N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 febbraio 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 27 febbraio 2012 (della Regione Molise). 
 
Enti locali - Riduzione dei costi di funzionamento delle  Province  -
  Modificazione, a tal fine,  dell'assetto  delle  funzioni  e  degli
  organi di governo dell'ente Provincia - Attribuzione alle  Province
  di sole funzioni di indirizzo e coordinamento delle  attivita'  dei
  Comuni nelle materie e nei limiti  indicati  con  legge  statale  o
  regionale  -  Individuazione  del  Presidente   e   del   Consiglio
  Provinciale come unici organi della Provincia - Trasformazione  del
  Consiglio provinciale in organo composto  da  dieci  membri  eletti
  dagli organi elettivi dei comuni - Elezione del Presidente da parte
  dello stesso Consiglio provinciale secondo modalita' stabilite  con
  successiva legge statale - Obbligo per lo Stato e per le Regioni di
  trasferire ai Comuni entro il 31 dicembre 2012 le  funzioni  (gia')
  provinciali, salva  l'acquisizione  delle  stesse  da  parte  delle
  Regioni sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione
  e adeguatezza - Attribuzione allo Stato di  poteri  sostitutivi  in
  caso di inadempimento regionale  -  Obbligo  dello  Stato  e  delle
  Regioni di trasferire le risorse umane, finanziarie  e  strumentali
  per l'esercizio delle funzioni trasferite - Riserva al  legislatore
  statale del potere di  fissare  la  decorrenza  del  nuovo  assetto
  istituzionale dell'ente locale - Assegnazione di un termine di  sei
  mesi alle Regioni a statuto speciale per l'adeguamento  alla  nuova
  disciplina - Possibilita' per i Comuni di istituire unioni o organi
  di  raccordo  per  l'esercizio  di  specifici  compiti  o  funzioni
  amministrative, garantendo l'invarianza della spesa - Ricorso della
  Regione Molise - Denunciato declassamento della Provincia  da  ente
  costituzionalmente  autonomo   esponenziale   della   collettivita'
  locale,  ad  ente  di  secondo  livello  con   mere   funzioni   di
  coordinamento dei Comuni - Violazione dei principi a  tutela  delle
  autonomie locali e del decentramento amministrativo - Modificazione
  da parte  del  legislatore  ordinario  dell'assetto  costituzionale
  delle  autonomie  territoriali  -  Esorbitanza  dai  limiti   della
  competenza statale in materia di legislazione elettorale, organi di
  governo e funzioni  fondamentali  dei  Comuni,  Province  e  Citta'
  metropolitane - Incidenza  su  materie  di  competenza  legislativa
  residuale e  concorrente  delle  Regioni,  nonche'  sulla  potesta'
  regolamentare e sull'esercizio delle funzioni amministrative  nelle
  medesime  materie  -  Compressione  dell'autonomia  amministrativa,
  organizzativa e finanziaria delle Regioni nei rapporti con gli enti
  locali - Assenza dei presupposti e  della  concertazione  necessari
  per l'esercizio del potere statale  sostitutivo  -  Violazione  del
  principio di leale collaborazione -  Violazione  dei  principio  di
  ragionevolezza - Difetto di proporzionalita' rispetto all'obiettivo
  di  riduzione  della  spesa  -  Mancanza  dei   presupposti   della
  decretazione d'urgenza -  Istanza  di  sospensione  dell'esecuzione
  delle norme impugnate. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 23, commi
  14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, (20-bis) e 21. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 77, 97, 114, 117,  commi  secondo,  lett.
  p), quarto e sesto, 118, 119 e 120; legge 5 giugno  2003,  n.  131,
  art. 8; legge 23 agosto 1988, n. 400, art.  14;  d.lgs.  18  agosto
  2000, n. 267; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 35, come  sostituito
  dall'art. 9 della legge 5 giugno 2003, n. 131. 
(GU n.13 del 28-3-2012 )
    Ricorso della Regione Molise (P. IVA 00169440708) in persona  del
Legale Rappresentante, il Presidente pt, On.le Angelo Michele  Iorio,
rappresento e difeso, giusta mandato a margine del presente  atto  ed
in virtu' di delibera giuntale di incarico n.  116  del  20  febbraio
2012, dall'avv.to Vincenzo  Colalillo  (CLLVCN46M03A930U)  presso  il
quale elettivamente domicilia in Roma alla via Albalonga n. 7 (studio
Avv.    Clementino    Palmiero)    (fax    0865/411980     -     Pec:
v.colalillo@pec.giuffre.it); 
    Contro: 
        1) Presidente del Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente del Consiglio dei ministri in carica pro tempore; 
        2)  Governo  della  Repubblica  Italiana,  in   persona   del
Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore; 
    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
23, commi da 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20 e 21, del  decreto  legge  n.
