N. 17 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 settembre 2011

Ordinanza del 7 settembre 2011 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale della Campania -  sez.  staccata  di  Salerno  sul  ricorso
proposto da Becton Dickinson Italia s.p.a. contro Azienda Ospedaliera
«Ruggi D'Aragona» di Salerno. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica -  Regioni  sottoposte  a  piani  di
  rientro del  disavanzo  sanitario  e  commissariate  alla  data  di
  entrata in vigore della legge censurata - Previsione del divieto di
  intraprendere  e  proseguire  azioni  esecutive  nei  confronti  di
  aziende sanitarie locali ed ospedaliere delle regioni stesse,  fino
  al  31  dicembre  2012  -  Previsione  che  i  pignoramenti  e   le
  prenotazioni a debito sulle rimesse  finanziarie  trasferite  dalle
  regioni  stesse  alle  aziende  sanitarie  locali  ed   ospedaliere
  effettuati prima della data  di  entrata  in  vigore  del  d.l.  n.
  78/2010, convertito in legge n.  122/2010,  non  producono  effetti
  dalla data suddetta fino al 31 dicembre 2012 e  non  vincolano  gli
  enti del servizio sanitario  regionale  ed  i  tesorieri,  i  quali
  possano disporre, per le finalita' istituzionali dei predetti enti,
  delle somme agli stessi trasferite durante il  suddetto  periodo  -
  Ingiustificato  trattamento  di  privilegio  degli  enti  regionali
  rispetto ai comuni debitori - Incidenza sul diritto di azione e  di
  difesa  in  giudizio  -  Lesione  del  principio  di  liberta'   di
  iniziativa  economica  privata  -  Violazione  del   principio   di
  ragionevole durata del processo. 
- Legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 51. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, commi primo e secondo,  41,
  e 111, comma secondo. 
(GU n.8 del 22-2-2012 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 497 del 2011, proposto da: Becton Dickinson  Italia
S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo  Paolo  De  Cesare,
con domicilio eletto presso Vincenzo Paolo De Cesare in Salerno,  via
G. Quaranta, 8; Vincenzo Paolo De Cesare; 
    Contro Azienda  ospedaliera  «Ruggi  D'Aragona»  di  Salerno  per
l'ottemperanza al  giudicato  formatosi  sui  decreti  ingiuntivi  n.
2118/09,  4563/09,  1857/10,  5997/10,  5322/10,  6400/10  resi   dal
Tribunale civile di Salerno; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 maggio  2011  il
dott.  Sabato  Guadagno  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    1. Con il ricorso in esame, la Becton Dickinson Italia s.p.a.  ha
chiesto l'ottemperanza ai giudicati formatisi sui decreti  ingiuntivi
n. 2118/09, 4563/09, 1857/10,  5997/10,  5322/10,  6400/10  resi  dal
Tribunale Civile di  Salerno,  emessi  nei  confronti  dell'  Azienda
Ospedaliera «Ruggi D'Aragona» di Salerno. 
    I decreti ingiuntivi per i quali si  chiede  l'ottemperanza  sono
passati in giudicato per mancata opposizione dell'azienda resistente,
come da certificati  della  cancelleria  del  Tribunale  di  Salerno,
depositati agli atti di causa unitamente al ricorso. 
    Alla luce  del  principio  ormai  consolidato  in  giurisprudenza
secondo il quale il decreto ingiuntivo non opposto acquista, al  pari
di un'ordinaria sentenza di condanna, autorita' ed efficacia di  cosa
giudicata in relazione al diritto  in  esso  formalizzato,  ai  sensi
degli artt. 647 e segg. cod. proc. civ.  (Cass.,  Civ.,  sez.  I,  26
marzo 2004, n. 6085); a fronte del protrarsi dell'inadempimento della
pubblica amministrazione, il creditore che intende esercitare il  suo
diritto,  puo'  adire  il   giudice   amministrativo   in   sede   di
ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 e ss. D. 1gs.  104  del  2010,
per conseguire la stessa tutela  accordata  ai  creditori  muniti  di
sentenza di condanna del giudice ordinario passata in  giudicato  (ex
multis, TAR Campania, Napoli, sez. V, 9 febbraio 2006, n. 7743; Cons.
