N. 22 SENTENZA 13 - 16 febbraio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Calamita' pubbliche e protezione civile  -  Disciplina  generale  del
  riparto tra Stato e Regioni delle funzioni e degli oneri in caso di
  eventi calamitosi - Impugnazione  di  una  intera  disposizione  di
  legge statale -  Ricorsi  delle  Regioni  Liguria  e  Basilicata  -
  Censure rivolte su una sola parte della disposizione -  Conseguente
  delimitazione dell'oggetto dell'impugnativa. 
- D.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella legge  26  febbraio
  2011, n. 10, art. 2, comma 2-quater, nella parte in cui introduce i
  commi 5-quater e 5-quinquies,  primo  periodo,  nell'art.  5  della
  legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
- Costituzione, artt. 1, 2, 3, 23, 77, secondo comma, 117, 118,  119,
  commi primo, quarto e quinto, 121, 123. 
Calamita' pubbliche e protezione civile  -  Disciplina  generale  del
  riparto tra Stato e Regioni delle funzioni e degli oneri in caso di
  eventi calamitosi - Questione prospettata in relazione a  parametro
  diverso da quelli, contenuti nel Titolo V, riguardanti  il  riparto
  delle competenze tra  Stato  e  Regioni  -  Ricorso  della  Regione
  Liguria - Dedotto utilizzo improprio della  decretazione  d'urgenza
  ridondante  sulle  attribuzioni  costituzionali  della  Regione   -
  Violazione  potenzialmente  idonea   a   ledere   le   attribuzioni
  costituzionali della Regione - Ammissibilita' della questione. 
- D.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella legge  26  febbraio
  2011, n. 10, art. 2, comma 2-quater, nella parte in cui introduce i
  commi 5-quater e 5-quinquies,  primo  periodo,  nell'art.  5  della
  legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
- Costituzione, art. 77, secondo comma. 
Calamita' pubbliche e protezione civile  -  Disciplina  generale  del
  riparto tra Stato e Regioni delle funzioni e degli oneri in caso di
  eventi calamitosi - Introduzione  nel  corpo  di  un  decreto-legge
  cosiddetto "milleproroghe", per effetto di emendamenti approvati in
  sede  di  conversione  -  Evidente  estraneita'  della   disciplina
  censurata all'oggetto e alle finalita' del decreto-legge in cui  e'
  inserita  -  Mancanza  del  necessario  nesso   di   interrelazione
  funzionale tra decreto-legge e legge di conversione - Uso improprio
  da parte del Parlamento del  potere  di  conversione  attribuitogli
  dalla Costituzione - Illegittimita' costituzionale. 
- D.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella legge  26  febbraio
  2011, n. 10, art. 2, comma 2-quater, nella parte in cui introduce i
  commi 5-quater e 5-quinquies,  primo  periodo,  nell'art.  5  della
  legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
- Costituzione, art. 77, secondo comma. 
Calamita' pubbliche e protezione civile  -  Disciplina  generale  del
  riparto tra Stato e Regioni delle funzioni e degli oneri in caso di
  eventi calamitosi - Accesso al  Fondo  nazionale  della  protezione
  civile subordinato alla deliberazione di aumenti fiscali  da  parte
  della Regione colpita - Lesione dell'autonomia di entrata regionale
  con riguardo all'obbligo di introdurre aumenti  fiscali  -  Lesione
  dell'autonomia di  spesa  regionale  con  riguardo  all'obbligo  di
  utilizzare   risorse   regionali   per   l'esercizio   di   compiti
  istituzionali  propri  di  organismi  statali  -   Violazione   del
  principio del necessario legame tra le entrate delle Regioni  e  le
  funzioni delle stesse - Violazione del dovere di solidarieta' sotto
  il  profilo  del  maggior  aggravio   delle   Regioni   colpite   -
  Illegittimita'  costituzionale  -  Assorbimento   degli   ulteriori
  profili. 
- D.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella legge  26  febbraio
  2011, n. 10, art. 2, comma 2-quater, nella parte in cui introduce i
  commi 5-quater e 5-quinquies,  primo  periodo,  nell'art.  5  della
  legge 24 febbraio 1992, n. 225. 
- Costituzione, artt. 2, 119, commi primo, quarto  e  quinto,  (artt.
  13, 23, 117, 118, 121, 123). 
Calamita' pubbliche e protezione civile  -  Disciplina  generale  del
  riparto tra Stato e Regioni delle funzioni e degli oneri in caso di
  eventi calamitosi - Previsione  secondo  cui  il  Presidente  della
  regione interessata e' autorizzato a deliberare aumenti  di  ordine
  fiscale - Violazione della riserva di legge in materia tributaria -
  Lesione   dell'autonomia   statutaria   regionale   per   ingerenza
  nell'organizzazione regionale  -  Illegittimita'  costituzionale  -
  Assorbimento degli ulteriori profili. 
- D.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito nella legge  26  febbraio
  2011, n. 10, art. 2, comma 2-quater, nella parte in  cui  introduce
  il comma 5-quater, nell'art. 5 della legge  24  febbraio  1992,  n.
  225. 
- Costituzione, artt. 23 e 123 (artt. 1, 2, 3, 117, 118, 119, 121). 
(GU n.8 del 22-2-2012 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici : Franco GALLO, Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,  comma
2-quater, del decreto-legge 29 dicembre  2010,  n.  225  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e di interventi  urgenti
in materia tributaria e di sostegno alle imprese  e  alle  famiglie),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce  i  commi
5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell'art.  5  della  legge  24
febbraio 1992, n.  225  (Istituzione  del  Servizio  nazionale  della
protezione  civile),  promossi  dalle  Regioni  Liguria,  Basilicata,
Puglia, Marche, Abruzzo e Toscana, con ricorsi notificati il  27,  il
26, ed il 27 aprile 2011, depositati in cancelleria il 4, il 5 ed  il
6 maggio 2011, ed iscritti, rispettivamente, ai numeri  38,  39,  40,
41, 42 e 43 del registro ricorsi 2011. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  2012  il  Giudice
relatore Gaetano Silvestri; 
    uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per  la  Regione  Liguria,
Marcello Cecchetti per  le  Regioni  Basilicata,  Puglia  e  Toscana,
Stefano Grassi per le Regioni Marche e  Abruzzo  e  l'avvocato  dello
Stato Beatrice Gaia Fiduccia per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 27 aprile  2011  e  depositato  il
successivo 4 maggio (reg. ric. n. 38 del 2011), la Regione Liguria ha
promosso questioni di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
comma 2-quater, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n.  225  (Proroga
di termini previsti  da  disposizioni  legislative  e  di  interventi
urgenti in materia tributaria e  di  sostegno  alle  imprese  e  alle
famiglie), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma
1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui  introduce
i commi 5-quater e 5-quinquies nell'art. 5 della  legge  24  febbraio
1992, n. 225 (Istituzione del  Servizio  nazionale  della  protezione
civile), per violazione degli artt. 3, 23, 77, 117, secondo  e  terzo
comma, 118, primo e secondo comma, 119, 121 e 123 della Costituzione,
e del principio di leale collaborazione. 
    1.1. - La disposizione impugnata, inserita in sede di conversione
del d.l. n. 225 del 2010, risulterebbe  eccentrica,  a  parere  della
ricorrente, rispetto sia al contenuto del  provvedimento  legislativo
sia a quello dell'articolo 2 del d.l., la cui rubrica reca  «Proroghe
onerose di termini». Essa  riguarda,  infatti,  la  disciplina  della
protezione civile, ed in  particolare  il  regime  finanziario  delle
spese relative agli eventi indicati nell'art. 2, comma 1, lettera c),
della legge n. 225 del 1992, quelli cioe' di  maggiore  gravita',  da
affrontare «con mezzi e poteri straordinari». 
    La ricorrente sottolinea come la qualificazione  di  tali  eventi
avvenga con un atto del Governo - la  dichiarazione  dello  stato  di
emergenza - a seguito del quale  si  determina  la  competenza  dello
stesso Governo e dei commissari da esso  nominati  all'esercizio  dei
relativi poteri. 
    In questo contesto normativo  si  inserisce  il  censurato  comma
5-quater, il quale dispone:  «a  seguito  della  dichiarazione  dello
stato di emergenza, il Presidente  della  regione  interessata  dagli
eventi di cui  all'articolo  2,  comma  1,  lettera  c),  qualora  il
bilancio  della  regione  non  rechi  le  disponibilita'  finanziarie
sufficienti per effettuare le spese conseguenti all'emergenza  ovvero
per la copertura degli oneri conseguenti alla stessa, e'  autorizzato
a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente
legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle  aliquote  ovvero
delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione,  nonche'  ad
elevare  ulteriormente  la  misura  dell'imposta  regionale  di   cui
all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21  dicembre  1990,
n. 398, fino a un massimo di cinque centesimi  per  litro,  ulteriori
rispetto alla misura massima consentita». 
    Il significato della disposizione - che  parrebbe  prevedere  una
mera facolta' del Presidente della Regione  -  sarebbe  chiarito  dal
successivo comma 5-quinquies, primo periodo, riguardante il  concorso
tra il finanziamento regionale e quello statale,  il  quale  prevede:
«qualora le misure adottate ai sensi del  comma  5-quater  non  siano
sufficienti, ovvero in tutti gli altri casi di eventi di cui al comma
5-quater di rilevanza  nazionale,  puo'  essere  disposto  l'utilizzo
delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile». 
    In  definitiva,  osserva   la   Regione   Liguria,   l'intervento
finanziario dello  Stato  viene  alternativamente  condizionato  alla
insufficienza delle risorse regionali, pur dopo  l'attivazione  degli
aumenti fiscali di cui al comma 5-quater, ovvero  al  riconoscimento,
da parte del Governo (se non del solo Ministro dell'economia),  della
«rilevanza nazionale» dell'emergenza: rimangono dunque a carico della
Regione i costi derivanti dalla calamita' che  l'ha  colpita,  tranne
quelli eccedenti il massimo sforzo fiscale che la Regione  stessa  e'
autorizzata   a   compiere,   ovvero   «quelli   che    il    Governo
discrezionalmente vorra' assumere». 
    Il sistema cosi' previsto, prosegue la  ricorrente,  risulterebbe
lesivo delle prerogative regionali e in  contrasto  con  i  parametri
costituzionali evocati. 
    1.2. -  Prima  di  argomentare  le  singole  censure,  la  difesa
regionale esamina il sistema  di  protezione  civile  come  delineato
nella legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio nazionale  della
protezione civile. 
    Tale sistema e' fondato sulla previsione di cui all'art. 2, comma
1, della citata legge, che distingue tre diversi livelli di eventi  a
seconda che  richiedano  interventi  attuabili  da  singoli  enti  ed
amministrazioni competenti in via ordinaria  (lettera  a),  o  invece
comportino l'intervento coordinato di  piu'  enti  o  amministrazioni
competenti in via ordinaria (lettera b), o,  infine,  debbano  essere
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari (lettera c). 
    La legge n. 225 del 1992 sin  dall'origine  attribuiva,  all'art.
12, compiti significativi alle Regioni, successivamente ridefiniti ed
estesi con gli artt. da 107 a 109 del decreto  legislativo  31  marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
della legge 15 marzo 1997, n. 59), e con il decreto-legge 7 settembre
2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per  assicurare  il  coordinamento
operativo delle  strutture  preposte  alle  attivita'  di  protezione
civile e per migliorare le strutture  logistiche  nel  settore  della
difesa civile), convertito in legge, con modificazioni,  dall'art.  1
della legge 9 novembre 2001, n. 401. 
    Tuttavia, avuto riguardo agli eventi indicati  nella  lettera  c)
dell'art. 2, comma 1, della  legge  n.  225  del  1992,  le  funzioni
fondamentali sono da sempre attribuite alla competenza statale,  come
risulta anche dall'art. 107 del d.lgs. n. 112 del  1998,  che  elenca
una serie di compiti di «rilievo nazionale» in materia di  protezione
civile. 
    In  particolare,  osserva  la  ricorrente,  per  gli  eventi  che
richiedono risorse  e  poteri  straordinari,  lo  Stato  esercita  le
funzioni di riconoscimento, coordinamento, disciplina ed  intervento,
anche attraverso i prefetti  e  le  proprie  strutture  del  Servizio
nazionale della protezione civile (artt. 11 e 14 della legge  n.  225
del 1992), in collaborazione con le organizzazioni  non  statali  che
pure partecipano al medesimo Servizio, nonche' con le Regioni  e  con
gli enti locali (artt. 12, 13 e 15 della legge n. 225 del 1992). 
    Sotto il profilo del  finanziamento  dell'attivita'  in  oggetto,
prima che fossero introdotte le disposizioni oggi  impugnate  non  si
dubitava che le spese  straordinarie  -  comprese  ovviamente  quelle
relative agli interventi statali - facessero capo al Fondo  nazionale
della protezione civile, previsto dall'art. 19 della stessa legge  n.
225 del 1992. 