201/2011, cosi come convertito, con  modificazioni,  dalla  Legge  di
conversione, 22 dicembre 2011, n. 214, pubblicata sulla G.U. n.  300,
G.O. del 27 dicembre 2011, per violazione degli articoli 5, 1 1 4,  1
1 7, commi 2 lett. p, 4 e 6, 118  e  119  della  Costituzione,  anche
sotto  il  profilo  di   violazione   del   principio   della   leale
collaborazione. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    La Regione Molise, e' stata istituita originariamente dalla legge
costituzionale n. l del 27 dicembre 1963, originariamente con la sola
Provincia di Campobasso, e successivamente, con legge  costituzionale
n. del , anche dalla Provincia di Isernia. 
    Inoltre dette Province sono elevate a livello istituzionale dallo
statuto regionale del Molise, approvato, ai sensi dell'art.  123,  2°
comma, Costituzione, giusta legge n. 347 del 22 maggio  1971,  previa
deliberazione di Consiglio Regionale del Molise del 26 gennaio e 12 e
23 marzo 1971. 
    D'altro canto, l'intero assetto organizzativo e legislativo della
gestione del territorio molisano si articola secondo  i  principi  di
collaborazione verticale ed orizzontale delle  due  Province  con  la
Regione, anche nella gestione del territorio. 
    Da cio', l'interesse sostanziale a che la Regione Molise permanga
nel suo assetto istituzionale e territoriale, (con la presenza  delle
due Province nell'attuale posizione  istituzionale,  con  i  relativi
compiti gestionali/organizzativi) con la necessita' di intervenire  a
far dichiarare l'illegittimita' delle disposizioni  legislative  che,
di recente, incidono su tale assetto territoriale/istituzionale. 
    L'art. 23 del D.L.  n.  201/2011  (disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito con modificazioni dalla L. n. 214 del  22  dicembre  2011,
dal comma 14 al comma 21, contiene norme  di  sostanziale  abolizione
delle Province, che la Regione Molise ritiene lesive delle competenze
degli Enti Locali) inerenti il suo territorio = previsti direttamente
dalla Costituzione e, di conseguenza, ma anche  direttamente,  lesive
delle attribuzioni legislative regionali,  delle  stesse  prerogative
regionali costituzionalmente garantite e, in generale, dell'autonomia
regionale. 
    I Consigli Provinciali di Campobasso ed Isernia hanno avanzato al
Presidente della Giunta Regionale del Molise la richiesta propositiva
di impugnare alla Corte Costituzionale l'art. 23, commi 14,  15,  16,
17, 18 19, 20, 20-bis e 21 del D.L. 211/2011, convertito dalla L.  n.
214/2011. 
    La Regione e' legittimata a proporre la presente impugnativa  per
la lesione diretta subita dalle norme contestate,  ma  anche  per  la
lesione delle prerogative costituzionali delle Province di Isernia  e
Campobasso, che  si  riflette  sulla  posizione  istituzionale  della
Regione stessa. 
    Piu' volte si e' pronunciata codesta Ecc.ma Corte  nel  senso  di
ammettere censure relative a compressione di  sfere  di  attribuzione
provinciale o degli altri  enti  locali  disciplinati  dall'art.  114
della Cost. (nel testo di cui all'art. 1 legge Cost. del  18  ottobre
2001, n. 3), da cui deriva una compressione dei poteri delle  Regioni
(Corte Cost., nn. 417/2005, 196/2004, 95/2007,169/2007, 289/2009). E'
di tutta evidenza, come si spieghera' in  prosieguo,  l'esistenza  di
tale  profilo  di  illegittimita'   costituzionale   nella   presente
fattispecie, laddove la "compressione" coincide con  la  "sostanziale
abolizione" stessa delle Province. 
    D'altro canto, nel vigente  assetto  costituzionale,  proprio  il
riconosciuto rilievo delle autonomie locali  contenuto  nei  principi
fondamentali della Carta  Costituzionale  (art.  5)  e  radicalizzati
nell'assetto istituzionale  della  Repubblica  (art.  114,  1°  comma
Costituzione), impone una garanzia a  tutela  dell'unitarieta'  della
Repubblica e della decentrata sovranita' del  popolo  nel  territorio
localizzato. 
