N. 52 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2011

Ordinanza  del  25  novembre  2011  emessa  dal  tribunale  di  Lecce
sull'istanza proposta da Vaglio Giancarlo. 
 
Spese di giustizia - Liquidazione  dell'onorario  e  delle  spese  al
  difensore  d'ufficio  -  Legittimazione  a  proporre  istanza   nei
  confronti dello Stato -  Estensione,  da  parte  della  consolidata
  giurisprudenza di legittimita', al difensore designato dal giudice,
  ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc.  pen.,  in  sostituzione
  del difensore (di fiducia o d'ufficio) non reperito o non  comparso
  - Inaccettabilita' di tale interpretazione - Contrasto  sotto  piu'
  profili con il principio di ragionevolezza - Difetto di presupposti
  logici per l'equiparazione  tra  difensore  d'ufficio  e  difensore
  sostituto  -  Irragionevolezza  del  diritto  di   quest'ultimo   a
  pretendere il compenso dall'assistito (imputato o indagato)  e,  di
  riflesso, dallo Stato - Irragionevolezza  delle  conseguenze  della
  liquidazione erariale al sostituto  -  Violazione  dell'obbligo  di
  copertura della spesa relativa. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  artt. 116 e 117. 
- Costituzione, artt. 3 e 81, comma quarto. 
(GU n.15 del 11-4-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letta l'istanza depositata in  data  17  ottobre  2011  dall'avv.
Giancarlo Vaglio, che ha chiesto la liquidazione dei compensi  a  lui
spettanti, ex artt.  116-117  d.P.R.  n.  115/2002,  in  qualita'  di
difensore designato  ex  art.  97  comma  4  c.p.p.  quale  sostituto
d'udienza del difensore di fiducia dell'imputato, avv. Fabio Corvino,
nel processo penale  definito  con  sentenza  pronunciata  da  questa
sezione in data 10 novembre 2009; 
    Letti gli atti prodotti dal difensore istante; 
 
                              Premesso 
 
    Gli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002 attribuiscono al difensore
d'ufficio la facolta' di accedere alla  liquidazione  erariale  delle
proprie competenze in determinati casi: tali norme, se applicate  con
esclusivo riferimento alle ipotesi (impossidenza  ed  irreperibilita'
dell'assistito) ed ai soggetti (difensore d'ufficio) ivi contemplati,
non sollevano alcun dubbio di costituzionalita'. 
    Senonche', questo Giudice prende atto del consolidato e dominante
orientamento giurisprudenziale di legittimita'  relativo  agli  artt.
116 e  117  d.P.R.  n.  115/2002  (1)  (implicitamente  invocato  dal
difensore istante ed alimentato anche dalle  ordinanze  n.  8/2005  e
n.176/2006  di  Codesta  Corte),  secondo  cui,  pur  in  assenza  di
specifiche indicazioni normative sul punto, anche il  mero  difensore
sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. avrebbe diritto alla liquidazione
erariale delle proprie competenze  nei  casi  previsti  dai  predetti
artt. 116 e 117, al pari  del  vero  e  proprio  difensore  d'ufficio
(unico espressamente menzionato dalle norme in  questione),  nominato
ai sensi e con le specifiche procedure di cui all'art. 97 comma 1-2-3
c.p.p. 
    Cio' posto, dubita lo scrivente della legittimita' costituzionale
della predetta interpretazione estensiva degli artt. 116 e 117  cit.,
a suo avviso contrastante con il disposto ed i principi di  cui  agli
artt. 3 ed 81 comma 4 Cost. 
    La questione e' rilevante, nell'ambito del presente  procedimento
di liquidazione, in quanto solo in virtu' di  questa  interpretazione
estensiva  (della  cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita)  il
difensore istante (nella sua veste di sostituto ex art.  97  comma  4
c.p.p.)  andrebbe  ritenuto  legittimato  ad  avanzare   la   propria
richiesta di liquidazione, dovendo  in  caso  contrario  la  predetta
richiesta dichiararsi inammissibile da questo Giudice. 
 
                               Osserva 
 
    1) Il concetto fondamentale posto alla base della normativa sulla
difesa  d'ufficio  e'  che  il  difensore  d'ufficio   debba   essere
qualitativamente  selezionato  (onde  la  necessaria  iscrizione   in
apposito elenco,  previa  verifica  della  sussistenza  di  specifici
requisiti), costantemente a disposizione  dell'Autorita'  Giudiziaria
per la nomina in base a specifici turni  di  reperibilita'  (onde  la
predisposizione di  apposito  ufficio  centralizzato  presso  ciascun
consiglio dell'ordine forense di ogni distretto di  Corte  d'Appello)
e, per conseguenza  e  soprattutto,  sempre  retribuito  dal  proprio
assistito (salvi i casi di ammissione di  quest'ultimo  al  beneficio
del gratuito patrocinio). 
    Coerentemente a tale  impostazione,  il  nostro  codice  di  rito
prevede che l'indagato/imputato debba essere  informato  dell'obbligo
di retribuire il difensore d'ufficio (ex art. 369-bis comma 2 lett.d)
c.p.p.) all'atto della nomina di tale  difensore  ex  art.  97  comma
1-2-3 c.p.p. 