    La riforma attuata con la legge costituzionale 18  ottobre  2001,
n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda  della  Costituzione)
ha poi inserito la protezione  civile  tra  le  materie  di  potesta'
legislativa concorrente, riservando allo Stato la sola determinazione
dei  principi  fondamentali,  con  la  conseguenza   che   i   poteri
legislativi ed amministrativi, gia' attribuiti  allo  Stato,  possono
trovare  attuazione  esclusivamente  in  forza  della  «chiamata   in
sussidiarieta'»,  e  che  la  gestione  degli  stessi   deve   essere
improntata al principio di leale collaborazione. 
    La  ricorrente  osserva  come,  peraltro,   la   citata   riforma
costituzionale  non  abbia  prodotto  modifiche  significative  nella
disciplina  del  Servizio  nazionale  della  protezione  civile:   in
particolare, l'individuazione e la gestione degli eventi piu' gravi -
classificati alla lettera c) dell'art. 2, comma 1, della legge n. 225
del 1992 - sarebbero tutt'ora di competenza statale, come  confermato
dalla Corte costituzionale (sono richiamate le sentenze n. 284  e  n.
82 del 2006), la quale ha escluso che  il  riconoscimento  di  poteri
straordinari e derogatori della legislazione vigente  possa  avvenire
in forza di una legge regionale. e'  soltanto  con  la  deliberazione
dello stato  di  emergenza,  da  parte  del  Consiglio  dei  ministri
d'intesa con la Regione colpita, che vengono attivati ampi poteri  di
ordinanza «in deroga ad ogni disposizione vigente»  e  «nel  rispetto
dei principi generali dell'ordinamento giuridico» in capo agli organi
di governo o ai commissari da essi delegati (art. 5, commi 2, 3  e  4
della legge n. 225 del 1992). 
    1.3. - La ricorrente procede  quindi  all'esame  dei  profili  di
illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, a partire
dalla violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost.,  stante  per  un
verso l'estraneita' delle stesse disposizioni al contenuto  del  d.l.
n. 225 del 2010, e considerata, per altro verso, la radicale  assenza
dei requisiti di necessita' ed urgenza. 
    Le suddette norme sono state inserite dalla legge di  conversione
nell'art. 2,  riguardante  la  materia  delle  «proroghe  onerose  di
termini», la' dove l'art. 1 del relativo  decreto-legge  e'  dedicato
alle «proroghe non onerose», l'art. 3 alla  copertura  finanziaria  e
l'art. 4 all'entrata in vigore. 
    Non vi sarebbe dunque alcuna giustificazione all'introduzione  di
disposizioni  recanti   una   nuova   disciplina   delle   fonti   di
finanziamento delle attivita' di  protezione  civile  nel  corpo  del
decreto-legge citato, avendo la legge di conversione contenuto tipico
e vincolato, consistente  appunto  nella  conversione  in  legge  del
provvedimento normativo predisposto dal Governo. 
    Sarebbero inoltre assenti  ragioni  di  urgenza  specifica,  come
confermato dalla mancata indicazione delle stesse nel decreto,  oltre
che dal contenuto della direttiva del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 14 marzo 2011 (Indirizzi per lo svolgimento delle  attivita'
propedeutiche  alle  deliberazioni  del  Consiglio  dei  Ministri  da
adottare ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge  24  febbraio
1992, n. 225 e per la predisposizione ed attuazione  delle  ordinanze
di cui all'articolo 5, commi 2 e 3 della legge 24 febbraio  1992,  n.
225, nonche' in attuazione del decreto-legge  29  dicembre  2010,  n.
225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,  n.
10).  La  predetta  direttiva  presenta  il  contenuto  tipico  della
circolare esplicativa che illustra,  per  il  futuro,  la  disciplina
applicabile. 
    Peraltro, l'utilizzo improprio dello strumento della decretazione
d'urgenza,  in  un   ambito   materiale   di   potesta'   legislativa
concorrente, avrebbe privato le Regioni  della  possibilita'  di  far
valere le proprie ragioni. 
    La difesa  regionale  richiama  in  proposito  la  giurisprudenza
costituzionale che ammette, nei giudizi in via principale promossi da
ricorsi delle Regioni, l'invocazione di parametri esterni al Titolo V
della Parte seconda della Costituzione, qualora la violazione di essi
si traduca in una lesione delle competenze  costituzionali  dell'ente
ricorrente (sentenza n. 116 del 2006), e cita  numerose  pronunce  in
cui  sono  state  censurate  leggi  statali   che   comprimevano   le
prerogative regionali attraverso la violazione di norme non  comprese
nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione. 
    E'  inoltre  richiamata  la  giurisprudenza  costituzionale  piu'
recente in tema di illegittimita' del decreto-legge per  difetto  dei
presupposti di necessita' e urgenza (sentenze n. 128 del  2008  e  n.
171 del 2007). 
    1.4. - Le disposizioni impugnate risulterebbero in contrasto  con
l'art. 119, primo, quarto e  quinto  comma,  Cost.,  in  quanto,  pur
mantenendo in capo allo Stato le competenze decisionali e  gestionali
sopra illustrate, porrebbero il costo degli interventi a carico della
Regione colpita, in  tal  modo  recidendo  il  nesso  tra  risorse  e
funzioni. 
    Come evidenziato in premessa, a parere della ricorrente, soltanto
in apparenza il comma 5-quater facoltizza il Presidente della Regione
a deliberare gli aumenti fiscali, essendo in realta' tale aumento  un
atto dovuto, «in assenza del quale  non  vi  sarebbe  alcuna  risorsa
finanziaria  disponibile  per  affrontare  l'emergenza:  la   Regione
infatti non disporrebbe delle risorse, e lo Stato non sarebbe neppure
abilitato ad utilizzare il fondo nazionale per la protezione  civile,
se non per  emergenze  di  "rilievo  nazionale"».  In  tal  senso  si
esprimerebbe il gia'  richiamato  documento  di  indirizzo  elaborato
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, nel quale si  legge  che
gli aumenti fiscali costituiscono «un vero  e  proprio  onere  e  non
piuttosto una facolta' lasciata alla libera iniziativa  discrezionale
della Regione». 
    Per effetto della nuova disciplina,  quindi,  all'indomani  della
dichiarazione dello stato di  emergenza  da  parte  del  Governo,  il
Presidente della Regione  interessata  e'  tenuto  a  deliberare  gli
aumenti fiscali, non potendo essere utilizzato (per le emergenze  che
non hanno «rilevanza nazionale») il Fondo nazionale per la protezione
civile se non ad integrazione dell'insufficiente  gettito  dei  nuovi
tributi. 
    La circostanza che tale gettito sarebbe destinato anche a coprire
le  spese  degli  organi  dello  Stato  emerge  dalla  lettera  delle
disposizioni  impugnate,  in  cui  si  fa  riferimento  alle   «spese
conseguenti  all'emergenza  ovvero  per  la  copertura  degli   oneri
conseguenti alla stessa», nonche' dalla bozza di  atto  di  indirizzo
gia' citata. 
    La  singolarita'  della   nuova   disciplina   e'   ulteriormente
accentuata dalla disposizione, inserita nell'art. 5, comma  2,  della
legge n. 225 del 1992 ad opera dell'art. 2,  comma  2-quinquies,  del
d.l. n. 225 del 2010, a mente della quale «le ordinanze sono  emanate
di concerto, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, con
il Ministro dell'economia e delle finanze», la' dove il  costo  degli
interventi e' a carico della Regione colpita. 
    Di  qui  la  violazione  dell'autonomia  finanziaria   regionale,
garantita dell'art. 119 Cost.: la Regione interessata e'  tenuta  non
soltanto ad introdurre aumenti fiscali  ma  anche  ad  utilizzare  le
proprie entrate a favore di organismi  statali  per  l'esercizio  dei
relativi compiti istituzionali. In particolare,  l'art.  119,  quarto
comma, Cost. stabilisce un collegamento tra  risorse  e  funzioni  in
ambito regionale, e dunque non consente di utilizzare le prime per il
finanziamento di funzioni statali. 
    Sarebbe violato anche il quinto comma del medesimo parametro, che
prevede l'intervento dello Stato, con risorse  aggiuntive,  affinche'
le Regioni possano «provvedere a scopi diversi dal normale  esercizio
delle loro funzioni», la' dove la  normativa  impugnata  impone  alle
Regioni colpite da eventi calamitosi  di  destinare  proprie  risorse
aggiuntive in favore di organi ed attivita' statali. 
    Ulteriore  lesione  dell'art.  119,  quinto   comma,   Cost.   si
verificherebbe con riguardo al  principio  di  solidarieta'  (sancito
anche  dall'art.  2  Cost.),  in  quanto  le  spese  derivanti  dalla
calamita'  non  vengono   ripartite   nell'ambito   della   comunita'
nazionale, ma addossate alla sola Regione colpita e, quindi,  ad  una
popolazione gia' indebolita. 
    1.5. - La Regione Liguria ritiene che le norme statali  impugnate
si pongano in contrasto anche con l'art. 118, primo comma, con l'art.
3, primo comma, Cost., e con il principio di ragionevolezza. 
    Sotto il primo profilo, la difesa regionale osserva  come  l'art.
118, primo comma, Cost. consenta allo Stato di attribuire a se stesso
funzioni che richiedono l'esercizio unitario  sull'intero  territorio
nazionale, essendo peraltro implicito in detto parametro che  in  tal
caso lo Stato debba anche assumere i relativi oneri. 
    Quanto alla prospettata violazione del principio di  uguaglianza,
la  stessa  difesa  evidenzia  come,  a  fronte   dell'esercizio   di
competenze assunte  dallo  Stato  per  esigenze  di  unitarieta',  la
discriminazione dei contribuenti su base territoriale  sarebbe  priva
di giustificazione, risultando doppiamente iniqua  nei  confronti  di
quanti siano stati direttamente colpiti dall'evento calamitoso. 
    Infine, il comma  5-quater,  introdotto  dall'impugnato  art.  2,
comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, sarebbe irragionevole anche
in quanto istituisce misure incerte  nel  risultato,  e  comunque  in
grado di produrre i propri effetti solo nel medio-lungo periodo,  per
fare fronte a costi  che  debbono  essere  coperti  mediante  entrate
immediatamente disponibili. Gia' in astratto,  dunque,  lo  strumento
individuato dal legislatore statale parrebbe incongruo  a  realizzare
il fine dichiarato. 
    La ricorrente rivendica, da ultimo, la propria  legittimazione  a
denunciare norme che impongono  manovre  tributarie  alla  Regione  e
incidono negativamente sulle condizioni dei propri cittadini. 
    1.6.  -  La  Regione  Liguria   evidenzia,   inoltre,   come   la
disposizione  contenuta  nel  comma  5-quater,  nella  parte  in  cui
"autorizza" il Presidente della Regione a deliberare gli  aumenti  di
carattere fiscale, attribuisca al predetto organo un potere  che  non
gli spetta nel quadro  del  riparto  di  competenze  tra  gli  organi
regionali. Sia il principio di legalita' di cui  all'art.  23  Cost.,
sia il riparto  di  competenze  regionali  delineato  dall'art.  121,
secondo comma, Cost.,  impongono,  ai  fini  della  introduzione  dei
tributi, l'intervento del Consiglio regionale; in ogni caso poi,  ove
pure non vi fossero i vincoli  costituzionali  indicati,  spetterebbe
all'autonomia statutaria di ciascuna Regione l'attribuzione  di  tale
competenza (e' richiamata la sentenza n. 407 del 1989). 
    Pertanto, la norma statale si porrebbe in  contrasto  con  l'art.
121,  secondo  comma,  Cost.,  che  assegna  al  Consiglio  regionale
l'esercizio  delle  potesta'  legislative  attribuite  alle  Regioni,
nonche' con l'art. 123, primo comma, Cost. che garantisce l'autonomia
statutaria. 
    1.7.-  In  via  subordinata,   la   Regione   Liguria   prospetta
l'illegittimita' costituzionale del «comma 5-quinquies»  dell'art.  5
della legge n. 225 del 1992,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
partecipazione  delle  Regioni  alla  valutazione  della   «rilevanza
nazionale»  dell'evento,  in  violazione  del  principio   di   leale
collaborazione. 
    Posto, infatti, che il meccanismo delineato dai commi 5-quater  e
5-quinquies consente di evitare la  "maggior  contribuzione  fiscale"
della  popolazione  della  Regione  colpita  solo  nel   caso   venga
riconosciuto il rilievo nazionale dell'emergenza, esiste un  evidente
interesse della stessa Regione e di tutte le altre a  concorrere  sia
all'elaborazione dei criteri  per  la  corrispondente  qualificazione
degli eventi, sia all'assunzione delle  decisioni  al  riguardo.  Del
resto, lo schema della chiamata in sussidiarieta', che consente  allo
Stato di  assumere  le  funzioni  amministrative  in  detta  materia,
imporrebbe di per se' il coinvolgimento delle Regioni nella procedura
decisionale circa la rilevanza nazionale dell'evento. 