    Infatti,  con  la  impugnata  disposizione  legislativa,   l'Ente
Provincia non si presenta piu' come esponenziale della  collettivita'
locale e attuatore dei principi garantivi alla Regione ed in cio'  in
palese contrasto con  i  precetti  costituzionali.  La  stessa  Corte
Costituzionale ha gia' rilevato che nell'assetto  costituzionale  non
devono  essere  violate  le  sfere  di  attribuzione  garantite  alla
Regione, quale organo legislativo e di indirizzo, ma anche, a livello
di principio, alle Province (a rilevanza costituzionale, ex art.  114
Cost.) e necessitate nel  riparto  attuativo  dei  rapporti  Stato  -
Regione - Enti Locali,  cui  e'  devoluta  anche  l'attuazione  delle
esercitate  competenze  legislative  dello  Stato  (Corte  Cost.   n.
261/2011). 
    In tale ottica, non sembra utilizzabile  l'istituto  della  legge
ordinaria per il "declassamento istituzionale" delle Province. 
    La stessa legge n. 400/1988, art.  14,  aveva  gia'  garantito  e
chiarito che non possono essere oggetto di decretazione d'urgenza del
Governo (anche se convertito), le materie di cui all'art. 72, comma 4
della Costituzione, tra le quali sono incluse le norme  di  carattere
costituzionale. 
    A cio' aggiungasi che le funzioni, l'assetto e  i  compiti  delle
Province rientrano nelle statuizioni legislative del D.Lg.vo 267/2000
che, all'art. 1, comma 4,  espressamente  dispone  che  "trattasi  di
legge rinforzata, ai sensi dell'art. 128 Cost.". 
    E, pervero, la stessa adita Corte Costituzionale  precisa  che  i
principi di valorizzazione e promozione delle  autonomie  locali,  di
cui al TUEL, in attuazione dell'art. 5  Cost.,  fa  ritenere  che  la
normativa sull'Ente Locale opera a un livello superiore della  stessa
formazione statale (Corte Cost. n. 30/1959; id. 13/1974). 
    Ad un attento esame dell'art. 23 impugnato, si deduce, e da  cio'
la violazione dei principi costituzionali in esame, che la  Provincia
viene interamente trasformata, e da Ente costituzionalmente autonomo,
degrada a Ente di secondo livello con mere funzioni di  coordinamento
degli Enti Comunali. 
    L'incidenza  costituzionale  del  declassamento  della  Provincia
emerge, in modo lapalissiano, se si considera che, per effetto  della
statuizione   legislativa   impugnata,   l'Ente   Provincia    perde,
sostanzialmente,  la  propria  posizione  istituzionale,  la  proprio
autonomia ed attivita' di gestione amministrativa e la maggior  parte
delle originarie funzioni istituzionali. 
    E valga, a tal fine, significare proprio  l'analisi  dei  singoli
commi dell'art. 23 in questione. 
    Il comma 14 attribuisce alla Province funzioni esclusivamente  di
indirizzo e di coordinamento delle attivita' dei Comuni nelle materie
e nei limiti indicati con  legge  statale  e  regionale,  secondo  le
rispettive competenze. 
    E  certamente,  non  puo'  ritenersi  che  la  sola  funzione  di
indirizzo e coordinamento possa rappresentare quel nucleo di funzioni
amministrative intimamente connesso al riconoscimento  del  principio
di autonomia della Provincia, richiesto e previsto dalla Costituzione
nell'art. 117 Cost., nonche' della  garanzia  di  cui  all'art.  118,
comma 1, in forza del quale le Province non  solo  sono  titolari  di
funzioni conferite da leggi regionali e statali, ma anche di funzioni
proprie. 
    Il comma 15 definisce organi della Provincia, il Presidente ed il
Consiglio Provinciale. 
    Detto comma,  nell'alterare  l'assetto  storico  -  istituzionale
dell'Ente Locale Provincia, incide profondamente  sulle  disposizioni
del T.U.E.L. (d.lg.vo  267/2000),  modificando  proprio  la  funzione
istituzionale  e  la   struttura   organizzativa   gestionale   della
Provincia. 
    Il comma 16 trasforma  il  Consiglio  Provinciale  da  organo  di
elezione diretta ad organo  ad  elezione  indiretta  composto  da  10
componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni. 
