N. 21 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 febbraio 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 febbraio 2012 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Sardegna - Modifiche alla legge regionale n. 4/2009, recante disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio - Interventi di adeguamento e ampliamento del patrimonio edilizio esistente, di ampliamento per le costruzioni in zona agricola, di ampliamento degli immobili a finalita' turistico-ricettiva, di demolizione e costruzione e sul patrimonio edilizio pubblico - Modifiche alle condizioni di ammissibilita' degli interventi - Prevista realizzazione in deroga alle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali vigenti e in deroga alle vigenti disposizioni normative regionali - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con la norma di grande riforma economico-sociale di cui all'art. 5 del decreto-legge n. 70 del 2011 che ha posto i principi fondamentali sui c.d. piani casa - Lesione dei principi di tutela dei beni paesaggistici contenuti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio - Contrasto con i principi dell'ordinamento civile, non imponendo la norma impugnata il rispetto del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 in materia di distanze e altezze degli edifici - Violazione della normativa comunitaria e della competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, per la mancata previsione della salvezza delle misure di controllo dell'urbanizzazione di cui al decreto legislativo n. 334/1999, recante attuazione della direttiva 96/82/CE (c.d. direttiva Seveso). - Legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21, art. 7, comma 1, lett. f). - Costituzione, artt. 9, 117, primo comma (in relazione alla direttiva 96/82/CE del 9 dicembre 1996), e comma secondo, lett. l) e s). Paesaggio - Norme della Regione Sardegna - Modifiche alla legge regionale n. 28/1998, in materia di tutela paesistica - Semplificazione delle procedure di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita' - Prevista possibilita' per la Giunta regionale di individuare ulteriori forme di semplificazione, in conformita' ai principi contenuti del d.P.R. n. 139/2010 - Ricorso del Governo - Denunciato contrasto con la disciplina statale sull'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Violazione della competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. - Legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21, art. 18. - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s). Paesaggio - Norme della Regione Sardegna - Modifiche alla legge regionale n. 22/1984, recante norme per la classificazione delle aziende ricettive - Ricorso del Governo - Denunciato ampliamento dell'ambito degli interventi qualificati come paesaggisticamente irrilevanti rispetto alla previsione di cui all'art. 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Contrasto con la disciplina statale sull'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Violazione della competenza legislativa esclusiva nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. - Legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21, art. 20. - Costituzione, artt. 9 e 117, comma secondo, lett. s). Paesaggio - Norme della Regione Sardegna - Modifiche alla legge regionale n. 19/2011, recante provvidenze per lo sviluppo del turismo golfistico - Previsione che la Giunta regionale attivi la procedura di cui all'art. 11 della legge regionale n. 4/2009, proponendo gli adeguamenti al Piano paesaggistico regionale per consentire la realizzazione di nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf anche in ambito costiero sino alla distanza di 1000 metri dalla linea di battigia, 500 metri per le isole minori - Ricorso del Governo - Denunciata mancata previsione, in sede di pianificazione paesaggistica, della partecipazione dell'Amministrazione statale - Inosservanza del principio della pianificazione congiunta di cui agli artt. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio - Lesione della competenza legislativa statale nella disciplina delle forme di intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. - Legge della Regione Sardegna 21 novembre 2011, n. 21, art. 23, commi 6 e 7. - Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett. s), e 118, comma terzo; Statuto della Regione Sardegna, art. 3.