N. 329 SENTENZA 12 - 16 dicembre 2011

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Straniero - Indennita' di frequenza - Riconoscimento del beneficio al
  minore extracomunitario subordinato al requisito della  titolarita'
  della carta di soggiorno - Violazione del principio di  uguaglianza
  e dei diritti all'istruzione, alla salute ed al lavoro - Violazione
  della garanzia assistenziale - Lesione di  obblighi  internazionali
  derivanti dalla CEDU - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 19. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 32, 34, 38 e 117; Convenzione europea dei
  diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 14. 
(GU n.53 del 21-12-2011 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale del "coordinato disposto"
degli articoli 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289 (Modifiche  alla
disciplina delle indennita' di accompagnamento di cui alla  legge  21
novembre 1988, n.  508,  recante  norme  integrative  in  materia  di
assistenza economica agli invalidi civili, ai  ciechi  civili  ed  ai
sordomuti e istituzione di un'indennita' di frequenza  per  i  minori
invalidi) e 80, comma 19,  della  legge  23  dicembre  2000,  n.  388
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001), promosso dalla Corte d'appello
di Genova nel procedimento vertente tra M.A.S.M., nella  qualita'  di
genitore del minore L.M.A.O., e l'Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS) con ordinanza del 3 dicembre 2010, iscritta al  n.  53
del registro ordinanze 2011 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 14, 1ª serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di  M.A.S.M.,  nella  qualita'  di
genitore del minore L.M.A.O. e dell'INPS; 
    udito nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi  gli  avvocati  Vittorio  Angiolini  e  Gloria  Pieri   per
M.A.S.M.,  nella  qualita'  di  genitore  del  minore   L.M.A.O.,   e
Clementina Pulli per l'INPS. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - La Corte d'appello di Genova solleva,  in  riferimento  agli
articoli 2, 3, 32, 34, 38 e  117  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale del "coordinato disposto" degli  articoli
1 della legge 11 ottobre 1990,  n.  289  (Modifiche  alla  disciplina
delle indennita' di accompagnamento di cui  alla  legge  21  novembre
1988, n. 508, recante norme  integrative  in  materia  di  assistenza
economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed  ai  sordomuti  e
istituzione di un'indennita' di frequenza per i  minori  invalidi)  e
80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria  2001),  nella  parte  in  cui   subordina   l'erogazione
dell'indennita' di frequenza per il cittadino minore extracomunitario
alla titolarita' della carta di soggiorno. 
    Premette  la  Corte  rimettente   di   essere   stata   investita
dall'appello proposto dalla madre di un minore avverso  la  decisione
che aveva respinto  la  richiesta  di  riconoscimento  del  beneficio
dell'indennita' di frequenza di cui alla legge n. 289 del  1990:  pur
essendo stata riconosciuta la sussistenza dei  requisiti  sanitari  e
delle altre condizioni previste dalla legge, la provvidenza era stata
tuttavia negata per la mancanza  della  carta  di  soggiorno,  avendo
l'appellante richiesto il primo permesso di  soggiorno  nel  2006  e,
percio', non trovandosi nel territorio  nazionale  da  almeno  cinque
anni, come richiesto ai fini del rilascio di quel documento. 
    Dopo essersi  soffermata  sulle  condizioni  del  minore  cui  si
riferisce  la  domanda  negata  dal  primo  giudice  per  la  ragione
anzidetta e aver analizzato natura e funzione  della  provvidenza  in
questione, il giudice rimettente - nello scrutinare la non  manifesta
infondatezza della eccezione di legittimita'  costituzionale  dedotta
in sede di gravame - ripercorre il panorama della  giurisprudenza  di
questa Corte, tanto in  ordine  al  sindacato  di  conformita'  della
normativa interna ai principi della Convenzione europea  dei  diritti
dell'uomo,  quanto  in   merito   alla   portata   preclusiva   della
disposizione censurata nei confronti dei  cittadini  extracomunitari.
Rammentati, in particolare, i principi enunciati  nelle  sentenze  n.
