N. 203 SENTENZA 17 - 20 luglio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Procedimento amministrativo - Iniziativa economica - Disciplina sulla
  "segnalazione certificata di inizio  attivita'"  (SCIA)  -  Ricorso
  della Provincia autonoma di Trento - Norme contenute in un  decreto
  legge convertito -  Impugnazione  rivolta  contro  le  disposizioni
  della legge di conversione -  Eccepita  tardivita'  dei  ricorsi  -
  Reiezione. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito nella legge 30 luglio  2010,
  n. 122), art. 49, comma 4-ter. 
- Costituzione, artt. 117 e  118;  legge  costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3, art. 10; statuto  della  Regione  Trentino-Alto  Adige,
  artt. 8, nn. 1), 9), 14) e 20), e 9, nn. 3), 7) e  10);  d.lgs.  16
  marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Procedimento amministrativo - Iniziativa economica - Disciplina sulla
  "segnalazione certificata di inizio  attivita'"  (SCIA)  -  Ricorso
  della Provincia autonoma di Trento - Costituzione in giudizio della
  parte  ricorrente   -   Deposito   in   cancelleria   del   ricorso
  preventivamente autorizzato, in via eccezionale e temporanea, dalla
  Giunta provinciale - Successivo deposito della ratifica consiliare,
  effettuato oltre il  termine  perentorio  per  la  costituzione  in
  giudizio - Esistenza di una prassi che ha ingenerato nelle Province
  autonome l'affidamento circa la non perentorieta'  del  termine  di
  deposito per la ratifica - Errore scusabile  -  Ammissibilita'  del
  ricorso. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito nella legge 30 luglio  2010,
  n. 122), art. 49, comma 4-ter. 
- Costituzione, artt. 117 e  118;  legge  costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3, art. 10; statuto  della  Regione  Trentino-Alto  Adige,
  artt. 8, nn. 1), 9), 14) e 20), e 9, nn. 3), 7) e  10);  d.lgs.  16
  marzo 1992, n. 266, art. 2. 
Procedimento amministrativo - Iniziativa economica - Disciplina sulla
  "segnalazione   certificata   di   inizio   attivita'"   (SCIA)   -
  Autoqualificazione  quale  norma  attinente   alla   tutela   della
  concorrenza e  costituente  livello  essenziale  delle  prestazioni
  concernenti i diritti civili e sociali -  Ricorso  della  Provincia
  autonoma  di  Trento  -  Asserita   violazione   delle   competenze
  provinciali statutarie in materia di  tutela  e  conservazione  del
  patrimonio storico, artistico e popolare, di urbanistica, di tutela
  del paesaggio, di igiene e sanita',  di  ordinamento  degli  uffici
  provinciali, di artigianato, di miniere, di turismo, di  commercio,
  di  esercizi  pubblici  di  industria  -  Asserita  violazione  del
  principio   di   leale    collaborazione    -    Insussistenza    -
  Riconducibilita' della disciplina alla competenza esclusiva statale
  in  materia  di  determinazione  dei   livelli   essenziali   delle
  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali - Non fondatezza
  della questione. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito nella legge 30 luglio  2010,
  n. 122), art. 49, comma 4-ter. 
- Costituzione, artt. 117 e  118;  legge  costituzionale  18  ottobre
  2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione  Trentino  -Alto  Adige,
  artt. 8, nn. 1), 9), 14) e 20), e 9, nn. 3), 7) e 10). 
Questione subordinata  -  Procedimento  amministrativo  -  Iniziativa
  economica  -  Intrapresa  di   nuova   attivita'   imprenditoriale,
  commerciale, artigianale o edilizia - Introduzione della disciplina
  sulla  "segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'"   (SCIA),
  direttamente  sostitutiva  di  quella  sulla  "denuncia  di  inizio
  attivita'"  (DIA),  sia  statale  che  regionale  -  Ricorso  della
  Provincia  autonoma  di   Trento   -Asserito   contrasto   con   le
  disposizioni  attuative  dello  statuto  speciale  in  materia   di
  adeguamento della legislazione provinciale ai principi e alle norme
  costituenti    limiti    costituzionali    -    Insussistenza     -
  Riconducibilita' della disciplina alla competenza esclusiva statale
  in  materia  di  determinazione  dei   livelli   essenziali   delle
  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali - Non fondatezza
  della questione. 
- D.l. 31 maggio 2010, n. 78 (convertito nella legge 30 luglio  2010,
  n. 122), art. 49, comma 4-ter. 
- D.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. 
(GU n.30 del 25-7-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  49,
comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica), convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30  luglio
2010, n. 122, promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso
notificato il 28 settembre  2010,  depositato  in  cancelleria  il  6
ottobre 2010 ed iscritto al n. 105 del registro ricorsi 2010. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  maggio  2012  il   Giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    udito l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Trento, con  ricorso  notificato  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  il  28   settembre   2010,
depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6  ottobre
2010 (r. ric. n. 105 del 2010), ha promosso questioni di legittimita'
costituzionale, tra gli altri, dell'articolo 49, comma 4-ter (se e in
quanto riferito alle Province autonome), del decreto-legge 31  maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122, per violazione: dell'articolo 8, numeri
1), 9), 14), e 20), e dell'articolo 9, numeri  3),  7),  e  10),  del
decreto del Presidente  della  Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il  Trentino  Alto  Adige),  o  comunque  per
violazione  del  Titolo  V  della  Parte  II  della  Costituzione  in
connessione con l'articolo 10 della legge costituzionale  18  ottobre
2001,  n.  3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), in particolare degli articoli  117,  118,  119  e  120
della Costituzione, del decreto legislativo 16  marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino  Alto
Adige, concernenti il rapporto tra atti legislativi statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento) e, infine, del principio di leale collaborazione. 
    La ricorrente premette di essere dotata di autonomia finanziaria,
ai sensi del Titolo VI dello statuto speciale, di recente  modificato
per  meglio  armonizzare  la   speciale   autonomia   della   Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano con le esigenze della  situazione  finanziaria  dello  Stato,
anche  nel  quadro  degli  impegni  assunti  nell'ambito  dell'Unione
europea e per tenere conto delle esigenze di  solidarieta'  derivanti
anche dalla attuazione del "federalismo fiscale",  quale  prefigurato
dalla legge di delega 5 maggio 2009, n.  42  (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della
Costituzione). 