    Poi, negli eccezionali casi di assenza del difensore (di  fiducia
o d'ufficio), il medesimo codice (art. 97 comma 4 c.p.p.) prevede che
l'Autorita' Giudiziaria possa designare per le  vie  brevi  il  primo
difensore 'di passaggio', per il compimento dell'atto in corso, senza
prevedere  in  tal  caso  alcun  requisito  (non  essendo  prescritta
l'iscrizione nel citato elenco, se non  per  la  fase  del  giudizio,
peraltro neanche a pena di  nullita',  come  chiarito  dalla  Suprema
Corte), ne' alcuna comunicazione all'imputato/indagato  o  avviso  di
obbligo di retribuzione o altro (riferendosi le informazioni  di  cui
all'art. 369-bis c.p.p. alla sola nomina del difensore titolare della
difesa d'ufficio ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p.). 
    In altre parole, la ratio e  la  portata  normativa  dell'attuale
disciplina della difesa d'ufficio non e'  quella  di  addossare  allo
Stato la retribuzione di tutti gli avvocati  nominati  e/o  designati
dall'Autorita' (il  che  legittimerebbe  l'interpretazione  estensiva
degli artt. 116-117 d.P.R. n. 115/2002 qui criticata). Al  contrario,
la disciplina  de  qua  e'  tutta  imperniata  sul  rapporto  oneroso
assistito/difensore; sin dall'instaurazione  officiosa  del  predetto
rapporto,  l'assistito  e'  formalmente  responsabilizzato  circa  le
conseguenze  (anche  economiche)  della  nomina  del  suo   difensore
d'ufficio: riceve comunicazione della nomina predetta  (art.  369-bis
comma 1  c.p.p.),  e'  informato  dell'obbligatorieta'  della  difesa
tecnica (art. 369-bis comma 2 lett.  a)  c.p.p.),  e'  informato  del
nome, indirizzo e recapito telefonico del  difensore  (art.  369-bis,
comma 2, lett. b) c.p.p.) ed e' informato dell'obbligo di retribuirlo
(art. 369-bis comma 2 lett. d) c.p.p.). 
    Poi,  prendendo  atto  della  possibile  svolta  patologica   del
rapporto    in    questione    (impossidenza    o     irreperibilita'
dell'assistito),  la  Legge  prevede  che  lo  Stato  debba  in  tale
evenienza sostituirsi eccezionalmente all'assistito nel garantire  la
giusta  mercede  al  suo  difensore  (art.116-117  d.P.R.  115/2002),
poiche',   ovviamente,   non   sarebbe   ragionevole,   ne'   giusto,
regolamentare   l'iscrizione   in   apposito    elenco,    pretendere
disponibilita' e reperibilita', garantire l'effettivita' del contatto
tra difensore ed assistito, ammonire quest'ultimo circa l'obbligo  di
retribuzione del primo e, poi,  abbandonare  il  professionista  alle
sorti personali e patrimoniali dell'imputato/indagato. 
    Quindi,  l'operativita'  degli  artt.116-117   cit.   nasce   dal
riconoscimento  di  un  ben  preciso,  consapevole,  disciplinato   e
pubblicizzato rapporto tra assistito e difensore d'ufficio; nasce dal
riconoscimento   di   un   ben   specificato   obbligo    retributivo
normativamente previsto a carico  dell'assistito:  solo  in  caso  di
impossibilita' d'adempimento da parte di quest'ultimo,  lo  Stato  si
surroga al debitore nell'estinguere il credito professionale maturato
dal difensore. 
    Per converso, come si vedra', il difensore sostituto ex  art.  97
comma 4 c.p.p. e' una figura  ben  diversa  dal  difensore  d'ufficio
nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. e,  soprattutto,  non  ha  mai
nessun   rapporto   di   investitura   diretta   o   indiretta    con
l'imputato/indagato, cui non viene  mai  neanche  comunicato  il  suo
nominativo (riferendosi la  comunicazione  di  cui  all'art.  369-bis
comma 1 e 2 lett. b) c.p.p. alla sola nomina del  difensore  titolare
della difesa d'ufficio). 
    Ne consegue che, nel caso  del  sostituto  ex  art.  97  comma  4
c.p.p., se  nessun  rapporto  tra  assistito  e  difensore  sostituto
esiste, ne' alcun obbligo retributivo in capo all'assistito  sussiste
verso il sostituto, allora mancano in radice gli  stessi  presupposti
logici di applicabilita' degli artt. 116-117 cit., che impongono allo
Stato di pagare il difensore solo al ricorrere  di  certe  condizioni
personali (impossidenza o irreperibilita') dell'originario obbligato. 
