N. 102 ORDINANZA 16 - 20 aprile 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Professioni - Norme della Regione Marche - Istituzione di un  sistema
  regionale di accreditamento per l'abilitazione  al  rilascio  delle
  certificazioni di sostenibilita' energetico-ambientale  -  Ritenuta
  introduzione di una nuova figura  professionale  non  prevista  dai
  principi fondamentali stabiliti dallo Stato - Difetto di  rilevanza
  in   relazione    all'omessa    motivazione    sulla    sussistenza
  dell'interesse al ricorso con cui e' stato introdotto il giudizio a
  quo  innanzi  al  TAR  Marche,  e  all'omessa   descrizione   delle
  disposizioni e dei contenuti della delibera impugnata e dei  motivi
  di  impugnazione  prospettati  nel  ricorso  medesimo   -   Mancato
  tentativo di dare alle disposizioni censurate  una  interpretazione
  costituzionalmente  conforme  -  Manifesta  inammissibilita'  della
  questione. 
- Legge della Regione Marche 17 giugno 2008, n. 14, artt. 6, commi  4
  e 5, lett. b), e 14, comma 3, lett. b). 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.17 del 26-4-2012 )
  
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
composta dai signori: 
Presidente: Alfonso QUARANTA; 
Giudici: Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio
  MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
ha pronunciato la seguente 
  