    2.- Cio' posto, la Provincia autonoma di  Trento,  richiamato  il
contenuto dell'art. 49, commi 4-bis e 4-ter, dubita che tali norme si
applichino alle Province  autonome.  Tuttavia,  la  mancanza  di  una
specifica clausola di salvaguardia, nel contesto  di  una  legge  che
pure ne contiene, non esclude con ragionevole sicurezza  una  diversa
interpretazione. La Provincia autonoma  di  Trento,  dunque,  censura
l'art. 49, comma 4-ter, se ed in quanto ad essa applicabile. 
    Ad avviso della  ricorrente,  anche  se  le  disposizioni  citate
fossero attinenti ai «livelli essenziali delle prestazioni»,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione,  o  alla
«tutela della concorrenza» di cui alla lettera e) del medesimo comma,
cio' non consentirebbe affatto di farle entrare a questo titolo nelle
materie di competenza statutaria provinciale. La nuova definizione di
materie riservate allo Stato operata dalla legge costituzionale n.  3
del 2001 verrebbe a limitare l'ampiezza  della  potesta'  legislativa
provinciale delineata dallo statuto. Ma cio'  sarebbe  da  escludere,
impedendolo la  clausola  di  cui  all'art.  10  della  stessa  legge
costituzionale, la quale prevede l'estensione delle nuove  norme  del
Titolo V della Parte II della Costituzione alle  autonomie  speciali,
ma solo in quanto cio' si traduca  per  esse  in  maggiore  autonomia
rispetto alla  situazione  statutaria.  Per  le  autonomie  speciali,
dunque, anche le norme emanate in base ai titoli di cui all'art. 117,
secondo comma, Cost.  potrebbero  operare  soltanto  nel  quadro  dei
limiti statutari alle competenze provinciali, quali  delineati  dagli
artt. 8 e 9  dello  statuto  speciale,  in  relazione  alle  potesta'
legislative primarie e concorrenti della Provincia. 
    3.- Cio' posto, e premesso che l'autoqualificazione  operata  dal
legislatore non  ha  carattere  vincolante,  la  ricorrente  contesta
innanzi tutto che la disciplina sulla  «Segnalazione  certificata  di
inizio  attivita'»  (d'ora  in  avanti  SCIA)  attenga  ai   «livelli
essenziali delle prestazioni», di cui all'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost. 
    La giurisprudenza costituzionale, in effetti, avrebbe  precisato,
in positivo, che la citata lettera m) consente allo Stato soltanto di
fissare «standard strutturali  e  qualitativi  delle  prestazioni  da
garantire agli aventi diritto» (sono richiamate le sentenze n. 10 del
2010 e n. 207 del 2010). Con le disposizioni sulla SCIA, invece,  non
sarebbe  stabilito  alcuno  standard  di   prestazioni   determinate,
attinenti a questo o a quel "diritto"  civile  o  sociale,  garantito
dalla stessa Costituzione. 
    Al contrario, sarebbe regolato in un certo  modo  lo  svolgimento
dell'attivita'   amministrativa,   in   settori   molto    vasti    e
indeterminati, alcuni di indiscutibile competenza provinciale:  oltre
alla tutela e  conservazione  del  patrimonio  storico,  artistico  e
popolare, all'urbanistica, alla tutela del  paesaggio,  all'igiene  e
sanita', sarebbero incise le materie  dell'ordinamento  degli  uffici
provinciali,  dell'artigianato,  delle  miniere,  del  turismo,   del
commercio, degli esercizi  pubblici,  dell'industria,  cioe'  materie
spettanti alla Provincia, in forza dello statuto  speciale  (art.  8,
numeri 1, 9, 14 e 20; art. 9, numeri 3, 7 e 10) o del nuovo Titolo  V
della  Costituzione,  in  connessione  con  l'art.  10  della   legge
costituzionale n. 3 del 2001. 
    In  tal  modo,  pero',  sarebbero   violate   le   citate   norme
costituzionali  e  statutarie,  per  le  quali  la  disciplina  delle
funzioni amministrative di regola non puo' che spettare allo Stato  o
alla Provincia, secondo il  riparto  delle  competenze  per  materia.
Sarebbe evidente che lo Stato non  puo',  semplicemente  appellandosi
alla   fissazione   dei    livelli    essenziali,    riservarsi    la
regolamentazione di interi settori materiali. Inoltre,  non  potrebbe
essere confusa la determinazione dei livelli delle prestazioni  e  la
disciplina delle posizioni soggettive degli amministrati,  mentre  la
distinzione sarebbe in effetti  necessaria.  Infatti,  se  non  fosse
eseguita,  poiche'  ogni  diritto  o  interesse  implica  un  qualche
comportamento altrui  (anche  solo  omissivo),  la  competenza  sulla
materia di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.
consentirebbe  allo  Stato  qualunque  intervento   conformativo   di
qualsiasi  posizione  soggettiva  in   ogni   materia   regionale   o
provinciale. Il che non potrebbe essere. 
    Tale confusione sarebbe evidente nella disciplina  relativa  alla
SCIA che, nella sua rigidita', potrebbe determinare  in  alcuni  casi
una diminuzione dei livelli essenziali delle  prestazioni  cui  hanno
diritto  persone  destinatarie  dell'attivita'   assentita   mediante
segnalazione certificata: quando, ad esempio,  in  conseguenza  delle
limitazioni temporali e sostanziali alla attivita' di accertamento  e
di  controllo  della  pubblica  amministrazione,   sia   praticamente
impedita  la  verifica  del  rispetto  di  standard  qualitativi   di
determinate prestazioni attinenti ai diritti sociali. 
    La ricorrente non contesta che alcuni istituti  della  cosiddetta
"semplificazione  amministrativa"  (cui  la  SCIA  e'  riconducibile)
possano concretizzare o esprimere limiti vincolanti per  le  potesta'
legislative provinciali,  ma  cio'  postula  sempre  una  valutazione
complessiva - alla luce del tipo di potesta' legislativa coinvolta  -
di tutti gli interessi che vengono in rilievo nella  singola  materia
interessata,  valutazione  "concreta"  soggetta  al  controllo  della
Corte; e il controllo, a sua volta, per essere  effettivo,  non  puo'
che riguardare norme riferite a ben determinati settori. 