    Sembra  palese  che,  in  tal  modo,   viene   meno   l'autonomia
istituzionale della Provincia (in contrasto con gli  artt.  5  e  114
della Costituzione) tanto che la disposizione, eliminandone il potere
di  autodeterminazione  del   Consiglio,   di   fatto   le   abolisce
(subordinandole ai Comuni, di cui ne diventano diretta emanazione)  e
ne diminuisce, non solo l'autonomia politico - rappresentativa  della
collettivita' locale, ma anche il potere di incidenza sul  territorio
globalmente inteso. 
    E' indubbio, come gia' da acquisita  esperienza,  che  un  organo
eletto di secondo grado costituisce una rappresentanza frazionata del
territorio,  per  cui  la  gestione  globale  e  totale  di   questo,
astrattamente generalizzata, viene meno. Inoltre, si viene a palesare
un contrasto e una violazione dell'art. 14 della  legge  n.  400  del
1988, poiche' interviene sulla materia costituzionale  ed  elettorale
che, per legge, e' sottratta alla decretazione d'urgenza. 
    Il comma 17 stabilisce l'elezione del  Presidente  da  parte  del
Consiglio rinviando, per le modalita', a successiva legge statale. 
    Il comma viola gli stessi principi evidenziati per il comma 16. 
    A cio' aggiungasi che, l'assetto  istituzionale  -  ordinamentale
della Provincia deve garantire la  rappresentanza  del  vertice  come
espressione  della  democrazia  rappresentativa  e  della  sovranita'
popolare che si estrinseca attraverso il sistema elettorale diretto o
quanto meno del proprio  consiglio  (eletto  direttamente  dal  corpo
elettorale). 
    In sostanza, con  tale  comma  si  viene  ad  incidere,  in  modo
determinativamente negativo, sul principio della  democrazia  locale,
espressione del principio  costituzionale  dell'art.  5,  sottraendo,
alla libera scelta del corpo elettorale, la individuazione  e  scelta
dell'organo rappresentativo della Provincia. 
    In effetti, la scelta del Presidente della Provincia concretezza,
al  massimo  livello,  la  garanzia  di  espressione  del  pluralismo
politico e, quindi, della governabilita'  in  rappresentanza  diretta
del corpo elettorale. 
    La modifica, di cui al presente comma,  svincola  il  Presidente,
anche  nelle  sue  scelte  concrete,   dal   corpo   elettorale   per
subordinarlo ad altro organo,  cioe'  il  Consiglio,  espressione  di
secondo grado, in quanto rappresentante dei singoli Comuni. 
    Il comma 18 attribuisce allo Stato ed alle  Regioni,  secondo  le
rispettive competenze,  il  trasferimento  ai  Comuni,  entro  il  31
dicembre 2012, delle funzioni provinciali salvo che, per  assicurarne
l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle  Regioni  sulla
base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza.
E' previsto l'intervento sostitutivo da parte dello Stato. 
    Pervero, proprio il potere sostitutivo dello Stato determina  una
violazione   sostanziale   del   principio   di   sussidiarieta'   ed
adeguatezza,  alterando  lo   stesso   indirizzo   di   decentramento
amministrativo. 
    Il combinato disposto dell'art. 5, 114 e 118 Cost., garantiscono,
alla Provincia, un autonomo livello  di  esercizio  di  funzioni,  in
attuazione del principio di sussidiarieta'. 
    Il comma 19 prevede, da parte dello Stato  e  delle  Regioni,  il
trasferimento delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali
per l'esercizio delle funzioni trasferite. 
    A ben vedere, in tal modo, il nuovo assetto della Provincia viola
o degrada depauperandolo il principio dell'autonomia organizzativa di
un  Ente  a  rilevanza  costituzionale  =  quale  e'   la   Provincia
=, sopprimendone, di fatto, gli stessi  poteri  statutari  (da  tempo
riconosciuti e garantiti) e poteri regolamentari per  lo  svolgimento
di funzioni autonome. 
    Nell'ottica previsionale del comma 19, viene ad  alterarsi  anche
l'autonomia finanziaria di cui all'art. 119  Cost.,  ivi  compresi  i
meccanismi del Federalismo  Fiscale;  e  cio'  anche  come  fonte  di
finanziamenti per lo espletamento delle proprie funzioni. 