                              Ordinanza 
  
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 6, commi 4
e 5, lettera b), e 14, comma 3, lettera b), della legge della Regione
Marche 17 giugno 2008, n.  14  (Norme  per  l'edilizia  sostenibile),
promosso dal Tribunale amministrativo regionale  per  le  Marche  nel
procedimento vertente tra la Federazione  regionale  degli  ingegneri
delle Marche ed altri e  la  Regione  Marche  con  ordinanza  dell'11
febbraio 2011, iscritta al n.  170  del  registro  ordinanze  2011  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  36,  prima
serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di  costituzione  del  Consiglio  nazionale  degli
ingegneri e della Regione Marche; 
    udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 2012 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    uditi gli avvocati Giovanni Pellegrino per il Consiglio nazionale
degli ingegneri e Stefano Grassi per la Regione Marche. 
    Ritenuto  che  -  nel  corso  di  un  giudizio   promosso   dalla
Federazione regionale degli ingegneri delle  Marche  e  dagli  Ordini
degli ingegneri delle  relative  Province  per  l'annullamento  della
delibera della Giunta regionale delle Marche del 18 ottobre 2010,  n.
1494 (Art. 14 comma  3  lett.  b  della  L.R.  14/2008  -  Norme  per
l'edilizia sostenibile - Sistema e procedure  per  la  certificazione
energetica e ambientale degli edifici di cui all'art.  6  comma  5  -
Sostituzione D.G.R. 1141/2009), il Tribunale amministrativo regionale
per le Marche, con ordinanza emessa l'11 febbraio 2011, ha sollevato,
in riferimento all'articolo 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 6, commi 4  e
5, lettera b), e 14, comma 3, lettera b), della legge  della  Regione
Marche 17 giugno 2008, n.  14  (Norme  per  l'edilizia  sostenibile),
«nella  parte  in   cui,   istituendo   un   sistema   regionale   di
accreditamento per l'abilitazione al rilascio delle certificazioni di
sostenibilita' energetico-ambientale, crea, nella sostanza, una nuova
figura professionale non prevista dai principi fondamentali stabiliti
dallo Stato»; 
    che, preliminarmente, il giudice a quo - rigettata una  eccezione
di  tardivita'  del  ricorso  «perlomeno  limitatamente   ai   motivi
attraverso  cui  si  contesta  la  legittimita'  costituzionale»  dei
menzionati articoli, «che costituiscono il presupposto giuridico  del
provvedimento impugnato e  che  lo  vizierebbero  per  illegittimita'
derivata qualora l'eccezione di incostituzionalita' dovesse risultare
fondata» e ritenute inammissibili le censure volte  a  contestare  la
legittimita' per vizi propri della delibera impugnata, in assenza «di
un concreto interesse ad agire poiche', in caso di  loro  fondatezza,
riprenderebbe vigore il sistema di accreditamento precedente  di  cui
alla delibera di GR n. 1141/2009 contenente, peraltro,  requisiti  di
accreditamento   piu'   gravosi   e   quindi   penalizzanti   per   i
professionisti rappresentati dagli ordini qui ricorrenti» -  «esclude
l'esigenza di disporre l'invocata misura cautelare di sospensione del
provvedimento impugnato»; 
    che per il Tar, «sotto il profilo  del  merito»,  «assume  invece
rilevanza la dedotta questione  di  incostituzionalita'  delle  norme
poste a fondamento del provvedimento impugnato»; 
    che infatti il rimettente rileva che la previsione dei  censurati
commi 4 e 5, lettera b), dell'art. 6 -  secondo  cui  il  certificato
volontario di sostenibilita' energetico-ambientale degli edifici (che
ricomprende in se' la certificazione energetica obbligatoria  di  cui
al decreto legislativo 19 agosto 2005, n.  192,  recante  «Attuazione
della  direttiva  2002/91/CE  relativa   al   rendimento   energetico
nell'edilizia»)  e'  rilasciato  da  un  professionista  accreditato,
demandando alla  Giunta  regionale  la  definizione  del  sistema  di
accreditamento dei soggetti abilitati  al  rilascio  -  comporta  che
l'iscrizione nel predetto sistema di  accreditamento  costituisce  la
condizione necessaria per ottenere  l'abilitazione,  senza  la  quale
nessun professionista, iscritto  negli  attuali  albi  professionali,
potrebbe rilasciare la certificazione in esame; 
    che pero',  in  tal  modo,  la  creazione  di  una  nuova  figura
professionale   (definibile   certificatore   energetico-ambientale),
distinta,  per  requisiti  abilitanti,  dalle   tradizionali   figure
professionali che operano in materia edilizia (ingegneri, architetti,
geometri, periti industriali, ecc.) e non prevista dalla legislazione
statale vigente in materia di professioni tecniche,  lede  l'articolo
117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  trattandosi   di   materia
(«professioni») soggetta a legislazione  concorrente,  rispetto  alla
quale   (come   ripetutamente    affermato    dalla    giurisprudenza
costituzionale) e' riservata allo  Stato  l'individuazione  di  nuove
figure professionali e la disciplina dei relativi  profili  e  titoli