348 e n. 349 del 2007 in  ordine  alla  possibilita'  di  dedurre  la
violazione dell'art. 117 Cost. nell'ipotesi di un  contrasto  tra  la
norma interna e la CEDU,  il  giudice  a  quo  segnala  i  precedenti
offerti dalle sentenze n. 306 del 2008,  in  tema  di  indennita'  di
accompagnamento, n. 11 del 2009, in tema di pensione di inabilita' e,
specialmente, n. 187 del 2010,  con  la  quale  venne  dichiarata  la
illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, qui denunciato,
nella parte in cui subordinava al requisito della  titolarita'  della
carta  di  soggiorno  la  concessione   agli   stranieri   legalmente
soggiornanti nel  territorio  dello  Stato  dell'assegno  mensile  di
invalidita' di cui all'art. 13 della legge  30  marzo  1971,  n.  118
(Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in
favore dei mutilati ed invalidi civili). 
    Su tale pronuncia la Corte rimettente si sofferma con particolare
attenzione, insistendo sulla analogia tra la provvidenza  di  cui  al
giudizio a quo e quelle di cui alle  richiamate  pronunce,  sotto  il
profilo dei requisiti richiesti.  A  proposito  del  requisito  della
permanenza in Italia, si sottolinea come solo con la legge n. 388 del
2000 siano state introdotte previsioni sensibilmente restrittive  nei
confronti  dei  cittadini  extracomunitari:  il  che   non   potrebbe
reputarsi consentito, al lume degli orientamenti di questa Corte, ove
la permanenza legale dello straniero non sia episodica ne'  di  breve
durata e vengano in discorso limitazioni per il godimento di  diritti
fondamentali della persona, riconosciuti, invece, ai cittadini. 
    Nella specie - sottolinea il giudice  a  quo  -  l'appellante  ha
presentato domanda volta ad ottenere l'indennita' di frequenza per il
figlio minore nel 2007 e la sua presenza in Italia  -  con  un  primo
permesso di  soggiorno  rilasciato  nel  2003,  non  nel  2006,  come
affermato nella sentenza impugnata -  non  potrebbe  certo  ritenersi
episodica o di breve durata. D'altra parte, per un minore bisognevole
di programmi terapeutici e di frequenza della  scuola,  l'attesa  del
compiersi di un periodo di cinque anni di permanenza  sul  territorio
italiano potrebbe finire per comprimere le  esigenze  di  cura  e  di
assistenza che l'ordinamento dovrebbe invece tutelare (richiamandosi,
in proposito, anche la sentenza n. 467 del 2002, che  estese  proprio
l'istituto della indennita' di frequenza ai bambini  che  frequentano
gli asilo nido). 
    Ne conseguirebbe, da un lato,  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza e dei parametri che assicurano la protezione  di  diritti
primari dell'individuo (quali l'istruzione, art. 34; la salute,  art.
32;  e  l'assistenza  sociale,  art.  38),  nonche'  dei  doveri   di
solidarieta' economica  e  sociale  (art.  2);  dall'altro  lato,  la
violazione del dovere  di  esercitare  la  potesta'  legislativa  nel
rispetto, oltre che della Costituzione, anche dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli  obblighi  internazionali  (art.
117), essendosi introdotto un regime discriminatorio nei confronti di
cittadini stranieri incompatibile anche con i principi  affermati  da
questa Corte. Si richiama, a  tal  proposito,  la  Convenzione  delle
Nazioni Unite sui diritti delle persone con  disabilita',  ratificata
con la legge 3 marzo  2009,  n.  18  (Ratifica  ed  esecuzione  della
Convenzione  delle  Nazioni  Unite  sui  diritti  delle  persone  con
disabilita', con  Protocollo  opzionale,  fatta  a  New  York  il  13
dicembre  2006  e  istituzione  dell'Osservatorio   nazionale   sulla
condizione delle persone con disabilita'),  e  richiamata  da  questa
Corte nella ordinanza n. 285 del 2009, proprio in tema di  indennita'
di frequenza. 