Giust. Amm. Reg. sic. 14 aprile 2003, n. 156; Cons. Stato,  sez.  IV,
31 maggio 2003, n. 3031).  L'azienda  ospedaliera,  alla  data  della
proposizione del ricorso, non ha ancora adempiuto, sebbene sia  anche
decorso il termine dilatorio di 120 giorni  dalla  notificazione  del
titolo esecutivo, concesso alle amministrazioni  pubbliche  dall'art.
14 del D.L. n. 669 del 31  dicembre  1996  (convertito  nella  L.  n.
30/1997, modificato dall'art. 147 L. n. 388 del 23 dicembre  2000,  e
successivamente dall'art. 44 n.  269  del  D.L.  30  settembre  2003,
convertito dalla L. n. 326 del 24 novembre 2003), per  completare  le
procedure ai fini dell'esecuzione dei  provvedimenti  giurisdizionali
aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo  di  pagamento  di
somme  di  danaro;  infatti  i  decreti  ingiuntivi  nn.   4841/2009,
7750/2009, 201/2010, 1400/2010,  1469/2010,  1943/2010,  5282/2010  e
4683/2010, sono  stati  notificati  all'azienda  debitrice  in  forma
esecutiva, rispettivamente, il 28  settembre  2009,  il  23  dicembre
2009, il 21 gennaio 2010, il 4 marzo 2010, 1'11  marzo  2010,  il  17
marzo 2010, il 23 giugno 2010 e il 16 giugno 2010. 
    2. Occorre tuttavia considerare che, prima della proposizione del
presente ricorso, e' intervenuto l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del 12
dicembre  2010  -  contenente  disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  e  di
stabilita' per il  2011)  -  il  quale  cosi'  recita:  «Al  fine  di
assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei  debiti  oggetto
della ricognizione di cui all'art. 11, comma 2 del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, convertito,  con  modificazioni  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122, per le  regioni  gia'  sottoposte  ai  piani  di
rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai  sensi  dell'art.  1,
comma  180  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311  e  successive
modificazioni, e gia' commissariate alla data di  entrata  in  vigore
della presente legge  non  possono  essere  intraprese  o  proseguite
azioni esecutive nei  confronti  delle  aziende  sanitarie  locali  e
ospedaliere delle regioni  medesime  fino  al  31  dicembre  2011.  I
pignoramenti e le prenotazioni a  debito  sulle  rimesse  finanziarie
trasferite dalle regioni  di  cui  al  presente  comma  alle  aziende
sanitarie  locali  e  ospedaliere  delle  regioni  medesime   ....non
producono effetti fino al 31 dicembre 2011.....». 
    Va incidentalmente osservato che, successivamente alla fissazione
della camera di consiglio per la discussione del ricorso e nelle more
della redazione della presente ordinanza, il legislatore, con  l'art.
17, comma 4, lettera e), del D.L. 6 luglio 2011, n. 98  -  contenente
disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e convertito,
con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111 - ha modificato
il richiamato art. 1, comma  51,  prorogando  al  31  dicembre  2012,
l'originario termine fissato al 31 dicembre 2011. 
    Trattasi a ben vedere di una disposizione «a generalita' ridotta»
ed a bassissimo tasso di astrattezza,  che,  emessa  ad  hoc,  sembra
integrare gli estremi della cd. legge-provvedimento finalizzata cioe'
allo  specifico  scopo  particolare  di  assicurare   il   ripristino
dell'equilibrio economico  finanziario  delle  aziende  sanitarie  ed
ospedaliere delle regioni in dissesto, tra le quali rientra anche  la
Regione Campania. 
    3. Quest'ultima, infatti, con delibera della Giunta regionale  n.
1843 del 9 dicembre 2005 (Bollettino Ufficiale della Regione Campania
- n. 1 del 2 gennaio 2006), ha adottato disposizioni per il  triennio
2006-2008 al fine di riportare l'equilibrio economico  delle  Aziende
sanitarie  locali,   delle   Aziende   ospedaliere,   delle   Aziende
ospedaliere universitarie e della Fondazione Pascale, in  conformita'
all'art. 1, comma 173, L. n. 311 del 30  dicembre  2004  (Finanziaria
2005), il quale ha subordinato l'accesso  delle  singole  Regioni  al
finanziamento integrativo a carico dello Stato  (previsto  dal  comma
164)  alla  stipula  ed  al  rispetto  di  una  precisa  intesa   tra
quest'ultimo e le Regioni, diretta a contenere la dinamica dei  costi
con il ricorso a misure specifiche. 