abilitanti, nonche' l'istituzione di un registro professionale  e  la
previsione delle condizioni per l'iscrizione ad esso,  prescindendosi
dalla circostanza che tale iscrizione  si  caratterizzi  o  meno  per
essere necessaria ai  fini  dello  svolgimento  delle  attivita'  cui
l'elenco fa riferimento; 
    che si e' costituito il Presidente  della  Giunta  della  Regione
Marche (resistente nel giudizio a quo), il quale  -  sottolineato  in
fatto che nel giudizio a quo erano state sollevate  numerose  censure
di illegittimita' della delibera ivi impugnata per contrasto  con  il
quadro normativo nazionale vigente e con lo stesso  art.  117,  terzo
comma, Cost. e che l'ordinanza di rimessione e' stata emessa in  sede
di trattazione della domanda cautelare di sospensione  dell'efficacia
della delibera medesima (rigettata dal rimettente) - conclude per  la
declaratoria di inammissibilita' o, comunque, di non fondatezza della
sollevata questione; 
    che quanto ai  profili  di  inammissibilita',  il  resistente  ne
deduce il difetto assoluto di rilevanza in ragione del fatto  che  il
Tar: a) trovandosi a giudicare in sede cautelare sulla  sola  istanza
di sospensione della delibera impugnata dai ricorrenti,  si  e'  gia'
espressamente pronunciato nel senso del rigetto della  medesima,  con
cio' esaurendo la propria potestas iudicandi (tant'e' che l'ordinanza
di rimessione e' stata impugnata in parte qua davanti al Consiglio di
Stato che l'ha riformata, ordinando  la  fissazione  dell'udienza  di
merito  davanti  al  Tribunale  di  primo  grado);  b)  ha   ritenuto
«l'assenza di un concreto interesse ad  agire»  dei  ricorrenti  «per
vizi  propri»  del  provvedimento  impugnato  (perche'  riprenderebbe
vigore la precedente delibera, non impugnata e piu' sfavorevole),  ma
non ha fornito alcuna  argomentazione  circa  l'asserita  sussistenza
dell'interesse  al  ricorso  limitatamente  ai  motivi   di   censura
prospettati  dai  ricorrenti  in  via   subordinata   e   concernenti
l'illegittimita'   derivata   del   provvedimento    impugnato    per
l'incostituzionalita'  delle  norme  di  legge   che   ne   avrebbero
costituito il fondamento; c) ha omesso qualsiasi descrizione (seppure
sommaria) delle disposizioni e dei contenuti della delibera impugnata
e dei motivi  di  impugnazione  prospettati  nel  ricorso,  cosi'  da
impedire  la  verifica  della  pregiudizialita'   del   giudizio   di
costituzionalita' rispetto al giudizio di invalidita' della delibera;
d)  non  ha  tentato  di  dare  alle   disposizioni   censurate   una
interpretazione costituzionalmente conforme, limitandosi ad affermare
apoditticamente che la legge regionale  de  qua  avrebbe  creato  una
nuova  figura  professionale  cosi'  violando   l'evocato   parametro
costituzionale; 
    che, peraltro, secondo la  difesa  regionale  (che  ribadisce  le
proprie  argomentazioni  in  una  memoria  di  udienza),  dal  tenore
testuale delle disposizioni censurate e'  agevole  escludere  che  il
legislatore regionale abbia "imposto"  (o  anche  solo  "consentito")
alla Giunta di "creare" una nuova figura  professionale  distinta  da
quelle gia' contemplate dalla legislazione statale o di istituire  un
registro atto a svolgere una funzione individuatrice  della  suddetta
professione; laddove e' la stessa legislazione nazionale  vigente  in
tema di certificazione energetica  obbligatoria  (che  e'  ricompresa
nella   certificazione   di   sostenibilita'    energetico-ambientale
disciplinata dalla legge regionale)  che  (all'art.  18  del  decreto
legislativo  30  maggio  2008,  n.  115,  recante  «Attuazione  della
direttiva  2006/32/CE  relativa  all'efficienza  degli   usi   finali
dell'energia e i servizi energetici  e  abrogazione  della  direttiva
93/76/CEE»,  ed  al  relativo  allegato  III)  riconosce  in  termini
espliciti il potere delle  Regioni  di  individuare  ed  abilitare  -
scegliendo tra diverse opzioni e modalita' -  soggetti  certificatori
ulteriori rispetto a quelli gia' individuati a livello nazionale; 
    che si e', altresi',  costituito  il  Consiglio  nazionale  degli
ingegneri, in persona del Presidente  pro  tempore  (intervenuto  nel
giudizio principale, ad adiuvandum le  ragioni  dei  ricorrenti),  il
quale richiama il contenuto della  delibera  della  Giunta  regionale
impugnata  -  dove  si  prevede  che,  per  svolgere  l'attivita'  di
certificazione energetico-ambientale, gli ingegneri (contrariamente a
quanto previsto, per la certificazione energetica di cui  al  decreto
legislativo n. 192 del 2005, dall'allegato III al decreto legislativo
n. 115 del 2008) sono  obbligati  a  frequentare  appositi  corsi  di
formazione  con  esami   finali,   previsti   anche   per   mantenere
l'accreditamento - concordando con il rimettente sul fatto che, cosi'
operando la Giunta regionale, con un atto amministrativo e sulla base
delle norme censurate ha sostanzialmente individuato una nuova figura
professionale in relazione al rilascio della certificazione  de  qua,
stabilendo specifici e nuovi requisiti abilitanti; 
    che la parte (rilevato che il Consiglio di Stato, sezione V,  con
ordinanza del 1° giugno 2011, n. 2336, ha riformato la pronuncia  del
rimettente di rigetto  dell'istanza  di  sospensione  della  delibera
impugnata), conclude per l'accoglimento  della  questione,  ritenendo
del tutto condivisibili le argomentazioni  svolte  nell'ordinanza  di
rimessione, precisando (a sostegno dell'affermazione della  invasione
della competenza statale in  materia)  che  ad  oggi  il  legislatore
statale  non  ha  ancora  definito  i  requisiti  e  i   criteri   di
accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indicazione degli
esperti o degli organismi cui affidare la  certificazione  energetica
degli edifici, di cui al citato decreto legislativo n. 192 del 2005. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  le
Marche ha censurato, in riferimento all'articolo  117,  terzo  comma,
della Costituzione, gli articoli 6, commi 4 e 5, lettera  b),  e  14,
comma 3, lettera b), della legge della Regione Marche 17 giugno 2008,
n. 14 (Norme  per  l'edilizia  sostenibile),  «nella  parte  in  cui,
istituendo un sistema regionale di accreditamento per  l'abilitazione
al    rilascio     delle     certificazioni     di     sostenibilita'
energetico-ambientale,  crea,  nella  sostanza,  una   nuova   figura
professionale non prevista dai principi fondamentali stabiliti  dallo
Stato»; 
    che, preliminarmente,  la  Regione  Marche  -  rilevato  che  nel
giudizio a quo sono state sollevate dai ricorrenti numerosi motivi di
illegittimita'  della  delibera  di  Giunta  ivi  impugnata   e   che
l'ordinanza di rimessione e' stata  emessa  in  sede  di  trattazione
della domanda cautelare di sospensione dell'efficacia della  delibera
medesima  (peraltro  rigettata  dal   rimettente)   -   ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione per difetto assoluto di  rilevanza
in riferimento a diversi profili, riassumibili:  a)  nell'esaurimento
della potestas iudicandi del rimettente in  sede  cautelare;  b)  nel
difetto di motivazione in ordine alla sussistenza  dell'interesse  al
ricorso (negato con riferimento  ai  vizi  propri  del  provvedimento
impugnato)  limitatamente  ai  motivi  di  censura  prospettati   dai
ricorrenti in via subordinata e concernenti l'illegittimita' derivata
della delibera per l'incostituzionalita' delle norme di legge che  ne
avrebbero costituito il fondamento; c) nell'omessa descrizione  delle
disposizioni e dei contenuti della delibera impugnata e dei motivi di
impugnazione prospettati nel ricorso; d)  nel  mancato  tentativo  di
dare    alle    disposizioni    censurate     una     interpretazione
costituzionalmente conforme; 
    che la  prima  eccezione  non  e'  fondata  giacche',  dalla  pur
sintetica motivazione dell'ordinanza di rimessione, si evince che  il
dubbio di costituzionalita' delle norme de quibus non viene sollevato
per decidere l'istanza cautelare  di  sospensione  del  provvedimento
impugnato, bensi' (dopo il rigetto di tale istanza) al fine  di  dare
soluzione al giudizio «sotto il profilo del merito» e di accertare la
validita' o meno del provvedimento medesimo per vizi  derivati  dalla
eventuale  illegittimita'  costituzionale  delle  norme  della  legge
regionale oggetto di censura; 
    che, dunque, con la decisione sull'istanza  cautelare,  non  puo'
dirsi esaurita la potestas iudicandi  del  rimettente,  in  quanto  -
secondo la non implausibile prospettazione sul punto - il  dubbio  di
costituzionalita'  e'  posto  per  la  definizione  del  merito   del
giudizio, di cui il rimettente e' comunque investito; 
    che, viceversa, quanto alla seconda eccezione mossa dalla  difesa
della Regione, dal contesto motivazionale emerge che il rimettente  -
dopo  avere  esplicitamente  affermato  «l'assenza  di  un   concreto
interesse ad agire» dei ricorrenti rispetto alla impugnazione in  via
principale del  provvedimento  in  contestazione  «per  vizi  propri»
(poiche', a suo dire, per  effetto  dell'eventuale  fondatezza  delle
censure mosse a tale provvedimento «riprenderebbe vigore  il  sistema
di accreditamento precedente di cui alla delibera di GR n.  1141/2009
contenente, peraltro, requisiti  di  accreditamento  piu'  gravosi  e
quindi penalizzanti per i professionisti rappresentati  dagli  ordini
qui ricorrenti»), e dopo avere appunto fondato, sulla  base  di  tale
assunto, la decisione di rigetto della misura cautelare - si limita a
ritenere in maniera del tutto apodittica che «sotto  il  profilo  del
merito   assume   invece   rilevanza   la   dedotta   questione    di
incostituzionalita' delle norme poste a fondamento del  provvedimento
impugnato»; 
    che la completa carenza di motivazione a sostegno di tale assunto
- cui si accompagna la mancata indicazione degli specifici motivi  di
impugnazione della delibera in oggetto proposti  dai  ricorrenti  (in