    Il punto di equilibrio tra  interesse  del  singolo  ad  iniziare
quanto prima una certa  attivita'  e  l'esercizio  del  potere-dovere
dell'amministrazione di tutelare secondo legge  gli  altri  interessi
toccati da quell'attivita' potrebbe essere  diverso,  a  seconda  che
questi ultimi attengano al governo del territorio, oppure alla tutela
della salute o alla tutela del lavoro (il riferimento al governo  del
territorio e alla tutela  della  salute  o  del  lavoro  non  sarebbe
casuale,  evocando  interessi  che  il  comma  4-bis  non  prende  in
considerazione, ai fini dell'esclusione dell'ambito  di  operativita'
della SCIA). 
    La ricorrente aggiunge che esigenze  di  semplificazione  possono
derivare  anche  dalla  normativa  comunitaria,  vincolante  per   la
Provincia, ed in particolare dalla direttiva 12 dicembre  2006/123/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi
nel mercato interno). Ma anche la normativa comunitaria  e'  attenta:
a) a far salva la peculiarita' dei singoli settori, ammettendo che in
taluni casi l'autorizzazione allo svolgimento di certe attivita'  sia
subordinata allo svolgimento di un "adeguato  esame"  sulla  presenza
delle "condizioni stabilite" per ottenerla; b) a far salvo il riparto
delle competenze tra Stato, Regioni e minori Enti locali. 
    Del  resto,  il  decreto  legislativo  26  marzo  2010,   n.   59
(Attuazione della  direttiva  2006/123/CE  relativa  ai  servizi  nel
mercato interno), non abrogato dal  decreto-legge  n.  78  del  2010,
dispone che «relativamente alle regioni a  statuto  speciale  e  alle
Province autonome di Trento e Bolzano, i  principi  desumibili  dalle
disposizioni  di  cui  alla  parte   prima   del   presente   decreto
costituiscono norme fondamentali di riforma  economico-sociale  della
Repubblica  e  principi  dell'ordinamento  giuridico  dello   Stato»,
aggiungendo che in relazione  «alle  materie  oggetto  di  competenza
concorrente, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano
esercitano  la  potesta'  normativa   nel   rispetto   dei   principi
fondamentali contenuti nelle norme del  presente  decreto»  (art.  1,
comma 4). 
    Lo stesso decreto, poi, all'art. 84, e in  dichiarata  attuazione
dell'art. 117, quinto comma, Cost., aggiunge che «nella misura in cui
incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di
competenza concorrente,  le  disposizioni  del  presente  decreto  si
applicano fino alla data di entrata  in  vigore  della  normativa  di
attuazione della direttiva 2006/123/CE, adottata da ciascuna  Regione
e   Provincia   autonoma   nel   rispetto   dei   vincoli   derivanti
dall'ordinamento comunitario e dei principi  fondamentali  desumibili
dal presente decreto». 
    4.- La Provincia autonoma di Trento aggiunge che l'art. 49, comma
4-ter, dichiara  come  proprio  fondamento  costituzionale  anche  la
«tutela  della  concorrenza»,  oltre  ai  livelli  essenziali   delle
prestazioni. Ma esso, in realta', non puo' essere ricondotto  nemmeno
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    A parte la palese estraneita' a tale materia delle norme penali e
di quelle relative ai rimedi  giurisdizionali,  la  cui  adozione  la
Provincia certo non rivendica, sarebbe  evidente  l'estraneita'  alla
"tutela della concorrenza" del comma in esame anche  nelle  parti  in
cui non riguarda attivita' imprenditoriali e  professionali  e  nelle
parti  in  cui  concerne  (limitandoli)  i  poteri  di  controllo   e
repressivi delle amministrazioni preposte alla tutela dei  molteplici
interessi pubblici e privati, che sono stati presi in  considerazione
dalle  singole  leggi   di   settore   quando   hanno   previsto   le
autorizzazioni, licenze, nulla  osta  e  simili.  Con  riferimento  a
queste ultime norme limitatrici, anzi, la disposizione potrebbe avere
l'effetto di far rimanere "sul mercato" imprese o professionisti  con
requisiti (in senso lato) non del tutto conformi agli schemi  legali,
con conseguente alterazione della concorrenza "leale" tra  i  diversi
operatori. 
    Tuttavia, anche con riferimento alle attivita' imprenditoriali  e
professionali, il comma 4-ter non sarebbe espressione  della  "tutela
della concorrenza" nel senso della  Costituzione,  come  interpretata
dalla giurisprudenza  di  questa  Corte.  Esso  non  riguarderebbe  i
requisiti per l'accesso al mercato, o le condizioni  di  offerta  dei
beni e dei servizi, o la parita' di trattamento  degli  operatori,  o
misure di liberalizzazione dei mercati, ma verrebbe  ad  incidere  in
via   principale   e   diretta   sullo   svolgimento   dell'attivita'
amministrativa e sui relativi procedimenti. 
    Al  piu',  si  potrebbe  affermare  che  la  concorrenza  sarebbe
agevolata  dal  fatto  che,  riducendo  i  tempi   per   l'avvio   di
un'attivita', un soggetto potrebbe essere indotto ad  intraprenderla.
Sarebbe  evidente,  pero',  che   la   decisione   di   intraprendere
un'attivita'  dipenderebbe   anche   dall'insieme   della   normativa
(statale, provinciale, europea, internazionale) che la  riguarda,  in
modo che  l'effetto  della  semplificazione  della  disciplina  sulla
concorrenza sarebbe soltanto accessorio ed indiretto;  e,  secondo  i
principi affermati da questa Corte, nei casi d'interferenza, ai  fini
della riconduzione di una legge all'una o all'altra materia, andrebbe
operato un giudizio di prevalenza (e' richiamata la sentenza  n.  370
del 2003). 
    Ad  avviso  della  ricorrente,  gli   argomenti   che   precedono
escluderebbero che il vincolo al rispetto integrale del comma  4-bis,
fondato dal comma 4-ter sulle lettere e)  ed  m)  del  secondo  comma
dell'art. 117 Cost., possa "convertirsi" in uno dei  limiti  che  gli
artt. 8 e 9 dello statuto speciale pongono alle potesta'  legislative
primarie   e   concorrenti   della   Provincia.   Da   strumenti   di
semplificazione dei procedimenti  potrebbero  anche  ricavarsi  norme
fondamentali di riforme economico-sociali o principi dell'ordinamento
giuridico: ma cio' andrebbe accertato caso  per  caso,  in  relazione
alle  singole  previsioni,  mentre  non  potrebbe  dirsi  per  interi
complessi di discipline eterogenee. 