    2. - Ha depositato memoria di costituzione la parte  privata  del
giudizio a  quo,  nella  qualita'  di  genitore  del  minore  cui  si
riferisce la richiesta di riconoscimento del beneficio, chiedendo che
la   Corte   accolga   la   devoluta   questione   di    legittimita'
costituzionale.  Richiamati  i  termini  della  controversia,  e   la
rilevanza della questione, la  memoria  analizza  natura  e  funzione
dell'indennita' di frequenza, sottolineando come tale provvidenza sia
destinata ad assicurare la tutela di diritti fondamentali del minore,
alla luce di diffusi rilievi della giurisprudenza costituzionale  sul
punto (e segnatamente della sentenza  n.  187  del  2010,  ampiamente
riprodotta, a sostegno dell'incostituzionalita', a  maggior  ragione,
della  previsione  di  requisiti   ostativi   imposti   dalle   norme
denunciate). L'equiparazione ai cittadini e  la  non  discriminazione
degli stranieri, il  cui  regolare  soggiorno  abbia  "carattere  non
episodico e di non breve  durata",  sarebbe,  infatti,  il  principio
cardine cui attenersi,  almeno  quanto  alle  specifiche  provvidenze
concernenti il godimento dei diritti fondamentali della persona.  Nel
non  distinguere  la  specificita'  di  ciascuna  provvidenza  e  nel
trascurare il risalto proprio rispetto a  questi  diritti,  le  norme
denunciate si porrebbero in contrasto con la Costituzione. 
    3. - Nel giudizio si e'  costituito  l'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS), chiedendo che la questione sia  dichiarata
non fondata. A  parere  dell'Istituto,  non  sarebbe  sindacabile  la
scelta del legislatore di differenziare le prestazioni e di stabilire
che quelle piu' rilevanti  possano  essere  concesse  solo  a  quegli
stranieri che risiedano in  Italia  da  piu'  tempo  e  con  maggiore
stabilita', trattandosi, nella specie, non di diritti  previdenziali,
ma di provvidenze di  natura  assistenziale  in  materia  di  servizi
sociali. Una tendenza, questa, evidenziata anche dall'art. 20,  comma
10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.  112  (Disposizioni  urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita',  la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
in tema di requisiti per ottenere l'assegno sociale di  cui  all'art.
3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335  (Riforma  del  sistema
pensionistico  obbligatorio  e  complementare).   Ne'   sussisterebbe
contrasto  con  l'ordinamento  comunitario   e   con   gli   obblighi
internazionali, alla stregua dei regolamenti comunitari  in  materia,
ne' violazione dei principi  della  CEDU,  posto  che  la  condizione
giuridica dello straniero e'  regolata  dall'art.  10,  primo  comma,
Cost., il quale  risulta  nella  specie  rispettato,  «in  quanto  le
diverse prestazioni di assistenza sociale, riconosciute ai possessori
di  carta  di  soggiorno  rispetto  ai  possessori  di  permesso   di
soggiorno, appaiono ispirate al  principio  di  ragionevolezza  e  di
rispetto della condizione dello straniero». La disciplina  censurata,
peraltro, si iscriverebbe in un quadro (legge finanziaria  del  2001)
che doveva tenere presenti le risorse finanziarie disponibili a  fini
di assistenza sociale e tali da condizionare  le  stesse  provvidenze
anche nei confronti dei cittadini  italiani  ed  equiparati.  Quanto,
poi, alla Convenzione ONU sulle persone con  disabilita',  la  stessa
non richiederebbe ai Paesi di attuare misure al  di  la'  delle  loro
capacita' economiche, limitandosi a sancire l'obbligo  di  interventi
volti ad agevolare i disabili nella loro  vita  di  relazione.  Nella
specie, la norma censurata non discriminerebbe il disabile  straniero
da quello italiano, giacche' come al disabile cittadino  si  richiede
una residenza stabile nello Stato,  in  egual  modo  si  richiede  lo
stesso requisito anche allo straniero equiparato. 