via principale ed in via subordinata) nel giudizio principale  -  non
lascia comprendere perche' il  dichiarato  difetto  di  interesse  ad
agire dei  ricorrenti  valga  per  i  soli  «vizi  propri»  dell'atto
impugnato  e  non  gia'  anche  per  i  «vizi  derivati»,  scaturenti
dall'eventuale illegittimita' costituzionale delle norme  legislative
su cui il provvedimento risulti fondato; 
    che, di conseguenza, e' parimenti fondata anche l'altra eccezione
della Regione, che contesta l'omessa  indicazione,  neppure  sommaria
(non  tanto  delle  disposizioni  e  dei  contenuti  della   delibera
impugnata, conoscibili attraverso i normali strumenti di  pubblicita'
legale, quanto piuttosto) dei motivi di impugnazione prospettati  nel
ricorso; 
    che cio' determina un ulteriore vizio di carenza della necessaria
motivazione a sostegno della pregiudizialita' del sollevato incidente
di costituzionalita' rispetto al  giudizio  principale,  giacche'  la
completa assenza di descrizione della (pur articolata) causa petendi,
posta a fondamento dell'impugnazione della delibera de qua davanti al
giudice amministrativo, si oppone alla possibilita' per questa  Corte
di valutare la effettiva configurabilita'  della  asserita  rilevanza
della questione (soprattutto in ragione del  diverso  approccio,  non
altrimenti   spiegato,   dato   dal   rimettente   alla   sussistenza
dell'interesse ad agire: esclusa, da un lato, rispetto ai vizi propri
dell'atto ed affermata, dall'altro lato, rispetto ai vizi derivati); 
    che altrettanto evidente si appalesa l'ulteriore eccepito profilo
di inammissibilita', conseguente al mancato esperimento da parte  del
collegio  del  doveroso  tentativo  di  attribuire  alle  norme   una
interpretazione conforme a Costituzione (ordinanze n. 212, n.  103  e
n. 101 del 2011), essendosi il Tar limitato ad affermare che le norme
legislative  censurate  costituiscono  il   «presupposto   giuridico»
formale della  delibera  di  Giunta,  senza  tuttavia  individuare  e
definire il rapporto  di  dipendenza  (vincolata  o  anche  meramente
facoltizzante) e di derivazione  dei  contenuti  normativi  dell'atto
impugnato dai precetti di legge; 
    che infatti il rimettente, senza altro spiegare - muovendo  dalla
assertiva premessa secondo la quale «l'iscrizione nel  [...]  sistema
di accreditamento, nel  rispetto  dei  requisiti  e  delle  modalita'
definiti dalla giunta  regionale,  costituisce  [...]  la  condizione
necessaria  per  ottenere  l'abilitazione,  senza  la  quale   nessun
professionista, iscritto negli attuali albi  professionali,  potrebbe
rilasciare la certificazione di sostenibilita'  energetico-ambientale
di cui al citato art. 6 della  L.r.  n.  14/2008»  -,  perviene  alla
conclusione  che  proprio  la  legge  regionale   censurata   avrebbe
provveduto  a   "creare",   nella   sostanza,   «una   nuova   figura
professionale   (definibile   certificatore    energetico-ambientale)
distinta,  per  requisiti  abilitanti,  dalle   tradizionali   figure
professionali che operano in materia edilizia (ingegneri, architetti,
geometri, periti industriali, ecc.)»; 
    che, tuttavia, argomentando in questo modo il Tar, da un lato, si
sottrae alla doverosa sperimentazione della possibilita' (anche  alla
luce  di  quanto  disposto  dall'art.  18,  comma  6,   del   decreto
legislativo  30  maggio  2008,  n.  115,  recante  «Attuazione  della
direttiva  2006/32/CE  relativa  all'efficienza  degli   usi   finali
dell'energia e i servizi energetici  e  abrogazione  della  direttiva
93/76/CEE», e dal relativo allegato  III)  di  dare  alla  disciplina
legislativa  de  qua  un  significato  diverso,  tale   da   renderla
compatibile con l'evocato parametro costituzionale, quanto  meno  nei
termini di una possibile  "neutralita'"  della  previsione  di  legge
rispetto alla concreta attuazione dei relativi precetti operata dalla
Giunta regionale; e, dall'altro lato, sembra non distinguere il piano
della    produzione    legislativa    (soggetto    al    vaglio    di
costituzionalita') da quello della attuazione amministrativa (oggetto
di impugnazione in sede giurisdizionale); 
    che,  pertanto,  la   sollevata   questione   e'   manifestamente
inammissibile. 
  
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
  
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 6, commi 4  e  5,  lettera
b), e 14, comma 3, lettera b), della legge della  Regione  Marche  17
giugno 2008, n. 14 (Norme per l'edilizia sostenibile), sollevata,  in
riferimento all'articolo 117, terzo comma,  della  Costituzione,  dal
Tribunale amministrativo regionale per  le  Marche,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2012. 
  
                       Il Presidente: Quaranta 
  
  
                        Il Redattore: Grossi 
  
  
                       Il Cancelliere: Melatti 
  
    Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2012. 
  
               Il Direttore della Cancelleria: Melatti