    Nel dettaglio, ritiene questo Giudice  che  non  possa  dubitarsi
dell'inesistenza di qualsivoglia rapporto tra sostituto  ex  art.  97
comma 4 c.p.p. ed imputato/indagato, cosi' come non  possa  dubitarsi
dell'insussistenza di qualsivoglia obbligo  retributivo  in  capo  al
secondo nei confronti del primo, per le seguenti ragioni: 
        mentre    l'imputato/indagato    da'    consapevolmente     e
personalmente origine alla nomina del difensore d'ufficio  ex  art.97
comma 1-2-3  c.p.p.  mediante  propria  volontaria  condotta  (omessa
nomina di difensore di fiducia, nonostante il relativo  avviso),  non
e' invece l'imputato/indagato a dare origine  alla  designazione  del
sostituto  ex  art.  97  comma  4  c.p.p.,  chiamato  a   intervenire
esclusivamente a  causa  della  consapevole  condotta  del  difensore
titolare, assente quando necessario; 
        l'imputato/indagato non riceve mai alcuna informazione  circa
l'avvenuta designazione del  sostituto  ex  art.97  comma  4  c.p.p.,
riferendosi la comunicazione di cui all'art.369-bis comma 1 e 2 lett.
b) c.p.p. alla  sola  nomina  del  difensore  titolare  della  difesa
d'ufficio; 
        l'imputato/indagato non riceve mai alcuna informazione  circa
l'obbligo di retribuire il sostituto  ex  art.  97  comma  4  c.p.p.,
riferendosi l'avviso di cui all'art.369-bis comma 2 lett.  d)  c.p.p.
al solo difensore titolare della difesa d'ufficio; 
        anche sul piano oggettivo, non puo'  considerarsi  "rapporto"
una mera temporanea chiamata del difensore ex art. 97 comma 4  c.p.p.
ad assistere a determinati atti,  tanto  piu'  che,  per  consolidata
giurisprudenza  di  legittimita',  pur   durante   tale   contingente
situazione,  cosi'  come  dopo  la  cessazione  della  stessa,  unico
difensore titolare della difesa dell'imputato/indagato rimane  sempre
quello originariamente nominato di fiducia o ex  art.97  comma  1-2-3
c.p.p. In proposito, rileva questo Giudice  che  il  tenore  testuale
delle  varie  norme  del  codice  di  rito  disciplinanti  la  difesa
d'ufficio depongono decisamente nel senso che  unico  titolare  della
difesa dell'imputato/indagato sia solo il difensore nominato ex  art.
97 comma 1-2-3 c.p.p., a  prescindere  da  sue  eventuali  temporanee
sostituzioni (legali, ex art. 97 comma 4  c.p.p.,  o  volontarie,  ex
art.102 c.p.p.)  nel  corso  del  procedimento.  Infatti,  l'art.  97
c.p.p.,  nel  disciplinare  la  difesa  d'ufficio,  attribuisce  tale
qualifica solo al  difensore  nominato  ai  sensi  dei  commi  1-2-3,
prescrivendo, nel caso di sua assenza (o  di  assenza  di  quello  di
fiducia), che il giudice designi - "come sostituto" - altro difensore
immediatamente reperibile. Non a caso, il medesimo  art.  97  c.p.p.,
cosi' come ogni altra disposizione codicistica,  riserva  il  termine
"nomina" al solo difensore d'ufficio ex art. 97 comma  1-2-3  c.p.p.,
utilizzando il diverso termine "designazione" (implicante un senso di
precarieta' e provvisorieta', sintomatico della mancata  attribuzione
di una vera e propria qualifica o qualita') con riferimento  al  mero
sostituto ex  art.97  comma  4  c.p.p.  Nel  senso  della  permanente
titolarita' dell'ufficio di difesa in capo al solo difensore nominato
ex art.97 comma  1-2-3  c.p.p.,  del  resto,  si  e'  gia'  da  tempo
pronunciata la Suprema  Corte  a  Sezioni  Unite,  stabilendo  quanto
segue: «Il nuovo codice di procedura penale,  radicalmente  innovando
rispetto  alla  precedente  disciplina  ed  ispirandosi,  secondo  il
dettato della direttiva n. 105 della legge  delega,  all'esigenza  di
assicurare la  continuita'  dell'assistenza  tecnico-giuridica  e  di
garantire la concreta ed efficace tutela dei  diritti  dell'imputato,
ha attuato la sostanziale equiparazione della  difesa  di  ufficio  a
quella di fiducia,  nel  senso  che  anch'essa  si  caratterizza  per
l'immutabilita'   del   difensore   fino    all'eventuale    dispensa
dall'incarico o all'avvenuta  nomina  fiduciaria.  Pertanto,  qualora
occorre sostituire il difensore, sia esso di fiducia o di ufficio, in
situazioni che, di per se', non  comportano  la  revoca  del  mandato
fiduciario per l'uno o la dispensa dall'incarico per l'altro  (e  che
si possono  individuare,  secondo  il  disposto  dell'art.97,  quarto
comma, c.p.p., nelle  ipotesi  in  cui  il  difensore  non  e'  stato
reperito, non e' comparso o ha abbandonato  la  difesa)  il  titolare
dell'ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato
il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato  causa,
puo' riprendere immediatamente il suo ruolo e ricominciare a svolgere
le sue funzioni non richiedendo la legge, proprio per l'immutabilita'
della difesa e per l'automatismo della reintegrazione,  comunicazioni
o preavvisi di  sorta.  Ne  consegue  che  unico  destinatario  della
notifica  di  atti  destinati  alla   difesa   e   segnatamente   dei
provvedimenti soggetti ad impugnazione e' il  difensore  che  risulti
titolare dell'ufficio, con esclusione, quindi, del difensore chiamato
a sostituire il gia' nominato difensore d'ufficio o quello incaricato
della difesa dallo stesso imputato" (Cass.,  SS.UU.,  19-12-94  n.22,
Nicoletti). Del resto, l'art. 30 disp. att. c.p.p. mantiene ben ferma
la distinzione tra "difensore d'ufficio", la cui  individuazione  gli
e' comunicata a norma del comma 1, da un lato, e "sostituto", la  cui
designazione gli e' comunicata a norma del comma 2, dall'altro  lato.