    In  seguito,  con  deliberazione  n.  460  del  20   marzo   2007
(Bollettino Ufficiale della Regione Campania - n.  17  del  26  marzo
2007), la Giunta  regionale  ha  approvatoil  Piano  di  Rientro  dal
disavanzo e di  riqualificazione  e  razionalizzazione  del  Servizio
Sanitario Regionale ai fini  della  sottoscrizione  dell'Accordo  tra
Stato e Regione Campania, ai sensi  dell'art.  1,  comma  180,  della
citata legge n. 311/2004. 
    Con delibera del Consiglio dei Ministri del 24  luglio  2009,  il
Governo ha nominato il Presidente pro tempore della giunta  regionale
Campania, quale Commissario ad acta per  l'attuazione  del  Piano  di
Rientro dal disavanzo sanitario, ai sensi dell'art. 4, commi 1  e  2,
del d.l. n. 159 del 1° ottobre  2007,  convertito  con  modificazioni
dalla L. n. 222 del 29 novembre 2007, e successive modifiche. 
    La delibera e' stata poi confermata dalla delibera del  Consiglio
dei ministri del 23 aprile 2010,  con  la  quale  il  Presidente  pro
tempore della Regione Campania, in qualita' di Commissario  ad  acta,
ha assunto il compito di  proseguire  nell'attuazione  del  Piano  di
Rientro secondo i programmi operativi di cui all'art.  1,  comma  88,
della L. n. 191 del 2009. 
    4. L'accertato stato di  dissesto  finanziario  riconducibile  al
disavanzo sanitario comporta necessariamente l'applicazione dell'art.
1, comma 51, L. n. 220 del 2010 con conseguente inammissibilita'  del
presente  ricorso  e  frustrazione  delle  pretese  creditorie  della
societa'  ricorrente.  Tuttavia,  ad  avviso  del   Collegio,   nella
richiamata disposizione sono ravvisabili elementi tali  da  suscitare
il sospetto di una illegittimita'  costituzionale  della  stessa  con
riferimento agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 41 e  111,  comma
2, della Costituzione, per le ragioni che di seguito si esporranno. 
    5. Appare opportuna in  via  preliminare  una  ricostruzione  del
quadro normativo di riferimento. 
    Al riguardo, si rammenta che l'art. 2, comma 89, della L. n.  191
del 23 dicembre 2009 (Legge finanziaria  2010),  per  un  periodo  di
dodici mesi decorrenti dalla  sua  data  di  entrata  in  vigore  (1°
gennaio 2010), impediva ai creditori di  intraprendere  o  proseguire
azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie od ospedaliere
delle regioni che avessero sottoscritto i piani di rientro  ai  sensi
dell'art. 1, comma 180, della menzionata L. n.  311  del  2004,  cio'
allo scopo di conseguire gli obiettivi  sottesi  ai  piani  medesimi,
volti ad aggredire i disavanzi verificatisi nel settore sanitario. La
norma stabiliva inoltre che i pignoramenti,  eventualmente  eseguiti,
non avrebbero vincolato gli enti debitori  e  i  tesorieri,  i  quali
avrebbero potuto ugualmente disporre delle  somme  per  i  loro  fini
istituzionali.  Quest'ultima  previsione  introduceva  un  meccanismo
retroattivo in grado di rendere del tutto inefficaci  i  pignoramenti
eseguiti in data antecedente l'entrata in vigore  della  legge  e  di
consentire agli enti debitori di rientrare nella piena disponibilita'
delle  somme-  dovute,  ancorche'  pignorate  (cd.  «svincolo   delle
somme»). 
    Le perplessita' legate ai  probabili  profili  di  illegittimita'
costituzionale e  di  contrasto  con  la  normativa  comunitaria,  ha
indotto il legislatore a modificare la disposizione citata con l'art.
1, comma 23-vicies del d.l. 30 dicembre 2009, n.  194  (c.d.  decreto
Milleproroghe, convertito con modificazioni nella L.  n.  25  del  26
febbraio 2010), il quale ha ridotto da dodici a due mesi  l'efficacia
temporale del blocco delle azioni esecutive. 
    In virtu' di questa modifica, a partire dal 1° marzo 2010, veniva
ripristinato il diritto dei creditori di agire  in  giudizio  per  il
soddisfacimento delle pretese vantate  nei  confronti  delle  aziende
sanitarie ed ospedaliere debitrici. 
    Sennonche', la situazione  di  deficit  complessivo  del  sistema
sanitario e le difficolta',  da  parte  delle  aziende  sanitarie  ed
ospedaliere,     di     raggiungere     l'auspicato      riequilibrio
economico-finanziario,  hanno  tuttavia   indotto   il   Governo   ad
intervenire nuovamente. L'art. 11, comma 2, del d.l. 25 maggio  2010,
n. 78 - convertito con modificazioni nella legge 30 luglio  2010,  n.
122 - stabiliva infatti che «Per le regioni gia' sottoposte ai  piani
di rientro  dai  disavanzi  sanitari,  sottoscritti  ai  sensi  dell'
articolo 1, comma 180, della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  e
successive modificazioni, e gia' commissariate alla data  di  entrata
in vigore del  presente  decreto-legge,  al  fine  di  assicurare  il
conseguimento degli obiettivi dei medesimi piani  del  rientro  nella
loro  unitarieta',  anche  mediante  il  regolare   svolgimento   dei
pagamenti dei debiti accertati in attuazione dei  medesimi  piani,  i
Commissari ad acta procedono, entro 15 giorni dall'entrata in  vigore
del presente  decreto-legge,  alla  conclusione  della  procedura  di
ricognizione di tali debiti, predisponendo  un  piano  che  individui
modalita' e tempi di pagamento. Al fine di agevolare quanto  previsto
dal presente comma ed in attuazione di  quanto  disposto  nell'Intesa
sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta  del  3  dicembre
2009, all'art. 13, comma 15, fino al 31  dicembre  2010  non  possono
essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei  confronti  delle
aziende sanitarie  locali  e  ospedaliere  delle  regioni  medesime».
Questa norma - rispetto all'art. 2, comma 89, L. n. 191  del  2009  -
presentava  la  novita'  sostanziale  di  non  contemplare  piu'   lo
«svincolo delle somme». 
    In seguito, il legislatore - con l'art. 1, comma 51,  L.  n.  220
del 2010  -  ha  riproposto  la  precedente  disposizione  nella  sua
interezza ed ha reinserito il principio secondo cui i pignoramenti  e
le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie  trasferite  dalle
regioni alle aziende sanitarie locali e ospedaliere, effettuati prima
della data di entrata in vigore del d.l. 78 del 2010,  non  producono
effetti dalla suddetta data fino al 31  dicembre  2011  (31  dicembre
2012 per effetto del  sopravvenuto  art.  17,  comma  4,  lett.  d.l.
98/2011) e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale  e
i  tesorieri  i  quali  possono  disporre,  per  le  loro   finalita'
istituzionali, delle somme ad essi  trasferite  durante  il  suddetto
periodo. 
    6. Illustrato il quadro normativo di riferimento, il Collegio  e'
dell'avviso che, per quanto la  disposizione  contenuta  all'art.  1,
comma 51, L. n. 220 del 2010 sia ispirata  dal  lodevole  intento  di
contribuire  al  risanamento,  nel  settore  sanitario,  dei  bilanci
deficitari  delle  amministrazioni  regionali,  la  stessa   presenti
molteplici   violazioni   di   fondamentali   principi   di   diritto
espressamente tutelati dalla Costituzione e dal diritto  comunitario.
Pertanto, avuto riguardo alla  concreta  incidenza  della  richiamata
normativa sui diritti creditori  di  parte  ricorrente,  il  Collegio
ritiene che i dubbi sulla legittimita' costituzionale del citato art.
1, comma  51,  si  presentino  non  manifestamente  infondati,  sotto
plurimi e concorrenti profili. 
    7. L'art. 1, comma 51, L. n. 220 del  2010  presenta  aspetti  di
contrasto con l'art.  24,  commi  1  e  2,  e  111,  comma  2,  della
Costituzione perche'  introduce  una  norma  speciale  che  elide  la
possibilita' della soddisfazione concreta ed  effettiva  dei  diritti
del  creditore  in  applicazione  delle  norme  di  diritto   comune.
L'entrata in vigore della citata  disposizione  ha  in  pratica  reso
inutile  la  possibilita'  riconosciuta  ai  creditori  di  agire  in
giudizio al fine di ottenere il  soddisfacimento  delle  obbligazioni
dagli  stessi  vantate  nei  confronti  delle  aziende  sanitarie  ed
ospedaliere delle Regioni soggette a  commissariamento  per  dissesto
finanziario. Cio' appare ancora piu' evidente ove si consideri che la
norma contestata ha  reintrodotto  la  previsione  secondo  la  quale
divengono del  tutto  inefficaci  i  pignoramenti  eseguiti  in  data
antecedente l'entrata in vigore della  legge  e  consente  agli  enti
debitori di rientrare nella piena disponibilita' delle somme  dovute,
ancorche'   pignorate.   Una   norma    della    specie,    incidendo
retroattivamente  su  posizioni  consolidate  per  effetto   di   una
procedura esecutiva giurisdizionale si pone in evidente contrasto con
il principio di effettivita' del diritto di difesa sancito  dall'art.
24, commi 1 e 2. 
    Si palesa inoltre la violazione del principio del giusto processo
proclamato dall'art. 111, comma 2, perche' la norma censurata, da  un
lato,  altera  la  condizione  di  parita'  tra  le  parti,   ponendo
l'amministrazione in una posizione di  ingiustificato  privilegio  e,
dall'altra, incide sulla ragionevole durata del processo. Non  sembra
deporre, in senso contrario, la considerazione secondo  la  quale  il
legislatore, con la nonna contestata, non ha inteso  privare  in  via
definitiva i creditori  delle  aziende  sanitarie  o  ospedaliere  di
promuovere azioni a tutela del proprio diritto,  ma  lo  ha  soltanto
sospeso per un tempo determinato, allo scopo di agevolare in concreto
le possibilita' delle Regioni di rientrare dal  dissesto  finanziario
ed evitare, nel  frattempo,  che  le  stesse  siano  sottoposte  alla
pressione  derivante  dalle  esposizioni  debitorie   delle   aziende
sanitarie ed ospedaliere.  Per  questa  ragione  e  per  un  limitato
intervallo  di  tempo,  i  debiti   delle   predette   aziende   sono
semplicemente congelati, cio' a  tutela  dell'interesse  pubblico  al
corretto andamento dei conti pubblici e, pertanto, a beneficio  della
collettivita'. E' facile sul punto ribattere che una mera sospensione
del diritto di azione a tutela  del  proprio  credito  puo'  produrre
effetti considerevoli sulla situazione economica e  patrimoniale  del
creditore.  Peraltro,  l'efficacia  limitata  nel   tempo   di   tale
sospensione  e'  nei  fatti  smentita  dalla   prassi   seguita   dal
legislatore che, negli scorsi anni e, da ultimo, con il recente  d.l.
98/2011, ricorre allo strumento della proroga allo scopo di mantenere
in vita il regime speciale. Sicche',  la  fissazione  di  un  termine
finale di efficacia  della  norma  derogatoria  di  diritto  speciale
appare  sempre  piu'  spesso  un  meccanismo  elusivo  al  quale   il
legislatore ricorre per rendere in apparenza piu' «digeribili» misure
legislative volte in concreto a disattivare a tempo  indeterminato  -
grazie  all'espediente  delle  proroghe  -  l'efficacia  del  diritto
ordinario. 
    In senso contrario alla  censura  di  violazione  dell'art.  111,
comma 2,  Cost.  potrebbe  osservarsi  che  un'eventuale  azione  del
creditore  proposta  nei  confronti   delle   aziende   sanitarie   o
ospedaliere, in presenza di una normativa che sospende  il  pagamento
dei  relativi  crediti,  sarebbe   suscettibile   di   pronuncia   di
inammissibilita'  in  rito,  salvo  la   possibilita'   di   proporre
nuovamente l'azione  giurisdizionale,  una  volta  che  la  normativa
derogatoria esaurisca i suoi  effetti  per  lo  spirare  del  termine
finale fissato per legge. In questo senso, un'eventuale  lesione  del
principio   della   ragionevole   durata   del   processo,   potrebbe
eventualmente porsi per i ritardi registrati nel giudizio  successivo
che affronti il merito della questione. 
    A  questa  osservazione  e'  facile  tuttavia  replicare  che  il
principio della ragionevole durata del processo va  sempre  collegato
alla pretesa sostanziale che si intende fare valere in  giudizio.  In
altri termini, per valutare se un processo  si  e'  svolto  in  tempi
ragionevoli occorre considerare la durata complessiva  della  vicenda
giudiziaria in relazione alla pretesa di diritto sostanziale  per  la
quale il soggetto ha adito il giudice, essendo del tutto indifferente
che per quella  pretesa  siano  state  proposte  in  successione  una
pluralita' di azioni. 
    Utile  appare,  in  proposito,   uno   sguardo   sull'ordinamento
comunitario. 
    L'art.  47  della  Carta  dei  Diritti  fondamentali  dell'Unione
europea del 7 dicembre 2000, cd.  Carta  di  Nizza,  adottata  il  12
dicembre 2007 a Strasburgo, garantisce, quale diritto dell'Unione, il
diritto di ogni individuo ad  un  ricorso  effettivo  dinanzi  ad  un
giudice indipendente ed imparziale ed entro un  termine  ragionevole.
Sul punto, si rammenta che l'art. 6, 1° par., del Trattato di Lisbona
sancisce che «L'Unione riconosce i dritti, le liberta' e  i  principi
sanciti nella Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea  del
7 dicembre 2000 (Carta di Nizza), adottata  il  12  dicembre  2007  a
Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati». 
    Il divieto di intraprendere o  proseguire  azioni  esecutive  nei
confronti delle amministrazioni sanitarie  pubbliche  di  Regioni  in
dissesto, divieto operante,  per  effetto  della  sovrapposizione  di
normative succedutesi nel tempo, da circa due anni  con  probabilita'
di  proroghe,  sembra  porsi  in  aperto  contrasto  con  il  diritto
dell'individuo ad un ricorso effettivo dinanzi ad un giudice terzo ed
imparziale, da concludersi peraltro entro un termine ragionevole.  La
norma in discussione  impedisce  al  creditore  -  persona  fisica  o
giuridica che sia - l'esercizio del diritto soggettivo  individuabile
in una posizione giuridica di vantaggio  consistente  nel  potere  di
agire  nei  confronti  di  altri  soggetti,  tra  cui  le   pubbliche
amministrazioni, per il soddisfacimento  di  interessi  espressamente
riconosciuti dall'ordinamento. 
    8. L'art. 1, comma 51,  L.  n.  220  del  2010  presenta  inoltre
aspetti di contrasto con l'art. 3, comma 1, della Costituzione. 
    A   fronte   dell'improcedibilita'   dell'azione   esecutiva    e
dell'odierno ricorso per ottemperanza, il diritto di credito  vantato
in virtu' di un titolo esecutivo e' subordinato all'adozione di  atti
amministrativi aventi natura  previsionale  e  programmatica  ed,  in
quanto tali, di contenuto del tutto generico. 
    Il creditore si trova quindi  nell'impossibilita'  di  realizzare
liberamente la propria attivita' economica, allo scopo  di  ricavarne
un legittimo profitto, in particolare laddove  operi  nel  territorio
della  Regione  Campania,  con  palese  discriminazione  rispetto  ai
creditori di aziende sanitarie ed  ospedaliere  ubicate,  invece,  in
altre regioni per le quali un simile  impedimento  non  sussiste.  Ne
deriva una  evidente  disparita'  di  trattamento,  in  contrasto  al
principio  di  eguaglianza  sancito  dall'art.  3,  comma  1,   della
Costituzione,  Ne',  in  senso  contrario,  la  previsione  contenuta
all'art. 1, comma 51,  L.  n.  220  del  2010  appare  assistita  dai
principi di ragionevolezza e di adeguatezza.  Ed  invero,  il  rinvio
della data di adempimento delle obbligazioni -  le  quali,  per  loro
natura, non possono che riferirsi ad impegni assunti per il passato -
si  pone  come  un  mero  artificio   per   tamponare   l'esposizione
finanziaria della Regione in dissesto ma non  sembra  francamente  in
grado di realizzare  l'obiettivo  del  rientro.  Benche'  i  rapporti
debitori  abbiano  contribuito  ad  incrementare  la  situazione   di
dissesto, e' tuttavia  evidente  che  il  risanamento  dei  conti  e'
conseguibile   con   ben   diversi   strumenti;   valga   tra   tutte
l'osservazione che, comunque, i debiti  pregressi,  sebbene  sospesi,
continuano a fare parte della massa passiva  del  bilancio  contabile
dell'ente e che, in ogni caso, andranno pagati con la sola incertezza
circa l'an. Il risanamento infatti puo'  realizzarsi  grazie  ad  una
complessa attivita' programmatoria e  di  cooperazione  tra  Stato  e
Regione, secondo modalita' tra costoro concordate volte a  scadenzare
il contenimento e la razionalizzazione della spesa per il futuro.  E'
questa infatti la direzione indicata all'art.  1,  comma  180,  della
menzionata L. n. 311 del 2004. 
    In questo senso, una  previsione  legislativa,  quale  l'art.  1,
comma  51,  L.  n.  220  del  2010,  che  preclude  la  richiesta  di
adempimento sino ad una data determinata non appare ne' adeguata  ne'
ragionevole perche', nel bilanciamento tra i contrapposti  interessi,
quello del privato di ricevere soddisfazione della propria  legittima
pretesa pecuniaria, in virtu' della piana applicazione  delle  comuni
regole del diritto privato e del diritto processuale civile, e quello
pubblico, volta a ristabilire ordine nei conti  dell'ente,  sacrifica
pesantemente il primo senza che vi sia  una  reale  contropartita  in
favore del secondo. 
    9. La normativa censurata presenta inoltre elementi di  contrasto
anche  con  il  principio  della  liberta'  di  iniziativa  economica
privata, sancito dall'art. 41 Cost. 
    Spesso, i soggetti che intrattengono rapporti  economici  con  le
amministrazioni pubbliche sanitarie sono in prevalenza  imprenditori,
i quali hanno stipulato con queste contratti per la fornitura di beni
o di servizi a seguito di procedure  di  evidenza  pubblica.  Per  un
imprenditore,  in  misura  forse  piu'  accentuata  rispetto  ad   un
ordinario  creditore,  la  puntualita'  nel  ricevere   i   pagamenti
costituisce un fattore decisivo per il buon  andamento  dell'azienda.
L'affidabilita'  del  contraente  nell'adempiere  alle   obbligazioni
assunte nei tempi pattuiti, rende possibile una saggia e piu'  serena
programmazione dell'attivita' d'impresa, ridimensiona notevolmente la
necessita' del ricorso ad onerosi prestiti e  finanziamenti  bancari,
consente all'imprenditore di rispettare le scadenze di  pagamenti  ai
quali sia a sua volta tenuto. 
    Non a caso,  i  rilevanti  condizionamenti  che  la  materia  dei
pagamenti  produce  sul  libero  mercato  e  la   concorrenza   hanno
sollecitato l'interesse dell'ordinamento comunitario. 
    Sul punto, la direttiva 2000/35/CE - che  sara'  sostituita,  con
effetto dal 16 marzo 2013, dalla Direttiva UE del  Parlamento  e  del
Consiglio n. 7 del  16  febbraio  2011  -  ha  introdotto  a  livello
comunitario una normativa generale  contro  i  ritardi  di  pagamento
nelle transazioni commerciali. 
    Nel settimo considerando, la direttiva chiarisce  infatti  che  i
periodi di pagamento eccessivi ed i ritardi  di  pagamento  impongono
pesanti  oneri  amministrativi  e   finanziari   alle   imprese,   in
particolare a quelle di piccole e medie dimensioni, dando  origine  a
problemi che costituiscono una tra le principali cause d'insolvenza e
determinano la perdita di numerosi posti di lavoro. 
    Poiche', come chiarisce l'ottavo considerando,  in  alcuni  Stati
membri i termini contrattuali di pagamento differiscono  notevolmente
dalla media comunitaria, le  differenze  tra  le  norme  in  tema  di
pagamento e le prassi seguite negli  Stati  membri  costituiscono  un
ostacolo al buon funzionamento del mercato interno. 
    Questa situazione limita notevolmente le transazioni  commerciali
tra gli Stati membri, in  contrasto  all'articolo  14  del  Trattato,
secondo il quale gli operatori economici dovrebbero essere  in  grado
di svolgere le proprie attivita'  in  tutto  il  mercato  interno  in
condizioni tali da garantire che le operazioni  transfrontaliere  non
comportino rischi maggiori di quelle interne. L'applicazione di norme
sostanzialmente  diverse  alle  operazioni   interne   e   a   quelle
transfrontaliere comporterebbe  la  creazione  di  distorsioni  della
concorrenza. 
    Il  legislatore  italiano  ha  dato  attuazione  alla  richiamata
direttiva 2000/35/CE, con il d.lgs. 9 ottobre 2002,  n.  231  che  ha
incluso  nel  suo  ambito  di   applicazione   anche   le   pubbliche
amministrazioni, cio' allo scopo di  contrastare  la  loro cronica  e
deprecabile lentezza di quest'ultime nell'adempiere ai propri debiti. 
    L'art.  4,  comma  1,  d.  lgs.  231  del  2002  ha  fissato   il
fondamentale  principio  secondo   cui   gli   interessi   (moratori)
decorrono, automaticamente, dal giorno successivo alla  scadenza  del
termine per il pagamento. 
    Non  puo'  passare  inosservato  lo  strabismo  del   legislatore
italiano che, da un  lato,  con  il  d.  lgs.  231/2002  traccia  una
disciplina generale, anche in attuazione della normativa comunitaria,
volta  a  pressare  le  amministrazioni  pubbliche,   tendenzialmente
recalcitranti,  ad  effettuare  con  regolarita'  e  tempestivita'  i
pagamenti dovuti e, dall'altro, con l'art. 1, comma 51, L. n. 220 del
2010, consente una deroga speciale per presunte superiori ragioni  di
finanza pubblica. Tale deroga appare invero vessatoria  solo  ove  si
rifletta sulla circostanza che, a parti invertite, ossia nei casi  in
cui sia l'amministrazione ad essere creditrice,  in  particolare  nel
caso  delle  obbligazioni  di  natura  fiscale  e  previdenziale,  il
legislatore appronta un ben piu'  efficace  inventario  di  strumenti
esecutivi per forzare l'adempimento. 
    10. In  base  alle  suesposte  considerazioni,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'1 comma 51, citato si appalesa prima
facie: 
        a) rilevante, in quanto la disposizione costituisce unico  ed
immediato   paradigma   normativo   di   riferimento   che   comporta
l'inammissibilita' dell'odierno ricorso ed alla cui dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale puo' seguire una pronuncia  nel  merito
satisfattiva delle pretese di parte ricorrente; 
        b) non manifestamente  infondata,  alla  luce  delle  esposte
considerazioni critiche. 
    Pertanto, in applicazione dell'art. 23 della legge Costituzionale
n. 87 del 1953 e,  riservata,  ogni  altra  decisione  all'esito  del
giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa  la
soluzione dell'incidente di costituzionalita', 
 
                               P.Q.M. 
 
    a)  dichiara  rilevanti  per  la  decisione   del   giudizio   di
ottemperanza proposto con il ricorso n. 465/2011 e non manifestamente
infondate le questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 51, della Legge 13 dicembre 2010, n. 222, nei termini e per  le
ragioni esposti in motivazione, per contrasto  con  gli  articoli  3,
comma 1, 24, commi 1 e 2, 41, 111, comma 2, della Costituzione; 
    b) sospende il giudizio in corso; 
    c) ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura  della
Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati; 
    d) dispone la immediata trasmissione degli  atti,  a  cura  della
stessa Segreteria, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Salerno nella camera di consiglio del  giorno  19
maggio2011. 
 
                       Il Presidente: Onorato 
 
 
                                                L'estensore: Guadagno