N. 52 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2011
Ordinanza del 25 novembre 2011 emessa dal tribunale di Lecce sull'istanza proposta da Vaglio Giancarlo. Spese di giustizia - Liquidazione dell'onorario e delle spese al difensore d'ufficio - Legittimazione a proporre istanza nei confronti dello Stato - Estensione, da parte della consolidata giurisprudenza di legittimita', al difensore designato dal giudice, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen., in sostituzione del difensore (di fiducia o d'ufficio) non reperito o non comparso - Inaccettabilita' di tale interpretazione - Contrasto sotto piu' profili con il principio di ragionevolezza - Difetto di presupposti logici per l'equiparazione tra difensore d'ufficio e difensore sostituto - Irragionevolezza del diritto di quest'ultimo a pretendere il compenso dall'assistito (imputato o indagato) e, di riflesso, dallo Stato - Irragionevolezza delle conseguenze della liquidazione erariale al sostituto - Violazione dell'obbligo di copertura della spesa relativa. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, artt. 116 e 117. - Costituzione, artt. 3 e 81, comma quarto.(GU n.15 del 11-4-2012 )
IL TRIBUNALE Letta l'istanza depositata in data 17 ottobre 2011 dall'avv. Giancarlo Vaglio, che ha chiesto la liquidazione dei compensi a lui spettanti, ex artt. 116-117 d.P.R. n. 115/2002, in qualita' di difensore designato ex art. 97 comma 4 c.p.p. quale sostituto d'udienza del difensore di fiducia dell'imputato, avv. Fabio Corvino, nel processo penale definito con sentenza pronunciata da questa sezione in data 10 novembre 2009; Letti gli atti prodotti dal difensore istante; Premesso Gli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002 attribuiscono al difensore d'ufficio la facolta' di accedere alla liquidazione erariale delle proprie competenze in determinati casi: tali norme, se applicate con esclusivo riferimento alle ipotesi (impossidenza ed irreperibilita' dell'assistito) ed ai soggetti (difensore d'ufficio) ivi contemplati, non sollevano alcun dubbio di costituzionalita'. Senonche', questo Giudice prende atto del consolidato e dominante orientamento giurisprudenziale di legittimita' relativo agli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002 (1) (implicitamente invocato dal difensore istante ed alimentato anche dalle ordinanze n. 8/2005 e n.176/2006 di Codesta Corte), secondo cui, pur in assenza di specifiche indicazioni normative sul punto, anche il mero difensore sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. avrebbe diritto alla liquidazione erariale delle proprie competenze nei casi previsti dai predetti artt. 116 e 117, al pari del vero e proprio difensore d'ufficio (unico espressamente menzionato dalle norme in questione), nominato ai sensi e con le specifiche procedure di cui all'art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. Cio' posto, dubita lo scrivente della legittimita' costituzionale della predetta interpretazione estensiva degli artt. 116 e 117 cit., a suo avviso contrastante con il disposto ed i principi di cui agli artt. 3 ed 81 comma 4 Cost. La questione e' rilevante, nell'ambito del presente procedimento di liquidazione, in quanto solo in virtu' di questa interpretazione estensiva (della cui legittimita' costituzionale si dubita) il difensore istante (nella sua veste di sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.) andrebbe ritenuto legittimato ad avanzare la propria richiesta di liquidazione, dovendo in caso contrario la predetta richiesta dichiararsi inammissibile da questo Giudice. Osserva 1) Il concetto fondamentale posto alla base della normativa sulla difesa d'ufficio e' che il difensore d'ufficio debba essere qualitativamente selezionato (onde la necessaria iscrizione in apposito elenco, previa verifica della sussistenza di specifici requisiti), costantemente a disposizione dell'Autorita' Giudiziaria per la nomina in base a specifici turni di reperibilita' (onde la predisposizione di apposito ufficio centralizzato presso ciascun consiglio dell'ordine forense di ogni distretto di Corte d'Appello) e, per conseguenza e soprattutto, sempre retribuito dal proprio assistito (salvi i casi di ammissione di quest'ultimo al beneficio del gratuito