Orbene,  alla  luce  di  tale  netta  e  chiara  classificazione,  il
successivo  art.  31  attribuisce  poi  il  generale   diritto   alla
retribuzione al solo - difensore d'ufficio»; 
        a decisiva  conferma  di  cio',  si  consideri  che  oggi  il
difensore designato come sostituto ex  art.  97  comma  4  c.p.p.  e'
equiparato espressamente - ai sensi del medesimo comma - al  delegato
del  difensore  titolare  ex  art.  102  c.p.p.,  della  cui  mancata
legittimazione ad avanzare pretese economiche dirette  nei  confronti
dell'imputato (e, quindi, nei confronti dello Stato ex artt.116 e 117
d.P.R. n. 115/2002) non puo' dubitare nessuno. 
    Ne consegue che  e'  il  titolare  della  difesa  (di  fiducia  o
d'ufficio), in virtu' della sua assenza, l'unico soggetto in capo  al
quale  puo'  e  deve  riconnettersi   la   responsabilita'   per   la
designazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.,  in  quanto  e'
lui il soggetto la cui condotta (e,  dunque,  la  cui  volonta')  da'
consapevolmente origine a tale designazione  e,  quindi,  e'  lui  il
soggetto da individuare come controparte del sostituto nella verifica
dell'esistenza o meno di un rapporto fra il sostituto medesimo ed  un
suo eventuale dante causa. Cio' che e' sicuro e' che da tale rapporto
l'inconsapevole imputato/indagato e' assolutamente estraneo. 
    Rimane, dunque, dato fermo che al sostituto ex art.  97  comma  4
c.p.p. non e' riconosciuta da nessuna norma di legge  alcuna  pretesa
retributiva  nei  confronti  dell'assistito,  il   quale   non   puo'
tecnicamente neanche definirsi suo "cliente". 
    Orbene, se il senso della disciplina in esame e' questo, come  lo
e', non solo non  appare  razionalmente  praticabile  un'applicazione
degli artt. 116 e 117 cit. che  prescinda  dalla  sussistenza  di  un
rapporto debito-credito tra assistito e difensore (assente  nel  caso
del sostituto  ex  art.  97  comma  4  c.p.p.),  ma  appare  altresi'
irragionevole equiparare il mero sostituto ex art. 97 comma 4  c.p.p.
al   vero   e   proprio   titolare   della   difesa   d'ufficio    e,
conseguentemente,  riconoscerlo  legittimato  ad   avanzare   pretese
economiche nei confronti dell'assistito (che non  viene  mai  neanche
informato della sua stessa esistenza, ne' tantomeno  dell'obbligo  di
retribuirlo) e, di riflesso, nei confronti dello Stato nei menzionati
casi di cui agli artt.116 e 117 cit. 
    II) La  netta  differenziazione  tra  le  due  figure  (difensore
d'ufficio, noto all'assistito, ben informato di  doverlo  remunerare,
da una  parte,  e  difensore  sostituto,  ignoto  all'assistito,  mai
informato del relativo onere economico, dall'altra parte) e,  quindi,
l'irragionevolezza di un'equiparazione delle stesse circa  i  diritti
esercitabili nei confronti dell'assistito, prima, e dello Stato, poi,
oltre  che  fondata  sulle   suesposte   ragioni   sistematiche,   e'
ulteriormente confermata dalle seguenti argomentazioni  tecniche:  a)
il sostituto ex art.97 comma 4  c.p.p.  non  ha  mai  preventivamente
assunto alcun impegno  o  prestato  alcuna  disponibilita'  (mediante
iscrizione nel precitato elenco) ad  assumere  la  titolarita'  della
difesa; b) egli non ha neanche alcun onere di esame  e  studio  della
causa,  poiche'  la  stessa  si  svolge  contestualmente   alla   sua
designazione (non essendo previsto per il suo caso  alcun  termine  a
difesa, o sospensione, neanche ad  horas);  c)  egli  cessa  dal  suo
occasionale incarico non appena  terminato  il  contingente  impegno,
senza conservare fuori udienza alcun potere/dovere di  rappresentanza
dell'imputato  (potere/dovere  invece  pacificamente   gravante   sul
titolare della difesa); d) egli non ha alcun obbligo di  accettazione
e prosecuzione nella difesa, poiche' -  a  differenza  del  difensore
d'ufficio titolare, tenuto alla reperibilita' - la  sua  designazione
e' legata alla sola situazione di fatto integrata dalla  sua  casuale
"immediata reperibilita'", di tal che un suo qualsiasi altro impegno,
prontamente evidenziato,  prevale  senza  dubbio  sulla  designazione
proposta dall'Autorita' Giudiziaria. 