    In ogni caso, il comma 4-ter, la' dove dispone che la  disciplina
della SCIA posta dal  comma  4-bis  sostituisce  direttamente  quella
della dichiarazione d'inizio dell'attivita' recata da ogni  normativa
statale e regionale, sarebbe  costituzionalmente  illegittimo,  nella
parte in  cui  si  riferisce  a  leggi  provinciali,  per  violazione
dell'art. 2 del d.lgs. n. 266  del  1992.  Si  tratterebbe  di  norma
immediatamente applicativa, in contrasto con la  regola  per  cui  il
dovere di adeguamento della legislazione provinciale ai  principi  ed
alle  norme  costituenti  limiti  costituzionali  e  recati  da  atto
legislativo dello Stato deve avvenire entro  i  sei  mesi  successivi
alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo  nella  Gazzetta  Ufficiale,
rimanendo  nel  frattempo  applicabili  le  disposizioni  legislative
provinciali preesistenti. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri si e' costituito  in
giudizio,  con  atto  depositato  il  4  novembre   2010,   adducendo
l'infondatezza del ricorso e ponendo in evidenza che l'istituto della
SCIA non e' nuovo ma integra la modifica e semplificazione  di  altro
analogo, la dichiarazione di inizio attivita'  (DIA),  gia'  previsto
dall'ordinamento e gia' positivamente scrutinato da questa Corte, nel
senso che esso esprime un nuovo principio  fondamentale  del  governo
del territorio (alternativo alla  licenza  o  concessione  edilizia),
applicabile  anche  alle  Province  autonome.  Anche  la  norma   qui
impugnata  da  una  parte  continua   ad   integrare   un   principio
fondamentale e dall'altra, nelle  sue  modifiche  e  semplificazioni,
s'ispira alla tutela della concorrenza (incrementando e agevolando le
attivita' edilizie) per quanto riguarda gli operatori del settore,  e
ai livelli essenziali delle prestazioni per i  cittadini  interessati
ad una sollecita risposta  e  allo  svolgimento  di  tali  attivita':
materie, queste, di esclusiva competenza statale. 
    6.-  In  vista  dell'udienza  di  discussione  le   parti   hanno
depositato  memorie  dirette  a  sviluppare  i  rispettivi  argomenti
difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di Trento, con il ricorso  indicato  in
epigrafe e richiamato in narrativa,  ha  impugnato,  tra  gli  altri,
l'articolo 49, comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita'  economica),  nel  testo  risultante  dalle  modifiche
introdotte dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122. 
    La ricorrente censura il citato art. 49, comma 4-ter, se ritenuto
applicabile alla Provincia di Trento, nella parte in cui qualifica la
disciplina  della  «Segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'»
(SCIA), contenuta nel comma 4-bis, che modifica l'art. 19 della legge
7 agosto 1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
come attinente alla tutela della concorrenza, ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., e  costituente  livello  essenziale
delle prestazioni concernenti i diritti civili e  sociali,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  Sarebbero  cosi'
violate le competenze provinciali statutarie previste, nelle  materie
della tutela e conservazione  del  patrimonio  storico,  artistico  e
popolare, dell'urbanistica, della tutela del paesaggio, dell'igiene e
sanita', dell'ordinamento degli uffici provinciali, dell'artigianato,
delle miniere, del turismo, del commercio, degli  esercizi  pubblici,
dell'industria, dall'art. 8, numeri 1), 9), 14) e 20), e dall'art. 9,
numeri 3), 7) e 10) del decreto del Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige),  o  comunque  dal  nuovo  Titolo  V  della  Parte  II   della
Costituzione, in connessione con l'art. 10 della legge costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della Costituzione). 
    In  subordine  la  Provincia  autonoma  di  Trento   impugna   il
menzionato art. 49, comma 4-ter, nella parte in cui  dispone  che  la
disciplina  della  SCIA,  dettata  dal   comma   4-bis,   sostituisce
direttamente quella della dichiarazione d'inizio attivita' recata  da
ogni normativa statale  e  regionale.  Infatti,  la  norma  censurata
violerebbe l'art. 2 del decreto legislativo 16  marzo  1992,  n.  266
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige, concernenti il rapporto tra atti legislativi statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), perche' il dovere di adeguamento  della  legislazione
provinciale   ai   principi   e   alle   norme   costituenti   limiti
costituzionali e recati da atto legislativo dello Stato deve avvenire
entro i sei mesi successivi  alla  pubblicazione  dell'atto  medesimo
nella Gazzetta Ufficiale,  rimanendo  nel  frattempo  applicabili  le
disposizioni legislative provinciali preesistenti. 
    2.- Riservata a separate pronunce la decisione sulle impugnazioni
delle altre norme  contenute  nel  suddetto  d.l.  n.  78  del  2010,
proposte dalla ricorrente, vengono  qui  in  esame  le  questioni  di
legittimita' costituzionale relative al citato art. 49, comma  4-ter,
del d.l. n.  78  del  2010,  nel  testo  risultante  dalle  modifiche
introdotte dalla legge di conversione n. 122 del 2010.  Invero,  come
si evince dall'epigrafe del ricorso e come  si  desume  dal  contesto
dell'apparato argomentativo che lo sorregge, a tale disposizione,  in
parte  qua,  fanno  riferimento  le  censure  mosse  dalla  Provincia
autonoma di  Trento.  Del  resto,  anche  la  delibera  della  Giunta
provinciale in data 17 settembre 2010 (reg. delib.  n.  2169),  sulla
cui base il ricorso fu proposto, nella parte dispositiva  concernente
l'art. 49 richiama i commi 4 e 4-ter del d. l. n. 78 del  2010,  come
convertito, ma non menziona l'art. 4-bis che, anche nella motivazione
della delibera stessa  (pag.  8),  risulta  citato  soltanto  perche'
oggetto della disciplina dettata dal comma 4-ter, cui  e'  attribuito
il carattere lesivo della potesta' legislativa provinciale. 