patrocinio). Coerentemente a tale impostazione, il nostro codice di rito prevede che l'indagato/imputato debba essere informato dell'obbligo di retribuire il difensore d'ufficio (ex art. 369-bis comma 2 lett.d) c.p.p.) all'atto della nomina di tale difensore ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. Poi, negli eccezionali casi di assenza del difensore (di fiducia o d'ufficio), il medesimo codice (art. 97 comma 4 c.p.p.) prevede che l'Autorita' Giudiziaria possa designare per le vie brevi il primo difensore 'di passaggio', per il compimento dell'atto in corso, senza prevedere in tal caso alcun requisito (non essendo prescritta l'iscrizione nel citato elenco, se non per la fase del giudizio, peraltro neanche a pena di nullita', come chiarito dalla Suprema Corte), ne' alcuna comunicazione all'imputato/indagato o avviso di obbligo di retribuzione o altro (riferendosi le informazioni di cui all'art. 369-bis c.p.p. alla sola nomina del difensore titolare della difesa d'ufficio ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p.). In altre parole, la ratio e la portata normativa dell'attuale disciplina della difesa d'ufficio non e' quella di addossare allo Stato la retribuzione di tutti gli avvocati nominati e/o designati dall'Autorita' (il che legittimerebbe l'interpretazione estensiva degli artt. 116-117 d.P.R. n. 115/2002 qui criticata). Al contrario, la disciplina de qua e' tutta imperniata sul rapporto oneroso assistito/difensore; sin dall'instaurazione officiosa del predetto rapporto, l'assistito e' formalmente responsabilizzato circa le conseguenze (anche economiche) della nomina del suo difensore d'ufficio: riceve comunicazione della nomina predetta (art. 369-bis comma 1 c.p.p.), e' informato dell'obbligatorieta' della difesa tecnica (art. 369-bis comma 2 lett. a) c.p.p.), e' informato del nome, indirizzo e recapito telefonico del difensore (art. 369-bis, comma 2, lett. b) c.p.p.) ed e' informato dell'obbligo di retribuirlo (art. 369-bis comma 2 lett. d) c.p.p.). Poi, prendendo atto della possibile svolta patologica del rapporto in questione (impossidenza o irreperibilita' dell'assistito), la Legge prevede che lo Stato debba in tale evenienza sostituirsi eccezionalmente all'assistito nel garantire la giusta mercede al suo difensore (art.116-117 d.P.R. 115/2002), poiche', ovviamente, non sarebbe ragionevole, ne' giusto, regolamentare l'iscrizione in apposito elenco, pretendere disponibilita' e reperibilita', garantire l'effettivita' del contatto tra difensore ed assistito, ammonire quest'ultimo circa l'obbligo di retribuzione del primo e, poi, abbandonare il professionista alle sorti personali e patrimoniali dell'imputato/indagato. Quindi, l'operativita' degli artt.116-117 cit. nasce dal riconoscimento di un ben preciso, consapevole, disciplinato e pubblicizzato rapporto tra assistito e difensore d'ufficio; nasce dal riconoscimento di un ben specificato obbligo retributivo normativamente previsto a carico dell'assistito: solo in caso di impossibilita' d'adempimento da parte di quest'ultimo, lo Stato si surroga al debitore nell'estinguere il credito professionale maturato dal difensore. Per converso, come si vedra', il difensore sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. e' una figura ben diversa dal difensore d'ufficio nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. e, soprattutto, non ha mai nessun rapporto di investitura diretta o indiretta con l'imputato/indagato, cui non viene mai neanche comunicato il suo nominativo (riferendosi la comunicazione di cui all'art. 369-bis comma 1 e 2 lett. b) c.p.p. alla sola nomina del difensore titolare della difesa d'ufficio). Ne consegue che, nel caso del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., se nessun rapporto tra assistito e difensore sostituto esiste, ne' alcun obbligo retributivo in capo all'assistito sussiste verso il sostituto, allora mancano in radice gli stessi presupposti logici di applicabilita' degli artt. 116-117 cit., che impongono allo Stato di pagare il difensore solo al ricorrere di certe condizioni personali (impossidenza o irreperibilita') dell'originario obbligato. Nel dettaglio, ritiene questo Giudice che non possa dubitarsi dell'inesistenza di qualsivoglia rapporto tra sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. ed imputato/indagato, cosi' come non possa dubitarsi dell'insussistenza di qualsivoglia obbligo retributivo in capo al secondo nei confronti del primo, per le seguenti ragioni: mentre l'imputato/indagato da' consapevolmente e personalmente origine alla nomina del difensore d'ufficio ex art.97 comma 1-2-3 c.p.p. mediante propria volontaria condotta (omessa nomina di difensore di fiducia, nonostante il relativo avviso), non e' invece l'imputato/indagato a dare origine alla designazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., chiamato a intervenire esclusivamente a causa della consapevole condotta del difensore titolare, assente quando necessario; l'imputato/indagato non riceve mai alcuna informazione circa l'avvenuta designazione del sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p., riferendosi la comunicazione di cui all'art.369-bis comma 1 e 2 lett. b) c.p.p. alla sola nomina del difensore titolare della difesa d'ufficio; l'imputato/indagato non riceve mai alcuna informazione circa l'obbligo di retribuire il sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., riferendosi l'avviso di cui all'art.369-bis comma 2 lett. d) c.p.p. al solo difensore titolare della difesa d'ufficio; anche sul piano oggettivo, non puo' considerarsi "rapporto" una mera temporanea chiamata del difensore ex art. 97 comma 4 c.p.p. ad assistere a determinati atti, tanto piu' che, per consolidata giurisprudenza di legittimita', pur durante tale contingente situazione, cosi' come dopo la cessazione della stessa, unico difensore titolare della difesa dell'imputato/indagato rimane sempre quello originariamente nominato di fiducia o ex art.97 comma 1-2-3 c.p.p. In proposito, rileva questo Giudice che il tenore testuale delle varie norme del codice di rito disciplinanti la difesa d'ufficio depongono decisamente nel senso che unico titolare della difesa dell'imputato/indagato sia solo il difensore nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p., a prescindere da sue eventuali temporanee sostituzioni (legali, ex art. 97 comma 4 c.p.p., o volontarie, ex art.102 c.p.p.) nel corso del procedimento. Infatti, l'art. 97 c.p.p., nel disciplinare la difesa d'ufficio, attribuisce tale qualifica solo al difensore nominato ai sensi dei commi 1-2-3, prescrivendo, nel caso di sua assenza (o di assenza di quello di fiducia), che il giudice designi - "come sostituto" - altro difensore immediatamente reperibile. Non a caso, il medesimo art. 97 c.p.p., cosi' come ogni altra disposizione codicistica, riserva il termine "nomina" al solo difensore d'ufficio ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p., utilizzando il diverso termine "designazione" (implicante un senso di precarieta' e provvisorieta', sintomatico della mancata attribuzione di una vera e propria qualifica o qualita') con riferimento al mero sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p. Nel senso della permanente titolarita' dell'ufficio di difesa in capo al solo difensore nominato ex art.97 comma 1-2-3 c.p.p., del resto, si e' gia' da tempo pronunciata la Suprema Corte a Sezioni Unite, stabilendo quanto segue: «Il nuovo codice di procedura penale, radicalmente innovando rispetto alla precedente disciplina ed ispirandosi, secondo il dettato della direttiva n. 105 della legge delega, all'esigenza di assicurare la continuita' dell'assistenza tecnico-giuridica e di garantire la concreta ed efficace tutela dei diritti dell'imputato, ha attuato la sostanziale equiparazione della difesa di ufficio a quella di fiducia, nel senso che anch'essa si caratterizza per l'immutabilita' del difensore fino all'eventuale dispensa dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria. Pertanto, qualora occorre sostituire il difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, in situazioni che, di per se', non comportano la revoca del mandato fiduciario per l'uno o la dispensa dall'incarico per l'altro (e che si possono individuare, secondo il disposto dell'art.97, quarto comma, c.p.p., nelle ipotesi in cui il difensore non e' stato reperito, non e' comparso o ha abbandonato la difesa) il titolare dell'ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato causa, puo' riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare a svolgere le sue funzioni non richiedendo la legge, proprio per l'immutabilita' della difesa e per l'automatismo della reintegrazione, comunicazioni o preavvisi di sorta. Ne consegue che unico destinatario della notifica di atti destinati alla difesa e segnatamente dei provvedimenti soggetti ad impugnazione e' il difensore che risulti titolare dell'ufficio, con esclusione, quindi, del difensore chiamato a sostituire il gia' nominato difensore d'ufficio o quello incaricato della difesa dallo stesso imputato" (Cass., SS.UU., 19-12-94 n.22, Nicoletti). Del resto, l'art. 30 disp. att. c.p.p. mantiene ben ferma la distinzione tra "difensore d'ufficio", la cui individuazione gli e' comunicata a norma del comma 1, da un lato, e "sostituto", la cui designazione gli e' comunicata a norma del comma 2, dall'altro lato. Orbene, alla luce di tale netta e chiara classificazione, il successivo art. 31 attribuisce poi il generale diritto alla retribuzione al solo - difensore d'ufficio»; a decisiva conferma di cio', si consideri che oggi il difensore designato come sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. e' equiparato espressamente - ai sensi del medesimo comma - al delegato del difensore titolare ex art. 102 c.p.p., della cui mancata legittimazione ad avanzare pretese economiche dirette nei confronti dell'imputato (e, quindi, nei confronti dello Stato ex artt.116 e 117 d.P.R. n. 115/2002) non puo' dubitare nessuno. Ne consegue che e' il titolare della difesa (di fiducia o d'ufficio), in virtu' della sua assenza, l'unico soggetto in capo al quale puo' e deve riconnettersi la responsabilita' per la designazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p., in quanto e' lui il soggetto la cui condotta (e, dunque, la cui volonta') da' consapevolmente origine a tale designazione e, quindi, e' lui il soggetto da individuare come controparte del sostituto nella verifica dell'esistenza o meno di un rapporto fra il sostituto medesimo ed un suo eventuale dante causa. Cio' che e' sicuro e' che da tale rapporto l'inconsapevole imputato/indagato e' assolutamente estraneo. Rimane, dunque, dato fermo che al sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. non e' riconosciuta da nessuna norma di legge alcuna pretesa retributiva nei confronti dell'assistito, il quale non puo' tecnicamente neanche definirsi suo "cliente". Orbene, se il senso della disciplina in esame e' questo, come lo e', non solo non appare razionalmente praticabile un'applicazione degli artt. 116 e 117 cit. che prescinda dalla sussistenza di un rapporto debito-credito tra assistito e difensore (assente nel caso del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.), ma appare altresi' irragionevole equiparare il mero sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. al vero e proprio titolare della difesa d'ufficio e, conseguentemente, riconoscerlo legittimato ad avanzare pretese economiche nei confronti dell'assistito (che non viene mai neanche informato della sua stessa esistenza, ne' tantomeno dell'obbligo di retribuirlo) e, di riflesso, nei confronti dello Stato nei menzionati casi di cui agli artt.116 e 117 cit. II) La netta differenziazione tra le due figure (difensore d'ufficio, noto all'assistito, ben informato di doverlo remunerare, da una parte, e difensore sostituto, ignoto all'assistito, mai informato del relativo onere economico, dall'altra parte) e, quindi, l'irragionevolezza di un'equiparazione delle stesse circa i diritti esercitabili nei confronti dell'assistito, prima, e dello Stato, poi, oltre che fondata sulle suesposte ragioni sistematiche, e' ulteriormente confermata dalle seguenti argomentazioni tecniche: a) il sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p. non ha mai preventivamente assunto alcun impegno o prestato alcuna disponibilita' (mediante iscrizione nel precitato elenco) ad assumere la titolarita' della difesa; b) egli non ha neanche alcun onere di esame e studio della causa, poiche' la stessa si svolge contestualmente alla sua designazione (non essendo previsto per il suo caso alcun termine a difesa, o sospensione, neanche ad horas); c) egli cessa dal suo occasionale incarico non appena terminato il contingente impegno, senza conservare fuori