    Pertanto, appare irragionevole e  contrario  al  sistema  imporre
all'assistito (e, di riflesso, allo Stato, nei casi  di  impossidenza
ed irreperibilita' di questi, ex artt. 116-117 cit.) la  retribuzione
del sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p. 
    Ed ancora piu' irragionevole  appare  retribuire  tale  difensore
(art. 97 comma 4 c.p.p.) in base alle medesime tariffe  professionali
(ex  art.  82  d.P.R.  n.115/2002)  assunte  a   parametro   per   la
liquidazione del difensore d'ufficio (art. 97  comma  1-2-3  c.p.p.),
attesa  la  manifesta  diversita'   dell'impegno   e   disponibilita'
richiesti e, soprattutto, dell'attivita' svolta. 
    III) Inoltre, non puo' farsi a meno di  evidenziare  la  seguente
inaccettabile   ed   irragionevole   conseguenza   cui    porta    il
riconoscimento della legittimazione del sostituto ex art. 97 comma  4
c.p.p. (sostituto di un difensore d'ufficio  o  di  un  difensore  di
fiducia) a chiedere il compenso all'imputato/indagato e,  in  seconda
battuta, a presentare istanza di liquidazione  allo  Stato  ai  sensi
degli artt. 116 e 117 d.P.R. n. 115/2002: qualora un difensore  fosse
designato sostituto ex  art.  97  comma  4  c.p.p.  di  un  difensore
nominato di fiducia, allora si dovrebbe retribuire ex artt.116 e  117
d.P.R. n. 115/2002 tale temporaneo  difensore  (designato  ex  art.97
comma 4 c.p.p.) di un imputato/indagato  assistito  da  difensore  di
fiducia, in palese contrasto con lo  stesso  dettato  degli  articoli
appena citati (che garantiscono la  retribuzione  nel  solo  caso  di
difesa d'ufficio) e, quindi in insanabile contrasto con il  principio
di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.  Ne',  in  alternativa,  si
potrebbe negare la liquidazione al sostituto  (ex  art.  97  comma  4
c.p.p.) del difensore di fiducia e riconoscerla al solo sostituto (ex
art. 97 comma 4 c.p.p.) del difensore d'ufficio, poiche' in tal  modo
si  opererebbe   una   stridente   ed   ingiustificata   e,   quindi,
incostituzionale disparita' di trattamento, tra sostituto legale  (ex
art.  97  comma  4  c.p.p.)  di  un  difensore  d'ufficio  (sostituto
beneficiario delle previsioni dei due citati  articoli)  e  sostituto
legale (ex  art.97  comma  4  c.p.p.)  di  un  difensore  di  fiducia
(sostituto escluso da tali previsioni). 
    Quindi, qualsiasi delle due opzioni si prescelga, la liquidazione
erariale del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.  comporta,  in  ogni
caso, conseguenze aberranti ed irragionevoli. 
    IV)  Ancora,  appare  irragionevole  il  percorso   argomentativo
mediante il quale l'attuale giurisprudenza di legittimita'  giunge  a
riconoscere la legittimazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.
a  pretendere  il  proprio  compenso  dall'imputato/indagato  e,   di
riflesso, dallo Stato ex artt.116-117 cit. 
    Esso si fonda sulla considerazione  che,  a  norma  dell'art.  97
comma 4 c.p.p., al difensore designato in sostituzione  si  applicano
le disposizioni  dell'art.  102  dello  stesso  codice,  secondo  cui
sostituto esercita i diritti  ed  assume  i  doveri  del  difensore":
orbene, secondo l'interpretazione della cui costituzionalita' qui  si
dubita, in virtu' di tale richiamo il sostituto trarrebbe dalla sfera
giuridica  del  proprio  sostituito  la  legittimazione  ad  avanzare
pretese  economiche  nei  confronti  dell'imputato/indagato   e,   di
riflesso, nei confronti dello Stato ex artt. 116-117 c.p.p. 
    In  proposito,  ritiene  questo  Giudice  che  tale   riferimento
all'art.102 c.p.p. violi il principio  di  ragionevolezza,  per  vari
ordini di ragioni: 
        1) innanzitutto, l'art. 102 comma 2  c.p.p.,  attribuendo  al
sostituto i diritti ed i doveri del difensore, non fa che  confermare
l'esistenza a monte di una netta distinzione concettuale e  giuridica
tra il difensore vero e proprio (di fiducia o d'ufficio)  ed  il  suo
sostituto, figura quest'ultima completamente distinta dalla prima; 
        2) inoltre, la medesima norma si riferisce  esclusivamente  a
"diritti"  e  -doveri"  processuali  e  deontologici,  non  certo   a
situazioni di altro tipo, quali le pretese retributive nei  confronti
dell'assistito o dello Stato; 
        3) ancora, e decisivamente, non puo' farsi a meno di rilevare
che, se si fonda su tale norma,  ossia  l'art.  102  comma  2  c.p.p.
(richiamato dall'art.97 comma 4 c.p.p.),  il  diritto  del  sostituto
designato dal Giudice a chiedere la liquidazione del proprio compenso
allo Stato, allora deve necessariamente riconoscersi analogo  diritto
al soggetto cui tale norma si riferisce in via  primaria  e  diretta,
ossia il sostituto nominato con delega;  in  altre  parole,  seguendo
tale impostazione, se il sostituto  delegato  (ex  art.  102)  di  un
difensore  d'ufficio  assume  i  diritti  (economici)  del  difensore
d'ufficio sostituito, allora a tale delegato  dovrebbe  spettare,  in
prima persona, anche il diritto a chiedere allo Stato la liquidazione
del proprio compenso. In proposito, e' appena  il  caso  di  rilevare
come tale  corollario  del  ragionamento  de  quo  sia  assolutamente
inaccettabile, in quanto contrastante con i principi informatori  del
vigente  codice  di  rito,  dell'attuale  disciplina   sulla   difesa
d'ufficio e sulle spese di giustizia, nonche' - piu'  in  generale  -
con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico in  tema
di mandato, rappresentanza, collegamento negoziale e  trasferibilita'
delle  obbligazioni:  ed  infatti,  la  stessa   giurisprudenza   qui
criticata non ha mai inteso affermare  tale  irragionevole  principio
(legittimazione del delegato ad avanzare  pretese  retributive  verso
terzi, assistito o Stato), pur da essa stessa assunto  implicitamente
a fondamento del proprio ragionamento; 
        4) infine, e soprattutto, se il diritto di  liquidazione  del
sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. derivasse - come sostenuto  dalla
giurisprudenza   qui   criticata   -   dall'originario   diritto   di
liquidazione del sostituito,  allora  a  maggior  ragione  lo  stesso
ragionamento  dovrebbe  imporre  di  non  ritenere  legittimato  alla
liquidazione erariale il sostituto ex art.  97  comma  4  c.p.p.  del
difensore di fiducia, il quale (difensore di fiducia) tale originario
diritto - com'e' noto - non ha (non essendo il difensore  di  fiducia
contemplato negli artt.116 e 117 d.P.R. n. 115/2002): ed  allora,  le
conclusioni del criticato percorso giurisprudenziale  smentiscono  le
sue stesse premesse, e viceversa. 
    V)  Inoltre,   non   appare   ragionevole   (per   ingiustificata
omologazione   di   trattamento   fra   situazioni    ontologicamente
inequiparabili) legittimare il sostituto ex art.97 comma 4 c.p.p.  ad
avanzare pretese retributive nei confronti dell'imputato/indagato  e,
di riflesso, dello Stato, al pari del difensore d'ufficio, laddove si
consideri che la designazione del primo e' rimessa alla piu' completa
discrezionalita'   (senza   garanzie    contro    lo    sconfinamento
nell'arbitrio) dell'Autorita' Giudiziaria ("il giudice  designa  come
sostituto un altro difensore immediatamente reperibile": art.97 comma
4  c.p.p.),  mentre   la   nomina   del   secondo   e'   disciplinata
normativamente ed  affidata  a  precisi,  equilibrati,  imparziali  e
vigilati sistemi di turnazione ("i consigli  dell'ordine  forense  di
ciascun distretto di corte d'appello, mediante  un  apposito  ufficio
centralizzato, al fine di  garantire  l  'effettivita'  della  difesa
d'ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori  che  a  richiesta
dell'autorita' giudiziaria o della polizia giudiziaria sono  indicati
ai fini della nomina. I consigli dell'ordine fissano i criteri per la
nomina dei difensori sulla base delle  competenze  specifiche,  della
prossimita' alla  sede  del  procedimento  e  della  art.97  comma  2
c.p.p.). 
    In sostanza, quando  si  tratta  di  investiture  che  comportano
introiti  di  natura  patrimoniale  di   provenienza   potenzialmente
pubblica per i soggetti interessati (difensore  d'ufficio  ex  art.97
comma 1-2-3 c.p.p.), il codice si guarda bene dall'affidare la nomina
del professionista alla scelta immotivata dell'Autorita' Giudiziaria,
onde   evitare   pericolose   collusioni    o    incresciose    corse
all'accaparramento di incarichi; per converso, quando  si  tratta  di
investiture che non comportano tali introiti (difensore sostituto  ex
art.97 comma 4 c.p.p.), il codice rimane  coerentemente  indifferente
alle modalita' di  designazione,  lasciando  l'Autorita'  Giudiziaria
libera di agire nel modo piu' libero e rapido possibile. 