    3.- In via preliminare, la difesa  dello  Stato  ha  eccepito  il
carattere  tardivo  del  ricorso,   proposto   «avverso   norme   del
decreto-legge, non modificate in sede di  conversione  e  quindi,  in
ipotesi, immediatamente lesive». 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'efficacia  immediata,   propria   del   decreto-legge,   e   il
conseguente carattere lesivo  che  esso  puo'  assumere,  lo  rendono
impugnabile in via immediata da parte delle  Regioni.  E'  pur  vero,
pero',  che  soltanto  con  la  legge   di   conversione   il   detto
provvedimento  legislativo  acquisisce  stabilita'  (art.  77,  terzo
comma, Cost.). In tale contesto, come  questa  Corte  ha  piu'  volte
affermato, la Regione puo', a sua scelta,  impugnare  tanto  il  solo
decreto-legge, quanto la sola legge di conversione,  quanto  entrambi
(ex plurimis: sentenze n. 298 del 2009, n. 443 del 2007, n.  407  del
2005, n. 25 del 1996). 
    4.- Ancora in via preliminare, deve essere esaminata,  d'ufficio,
l'ammissibilita' del ricorso proposto  dalla  Provincia  autonoma  di
Trento, sotto il profilo della tardivita' del  deposito  in  giudizio
della ratifica del Consiglio provinciale relativa  alla  delibera  di
proporre il ricorso stesso, adottata in via  d'urgenza  dalla  Giunta
provinciale ai sensi dell'art. 54, numero 7), del d.P.R. n.  670  del
1972. 
    Tale inammissibilita' non puo' essere qui dichiarata. 
    Va premesso che, come ritenuto da questa Corte con la sentenza n.
142 del 2012, l'atto di ratifica del Consiglio provinciale in  ordine
alla delibera adottata in via  d'urgenza  dalla  Giunta  provinciale,
avente ad oggetto la proposizione del ricorso davanti a questa Corte,
deve intervenire ed  essere  prodotto  in  giudizio  al  momento  del
deposito del ricorso davanti alla Corte o, comunque, entro il termine
per la costituzione in giudizio del ricorrente. 
    Nella specie, il ricorso e' stato proposto -  come  sopra  si  e'
visto - in base a delibera adottata in via di  urgenza  dalla  Giunta
provinciale di Trento,  ai  sensi  dell'art.  54,  numero  7),  dello
statuto, secondo cui alla Giunta medesima spetta «l'adozione, in caso
di  urgenza,  di  provvedimenti  di  competenza  del   Consiglio   da
sottoporsi per la ratifica al Consiglio stesso nella sua prima seduta
successiva». La ratifica di tale  delibera  da  parte  del  Consiglio
provinciale - competente in via ordinaria a proporre ricorso ai sensi
dell'art. 98 del medesimo  statuto  -  non  e'  stata  depositata  in
giudizio entro il termine perentorio  previsto  per  la  costituzione
della parte ricorrente, cioe' entro  dieci  giorni  decorrenti  dalla
notificazione del ricorso alla parte resistente  (combinato  disposto
del terzo comma dell'art. 32 e del comma quarto  dell'art.  31  della
legge 11  marzo  1953,  n.  87).  La  notificazione  del  ricorso  al
Presidente del Consiglio dei ministri e'  avvenuta  il  28  settembre
2010 e, pertanto, il  termine  per  costituzione  in  giudizio  della
ricorrente scadeva il decimo giorno  successivo,  ossia  l'8  ottobre
2010 (in effetti, il deposito  del  ricorso,  con  allegate  la  sola
deliberazione della Giunta provinciale in data 17 settembre 2010 e la
procura speciale ai difensori, ha avuto luogo il 6 ottobre 2010).  La
ratifica   consiliare,   che   risulta   intervenuta   soltanto   con
deliberazione n. 11 del 1° dicembre 2010,  non  e'  stata  ovviamente
depositata in giudizio entro il suddetto  termine  perentorio  dell'8
ottobre 2010. 
    Tuttavia, come sopra anticipato, l'inammissibilita'  del  ricorso
derivante dall'indicata  tardivita'  del  deposito  non  puo'  essere
dichiarata nel presente giudizio.  Si  deve,  infatti,  tenere  conto
della lunga prassi di questa Corte la quale,  in  numerose  pronunce,
non ha rilevato l'inammissibilita' del ricorso  sotto  tale  profilo.
Siffatta prassi ha  determinato,  anche  per  l'obiettiva  incertezza
interpretativa  delle  norme  processuali  in  materia,   un   errore
scusabile tale da ingenerare nella Provincia autonoma un  affidamento
circa la non perentorieta' del suddetto termine di  deposito  (citata
sentenza n. 142 del 2012). 
    5.- Nel merito, le questioni non sono fondate. 
    L'art. 49, comma 4-bis, del d.l. n. 78 del 2010, convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 122  del  2010,  sostituisce  il  testo
dell'art. 19 della legge n. 241 del  1990,  ora  recante  la  rubrica
«Segnalazione certificata di inizio di attivita' - SCIA». 
    Il comma 1 del testo novellato (testo risultante anche da  alcune
modifiche introdotte con provvedimenti successivi,  tra  i  quali  il
decreto-legge 13 maggio 2011, n.  70,  recante  «Semestre  Europeo  -
Prime  disposizioni   urgenti   per   l'economia»   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106)  stabilisce  che
«Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione  non  costitutiva,
permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le
iscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l'esercizio  di  attivita'
imprenditoriale, commerciale o artigianale, il cui  rilascio  dipenda
esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti
dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non  sia
previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti
di programmazione settoriale per il rilascio degli  atti  stessi,  e'
sostituito  da  una  segnalazione  dell'interessato,  con   la   sola
esclusione  dei  casi   in   cui   sussistano   vincoli   ambientali,
paesaggistici   o   culturali   e   degli   atti   rilasciati   dalle
amministrazioni  preposte  alla  difesa  nazionale,   alla   pubblica
sicurezza,   all'immigrazione,    all'asilo,    alla    cittadinanza,
all'amministrazione  della   giustizia,   all'amministrazione   delle
finanze, ivi compresi gli atti concernenti le  reti  di  acquisizione
del gettito, anche derivante dal gioco, nonche'  di  quelli  previsti
dalla normativa per le costruzioni  in  zone  sismiche  e  di  quelli
imposti dalla normativa comunitaria». 