udienza alcun potere/dovere di rappresentanza dell'imputato (potere/dovere invece pacificamente gravante sul titolare della difesa); d) egli non ha alcun obbligo di accettazione e prosecuzione nella difesa, poiche' - a differenza del difensore d'ufficio titolare, tenuto alla reperibilita' - la sua designazione e' legata alla sola situazione di fatto integrata dalla sua casuale "immediata reperibilita'", di tal che un suo qualsiasi altro impegno, prontamente evidenziato, prevale senza dubbio sulla designazione proposta dall'Autorita' Giudiziaria. Pertanto, appare irragionevole e contrario al sistema imporre all'assistito (e, di riflesso, allo Stato, nei casi di impossidenza ed irreperibilita' di questi, ex artt. 116-117 cit.) la retribuzione del sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p. Ed ancora piu' irragionevole appare retribuire tale difensore (art. 97 comma 4 c.p.p.) in base alle medesime tariffe professionali (ex art. 82 d.P.R. n.115/2002) assunte a parametro per la liquidazione del difensore d'ufficio (art. 97 comma 1-2-3 c.p.p.), attesa la manifesta diversita' dell'impegno e disponibilita' richiesti e, soprattutto, dell'attivita' svolta. III) Inoltre, non puo' farsi a meno di evidenziare la seguente inaccettabile ed irragionevole conseguenza cui porta il riconoscimento della legittimazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. (sostituto di un difensore d'ufficio o di un difensore di fiducia) a chiedere il compenso all'imputato/indagato e, in seconda battuta, a presentare istanza di liquidazione allo Stato ai sensi degli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002: qualora un difensore fosse designato sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. di un difensore nominato di fiducia, allora si dovrebbe retribuire ex artt.116 e 117 d.P.R. n. 115/2002 tale temporaneo difensore (designato ex art.97 comma 4 c.p.p.) di un imputato/indagato assistito da difensore di fiducia, in palese contrasto con lo stesso dettato degli articoli appena citati (che garantiscono la retribuzione nel solo caso di difesa d'ufficio) e, quindi in insanabile contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Ne', in alternativa, si potrebbe negare la liquidazione al sostituto (ex art. 97 comma 4 c.p.p.) del difensore di fiducia e riconoscerla al solo sostituto (ex art. 97 comma 4 c.p.p.) del difensore d'ufficio, poiche' in tal modo si opererebbe una stridente ed ingiustificata e, quindi, incostituzionale disparita' di trattamento, tra sostituto legale (ex art. 97 comma 4 c.p.p.) di un difensore d'ufficio (sostituto beneficiario delle previsioni dei due citati articoli) e sostituto legale (ex art.97 comma 4 c.p.p.) di un difensore di fiducia (sostituto escluso da tali previsioni). Quindi, qualsiasi delle due opzioni si prescelga, la liquidazione erariale del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. comporta, in ogni caso, conseguenze aberranti ed irragionevoli. IV) Ancora, appare irragionevole il percorso argomentativo mediante il quale l'attuale giurisprudenza di legittimita' giunge a riconoscere la legittimazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. a pretendere il proprio compenso dall'imputato/indagato e, di riflesso, dallo Stato ex artt.116-117 cit. Esso si fonda sulla considerazione che, a norma dell'art. 97 comma 4 c.p.p., al difensore designato in sostituzione si applicano le disposizioni dell'art. 102 dello stesso codice, secondo cui sostituto esercita i diritti ed assume i doveri del difensore": orbene, secondo l'interpretazione della cui costituzionalita' qui si dubita, in virtu' di tale richiamo il sostituto trarrebbe dalla sfera giuridica del proprio sostituito la legittimazione ad avanzare pretese economiche nei confronti dell'imputato/indagato e, di riflesso, nei confronti dello Stato ex artt. 116-117 c.p.p. In proposito, ritiene questo Giudice che tale riferimento all'art.102 c.p.p. violi il principio di ragionevolezza, per vari ordini di ragioni: 1) innanzitutto, l'art. 102 comma 2 c.p.p., attribuendo al sostituto i diritti ed i doveri del difensore, non fa che confermare l'esistenza a monte di una netta distinzione concettuale e giuridica tra il difensore vero e proprio (di fiducia o d'ufficio) ed il suo sostituto, figura