    Cio' posto, equiparare invece le due investiture sotto il profilo
della remunerazione non  puo'  che  risolversi  in  un'ingiustificata
parificazione di situazioni diametralmente opposte ed  incomparabili,
come tale incostituzionale per violazione dell'art.3 Cost. 
    VI) Infine, ritiene questo Giudice che  un'interpretazione,  come
quella qui criticata, che - in  assenza  di  specifiche  disposizioni
normative sul punto  -  ritiene  meritevoli  di  compenso  statale  i
sostituti ex art.  97  comma  4  c.p.p.,  e'  censurabile  anche  per
violazione dell'art.81 comma 4 Cost., in  quanto  non  esiste  alcuna
norma di legge che indichi con quali mezzi lo Stato possa far  fronte
alla maggior spesa rappresentata dalla retribuzione di tali sostituti
ex artt. 116 e 117 d.P.R. 115/2002. 
    VII) Ne', concludendo,  l'interpretazione  giurisprudenziale  qui
criticata  potrebbe  ritenersi  conforme  a  Costituzione  in  quanto
fondata su principi costituzionali di carattere economico (quale,  ad
esempio quello della  necessaria  retribuzione  di  ogni  prestazione
d'opera)  che  ne  giustifichino  la  pur  sofferta   esistenza:   in
proposito,  infatti,  osserva  innanzitutto  questo  Giudice  che  la
salvaguardia di nessun principio costituzionale di tal fatta potrebbe
mai esser ritenuta talmente preminente da consentire  l'obliterazione
del fondamentale principio di ragionevolezza ed  uguaglianza  di  cui
all'art. 3. 
    In secondo luogo, e comunque, occorre rilevare che  il  sostituto
ex art. 97 comma 4 c.p.p. (cosi' come quello  ex  art.  102  c.p.p.),
senza il necessario ricorso  all'interpretazione  qui  criticata,  e'
comunque ben lungi dal rimanere privo di compenso. in quanto egli  ha
il pieno diritto di ottenere il pagamento delle  proprie  prestazioni
da parte del difensore titolare sostituito, il quale rimane per legge
obbligato in  tal  senso:  infatti,  il  sostituto  (da  considerarsi
mandatario ex lege, in virtu' del richiamo  -  operato  dall'art.  97
comma 4 c.p.p. - alla "nomina" di cui all'art.102 c.p.p.) ha  diritto
ad essere retribuito, per l'attivita' concretamente prestata  in  sua
vece, direttamente dal sostituito, che e' l'unico  soggetto  ad  aver
dato consapevolmente origine, con la propria condotta (assenza), alla
designazione del sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p.; ed ove pure non
volesse accedersi a  tale  impostazione  fondata  sul  riconoscimento
dell'esistenza di un mandato ex lege,  potrebbe  nondimeno  giungersi
alla  medesima  conclusione  facendo  ricorso  all'istituto  di   cui
all'art. 2041 c.c. 
    Cosi' esaurita ogni  argomentazione  tecnica,  sia  consentita  a
questo Giudice la seguente considerazione conclusiva:  il  codice  di
rito disegna la figura del sostituto ex art. 97 comma 4  c.p.p.  come
extrema ratio, cui ricorrere solo nei casi - che in teoria dovrebbero
essere sporadici e rari - di attivita' da svolgersi in presenza di un
difensore che, per  qualche  ignota  ragione  (diversa  dai  casi  di
rinuncia, revoca ed incompatibilita') non si  presentasse,  come  suo
dovere,  ad  assistere  l'interessato.  Soprattutto  oggi,   con   la
regolamentazione della difesa d'ufficio obbligatoria e l'introduzione
di un preciso sistema di turnazioni, reperibilita'  e  remunerazione,
non si ravvisano giustificabili ragioni per  cui  l'imputato/indagato
possa rimanere temporaneamente privo di difensore: se cio' accade, e'
solo ed esclusivamente in virtu' di una condotta  del  professionista
(il titolare della  difesa)  violativa  di  un  suo  preciso  obbligo
d'assistenza e, come tale, deontologicamente illecita e sanzionabile.
Trattasi, nell'organico e razionale sistema tracciato  dal  codice  e
dalle leggi speciali sul punto, di ipotesi patologica ed eccezionale,
cui si e' deciso di porre rimedio  -  onde  non  consentire  indebiti
intralci  alla  Giustizia  ad  opera   di   condotte   illecite   del
professionista - mediante la partecipazione emergenziale (ex art.  97
comma 4  c.p.p.)  del  difensore  che  sia  occasionalmente  presente
all'attivita' in corso: cio' posto, e' evidente la differenza con  il
ruolo di vero e proprio difensore d'ufficio. 
    Pertanto, quella della retribuzione  del  sostituto  ex  art.  97
comma 4 c.p.p. non e' certamente una questione  che  puo'  riguardare
l'assistito o lo Stato, bensi' riguarda il  solo  sostituito  assente
ingiustificato, unico responsabile  della  situazione  determinatasi.
Anzi, a ben vedere - in un sistema che potesse contare,  come  ci  si
aspetterebbe,  sulla  correttezza  dei  propri  appartenenti  -  tale
questione non sarebbe neanche una vera e propria  questione,  poiche'
pressoche' inesistenti, come dovuto,  sarebbero  i  casi  di  assenza
ingiustificata  del  difensore,  da  cui  scaturisce  l'esigenza   di
designazione  autoritativa  di  sostituti  che  poco  o  nulla  sanno
dell'attivita' che va svolgendosi innanzi a loro. 
    In sostanza, tanto piu' gli avvocati di un Foro rispetteranno  il
proprio obbligo legale di  assistenza  dell'imputato/indagato,  tanto
meno l'Autorita' Giudiziaria di  quel  Foro  dovra'  fare  ricorso  a
sostituti ex art. 97 comma 4 c.p.p., con conseguente  superamento  di
ogni problema sul punto. Per converso, tanto meno gli avvocati di  un
Foro  rispetteranno  il  proprio   obbligo   legale   di   assistenza
dell'imputato/indagato, tanto piu' l'Autorita'  Giudiziaria  di  quel
Foro dovra' fare ricorso a sostituti ex art. 97 comma 4 c.p.p., ma  -
a quel punto - certamente non potra' addossarsi all'assistito o  allo
Stato  l'onere  economico   di   tale   scorrettezza   professionale,
retribuendo sostituti vari che  non  hanno  mai  prestato  preventiva
disponibilita' e reperibilita', non hanno mai studiato la causa,  non
hanno alcun onere post-udienza connesso  al  conferito  e  temporaneo
incarico  e,  soprattutto,   della   cui   esistenza   ed   identita'
l'imputato/indagato non ha mai alcuna contezza. 
    Pertanto, alla luce di tutte le suesposte considerazioni,  questo
Giudice auspica che l'adita Corte, ove ritenga  contrastante  con  la
Costituzione la qui illustrata e criticata interpretazione  estensiva
degli artt.  116  e  117  d.P.R.  n.  115/2002,  decida  la  presente
procedura incidentale nel senso della declaratoria di  illegittimita'
costituzionale   dei   predetti   articoli    cosi'    estensivamente
interpretati, dichiarando che la legittimazione ad avanzare l'istanza
di' liquidazione in essi prevista spetti esclusivamente al  difensore
d'ufficio nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. 
    In alternativa, risultato apprezzabile sarebbe  comunque  che  la
Consulta rigettasse la presente questione dichiarando espressamente e
chiaramente che l'interpretazione  estensiva  qui  criticata  non  e'
l'unica possibile, esistendone un'altra costituzionalmente  orientata
e preferibile (ossia quella che ritiene che il sostituto ex  art.  97
comma 4 c.p.p. non sia legittimato ad avanzare pretese economiche nei
confronti dello Stato ex artt.116-117 d.P.R. n. 115/2002). 

(1) Originato da Cass, Sez. IV, c.c.  10-4-2008  (dep.  5-5-2008)  n.
    17721,  secondo  cui  «il  sostituto  del  difensore  di  fiducia
    nominato d'ufficio dal  giudice  ai  sensi  dell'art.97  comma  4
    c.p.p. ha diritto alla liquidazione del compenso per  l'attivita'
    svolta ai sensi degli artt.116, 117 d.P.R. n.115 del 2002» 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt.134 Cost., 1 legge  cost.  n.1/1948,  23 legge  n.
87/1953 e 1 Delibera Corte cost. 16 marzo 1956; 
    Solleva  la  questione  di   legittimita'   costituzionale,   per
contrasto con gli artt.3 e 81 comma 4 Cost., relativa agli artt.  116
e  117  d.P.R.  n.  115/2002,   nella   loro   comune   e   dominante
interpretazione giurisprudenziale secondo cui legittimato ad avanzare
istanza di liquidazione  nei  confronti  dello  Stato  sia  anche  il
sostituto designato ex art. 97, comma 4 c.p.p.,  oltre  al  difensore
d'ufficio nominato ex art. 97 comma 1-2-3 c.p.p. e, pertanto; 
    Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale  affinche'
assuma le determinazioni di propria competenza; 
    Ordina la sospensione del presente procedimento fino a quando  la
Corte adita  dara'  comunicazione  a  questo  Giudice  della  propria
decisione sulla prospettata questione; 
    Manda alla Cancelleria per tutti gli adempimenti di rito, nonche'
per la notifica della presente ordinanza al Presidente del  Consiglio
dei ministri, ai Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento,  al
difensore interessato; 
    Dispone  altresi'  che  gli  atti  siano  trasmessi  alla   Corte
costituzionale unitamente alla presente ordinanza ed alla prova delle
notificazioni  e  delle   comunicazioni   prescritte   nell'art.   23
della legge n. 87 dell'11 marzo 1953. 
 
        Lecce, addi' 25 novembre 2011 
 
                        Il Giudice: Malagnino