    La disposizione prosegue specificando gli atti che devono  essere
prodotti a corredo della segnalazione e dispone che quest'ultima, con
i  relativi  allegati,  puo'   essere   presentata   mediante   posta
raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti
per cui e' previsto l'utilizzo esclusivo della modalita'  telematica;
in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento  della
ricezione da parte dell'amministrazione. 
    Il comma 2 stabilisce che «L'attivita' oggetto della segnalazione
puo'  essere  iniziata   dalla   data   della   presentazione   della
segnalazione all'amministrazione competente». 
    Il comma 3 aggiunge che «L'amministrazione competente, in caso di
accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma  1,
nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione  di
cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti  di  divieto  di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione  degli  eventuali  effetti
dannosi di essa, salvo che, ove  cio'  sia  possibile,  l'interessato
provveda a conformare alla normativa vigente  detta  attivita'  ed  i
suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione,  in  ogni
caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via  di
autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso
di  dichiarazioni  sostitutive  di  certificazione  e  dell'atto   di
notorieta'  false  o  mendaci,  l'amministrazione,   ferma   restando
l'applicazione delle sanzioni penali di cui al comma  6,  nonche'  di
quelle di cui al capo VI del  Testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,  n.  445  (Testo  unico
delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in   materia   di
documentazione amministrativa - Testo A), puo' sempre e in ogni tempo
adottare i provvedimenti di cui al primo periodo». 
    Seguono, poi, altri commi, fino  al  6-ter,  tra  i  quali  vanno
richiamati i commi 4 e  6-bis,  quest'ultimo  aggiunto  dall'art.  5,
comma 2, lettera b), numero 2), del d.l. n. 70 del 2011,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106,  poi  ancora
modificato dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 6 del decreto-legge
13  agosto  2011,  n.  138   (Ulteriori   misure   urgenti   per   la
stabilizzazione  finanziaria  e   lo   sviluppo),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. 
    Il  citato  comma  4  stabilisce  che  «Decorso  il  termine  per
l'adozione dei provvedimenti di cui al  primo  periodo  del  comma  3
ovvero di cui  al  comma  6-bis,  all'amministrazione  e'  consentito
intervenire solo  in  presenza  del  pericolo  di  un  danno  per  il
patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute,  per
la sicurezza  pubblica  o  la  difesa  nazionale  e  previo  motivato
accertamento dell'impossibilita' di tutelare comunque tali  interessi
mediante conformazione  dell'attivita'  dei  privati  alla  normativa
vigente». Il comma 6-bis dispone che «Nei casi  di  Scia  in  materia
edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo  periodo  del
comma 3 e' ridotto a trenta giorni. Fatta salva l'applicazione  delle
disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano  altresi'  ferme
le    disposizioni    relative    alla    vigilanza    sull'attivita'
urbanistico-edilizia, alle responsabilita' e alle  sanzioni  previste
dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,  e
dalle leggi regionali». 
    Il comma 4-ter del citato art. 49 del d.l. n. 78 del  2010,  come
convertito, a sua volta statuisce che «Il comma  4-bis  attiene  alla
tutela della concorrenza ai sensi dell'articolo 117,  secondo  comma,
lettera e), della  Costituzione,  e  costituisce  livello  essenziale
delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali  ai  sensi
della lettera m) del medesimo  comma.  Le  espressioni  "segnalazione
certificata   di   inizio   attivita'"   e   "Scia"    sostituiscono,
rispettivamente, quelle di "dichiarazione di inizio di  attivita'"  e
"Dia", ovunque ricorrano, anche come parte di  una  espressione  piu'
ampia,  e  la  disciplina  di  cui   al   comma   4-bis   sostituisce
direttamente,  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del  presente  decreto,  quella  della  dichiarazione  di
inizio attivita' recata da ogni normativa statale e regionale». 
    6.- La «segnalazione certificata d'inizio  attivita'»  (d'ora  in
avanti, SCIA) si pone in rapporto di continuita' con l'istituto della
DIA, che dalla prima e' stato sostituito. La DIA («denuncia di inizio
attivita'») fu introdotta nell'ordinamento  italiano  con  l'art.  19
della legge n. 241 del 1990, inserito nel Capo  IV  di  detta  legge,
dedicato   alla   «Semplificazione    dell'azione    amministrativa».
Successivamente, con l'entrata in vigore del decreto-legge  14  marzo
2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per
lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per
la modifica del codice di procedura civile in materia di processo  di
cassazione e di arbitrato, nonche'  per  la  riforma  organica  della
disciplina   delle   procedure    concorsuali),    convertito,    con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.  80,  essa  assunse  la
denominazione di «dichiarazione di inizio attivita'». 
    Scopo dell'istituto  era  quello  di  rendere  piu'  semplici  le
procedure amministrative indicate nella norma, alleggerendo il carico
degli adempimenti gravanti sul cittadino. In questo quadro  s'iscrive
anche  la  SCIA,  del  pari  finalizzata  alla  semplificazione   dei
procedimenti di abilitazione all'esercizio di attivita' per le  quali
sia necessario un controllo della pubblica amministrazione. 
    Il principio di semplificazione, ormai  da  gran  tempo  radicato
nell'ordinamento  italiano,  e'  altresi'  di   diretta   derivazione
comunitaria (Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi  nel  mercato
interno, attuata nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 26
marzo 2010, n. 59). Esso, dunque,  va  senza  dubbio  catalogato  nel
novero dei principi fondamentali dell'azione amministrativa (sentenze
n. 282 del 2009 e n. 336 del 2005). 
    7.- Il ricorso in esame  censura  la  normativa  impugnata  nella
parte in  cui,  qualificando  la  disciplina  della  SCIA,  contenuta
nell'art.  49,  comma  4-bis,  come  attinente  alla   tutela   della
concorrenza ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
e costituente livello  essenziale  delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili e  sociali  a  norma  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera  m),  Cost.,  ha  stabilito  che  la  nuova   disciplina   si
sostituisca a quella gia' esistente in tema di DIA  (art.  49,  comma
4-ter), modificando non soltanto la previgente disciplina statale  ma
anche quella regionale.  In  tal  modo  la  detta  normativa  avrebbe
interessato ambiti di legislazione regionale, ai sensi dell'art. 117,
terzo  e  quarto  comma,  Cost.,  quali  la  tutela   della   salute,
l'ordinamento degli uffici regionali,  l'artigianato,  il  commercio,
oltre alle materie riservate dallo statuto di autonomia alla potesta'
legislativa primaria della Provincia autonoma. 