    Diversamente,  la  normativa   impugnata   non   contiene   alcun
riferimento a  detto  coinvolgimento,  risultando  costituzionalmente
illegittima nella parte in cui non prevede la partecipazione  a  tale
decisione ne'  della  Conferenza  Stato-Regioni,  ne'  della  Regione
colpita  dall'evento,  sulla  quale  incomberebbe  la   maggiorazione
fiscale nel caso che non venga riconosciuta  la  rilevanza  nazionale
dell'evento. 
    2. - Con ricorso notificato il 26 aprile  2011  e  depositato  il
successivo 5 maggio (reg. ric. n. 39 del 2011), la Regione Basilicata
ha promosso questioni di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  10  del  2011,
nella parte in cui introduce i commi 5-quater e 5-quinquies nell'art.
5 della legge n. 225 del 1992, per violazione degli artt. 1, 3, 118 e
119 Cost. 
    2.1. - Dopo aver richiamato il contenuto  dei  commi  5-quater  e
5-quinquies, la ricorrente esamina il sistema  di  protezione  civile
delineatosi nel corso degli anni, sulla base  della  ormai  acquisita
consapevolezza che  l'Italia  e'  un  paese  ad  elevato  rischio  di
catastrofi naturali. 
    La normativa contenuta nella legge n. 225 del 1992 attribuisce al
Presidente del Consiglio dei  ministri  o,  su  delega,  al  Ministro
dell'interno, la responsabilita' del  coordinamento  delle  attivita'
delle amministrazioni statali, delle  Regioni,  delle  Province,  dei
Comuni,  degli  enti  pubblici  nazionali,  nonche'  di  ogni   altra
organizzazione  pubblica  e  privata  presente  sul  territorio.   Le
attivita' di protezione civile, individuate all'art.  5  della  legge
citata, possono essere idealmente distinte in «due  grandi  blocchi»,
il primo dei quali riguarda la previsione e prevenzione dei  fenomeni
calamitosi (fase di pre-emergenza), mentre l'altro comprende tutte le
attivita'  che  debbono  essere  svolte  in   occasione   di   eventi
catastrofici. Quanto poi alla fase della ricostruzione, essa  non  e'
attribuita specificamente ad un soggetto istituzionale, e  finora  e'
stata disciplinata con norme ad hoc. 
    La difesa regionale prosegue evidenziando come al  Consiglio  dei
ministri  spetti  l'approvazione  degli  indirizzi  generali  per  la
predisposizione dei programmi nazionali di previsione  e  prevenzione
dei vari tipi di rischio, nonche' dei programmi  di  soccorso  e  dei
piani nazionali di  emergenza.  La  redazione  di  questi  ultimi  e'
affidata  al  Dipartimento  della  protezione  civile,  che   dipende
direttamente  dalla  Presidenza  del  Consiglio,  con  l'ausilio,  in
qualita' di organo consultivo, della  Commissione  nazionale  per  la
previsione e prevenzione dei grandi rischi. Le  Regioni  e  gli  Enti
locali sono coinvolti in questo processo di pianificazione. 
    La disciplina  dell'intervento  delle  istituzioni  nazionali  in
occasione di eventi calamitosi e' contenuta nell'art. 2  della  legge
n. 225 del 1992. 
    Nel caso in cui l'evento coinvolga il solo territorio comunale  e
possa essere affrontato con i mezzi di  cui  il  Comune  dispone,  il
sindaco assume la direzione ed il coordinamento dei soccorsi; qualora
invece sia interessato un territorio  piu'  ampio  tale  funzione  e'
esercitata  dal  prefetto.  Quando  infine  l'evento   coinvolga   il
territorio di una o piu' Province, ovvero presenti intensita' tale da
richiedere di essere fronteggiato con  mezzi  e  poteri  straordinari
(art. 2, comma 1, lettera c, della legge  n.  225  del  1992),  viene
proclamato  lo  stato  di  emergenza  ed  e'  convocato  il  Comitato
operativo della protezione civile per garantire la direzione unitaria
e il coordinamento delle attivita' a livello nazionale. 
    Il finanziamento degli interventi di  protezione  civile  avviene
facendo ricorso principalmente al Fondo nazionale per  la  protezione
civile, istituito con l'art. 2 del decreto-legge 10 luglio  1982,  n.
428 (Misure urgenti per la protezione civile), convertito  in  legge,
con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 547. 
    Su questo sistema, osserva la Regione Basilicata, si innestano le
disposizioni oggetto di impugnazione, con le quali viene disposta  la
compartecipazione  delle  Regioni  e  delle  popolazioni  interessate
dall'evento calamitoso alla «copertura dei  danni»  conseguenti  alla
dichiarazione dello stato di emergenza. 
    2.2.   -   La   Regione   Basilicata    illustra    le    ragioni
dell'impugnativa, osservando in primo luogo come, in  base  ai  commi
5-quater e 5-quinquies dell'art. 5 della legge n. 225  del  1992,  il
ricorso alle risorse del Fondo nazionale  di  protezione  civile  sia
possibile in due distinte ipotesi:  nel  caso  di  insufficienza  dei
mezzi  propri  della  Regione  interessata,  dopo  l'utilizzo   degli
incrementi tributari disposti dalla Regione stessa, ovvero  nei  casi
di eventi di «rilevanza nazionale». 
    Cio' posto, secondo la ricorrente non  sarebbero  in  alcun  modo
precisati i criteri in base  ai  quali  un  evento  calamitoso  possa
essere  qualificato  come  di  «rilevanza  nazionale»,  non   potendo
soccorrere il riferimento all'estensione territoriale  del  fenomeno,
gia' trascurato dall'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n.  225
del 1992, che fa invece  riferimento  ai  mezzi  e  poteri  idonei  a
fronteggiare l'evento. 
    Si  tratta,  dunque,  di  valutazione  rimessa  all'apprezzamento
politico circa  l'importanza  dell'evento;  valutazione,  che  dovra'
essere compiuta, con ogni probabilita', dal Consiglio dei ministri in
sede di deliberazione dello stato di emergenza, tenendo  conto  della
durata, dell'estensione, della qualita' e  della  natura  dell'evento
(elementi cui fa riferimento esplicito l'art. 5, comma 1, della legge
n. 225 del 1992). 
    Questa  dunque  parrebbe  l'interpretazione  piu'  aderente  alla
lettera delle  disposizioni  impugnate,  conforme  alla  ratio  della
novella legislativa;  diversamente,  ove  si  ritenesse  l'intervento
statale condizionato rigidamente  dal  completo  utilizzo,  da  parte
della Regione interessata, degli incrementi tributari,  si  finirebbe
per  negare  la  «rilevanza  nazionale»  dell'evento  e  l'intervento
statale assumerebbe  funzione  suppletiva  delle  finanze  regionali,
senza tenere  conto  della  natura  e  della  qualita'  degli  eventi
straordinari. 
    Peraltro, secondo la difesa regionale,  l'opzione  interpretativa
prescelta produce una evidente discriminazione tra le  Regioni  e  le
rispettive   popolazioni,   non    potendo    determinarsi    «eventi
oggettivamente di rilevanza nazionale» meritevoli della  solidarieta'
dell'intera  nazione:  vi  saranno  eventi   che   riceveranno   tale
qualificazione ed eventi che non la riceveranno, con  le  conseguenze
sopra indicate. 
    Sarebbero dunque violati gli artt. 1 e 3 Cost. 
    La difesa regionale ritiene che le norme in esame si  pongano  in
contrasto anche con gli artt. 118 e 119 Cost.: per un verso, infatti,
nel prevedere  l'esercizio  unitario  della  funzione  di  protezione
civile,  non  sarebbero  rispettati  i  principi  di  sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza, e, per  altro  verso,  sarebbe  lesa
l'autonomia finanziaria regionale, risultando imposto  l'aumento  del
gettito tributario per poter avanzare  la  richiesta  di  accesso  al
Fondo nazionale. 
    3.- Con ricorso notificato il 27  aprile  2011  e  depositato  il
successivo 6 maggio (reg. ric. n. 40 del 2011), la Regione Puglia  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma
2-quater, del  d.l.  n.  225  del  2010,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  10  del  2011,
nella parte in cui introduce i commi 5-quater  e  5-quinquies,  primo
periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  del  1992,  per  violazione
degli artt. 2, 3, 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119 Cost.,  e
del principio di leale collaborazione. 
    3.1. - La difesa regionale evidenzia, in premessa, come l'effetto
immediato delle disposizioni censurate sia quello di far gravare  sul
bilancio  regionale  il  finanziamento  di  tutte  le   funzioni   di
protezione  civile  connesse  alla  gestione  delle   situazioni   di
emergenza che seguono ad eventi straordinari,  qualunque  sia  l'ente
competente ad esercitare tali funzioni. In particolare, sulla Regione
interessata dall'evento  viene  posto  l'onere  economico  sia  delle
funzioni di competenza regionale, sia di quelle spettanti agli  altri
enti coinvolti, comprese le funzioni esercitate da organi  statali  o
facenti capo a servizi dello Stato. 
    Di  qui  la  limitazione  dell'autonomia   costituzionale   delle
Regioni. 
    La  ricorrente  ricostruisce  quindi  il  complesso  sistema   di
protezione civile nel quale le predette disposizioni si  inseriscono,
come disciplinato dalla legge n. 225 del 1992,  dagli  artt.  107-109
del d.lgs. n. 112 del  1998,  nonche'  dal  d.l.  n.  343  del  2001,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1  della  legge  n.
401 del 2001. 
    E' richiamato l'art. 2, comma 1, delle legge n. 225 del 1992, che
distingue, ai fini dell'attivita' di protezione civile, tre tipologie
di eventi, nonche' l'art. 5 della medesima legge, il quale disciplina
il procedimento che si instaura a  partire  dal  verificarsi  di  uno
degli eventi per i quali e' necessario il ricorso a  mezzi  e  poteri
straordinari.  In  detto  procedimento  sono  coinvolti  gli   organi
statali, come confermato anche dall'art. 107 del d.lgs.  n.  112  del
1998, secondo cui allo Stato spetta la «predisposizione, d'intesa con
le Regioni e gli enti locali interessati, dei piani di  emergenza  in
caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2,  comma  1,  lettera  c),
della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e la loro attuazione». 
    La difesa regionale indica le ulteriori  norme  che  regolano  il
ruolo degli apparati dello Stato nella  materia  de  qua,  a  partire
dall'art. 11 della legge n. 225 del 1992, che individua le  strutture
di livello nazionale alle  quali  e'  necessario  affidarsi  per  gli
interventi operativi, per passare all'art. 5  del  d.l.  n.  343  del
2001, il quale indica le strutture di cui si avvale  direttamente  il
Presidente del Consiglio dei ministri nello svolgimento  dei  compiti
attribuiti all'Amministrazione centrale. 
    In  particolare,  al  Dipartimento  per  la  protezione   civile,
anch'esso  posto  alle  dirette  dipendenze  della   Presidenza   del
Consiglio, sono attribuite le principali funzioni operative,  nonche'
tutti i compiti precedentemente attribuiti all'Agenzia di  protezione
civile dall'art. 81 del decreto legislativo 30 luglio  1999,  n.  300
(Riforma dell'organizzazione del Governo, a  norma  dell'articolo  11
della legge 15 marzo 1997,  n.  59),  tra  i  quali  figurano  quelli
riguardanti le attivita' connesse con gli eventi  calamitosi  di  cui
all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225 del 1992. 
    Cio' posto in linea generale, la  ricorrente  evidenzia  come  in
questa sede risultino rilevanti proprio le competenze concernenti  la
gestione degli eventi straordinari, indicati nella  norma  da  ultimo
richiamata, rispetto ai quali il sistema  attribuisce  al  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  al  Governo  un  ruolo  centrale,  di
competenza  generale  e  residuale,  mentre  gli  enti   territoriali
sub-statali svolgono funzioni ancillari. 
    3.2. - La Regione Puglia espone  quindi  le  ragioni  di  censura
poste alla base del ricorso, previo esame delle norme oggetto. 
    Secondo la ricorrente, il combinato disposto dei commi 5-quater e
5-quinquies, primo periodo, impone alla Regione  colpita  dall'evento
calamitoso, e per essa al suo Presidente, di esercitare  la  potesta'
tributaria riconosciutale dalla legislazione vigente - fino ai limiti
massimi  consentiti  da   questa   o   fino   all'ulteriore   aumento
straordinario dell'imposta sulla benzina  per  autotrazione  -  e  di
destinare il  relativo  gettito  al  finanziamento  degli  interventi
necessari a fronteggiare l'emergenza. 
    Solo a seguito dell'adozione di tali misure e  della  certificata
insufficienza a coprire i costi degli interventi, la Regione  colpita
puo' avanzare richiesta di accesso al Fondo nazionale  di  protezione
civile,  con  esito  peraltro  rimesso  alla  decisione,  politica  e
unilaterale, del Governo.  In  via  di  eccezione,  le  stesse  norme
connettono  l'utilizzo  del  Fondo  nazionale   alla   qualificazione
dell'evento  come  «di  rilevanza  nazionale»,  e   dunque   ad   una
valutazione che si  configura  anch'essa  come  scelta  politica  del
Governo. 