(GU n.11 del 14-3-2012 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12 nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della Regione autonoma della Sardegna del 21/11/2011, n. 21 pubblicata sul BUR n° 35 del 29/11/2011 recante: "Modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 4 del 2009, alla legge regionale n. 19 del 2011, alla legge regionale n. 28 del 1998 e alla legge regionale n. 22 del 1984, ed altre norme di carattere urbanistico". Quanto: - all'art. 7, comma 1, lettera f), della legge regionale n. 21/2011 per contrasto con gli articoli: 9; 117, primo comma; 117, secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione; - all'art. 18 per contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione; - all'articolo 20 per contrasto con gli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione; - all'art. 23, commi 6 e 7, perche' eccede dalle competenze statutarie di cui all'articolo 3 dello statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna adottato con legge costituzionale n. 3 del 1948 e contrasta con gli articoli 117, comma 2 lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione. La predetta legge della Regione autonoma della Sardegna viene impugnata con riferimento alle norme sopra indicate giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 20 gennaio 2012 allegata in estratto al presente ricorso. Motivi 1) L'art. 7, comma 1, lettera f), della legge regionale n. 21/2011 e' illegittimo per contrasto con gli articoli: 9; 117, primo comma; 117, secondo comma, lettere l) e s), della Costituzione. Com'e' noto la Regione Sardegna ha potesta' legislativa di tipo primario in materia di urbanistica ed edilizia, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera t) dello Statuto speciale di autonomia, l.cost. n. 3/1948. La Regione e', altresi', titolare di competenza esclusiva in materia di «piani territoriali paesistici», in base all'articolo 6, comma 2, del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480, di approvazione delle Nuove norme di attuazione dello Statuto. Sul piano legislativo la Regione nell'esercitare la propria competenza esclusiva e', tuttavia, tenuta ad osservare i limiti espressamente individuati nell'art. 3 dallo Statuto in riferimento alle materie affidate alla potesta' legislativa primaria della Regione e cioe' l'armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. In relazione a quest'ultimo limite, codesta Corte, anche con riferimento alla Regione Sardegna, ha, invero, avuto modo di affermare che: - il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria della Regione speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali", e cio' anche sulla base del titolo di competenza legislative nella materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lettere s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanta della tutela del beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia "edilizia ed urbanistica" (Corte Costituzionale sentenza n. 51 del 2006, riferita proprio alla Regione Sardegna; v. anche sentenza n. 536 del 2002); - la potesta' normativa della Regione autonoma, che deve esercitarsi «in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento, nonche' delle norme fondamentali e di riforma economico-sociale», deve rispettare quali norme «di grande riforma economico-sociale» le disposizioni della c.d. legge "Galasso" ed in specie l'elenco delle aree tutelate per legge contenuto nell'odierno art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004 (sentenza n. 164 del 2009 che ha accolto un ricorso in via d'azione dello Stato avverso una legge della Regione autonoma della Valle d'Aosta). Cio' detto in linea generale, la legge regionale n. 21/2011, nell'intervenire sulla legge regionale n. 4/2009 ("Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo"), apporta, fra le altre, delle significative modifiche alla disciplina degli interventi di adeguamento ed ampliamento del patrimonio edilizio esistente (art. 2), di ampliamento per le costruzioni in zona agricola (art. 3), di ampliamento degli immobili a finalita' turistico-ricettiva (art. 4) e di demolizione e ricostruzione (art. 5). L'articolo 7, comma 1, lettera f), della legge n. 21 prevede, inoltre, che gli interventi edilizi di cui ai novellati articoli 2, 3, 4, 5 e all'art. 6 (riferito al patrimonio edilizio pubblico) siano realizzabili non solo "in deroga alle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali vigenti", ma in deroga anche "alle vigenti disposizioni normative regionali". Viene fatto "salvo il rispetto delle disposizioni del codice civile e i diritti dei terzi". Tale disposizione, nel consentire di effettuare gli interventi in deroga non solo alle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali, ma anche alle vigenti disposizioni regionali, con il solo limite del rispetto del codice civile e dei terzi, senza alcuna ulteriore clausola di salvaguardia, appare suscettibile di essere interpretata secondo un'accezione ampia. tale da ricomprendere nella deroga anche normative che afferiscono ad ambiti di legislazione statale esclusiva. Dall'ampia accezione della norma conseguono pertanto le violazioni che si vanno ed esporre. 1.1. In primo luogo. la generica locuzione "disposizione normative regionali" e' suscettibile di essere interpretata in modo ampio. comprensivo anche della disciplina di uso del territorio stabilita dal piano paesaggistico regionale, con la conseguenza che si ha una incostituzionale riduzione della tutela paesaggistica, agli effetti della realizzazione del piano casa, allo stesso livello degli strumenti urbanistici ed edilizi. Cio' comporta un diretto contrasto con la norma di grande riforma economico-sociale posta dall'art. 5 dei decreto legge n. 70 del 2011 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 106 del 2011), che ha posto i principi fondamentali sui cosiddetti "piani - casa" (legge nazionale quadro per la riqualificazione incentivata delle aree urbane), chiarendo, senza ombra di dubbio, che resta fermo il rispetto delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio (in linea, del resto, con i contenuti dell'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Regioni in data 1 aprile 2009, che ha fissato gli ambiti e i limiti di intervento generali dei piani casa regionali, salvaguardando le reciproche competenze dello Stato e delle regioni nelle materie della tutela ambientale e dell'urbanistica). Di conseguenza, la disciplina dettata dalla legge della Regione Sardegna in esame, consentendo, nell'accezione prospettata, una deroga generale alle vigenti disposizioni normative e regolamentari che disciplinano l'attivita' edilizia senza tener conto della disciplina statale paesaggistica ed in particolare dei vincoli paesaggistici, contrasta in generale con i principi di tutela dei beni paesaggistici contenuti nel Codice dei beni culturali e dei paesaggio (art. 131 e ss., parte terza del codice di settore). Ne deriva che l'art. 7, viola gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, di cui dette disposizioni costituiscono diretta attuazione. 1.2. L'art. 7, comma 1, lett. f), inoltre, contrasta anche con i principi dell'ordinamento civile laddove nell'autorizzare genericamente, attraverso la norma in esame, interventi edilizi "in deroga alle previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali vigenti", e in generale in deroga anche "alle vigenti disposizioni normative regionali", facendo salvo il rispetto del solo codice civile e dei diritti dei terzi, non impone il rispetto del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, contenente disposizioni in materia di distanze e altezze degli edifici. In proposito, la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che gli artt. 8 e 9 del predetto decreto ministeriale in tema di distanze tra edifici per la genesi del decreto (e' stata adottato ex art. 41-quinquies, comma 8, della legge 17.08.1942 n. 1150) e per la sua funzione igienico-sanitaria (evitare intercapedini malsane mediante la fissazione di valori minimi inderogabili), costituiscono un principio inderogabile della materia anche per le regioni e province autonome che, in base agli statuti di autonomia, siano titolari di competenza esclusiva nella materia urbanistica (cfr. ex pluribus, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze 7731/2010 e n. 4374/2011). In proposito codesta Corte, sin dalla sentenza n. 120 del 1996, ha ritenuto che "la predetta norma sulle distanze tra edifici, deve considerarsi integrativa di quelle previste dal codice civile (art. 873 cod. civ. e segg.)" e che "le disposizioni sulle distanze fra costruzioni sono giustificate dal fatto di essere preordinate, non solo alla tutela degli interessi dei due frontisti ma, in una piu' ampia visione, anche al rispetto di una serie di esigenze generali, tra cui i bisogni di salute pubblica, sicurezza, vie di comunicazione e buona gestione del territorio. Si tratta, quindi, di una normativa che prevale sulla potesta' legislativa regionale, in quanto integra la disciplina privatistica delle distanze" (cfr. anche Corte Costituzionale 16 giugno 2005, n. 232)". Nella sentenza 16 giugno 2005, n. 232, codesta Corte ha avuto modo, peraltro, di precisare che le normative locali (regionali o comunali) possono si' prevedere distanze inferiori alla misura minima di cui all'art. 9 del D.M 1444/1968, ma entro precisi limiti: l'introduzione di deroghe e' consentita solo nell'ambito della pianificazione urbanistica, come nell'ipotesi espressamente prevista dall'art. 9 comma 3 del DM 1444/1968, che riguarda edifici tra loro omogenei perche' inseriti in un piano particolareggiato o in un piano di lottizzazione. Ne consegue che l'articolo 7, comma 1 lettera f), della legge regionale in esame, laddove, non prevede la salvezza anche delle disposizioni in materia di altezze e distanze di cui al citato decreto ministeriale n. 1444/1968, contrasta con l'articolo 117, secondo comma, lettera 1). della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva statale la materia dell'ordinamento civile. 1.3. Infine, lo stesso art. 7, comma 1, lettera f), nella sua ampia accezione gia' ricordata, derogatoria delle -previsioni dei regolamenti edilizi e degli strumenti urbanistici comunali vigenti", e in generale delle "vigenti disposizioni normative regionali", consente che gli interventi edilizi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 siano realizzabili senza fare salve le misure di controllo dell'urbanizzazione stabilite dalla normativa in materia di rischi di incidenti rilevanti previste dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante attuazione della direttiva 96182/CE (Seveso). Al riguardo, il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modifiche, recante attuazione della direttiva 96/82/CE (c.d. direttiva Seveso), relativa al controllo dei rischi di incidenti rilevanti causati da determinate sostanze pericolose, detta disposizioni vincolanti in materia di assetto del territorio e controllo dell'urbanizzazione. A tal fine il D.M. 9 maggio 2001, che stabilisce i requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante, prevede che le autorita' responsabili della gestione del territorio recepiscono negli strumenti di regolamentazione territoriale ed urbanistica e negli atti autorizzativi dell'attivita' edilizia. nelle aree interessate dagli effetti degli scenari incidentali ipotizzabili in relazione alla presenza di stabilimenti a rischio di incidente rilevante, le informazioni fornite dai gestori sulle aree di danno e le valutazioni di compatibilita' degli interventi fornite dall'autorita' tecnica competente. La suesposta normativa statale e', pertanto, inderogabile e trova fondamento nella disciplina recata dalla direttiva 96/82/CE, ed in particolare nell'art. 12 della stessa direttiva che stabilisce misure in materia di controllo dell'urbanizzazione. Sulla scorta delle suesposte argomentazioni la norma in esame viola, pertanto, l'art. 117, comma 1, della Costituzione nella misura in cui contrasta con la normativa comunitaria e l'art. 117, comma 2. lett. s), della Costituzione nella misura in cui dispone in modo difforme della normativa nazionale di riferimento afferente alle materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» nella quale lo Stato ha competenza legislativa esclusiva. 2) L'art. 18 della l.r. n. 21/2011 e' illegittimo per contrasto con l'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 18 della legge regionale n. 21/2011 inserisce, dopo l'articolo 5 della legge regionale n. 28 del 1998, il seguente: «Art. 5-bis (Semplificazione delle procedure di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita'). 1. In sede di prima applicazione, gli interventi di lieve entita' da realizzarsi su aree o immobili sottoposti alle norme di tutela di cui alla parte III del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche, ed indicati nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entita', a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche), sempre che comportino un'alterazione dei luoghi e dell'aspetto esteriore degli edifici, sono assoggettati al procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica cosi' come disciplinato nel regolamento emanato con il citato decreto presidenziale. 2. La Giunta regionale, con direttiva adottata previa deliberazione, puo' individuare ulteriori forme di semplificazione del procedimento di autorizzazione paesaggistica in conformita' ai principi contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010.». In sintesi l'art. 18 prevede che, dopo la prima applicazione (fase nella quale si applica il d.P.R. n. 139 del 2010), la Giunta regionale per gli interventi di lieve entita' possa individuare ulteriori forme di semplificazione del procedimento di autorizzazione paesaggistica in conformita' ai principi contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010. Appare dunque evidente l'irragionevolezza della disposizione regionale ed il contrasto con le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio e segnatamente della disciplina statale sull'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del Codice di settore. Essa costituisce una norma di grande riforma economico-sociale perche' assicura su tutto il territorio nazionale, in una fase cosi delicata come quella della tutela preventiva, una uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale, e dunque in tutte le regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. La norma regionale. cosi disponendo, esercita una potesta' legislativa che appartiene in via esclusiva alla Stato. al quale spetta di disciplinare la materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e, per l'effetto, viola l'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che riserva al legislatore statale la predetta materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». 3) L'articolo 20 e' illegittimo per contrasto con gli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. L'articolo 20 della legge in esame introduce modifiche alla legge regionale n. 22 del 1984 ("Norme per la classificazione delle aziende ricettive"), riformulando l'art. 4-bis, come inserito dalla l.r. n. 3/2009. La nuova formulazione dell'articolo 4-bis, prevede che «nelle aziende ricettive all'area aperta regolarmente autorizzate e nei limiti della ricettivita' autorizzata gli allestimenti mobili di pernottamento, quali tende, roulotte, caravan, mobil-home, maxicaravan o case mobili e pertinenze ed accessori funzionali all'esercizio dell'attivita' sono diretti a soddisfare esigenze di carattere turistico meramente temporanee e, anche se collocati in via continuativa, non costituiscono attivita' rilevante a fini urbanistici, edilizi e paesaggistici. A tal fine tali allestimenti devono: a) conservare i meccanismi di rotazione in funzione; b) non possedere alcun collegamento di natura permanente al terreno e gli allacciamenti alle reti tecnologiche, gli accessori e le pertinenze devono essere rimovibili in ogni momento.". Non spetta, tuttavia, alla normativa regionale qualificare alcuni interventi come paesaggisticamente irrilevanti, ampliando la previsione dell'articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Peraltro, sul piano concreto, l'estensione dell'ambito degli interventi qualificati come paesaggisticamente irrilevanti, contenuta nella nuova formulazione dell'articolo 4-bis (la precedente si limitava agli "allestimenti mobili di pernottamento"), pone seri problemi di impatto paesaggistico. Occorre, infatti, considerare che: - per "aziende ricettive" si intendono villaggi turistici e campeggi e, quindi, la previsione riguarda aree assai importanti dal punto di vista paesaggistico; - la definizione delle "case mobili" e' incerta, e rischia di costituire motivo di elusione dell'intera disciplina di tutela del territorio, comportando la disapplicazione delle regole di edificazione stabilite nella legge e negli strumenti di pianificazione; tanto piu' che la disposizione in questione vanifica la necessaria sussistenza delle caratteristiche tecniche individuate quali indici di precarieta' e temporaneita' (esistenza dei "meccanismi di rotazione" in funzione, "rinnovabilita' degli allacciamenti alle reti tecnologiche"), poiche' qualifica detti interventi come comunque «diretti a soddisfare esigenze di carattere turistico meramente temporanee» anche e nonostante questi risultino « collocati in via continuativa»; - tra le «pertinenze ed accessori funzionali all'esercizio dell'attivita'» ricettiva, potrebbero rientrare strutture edificatorie (ad esempio, quelle dei servizi e degli spazi comuni dei villaggi vacanze) di grande dimensione e di grande impatto paesaggistico, che altrimenti dovrebbero indubbiamente essere sottoposte ad una piena valutazione di compatibilita' paesaggistica (oltre che di compatibilita' urbanistico-edilizia). Si aggiunga che interventi del tutto analoghi, se non sostanzialmente coincidenti con quelli che la l.r. n. 21 del 2011 intende "liberalizzare", sono compresi tra quelli soggetti al procedimento di autorizzazione paesaggistica, seppure in forma semplificata, dal d.P.R. n. 139 del 2010, attuativo della previsione dell'articolo 146, comma 9, del Codice di settore (vedi, tipologie di cui al n. 38 e, soprattutto, al n. 39, dell'Allegato) e che il Piano Paesaggistico Regionale, all'articolo 20, comma 1, lettera b), n. 3 ("Fascia costiera"), detta una disciplina di tutela che esclude la realizzazione di detti interventi. Appare dunque evidente, anche in questo caso, l'irragionevolezza della disposizione regionale ed il contrasto con le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio e segnatamente dell'autorizzazione ex art. 146, che costituisce una nonna di grande riforma economico-sociale perche' assicura su tutto il territorio nazionale, in una fase cosi' delicata come quella della tutela preventiva, una uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale. e dunque in tutte le regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. Un'analoga questione, del resto, e' stata gia' esaminata e accolta da codesta Corte Costituzionale con sentenza n. 235 del 19 luglio 2011, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli arti. 1, comma 1, e 2 della legge della Regione Campania 25 ottobre 2010, n. 11. nella parte in cui, nel disciplinare le strutture turistiche presso gli stabilimenti balneari, prevedendo, tra l'altro, «la permanenza delle istallazioni e delle strutture, realizzate per l'uso balneare, per l'intero anno solare», differiva dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, con particolare riguardo alla pianificazione paesaggistica e al regime dell'autorizzazione paesaggistica. "La normativa censurata - ha osservato la Corte - prevede sia deroghe alla pianificazione paesaggistica, sia apposite procedure di autorizzazione paesaggistica. Vi e', quindi, una invasione nella competenza legislativa statale, in quanto le disposizioni impugnate intervengono in materia di tutela del paesaggio, ambito riservato alla potesta' legislativa dello Stato, e sono in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo n. 42 del 2004 (da ultimo, sentenze n. 101 del 2010 e n. 272 del 2009)". La norma in esame viola, pertanto, gli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 4) L'articolo 23, commi 6 e 7, eccede dalle competenze statutarie di cui all'articolo 3 dello statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna e contrasta con gli articoli 117, comma 2 lettera s), e 118, terzo comma, Cost., L'articolo 23, commi 6 e 7, della l.r. in esame, sostituendo l'articolo 5, commi 4 e 5, della l.r. n. 19 del 2011, ha previsto che la Giunta regionale sia autorizzata ad adeguare il Piano paesaggistico regionale consentendo la realizzazione nella fascia costiera, entro la fascia di 1.000 metri dalla linea di battigia (500 metri per le isole minori) di nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf e disponendo che per tali finalita' si applica la procedura di cui all'articolo 11 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 che si conclude con una deliberazione della Giunta. Segnatamente l'art. 23, ai commi 6 e 7, cosi dispone: "6. Il comma 4 dell'articolo 5, e' sostituito dal seguente: "4. La Giunta regionale, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, attiva la procedura di cui all'articolo 11 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo), proponendo gli adeguamenti al Piano paesaggistico regionale necessari per consentire la realizzazione di nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf anche in ambito costiero, sino alla distanza di 1.000 metri dalla linea di battigia, 500 metri per le isole minori.". 7. Il comma 5 dell'articolo 5, e' sostituito dal seguente: "5. In considerazione della valenza strategica degli interventi di promozione e realizzazione di un sistema di campi da golf previsto della presente legge, i termini del procedimento di cui al comma 4 sono eccezionalmente ridotti alla meta'.". Ebbene, il principio della pianificazione necessariamente congiunta (Stato-Regione) sui beni paesaggistici, contenuto negli artt. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con d.lgs. n. 42/2004 (e successivi decreti correttivi del 2006 e del 2008) costituisce senz'altro una norma di grande riforma economico-sociale (o norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica), che si impone, in quanto tale - come anticipato nell'esposizione del primo motivo di ricorso - uniformemente su tutto il territorio nazionale, e dunque in tutte le regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. Nella nuova disciplina di tutela e valorizzazione del paesaggio, introdotta dal codice dei 2004, la pianificazione paesaggistica, come strumento di tutela dinamica del territorio, rappresenta, invero, il cuore del sistema, rispetto al quale ruotano sia i vincoli che gli strumenti autorizzatori e sanzionatori di gestione e controllo, e nel quale la partecipazione statale assume particolare rilievo in via preventiva soprattutto attraverso la pianificazione in conformita' a standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale. La partecipazione statale in sede di pianificazione nel consentire di assicurare proprio la ridetta uniformita' di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali su tutto il territorio impedisce, in altre parole, che le Regioni, con propria legge regionale. possano in ipotesi adottare piani paesaggistici che compromettono il bene primario del paesaggio. Cio' detto in linea di principio. l'articolo 23, commi 6 e 7, - al pari del sostituito art. 5, commi 4 e 5, della legge regionale n. 19/2011, invero dal contenuto non dissimile e gia' oggetto di impugnativa in via diretta pendente presso codesta Corte - contrasta con la norma di grande riforma economico-sociale di cui agli artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42/2004 sulla pianificazione congiunta Stato-Regione in materia di piani paesaggistici. Il comma 6, invero, senza che in alcun modo la Stato abbia partecipato alla scelta a monte di adeguare il piano paesaggistico per la realizzazione delle strutture connesse ai campi da golf e di adeguarlo entro specifici limiti, stabilisce gia' in via legislativa che il piano va adeguato e le distanze dalla battigia: "La Giunta regionale... attiva la procedura di cui all'articolo 11 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 ... ...proponendo gli adeguamenti al Piano paesaggistico regionale necessari per consentire la realizzazione di nuove strutture residenziali e ricettive connesse ai campi da golf anche in ambito costiero, sino alla distanza di 1.000 metri dalla linea di battigia, 500 metri per le isole minori". Sempre il comma 6 ed il comma 7, dispongono, inoltre, secondo quale procedimento e quali tempi il piano paesaggistico deve essere modificato in via amministrativa atteso che «"La Giunta regionale... attiva la procedura di cui all'articolo 11 della legge regionale 23 ottobre 2009, n. 4 " e che "In considerazione della valenza strategica degli interventi di promozione e realizzazione di un sistema di campi da golf previsto della presente legge, i termini del procedimento di cui al comma 4 sono eccezionalmente ridotti alla meta' (...) con i termini ridotti alla meta'». L'art. 11 disciplina, infatti, il procedimento di «aggiornamento e revisione del Piano paesaggistico regionale», che si conclude con una deliberazione della Giunta, senza alcuna partecipazione dell'Amministrazione statale, con la conseguenza che anche sotto l'aspetto procedimentale amministrativo di modificazione del piano l'art. 6 non attribuisce alcun ruolo allo Stato. Si tratta di modifiche al piano paesaggistico che assumono gia' in linea programmatica particolare rilievo ove si consideri che, ai sensi dell'articolo 19 delle norme tecniche di attuazione del PPR vigente, la "fascia costiera", cosi' come perimetrata nella cartografia del PPR, rientra nella categoria dei beni paesaggistici d'insieme ed e' considerata risorsa strategica fondamentale per lo sviluppo sostenibile del territorio sardo e che l'articolo 20, comma 1, lett. b), n. 1), delle stesse N.T.A, stabilisce che nella fascia costiera «non e' comunque ammessa la realizzazione di nuovi campeggi e strutture ricettive connesse a campi da golf». Sulla base di quanto premesso le norme censurate sono all'evidenza illegittime perche' la vigente pianificazione paesaggistica, non puo' essere modificata se non secondo le modalita' ("intese" ed "accordi") previste dall'articolo 143 del Codice, essendo quello della pianificazione congiunta un principio cardine del sistema di tutela del paesaggio, assicurato dal Codice in diretta attuazione del principio fondamentale espresso dall'articolo 9, secondo comma, della Costituzione. Invero, la Regione Sardegna, con le disposizioni normative censurate, pretende di modificare unilateralmente, con lo strumento legislativo, le misure di tutela concordate con lo Stato e consacrate, in attuazione degli artt. 135 e 143 del Codice di settore, nel previgente piano paesaggistico del 2006, quando, invece, avrebbe dovuto concordare le modifiche nella appropriata sede della nuova concertazione di riforma e modifica congiunta del piano medesimo. La scelta ed il limite entro il quale consentire i campi da golf e annesse strutture ricettive deve, in altri termini, tradursi e operarsi attraverso una modifica congiunta del piano paesaggistico, con l'accordo dello Stato, mentre viene ad essere anticipata e compiuta unilateralmente dalla legge regionale censurata; del pari il concreto adeguamento del piano paesaggistico vigente secondo le linee direttive dettate con il comma 6 non puo' essere rimesso alla procedura individuata dai commi 6 e 7, ma deve passare attraverso un accordo con lo Stato. La violazione del principio di pianificazione congiunta si presenta, peraltro, di particolare rilievo, atteso che il piano paesaggistico e' stato definito nel 2006 con l'accordo dello Stato e viene ora ad essere ridefinito, con la legge regionale in esame, in base all'esclusiva volonta' regionale. In questa ottica ogni Regione con il succedersi delle giunte regionali, potrebbe, in via di mera ipotesi, fare e disfare ogni volta a propria discrezione i piani paesaggistici concordati con lo Stato, svuotando di ogni contenuto le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio sopra richiamate. In proposito giova, per mera completezza, chiarire sin d'ora che non si intende in questa sede in alcun modo discutere o contrastare nel merito le scelte della Sardegna in ordine alla opportunita' e convenienza di promuovere i campi da golf o la realizzazione delle annesse strutture ricettive turistico - alberghiere, ma esclusivamente difendere il rispetto dei principi fondamentali di grande riforma economico-sociale della materia, che impongono che le modifiche ai piani paesaggistici, concordati in ossequio al Codice di settore, siano definite anch'esse con lo Stato. Cio' tanto piu' se, come nella specie, le misure contenute nella legge regionale, oltre alla realizzazione dei campi da golf, consentono, all'interno della aree paesaggistiche qualificate dal vigente piano come di rispetto della "fascia costiera", la realizzazione di cospicui interventi edificatori (turistico-residenziali) fino a 75.000 mc. (per ciascun impianto), di cui il 50 per cento a tipologia di villa unifamiliare (art. 6, comma 1, lettera d)), oltre 4.000 mc. per "club house" e altri locali di servizio, volumi che possono essere poi considerevolmente aumentati al ricorrere di determinati presupposti (fino al 30% nel caso di impianti di prima categoria e di un altro 25% in caso di riutilizzo di volumi - anche a destinazione rurale - preesistenti: art. 6, commi 2, 5 e 3). La disposizione regionale nell'eliminare in radice forme di intesa e di coordinamento tra la Regione e lo Stato viola, altresi', l'art. 118, comma terzo, Cost, che affida alla competenza legislativa statale le "forme di intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali". Per quanto detto, l'art. 23, commi 6 e 7, e' illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Sardegna adottato con la legge costituzionale n. 3 del 1948, e degli articoli 117, comma 2 lettera s, e 118, terzo comma, della Costituzione.
P.Q.M. Alla luce di quanto sopra esposto si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge n. 21/2011 della Regione autonoma della Sardegna viene impugnata con riferimento alle norme sopra indicate giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 20 gennaio 2012 allegata in estratto al presente ricorso, quanto: all'art. 7, comma 1. lettera f), all'art. 18, all'articolo 20, all'art. 23, commi 6 e 7. Si allega l'estratto in originale della delibera del Consiglio dei Ministri del 20.1.2012. Roma, 2 febbraio 2012 L'Avvocato dello Stato: Venturini