolo  generale
riconosciuto al comune, dal combinato disposto degli artt. 114 e 118,
quale  soggetto  titolare  in  prima   istanza   di   ogni   funzione
amministrativa, proprio quel potere amministrativo che in  definitiva
viene sottratto dalla norma censurata ad una categoria  specifica  di
comuni. 
    4. Peraltro, emerge anche una violazione dell'art.  117,  secondo
comma, lettera p). 
    La legge statale  ha  competenza  in  via  esclusiva  per  quanto
riguarda le funzioni fondamentali, per le quali, di conseguenza, puo'
certamente anche imporre forme associate di esercizio, ed ha  inoltre
la competenza a definire  a  chi  spetti  l'attivita'  amministrativa
nell'ambito di ogni altra sua competenza legislativa, cosicche' anche
per queste puo' disporre modalita' associate di esercizio. 
    Sembra invece doversi escludere che possa imporre forme associate
di esercizio anche delle funzioni proprie dei comuni, e  comunque  di
quelle ad essi assegnate da leggi regionali.  Per  il  primo  aspetto
deve valere l'autonomia organizzativa degli enti, che  certamente  si
estende anche alla possibilita' di una decisione autonoma di gestione
in forma associata; per il secondo spetta al  legislatore  regionale,
sulla base di quanto previsto  dall'art.  118  Cost.  in  termini  di
differenziazione e adeguatezza, prevedere forme di associazione  come
condizione per l'attribuzione  delle  funzioni  stesse.  Resta  fermo
peraltro  che  lo  Stato  puo'  disciplinare  quali  siano  le  forme
associative  alle  quali  i  comuni  possono  con  propria  decisione
autonoma conferire le proprie funzioni ovvero alle quali  le  regioni
possono far  riferimento  quando  ritengano  di  vincolare  i  comuni
all'esercizio in forma associata di funzioni amministrative  comprese
nell'ambito della competenza regionale. 
    In ogni caso non ha certamente fondamento costituzionale  che  la
legge statale possa imporre forme di gestione associata di  tutte  le
funzioni e di tutti i servizi dei comuni. 
    5.  Infine,  altro  vizio  di  costituzionalita'   attiene   alla
alternativita'  delle   forme   associative   possibili,   unione   e
convenzione, rimessa ai comuni e all'apprezzamento, davvero difficile
da ammettere come conforme a Costituzione, del Ministero dell'interno
(comma 16 dell'art. 16). 
    Per questa parte il testo normativo  appare  chiaramente  viziato
per violazione del principio di ragionevolezza e di buon andamento. 
    Essa, infatti, configura come forme alternative per  la  medesima
gestione onnicomprensiva delle funzioni  e  dei  servizi:  una  forma
associativa configurata come ente, dotato di  propri  organi,  di  un
proprio bilancio, di una propria dimensione territoriale  e  di  ogni
altro elemento costitutivo di una  persona  giuridica;  e  una  forma
associativa estremamente flessibile, variabile nel tempo,  facilmente
modificabile scaduti i  termini  previsti  dalla  legge  per  la  sua
adozione, che comunque non si configura ne'  puo'  configurarsi  come
ente. La discrepanza fra i due modelli e' tale da far ritenere che la
norma che la prevede e ne dispone la  alterita'  risulta  viziata  da
illogicita',  irragionevolezza  e  lesione  del  principio  di   buon
andamento. 
    Non si vede infatti, alla luce degli artt. 3 e 97 Cost., come  si
possa sostenere che  due  forme  associative  cosi'  diverse  possano
svolgere con efficacia ed effetti analoghi  il  medesimo  compito  di
assicurare la gestione di tutte le funzioni e di tutti i servizi  dei
comuni che ne fanno parte, secondo le modalita' e i vincoli  previsti
dall'articolo in questione. 
    6. Il comma 4, ultimo periodo,  dell'art.  16  prevede  che  «con
regolamento da adottare,  entro  centottanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai
sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  e
successive modificazioni, su proposta del Ministro  dell'interno,  di
concerto con il Ministro per le  riforme  per  il  federalismo,  sono
disciplinati il procedimento amministrativo-contabile di formazione e
di variazione del documento  programmatico,  i  poteri  di  vigilanza
sulla   sua   attuazione    e    la    successione    nei    rapporti
amministrativo-contabili tra ciascun comune e l'unione». 
    Questa disposizione e' gravata da una ulteriore e specifica causa
di illegittimita' costituzionale rispetto a  quelle  evidenziate  nei
paragrafi precedenti. Essa, infatti, viola l'art. 117,  sesto  comma,
Cost., in quanto autorizza un regolamento statale in una  materia  di
competenza residuale regionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando  l'illegittimita'   costituzionale   dell'art.   16   del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con  modificazioni,
nella legge 14 settembre 2011, n. 148 per violazione  degli  articoli
117, primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma; 118,  primo
e secondo comma; 119; 114 della Costituzione. 
        Bari - Roma, addi' 11 novembre 2011 
 
                        Prof. Avv. Colaianni 
 
    Si allega la delibera Giunta regionale n. 2449/2011