    Anche il dibattito parlamentare che ha  preceduto  l'approvazione
della legge di conversione n. 10 del 2011 confermerebbe,  secondo  la
difesa regionale, questa interpretazione delle norme in esame. In tal
senso si esprimerebbe pure la direttiva del Presidente del  Consiglio
dei ministri 14 marzo 2011. 
    3.3.- Le censure, diffusamente argomentate dalla  stessa  difesa,
sono riferite anzitutto all'art. 119  Cost.,  ed  in  particolare  al
principio   della   corrispondenza   tra   le   risorse   finanziarie
ordinariamente  disponibili  da  parte  degli  enti  territoriali   e
l'esercizio delle funzioni attribuite alla titolarita' di ciascuno di
essi,  sul  presupposto  che  le  disposizioni  contenute  nei  commi
5-quater e 5-quinquies impongano alle Regioni di finanziare  funzioni
amministrative di esclusiva pertinenza statale. 
    La ricorrente richiama in particolare il quarto  comma  dell'art.
119 Cost., il quale stabilisce che «le risorse derivanti dalle  fonti
di  cui   ai   commi   precedenti   [tributi   ed   entrate   propri,
compartecipazioni al gettito di tributi erariali e quote di spettanza
del fondo perequativo] consentono  ai  Comuni,  alle  Province,  alle
Citta' metropolitane e alle Regioni di  finanziare  integralmente  le
funzioni pubbliche loro attribuite». Il  quinto  comma  del  medesimo
art. 119, che costituisce norma di chiusura, prevede - in  deroga  al
principio della corrispondenza tra  funzioni  esercitate  ed  entrate
ordinarie - che lo Stato destini risorse aggiuntive  a  singoli  enti
territoriali  per  garantire  la  realizzazione  di   alcuni   valori
fondamentali della Repubblica, nonche' per  provvedere  a  tutti  gli
scopi  che  fuoriescano  dal  «normale  esercizio»   delle   funzioni
ordinariamente spettanti agli stessi enti territoriali. 
    L'evocato principio di corrispondenza sarebbe qui rilevante sotto
un duplice profilo: per un verso, esso non ammette che le funzioni di
un ente territoriale possano essere finanziate  mediante  ricorso  ad
entrate diverse da quelle che, in via  ordinaria,  competono  al  suo
bilancio; per altro verso, lo  stesso  principio  presuppone  che  le
risorse  (ordinarie)  degli  enti  territoriali  siano  destinate  al
finanziamento delle funzioni da essi svolte, e non  al  finanziamento
di funzioni svolte da altri soggetti. 
    3.3.1. - Secondo la ricorrente, l'art. 119, quinto  comma,  Cost.
sarebbe violato anche in  relazione  ai  principi  di  uguaglianza  e
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., e ai principi di solidarieta'
politica, economica e sociale di cui all'art. 2 Cost. 
    Lo  Stato,  infatti,  ha  il  compito  di  destinare  agli   enti
territoriali risorse aggiuntive rispetto a quelle indicate nei  commi
secondo e  terzo  del  medesimo  art.  119  Cost.,  e  di  effettuare
interventi speciali in favore di  alcuni  di  essi,  con  le  precise
finalita',  indicate  dal  quinto  comma  dell'art.  119  Cost.,   di
promuovere lo sviluppo  economico,  la  coesione  e  la  solidarieta'
sociale,  di  rimuovere  gli  squilibri  economici  e   sociali,   di
rafforzare la garanzia dell'effettivo  esercizio  dei  diritti  della
persona, di intervenire ove ricorra la  necessita'  di  provvedere  a
scopi diversi dal normale  esercizio  delle  funzioni  affidate  alla
competenza degli enti autonomi territoriali. 
    Il  quinto  comma  dell'art.  119,  Cost.  delinea,  quindi,  una
peculiare funzione "sussidiaria" dello Stato, a  garanzia  di  alcuni
valori fondanti della comunita' nazionale. Tale funzione verrebbe  in
rilievo in occasione del verificarsi degli eventi indicati  nell'art.
2, comma 1, lettera  c),  della  legge  n.  225  del  1992;  in  casi
siffatti, le amministrazioni locali si trovano a  dover  fronteggiare
situazioni  che  pregiudicano  i  valori  contemplati  nel  parametro
evocato, in quanto fuoriescono dal normale esercizio  delle  funzioni
delle autonomie territoriali. 
    Pertanto,  le  disposizioni  sottoposte  a  scrutinio   avrebbero
l'effetto di determinare la «sostanziale abdicazione» da parte  dello
Stato ai propri  compiti  espressamente  contemplati  nell'art.  119,
quinto comma, Cost. 
    Il contrasto con i principi di uguaglianza  e  di  ragionevolezza
discenderebbe dall'avere posto l'onere degli interventi finalizzati a
fronteggiare l'evento calamitoso a carico delle collettivita' colpite
dall'evento stesso, a dispetto della responsabilita' dello Stato  per
la rimozione degli squilibri economici e sociali, e per  la  garanzia
dell'effettivo esercizio dei diritti della persona. 
    In proposito, la ricorrente richiama  il  dibattito  parlamentare
svoltosi in sede di  conversione  del  decreto-legge  impugnato,  nel
corso  del  quale  e'  stato  segnalato  il  possibile   profilo   di
illegittimita' costituzionale  di  disposizioni  che  configurano  un
trattamento  deteriore  per  le   popolazioni   colpite   da   eventi
catastrofici. Di qui discenderebbe  l'irragionevolezza  della  scelta
legislativa  di  imporre  un  aumento  dei   tributi   proprio   alle
popolazioni colpite dalla calamita' naturale. Per un verso,  infatti,
alla base della imposizione non vi sarebbe alcuna  manifestazione  di
capacita' contributiva, dovendosi al contrario ritenere probabile una
riduzione di tale  capacita'  in  capo  ai  cittadini  dei  territori
colpiti; per altro verso, le disposizioni in esame risulterebbero  in
contraddizione con quanto previsto dal comma 5-ter del medesimo  art.
5 della legge n. 225 del 1992, che  prevede  agevolazioni  fiscali  a
favore dei soggetti colpiti da eventi calamitosi. 
    Sarebbe  evidente,  a  parere  della  Regione  Puglia,  anche  la
violazione del principio di solidarieta' sancito dall'art.  2  Cost.,
da  declinarsi  come  dovere  di  solidarieta',  secondo  l'accezione
utilizzata nell'art. 119, quinto comma, Cost. 
    3.3.2. - La ricorrente reputa violato, inoltre, l'art. 119, primo
comma, Cost.  e  il  principio,  ivi  consacrato,  dell'autonomia  di
entrata  e  di  spesa  delle  Regioni.   Questo   principio   sarebbe
compromesso da disposizioni statali che impongono  di  finanziare,  a
carico del bilancio regionale,  l'esercizio  di  funzioni  esercitate
dallo Stato, e che  prescrivono  aumenti  dei  tributi  nella  misura
massima  consentita  dalla  legislazione  nazionale  vigente,   cosi'
azzerando ogni margine di scelta delle Regioni. 
    Se e' vero, poi, che le Regioni possono, in luogo  di  deliberare
aumenti, ridurre o eliminare spese in precedenza stabilite, nondimeno
anche  tale  soluzione  alternativa  realizzerebbe  una  compressione
dell'autonomia regionale. 
    La ricorrente, richiamando la sentenza  n.  320  del  2004  della
Corte costituzionale, evidenzia come la "costrizione"  a  ridurre  le
politiche di spesa, per il tramite della  minaccia  costituita  dalla
possibile   compressione   dell'autonomia    di    entrata,    incida
sull'esercizio delle competenze attribuite alle Regioni  in  numerosi
ambiti materiali. 
    La violazione dei principi di autonomia finanziaria delle Regioni
e di corrispondenza tra le entrate ordinarie di queste  ultime  e  le
funzioni esercitate sarebbe apprezzabile anche da un ulteriore  punto
di vista. Se, infatti, le risorse di cui ai  commi  secondo  e  terzo
dell'art. 119  Cost.,  devono  consentire  agli  enti  di  finanziare
integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro  attribuite,  salva   la
possibilita' per lo  Stato  di  destinare  risorse  aggiuntive  e  di
effettuare interventi speciali (sono richiamate le sentenze n. 37 del
2004 e n. 370 del 2003), la Regione colpita dall'evento e'  costretta
a ridurre lo stanziamento di  bilancio  volto  a  finanziare  proprie
funzioni amministrative, per evitare la  compressione  della  propria
autonomia di entrata. Risulta in tal modo vulnerato il  principio  di
corrispondenza tra risorse ordinarie e finanziamento  delle  funzioni
regionali. 
    La ricorrente precisa  di  essere  consapevole  dell'orientamento
ormai consolidato della Corte costituzionale, secondo cui il  sistema
configurato dall'art.  119  Cost.  non  e'  in  grado  di  dispiegare
pienamente i suoi effetti fino a quando non sara' operante  la  legge
statale ivi prevista per il coordinamento della  finanza  pubblica  e
del sistema tributario. Nondimeno, la  stessa  Corte  ha  piu'  volte
chiarito come cio' non escluda che, prima della compiuta  attuazione,
l'art. 119 sia in grado di  imporre  alcuni  precetti,  di  immediata
applicabilita'. In particolare, oltre  al  richiamato  "principio  di
corrispondenza"  tra  entrate  e  funzioni,   il   parametro   citato
evidentemente impedisce che si proceda in senso inverso a  quanto  in
esso prescritto, nel senso che sarebbe comunque  vietato  configurare
un sistema finanziario che  contraddica  i  principi  indicati  (sono
richiamate le sentenze n. 423, n. 320, n. 241 e n. 37 del 2004), come
invece disposto dalle previsioni oggetto della presente impugnazione. 
    3.3.3. - La difesa regionale prospetta un  ulteriore  profilo  di
illegittimita'  costituzionale  dei  commi  5-quater  e   5-quinquies
dell'art. 5 della legge  n.  225  del  1992,  ancora  per  violazione
dell'art. 119 Cost., avuto riguardo  all'imposizione  di  vincoli  di
destinazione a risparmi di spesa e ad entrate regionali. 
    Al  riguardo,  e'  richiamata  la  giurisprudenza  costituzionale
secondo cui  dal  parametro  costituzionale  indicato  si  deduce  il
divieto  di  istituire  fondi  a  destinazione  vincolata  in  ambiti
materiali attribuiti alla competenza residuale  o  concorrente  delle
Regioni. 
    Pur non ricorrendo,  nella  specie,  l'istituzione  di  un  fondo
siffatto, il principio invocato avrebbe una  portata  piu'  generale,
tale da ricomprendere anche il vincolo posto dalle norme sottoposte a
scrutinio, il quale grava, alternativamente,  sulle  somme  derivanti
dall'aumento del prelievo tributario,  ove  disposto  dal  Presidente
della Regione colpita  dall'evento  calamitoso,  ovvero  sulle  somme
derivanti dai risparmi di spesa deliberati dalla medesima Regione per
evitare di aumentare il prelievo tributario. 
    Il divieto di porre vincoli di destinazione sulle  somme  che  lo
Stato  trasferisce  alle  Regioni  dovrebbe  valere  a  fortiori   in
riferimento alle risorse che le  Regioni  reperiscono  autonomamente,
quali sono quelle derivanti da  aumenti  del  prelievo  tributario  e
quelle conseguenti a riduzione delle spese. 
    La ricorrente segnala l'assenza di  precedenti  giurisprudenziali
sul tema, a suo dire riconducibile al  fatto  che  fino  ad  oggi  la
legislazione  statale  non  ha  mai  esercitato  una  cosi'  radicale
compressione dell'autonomia finanziaria regionale. 
    3.3.4. - Secondo la Regione Puglia, le disposizioni in  esame  si
porrebbero in contrasto anche con gli artt. 117, terzo comma, e  119,
secondo comma, Cost., in relazione  alla  competenza  concorrente  in
materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario. 
    Quest'ultimo sarebbe, infatti,  l'ambito  materiale  direttamente
interessato dai commi 5-quater e 5-quinquies dell'art. 5 della  legge
n. 225 del 1992, i quali  dettano  regole  di  "coordinamento"  degli
oneri finanziari connessi alla  gestione  dello  stato  di  emergenza
derivante da calamita' naturali o eventi catastrofici,  ponendone  il
relativo peso sui  bilanci  regionali,  con  conseguente  limitazione
della potesta' di spesa delle Regioni, e rendendo solo  eventuale  il
ricorso al Fondo nazionale di protezione civile. 
    Trattandosi  di  ambito  materiale  attribuito  alla   competenza
concorrente, occorre discernere tra principi fondamentali e norme  di
dettaglio, utilizzando criteri che tengano conto  della  peculiarita'
della materia. 