    Il  comma  20  stabilisce  la  decorrenza   dei   nuovi   organi,
rimettendo, invero, al potere legislativo  il  termine  di  incidenza
sull'assetto istituzionale delle Province, sull'attualita' della  sua
autonomia e, da ultimo, sugli stessi diritti dei cittadini nel potere
sovrano di elezione degli organi provinciali. 
    Non sembra costituzionalmente corretto riservare, al  legislatore
statale, il potere di individuare la  decorrenza  del  nuovo  assetto
degli organi istituzionali dell'Ente Locale. 
    Il comma 20-bis esclude dall'applicazione le Province Autonome di
Trento e Bolzano ed assegna alle Regioni a Statuto  Speciale  6  mesi
per adeguare i propri ordinamenti alle  disposizioni  dei  precedenti
commi. 
    Il comma 21 consente ai Comuni l'istituzione di unioni  o  organi
di  raccordo  per  l'esercizio  di  specifici  compiti   o   funzioni
amministrative, garantendo l'invarianza della spesa. 
    I richiamati commi, di cui all'art. 23 Legge citata  =  tutti  in
stretta connessione tra loro =, violano  gli  articoli  5,  114,  117
commi 2 lett. p) 4 e 6, 118 e  119  della  Costituzione,  nonche'  il
principio di leale collaborazione in relazione all'art. 8 della legge
5  giugno  2003  n.  131,  recante  disposizioni  per   l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001 n. 3. 
    Quanto all'art. 5 della Costituzione, 
    Ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali,
ed al  principio  del  piu'  ampio  decentramento  amministrativo  ed
all'adeguamento   della   legislazione    statale    alle    esigenze
dell'autonomia e del decentramento. L'articolo, nel suo complesso  e'
una garanzia fondamentale delle autonomie locali e quindi anche delle
province come decentramento della operativita' degli  organi  statali
nel territorio locale. 
    La statuizione dell'art. 5 non concretizza  una  enunciazione  di
mero tipo programmatico ma assume valore  vincolante  non  solo  come
garanzia delle autonomie locali, ma anche come obbligo dello Stato (e
della  legislazione  nazionale  e  regionale)  di  adeguarsi  a  tale
parametro costituzionale come  esigenza  dello  stesso  decentramento
amministrativo/burocratico. 
    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale  (garantito
dal richiamato art. 5 Cost.) nella norma impugnata,  con  conseguente
grave compromissione, anche dell'autonomia regionale  e  dell'assetto
ordinamentale ed istituzionale della stessa. 
    In effetti il disposto  costituzionale  impone  una  garanzia  di
bilanciamento tra la forma unitaria della Repubblica ed il  principio
del decentramento a tutela proprio delle collettivita' locali in  cui
l'Ente Provincia, come momento di convergenza anche di  Enti  minori,
assurge a momento di coagulo territoriale. 
    E certamente il depauperamento di detto Ente, cioe' la Provincia,
non solo viola detto principio di garanzia,  ma  si  pone  in  palese
contrasto  anche  con  lo  statuito  criterio  secondo  il  quale  la
Repubblica non solo riconosce, ma anche promuove le autonomie locali. 
    E si appalesa consequenziale che snaturalizzando la funzione e  i
compiti della  provincia  si  altera  anche  la  forma,  storicamente
garantita, del decentramento amministrativo  come  articolazione  sul
territorio. 
    Quanto all'art. 114 della Costituzione (nella statuizione di  cui
alla L. cost. 3/2001). 
    La Costituzione statuisce, in modo  chiaro  ed  espresso  che  la
Repubblica e' costituita dalle  Province,  insieme  ai  Comuni,  alle
Citta' metropolitane, alle Regioni ed allo Stato, ribadendo che  sono
enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo  principi
fissati dalla Costituzione. 
    Ed invero sia durante i lavori preparatori della  Carta,  sia  in
Assemblea, emerse in modo chiaro, che la Provincia, proprio in quanto
parte dalla Repubblica, gode di garanzia e poteri di autonomia. 
    Posizione - questa - che con la disposizione impugnata viene meno
in quanto si viene  ad  alterare  la  organizzazione  costituzionale,
nell'assetto di garanzia territoriale (e  di  rappresentanza  diretta
della popolazione localizzata su detto territorio). 
    E cio' a differenza di altri Enti intermedi. 