    4. - In una memoria depositata in  prossimita'  dell'udienza,  la
parte  privata  ha  ribadito  la  richiesta  di  accoglimento   della
questione, ulteriormente evidenziando come i diritti  protetti  anche
dalle disposizioni costituzionali evocate a parametro,  e  dei  quali
l'indennita' di frequenza  sarebbe  presidio,  rientrino  tra  quelli
fondamentali e inviolabili di cui all'art. 2 Cost.: cio' varrebbe  ad
attestare    l'intrinseca    limitazione    della    discrezionalita'
legislativa, come riconosciuto  dalle  numerose  pronunce  che  hanno
censurato    scelte    legislative    nella    materia,    escludendo
l'ammissibilita' di qualsiasi discriminazione  tra  cittadini  e  non
cittadini soprattutto quando la misura  della  protezione  risultasse
non ragionevole o non proporzionata.  Cio'  che,  per  l'appunto,  si
verificherebbe nella situazione di specie, considerato  il  carattere
«essenziale»,  oltre  che  «urgente»   e   «indilazionabile»,   della
provvidenza in  discorso,  in  mancanza  della  quale  «non  solo  si
toglierebbe l'aiuto proprio a chi e'  in  condizione  di  piu'  acuto
bisogno in ragione dell'essere minore», ma «si pregiudicherebbe [...]
l'architettura  dell'intero   sistema»   disegnato   dalla   relativa
disciplina, anche alla luce della Convenzione ONU sui  diritti  delle
persone con disabilita'.  La  disposizione  denunciata  risulterebbe,
peraltro, «avulsa dal corpo  normativo  attinente  alla  immigrazione
extra-comunitaria» e ne disintegrerebbe  i  «principi  portanti»:  la
«limitazione particolare» da  essa  imposta  al  solo  straniero  per
l'accesso a una prestazione sociale concernente diritti  fondamentali
non si limiterebbe a restringere il campo di  applicazione  dell'art.
41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione  dello  straniero),  ma  lo  eroderebbe  «pressoche'
compiutamente». La carta e il permesso  di  soggiorno,  infatti,  non
sarebbero affatto  «preordinati  a  dare  criteri  per  la  selezione
preclusiva di diritti, soprattutto  fondamentali»,  ma  servirebbero,
«ai loro titolari, per accedere,  oltre  che  ad  agevolazioni  nella
libera circolazione europea e internazionale, a diritti o prestazioni
aggiuntivi rispetto a quelli dovuti a chi  sia  solo  regolarmente  o
stabilmente soggiornante come straniero»: e «cio' che dovrebbe essere
veicolo di accesso  a  tutele  e  diritti  rafforzati»  non  potrebbe
tramutarsi, attraverso «un'operazione ulteriormente arbitraria», «nel
suo opposto, e cioe' nel veicolo  di  discriminazione  ingiustificata
degli stranieri nell'accesso a diritti anche fondamentali». 
    5. - Anche l'INPS ha  poi  depositato  una  memoria  illustrativa
nella quale ha segnalato come alla  luce  dei  precedenti  di  questa
Corte - in particolare, le sentenze n. 306 del 2008 e n. 187 del 2010
- emerga che, mentre si e'  ritenuto  irragionevole,  ai  fini  della
concessione del  beneficio  assistenziale,  subordinare  il  rilascio
della  carta  di  soggiorno  (necessaria  per  la   fruizione   della
provvidenza) al possesso di un determinato livello  di  reddito,  non
altrettanto sembra si possa dire riguardo al requisito relativo  alla
permanenza in  Italia  per  almeno  cinque  anni,  avendo  le  citate
pronunce fatto riferimento alla  necessita'  che  la  presenza  dello
straniero in Italia non abbia carattere «episodico» ne' sia di «breve
durata». La normativa impugnata si sottrarrebbe, pertanto, a  rilievi
di costituzionalita', avendo il legislatore  «correttamente  previsto
che l'attribuzione dei benefici assistenziali di natura economica sia
riconosciuta solo agli stranieri che risultino  stabilmente  inseriti
nel  contesto  nazionale,  cosi'  da  poter  usufruire  degli  stessi
vantaggi dei cittadini in ragione del loro assoggettamento agli oneri
- economici e non - ai quali questi ultimi sono soggetti». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - La Corte d'appello di Genova solleva,  in  riferimento  agli
articoli 2, 3, 32, 34, 38 e  117  della  Costituzione,  questione  di
legittimita' costituzionale del "coordinato disposto" degli  articoli
1 della legge 11 ottobre 1990,  n.  289  (Modifiche  alla  disciplina
delle indennita' di accompagnamento di cui  alla  legge  21  novembre
1988, n. 508, recante norme  integrative  in  materia  di  assistenza
economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed  ai  sordomuti  e
istituzione di un'indennita' di frequenza per i  minori  invalidi)  e
80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -  legge
finanziaria  2001),  nella  parte  in  cui   subordina   l'erogazione
dell'indennita' di frequenza per il cittadino minore extracomunitario
alla titolarita' della carta di soggiorno. 