    In  tema  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  la  Corte
costituzionale ha piu' volte  affermato  che  le  norme  statali  che
impongono vincoli alle spese sono espressive di principi fondamentali
soltanto se tali vincoli sono finalizzati a  raggiungere  l'obiettivo
del  riequilibrio  della  finanza  pubblica  (tra  le  piu'  recenti,
sentenze n. 326 e n. 52 del 2010). Nel caso di specie, la  ricorrente
ritiene che debba essere esclusa la natura di  principi  fondamentali
della materia per le disposizioni  contenute  nei  commi  5-quater  e
5-quinquies,  primo   periodo,   in   quanto   non   finalizzate   al
perseguimento dell'obiettivo del riequilibrio della finanza pubblica. 
    3.3.5.  -  In  via  subordinata  rispetto  alle  censure   finora
esaminate,   la    Regione    Puglia    prospetta    l'illegittimita'
costituzionale - per violazione dell'art. 119, quinto  comma,  Cost.,
anche in relazione agli artt. 2 e 3 Cost. -  del  comma  5-quinquies,
primo periodo, dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992,  nella  parte
in cui, pur in presenza delle  due  condizioni  in  esso  contemplate
(insufficienza delle ricorse reperite ai sensi del  precedente  comma
5-quater  e  qualificazione   dell'emergenza   come   «di   rilevanza
nazionale»), subordina l'accesso al  Fondo  nazionale  di  protezione
civile ad una valutazione "politica" del Governo. 
    La  previsione  indicata,  oltre   a   risultare   irragionevole,
contrasterebbe con il dovere solidaristico che impone allo  Stato  di
assicurare le «risorse aggiuntive» e  gli  «interventi  necessari»  a
garantire quei valori imprescindibili dell'ordinamento, indicati  nei
parametri evocati, tutte le volte in  cui  tali  valori  non  possano
essere assicurati dal «normale esercizio  delle  funzioni»  spettanti
alle autonomie territoriali. 
    Infatti, una volta che la Regione  colpita  dall'emergenza  abbia
dimostrato di aver adottato le misure previste dal comma 5-quater,  o
di essere impossibilitata ad adottarle, o,  comunque,  di  non  avere
risorse sufficienti per fronteggiare l'emergenza, l'accesso al  Fondo
nazionale dovrebbe essere "automatico". 
    3.3.6. - In via ulteriormente subordinata,  anche  rispetto  alla
censura  che  precede,  la  Regione  Puglia  ritiene  che  il   comma
5-quinquies, introdotto nell'art. 5 della  legge  n.  225  del  1992,
contrasti con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma,  Cost.,
nonche' con il principio di leale collaborazione. 
    La  ricorrente,  dopo  aver  ribadito  l'incidenza  della   norma
impugnata  sull'ambito  materiale  del  coordinamento  della  finanza
pubblica,  osserva  come  la  giurisprudenza   costituzionale   abbia
ritenuto legittima l'avocazione, da parte dello  Stato,  di  funzioni
amministrative in materie  non  appartenenti  alla  sua  legislazione
esclusiva, a condizione che ricorrano esigenze di  unitarieta'  della
disciplina e che le  Regioni  siano  coinvolte  nell'esercizio  della
funzione, secondo il modulo procedimentale dell'«intesa». 
    La difesa regionale sottolinea altresi' che,  nella  specie,  pur
essendo innegabile che ricorrano esigenze unitarie, non  e'  prevista
alcuna forma di coinvolgimento della Regione interessata, con  palese
violazione del principio di leale collaborazione. 
    3.3.7.- Ancora in via subordinata, la ricorrente ritiene  che  la
disposizione  contenuta  nel  comma   5-quinquies,   primo   periodo,
dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 - nella parte in cui  prevede
che sia il Governo a qualificare l'evento calamitoso come  evento  di
«rilevanza nazionale», al di fuori di qualsiasi sede  concertativa  -
si ponga in contrasto con gli artt. 117, terzo comma,  e  118,  primo
comma, Cost., nonche' con il principio di leale collaborazione. 
    Gli argomenti a sostegno della censura  sono  analoghi  a  quelli
sintetizzati nel paragrafo precedente, al quale pertanto si rinvia. 
    Allo  stesso  modo  di  quanto  accade  per  l'accesso  al  Fondo
nazionale di protezione civile, la disposizione  oggetto  di  censura
prevede  la  valutazione   unilaterale   del   Governo,   trascurando
completamente l'esigenza di  garantire  la  parita'  tra  i  soggetti
istituzionali coinvolti e la leale collaborazione tra gli stessi. 
    4. - Con ricorso notificato il 27 aprile  2011  e  depositato  il
successivo 6 maggio (reg. ric. n. 41 del 2011), la Regione Marche  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma
2-quater, del  d.l.  n.  225  del  2010,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  10  del  2011,
nella parte in cui introduce i commi 5-quater  e  5-quinquies,  primo
periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  del  1992,  per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119  Cost.,  e  del
principio di leale collaborazione. 
    4.1.- Gli argomenti svolti dalla ricorrente sono  sostanzialmente
analoghi a quelli sintetizzati nel  paragrafo  3  in  riferimento  al
ricorso della Regione Puglia.  Si  puo'  pertanto  fare  rinvio  alla
richiamata sintesi. 
    4.1.1. - Il  ricorso  qui  in  esame  si  differenzia  da  quello
richiamato, solo in quanto contiene l'esposizione dei fatti che hanno
specificamente interessato  il  territorio  della  Regione  Marche  a
seguito degli eventi calamitosi verificatisi nel periodo dal 1° al  6
marzo 2011. 
    In  particolare,  la  ricorrente  richiama  il  contenuto   della
risoluzione n. 40 approvata dal Consiglio regionale, nella seduta del
5 aprile 2011, con la quale e' stata impegnata la Giunta regionale  a
promuovere ricorso avverso l'art. 2, comma 2-quater, del d.l. n.  225
del 2010 davanti alla Corte costituzionale, nonche' ad  impugnare  la
direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 marzo 2011
davanti al competente giudice amministrativo. 
    Nella citata risoluzione si da' atto che il territorio  regionale
e' stato colpito da «fenomeni temporaleschi  diffusi  di  eccezionale
intensita' che hanno provocato  ingenti  danni  alle  infrastrutture,
agli edifici pubblici e privati,  nonche'  una  grave  compromissione
delle  attivita'  produttive  nelle  zone  interessate»,  con   danni
calcolati, a seguito di una prima ricognizione, in circa 462  milioni
di euro, esclusi quelli all'agricoltura. 
    La risoluzione precisa inoltre che, in data  10  marzo  2011,  il
Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  dichiarato  lo  stato  di
emergenza, in relazione ai suddetti eventi, fino al 31 marzo 2012.  A
questo punto la Regione Marche ha  chiesto  al  Governo  di  disporre
l'utilizzo del Fondo nazionale di protezione civile,  considerata  la
rilevanza nazionale degli eventi calamitosi,  ma,  con  nota  del  31
marzo 2011, la Presidenza del Consiglio dei ministri  -  Dipartimento
della  protezione  civile,  previo  richiamo   alla   direttiva   del
Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2011, ha  ribadito  la
necessita' che la Regione certifichi: a) se  sono  state  individuate
disponibilita' all'interno  del  proprio  bilancio  per  fronteggiare
l'emergenza in questione; b) se sono state aumentate fino al  massimo
le aliquote fiscali di  competenza,  e,  in  particolare,  l'aliquota
dell'accisa regionale sulla benzina. 
    La stessa risoluzione conclude evidenziando che l'interpretazione
dell'art. 2, comma 2-quater, del d.l. n. 225 del 2010, fornita  dalla
direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri  14  marzo  2011,
«condiziona rigidamente l'intervento statale al completo utilizzo  da
parte delle  Regioni  interessate  della  potesta'  tributaria  lorda
riconosciuta, negando in tal modo la rilevanza nazionale  dell'evento
e riducendo la giustificazione dell'intervento nazionale ad una  pura
funzione  suppletiva  nell'ipotesi   di   insufficienza   dei   mezzi
regionali, indipendentemente dalla  natura  e  dalla  qualita'  degli
eventi straordinari». 
    5. - Con ricorso notificato il 27 aprile  2011  e  depositato  il
successivo 6 maggio (reg. ric. n. 42 del 2011), la Regione Abruzzo ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma
2-quater, del  d.l.  n.  225  del  2010,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  10  del  2011,
nella parte in cui introduce i commi 5-quater  e  5-quinquies,  primo
periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  del  1992,  per  violazione
degli artt. 2, 3, 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119 Cost.,  e
del principio di leale collaborazione. 
    5.1. - Gli  argomenti  svolti  dalla  ricorrente  sono  in  tutto
identici a quelli sintetizzati nel  paragrafo  3  in  riferimento  al
ricorso della Regione Puglia, e pertanto si  puo'  fare  rinvio  alla
predetta sintesi. 
    6. - Con ricorso notificato il 27 aprile  2011  e  depositato  il
successivo 6 maggio (reg. ric. n. 43 del 2011), la Regione Toscana ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma
2-quater, del  d.l.  n.  225  del  2010,  convertito  in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  n.  10  del  2011,
nella parte in cui introduce i commi 5-quater  e  5-quinquies,  primo
periodo, nell'art. 5 della legge n.  225  del  1992,  per  violazione
degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, e 119  Cost.,  e  del
principio di leale collaborazione. 
    6.1. - Gli  argomenti  svolti  dalla  ricorrente  sono  in  tutto
identici a quelli sintetizzati nel  paragrafo  3  in  riferimento  al
ricorso della Regione Puglia, e pertanto si  puo'  fare  rinvio  alla
predetta sintesi. 
    7. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
ciascuno dei giudizi chiedendo che  le  questioni  prospettate  siano
dichiarate infondate. 
    La difesa statale svolge argomentazioni  analoghe  in  tutti  gli
atti di costituzione, i quali,  pertanto,  possono  essere  esaminati
congiuntamente. 
    7.1. - Dopo avere riepilogato le censure proposte  nei  confronti
della normativa introdotta dall'art. 2, comma 2-quater, del  d.l.  n.
225 del 2010, l'Avvocatura generale dello Stato evidenzia,  in  primo
luogo, l'erroneo  presupposto  da  cui  muoverebbero  le  impugnative
regionali, secondo cui la funzione di protezione  civile  concernente
gli eventi previsti dall'art. 2, comma 1, lettera c), della legge  n.
225 del 1992 apparterrebbe alla competenza esclusiva dello Stato. 
    In realta', la  protezione  civile  e'  materia  di  legislazione
concorrente, nella quale spetta  allo  Stato  la  determinazione  dei
principi fondamentali; la relativa  funzione  amministrativa  sarebbe
anch'essa ripartita tra i due livelli, regionale e  statale,  con  la
conseguenza che e'  prevista  l'intesa  con  le  Regioni  interessate
riguardo ad ogni aspetto di determinazione e di gestione dello  stato
di emergenza.  L'esercizio  delle  funzioni  mantenute  dallo  Stato,
attraverso il Servizio nazionale di protezione civile, ha poi  natura
sostitutiva e di sostegno dei governi territoriali, per i casi in cui
questi non siano in grado di fare fronte autonomamente all'emergenza. 
    La  difesa  statale  osserva  inoltre  che  gli  eventi  indicati
nell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n.  225  del  1992,  in
riferimento ai  quali  l'art.  5  della  medesima  legge  prevede  la
dichiarazione  dello  stato   di   emergenza,   non   necessariamente
coincidono con le emergenze nazionali, la  cui  portata  comporta  la
"socializzazione" dei  relativi  oneri  finanziari.  Dovrebbe  dunque
distinguersi tra gli eventi emergenziali di ambito  locale  e  quelli
che presentano rilevanza nazionale. 
    Le disposizioni censurate, poi, sarebbero in linea con i principi
e criteri direttivi della legge 5  maggio  2009,  n.  42  (Delega  al
Governo  in   materia   di   federalismo   fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119  della  Costituzione),  finalizzati  ad  assicurare
autonomia di entrata e di spesa agli enti territoriali,  «in  maniera
da sostituire gradualmente,  per  tutti  i  livelli  di  governo,  il
criterio  della  spesa  storica  e  da  garantire  la  loro   massima
responsabilizzazione» (art. 1, comma 1). L'art.  2,  comma  2,  della
citata legge di delega indica, infatti,  tra  i  principi  e  criteri
direttivi, quello dell'autonomia  di  entrata  e  di  spesa  e  della
maggiore responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile
di tutti i livelli di governo (lettera a); l'attribuzione di  risorse
autonome  in  relazione  alle  rispettive  competenze  e  secondo  il
criterio  di  territorialita'  (lettera  e);  la   «riduzione   della
imposizione fiscale statale in misura corrispondente alla piu'  ampia
autonomia  di  entrata  delle  regioni  ed  enti   locali   [...]   e
corrispondente riduzione delle risorse statali umane e  strumentali»;
l'«eliminazione dal bilancio dello Stato delle  previsioni  di  spesa
relative  al  finanziamento  delle  funzioni  attribuite  a  regioni,
province, comuni e citta' metropolitane» (lettera ee). 
    In siffatto contesto normativo, prosegue la  difesa  statale,  le
disposizioni   censurate   coerentemente   prevedono   che   l'evento
emergenziale di ambito  locale  non  possa  determinare  l'intervento
finanziario dello  Stato  prima  che  la  Regione  interessata  abbia
operato    nella    direzione    dell'assunzione    della    relativa
responsabilita' finanziaria. L'intervento dello Stato, in ossequio al
principio di sussidiarieta', segue necessariamente  quello  dell'ente
territoriale, ove questo si trovi nella oggettiva  impossibilita'  di
continuare a fare fronte all'emergenza locale con le proprie risorse. 
    La "generale socializzazione" degli oneri finanziari connessi  ad
eventi emergenziali  locali,  affermatasi  nell'assenza  di  principi
relativi ai profili finanziari e di  copertura,  avrebbe  determinato
una  progressiva  "deresponsabilizzazione"  dei  diversi  livelli  di
governo - con particolare  riguardo  alla  valutazione  della  durata
dell'emergenza - e la conseguente crescita esponenziale dei flussi di
spesa pubblica, ben percepibile nell'attuale congiuntura  finanziaria
negativa. 
    7.2. - Su queste premesse di ordine  generale,  la  difesa  dello
Stato  procede  all'esame  delle  censure   formulate   nei   ricorsi
regionali. 
    7.2.1. - Ad avviso della  stessa  difesa,  non  sussisterebbe  la
violazione dell'art. 77 Cost., prospettata dalla sola Regione Liguria
(ric. n. 38 del 2011) sul  rilievo  che  l'art.  2,  comma  2-quater,
approvato in sede di conversione del d.l. n. 225 del 2010, avrebbe un
contenuto del tutto estraneo alla materia regolata dal  decreto-legge
citato, e non presenterebbe i presupposti di necessita' ed urgenza. 
    Per un verso, infatti, le disposizioni introdotte  con  la  norma
censurata  sarebbero  pertinenti  all'oggetto  del  decreto,  recante
«Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni  legislative  e  di
interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e
alle famiglie», e, per altro verso, i presupposti  di  necessita'  ed
urgenza sarebbero riferibili al contenuto del decreto-legge, e non  a
quello della legge di conversione. 
    7.2.2.- Sarebbe del pari insussistente il contrasto,  prospettato
in tutti i ricorsi, tra le disposizioni contenute nei censurati commi
5-quater e 5-quinquies e l'autonomia  finanziaria  riconosciuta  alle
Regioni  dall'art.  119  Cost.,  con  riguardo  al  principio   della
corrispondenza tra funzioni esercitate e risorse finanziarie. 
    Si assume dalle ricorrenti, infatti, che le predette disposizioni
porrebbero a carico della Regione colpita dall'evento  calamitoso  il
costo  degli  interventi  necessari  per  fronteggiare  lo  stato  di
emergenza deliberato ai sensi dell'art. 5, comma 1,  della  legge  n.
225 del 1992, e, in  particolare,  l'onere  derivante  dall'esercizio
delle funzioni di protezione civile affidate allo Stato. 
    La difesa statale ribadisce quanto  evidenziato  in  premessa,  e
cioe' che la protezione civile e' materia di legislazione concorrente
ed e' funzione ripartita tra Stato e  Regioni,  sicche',  oltre  alle
funzioni conferite alle Regioni dall'art. 108 del d.lgs. n.  112  del
1998,  e'  prevista  l'intesa  per  ogni   aspetto   attinente   alla
determinazione ed alla gestione emergenziale. 
    Piu'  specificamente,   l'intesa   e'   prevista   per:   a)   la
deliberazione e la revoca dello stato d'emergenza (art. 107, comma 1,
lettera b, del  d.lgs.  n.  112  del  1998);  b)  l'emanazione  delle
ordinanze (art. 107, comma 1, lettera c, del medesimo d.lgs.); c)  la
predisposizione dei piani  d'emergenza  in  caso  di  eventi  di  cui
all'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225  del  1992  (art.
107, comma 1, lettera  f,  punto  2,  dello  stesso  d.lgs.);  d)  la
definizione  degli  interventi  e   della   struttura   organizzativa
necessari per fronteggiare  gli  eventi  calamitosi  (art.  5,  comma
4-bis, del d.l. n. 343 del 2001). 
    Quanto poi al significato della previsione contenuta nell'art. 5,
comma 1, del d.l.  n.  343  del  2001,  il  quale,  nell'indicare  le
competenze del Presidente del Consiglio dei ministri (o del  Ministro
dell'interno,   su   delega   del   primo),   fa   riferimento   alla
determinazione delle «politiche  di  protezione  civile»,  la  difesa
statale sottolinea come  detta  previsione  riguardi  la  titolarita'
delle politiche di intervento delle strutture del Servizio  nazionale
di protezione civile, da non  confondere  con  la  titolarita'  delle
funzioni amministrative nella  materia  in  esame,  che  appartengono
anche alle Regioni. Nel riparto delle predette funzioni, l'intervento
statale  si  configurerebbe,  come  gia'   detto,   per   la   natura
necessariamente sostitutiva e di  sostegno  del  livello  di  governo
interessato. 
    L'infondatezza della lamentata lesione all'autonomia  finanziaria
regionale, sotto il  profilo  della  corrispondenza  tra  funzioni  e
risorse, emergerebbe  ulteriormente,  secondo  l'Avvocatura  generale
dello Stato, considerando che le disposizioni introdotte dalla  norma
impugnata  prevedono,  ai  fini   del   reperimento   delle   risorse
finanziarie necessarie a fronteggiare gli eventi emergenziali locali,
un percorso graduale,  con  la  partecipazione  di  enti  di  diverso
livello. Nella fase iniziale, e' chiamata  ad  attivarsi  la  Regione
interessata dall'evento,  la  quale,  in  ossequio  al  principio  di
responsabilita' finanziaria, e' obbligata a far fronte, con i  propri
fondi,  alle  funzioni  ad  essa  attribuite;   successivamente,   e'
previsto, in forza  del  principio  di  sussidiarieta',  l'intervento
solidaristico dello Stato, sul presupposto che le iniziative  assunte
dalla Regione non garantiscano  la  copertura  degli  oneri  connessi
all'evento emergenziale. 
    Le materie coinvolte - protezione civile  e  coordinamento  della
finanza pubblica - appartengono entrambe alla competenza  legislativa
concorrente, nella quale spetta allo Stato l'emanazione dei  principi
fondamentali; tuttavia, come  precisato  dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 16 del 2010, la nozione di "principio fondamentale"
non  puo'  essere  cristallizzata  in  una  formula  valida  in  ogni
circostanza, dovendosi  tenere  conto  del  contesto  e  del  momento
congiunturale in relazione ai quali  l'accertamento  va  compiuto,  e
della peculiarita' della  materia.  Nella  stessa  pronuncia,  previo
richiamo alle precedenti sentenze n. 284 e n. 237 del 2009, la  Corte
ha precisato che, in materia di coordinamento della finanza pubblica,
i principi comprendono anche «norme puntuali adottate dal legislatore
per  realizzare  in   concreto   le   finalita'   del   coordinamento
finanziario, che per sua natura eccede le possibilita' di  intervento
dei livelli territoriali sub-statali». 
    Nel caso di specie, secondo la difesa  statale,  le  disposizioni
introdotte dalla  norma  in  oggetto  interverrebbero  in  un  ambito
delimitato della materia «protezione civile»  (quello  relativo  agli
eventi  di  rilevanza  soltanto  locale),  fissando  l'obiettivo  del
preventivo concorso della finanza regionale nel sostenere le spese di
esercizio delle funzioni regionali,  nonche',  con  riferimento  alla
materia del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario, l'obiettivo di un riequilibrio  della  finanza  pubblica,
finora gravata dai costi della  generalizzata  socializzazione  degli
oneri derivanti da eventi emergenziali di portata soltanto locale. 
    L'Avvocatura generale dello Stato richiama le affermazioni  della
Corte costituzionale a proposito «dell'obbligo generale di  tutte  le
Regioni, ivi comprese  quelle  a  statuto  speciale,  di  contribuire
all'azione di risanamento della finanza pubblica»  (sentenze  n.  190
del 2008, n. 169 e n. 82 del 2007), sottolineando come, nella specie,
la  transitorieta'  del  contenimento  complessivo,  secondo   quanto
indicato dalla stessa Corte (sentenze n. 297 del 2009 e  n.  289  del
2008), sia insita nella situazione emergenziale. 
    Di  qui  la  conclusione  che  l'eventuale  impatto  della  norma
censurata sull'autonomia finanziaria regionale si tradurrebbe in  una
«circostanza di  fatto  come  tale  non  incidente  sul  piano  della
legittimita' costituzionale» (sono richiamate le sentenze n.  40  del
2010, n. 169 del 2007 e n. 36 del 2004). 
    7.2.3. - La difesa statale reputa non fondata  anche  la  censura
prospettata dalle ricorrenti  in  riferimento  all'art.  119,  quinto
comma,  Cost.,  sotto  il  profilo  della   violazione   del   dovere
solidaristico che sarebbe imposto dal predetto parametro, richiamato,
in alcuni ricorsi (Liguria, Basilicata, Puglia, Abruzzo),  unitamente
all'art. 2 Cost. 
    A parte il rilievo sulla non compiuta  attuazione  dell'art.  119
Cost., l'Avvocatura generale dello Stato osserva  come  il  principio
sancito dal quinto comma non riguardi gli eventi emergenziali, bensi'
«obiettivi di carattere programmatico relativi a consolidate  realta'
territoriali variamente  deficitarie  o  complesse  [...],  sotto  il
profilo  socio  economico,  infrastrutturale,  di  conformazione  del
territorio, di tutela del patrimonio storico ed artistico». 
    In tal senso deporrebbe  la  previsione  contenuta  nell'art.  16
della legge n. 42 del 2009, che, nell'indicare i principi  e  criteri
direttivi per «gli interventi di cui al quinto  comma  dell'art.  119
della Costituzione», stabilisce, tra l'altro, che tali  interventi  -
«finanziati con contributi speciali dal bilancio dello Stato,  con  i
finanziamenti dell'Unione europea e con i cofinanziamenti  nazionali»
- siano attuati «secondo il metodo della programmazione pluriennale». 
    Il parametro evocato non potrebbe  pertanto  fondare  il  preteso
obbligo dello Stato di finanziare direttamente, ed in via  esclusiva,
gli oneri  derivanti  dall'esercizio  della  funzione  di  protezione
civile per eventi emergenziali di rilevanza locale. 
    In ogni caso poi, secondo la difesa statale, il percorso graduale
di reperimento  delle  risorse  finanziarie,  delineato  dalle  norme
impugnate, sarebbe in  linea  con  il  principio  di  responsabilita'
sussidiaria dello Stato, sancito dall'art. 119 Cost., nonche' con  il
piu' generale principio di solidarieta' di cui all'art. 2 Cost. 
    7.2.4. - Per ragioni in  parte  analoghe,  sarebbe  insussistente
anche la violazione dei principi di uguaglianza e di  ragionevolezza,
prospettata da  alcune  ricorrenti  (Liguria,  Basilicata,  Puglia  e
Abruzzo),  sul  rilievo  che  le  norme  censurate  irragionevolmente
porrebbero maggiori oneri a carico  delle  popolazioni  gia'  colpite
dall'emergenza, discriminando i contribuenti su base territoriale. 
    La difesa statale  ribadisce  che  il  ricorso  ad  una  maggiore
pressione fiscale e' previsto come eventuale,  graduale  e  contenuto
nei limiti massimi gia'  fissati  dalla  legge,  e  non  coinvolge  i
soggetti danneggiati,  per  i  quali  e'  sospeso  o  differito  ogni
adempimento e versamento, ai sensi dell'art. 5,  comma  5-ter,  della
legge n. 225 del 1992. Cosi'  precisato,  il  contenuto  della  nuova
disciplina non risulterebbe affatto irragionevole ne'  discriminante.
Limitatamente a quanto prospettato nel ricorso della Regione  Puglia,
l'Avvocatura generale dello Stato rileva che la questione in oggetto,
nella parte in  cui  fa  riferimento  al  principio  della  capacita'
contributiva dei cittadini  dei  territori  interessati  dall'evento,
sarebbe inammissibile prima ancora che non fondata,  per  la  mancata
evocazione dell'art. 53 Cost. 
    7.2.5. - Ad avviso della difesa statale risulterebbe non  fondata
pure la questione prospettata in riferimento agli artt. 23, 121 e 123
Cost.,  dalla  sola  Regione  Liguria.  Secondo  la  ricorrente,   le
disposizioni censurate, nella parte in cui individuano nel Presidente
della Regione colpita dall'evento calamitoso  l'organo  competente  a
disporre l'aumento del prelievo fiscale, si porrebbero  in  contrasto
con il principio di legalita', violando anche l'autonomia  statutaria
regionale e il riparto delle competenze tra organi regionali. 
    In senso contrario, l'Avvocatura  generale  dello  Stato  osserva
come, per un verso,  il  rispetto  del  principio  di  legalita'  sia
assicurato dall'essere gia' previsto, con legge,  il  limite  massimo
entro il quale puo' disporsi l'aumento della  pressione  fiscale,  e,
per altro verso, l'intervento del Presidente  della  Regione  rientri
tra quei «mezzi e poteri  straordinari»  necessari  -  e  per  questo
consentiti - per fronteggiare gli eventi emergenziali di cui all'art.
2, comma 1, lettera c), della legge n. 225 del 1992.  La  titolarita'
del potere riconosciuto dalla citata norma e' affidata al  Presidente
della Regione  come  organo  rappresentativo  dell'ente  responsabile
della politica locale, in conformita'  alle  regole  sul  riparto  di
competenze dettate dall'art. 121 Cost. 
    7.2.6. - Del pari non fondata sarebbe, sempre secondo  la  difesa
statale, la questione sollevata da tutte le ricorrenti in riferimento
agli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, Cost., e al  principio
di leale collaborazione. 
    A parere delle Regioni che hanno promosso gli odierni giudizi, la
normativa impugnata violerebbe gli indicati parametri nella parte  in
cui, disciplinando  la  materia  di  legislazione  concorrente  della
protezione civile, non prevede alcuna forma di concertazione ai  fini
della valutazione  della  rilevanza  nazionale  dell'evento,  da  cui
discende la possibilita', per la Regione colpita, di accedere in  via
prioritaria e  non  sussidiaria  al  Fondo  nazionale  di  protezione
civile. 
    L'Avvocatura generale  dello  Stato  segnala  come,  in  realta',
l'invocato principio di leale  collaborazione  sia  assicurato  dalla
previsione dell'intesa nella fase di  deliberazione  dello  stato  di
emergenza, secondo quanto previsto dall'art. 107,  comma  1,  lettera
b), del d.lgs. n. 112 del 1998. 
    L'assunto troverebbe conferma nella direttiva del Presidente  del
Consiglio dei ministri 14 marzo 2011, nella quale, a proposito  della
deliberazione dello stato di emergenza, e' previsto che  «le  Regioni
forniscano elementi  conoscitivi  al  Dipartimento  della  protezione
civile  [...]  per  un'approfondita  verifica  dei  presupposti   che
giustificano la dichiarazione dello stato  d'emergenza».  Sarebbe  in
tal modo garantito il momento  partecipativo  e  collaborativo  delle
Regioni  nella  qualificazione   dell'evento   come   di   «rilevanza
nazionale», ai fini dell'accesso diretto al finanziamento statale. 
    Peraltro, nemmeno  in  caso  di  eventi  emergenziali  localmente
circoscritti  l'accesso  al  Fondo  nazionale  di  protezione  civile
risulterebbe rimesso  ad  una  "valutazione  politica"  del  Governo,
dovendosi collegare la possibilita' di accesso,  prevista  dal  comma
5-quinquies,  alla  circostanza  che  la  Regione  interessata  abbia
effettivamente assunto le iniziative di sua competenza  previste  nel
comma 5-quater. 
    A tale  proposito,  nella  citata  direttiva  si  legge  che  «le
amministrazioni   regionali,   quindi,   potranno    richiedere    al
Dipartimento della protezione civile l'attivazione  delle  misure  di
cui al comma 5-quinquies, attestando di avere concretamente  esperito
le iniziative di propria competenza di cui al comma  5-quater  [...].
Il Dipartimento della protezione civile  verifica  la  disponibilita'
del Fondo per  la  protezione  civile  e  qualora  tale  Fondo  fosse
inadeguato, inoltrera' al Ministero dell'economia e delle finanze una
motivata richiesta di attivazione del Fondo di cui all'art. 28  della
legge n. 196 del 2009, fornendo allo stesso  Ministero  gli  elementi
dimostrativi sia del fabbisogno che dell'oggettiva impossibilita'  di
farvi fronte con l'attivazione delle richiamate iniziative,  ai  fini
della  valutazione  circa  l'attivazione  del  Fondo  per  le   spese
impreviste». 
    8. - In prossimita' dell'udienza,  le  Regioni  Liguria,  Puglia,
Marche, Abruzzo  e  Toscana  hanno  depositato  memorie  nelle  quali
contestano quanto affermato dalla difesa statale ed  insistono  nelle
conclusioni gia' rassegnate nei rispettivi ricorsi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Le Regioni Liguria (reg. ric. n. 38  del  2011),  Basilicata
(reg. ric. n. 39 del 2011), Puglia (reg. ric. n. 40 del 2011), Marche
(reg. ric. n. 41 del 2011), Abruzzo (reg. ric.  n.  42  del  2011)  e
Toscana (reg. ric. n.  43  del  2011)  hanno  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale  dell'articolo  2,  comma  2-quater,  del
decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in  materia
tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito in
legge, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,  della  legge  26
febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce i commi 5-quater e
5-quinquies, primo periodo, nell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione  civile),
per violazione, nel complesso, degli articoli 1, 2, 3, 23,  77,  117,
118, 119, 121 e 123 della Costituzione,  e  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    I giudizi, in considerazione  della  loro  connessione  oggettiva
devono essere riuniti, per essere decisi con un'unica pronuncia. 
    2. - Preliminarmente, occorre rilevare che le Regioni  Liguria  e
Basilicata hanno impugnato genericamente i  nuovi  commi  5-quater  e
5-quinquies della legge n. 225 del 1992, mentre  le  Regioni  Puglia,
Marche, Abruzzo e Toscana hanno impugnato l'intero comma 5-quater  ed
il solo primo periodo del comma 5-quinquies. 
    In ogni caso, anche le Regioni Liguria  e  Basilicata  appuntano,
nella sostanza, le proprie censure sul solo primo periodo  del  comma
5-quinquies, per cui deve ritenersi che  esso  costituisca  l'oggetto
dell'impugnativa regionale. 
    3. - La questione sollevata in  relazione  all'art.  77,  secondo
comma, Cost., e' ammissibile e fondata. 
    3.1. - Questa Corte, con  giurisprudenza  costante,  ha  ritenuto
ammissibili le questioni di legittimita'  costituzionale  prospettate
da una Regione, nell'ambito di un  giudizio  in  via  principale,  in
riferimento a parametri diversi da quelli,  contenuti  nel  Titolo  V
della Parte seconda della Costituzione, riguardanti il riparto  delle
competenze tra lo Stato e le Regioni, quando sia  possibile  rilevare
la  ridondanza  delle  asserite  violazioni  su  tale  riparto  e  la
ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le
ragioni della lamentata lesione (ex plurimis,  sentenze  n.  128  del
2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004). 
    Con riferimento all'art. 77 Cost., questa Corte  ha  ribadito  in
parte qua la giurisprudenza  sopra  ricordata,  riconoscendo  che  le
Regioni possono impugnare un decreto-legge per motivi attinenti  alla
pretesa violazione del medesimo art. 77, «ove adducano  che  da  tale
violazione   derivi   una   compressione   delle   loro    competenze
costituzionali» (sentenza n. 6 del 2004). 
    Nella fattispecie, la Regione Liguria, che ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale per violazione dell'art.  77,  secondo
comma, Cost., motiva  la  ridondanza  della  suddetta  censura  sulle
proprie attribuzioni costituzionali, facendo leva sul  fatto  che  le
norme  impugnate  incidono  su  un  ambito  materiale  di  competenza
legislativa concorrente («protezione civile»). Attraverso il  ricorso
al decreto-legge, lo Stato avrebbe vincolato le  Regioni  utilizzando
uno strumento improprio, ammesso dalla Costituzione per esigenze  del
tutto diverse; inoltre, l'approvazione di  una  nuova  disciplina  "a
regime", attraverso la corsia accelerata della legge di  conversione,
pregiudicherebbe la possibilita' per le Regioni di  rappresentare  le
proprie esigenze nel procedimento legislativo. 
    Questa Corte condivide l'individuazione, operata  dalla  suddetta
ricorrente, dell'ambito materiale di incidenza delle norme impugnate,
con   la   conseguenza   che   la   violazione   denunciata   risulta
potenzialmente idonea a determinare una  lesione  delle  attribuzioni
costituzionali delle Regioni (in tal senso, ex plurimis, sentenze  n.
6 del 2004 e n. 303 del 2003). 
    Ricorrono,  quindi,  le  condizioni  per  prendere  in  esame  la
questione relativa alla  pretesa  violazione  dell'art.  77,  secondo
comma, Cost. da parte delle norme statali impugnate. 
    3.2. - Preliminarmente, occorre  osservare  che  le  disposizioni
oggetto di ricorso sono state introdotte nel corpo del  d.l.  n.  225
del 2010 per effetto di emendamenti approvati in sede di conversione.
Esse  non  facevano  parte,  pertanto,  del  testo   originario   del
decreto-legge sottoposto alla firma del Presidente della Repubblica. 
    Va rilevato altresi' che le disposizioni di cui sopra regolano  i
rapporti finanziari tra Stato e  Regioni  in  materia  di  protezione
civile non con riferimento ad uno o piu' specifici eventi calamitosi,
o in relazione a situazioni gia' esistenti  e  bisognose  di  urgente
intervento normativo, ma in via generale e ordinamentale per tutti  i
casi futuri di possibili eventi calamitosi, di cui all'art. 2,  comma
1, lettera c), della legge n. 225 del 1992. Si tratta quindi  di  una
normativa "a regime", del tutto slegata da  contingenze  particolari,
inserita tuttavia nella legge  di  conversione  di  un  decreto-legge
denominato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e
di interventi urgenti  in  materia  tributaria  e  di  sostegno  alle
imprese e alle famiglie». 
    Il preambolo di tale  atto  con  forza  di  legge  cosi'  recita:
«Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di  provvedere  alla
proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di adottare
misure in materia tributaria  e  di  sostegno  alle  imprese  e  alle
famiglie,  al  fine  di  consentire  una  piu'  concreta  e  puntuale
attuazione dei correlati adempimenti». Le disposizioni impugnate sono
state inserite, in  sede  di  conversione,  nell'art.  2,  nella  cui
rubrica si legge: «Proroghe onerose di termini». 
    Da quanto sopra esposto risulta palese l'estraneita' delle  norme
impugnate rispetto all'oggetto e  alle  finalita'  del  decreto-legge
cosiddetto "milleproroghe", in quanto  si  tratta  di  un  frammento,
relativo  ai  rapporti  finanziari,  della  disciplina   generale   e
sistematica, tuttora mancante, del riparto  delle  funzioni  e  degli
oneri tra Stato e Regioni in materia di protezione civile. 
    3.3. - Questa Corte ha individuato, tra gli indici  alla  stregua
dei quali verificare «se risulti  evidente  o  meno  la  carenza  del
requisito della straordinarieta' del caso di necessita'  e  d'urgenza
di provvedere»,  la  «evidente  estraneita'»  della  norma  censurata
rispetto  alla  materia  disciplinata  da  altre   disposizioni   del
decreto-legge in cui e'  inserita  (sentenza  n.  171  del  2007;  in
conformita', sentenza n. 128 del 2008). 
    La giurisprudenza  sopra  richiamata  collega  il  riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77,  secondo
comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in  un
decreto-legge, o dal punto di vista  oggettivo  e  materiale,  o  dal
punto di vista funzionale e finalistico. La  urgente  necessita'  del
provvedere puo' riguardare una pluralita' di norme  accomunate  dalla
natura  unitaria  delle  fattispecie   disciplinate,   ovvero   anche
dall'intento di fronteggiare  situazioni  straordinarie  complesse  e
variegate,  che  richiedono  interventi  oggettivamente   eterogenei,
afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di
approntare rimedi  urgenti  a  situazioni  straordinarie  venutesi  a
determinare. 
    Da quanto detto si trae la conclusione che la semplice immissione
di una disposizione nel corpo di un  decreto-legge  oggettivamente  o
teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla
stessa il carattere di  urgenza  proprio  delle  altre  disposizioni,
legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'.  Ai  sensi
del secondo comma dell'art. 77 Cost., i presupposti  per  l'esercizio
senza  delega  della  potesta'  legislativa  da  parte  del   Governo
riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come  insieme
di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. 
    L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto  o  alla  finalita'
del decreto spezza il  legame  logico-giuridico  tra  la  valutazione
fatta dal Governo dell'urgenza del  provvedere  ed  «i  provvedimenti
provvisori con forza di legge»,  di  cui  alla  norma  costituzionale
citata. Il presupposto  del  «caso»  straordinario  di  necessita'  e
urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento  inteso  come  un
tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza,  anche
se articolato  e  differenziato  al  suo  interno.  La  scomposizione
atomistica   della   condizione   di   validita'   prescritta   dalla
Costituzione si pone in contrasto con il  necessario  legame  tra  il
provvedimento legislativo  urgente  ed  il  «caso»  che  lo  ha  reso
necessario, trasformando il decreto-legge in una  congerie  di  norme
assemblate soltanto da mera casualita' temporale. 
    L'art.  15,  comma  3,  della  legge  23  agosto  1988,  n.   400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della  Presidenza
del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango  costituzionale,  e
non potendo quindi  assurgere  a  parametro  di  legittimita'  in  un
giudizio davanti a questa  Corte,  costituisce  esplicitazione  della
ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone
il collegamento dell'intero decreto-legge al  caso  straordinario  di
necessita'  e  urgenza,  che  ha  indotto  il  Governo  ad  avvalersi
dell'eccezionale potere di esercitare la funzione  legislativa  senza
previa delegazione da parte del Parlamento. 
    3.4. - I cosiddetti decreti  "milleproroghe",  che,  con  cadenza
ormai annuale, vengono convertiti  in  legge  dalle  Camere,  sebbene
attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono  obbedire
alla ratio unitaria di intervenire  con  urgenza  sulla  scadenza  di
termini  il  cui  decorso  sarebbe  dannoso  per  interessi  ritenuti
rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o di incidere  su  situazioni
esistenti -  pur  attinenti  ad  oggetti  e  materie  diversi  -  che
richiedono interventi  regolatori  di  natura  temporale.  Del  tutto
estranea a tali interventi e' la disciplina "a regime" di  materie  o
settori di materie, rispetto alle quali non puo' valere  il  medesimo
presupposto della necessita' temporale e che  possono  quindi  essere
oggetto del normale esercizio del potere di  iniziativa  legislativa,
di cui all'art. 71  Cost.  Ove  le  discipline  estranee  alla  ratio
unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico  del
Governo, profili autonomi di necessita'  e  urgenza,  le  stesse  ben
potrebbero essere contenute in  atti  normativi  urgenti  del  potere
esecutivo distinti e separati. Risulta invece in contrasto con l'art.
77 Cost. la commistione  e  la  sovrapposizione,  nello  stesso  atto
normativo,  di  oggetti  e  finalita'  eterogenei,  in   ragione   di
presupposti, a loro volta, eterogenei. 
    4. - La necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui  interna
coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato
dal  Governo  e  controllato  dal  Parlamento,   del   singolo   caso
straordinario di necessita' e urgenza, deve  essere  osservata  dalla
legge di conversione. 
    4.1. - Il principio della  sostanziale  omogeneita'  delle  norme
contenute  nella  legge  di  conversione  di  un   decreto-legge   e'
pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento  della
Camera  dei  deputati,   che   dispone:   «Il   Presidente   dichiara
inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano
strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». 
    Sulla medesima linea si colloca la lettera  inviata  il  7  marzo
2011 dal  Presidente  del  Senato  ai  Presidenti  delle  Commissioni
parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con
il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo «di interpretare in modo
particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge,
la  norma   dell'art.   97,   comma   1,   del   regolamento,   sulla
improponibilita'   di   emendamenti   estranei   all'oggetto    della
discussione», ricordando in proposito il parere espresso dalla Giunta
per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta,  dalla
circolare  sull'istruttoria  legislativa  nelle  Commissioni  del  10
gennaio 1997. 
    Peraltro, il suddetto  principio  della  sostanziale  omogeneita'
delle norme contenute nella legge di conversione di un  decreto-legge
e' stato richiamato nel messaggio del 29 marzo 2002, con il quale  il
Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 74 Cost., ha rinviato
alle Camere il disegno di legge di conversione del  decreto-legge  25
gennaio 2002, n. 4 (Disposizioni urgenti finalizzate  a  superare  lo
stato di crisi  per  il  settore  zootecnico,  per  la  pesca  e  per
l'agricoltura), e  ribadito  nella  lettera  del  22  febbraio  2011,
inviata dal Capo  dello  Stato  ai  Presidenti  delle  Camere  ed  al
Presidente del Consiglio dei ministri nel corso del  procedimento  di
conversione del decreto-legge oggetto degli odierni giudizi. 
    4.2. - Si deve ritenere che l'esclusione  della  possibilita'  di
inserire nella legge di conversione di un  decreto-legge  emendamenti
del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo  originario
non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma  sia
imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un
nesso di interrelazione funzionale  tra  decreto-legge,  formato  dal
Governo ed emanato  dal  Presidente  della  Repubblica,  e  legge  di
conversione,  caratterizzata  da  un  procedimento  di   approvazione
peculiare rispetto a quello ordinario. 
    Innanzitutto,  il   disegno   di   legge   di   conversione   del
decreto-legge appartiene alla competenza riservata del  Governo,  che
deve presentarlo alle Camere  «il  giorno  stesso»  della  emanazione
dell'atto normativo urgente. Anche  i  tempi  del  procedimento  sono
particolarmente rapidi, giacche' le Camere, anche  se  sciolte,  sono
convocate appositamente e  si  riuniscono  entro  cinque  giorni.  In
coerenza  con  la  necessaria  accelerazione  del   procedimento,   i
regolamenti  delle  Camere  prevedono  norme  specifiche,  mirate   a
consentire la conversione in legge entro il termine costituzionale di
sessanta giorni. 
    Il Parlamento e' chiamato a convertire, o non, in legge un  atto,
unitariamente considerato, contenente disposizioni giudicate  urgenti
dal Governo per la natura stessa delle fattispecie regolate o per  la
finalita' che si intende perseguire.  In  definitiva,  l'oggetto  del
decreto-legge  tende  a  coincidere  con  quello   della   legge   di
conversione. 
    Non  si  puo'  tuttavia  escludere   che   le   Camere   possano,
nell'esercizio  della   propria   ordinaria   potesta'   legislativa,
apportare emendamenti al  testo  del  decreto-legge,  che  valgano  a
modificare la disciplina normativa in esso contenuta,  a  seguito  di
valutazioni  parlamentari  difformi  nel  merito  della   disciplina,
rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime finalita'.  Il
testo puo' anche essere emendato per esigenze  meramente  tecniche  o
formali. Cio' che esorbita invece  dalla  sequenza  tipica  profilata
dall'art. 77, secondo comma, Cost., e' l'alterazione dell'omogeneita'
di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario,
ove questo, a  sua  volta,  possieda  tale  caratteristica  (in  caso
contrario, si porrebbero i problemi esaminati  nel  paragrafo  3.3  e
risolti dalla giurisprudenza costituzionale ivi richiamata). 
    In definitiva, l'innesto nell'iter di conversione  dell'ordinaria
funzione legislativa puo' certamente essere effettuato,  per  ragioni
di economia  procedimentale,  a  patto  di  non  spezzare  il  legame
essenziale tra decretazione d'urgenza e  potere  di  conversione.  Se
tale legame viene interrotto, la  violazione  dell'art.  77,  secondo
comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita'
e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio  per  essere
estranee e inserite successivamente, non possono  collegarsi  a  tali
condizioni preliminari (sentenza n.  355  del  2010),  ma  per  l'uso
improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la  Costituzione
gli attribuisce, con speciali  modalita'  di  procedura,  allo  scopo
tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge. 
    La Costituzione italiana disciplina, nelle loro grandi  linee,  i
diversi  procedimenti  legislativi  e  pone  limiti  e   regole,   da
specificarsi nei regolamenti parlamentari. Il  rispetto  delle  norme
costituzionali, che dettano tali limiti e regole,  e'  condizione  di
legittimita' costituzionale degli atti approvati, come  questa  Corte
ha gia' affermato a partire dalla sentenza n. 9 del 1959, nella quale
ha stabilito la propria «competenza di  controllare  se  il  processo
formativo di una legge si e' compiuto in conformita' alle  norme  con
le quali la Costituzione direttamente regola tale procedimento». 
    Considerato  che  le  norme  impugnate  nel  presente   giudizio,
inserite nel corso del procedimento di conversione del  d.l.  n.  225
del 2010, sono del tutto estranee alla materia e alle  finalita'  del
medesimo, si deve concludere che le  stesse  sono  costituzionalmente
illegittime, per violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. 
    5. - Come s'e' detto al  paragrafo  3.1,  l'ammissibilita'  della
censura riferita alla violazione dell'art. 77, secondo comma,  Cost.,
dipende dalla denunciata lesione, ad opera delle norme impugnate,  di
competenze costituzionalmente tutelate delle Regioni  ricorrenti.  Lo
scrutinio delle censure di  merito  dimostra,  peraltro,  che  alcune
delle questioni sollevate sono fondate, come di seguito specificato. 
    5.1. - Le questioni sollevate in riferimento all'art. 119,  commi
primo, quarto e quinto sono fondate. 
    5.2. - In relazione al primo comma dell'art. 119 Cost.,  si  deve
osservare che le norme impugnate, in quanto impongono alle Regioni di
deliberare gli aumenti fiscali in esse indicati per poter accedere al
Fondo  nazionale  della  protezione  civile,  in   presenza   di   un
persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di
entrata delle stesse. Parimenti, le suddette norme ledono l'autonomia
di spesa, poiche' obbligano  le  Regioni  ad  utilizzare  le  proprie
entrate  a  favore  di  organismi  statali  (Servizio  nazionale   di
protezione civile),  per  l'esercizio  di  compiti  istituzionali  di
questi ultimi, corrispondenti a loro  specifiche  competenze  fissate
nella legislazione vigente. 
    5.3. - Risulta violato altresi' il  quarto  comma  dell'art.  119
Cost., sotto il profilo del legame necessario tra  le  entrate  delle
Regioni e le funzioni delle stesse, poiche' lo Stato, pur trattenendo
per se' le funzioni in materia di protezione  civile,  ne  accolla  i
costi alle Regioni stesse. 
    5.4. - Peraltro,  l'obbligo  di  aumento  pesa  irragionevolmente
sulla  Regione  nel  cui  territorio  si   e'   verificato   l'evento
calamitoso,  con  la  conseguenza  che  le  popolazioni  colpite  dal
disastro subiscono una penalizzazione ulteriore. Ne' vale obiettare -
come ha fatto la difesa statale -  che  i  soggetti  danneggiati  non
verrebbero coinvolti nell'aumento della pressione fiscale, in  quanto
per gli stessi e' sospeso o differito ogni adempimento o  versamento,
ai sensi dell'art. 5, comma 5-ter, della legge n. 225  del  1992.  Se
infatti gli adempimenti ed i versamenti sono sospesi o differiti,  le
obbligazioni cui si riferiscono rimangono valide  e  vincolanti;  tra
queste  rientrano  gli  aumenti  tributari   previsti   dalle   norme
impugnate, che, scaduti i termini di sospensione o  di  differimento,
finirebbero per gravare, pro quota, anche sulle  popolazioni  colpite
dalla catastrofe, le quali dalle  istituzioni  riceverebbero  in  tal
modo una risposta non coerente con il dovere di solidarieta'  di  cui
all'art. 2 Cost. 
    5.5. - Le norme censurate  contraddicono  inoltre  la  ratio  del
quinto comma dell'art.  119  Cost.:  le  stesse,  anziche'  prevedere
risorse aggiuntive per determinate Regioni «per  provvedere  a  scopi
diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (quali sono quelli
derivanti  dalla  necessita'  di  fronteggiare  gli   effetti   sulle
popolazioni e sul  territorio  di  eventi  calamitosi  improvvisi  ed
imprevedibili),  al  contrario,  impongono  alle  stesse  Regioni  di
destinare  risorse  aggiuntive  per  il  funzionamento  di  organi  e
attivita' statali. 
    6. - La previsione contenuta nel comma 5-quater, secondo cui  «il
Presidente della regione interessata» e' autorizzato a deliberare gli
aumenti fiscali ivi previsti, si pone  in  contrasto  con  l'art.  23
Cost., in quanto viola la riserva di legge in materia  tributaria,  e
con l'art. 123 Cost., poiche' lede l'autonomia  statutaria  regionale
nell'individuare con norma statale l'organo della Regione titolare di
determinate funzioni (ex plurimis, sentenze n. 201 del 2008,  n.  387
del 2007). 
    7.  -  Sono  assorbiti  gli  altri  profili   di   illegittimita'
costituzionale prospettati dalle Regioni ricorrenti. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo  2,  comma
2-quater, del decreto-legge 29 dicembre  2010,  n.  225  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e di interventi  urgenti
in materia tributaria e di sostegno alle imprese  e  alle  famiglie),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 26 febbraio 2011, n. 10, nella parte in cui introduce  i  commi
5-quater e 5-quinquies, primo periodo, nell'art.  5  della  legge  24
febbraio 1992, n.  225  (Istituzione  del  Servizio  nazionale  della
protezione civile). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 febbraio 2012. 
 
                       Il Presidente: Quaranta 
 
 
                       Il redattore: Silvestri 
 
 
                       Il cancelliere: Melatti 
 
    Depositata in cancelleria il 16 febbraio 2012. 
 
               Il direttore della cancelleria: Melatti