quest'ultima completamente distinta dalla prima; 2) inoltre, la medesima norma si riferisce esclusivamente a "diritti" e -doveri" processuali e deontologici, non certo a situazioni di altro tipo, quali le pretese retributive nei confronti dell'assistito o dello Stato; 3) ancora, e decisivamente, non puo' farsi a meno di rilevare che, se si fonda su tale norma, ossia l'art. 102 comma 2 c.p.p. (richiamato dall'art.97 comma 4 c.p.p.), il diritto del sostituto designato dal Giudice a chiedere la liquidazione del proprio compenso allo Stato, allora deve necessariamente riconoscersi analogo diritto al soggetto cui tale norma si riferisce in via primaria e diretta, ossia il sostituto nominato con delega; in altre parole, seguendo tale impostazione, se il sostituto delegato (ex art. 102) di un difensore d'ufficio assume i diritti (economici) del difensore d'ufficio sostituito, allora a tale delegato dovrebbe spettare, in prima persona, anche il diritto a chiedere allo Stato la liquidazione del proprio compenso. In proposito, e' appena il caso di rilevare come tale corollario del ragionamento de quo sia assolutamente inaccettabile, in quanto contrastante con i principi informatori del vigente codice di rito, dell'attuale disciplina sulla difesa d'ufficio e sulle spese di giustizia, nonche' - piu' in generale - con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico in tema di mandato, rappresentanza, collegamento negoziale e trasferibilita' delle obbligazioni: ed infatti, la stessa giurisprudenza qui criticata non ha mai inteso affermare tale irragionevole principio (legittimazione del delegato ad avanzare pretese retributive verso terzi, assistito o Stato), pur da essa stessa assunto implicitamente a fondamento del proprio ragionamento; 4) infine, e soprattutto, se il diritto di liquidazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. derivasse - come sostenuto dalla giurisprudenza qui criticata - dall'originario diritto di liquidazione del sostituito, allora a maggior ragione lo stesso ragionamento dovrebbe imporre di non ritenere legittimato alla liquidazione erariale il sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. del difensore di fiducia, il quale (difensore di fiducia) tale originario diritto - com'e' noto - non ha (non essendo il difensore di fiducia contemplato negli artt.116 e 117 d.P.R. n. 115/2002): ed allora, le conclusioni del criticato percorso giurisprudenziale smentiscono le sue stesse premesse, e viceversa. V) Inoltre, non appare ragionevole (per ingiustificata omologazione di trattamento fra situazioni ontologicamente inequiparabili) legittimare il sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p. ad avanzare pretese retributive nei confronti dell'imputato/indagato e, di riflesso, dello Stato, al pari del difensore d'ufficio, laddove si consideri che la designazione del primo e' rimessa alla piu' completa discrezionalita' (senza garanzie contro lo sconfinamento nell'arbitrio) dell'Autorita' Giudiziaria ("il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile": art.97 comma 4 c.p.p.), mentre la nomina del secondo e' disciplinata normativamente ed affidata a precisi, equilibrati, imparziali e vigilati sistemi di turnazione ("i consigli dell'ordine forense di ciascun distretto di corte d'appello, mediante un apposito ufficio centralizzato, al fine di garantire l 'effettivita' della difesa d'ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori che a richiesta dell'autorita' giudiziaria o della polizia giudiziaria sono indicati ai fini della nomina. I consigli dell'ordine fissano i criteri per la nomina dei difensori sulla base delle competenze specifiche, della prossimita' alla sede del procedimento e della art.97 comma 2 c.p.p.). In sostanza, quando si tratta di investiture che comportano introiti di natura patrimoniale di provenienza potenzialmente pubblica per i soggetti interessati (difensore d'ufficio ex art.97 comma 1-2-3 c.p.p.), il codice si guarda bene dall'affidare la nomina del professionista alla scelta immotivata dell'Autorita' Giudiziaria, onde evitare pericolose collusioni o incresciose corse all'accaparramento di incarichi; per converso, quando si tratta di investiture che non comportano tali introiti (difensore sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p.), il codice rimane coerentemente indifferente alle modalita' di designazione, lasciando l'Autorita' Giudiziaria libera di agire nel modo piu' libero e rapido possibile. Cio' posto, equiparare invece le due investiture sotto il profilo della remunerazione non puo' che risolversi in un'ingiustificata parificazione di situazioni diametralmente opposte ed incomparabili, come tale incostituzionale per violazione dell'art.3 Cost. VI) Infine, ritiene questo Giudice che un'interpretazione, come quella qui criticata, che - in assenza di specifiche disposizioni normative sul punto - ritiene meritevoli di compenso statale i sostituti ex art. 97 comma 4 c.p.p., e' censurabile anche per violazione dell'art.81 comma 4 Cost., in quanto non esiste alcuna norma di legge che indichi con quali mezzi lo Stato possa far fronte alla maggior spesa rappresentata dalla retribuzione di tali sostituti ex artt. 116 e 117 d.P.R. 115/2002. VII) Ne', concludendo, l'interpretazione giurisprudenziale qui criticata potrebbe ritenersi conforme a Costituzione in quanto fondata su principi costituzionali di carattere economico (quale, ad esempio quello della necessaria retribuzione di ogni prestazione d'opera) che ne giustifichino la pur sofferta esistenza: in proposito, infatti, osserva innanzitutto questo Giudice che la salvaguardia di nessun principio costituzionale di tal fatta potrebbe mai esser ritenuta talmente preminente da consentire l'obliterazione del fondamentale principio di ragionevolezza ed uguaglianza di cui all'art. 3. In secondo luogo, e comunque, occorre rilevare che il sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. (cosi' come quello ex art. 102 c.p.p.), senza il necessario ricorso all'interpretazione qui criticata, e' comunque ben lungi dal rimanere privo di compenso. in quanto egli ha il pieno diritto di ottenere il pagamento delle proprie prestazioni da parte del difensore titolare sostituito, il quale rimane per legge obbligato in tal senso: infatti, il sostituto (da considerarsi mandatario ex lege, in virtu' del richiamo - operato dall'art. 97 comma 4 c.p.p. - alla "nomina" di cui all'art.102 c.p.p.) ha diritto ad essere retribuito, per l'attivita' concretamente prestata in sua vece, direttamente dal sostituito, che e' l'unico soggetto ad aver dato consapevolmente origine, con la propria condotta (assenza), alla designazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.; ed ove pure non volesse accedersi a tale impostazione fondata sul riconoscimento dell'esistenza di un mandato ex lege, potrebbe nondimeno giungersi alla medesima conclusione facendo ricorso all'istituto di cui all'art. 2041 c.c. Cosi' esaurita ogni argomentazione tecnica, sia consentita a questo Giudice la seguente considerazione conclusiva: il codice di rito disegna la figura del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. come extrema ratio, cui ricorrere solo nei casi - che in teoria dovrebbero essere sporadici e rari - di attivita' da svolgersi in presenza di un difensore che, per qualche ignota ragione (diversa dai casi di rinuncia, revoca ed incompatibilita') non si presentasse, come suo dovere, ad assistere l'interessato. Soprattutto oggi, con la regolamentazione della difesa d'ufficio obbligatoria e l'introduzione di un preciso sistema di turnazioni, reperibilita' e remunerazione, non si ravvisano giustificabili ragioni per cui l'imputato/indagato possa rimanere temporaneamente privo di difensore: se cio' accade, e' solo ed esclusivamente in virtu' di una condotta del professionista (il titolare della difesa) violativa di un suo preciso obbligo d'assistenza e, come tale, deontologicamente illecita e sanzionabile. Trattasi, nell'organico e razionale sistema tracciato dal codice e dalle leggi speciali sul punto, di ipotesi patologica ed eccezionale, cui si e' deciso di porre rimedio - onde non consentire indebiti intralci alla Giustizia ad opera di condotte illecite del professionista - mediante la partecipazione emergenziale (ex art. 97 comma 4 c.p.p.) del difensore che sia occasionalmente presente all'attivita' in corso: cio' posto, e' evidente la differenza con il ruolo di vero e proprio difensore d'ufficio. Pertanto, quella della retribuzione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. non