    Deve precisarsi che la questione, ancorche' formalmente  rivolta,
nella prospettazione del giudice rimettente, al "coordinato disposto"
delle due disposizioni indicate, va propriamente riferita alla  norma
di cui all'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000, in  quanto
essa, per l'identificazione della specifica provvidenza economica  in
esame, implichi il rinvio all'art. 1 della legge n. 289 del 1990. 
    Il giudice a quo pone a fulcro delle proprie censure  i  principi
che questa Corte ha avuto modo di  affermare,  proprio  sul  versante
della normativa impugnata, nelle sentenze n. 306 del 2008, in tema di
indennita' di accompagnamento, n. 11 del 2009, in tema di pensione di
inabilita', e, specialmente, n. 187 del  2010,  con  la  quale  venne
dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 80,  comma  19,
qui  nuovamente  denunciato,  nella  parte  in  cui  subordinava   al
requisito della titolarita' della carta di soggiorno  la  concessione
agli stranieri legalmente soggiornanti  nel  territorio  dello  Stato
dell'assegno mensile di invalidita', di cui all'art. 13  della  legge
30 marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del d.l. 30 gennaio 1971,
n. 5 e nuove norme in favore dei  mutilati  ed  invalidi  civili),  e
successive modificazioni. 
    Messa in luce l'analogia che e' dato cogliere tra la  provvidenza
di cui al giudizio a quo e quelle di cui  alle  richiamate  pronunce,
sotto il profilo dei requisiti richiesti - provvidenze accomunate, in
particolare,  dal  fatto  di  essere  misure  rivolte   a   garantire
prestazioni assistenziali a persone afflitte da  patologie  di  vario
genere ed in disagiate condizioni  economiche,  nella  specie  acuite
dalla circostanza di dirigersi a  persone  disabili  minorenni  -  si
osserva che la limitazione connessa ad una  presenza  nel  territorio
dello Stato di un periodo minimo di cinque anni, come  richiesto  per
la concessione della carta di soggiorno, determinerebbe  l'insorgenza
di  una  nutrita  gamma  di  censure   sul   piano   della   relativa
compatibilita'  costituzionale.  A  parere  del  giudice  rimettente,
infatti, dalla previsione oggetto di impugnativa deriverebbe,  da  un
lato, la violazione del principio  di  uguaglianza  e  dei  parametri
costituzionali  che  assicurano  la  protezione  di  diritti  primari
dell'individuo (quali l'istruzione, art. 34; la salute,  art.  32;  e
l'assistenza sociale, art. 38), nonche' dei  doveri  di  solidarieta'
economica e sociale (art. 2); dall'altro, la violazione del dovere di
esercitare la potesta' legislativa  nel  rispetto,  oltre  che  della
Costituzione,   anche   dei   vincoli   derivanti    dall'ordinamento
comunitario  e  dagli  obblighi  internazionali  (art.  117   Cost.),
essendosi introdotto  un  regime  discriminatorio  nei  confronti  di
cittadini stranieri incompatibile pure con i  principi  affermati  da
questa Corte anche in  riferimento  alla  Convenzione  delle  Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilita',  ratificata  con  la
legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione  della  Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti delle persone  con  disabilita',  con
Protocollo opzionale,  fatta  a  New  York  il  13  dicembre  2006  e
istituzione  dell'Osservatorio  nazionale  sulla   condizione   delle
persone con disabilita'). 
    2. - Si sono costituiti in giudizio - e hanno poi, in prossimita'
dell'udienza pubblica, depositato memorie illustrative - sia la parte
privata del giudizio a quo, nella qualita'  di  genitore  del  minore
interessato alla provvidenza, sia l'INPS, sviluppando  gli  argomenti
qui esposti in narrativa. 
    3. - La questione e' fondata. 
    4. - Come ha  correttamente  posto  in  evidenza  l'ordinanza  di
rimessione,  la  questione  rinviene  un  precedente  specifico   nei
principi posti a base della sentenza n. 187 del 2010, nella quale  si
osservo' che la provvidenza presa allora in esame,  per  i  requisiti
che ne condizionavano il riconoscimento, rappresentava una erogazione
destinata non gia' ad integrare il minor reddito  in  relazione  alle
condizioni soggettive e alle diminuite capacita' di  guadagno,  ma  a
fornire  alla  persona  un  minimo  di   sostentamento:   in   linea,
evidentemente, con i principi di inderogabile  solidarieta'  sociale,
assunti quale  valore  fondante  degli  stessi  diritti  inalienabili
dell'individuo, che non ammettono distinzioni di sorta in  dipendenza
di qualsiasi tipo di qualita' o posizione soggettiva e, dunque, anche
in ragione del  diverso  status  di  cittadino  o  di  straniero.  La
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - si rilevo'
- ha piu' volte avuto modo di sottolineare che, ove si versi  -  come
era nel caso - in tema di  provvidenze  destinate  a  far  fronte  al
sostentamento della persona,  qualsiasi  distinzione  di  regime  che
venisse   introdotta   fra   cittadini   e   stranieri   regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato finirebbe  per  risultare  in
contrasto con il principio di non discriminazione  sancito  dall'art.
14 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo.  Pertanto,  la
normativa allora oggetto di censura, nell'intervenire direttamente  e
restrittivamente sui presupposti di legittimazione  al  conseguimento
delle  provvidenze  assistenziali  dirette  a   soddisfare   esigenze
fondamentali della persona, fu ritenuta  contrastante  con  i  limiti
derivanti  dal  rispetto  degli  obblighi   internazionali,   imposto
dall'art. 117, primo comma, Cost., proprio perche' introduttiva di un
regime  irragionevolmente   discriminatorio   nei   confronti   degli
stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello  Stato,  per
quanto attiene al godimento di diritti da riconoscere ed assicurare a
tutti ed in egual misura. 
    5. - Tali principi valgono, eo magis, con  specifico  riferimento
all'istituto   assistenziale   oggetto   dell'attuale   quesito    di
legittimita' costituzionale, giacche'  dalla  disamina  dei  relativi
presupposti e finalita' emerge con chiarezza una gamma di esigenze di
tutela della persona  ancor  piu'  estesa  di  quella  coinvolta  dai
diversi - ancorche' finitimi - beneficii di  carattere  assistenziale
sin qui scrutinati, sotto lo  specifico  aspetto  della  peculiare  e
restrittiva disciplina per gli stranieri,  introdotta  dall'art.  80,
comma 19, della legge n. 388 del 2000. 
    Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare nella  richiamata
sentenza n. 187 del 2010,  cio'  che  assume  valore  dirimente  agli
effetti del sindacato ad essa riservato, non e'  la  denominazione  o
l'inquadramento formale della singola provvidenza, quanto, piuttosto,
il concreto atteggiarsi di questa nel panorama delle varie  misure  e
dei beneficii di ordine economico che il legislatore  ha  predisposto
quali strumenti di ausilio  ed  assistenza  in  favore  di  categorie
"deboli".  Per  la   compatibilita'   costituzionale   delle   scelte
legislative  occorre,  infatti,  verificare  se,  «alla  luce   della
configurazione normativa e della funzione sociale», la  misura  presa
in considerazione «integri o meno un rimedio destinato  a  consentire
il concreto soddisfacimento di "bisogni primari" inerenti alla  sfera
di tutela della  persona  umana,  che  e'  compito  della  Repubblica
promuovere e salvaguardare...». 
    In tale quadro di riferimento e' agevole  avvedersi  di  come  il
riconoscimento della indennita' di frequenza si  iscriva  nel  novero
delle provvidenze,  per  cosi'  dire,  "polifunzionali",  giacche'  i
bisogni che  attraverso  di  essa  si  intendono  soddisfare  non  si
concentrano soltanto sul  versante  della  salute  e  della  connessa
perdita o diminuzione della capacita'  di  guadagno,  ma,  anche,  su
quello delle esigenze formative e di assistenza di minori colpiti  da
patologie invalidanti e appartenenti a nuclei familiari  che  versino
in disagiate condizioni economiche. 
    Stabilisce, infatti, l'art. 1 della legge 11 ottobre 1990, n. 289
che la indennita' di frequenza - di importo pari all'assegno  mensile
riconosciuto agli invalidi civili dall'art. 13 della legge n. 118 del
1971 - viene riconosciuta ai mutilati ed invalidi  civili  minorenni,
che presentino «difficolta' persistenti a svolgere  i  compiti  e  le
funzioni della propria eta'» o  siano  portatori  di  un  determinato
grado di ipoacusia, al fine di  consentire  «il  ricorso  continuo  o
anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici  a  seguito
della  loro  minorazione».  L'indennita'  in  questione  e'  altresi'
concessa ai mutilati e invalidi  civili  minorenni,  che  si  trovino
nelle condizioni anzidette, e «che frequentano  scuole,  pubbliche  o
private, di ogni ordine e grado,  a  partire  dalla  scuola  materna,
nonche'  centri  di  formazione  o  di  addestramento   professionale
finalizzati  al   reinserimento   sociale   dei   soggetti   stessi».
L'indennita'  in  questione,  infine,  e'   erogata   alle   medesime
condizioni reddituali stabilite per l'assegno mensile di  invalidita'
di cui al citato  art.  13  della  legge  n.  118  del  1971,  ed  e'
assoggettata al medesimo meccanismo di perequazione automatica. 
    Un  quadro  di   riferimento,   dunque,   dal   quale   traspare,
soprattutto,   una   finalita'   direttamente   riconducibile    alla
salvaguardia delle esigenze  di  cura  e  di  assistenza  di  persone
minorenni portatrici di patologie  significative  ed  invalidanti  e,
come tali, direttamente inquadrabili nell'ambito di quegli interventi
di natura solidaristica che l'ordinamento e' chiamato ad  approntare;
e cio', come e' ovvio, tanto sul versante specifico della salute, che
su quello del relativo inserimento sociale, con l'attenzione  rivolta
a fornire il necessario ausilio, anche  economico,  per  le  relative
famiglie, specie nei casi in cui - come i limiti di  reddito  cui  e'
subordinato il beneficio  ineluttabilmente  attestano  -  versino  in
condizioni disagiate. 
    Come questa Corte non ha mancato di sottolineare, la tutela della
salute psico-fisica della  persona  disabile  -  che  costituisce  la
finalita'  perseguita  dalla  legge   5   febbraio   1992,   n.   104
(Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale  e  i  diritti
delle persone handicappate) - postula anche l'adozione di  interventi
economici integrativi di sostegno alle famiglie, il cui  ruolo  resta
fondamentale (sentenza n. 233 del 2005). Accanto a  cio',  assume  un
risalto del tutto peculiare, proprio nella prospettiva  di  agevolare
l'inserimento sociale del  minore  portatore  di  infermita'  che  ne
ledano la socialita', la relativa frequenza  a  centri  specializzati
nel trattamento  terapeutico  e  riabilitativo  e  «nel  recupero  di
persone portatrici di handicap» ovvero a «centri di formazione  o  di
addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale  dei
soggetti stessi», come recita l'art. 1 della legge n. 289  del  1990.
Il tutto, d'altra parte - come segnalato nella ordinanza n.  285  del
2009 - in linea con i  principi  affermati  anche  nella  Convenzione
delle Nazioni  Unite  sui  diritti  delle  persone  con  disabilita',
adottata dalla Assemblea Generale il 13 dicembre  2006  e  ratificata
con la legge n. 18 del 2009, ove vengono, fra l'altro,  sottolineati,
oltre che l'esigenza di assicurare  il  pieno  rispetto  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali con particolare  riguardo  ai
bambini con disabilita' (art. 7), anche  l'impegno  a  sviluppare  le
misure tese a soddisfare le  esigenze  educative  e  rieducative  dei
soggetti portatori di disabilita', quelle connesse alla salute  e  al
lavoro nonche' quelle tese a garantire un adeguato livello di vita  e
di protezione sociale. 
    Il contesto in cui si iscrive  la  indennita'  di  frequenza  e',
dunque, quanto mai composito e costellato di  finalita'  sociali  che
coinvolgono beni e valori, tutti, di primario risalto nel quadro  dei
diritti fondamentali della persona.  Si  va,  infatti,  dalla  tutela
della infanzia  e  della  salute  alle  garanzie  che  devono  essere
assicurate, in situazioni  di  parita',  ai  portatori  di  handicap,
nonche' alla salvaguardia di condizioni di vita  accettabili  per  il
contesto familiare in cui  il  minore  disabile  si  trova  inserito,
coinvolgendo al  tempo  stesso  l'esigenza  di  agevolare  il  futuro
ingresso del minore nel mondo del lavoro e la  partecipazione  attiva
alla vita sociale. 
    Ebbene, a fronte di tutto  cio',  il  condizionamento  che  viene
imposto ai fini del riconoscimento del beneficio in questione  per  i
minori stranieri, pur  regolarmente  presenti  nel  territorio  dello
Stato, rappresentato dalla  titolarita'  della  carta  di  soggiorno,
finisce per determinare, per un  periodo  minimo  di  cinque  anni  -
quello richiesto per  il  rilascio  della  carta  -  una  sostanziale
vanificazione,  incompatibile  non  soltanto  con  le   esigenze   di
"effettivita'"  e  di  soddisfacimento  che  i  diritti  fondamentali
naturalmente presuppongono, ma anche con la stessa specifica funzione
della indennita' di frequenza, posto che - come ha puntualmente messo
in luce il giudice rimettente - l'attesa del compimento  del  termine
di cinque  anni  di  permanenza  nel  territorio  nazionale  potrebbe
«comprimere sensibilmente  le  esigenze  di  cura  ed  assistenza  di
soggetti  che  l'ordinamento  dovrebbe  invece  tutelare»,  se   non,
addirittura, vanificarle in toto. 
    La normativa di cui qui si discute risulta, dunque, in contrasto,
non solo con l'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento  all'art.
14 della CEDU, per come interpretato dalla Corte  di  Strasburgo,  ma
anche con i restanti parametri evocati dal giudice a quo,  posto  che
il trattamento irragionevolmente  differenziato  che  essa  impone  -
basato  sulla   semplice   condizione   di   straniero   regolarmente
soggiornante sul territorio dello Stato, ma non  ancora  in  possesso
dei  requisiti  di  permanenza  utili  per  conseguire  la  carta  di
soggiorno - viola, ad un tempo,  il  principio  di  uguaglianza  e  i
diritti alla  istruzione,  alla  salute  ed  al  lavoro,  tanto  piu'
gravemente in quanto essi si riferiscano a minori  in  condizione  di
disabilita'. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma  19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), nella parte in cui subordina al  requisito  della  titolarita'
della carta di soggiorno la  concessione  ai  minori  extracomunitari
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato  della  indennita'
di frequenza di cui all'art. 1 della legge 11 ottobre  1990,  n.  289
(Modifiche alla disciplina delle indennita' di accompagnamento di cui
alla legge 21 novembre 1988, n. 508,  recante  norme  integrative  in
materia di assistenza  economica  agli  invalidi  civili,  ai  ciechi
civili ed ai sordomuti e istituzione di  un'indennita'  di  frequenza
per i minori invalidi). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                        Il redattore: Grossi 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 16 dicembre 2011. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti