N. 156 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 novembre 2011
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 novembre 2011 (della Regione Lazio). Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Previsione, al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unita' economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, che le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura - Disciplina delle modalita' di redazione e del contenuto della relazione stessa - Disciplina della procedura di redazione in caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale - Previsione dell'adozione con atto di natura regolamentare del Ministro per i rapporti con le Regioni, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, di uno schema tipo per la relazione di fine legislatura - Previsione, in caso di inadempimento dell'obbligo di redazione della relazione, del dovere del Presidente della Giunta regionale di darne notizia, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per l'introduzione di controlli governativi sull'attivita' regionale - Denunciata violazione della competenza esclusiva in materia di organizzazione interna - Lamentata introduzione di controlli non previsti dallo Statuto e dalle norme di attuazione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 1. - Costituzione, artt. 76, 117, 123 e 126; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale - Previsione, in caso di grave dissesto finanziario, dello scioglimento del Consiglio regionale e della rimozione del Presidente della Giunta regionale - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per l'introduzione di controlli governativi sull'attivita' regionale - Denunciata violazione della competenza esclusiva in materia di organizzazione interna - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali" - Denunciato eccesso di delega per introduzione dell'autonoma fattispecie di grave dissesto finanziario e del collegamento alla stessa della rimozione del Presidente della Giunta regionale - Lamentata violazione dei limiti costituzionali allo scioglimento dei consigli regionali - Denunciata illegittima attribuzione alla Corte dei conti di poteri di accertamento nei confronti delle Regioni non previsti dalla Costituzione - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa della Regione - Lamentata introduzione di controlli non previsti dalla Costituzione. - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 76, 120, 121, 122 e 126; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale - Previsione della non candidabilita' del Presidente della Giunta regionale rimosso per grave dissesto finanziario alle cariche elettive a livello locale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni - Previsione, altresi', che lo stesso non possa essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle regioni, dello Stato e dell'unione europea per un periodo di dieci anni - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata irragionevolezza e mancanza di proporzionalita' della sanzione dell'incandidabilita', in comparazione con altre ipotesi legislativamente previste, tutte connesse a gravissimi episodi di criminalita' - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per l'introduzione di controlli governativi sull'attivita' regionale - Denunciata violazione della competenza esclusiva in materia di organizzazione interna - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, comma 3. - Costituzione, artt. 76, 117, 122, 123, 126 e 129; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale - Relazione di fine legislatura - Previsione, con riguardo a settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita', dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, in caso di mancata attuazione dei citati livelli o degli obiettivi di servizio, della nomina del Presidente della giunta regionale, quale commissario ad acta con poteri sostitutivi - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per l'introduzione di controlli governativi sull'attivita' regionale - Denunciata violazione della competenza esclusiva in materia di organizzazione interna - Denunciata illegittima applicazione alle regioni di controlli sostitutivi in materia di propria competenza ed in relazione al raggiungimento di "obiettivi" di servizio non previsti dalla Costituzione - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, comma 4. - Costituzione, artt. 76, 117, 122, 123, 126 e 129; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale - Previsione, nelle more dell'insediamento del nuovo Presidente della giunta regionale, in luogo di quello rimosso, della nomina, con deliberazione del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di un nuovo commissario ad acta per l'esercizio delle competenze del Presidente della giunta regionale concernenti l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per la mancanza di forme procedimentali di coinvolgimento della Regione e il parere della Commissione bicamerale - Denunciata lesione dell'autonomia regionale per la mancata limitazione della nomina del commissario ad acta a singole attivita' specificamente individuate e per la mancata indicazione del termine in cui debbono essere celebrate le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale - Denunciata violazione dell'autonomia regionale per l'assenza delle garanzie dell'intervento del decreto motivato del Presidente della Repubblica e del parere della Commissione bicamerale - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, comma 5. - Costituzione, artt. 76, 120, 121, 122 e 126; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale - Previsione, con riguardo a settori ed attivita' regionali diverse dalla sanita', che ove una legge regionale dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda all'attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio, che il Presidente della giunta regionale e' nominato commissario ad acta, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 42 del 2009, per l'esercizio dei poteri sostitutivi - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione dell'autonomia costituzionale regionale per la mancanza di forme procedimentali di coinvolgimento della Regione e il parere della Commissione bicamerale - Denunciata lesione dell'autonomia regionale per la mancata limitazione della nomina del commissario ad acta a singole attivita' specificamente individuate e per la mancata indicazione del termine in cui debbono essere celebrate le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale - Denunciata violazione dell'autonomia regionale per l'assenza delle garanzie dell'intervento del decreto motivato del Presidente della Repubblica e del parere della Commissione bicamerale - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 2, commi 6 e 7. - Costituzione, artt. 76, 117, 120, 121, 122 e 126; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Decadenza automatica ed interdizione dei funzionari regionali e dei revisori dei conti in caso di grave dissesto finanziario - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale in materia di coordinamento della finanza pubblica e organizzazione interna - Denunciata lesione dell'autonomia organizzativa della Regione - Denunciata violazione del divieto di fonti secondarie in materia regionale riguardo al tipo di relazione adottata dal Ministro per i rapporti con le regioni - Lamentata mancanza di regole procedurali per l'attuazione della norma impugnata e dell'indicazione dell'organo competente ad accertare la responsabilita' - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 3. - Costituzione, artt. 76, 117, 119, 120, 121, 122 e 126; legge costituzionale 19 ottobre 2011, n. 3, art. 9, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, comuni e province, a norma degli artt. 2, 7 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale) - Mancato rispetto del patto di stabilita' interno - Previsione per le Regioni o province autonome inadempienti nell'anno successivo all'inadempimento delle seguenti misure: versamento all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilita' interno, dell'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato; divieto di impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minore dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; divieto di ricorrere all'indebitamento per gli investimenti e possibilita' di ottenere mutui e prestiti obbligazionari con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento di investimenti subordinato all'attestazione del conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno precedente; divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsivoglia titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale e di stipulare contratti di servizio elusivi del divieto di assunzione; rideterminazione della indennita' di funzione e dei gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del trenta per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 gennaio 2010 - Previsione, in caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno da parte degli enti locali, di sanzioni analoghe a quelle previste per le Regioni e province autonome inadempienti - Ricorso della Regione Lazio - Denunciata violazione del principio di autonomia finanziaria delle regioni - Denunciata violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale in materia di organizzazione amministrativa e di personale - Lamentata alterazione, con una fonte primaria adottata unilateralmente dallo Stato, dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni autonome - Denunciato eccesso di delega per inosservanza della prevista previa intesa con la Conferenza unificata sugli schemi di decreto legislativo da inviare alle Camere e delle specifiche motivazioni del mancato raggiungimento dell'intesa e per inosservanza del "principio di piena collaborazione con le Regioni e gli Enti locali". - Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, art. 7. - Costituzione, artt. 76, 117 e 119.(GU n.4 del 25-1-2012 )
Ricorso della Regione Lazio, con sede in Roma, via Cristoforo Colombo n. 212 (C.F. 80143490581), in persona della Presidente pro tempore, Renata Polverini, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della Deliberazione della Giunta regionale n. 521/2011 dal prof. avv. Francesco Saverio Marini (C.F.MRNFNC73D28HSO1U; PEC: francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org; fax: 06.36001570), presso il cui studio in Roma, via dei Monti Parioli, 48, ha eletto domicilio ricorrente; contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12, resistente; per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 219 del 20 settembre 2011, limitatamente agli articoli 1, 2, 3 e 7, per violazione degli articoli 117, 119, 120, 122, 123 e 126 della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost., nonche' per violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 9, comma 2, 1. cost. n. 3/2001. Fatto 1. Con il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a Regioni, Province e Comuni a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), adottato in attuazione della delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 settembre 2011 n. 219, il legislatore statale ha inteso introdurre nell'ordinamento «un sistema premiante nei confronti degli enti che assicurano elevata qualita' dei servizi e livello della pressione fiscale», nonche' meccanismi di tipo sanzionatorio «nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica» (cfr. art. 17, legge delega). 2. L'art. 1, comma 1, del decreto legislativo impugnato, dispone quanto segue: «Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unita' economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura». 3. Tale relazione deve essere sottoscritta, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, dal Presidente della Regione non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della legislatura, e deve contenere «la descrizione dettagliata delle principali attivita' normative e amministrative svolte durante la legislatura». 4. L'art. 2 del medesimo decreto, rubricato «Responsabilita' politica del Presidente della giunta regionale», al suo comma 1 prevede che: «La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni: a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68». 5. Il comma 2, dell'art. 2 sopra citato, stabilisce, poi, che il «grave dissesto finanziario» di cui al comma 1 costituisce grave violazione di legge ai sensi dell'art. 126 Cost. e determina lo scioglimento del Consiglio regionale nonche' la rimozione del Presidente della Giunta regionale. Ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, il Presidente rimosso e' incandidabile per un periodo di tempo di 10 anni. Per lo stesso periodo non puo' essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea. 6. L'art. 3, del d. lgs. n. 149 del 2011, stabilisce, dal canto suo, l'automatica decadenza dei direttori generali e, previa verifica delle rispettive responsabilita' del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell'assessorato regionale competente, nonche' dei componenti del collegio dei revisori dei conti, nel caso si verifichi una situazione di «grave dissesto finanziario». Nei confronti dei medesimi soggetti e' prevista, inoltre, l'interdizione da qualsiasi carica in Enti vigilati o partecipati dagli Enti pubblici, per un periodo non superiore a 10 anni. 7. L'art. 7 del decreto legislativo impugnato, infine, prevede, per quel che qui interessa, che nel caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno le Regioni siano assoggettate, nell'anno successivo a quello dell'inadempimento, ad una serie di sanzioni, tra le quali: l'obbligo di versamento all'entrata del bilancio statale dell'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato; il divieto di ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. 8. Ebbene, le richiamate disposizioni statali sono illegittime in quanto contrarie a Costituzione, e meritano di essere annullate poiche' determinano la indebita lesione di sfere di competenza costituzionalmente garantite in capo alla Regione ricorrente. 9. Prima di esaminare nel dettaglio i molteplici profili di incostituzionalita' della disciplina recata dal d.lgs. n. 149 del 2011, sia consentito altresi' rilevare che le Regioni, gia' nella fase di formazione di tale atto normativo, avevano formulato una serie di rilievi di illegittimita' sullo schema di decreto proposto dal Governo. In data 18 maggio 2011 non veniva raggiunta, in seno alla Conferenza Unificata, l'intesa sullo schema di provvedimento, il quale veniva comunque trasmesso dal Governo alle Commissioni parlamentari competenti per l'espressione del relativo parere, senza che, peraltro, venissero motivate le ragioni alla base del mancato raggiungimento dell'accordo. 10. Successivamente, in data 27 luglio 2011, il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome rilevava - all'esito dell'esame della nuova versione del testo, come risultante dagli emendamenti proposti dai Relatori della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale - come nessuna delle osservazioni critiche mosse dalla Conferenza medesima, fosse stata tenuta nella dovuta considerazione. Lo stesso Presidente evidenziava 1'«esorbitanza» dell'intervento legislativo di cui trattasi-specie in relazione ai profili sanzionatori previsti nei confronti dei Presidenti regionali (art. 2), nonche' la sua non rispondenza al quadro costituzionale di riferimento ed il connesso rischio di compromissione della tenuta complessiva del sistema delle relazioni istituzionali, sottolineando la necessita' di un percorso condiviso nel rispetto dei principi di reciprocita' e di leale collaborazione. 11. Tutto cio' premesso, la Regione Lazio, come in epigrafe rappresentata e difesa, solleva questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 7 del d. lgs. n. 149/2011, in riferimento agli articoli 117, comma 4, 119, 120, 121,122, 123 e 126 della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost., nonche' per violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 9, comma 2, 1. cost. n. 3/2001, alla luce dei seguenti motivi di Diritto I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, del decreto legislativo n. 149 del 2011, per violazione delle competenze costituzionalmente garantite in capo alla regione lazio dagli articoli 123 cost., 9, comma 2, l. cost. n. 3 del 2011 e 117, comma 4, cost. Come rilevato in narrativa, l'art. 1 del decreto legislativo n. 149 del 2011 impone alle Regioni di redigere una «relazione di fine legislatura», che deve essere sottoscritta dal Presidente regionale non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza del proprio mandato (art. 1, comma 1). Tale relazione deve contenere, ai sensi del successivo comma 4, «la descrizione dettagliata delle principali attivita' normative e amministrative svolte durante la legislatura, con specifico riferimento a: i) sistema ed esiti dei controlli interni; ii) eventuali rilievi della Corte dei conti; iii) eventuali carenze riscontrate nella gestione degli enti comunque sottoposti al controllo della Regione, nonche' degli enti del servizio sanitario regionale, con indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio; iv) eventuali azioni intraprese per contenere la spesa, con particolare riguardo a quella sanitaria, e stato del percorso di convergenza ai costi standard; v) situazione economica e finanziaria, in particolare del settore sanitario, quantificazione certificata della misura del relativo indebitamento regionale; vi) individuazione di eventuali specifici atti legislativi, regolamentari o amministrativi cui sono riconducibili effetti di spesa incompatibili con gli obiettivi e i vincoli di bilancio; vii) stato certificato del bilancio regionale (art. 1, comma 4). E' evidente, stante quanto precede, che la disciplina recata dall'art. 1 del decreto legislativo oggetto del presente giudizio, introduce una forma di controllo generalizzato del Governo sull'attivita' della Regione. Tale controllo, peraltro, ha natura sostanzialmente politica atteso che, per espressa previsione di legge, la relazione di cui si discute deve avere ad oggetto l'attivita', anche normativa, svolta dalle Regioni durante la «legislatura». E non puo' certo dubitarsi che il riferimento espresso alla «legislatura» - nozione di per se' politica, che indica il periodo di durata effettiva del mandato politico conferito dagli elettori a una data maggioranza - finisce per caratterizzare politicamente il controllo che l'Esecutivo ha riservato a se' sull'attivita' regionale. Cio' determina, a ben vedere, l'incostituzionalita' dell'art. 1, d.lgs. n. 149 del 2011, in riferimento agli articoli 123 Cost., 9, comma 2, 1. cost. n. 3/2001, e 117, comma 4 Cost., per lesione dell'autonomia riconosciuta dalla Costituzione agli Enti regionali e, quindi, alla Regione Lazio, nonche' per difetto assoluto di competenza in capo allo Stato ad intervenire negli ambiti materiali sopra menzionati. La violazione dell'art. 123 Cost. rileva sol che si consideri che la previsione costituzionale riserva allo Statuto regionale la disciplina della «forma di governo» e dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione», precludendo al legislatore statale, di contro a quanto accaduto nel caso di specie, di incidere in tale ambito competenziale. E non vi e' dubbio, a tale riguardo, che l'obbligo di redigere la relazione di fine legislatura, di cui al menzionato art. 1, d. lgs. n. 149 del 2011, attiene all'organizzazione e al funzionamento dell'Ente regionale, ed e', pertanto, aspetto riservato alla normativa statutaria e non certo a quella statale. Parimenti leso per effetto della disposizione impugnata e' l'art. 9, comma 2, 1. cost. n. 3 del 2011, il quale ha disposto l'abrogazione dell'art. 125, comma 1, Cost., norma che consentiva allo Stato, come noto, di esercitare un controllo, tanto di legittimita' quanto di merito, sugli atti delle Regioni. Ora, tenuto conto che tale previsione e' stata abrogata espressamente dal citato art. 9, comma 2, l'incostituzionalita' dell'art. 1 risulta di tutta evidenza, atteso che la norma da esso recata e' volta a reintrodurre nell'ordinamento un sistema di controllo governativo sull'attivita' regionale che la novella costituzionale ha inteso eliminare in radice. Ugualmente violata, infine, e' la competenza esclusiva della Regione Lazio in materia di «organizzazione amministrativa», di cui all'art. 117, comma 4, Cost.. Il controllo generalizzato di cui all'art. 1, infatti, interferisce senza meno anche nella materia suddetta, la quale va ricondotta, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione, nella competenza legislativa residuale regionale, come piu' volte ribadito da codesta Ecc.ma Corte, la quale ha affermato, gia' a partire dalla nota sentenza n. 274/2003, che «le Regioni sono dotate ai sensi del comma 4 dell'art. 117 Cost. di poteri legislativi propri in tema di organizzazione amministrativa e ordinamento del personale». Si insiste, pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, d.lgs. n. 149 del 2011. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, per violazione delle competenze costituzionalmente garantite in capo alla regione lazio dagli articoli 120, 122, 123 e 126 cost., anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost.. L'art. 2, d.lgs. n. 149 del 2011, rubricato «Responsabilita' politica del Presidente della Giunta regionale», deve essere annullato in quanto contrario agli articoli 120, 121, 122, 123 e 126 Cost., anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost., con conseguente lesione delle sfere di competenza costituzionalmente garantite in capo alla Regione ricorrente. La disposizione di cui si discute prevede, in particolare, la rimozione del Presidente della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale nel caso in cui, «in una Regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191», si realizzi la fattispecie di «grave dissesto finanziario con riferimento al disavanzo sanitario». Ai sensi del comma 1, la fattispecie di «grave dissesto finanziario» si concretizza «al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni»: a) il Presidente della Giunta, nominato Commissario ad acta, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; b) si riscontri, in sede di verifica annuale, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce «grave violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonche' la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilita' politica». Il Presidente rimosso, in base a quanto previsto dall'art. 2, comma 3, e' «incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni» e non puo', inoltre, «essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni». Cio' premesso, occorre rilevare come tutte le norme recate dalle disposizioni piu' sopra richiamate si mostrano manifestamente illegittime per contrasto con gli articoli 120, 121, 122, 123 e 126 Cost., nonche' per lesione del principio di leale collaborazione (aspetto, quest'ultimo, che sara' esaminato al punto V del presente ricorso). Valgano, in proposito, le seguenti considerazioni. Anzitutto, con particolare riferimento al combinato disposto di cui al citato art. 2, commi 1 e 2, e' bene evidenziarne l'incostituzionalita' per violazione dell'art. 126 Cost. La previsione costituzionale da ultimo richiamata, infatti, riserva a un decreto del Presidente della Repubblica la rimozione del Presidente regionale e lo scioglimento del Consiglio, nel caso in cui «abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge». Spetta unicamente al Capo dello Stato, dunque, e non al legislatore, valutare, caso per caso ed ex post, se siano stati compiuti «atti contrari alla Costituzione» o «gravi violazioni di legge». Poste tali premesse, l'incostituzionalita' del combinato disposto di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 2, d. lgs. n. 149 del 2011, e' evidente, atteso che il legislatore statale si e' indebitamente sostituito al Capo dello Stato in ordine alla valutazione sulla ricorrenza dei presupposti che legittimerebbero la rimozione e lo scioglimento. In altri termini, piu' chiaramente, il legislatore non aveva alcun titolo - di contro a quanto accaduto - per prevedere che «il dissesto finanziario di cui al comma 1» costituisce «grave violazione di legge» ai sensi dell'art. 126 Cost. - atteso che la valutazione su cosa debba intendersi per «grave violazione di legge», nonche' l'individuazione dei casi in cui detta violazione si concretizzerebbe, e' rimessa dalla Costituzione esclusivamente al Presidente della Repubblica. La disciplina recata dall'art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo impugnato, si mostra, pertanto, manifestamente viziata per violazione dell'art. 126 Cost., la quale si riflette, tra l'altro, sulla lesione delle competenze costituzionalmente garantite in capo al Presidente della Regione e al Consiglio regionale dall'art. 121 Cost., ugualmente leso dalle norme impugnate. Si insiste, quindi, per l'annullamento del combinato disposto di cui all'art. 2, commi 1 e 2, alla luce dei rilievi sin qui esposti. Inoltre, sempre sul punto, si rileva che le sanzioni introdotte dal legislatore statale a carico del Presidente regionale presuppongono l'assoggettamento della Regione al «piano di rientro sanitario» e che, inoltre, le gravi infrazioni siano state commesse dal Presidente nella propria qualita' di «commissario ad acta». Cosi' stando le cose, la sanzione della rimozione appare del tutto esorbitante ed impropria, in quanto la stessa puo' operare, alla luce del dettato costituzionale, solo con riferimento a «gravi violazioni di legge» che il Presidente regionale abbia commesso nella propria qualita' di organo politico-istituzionale di vertice della Regione, e non quale Commissario straordinario. Cio' determina, sotto concorrente profilo, anche la lesione dell'art. 120 Cost., atteso che il legislatore statale avrebbe dovuto, coerentemente con la disposizione costituzionale ora richiamata, prevedere unicamente l'esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo - in ordine alle funzioni amministrative svolte dal Presidente regionale in qualita' di Commissario ad acta - anziche' disporre la sanzione della rimozione. Fermo restando quanto sopra, anche il comma 3, dell'art. 2, del d. lgs. n. 149 del 2011, e' da ritenersi - e in modo manifesto - costituzionalmente illegittimo per lesione delle competenze assegnate in maniera espressa dagli articoli 122 e 123 Cost. all'ente regionale. La disposizione statale, giova rammentarlo, prevede che il Presidente regionale rimosso sia «incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni». Ebbene, e' evidente che la disciplina relativa ai casi di incandidabilita' rientra tra le competenze che la Costituzione assegna all'autonomia normativa regionale, in via diretta e non superabile dal legislatore statale. Si tratta, infatti, di un aspetto che viene pacificamente ricondotto all'alveo del «sistema di elezione» e «casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonche' dei consiglieri regionali» che, in base all'art. 122 Cost., e' rimesso in via esclusiva alla legge regionale. La violazione dell'art. 122 Cost. ad opera della disposizione impugnata si riverbera, altresi', sulla lesione delle attribuzioni regionali di cui all'art. 123 Cost., in base al quale spetta allo Statuto regionale regolare la «forma di governo» regionale e i «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» della Regione. L'illegittimita' dell'art. 2, comma 3, rileva, poi, anche sotto l'ulteriore profilo della violazione indiretta dell'art. 76 Cost., per eccesso di delega ad opera del Governo. Il comma 3, infatti, impedisce al Presidente rimosso di essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni. Cio', tuttavia, risulta in contrasto con l'art. 17 della legge delega, che non contempla affatto la sanzione dell'interdizione con riferimento al Presidente della Giunta (art. 17, comma 1, lett. e, 1. n. 42/2009). Tale violazione costituzionale ridonda sulla lesione delle competenze spettanti alla Regione ricorrente per effetto, secondo quanto si e' gia' chiarito, degli articoli 117, comma 4, 120, 121, 122, 123 e 126 Cost.. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, voglia, pertanto, codesta Ecc.ma Corte dichiarare l'incostituzionalita' dell'art. 2, d. lgs. n. 149 del 2011, sotto i profili e per le ragioni dinanzi esposte. III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 (con particolare riferimento ai commi 1 e 2) del decreto legislativo n. 149 del 2011, per violazione dell'art. 117, comma 4 e 123 cost., anche in combinato disposto con l'art. 76 cost.. L'art. 3, d. lgs. n. 149 del 2011, e' rubricato «Decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali e dei revisori dei conti». Esso prevede, al primo comma, che il verificarsi del grave dissesto finanziario determina «la decadenza automatica dei direttori generali e, previa verifica delle rispettive responsabilita' del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell'assessorato regionale competente, nonche' dei componenti del collegio dei revisori dei conti». Ai medesimi soggetti si applica, ai sensi dell'art. 3, comma 2, l'interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici, per un periodo di tempo di dieci anni. Cio' premesso, le norme recate dai commi 1 e 2 dell'art. 3 si mostrano illegittime poiche' vanno ad incidere indebitamente su una sfera materiale, quella relativa all'organizzazione amministrativa» della Regione di cui all'art. 117, comma 4, Cost., riservata dalla Costituzione alla legislazione esclusiva regionale. E' evidente, infatti, che la previsione della decadenza, ovvero dell'interdizione, dei direttori generali, amministrativi e sanitari delle Asl, del dirigente responsabile dell'assessorato competente nonche' dei revisori dei conti, ricada esattamente nell'ambito materiale di cui si e' appena detto. A conferma dell'assunto sia sufficiente considerare, con specifico riferimento agli organi apicali delle aziende sanitarie regionali, che queste ultime sono costituite con legge regionale (la n. 18 del 1994); sono sottoposte al controllo, alla vigilanza e al potere d'indirizzo regionali, sia quanto all'attivita' che quanto agli organi; i loro bilanci e rendiconti sono approvati dalla Regione, che assicura le necessarie risorse finanziarie; il loro organo istituzionale di vertice - il direttore generale - e' nominato dal presidente della Regione. Inoltre, come rilevato da codesta Ecc.ma Corte con la sentenza n. 233 del 2006, le norme che riguardano le nomine (e, dunque, anche le ipotesi di decadenza) degli organi di vertice e dei componenti «degli enti pubblici, degli enti pubblici economici, delle aziende sanitarie e ospedaliere, delle societa' controllate o partecipate, delle agenzie» e, in generale, «di ogni organismo appartenente alla struttura organizzativa della Regione», ricadono nella competenza residuale delle Regioni di cui all'art. 117, comma, 4, Cost., «da esercitare nel rispetto dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento fissati negli statuti (art. 123 Cost.)». Lo Stato, pertanto, non ha alcun titolo per intervenire sulla fattispecie di cui si discute, con conseguente illegittimita', sotto il profilo ora esaminato, del citato art. 3, commi 1 e 2, d. lgs. n. 149/2001. Ugualmente violato, per effetto della disposizione impugnata, e' l'art. 123 Cost., atteso che la sfera materiale che il legislatore statale ha preteso di disciplinare, va ricondotta nell'alveo «dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento fissati negli statuti» e, quindi, alla normativa statutaria. In quest'ambito, inoltre, come piu' volte osservato dalla Corte, «la Regione dispone di un autonomo potere normativo». Infatti, dopo la riforma dell'art. 123 della Costituzione e la eliminazione della approvazione dello statuto regionale da parte del Parlamento e l'armonia con le leggi della Repubblica, «i limiti a questa rilevante autonomia normativa possono derivare solo da norme chiaramente deducibili dalla Costituzione, come questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare allorche' ha negato che essa sia comprimibile in mancanza di una disciplina costituzionale chiaramente riconoscibile o tramite non controllabili inferenze e deduzioni da concetti generali, assunti a priori (cfr., Corte cost., sent. n. 2/2004; sent. n. 313 del 2003). Da cio' consegue, dunque, la contrarieta' del menzionato art. 3 ai parametri costituzionali sopra richiamati, la quale si riflette nella lesione dell'autonomia costituzionale riservata alla Regione Lazio, sotto tutti i profili appena esaminati. Si rileva, infine, sempre con riferimento all'art. 3, d.lgs. n. 149 del 2011, la violazione dell'art. 76 Cost., per eccesso di delega - la quale ridonda in una illegittima compressione delle sfere di competenza regionali - atteso che la norma censurata si pone in distonia rispetto a quanto previsto dall'art. 17 della legge n. 42 de 2009, che subordina, tra l'altro, l'operativita' dei meccanismi sanzionatori al verificarsi di «attivita' che abbiano causato un grave dissesto nelle finanze regionali". L'art. 3, invece, prevede che le sanzioni della decadenza e dell'interdizione operino automaticamente in caso di grave dissesto finanziario, a prescindere da qualsivoglia indagine circa la sussistenza di «attivita'», cioe' di condotte precise e circostanziate imputabili agli organi degli enti, tali da giustificare l'attivazione dei suddetti strumenti sanzionatori. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, del decreto legislativo n. 149 del 2011, per violazione degli articoli 119 e 117, comma 4, cost.. Quanto all'art. 7, d.lgs. n. 149 del 2011, esso prevede, nel caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno, che le Regioni siano assoggettate, nell'anno successivo a quello dell'inadempimento, ad una serie di sanzioni. Si tratta, tra le altre, di quelle di seguito riassunte: a) versamento all'entrata del bilancio statale dell'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato; b) divieto di impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c) impossibilita' di ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; d) divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto; e) divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione; f) obbligo di rideterminare le indennita' di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010. Ebbene, non occorrono defatiganti argomentazioni per dimostrare che la disposizione impugnata incide indebitamente, comprimendola, sull'autonomia finanziaria della Regione ricorrente, costituzionalmente tutelata dall'art. 119 Cost.. Ne' puo' ritenersi che il menzionato art. 7 possa configurarsi come legittimo esercizio della competenza legislativa concorrente dello Stato in tema di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», come costantemente affermato da codesta Corte, da ultimo nella sent. n. 182 del 2011; lo Stato, infatti, dovrebbe in ogni caso limitarsi a dettare esclusivamente una disciplina di principio, e non gia' norme di minuto dettaglio come nella presente circostanza. In realta', l'oggetto della disciplina» impugnata e' rappresentato da un vasto e profondo intervento sull'assetto finanziario regionale, rispetto al quale lo Stato - a differenza della Regione ricorrente - non puo' vantare alcuna competenza. Risulta altresi' violato, per effetto del citato art. 7, l'art. 117, comma 4 Cost., nella misura in cui la disposizione statale - imponendo alle Regioni il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale - finisce per ledere la competenza legislativa regionale in materia di «organizzazione amministrativa e del personale» della Regione. Lo Stato, infatti, non disciplina gli effetti di un singolo tipo di contratto, incidendo sull'ordinamento civile, bensi' sull'organizzazione del personale indipendentemente dal tipo contrattuale. Per tali ragioni, dunque, voglia la Corte adita dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, del d.lgs. n. 149 del 2011, in riferimento agli articoli 119 e 117, comma 4, Cost.. V. Con riferimento al mancato raggiungimento dell'intesa in sede di conferenza unificata. violazione, ad opera di tutte le norme impugnate con il presente ricorso, del principio costituzionale di leale collaborazione. Fermo restando quanto sin qui rilevato, si evidenzia, inoltre, come nessuna delle disposizioni impugnate con il presente ricorso abbia previsto meccanismi di raccordo e coordinamento tra Stato e Regioni nell'ambito della procedura volta all'accertamento del «grave dissesto finanziario». Cio' si riflette, evidentemente, nella violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, ricavabile, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dagli articoli 5 e 120 Cost. (ex plurimis, C. Cost. sentt. nn. 19 e 242 del 1997, n. 503 del 2000; n. 282 del 2002; n. 303 del 2003). Tutte le previsioni impugnate sono altresi' in contrasto con gli articoli 2, commi 3 e 5, 1. n. 42/2009, letti congiuntamente all'art. 76 Cost. e all'art. 5 Cost.. Violazioni, queste, che direttamente e indirettamente si riflettono sulla sfera di competenza della Regione. Alla luce delle disposizioni legislative da ultimo citate, infatti, il Governo e' tenuto ad adottare i decreti legislativi aventi ad oggetto l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, «previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata», nonche' assicurando, «nella predisposizione dei decreti legislativi [...1 piena collaborazione con le regioni e gli enti locali» (art. 2, comma 5,1. n. 42/2009). Inoltre, qualora l'intesa sullo schema di decreto legislativo non venga siglata in Conferenza Unificata - come accaduto nel caso di specie - il Governo ha l'obbligo di approvare, ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge di delegazione, una «relazione che e' trasmessa alle Camere e che indica le specifiche motivazioni per cui l'intesa non e' stata raggiunta». Sempre secondo l'art. 2 della legge delega, inoltre, il Governo e' tenuto a fornire alle Camere le «specifiche motivazioni di difformita' dall'intesa». Tuttavia, in spregio ai precetti ora menzionati, il legislatore delegato ha adottato il decreto legislativo di cui si controverte senza assolvere agli obblighi motivazionali di cui si e' appena detto. Tanto e' vero che nella relazione deliberata ai sensi dell'art. 2, comma 3, 1 n. 42/2009, il Governo si e' limitato ad affermare, in maniera del tutto apodittica, di aver dato seguito all'iter normativo, pur in assenza dell'intesa, data la conformita' del provvedimento a Costituzione e in ragione dell'imminente scadenza del termine previsto dalla legge delega per l'adozione dell'atto. In merito ai molteplici profili di illegittimita', evidenziati dalle Regioni e dalle Province e che hanno impedito il raggiungimento di un accordo in Conferenza Unificata, il legislatore delegato non ha speso una sola parola, cosi' violando i vincoli procedurali posti dalla 1. n. 42/2009 a tutela della leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, con conseguente lesione dell'omonimo principio.
P.Q.M. Voglia codesta Ecc.ma Corte, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 219 del 20 settembre 2011, limitatamente agli articoli 1, 2, 3 e 7, per violazione degli articoli 117, comma 4, 119, 120, 121, 122, 123 e 126 della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost., nonche' per violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 9, comma 2, 1. cost. n. 3/2001, alla luce dei rilievi e sotto tutti i profili piu' sopra evidenziati. Roma, 17 novembre 2011 Prof. Avv. Marini