e' certamente una questione che puo' riguardare l'assistito o lo Stato, bensi' riguarda il solo sostituito assente ingiustificato, unico responsabile della situazione determinatasi. Anzi, a ben vedere - in un sistema che potesse contare, come ci si aspetterebbe, sulla correttezza dei propri appartenenti - tale questione non sarebbe neanche una vera e propria questione, poiche' pressoche' inesistenti, come dovuto, sarebbero i casi di assenza ingiustificata del difensore, da cui scaturisce l'esigenza di designazione autoritativa di sostituti che poco o nulla sanno dell'attivita' che va svolgendosi innanzi a loro. In sostanza, tanto piu' gli avvocati di un Foro rispetteranno il proprio obbligo legale di assistenza dell'imputato/indagato, tanto meno l'Autorita' Giudiziaria di quel Foro dovra' fare ricorso a sostituti ex art. 97 comma 4 c.p.p., con conseguente superamento di ogni problema sul punto. Per converso, tanto meno gli avvocati di un Foro rispetteranno il proprio obbligo legale di assistenza dell'imputato/indagato, tanto piu' l'Autorita' Giudiziaria di quel Foro dovra' fare ricorso a sostituti ex art. 97 comma 4 c.p.p., ma - a quel punto - certamente non potra' addossarsi all'assistito o allo Stato l'onere economico di tale scorrettezza professionale, retribuendo sostituti vari che non hanno mai prestato preventiva disponibilita' e reperibilita', non hanno mai studiato la causa, non hanno alcun onere post-udienza connesso al conferito e temporaneo incarico e, soprattutto, della cui esistenza ed identita' l'imputato/indagato non ha mai alcuna contezza. Pertanto, alla luce di tutte le suesposte considerazioni, questo Giudice auspica che l'adita Corte, ove ritenga contrastante con la Costituzione la qui illustrata e criticata interpretazione estensiva degli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002, decida la presente procedura incidentale nel senso della declaratoria di illegittimita' costituzionale dei predetti articoli cosi' estensivamente interpretati, dichiarando che la legittimazione ad avanzare l'istanza di' liquidazione in essi prevista spetti esclusivamente al difensore d'ufficio nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. In alternativa, risultato apprezzabile sarebbe comunque che la Consulta rigettasse la presente questione dichiarando espressamente e chiaramente che l'interpretazione estensiva qui criticata non e' l'unica possibile, esistendone un'altra costituzionalmente orientata e preferibile (ossia quella che ritiene che il sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. non sia legittimato ad avanzare pretese economiche nei confronti dello Stato ex artt.116-117 d.P.R. n. 115/2002). (1) Originato da Cass, Sez. IV, c.c. 10-4-2008 (dep. 5-5-2008) n. 17721, secondo cui «il sostituto del difensore di fiducia nominato d'ufficio dal giudice ai sensi dell'art.97 comma 4 c.p.p. ha diritto alla liquidazione del compenso per l'attivita' svolta ai sensi degli artt.116, 117 d.P.R. n.115 del 2002»
P.Q.M. Visti gli artt.134 Cost., 1 legge cost. n.1/1948, 23 legge n. 87/1953 e 1 Delibera Corte cost. 16 marzo 1956; Solleva la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt.3 e 81 comma 4 Cost., relativa agli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002, nella loro comune e dominante interpretazione giurisprudenziale secondo cui legittimato ad avanzare istanza di liquidazione nei confronti dello Stato sia anche il sostituto designato ex art. 97, comma 4 c.p.p., oltre al difensore d'ufficio nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. e, pertanto; Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale affinche' assuma le determinazioni di propria competenza; Ordina la sospensione del presente procedimento fino a quando la Corte adita dara' comunicazione a questo Giudice della propria decisione sulla prospettata questione; Manda alla Cancelleria per tutti gli adempimenti di rito, nonche' per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, al difensore interessato; Dispone altresi' che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale unitamente alla presente ordinanza ed alla prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953. Lecce, addi' 25 novembre 2011 Il Giudice: Malagnino