N. 263 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 giugno 2011

Ordinanza del 9  giugno  2011  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale della Campania sul ricorso proposto da  ITE  S.r.l.  contro
Provincia Caserta. 
 
Giustizia amministrativa - Riordino  del  processo  amministrativo  -
  Controversie attinenti alla  complessiva  azione  di  gestione  del
  ciclo  dei  rifiuti  -  Devoluzione  alla  competenza   funzionale,
  inderogabile del T.A.R. Lazio con sede a Roma - Irragionevolezza  -
  Lesione del diritto di azione e di difesa in giudizio -  Violazione
  del principio del giudice naturale - Eccesso di delega - Violazione
  dei principi del giusto processo. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 135, comma 1, lett.
  e). 
- Costituzione, artt. 3, 24, primo comma, 25,  primo  comma,  76  (in
  relazione all'art. 44 della legge 18 giugno 2009,  n.  69)  e  111,
  primo comma. 
Giustizia amministrativa - Riordino  del  processo  amministrativo  -
  Controversie attinenti alla  complessiva  azione  di  gestione  del
  ciclo dei rifiuti - Istanza cautelare - Inibizione per  il  giudice
  adito di pronunciarsi sull'istanza nelle more della  pronuncia  del
  giudice dichiarato competente - Incidenza sul diritto di  azione  e
  di  difesa  in  giudizio  -  Violazione  dei  principi  del  giusto
  processo. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 15, comma 5, e 16,
  comma 1. 
- Costituzione, artt. 24, primo comma, e 111. 
(GU n.53 del 21-12-2011 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 2750 del 2011, proposto da: ITE S.r.l., in  persona
del legale rappresentante  p.t.,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.
Alberto Corrado, con il  quale  elettivamente  domicilia  in  Napoli,
viale A. Gramsci n. 19; 
    Contro Provincia di Caserta,  in  persona  del  presidente  p.t.,
dott. Domenico  Zinzi,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Maurizio
Laudante, con il  quale  elettivamente  domicilia  presso  lo  studio
dell'avv. Fulvia Abbondante in Napoli, via A. Vespucci n. 9; 
    Per l'annullamento: 
    a) del provvedimento prot. n. 0052619 del 3 maggio 2011,  con  il
quale la Provincia di Caserta - Settore ambiente, ecologia e gestione
rifiuti, ha disposto la sospensione della  ITE  S.r.l.  dal  Registro
provinciale delle ditte che effettuano attivita' di recupero  rifiuti
non pericolosi ai sensi delle  procedure  semplificate  di  cui  agli
articoli 214-216 del decreto legislativo n. 152/2006; 
    b) di  ogni  altro  atto  presupposto,  preordinato,  connesso  e
conseguente, ivi compreso il verbale dell'incontro tenutosi  in  data
28 aprile  2011,  se  ed  in  quanto  lesivo  degli  interessi  della
ricorrente; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  della  Provincia  di
Caserta; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 8  giugno  2011  il
dott. Francesco Guarracino e uditi per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Premesso che: 
    la ricorrente ITE S.r.l. ha impugnato il provvedimento  prot.  n.
52619 del 3 maggio 2011 con  il  quale  la  Provincia  di  Caserta  -
Settore ambiente, ecologia e  gestione  rifiuti  ne  ha  disposto  la
sospensione dal  Registro  provinciale  delle  ditte  che  effettuano
attivita' di recupero rifiuti non pericolosi ai sensi delle procedure
semplificate di cui agli articoli 214-216 del decreto legislativo  n.
152/2006, atteso che «la ITE S.r.l. in data 30 marzo 2011,  acquisita
al prot. n. 40533 del 5 aprile  2011,  trasmetteva  la  comunicazione
annuale dei quantitativi di rifiuti trattati nell'anno  2010  da  cui
risultava che la ditta aveva trattato per l'attivita' di recupero  R4
un  quantitativo  di  rifiuti  maggiori  di  quelli  autorizzati,   e
specificamente 11.842,659 t/a a fronte delle 2.700 t/a autorizzate, e
che erano stati trattati rifiuti, sempre per l'attivita' R4, relativi
a tipologie non autorizzate, e precisamente 1.1 - 5.1 - 5.6» e che le
giustificazioni   addotte    dall'interessata    nell'incontro    con
l'amministrazione  tenutosi  il  28  aprile  2011  non  erano   state
documentate; 
    a fondamento dell'impugnazione sono stati addotti plurimi  motivi
di illegittimita' per violazione  di  legge  ed  eccesso  di  potere,
perche' il provvedimento sarebbe stato emesso in assenza della previa
diffida  a  conformarsi  alle  prescrizioni  contenute   nel   titolo
autorizzatorio, in difetto di istruttoria, in violazione dei principi
di proporzionalita' della misura sanzionatoria e  di  ragionevolezza,
in assenza dei presupposti del potere di sospensione di cui  all'art.
21-quater della legge n. 241/1990  e,  infine,  in  violazione  delle
garanzie partecipative del procedimento amministrativo; 
    Rilevato che: 
    in base all'art. 135, comma 1, lettera e), in relazione  all'art.
14, comma 1, del codice del  processo  amministrativo  approvato  con
decreto legislativo n. 104 del  2010,  e'  devoluta  alla  competenza
funzionale inderogabile del Tribunale  amministrativo  regionale  del
Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all'art.
133, comma 1, lettera p), in materia di giurisdizione  esclusiva  con
riferimento  a  «...  le   controversie   comunque   attinenti   alla
complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti ...»; 
    1'art. 16 del codice del processo amministrativo prevede che  «la
competenza di cui agli articoli 13 e  14  e'  inderogabile  anche  in
ordine alle misure cautelari» (comma 1) e «il difetto  di  competenza
e' rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza  che  indica  il  giudice
competente» (comma 2); 
    l'art. 15, comma 5, dello stesso codice prevede  che  «quando  e'
proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non  riconosca  la
propria competenza ai sensi degli articoli 13 e  14,  non  decide  su
tale domanda e, se non ritiene di provvedere ai sensi  dell'art.  16,
comma  2,  richiede  d'ufficio,  con  ordinanza,  il  regolamento  di
competenza, indicando il tribunale che reputa competente»; 
    Ritenuto che: 
    l'art.  132,  comma  1,  lettera  e),  del  codice  del  processo
amministrativo risulta in contrasto con l'art. 76 Cost.  nella  parte
in cui sancisce che l'esercizio della funzione  legislativa  delegata
al Governo sia aderente ai principi e criteri direttivi stabiliti dal
Parlamento; infatti l'art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante  la
delega al Governo per il  riassetto  della  disciplina  del  processo
amministrativo, non contempla tra  i  principi  e  criteri  direttivi
l'introduzione di ulteriori  ipotesi  di  competenza  funzionale  del
Tribunale  amministrativo  del  Lazio,  limitandosi  a  prevedere  di
«razionalizzare e unificare  la  disciplina  della  riassunzione  del
processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri
ordini   giurisdizionali,   nonche'   di   sentenze   dei   tribunali
amministrativi regionali o del  Consiglio  di  Stato  che  dichiarano
l'incompetenza funzionale» (comma 2, lettera  e);  ne'  l'ampliamento
della competenza del Tribunale amministrativo  di  Roma  puo'  essere
considerata come misura rispondente alla finalita' di «assicurare  la
snellezza, concentrazione ed effettivita' della tutela, anche al fine
di garantire la  ragionevole  durata  del  processo  ...»  (comma  2,
lettera a), ovvero  inquadrata  in  alcuno  degli  altri  principi  e
criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, commi 1 e 2; 
    l'art.  135,  comma  1,  lettera  e),  del  codice  del  processo
amministrativo appare in conflitto con il  principio  di  uguaglianza
sancito dall'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della
legge; infatti la deroga  agli  ordinari  canoni  di  riparto  tra  i
diversi tribunali amministrativi regionali, fondati  sulla  efficacia
territoriale dell'atto e  sulla  sede  dell'autorita'  emanante,  non
appare sorretta da alcun  adeguato  fondamento  giustificativo  e  si
risolve, percio', in una manifesta violazione di  quel  principio  di
ragionevolezza   che   costituisce   limite   alla   discrezionalita'
legislativa   in   materia   di   determinazione   della   competenza
territoriale; infatti, il Giudice delle  leggi,  nel  riconoscere  al
Legislatore  ampia  discrezionalita'  nell'operare  il   riparto   di
competenza fra gli organi giurisdizionali, ha  nondimeno  evidenziato
l'esigenza di osservare il rispetto del principio di  uguaglianza  e,
segnatamente, del canone di  ragionevolezza  (cfr.  Corte  cost.,  22
aprile  1992,  n.  189);  tant'e'  che  la  disposizione  in   quella
circostanza sottoposta  allo  scrutinio  di  costituzionalita'  venne
dichiarata  immune  da  vizi  sotto  questi  profili  in  quanto  era
riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento giustificativo
per  la  deroga  agli  ordinari  criteri  di   determinazione   della
competenza;   non   costituisce   giustificazione   razionale   della
disciplina in esame una presunta esigenza di uniformita'  d'indirizzo
giurisprudenziale in materia, in quanto nel sistema  della  giustizia
amministrativa la funzione nomofilattica  appartiene  al  giudice  di
appello; ne' peraltro sembra ipotizzabile una  diversa  qualita'  del
T.A.R. del Lazio insediato nella Capitale, con la  configurazione  di
una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali  amministrativi
periferici portata da una proliferazione di materie  che  sono  state
progressivamente accentrate nel Tribunale romano,  fino  ad  arrivare
all'attuale art. 135 del codice del processo amministrativo;  infatti
un tale disegno creerebbe una evidente  asimmetria  tra  i  Tribunali
amministrativi che  andrebbe  ben  oltre  le  questioni  relative  ai
criteri di riparto delle competenze,  finendo  anche  con  l'incidere
sull'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa,  delineato
nell'art. 125 Cost., che pone sullo stesso  piano  tutti  gli  organi
giudiziari  di  primo  grado,  aventi  pari  funzioni  ed  ugualmente
sottoposti al sindacato del  Consiglio  di  Stato,  come  giudice  di
appello; 
    l'assenza di un adeguato fondamento  giustificativo  della  nuova
competenza funzionale attribuita al T.A.R. del Lazio, slegata  da  un
razionale criterio di collegamento col giudice  designato,  induce  a
dubitare della legittimita' costituzionale dell'art.  135,  comma  1,
lettera  e),  del  codice  del  processo  amministrativo  anche   per
contrasto con il principio del giudice naturale posto  dall'art.  25,
comma 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione  non
chiariscono il significato  che  si  intese  attribuire  all'uso  del
termine «naturale» accanto a  quello  «precostituito»  nell'art.  25,
comma  1,  Cost.  nel  definire  la   garanzia   della   certezza   e
dell'obiettivita' del giudice, sembra  nondimeno  che  l'introduzione
della formula attuale («giudice naturale  precostituito»),  dopo  che
entrambe  le  Sottocommissioni  dell'Assemblea  costituente   avevano
abbandonato   il   termine   «naturale»   in   favore   del   termine
«precostituito»,   deponga   a   favore   delle   tesi   che   negano
l'identificazione tra i due termini;  pertanto  la  formula  «giudice
naturale   precostituito»   non   rappresenterebbe   un'endiadi,   ma
implicherebbe la necessita' che la  precostituzione  del  giudice  ad
opera del  Legislatore  avvenga  nel  rispetto  di  un  principio  di
naturalita', nel senso di razionale  maggior  idoneita'  del  giudice
rispetto alla risoluzione di determinate controversie; nel caso della
competenza territoriale, l'individuazione del  giudice  razionalmente
piu' idoneo a decidere la controversia non sembra  poter  prescindere
dalla considerazione (in positivo, come in  negativo)  dell'esistenza
di un criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato,
tra la controversia stessa e l'organo giurisdizionale,  che  valga  a
tracciare  i  confini   entro   i   quali   possa   poi   dispiegarsi
legittimamente la discrezionalita' del legislatore; cio' appare ancor
piu' evidente allorche', come nella specie,  si'  tratta  di  servizi
aventi rilievo esclusivamente locale,  con  riferimento  a  interessi
sostanziali pure di  ambito  strettamente  locale,  rientranti  nella
sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che
tutti normalmente  gravitano  nella  stessa  dimensione  territoriale
locale e  che  non  hanno  nessun  aggancio  con  una  circoscrizione
territoriale extraregionale; l'allontanamento del giudice  competente
a conoscere della controversia, sradicando la causa  dalla  sua  sede
ordinaria  e  naturale,  comporta  un  grave  disagio  per  le  parti
processuali, non giustificato dalla natura accentrata della  pubblica
amministrazione o dall'efficacia ultraregionale dei provvedimenti sui
quali deve esercitarsi la  cognizione  del  T.A.R.  del  Lazio;  cio'
incide, tra l'altro, anche sull'accesso alla  tutela  giurisdizionale
dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore  difficolta'
ed i maggiori costi che devono essere  sopportati  dagli  interessati
per esercitare l'azione o per resistere innanzi al T.A.R. del Lazio; 
    l'art. 15, comma 5, e l'art. 16, comma  1,  nella  parte  in  cui
inibiscono al giudice adito di pronunciarsi  sull'istanza  cautelare,
sia pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente
sulla controversia, risultano in contrasto con l'art. 24, comma 1,  e
con l'art. 111, comma  1,  Cost.;  infatti  la  tutela  cautelare  e'
garanzia  essenziale   e   strumento   necessario   per   l'effettivo
soddisfacimento  dei  diritti  e  degli   interessi   legittimi   che
costituiscono  l'oggetto  del  giudizio,  evitando   che   il   tempo
necessario per la definizione della causa  determini  un  pregiudizio
grave e irreparabile per le pretese sostanziali della  parte  che  ha
ragione,  per  cui  la  tutela  cautelare  richiede  sempre  risposte
immediate  e  non  ammette  interruzioni;  pertanto,  la  preclusione
imposta  al  collegio  adito,  costretto  dalla  legge  a  negare  la
giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale,
risulta contrario ai principi costituzionali  di  effettivita'  e  di
tempestivita' della tutela giurisdizionale e del giusto processo; 
    Considerato che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale,
oltre  che  non  manifestamente  infondate,  si   palesano   altresi'
rilevanti in quanto: 
    la controversia in esame riguarda la materia dei rifiuti; 
    le norme richiamate inibiscono la  decisione  dell'impugnativa  e
dell'istanza   cautelare,   imponendo   la   rilevazione    d'ufficio
dell'incompetenza territoriale; 
    Ritenuto pertanto  di  rimettere  alla  Corte  costituzionale  la
soluzione dell'incidente di costituzionalita'. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara  rilevanti   per   la   decisione   dell'impugnativa   e
dell'incidente cautelare proposti con il ricorso n. 2750/2011  e  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 135,  comma  1,  lettera  e),  dell'art.  16,  comma  1,  e
dell'art.  15,  comma  5,  del  codice  del  processo  amministrativo
approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei  termini
e per le ragioni  esposti  in  motivazione,  per  contrasto  con  gli
articoli 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione; sospende il giudizio
in corso; ordina che la presente  ordinanza  sia  notificata,  a:cura
della Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte  le  parti  in
causa  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  che  sia
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
della Camera dei deputati; dispone la  immediata  trasmissione  degli
atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Napoli nella camera di  consiglio  del  giorno  8
giugno 2011. 
 
                        Il Presidente: Guida 
 
 
                                              L'estensore: Guarracino