    Sul punto la stessa Corte Costituzionale, risolvendo la questione
di  legittimita'  costituzionale  relativa  alle  Comunita'  Montane,
proposta proprio dalla Regione Molise, ha statuito che le stesse  non
possono  considerarsi  come  Enti   dotati   di   propria   autonomia
strutturale e funzionale, dipendendo direttamente dalla  Regione,  in
quanto non sono ricomprese nel tassativo  elenco  previsto  dall'art.
114 della Costituzione. (Corte costituzionale,  24  giugno  2005,  n.
244). 
    A contrariis, dunque, nel caso di specie, trova riconoscimento il
principio  in  base  al  quale  le  Province,  essendo  espressamente
ricomprese nell'elenco di cui all'art. 114 (ove  si  afferma  che  la
Repubblica si riparte in ....) deve ritenersi  che  la  Provincia  e'
ente  dotato  di  una  propria  sfera  di  attribuzioni  compiuta   e
totalmente autonoma, con prerogative riconosciute direttamente  dalla
Carta Costituzionale. 
    La  modifica  di  tale  assetto  necessita  di  un   procedimento
aggravato, in quanto inerente l'eliminazione della Provincia nel  suo
organo amministrativo fondamentale, quale la riduzione del  Consiglio
Provinciale non piu' a organo di governo (nonostante  la  definizione
del comma 15), ma solo ad organo di indirizzo e  coordinamento  delle
attivita' dei Comuni (con l'attribuzione delle relative  funzioni  ai
Comuni e alle Regioni, unitamente alle risorse umane,  finanziarie  e
strumentali). 
    Proprio in cio' si viola, in  modo  sostanziale  l'art.  114,  in
quanto il proposto  riordino  dell'Ente  provincia  come  Istituzione
territoriale  locale  deve  essere  mantenuto  nella  sua   autonomia
sostanziale (garantita dalla costituzione) e non puo' essere  oggetto
di "declassamento istituzionale" neppure (e soprattutto) per esigenze
volte a risanare le finanze pubbliche. In tal  modo,  la  statuizione
legislativa ordinaria assurge  a  momento  modificativo  della  Carta
Costituzione. 
    Ne', peraltro viene  lasciata  (neppure  in  via  residuale)  una
autonomia  opzionale  alle  Province  (o  alla  stessa  regione  come
attuazione dei poteri di cui agli artt.  117/118/119)  in  violazione
del secondo comma dell'art. 114. 
    Quanto all'art. 117, commi 2, lett. p), 4 e 6.118 e 119 Cost. 
    L'art. 117, secondo comma, lett. p) = nel testo vigente  =  della
Cost., attribuisce, e residua, allo Stato legislazione  esclusiva  in
materia elettorale, organi di governo e funzioni  fondamentali  della
Province e Citta' metropolitane. 
    E  cio'  proprio  in  contrapposizione  alla  attribuzione  della
materia alla Regione (per quanto di propria competenza) con gli artt.
122 e 123 Cost. 
    L'intervento  "demolitorio"  attuato  con  la  norma   impugnata,
travalica la competenza statale il cui limite e' dato  dal  parametro
costituzionale appena citato in stretta correlazione con gli artt.  5
e 114 della Costituzione istitutivi, appunto, delle autonomie  locali
e, per quello che qui ci riguarda, delle Province. 
    La potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  in  merito  alle
funzioni fondamentali della Province e Citta' metropolitane, puo',  e
deve,  essere  esercitata  solo  ed  esclusivamente  nel  rispetto  e
garanzia della "esistenza" dell'Ente provincia quale  "enti  autonomi
con poteri e funzioni secondo principi fissati dalla Costituzione". 
    In cio' la  garanzia  dell'intero  impianto  costituzionale  come
attuazione del principio della autonomia sancito (in modo vincolante)
dall'art. 5 Cost. 
    Le  norme  impugnate,  invece,  sostanzialmente   aboliscono   le
funzioni (e i relativi organi di Governo) fondamentali limitandosi ad
attribuire alle Province "mere funzioni di indirizzo e  coordinamento
delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei  limiti  indicati  con
legge statale o regionale secondo le rispettive competenze". 
    Posto che la Provincia = proprio in quanto  ente  autonomo  =  e'
dotata  di  funzioni  statutarie,  regolamentari  ed  amministrative,
appare evidente  che  con  la  attribuzione  del  mero  "indirizzo  e
coordinamento" si svuotano del tutto  le  garanzie  di  autonomia  di
detti enti, ledendo  la  stessa  autonomia  della  Regione  cui  sono
attribuiti  poteri  legislativi  e  regolamentari   incidenti   sulle
Provincie. 
    Con lo impugnato disposto legislativo, sostanzialmente si viene a
ledere la stessa autonomia dell'Ente  Regione  nelle  sue  competenze
residuali e concorrenti; nonche' nella stessa potesta'  regolamentare
delle regioni laddove impone alle medesime di trasferire ai Comuni le
funzioni  delle  Province  e  di  tenere  per  se'  quelle  volte  ad
assicurare l'esercizio unitario. 
    Le  Regioni,  infatti,   nell'ambito   della   propria   potesta'
legislativa e regolamentare detengono il potere di conferire  o  meno
funzioni amministrative alle Province,  anche  attraverso  l'istituto
della delega. 
    Con  la  disposizione  impugnata  tale  potere  -  diritto  viene
sostanzialmente soppresso. 
    A cio' aggiungasi che  la  stessa  Provincia  e',  a  sua  volta,
titolare anche di  funzioni  amministrative  proprie  e  di  potesta'
regolamentare sull'organizzazione e  lo  svolgimento  delle  funzioni
loro attribuite (artt. 118 e 117 Cost). 
    Eliminare tout-court dette funzioni  attribuendole  alle  Regioni
che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le  attribuiscono
ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se'  quelle
che ritiene non di competenza delle Regioni  per  attribuirle  a  sua
volta ai  Comuni,  determina  un  totale  sovvertimento  dell'assetto
costituzionale del sistema della autonomie locali. 
    La  norma  statale  infatti,  incide  nelle  stesse  materie   di
competenza regionale (sia esclusiva che concorrente), con un  effetto
dirompente sulle  conseguenti  funzioni  amministrative  e  sul  loro
esercizio in via diretta, attribuita o delegata. 
    L'esercizio  del  potere  regionale  innanzi   richiamato   viene
determinativamente inciso se si considera che la  Regione  Molise  ha
gia' delegato o attribuito alle Province funzioni sue proprie. 
    Con  la  impugnata  disposizione  legislativa  la   Regione,   e'
obbligata a trasferire tali funzioni  ai  Comuni  e  tenere  per  se'
quelle necessitate dall'unitarieta' dell'esercizio. 
    Non solo viene  dunque  lesa  l'autonoma  potesta'  regolamentare
delle Province di cui all'art.  117,  comma  sesto,  Cost,  ma  viene
altresi' imposto un paradigma di  conferimento  =  indifferenziato  e
generale = con legge regionale agli enti locali (e quindi alla stessa
Provincia). 
    In cio' una evidente compressione delle prerogative regionali  in
relazione all'art. 118 Cost. 
    E tale compressione si riverbera anche come violazione dei poteri
attribuiti  alla  regione  con  l'art.  119  quanto  alla   correlata
autonomia finanziaria. 
    In  affetti  la  norma  impugnata  non  solo   non   razionalizza
l'esercizio delle funzioni amministrative, ma  non  determina  nessun
risparmio di spesa (obiettivo  cui  era  finalizzato  la  statuizione
impugnata). 
    Tali norme incidono dunque anche sull'autonomia amministrativa  e
organizzativa della Regione nei suoi rapporti con gli enti locali. 
    Peraltro, nell'ambito regionale, l'Ente Provincia  garantisce  la
concreta  esigenza  ed  attuazione  di  funzioni  amministrative  sul
territorio ultracomunale, in modo coordinato ed  omogeneo,  in  ampia
fascia di laterie che si ricollegano direttamente al territorio nella
sua omogeneita' ultracomunale e ambiti di programmazione di settore. 
    Violazione del principio di  leale  collaborazione  in  relazione
all'art. 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131 recante disposizioni  per
l'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale  18  ottobre
2001 n. 3. 
    Il comma 18, che prevede l'intervento  sostitutivo  dello  Stato,
viola  il  principio  di  leale  collaborazione  non  rientrando,  le
fattispecie ivi nominate, nell'art. 120 della Costituzione cosi' come
applicato nell'art. 8 della L. n. 131/2003. 
    A cio' aggiungasi che la mancanza di concertazione  tra  Stato  e
Regioni ed Enti locali (appunto la stessa Provincia) di per se' viola
il principio di leale "collaborazione". 
    In  particolare,   valga   sottolineare   che   detto   principio
rappresenta un cardine  dell'ingegneria  istituzionale  dei  rapporti
Stato - Regioni - Enti Locali. 
    E,  pervero,   la   stessa   giurisprudenza   costituzionale   ha
evidenziato che si tratta di uno di quei "valori fondamentali cui  la
Costituzione informa i predetti rapporti". (Corte Cost. sent. n.  177
del 1988). 
    Posto che obiettivo della "manovra" (in cui si  concretizzano  le
disposizioni legislative in  esame)  e'  la  riduzione  delle  spese,
(pervero principio all'intervento gravemente incidente sull'autonomia
della  Provincia),  ma  considerato  che  nessun  -  o  quanto   meno
insignificante - risparmio di  spesa  deriva  dalle  norme  impugnate
appare sproporzionatamente lesivo delle garanzie  costituzionali  (in
un bilanciamento di posizioni e obiettivi) il  disciplinato  riordino
complessivo delle istituzioni territoriali. 
    E' indirizzo consolidato della giurisprudenza costituzionale  che
le Regioni sono legittimate  a  censurare,  in  via  di  impugnazione
principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni  attinenti
al  riparto  delle  rispettive  competenze,  e  che  e'  ammessa   la
deducibilita'  di  altri  parametri  costituzionali   ove   la   loro
violazione comporti (come nel  caso  di  specie)  una  compromissione
delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. 
    La norma impugnata viola quel  principio  di  ragionevolezza  che
potrebbe fare ravvisare un  interesse  pubblico  prevalente  tale  da
giustificare una cosi' grave limitazione e invasione della  sfera  di
competenza regionale e degli altri enti locali territoriali. 
    Principio riconosciuto  anche  dalla  Corte  Costituzionale,  nel
momento in cui ha  affermato  che  l'esistenza  dei  requisiti  della
straordinarieta'  del  caso  di  necessita'  e  d'urgenza   necessari
affinche' il Governo possa legittimamente emanare decreti-legge  puo'
essere oggetto di  scrutinio  di  costituzionalita',  il  quale  deve
svolgersi su un piano diverso dalle valutazioni iniziale del  Governo
e successiva del Parlamento in sede di conversione e non e'  precluso
dall'eventuale legge di conversione. 
    A questa,  infatti,  non  puo'  riconoscersi  efficacia  sanante,
poiche'  il  difetto  dei  requisiti  del  "caso   straordinario   di
necessita' e d'urgenza" costituisce  un  vizio  in  procedendo  della
relativa legge, con cui e' alterato il riparto  costituzionale  delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione  delle
fonti primarie. (Corte costituzionale, 23 maggio 2007, n. 171). 
    La decisione in esame, peraltro,  e'  un  decisivo  parametro  di
riferimento se si considera  il  fatto  che  prende  posizione  sulla
questione se alla legge di conversione di decreto-legge  deve  essere
riconosciuta efficacia sanante della nullita'  del  medesimo  decreto
emanato dal Governo in mancanza dei casi straordinari di necessita' e
d'urgenza. 
    Istanza di sospensione 
    L'art. 35 della L. n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della L.
n. 131/2003, consente che la Corte sospenda l'esecuzione delle  norme
impugnate se c'e' un rischio  di  pregiudizio  grave  e  irreparabile
all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini. 
    La norma impugnata impone alle regioni a  trasferire  ai  Comune,
entro il 31 dicembre 2012,  le  funzioni  conferite  dalla  normativa
vigente  alle  Province  salvo  che,  per   assicurarne   l'esercizio
unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni. L'art.  19  impone
il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali,  con
intervento sostitutivo dello Stato. 
    E'  di  tutta  evidenza  l'esistenza  dei  presupposti   per   la
concessione dell'invocata misura di sospensione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte Costituzionale,  in  accoglimento
del  presente  ricorso,  voglia  dichiarare   -   previa   sospensiva
all'esecuzione - l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23,  commi
da 14 a 21, del d.l. n. 201/2011 cosi' come convertito dalla legge n.
214/2011 per violazione degli artt. 5, 114, 117 commi 2 lett. p), 4 e
6, 118, 119 e 120  della  Costituzione  anche  sotto  il  profilo  di
violazione del principio di leale collaborazione e in relazione  agli
artt. 3, 77 e 97 della Costituzione. 
    Si deposita: delibera della Giunta Regionale Molise n. 116 del 20
febbraio 2012. 
        Isernia-Roma, 21 febbraio 2012 
 
                        L'Avvocato: Colalillo