    8.- Nella  giurisprudenza  di  questa  Corte  si  e'  piu'  volte
affermato che, ai fini del giudizio di  legittimita'  costituzionale,
la qualificazione legislativa non vale ad attribuire alle  norme  una
natura diversa da quelle ad esse propria, quale  risulta  dalla  loro
oggettiva sostanza. Per individuare  la  materia  alla  quale  devono
essere ascritte  le  disposizioni  oggetto  di  censura,  non  assume
rilievo la qualificazione che di esse da' il legislatore, ma  occorre
fare  riferimento  all'oggetto  e  alla  disciplina  delle  medesime,
tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli effetti marginali e
riflessi, in guisa da identificare  correttamente  anche  l'interesse
tutelato (ex plurimis: sentenze n. 207 del 2010; n. 1  del  2008;  n.
169 del 2007; n. 447 del 2006; n. 406 e n. 29 del 1995). 
    In questo quadro, il  richiamo  alla  tutela  della  concorrenza,
effettuato dal citato art. 49, comma 4-ter, oltre ad essere privo  di
efficacia vincolante, e' anche inappropriato. Infatti, la  disciplina
della SCIA, con il principio di semplificazione ad essa  sotteso,  si
riferisce ad «ogni atto di autorizzazione, licenza,  concessione  non
costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato,  comprese  le
domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste  per  l'esercizio
di attivita'  imprenditoriale,  commerciale  o  artigianale,  il  cui
rilascio dipenda  esclusivamente  dall'accertamento  di  requisiti  e
presupposti  richiesti  dalla  legge  o  da  atti  amministrativi   a
contenuto generale», e per il quale «non sia previsto alcun limite  o
contingente  complessivo  o  specifici  strumenti  di  programmazione
settoriale». 
    Detta disciplina, dunque, ha un ambito applicativo  diretto  alla
generalita' dei  cittadini  e  percio'  va  oltre  la  materia  della
concorrenza, anche se e' ben possibile che vi siano  casi  nei  quali
quella materia venga in rilievo. Ma  si  tratta,  per  l'appunto,  di
fattispecie da verificare in  concreto  (per  esempio,  in  relazione
all'esigenza di eliminare barriere all'entrata nel mercato). 
    Invece, a diverse conclusioni  deve  pervenirsi  con  riferimento
all'altro parametro evocato dall'art. 49, comma 4-ter, del d.l. n. 78
del 2010, poi convertito in legge. 
    Detta norma stabilisce che la disciplina della SCIA,  di  cui  al
precedente  comma  4-bis,  costituisce   livello   essenziale   delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  Analogo  principio,   con
riferimento alla DIA, era stato affermato dall'art. 29, comma  2-ter,
della legge n. 241 del 1990, come modificato dall'art. 10,  comma  1,
lettera b), della legge 18 giugno 2009, n. 69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in
materia di processo civile),  poi  ancora  modificato  dall'art.  49,
comma 4, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito in legge. 
    Tale autoqualificazione, benche' priva  di  efficacia  vincolante
per quanto prima rilevato, si rivela corretta. 
    Al riguardo, va rimarcato che l'affidamento in via esclusiva alla
competenza  legislativa  statale  della  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni e' prevista  in  relazione  ai  «diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale». Esso, dunque, si collega  al  fondamentale  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.  La  suddetta  determinazione  e'
strumento indispensabile per realizzare quella garanzia. 
    In  questo  quadro,   si   deve   ricordare   che,   secondo   la
giurisprudenza di questa  Corte,  «l'attribuzione  allo  Stato  della
competenza esclusiva e trasversale di cui  alla  citata  disposizione
costituzionale  si  riferisce  alla  determinazione  degli   standard
strutturali  e  qualitativi  di  prestazioni  che,   concernendo   il
soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti,
con carattere di generalita', a tutti gli aventi  diritto»  (sentenze
n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del 2008; n. 387 del 2007). 
    Questo  titolo  di  legittimazione  dell'intervento  statale   e'
invocabile «in relazione a  specifiche  prestazioni  delle  quali  la
normativa statale definisca  il  livello  essenziale  di  erogazione»
(sentenza n. 322 del 2009, citata; e sentenze n. 328 del 2006; n. 285
e n. 120 del 2005), e con esso e' stato  attribuito  «al  legislatore
statale un fondamentale strumento per garantire  il  mantenimento  di
una adeguata uniformita' di trattamento  sul  piano  dei  diritti  di
tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un  livello  di
autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (sentenze n. 10
del 2010 e n. 134 del 2006). 
    Si tratta, quindi, come questa Corte ha precisato, non  tanto  di
una  "materia"  in  senso  stretto,  quanto  di  una  competenza  del
legislatore  statale  idonea  ad  investire  tutte  le  materie,   in
relazione alle quali il legislatore stesso deve poter porre le  norme
necessarie  per  assicurare   in   modo   generalizzato   sull'intero
territorio nazionale, il godimento  di  prestazioni  garantite,  come
contenuto essenziale di  tali  diritti,  senza  che  la  legislazione
regionale possa limitarle o condizionarle (sentenze n. 322 del 2009 e
n. 282 del 2002). 
    Alla stregua di tali principi, la disciplina della  SCIA  ben  si
presta ad essere ricondotta al parametro di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost.  Tale  parametro  permette  una  restrizione
dell'autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di
assicurare un livello uniforme di  godimento  dei  diritti  civili  e
sociali tutelati dalla stessa Costituzione. In particolare, «la ratio
di tale titolo di competenza  e  l'esigenza  di  tutela  dei  diritti
primari che e' destinato a soddisfare consentono di ritenere che esso
puo' rappresentare la base giuridica anche della previsione  e  della
diretta erogazione di una determinata provvidenza,  oltre  che  della
fissazione  del  livello  strutturale  e  qualitativo  di  una   data
prestazione,  al   fine   di   assicurare   piu'   compiutamente   il
soddisfacimento  dell'interesse   ritenuto   meritevole   di   tutela
(sentenze n. 248 del 2006, n. 383 e n. 285 del 2005), quando cio' sia
reso imprescindibile, come nella specie, da peculiari  circostanze  e
situazioni, quale una fase di congiuntura  economica  eccezionalmente
negativa» (sentenza n. 10 del 2010, punto  6.3.  del  Considerato  in
diritto). 
    Orbene - premesso che l'attivita' amministrativa  puo'  assurgere
alla qualifica di "prestazione", della quale lo Stato e' competente a
fissare un livello essenziale a fronte di uno  specifico  diritto  di
individui,  imprese,  operatori  economici  e,  in  genere,  soggetti
privati - la normativa qui censurata prevede che gli interessati,  in
condizioni di parita'  su  tutto  il  territorio  nazionale,  possano
iniziare una determinata attivita' (rientrante nell'ambito del citato
comma 4-bis), previa segnalazione all'amministrazione competente. Con
la presentazione di tale segnalazione, il soggetto puo'  dare  inizio
all'attivita', mentre l'amministrazione, in caso di accertata carenza
dei requisiti e dei presupposti legittimanti, nel termine di sessanta
giorni dal ricevimento della segnalazione (trenta giorni nel caso  di
SCIA in materia edilizia), adotta motivati provvedimenti  di  divieto
di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti
dannosi di essa, salva la possibilita' che l'interessato  provveda  a
conformare alla normativa vigente detta attivita' ed i  suoi  effetti
entro un termine fissato dall'amministrazione. 
    Al soggetto interessato, dunque, si riconosce la possibilita'  di
dare immediato inizio all'attivita' (e' questo  il  principale  novum
della disciplina in questione), fermo restando l'esercizio dei poteri
inibitori da parte della pubblica amministrazione,  ricorrendone  gli
estremi. Inoltre, e' fatto salvo  il  potere  della  stessa  pubblica
amministrazione di assumere determinazioni in via di  autotutela,  ai
sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della  legge  n.  241  del
1990. 
    Si tratta di una prestazione specifica,  circoscritta  all'inizio
della fase procedimentale strutturata secondo un modello ad efficacia
legittimante immediata, che attiene al principio  di  semplificazione
dell'azione   amministrativa   ed   e'   finalizzata   ad   agevolare
l'iniziativa economica (art. 41, primo comma,  Cost.),  tutelando  il
diritto dell'interessato  ad  un  sollecito  esame,  da  parte  della
pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e  di
fatto che autorizzano l'iniziativa medesima. 
    9.- Le considerazioni fin qui svolte vanno applicate  anche  alla
SCIA in materia edilizia, come ormai in modo espresso dispone  l'art.
5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del  d.l.  n.  70
del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2011,
entro i limiti e con le esclusioni previsti. 
    Infatti, ribadito che la normativa censurata riguarda soltanto il
momento iniziale di un intervento di semplificazione  procedimentale,
e precisato che la SCIA non si sostituisce al permesso  di  costruire
(i cui ambiti applicativi restano disciplinati in  via  generale  dal
d.P.R. n. 380 del 2001), non puo' porsi in dubbio che le esigenze  di
semplificazione e  di  uniforme  trattamento  sull'intero  territorio
nazionale valgano anche per l'edilizia. E' ben vero che questa,  come
l'urbanistica,  rientra  nel  «governo   del   territorio»,   materia
appartenente alla competenza  legislativa  concorrente  tra  Stato  e
Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Tuttavia, a prescindere dal rilievo che in  tale  materia  spetta
comunque allo Stato dettare i principi fondamentali (nel  cui  novero
va ricondotta la semplificazione amministrativa), e'  vero  del  pari
che nel caso di specie, sulla  base  degli  argomenti  in  precedenza
esposti, il titolo di legittimazione  dell'intervento  statale  nella
specifica  disciplina  della  SCIA  si   ravvisa   nell'esigenza   di
determinare livelli essenziali di prestazioni concernenti  i  diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale, compreso quello delle Regioni a statuto speciale. In altri
termini, si e' in presenza di un concorso di  competenze  che,  nella
fattispecie, vede prevalere  la  competenza  esclusiva  dello  Stato,
essendo  essa  l'unica  in  grado  di  consentire  la   realizzazione
dell'esigenza suddetta. 
    Il richiamo all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001,
non e' pertinente. Infatti, e' vero che, in base al dettato  di  tale
norma, «Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le  disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano  per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle gia' attribuite». Tuttavia, nel caso in esame viene in rilievo
un parametro costituzionale, cioe' l'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost., che, come ora si e' visto, postula tutele  necessariamente
uniformi su tutto il territorio nazionale e tale risultato  non  puo'
essere   assicurato   dalla   Regione,   ancorche'    ad    autonomia
differenziata, la cui potesta' legislativa e' pur sempre circoscritta
all'ambito territoriale dell'ente (nelle cui competenze  legislative,
peraltro, non risulta presente una  materia  riconducibile  a  quella
prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.). 
    10.- Infine, e' stata dedotta dalle ricorrenti la violazione  del
principio di leale collaborazione. La  deduzione,  tuttavia,  non  e'
fondata, perche', pur volendo prescindere  dal  carattere  assorbente
delle  considerazioni  che  precedono,  costituisce   «giurisprudenza
pacifica di questa Corte che l'esercizio  dell'attivita'  legislativa
sfugge alle procedure di leale  collaborazione»  (cosi',  da  ultimo,
sentenze n. 371 e n. 222 del 2008, e n. 401 del 2007). 
    11.- Conclusivamente, la riconduzione della disciplina  in  esame
all'art. 117, secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  comporta  la  non
fondatezza delle questioni, sotto  tutti  i  profili,  in  quanto  la
normativa censurata rientra nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato, ai sensi del parametro costituzionale ora citato. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma  di
Trento, con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  nei  confronti  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione   finanziaria   e   di   competitivita'   economica),
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'articolo 49, comma 4-ter, del citato  decreto-legge  n.  78  del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio  2010,  n.
122, promosse dalla ricorrente in riferimento all'articolo 8,  numeri
1), 9), 14) e 20) e all'articolo 9, numeri 3), 7) e 10)  del  decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670  (Approvazione
del testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), o comunque  in  riferimento  al
Titolo V Parte II della Costituzione in connessione con l'articolo 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), in riferimento al  decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, concernenti il rapporto tra atti
legislativi statali e  leggi  regionali  e  provinciali,  nonche'  la
potesta'  statale  di  indirizzo   e   coordinamento),   nonche'   in
riferimento agli articoli 117 e 118 della Costituzione e al principio
di leale collaborazione. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                   Alessandro CRISCUOLO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI