N. 204 SENTENZA 17 - 20 luglio 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale - Questione di legittimita' costituzionale avente  ad
  oggetto il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione
  quale giudice del rinvio - Eccepita inammissibilita' per difetto di
  rilevanza, sussistendo, in sede di rinvio, la possibilita'  per  il
  giudice  rimettente  di  "confermare  con  altra   motivazione   la
  precedente valutazione circa la non complessita' del  dibattimento"
  - Reiezione. 
- Codice di procedura penale, art. 304, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3 e 13, quinto comma. 
Processo penale - Questione avente ad oggetto il principio di diritto
  enunciato dalla Corte di cassazione  quale  giudice  del  rinvio  -
  Possibilita'   di   definire   "particolarmente    complesso"    il
  dibattimento in cui sia stata disposta una perizia di lunga  durata
  che avrebbe potuto o dovuto essere espletata nelle  fasi  anteriori
  al  dibattimento  -  Conseguente  sospensione  dei  termini   della
  custodia cautelare, suppostamente rimessa ad una libera scelta  del
  Pubblico  Ministero  -  Asserita  violazione  del  principio  della
  riserva di legge nella  predeterminazione  dei  termini  di  durata
  massima  della  custodia  cautelare  -  Asserita   violazione   del
  principio di eguaglianza - Insussistenza  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- Codice di procedura penale, art. 304, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3 e 13, quinto comma. 
(GU n.30 del 25-7-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  304,
comma 2, del codice di procedura penale  promosso  dal  Tribunale  di
Brescia, sezione riesame, nel procedimento penale a carico di A.A. ed
altri con ordinanza depositata il 24 novembre 2011, iscritta al n.  4
del registro ordinanze 2012 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23  maggio  2012  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 24 novembre 2011 (r.o. n.  4  del
2012),  il  Tribunale  di  Brescia,  sezione  riesame,  ha  sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale,  in   riferimento   agli
articoli 3 e 13, quinto comma, della Costituzione, dell'articolo 304,
comma 2, del codice di procedura penale «nella parte in cui  consente
di definire "particolarmente complesso" il dibattimento  in  cui  sia
stata disposta una perizia (nella specie la perizia  di  trascrizione
delle intercettazioni telefoniche) che avrebbe potuto o dovuto essere
espletata nelle fasi anteriori al dibattimento stesso». 
    Il rimettente premette di procedere in sede di rinvio in  seguito
all'annullamento deciso dalla Corte di cassazione, con sentenza del 7
aprile 2011 (depositata il 7 luglio  2011),  dell'ordinanza  in  data
9-11 novembre 2010 dello stesso tribunale in sede di appello. In tale
sentenza la Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo  cui
la scelta del momento in cui disporre la perizia puo'  dipendere  dai
piu' vari accadimenti  processuali,  senza  che  il  codice  di  rito
autorizzi la deduzione di conseguenze particolari  dalla  circostanza
che la trascrizione delle  intercettazioni  sia  stata  eventualmente
disposta nel dibattimento, invece che nelle indagini  o  nell'udienza
preliminare, e, dopo aver  rilevato  che  l'ordinanza  impugnata  era
incorsa in violazione di legge, avendo ritenuto irregolare la  scelta
del  pubblico  ministero  di  procedere  alla  trascrizione  in  sede
dibattimentale, ne ha statuito l'annullamento con rinvio al tribunale
per un nuovo esame. 
    Riferisce ancora il rimettente che  l'ordinanza  del  9  novembre
2010 aveva confermato l'ordinanza del 14 ottobre 2010 con  la  quale,
nei confronti di vari imputati in  stato  di  custodia  cautelare  in
carcere  per  fatti  di  detenzione  e   di   spaccio   di   sostanze
stupefacenti, il Tribunale, di  fronte  al  quale  era  in  corso  il
dibattimento, aveva rigettato la richiesta del pubblico ministero  di
sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304,
comma 2, cod. proc. pen.: secondo il Tribunale la sospensione per gli
imputati ai quali era contestata la circostanza  aggravante  prevista
dall'art. 80, comma  2,  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle
leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza) non era necessaria, perche'  i  termini  sarebbero
scaduti  nel  maggio  del  2011,  mentre  per  gli  altri   non   era
applicabile,  dato  che  i  reati  di  cui  dovevano  rispondere  non
rientravano tra quelli indicati dall'art. 407, comma 2,  lettera  a),
cod. proc. pen. 
    Investita dell'appello del pubblico ministero, la sezione riesame
del Tribunale, con la gia' richiamata ordinanza del 9 novembre  2010,
aveva confermato il provvedimento  di  primo  grado,  respingendo  la
domanda di sospensione dei termini di  custodia  cautelare:  infatti,
pur  condividendo  le  osservazioni  del  pubblico  ministero   circa
l'applicabilita' dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen.  a  tutti  i
coimputati, sebbene solo ad alcuni di essi fosse stato contestato uno
dei reati indicati dall'art. 407, comma 2,  lettera  a),  cod.  proc.
pen., il giudice dell'appello cautelare aveva ritenuto  insussistente
il  requisito  della  «particolare  complessita'»  del  dibattimento.
Ricostruiti i diversi orientamenti della giurisprudenza  della  Corte
di cassazione, il Tribunale aveva aderito a  quello  secondo  cui  la
perizia di trascrizione delle intercettazioni non assume il carattere
della «necessita'  ed  inevitabilita'»,  presupposto  necessario  per
l'applicazione dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., quando la sua
esecuzione in sede dibattimentale sia stata il frutto di  una  scelta
discrezionale del pubblico  ministero,  che  non  ha  proceduto  alla
richiesta di trascrizione in conformita' al  disposto  dell'art.  268
cod. proc. pen. 
    Pur in adesione  «a  quell'orientamento  pacifico  della  Suprema
Corte che legittima la trascrizione  delle  intercettazioni  in  sede
dibattimentale essendo la  relativa  prova  costituita  dai  supporti
fonici», il giudice dell'appello cautelare aveva  affermato  che  «il
profilo della legittimita' e della utilizzabilita' della  perizia  di
trascrizione in dibattimento non poteva essere confuso con il profilo
delle  ricadute  della  scelta  del  Pubblico  Ministero  sul  regime
cautelare dell'imputato (e, pertanto, sulla  nozione  di  particolare
complessita' che condiziona la durata della  custodia  cautelare),  a
fronte di norme che,  pur  in  assenza  di  sanzioni  procedimentali,
comunque  imponevano  la  trascrizione  nella  fase  antecedente   il
dibattimento». Questa tesi non  era  stata  accolta  dalla  Corte  di
cassazione   che   aveva   disposto   l'annullamento    con    rinvio
dell'ordinanza  impugnata  affermando   il   principio   di   diritto
precedentemente indicato. 
    Nel giudizio di rinvio il  Tribunale  ha  espresso  l'avviso  che
l'interpretazione dell'art. 304, comma 2,  cod.  proc.  pen.  accolta
dalla Corte di cassazione - alla quale il  rimettente  era  tenuto  a
uniformarsi ai sensi dell'art.  627,  comma  3,  cod.  proc.  pen.  -
sollevi forti dubbi di legittimita' costituzionale in relazione  agli
artt. 3 e 13 Cost. Indubbia sarebbe poi la rilevanza della  questione
in quanto «la decisione  dell'impugnazione  transita  necessariamente
dall'esegesi dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen.  indicata  dalla
Suprema Corte». 
    Nella prospettazione del rimettente l'art. 304 cod.  proc.  pen.,
che - fermi i limiti invalicabili di durata stabiliti dal sesto comma
- consente, in presenza di una  delle  situazioni  individuate,  «uno
slittamento dei termini massimi di custodia» di cui all'art. 303 cod.
proc. pen., costituirebbe  un'eccezione.  Secondo  la  giurisprudenza
costituzionale, osserva  ancora  il  rimettente,  nella  materia  dei
termini di durata della custodia cautelare, gli organi  titolari  del
potere cautelare non avrebbero una possibilita' di scelta del  giorno
di decorrenza della custodia (sentenze n. 233 del 2011 e n.  408  del
2005, relative alla disciplina di cui all'art.  297,  comma  3,  cod.
proc. pen.) e, nel bilanciamento tra interessi meritevoli  di  tutela
(liberta' personale, da un lato, e finalita' del  processo  e  tutela
della collettivita', dall'altro) risiederebbe la giustificazione  del
temporaneo sacrificio della liberta' personale ex art. 13 Cost.,  che
impone soluzioni comportanti il minor  sacrificio  di  tale  liberta'
(sentenza   n.   299   del   2005).   Sempre   nella   giurisprudenza
costituzionale  si  rintraccerebbe  l'affermazione  che   i   diritti
inviolabili dell'uomo - tra i quali quello alla liberta' personale  -
rispondono a un principio  di  valore  fondamentale  e  di  carattere
generale, sicche' «ogni limitazione o soppressione di quei diritti ha
natura  derogatoria  e  eccezionale  e  le   relative   norme   vanno
interpretate in modo rigorosamente restrittivo» (sentenze n. 298  del
1994 e n. 349 del 1993). 
    Dall'esame  della  giurisprudenza  costituzionale  il  rimettente
ritiene di poter  enucleare  alcuni  punti  fermi:  «l'inviolabilita'
della liberta' personale, garantita dalla riserva di legge sia per  i
casi in cui e' ammessa la restrizione che per  i  relativi  tempi  di
durata, impone un'interpretazione restrittiva delle norme  limitative
stante la loro natura derogatoria del diritto»; il  sacrificio  della
liberta' personale deve essere  ridotto  al  minimo;  le  limitazioni
della liberta' personale connesse  alle  vicende  processuali  devono
rispettare il  principio  di  proporzionalita',  sicche'  i  relativi
limiti  vanno  ragguagliati,  oltre  che  alla  pena,  alla  concreta
dinamica processuale e alle fasi  in  cui  questa  si  sviluppa;  «la
durata della custodia cautelare deve dipendere  da  fatti  obiettivi,
cosi'   da   rispettare   i   canoni   dell'uguaglianza    e    della
ragionevolezza».  Il  rimettente  aggiunge  che  secondo   la   Corte
costituzionale la durata della custodia  cautelare  non  puo'  essere
determinata da  imponderabili  valutazioni  soggettive  degli  organi
titolari del potere cautelare (sentenza n. 408 del 2005) e il diritto
alla  liberta'  personale  (in  termini  di  durata  della   custodia
cautelare) non puo' subire deroghe o eccezioni riferite a particolari
e contingenti vicende processuali (sentenza n. 299 del 2005). 
    In questo quadro, l'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., ampliando
i termini della custodia cautelare, introdurrebbe un'ulteriore deroga
al regime di liberta' personale,  consentendo  il  prolungamento  dei
limiti massimi di durata della restrizione  stabiliti  dall'art.  303
cod. proc. pen., prolungamento subordinato alla  circostanza  che  si
proceda per i delitti normativamente indicati e  al  requisito  della
«particolare complessita'» del dibattimento. 
    Con la sentenza di annullamento,  sottolinea  il  rimettente,  la
Corte  di  cassazione  ha   ribadito   il   principio   secondo   cui
l'espletamento di una  perizia  puo'  integrare  il  requisito  della
particolare complessita'; ha confermato che tale perizia  deve  avere
il carattere della necessita' e  della  inevitabilita';  ha  ritenuto
indifferente, nella valutazione di tale  requisito,  «l'osservanza  o
meno  dell'art.  268  cod.  proc.  pen.  nella   trascrizione   delle
intercettazioni telefoniche, cosi' reputando irrilevante  -  ai  fini
della legittimita' della sospensione dei termini  di  custodia  -  la
scelta  del  Pubblico  Ministero  di   richiedere   la   perizia   di
trascrizione in dibattimento ovvero nelle fasi anteriori». 
    L'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., cosi' interpretato, sarebbe
in contrasto con il principio costituzionale della riserva  di  legge
nella predeterminazione dei termini  massimi  di  custodia  cautelare
(art. 13, quinto comma, Cost.), dato che la perizia  di  trascrizione
deve essere espletata, ai sensi dell'art. 268, comma  7,  cod.  proc.
pen., all'esito delle operazioni  di  intercettazione  e  nella  fase
antecedente  al  dibattimento   (indagini   preliminari   o   udienza
preliminare) e che e' consentito, a norma  dell'art.  392,  comma  2,
cod. proc. pen., il ricorso all'incidente probatorio per  le  perizie
di durata prevedibilmente superiore a  sessanta  giorni.  Il  sistema
prevede, dunque, «l'espletamento della perizia di trascrizione o piu'
in generale di una perizia laboriosa e di lunga  durata,  nella  fase
delle indagini preliminari (o anche in sede di udienza  preliminare),
anticipandone l'esecuzione in ragione della tipologia (la perizia  di
trascrizione    inscindibilmente    connessa     all'attivita'     di
intercettazione propria della fase delle indagini) ovvero in  ragione
di una complessita' inconciliabile con le esigenze di  celerita'  del
dibattimento». L'interpretazione in base alla  quale  le  nozioni  di
«particolare complessita'» del dibattimento e di «perizia  necessaria
ed inevitabile» sono ancorate  a  «scelte  procedurali  del  Pubblico
Ministero   imprevedibili   e   soggettive   e   comunque    difformi
dall'impianto legislativo sopra ricostruito (come nell'ipotesi in cui
la perizia di trascrizione sia  richiesta  in  sede  dibattimentale)»
determinerebbe una sostanziale violazione dell'art. 13, quinto comma,
Cost.; infatti «quelle scelte comportano  che  la  prolungata  durata
massima  della  custodia  cautelare  (in  deroga  a  quella  di  fase
dell'art. 303 c.p.p.) e' determinata non gia' alla stregua di fatti e
situazioni obiettivamente rilevabili e prestabiliti per legge» - come
avviene per la disciplina contenuta nel primo comma dello stesso art.
304  cod.  proc.  pen.  -  «bensi'  alla  stregua  di  determinazioni
imponderabili  del  Pubblico  Ministero  a  seconda  che  decida   di
richiedere la perizia di trascrizione durante la fase delle  indagini
preliminari o nell'udienza preliminare, oppure nella successiva  fase
dibattimentale. E la scelta del Pubblico Ministero di  richiedere  la
perizia in sede dibattimentale si risolve in una iniziativa a maggior
ragione imprevedibile,  posto  che  sarebbe  comunque  una  soluzione
assunta  in  difformita'  dalle   norme   del   codice,   e   percio'
legislativamente non disciplinata». 
    La circostanza che  tale  scelta  procedimentale  sia  immune  da
sanzioni processuali di nullita' o di inutilizzabilita',  osserva  il
rimettente richiamando un costante orientamento della  giurisprudenza
di  legittimita',  «non  elide  il  profilo  di  irregolarita'  della
determinazione  dell'organo  dell'accusa  allorche'  e'  attivata  la
perizia  di  trascrizione  in  una  sede   non   propria   e   questa
irregolarita' ha una  sua  specifica  pregnanza  perche'  incide  sul
regime della liberta' personale ampliandone il sacrificio in  termini
di durata». L'affermazione secondo cui e'  necessaria  e  inevitabile
anche una perizia che avrebbe potuto o dovuto essere espletata  nelle
fasi antecedenti al dibattimento ed e' stata, invece,  differita  per
una libera scelta del pubblico ministero  determinerebbe  un'assoluta
imprevedibilita' dei termini massimi di fase della custodia cautelare
«laddove assume quale presupposto di applicazione della norma un iter
procedimentale  dissonante   e   imprevisto   rispetto   al   dettato
legislativo»: tale difformita' rimetterebbe esclusivamente all'organo
titolare del  potere  cautelare  la  scelta  di  seguire  o  meno  la
procedura del codice  di  rito  e  di  determinare  eventualmente  un
prolungamento dei termini di durata della custodia cautelare.  Questo
effetto,  ad  avviso  del  rimettente,  vanificherebbe  il   precetto
costituzionale della riserva di legge, dal  momento  che  la  nozione
legislativa di dibattimento particolarmente complesso di cui all'art.
304, comma 2, cod. proc. pen. sarebbe interpretata in termini tali da
attribuire al pubblico ministero la liberta' di prolungare o meno  la
durata della custodia cautelare in assenza  di  situazioni  oggettive
legislativamente indicate ed anzi adottando «procedure normativamente
dissonanti».  Diversamente,  «una  delimitazione  della  nozione   di
particolare complessita' alle sole perizie che non avrebbero potuto o
dovuto essere eseguite nelle fasi anteriori al dibattimento,  perche'
la relativa esigenza e' consequenziale all'istruttoria dibattimentale
e non vi era  alcun  obbligo  normativo  in  senso  opposto  (perizie
necessarie e inevitabili)», determinerebbe  un  sostanziale  rispetto
della  norma  costituzionale,   restringendo   l'ambito   applicativo
dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen. alle sole situazioni in linea
con il sistema delle  norme  di  rito  e  a  quelle  ipotesi  in  cui
l'urgenza della perizia e' conseguente allo sviluppo dell'istruttoria
dibattimentale; in tali casi il prolungamento dei termini di custodia
cautelare  si  giustificherebbe  esclusivamente   in   relazione   ad
accadimenti  e  sviluppi  dibattimentali   imprevisti,   restringendo
l'ambito  applicativo  della  disposizione  in  questione,  cosi'  da
rispettare l'esigenza del minimo sacrificio della liberta' personale. 
    Osserva ancora il rimettente che l'interpretazione dell'art. 304,
comma 2, cod. proc. pen. accolta dalla Corte di cassazione sarebbe in
contrasto con il principio di uguaglianza in quanto la  durata  della
custodia cautelare nella  fase  dibattimentale  sarebbe  condizionata
dalla «solerzia o meno del  Pubblico  Ministero  nella  richiesta  di
perizia  di  trascrizione»:  la  soluzione  accolta  dalla  Corte  di
cassazione  «tratteggia  una   disciplina   normativa   irragionevole
allorche'  contempla  termini  di  fase  differenti  in  assenza   di
situazioni  obiettive  che  giustifichino   tale   differenziazione»,
poiche'  la  maggior  ampiezza  dei  termini  di  custodia  cautelare
rispetto  a  quelli  previsti  dall'art.  303  cod.  proc.  pen.  «e'
conseguenza esclusiva di un imponderabile atteggiamento del  Pubblico
Ministero,  derivandone  una  disciplina  diseguale   per   identiche
situazioni». 
    2.- E' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che  la  questione
sia dichiarata inammissibile o comunque non fondata. 
    Nel costituirsi l'Avvocatura generale  dello  Stato  ha  eccepito
l'inammissibilita' della questione per difetto di rilevanza,  perche'
il giudice avrebbe potuto dichiarare la «non particolare complessita'
del giudizio» con altra motivazione  e  ponendo  alla  base  di  essa
elementi diversi: il vincolo imposto dall'art. 627  cod.  proc.  pen.
infatti non precluderebbe al giudice di  rinvio  la  possibilita'  di
confermare con altra motivazione la precedente valutazione  circa  la
non complessita' del dibattimento. 
    Nel merito, osserva  l'Avvocatura  dello  Stato,  la  particolare
complessita' del giudizio deriverebbe da ragioni oggettive  collegate
al contenuto della perizia e delle  intercettazioni,  dalla  varieta'
delle  lingue  utilizzate  e  non  da  fattori  soggettivi  quali  la
valutazione  discrezionale  del  pubblico   ministero   sul   momento
processuale in cui chiedere la  trascrizione:  «in  caso  di  perizia
oggettivamente complessa, anche se il P.M. la anticipasse all'udienza
preliminare nulla cambierebbe circa la complessita' delle  operazioni
peritali ed il tempo necessario ad espletarla, incidendo comunque sul
decorrere del termine di fase della custodia cautelare in corso». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  di  Brescia,  sezione  riesame,  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'articolo 304, comma 2, del codice di
procedura penale, nella parte  in  cui  -  secondo  l'interpretazione
della Corte di cassazione, vincolante per il  giudice  rimettente  ex
art.  627,  comma  3,  cod.  proc.  pen.  -  «consente  di   definire
"particolarmente complesso" il dibattimento in cui sia stata disposta
una  perizia  (nella  specie  la  perizia   di   trascrizione   delle
intercettazioni telefoniche)  che  avrebbe  potuto  o  dovuto  essere
espletata nelle fasi anteriori al dibattimento stesso». Ad avviso del
giudice rimettente, la norma censurata sarebbe in  contrasto  con  il
principio della riserva di legge nella predeterminazione dei  termini
di durata massima della custodia cautelare, perche' la sospensione di
tali termini sarebbe disposta «non  gia'  alla  stregua  di  fatti  e
situazioni obiettivamente rilevabili e prestabiliti  per  legge»,  ma
sulla base di scelte del pubblico ministero relative  al  momento  in
cui richiedere la perizia (in particolare, quella per la trascrizione
delle  registrazioni)  imponderabili  e  imprevedibili,   in   quanto
difformi dal sistema legislativo che  prevede  «l'espletamento  della
perizia di trascrizione, o piu' in generale di una perizia  laboriosa
e di lunga durata, nella fase delle indagini preliminari (o anche  in
sede di udienza preliminare)». 
    La  norma  censurata,  inoltre,  violerebbe   il   principio   di
uguaglianza, perche' la durata della custodia  cautelare  nella  fase
dibattimentale  sarebbe  condizionata  dalla  «solerzia  o  meno  del
Pubblico Ministero nella richiesta  di  perizia  di  trascrizione»  e
verrebbe ad essere differenziata «in assenza di situazioni  obiettive
che giustifichino  tale  differenziazione»,  cosi'  derivandone  «una
disciplina diseguale per identiche situazioni». 
    2.-  L'eccezione  di  inammissibilita'  proposta  dall'Avvocatura
generale dello Stato non e' fondata. 
    Secondo l'Avvocatura il giudice rimettente aveva la possibilita',
in sede di rinvio, di «confermare con altra motivazione la precedente
valutazione circa la non complessita' del dibattimento», e per questa
ragione la questione sarebbe priva di rilevanza. E' vero pero' che se
la decisione della Corte di cassazione non impediva di  ritenere  che
la  trascrizione  delle   intercettazioni   avrebbe   potuto   essere
effettuata in un tempo minore, e dunque in ogni caso non era tale  da
determinare una particolare complessita' del dibattimento,  e'  anche
vero che il giudice di rinvio non e' stato  di  questo  parere  e  ha
ribadito che «la laboriosita' della perizia per mole di conversazioni
e connotati  dei  fonemi»  comportava  necessariamente  un  rilevante
prolungamento del dibattimento e ha dato cosi' adeguatamente  ragione
della rilevanza della questione sollevata. 
    Percio' la prospettazione da parte dell'Avvocatura  dello  Stato,
in via  del  tutto  ipotetica,  di  altri  possibili  motivi  che  il
rimettente avrebbe potuto porre a base  della  decisione  sulla  "non
particolare complessita' del dibattimento" non inficia il rilievo del
giudice a quo secondo cui «la  decisione  dell'impugnazione  transita
necessariamente dall'esegesi dell'art.  304  c.  2  c.p.p.,  indicata
dalla Suprema Corte». Il rimettente  deve  pronunciarsi  in  sede  di
appello cautelare in seguito all'annullamento disposto dalla Corte di
cassazione,  che  ha  statuito  un  principio  di  diritto  per   lui
vincolante, a norma dell'art. 627, comma 3,  cod.  proc.  pen.:  egli
pertanto deve  applicare  l'art.  304,  comma  2,  cod.  proc.  pen.,
nell'interpretazione accolta dalla sentenza della Corte di cassazione
e sulla quale si incentra il dubbio di legittimita' costituzionale. 
    Deve aggiungersi che,  «per  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, il giudice del rinvio e'  legittimato  a  sollevare  dubbi  di
costituzionalita' concernenti l'interpretazione  della  norma,  quale
risultante  dal  principio  di  diritto  enunciato  dalla  Corte   di
cassazione: e cio' in quanto - essendo vincolato al rispetto di  tale
principio - egli non ha altro mezzo per contestare la regula iuris di
cui  e'  chiamato  a  fare  applicazione  che  quello  di   sollevare
l'incidente di costituzionalita'» (ordinanza n. 133 del 2009). 
    3.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    4.- L'ordinanza di rimessione si muove su due piani: quello della
trascrizione delle intercettazioni, prevista dall'art. 268, comma  7,
cod. proc. pen., e quello della perizia di lunga durata, che a  norma
dell'art. 392, comma 2, cod. proc. pen.  puo'  essere  espletata  nel
corso  delle  indagini  preliminari,  con   l'incidente   probatorio.
L'apparente ambiguita' e' sciolta con l'assorbimento della  questione
relativa alla trascrizione in  quella  piu'  generale  relativa  alla
perizia, come, oltre che dalla motivazione, emerge in modo chiaro dal
dispositivo,  dato  che  e'  stata   sollevata   «la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 304 c. 2 c.p.p. nella parte  in
cui consente di definire particolarmente complesso il dibattimento in
cui sia stata disposta  una  perizia  (nella  specie  la  perizia  di
trascrizione delle intercettazioni telefoniche) che avrebbe potuto  o
dovuto essere espletata nelle fasi anteriori  al  dibattimento».  «In
altre parole» - precisa la motivazione - «l'affermazione secondo  cui
e' necessaria e inevitabile anche una perizia che  avrebbe  potuto  o
dovuto essere espletata nelle fasi antecedenti al dibattimento ed  e'
stata, invece, differita a quest'ultima fase per  una  scelta  libera
del Pubblico Ministero, determina  un'assoluta  imprevedibilita'  dei
termini massimi di fase della custodia cautelare laddove assume quale
presupposto  di  applicazione  della  norma  un  iter  procedimentale
dissonante e imprevisto rispetto al  dettato  legislativo;  e  questa
peculiare difformita' rimette esclusivamente alla scelta  dell'organo
titolare del potere cautelare di seguire  o  meno  la  procedura  del
codice di rito e - giocoforza - di determinare un  prolungamento  dei
termini ex art. 303 c.p.p.». 
    5.- Nell'ambito  della  disciplina  dei  termini  della  custodia
cautelare  l'art.  304  cod.  proc.  pen.  prevede  due  ipotesi   di
sospensione: quella del primo comma «consegue pressoche'  di  diritto
al verificarsi degli eventi  da  esso  indicati  e  senza  che  venga
richiesta alcuna  iniziativa  del  pubblico  ministero»,  sicche'  il
relativo provvedimento assume «i  connotati  dell'atto  vincolato  in
presenza delle condizioni richieste dalla legge»; quella del  secondo
comma, invece, «deriva da  situazioni  oggettive  che  devono  essere
verificate  da  parte  del  giudice  (particolare  complessita'   del
dibattimento)», e il relativo provvedimento deve essere ascritto alla
«categoria di quelli a discrezionalita' vincolata» (sentenza  n.  238
del 1997). 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale  si  riferisce  al
secondo comma, nel presupposto che l'esecuzione nel  dibattimento  di
una perizia che si sarebbe potuta svolgere nel corso  delle  indagini
preliminari  dipenda  da  scelte  del  pubblico  ministero  che   non
potrebbero  giustificare  la  sospensione  dei  termini  di  custodia
cautelare prevista dall'art. 304, comma 2, cod. proc.  pen.  Infatti,
secondo il giudice rimettente, «la prolungata  durata  massima  della
custodia cautelare (in deroga a quella di fase dell'art. 303  c.p.p.)
e'  determinata  non  gia'  alla  stregua  di  fatti   e   situazioni
obiettivamente rilevabili e prestabiliti dalla legge» - come  avviene
nei casi previsti dal comma 1 dell'art. 304 cod. proc. pen. - «bensi'
alla stregua di determinazioni imponderabili del Pubblico Ministero a
seconda che decida di richiedere la perizia di  trascrizione  durante
la fase delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, oppure
nella successiva fase dibattimentale». 
    Questa impostazione pero' non considera che, secondo il codice di
rito,  la  perizia  e'  un  mezzo  di  prova  che,  in  presenza  dei
presupposti di legge, e' disposto  dal  giudice  su  richiesta  delle
parti o anche d'ufficio e che nel corso  delle  indagini  preliminari
entrambe le parti hanno la facolta' di chiedere una perizia  che,  se
fosse  eseguita  nel  dibattimento,  ne  potrebbe   determinare   una
sospensione superiore a sessanta giorni  (art.  392,  comma  2,  cod.
proc. pen.). Percio' non  si  puo'  configurare  a  carico  del  solo
pubblico ministero l'onere di richiedere nella  fase  delle  indagini
preliminari una perizia per evitare un  eventuale  prolungamento  del
dibattimento. 
    Le  ragioni  per  riservare  al   dibattimento   la   valutazione
sull'opportunita' di una perizia possono essere diverse  e  non  puo'
non rilevarsi che, come ha sottolineato questa  Corte,  «il  giudice,
senza necessita' di disporre perizia,  puo'  legittimamente  desumere
elementi di prova dall'esame dei  consulenti  tecnici  dei  quali  le
parti si siano avvalse» (sentenza n. 33 del 1999), e  che  quando  e'
stata  fatta  una  consulenza  tecnica  e'  possibile  che  solo  nel
dibattimento questa si riveli insufficiente. 
    E' chiaro dunque che non puo'  formare  oggetto  di  addebito  al
pubblico ministero il mancato svolgimento nel corso delle indagini di
una perizia che poi si e' svolta nel dibattimento, e tanto meno  puo'
ritenersi che un fatto del genere sia in ogni caso ingiustificato. 
    In realta' la «concreta dinamica del processo» (sentenza  n.  299
del 2005), in rapporto con le iniziative probatorie delle parti, puo'
essere fonte di effetti diversi, e rispetto a  questi  non  puo'  non
essere  affidato  alla  «discrezionalita'  vincolata»   del   giudice
(sentenza  n.  238  del  1997)  l'apprezzamento  della   "particolare
complessita' del dibattimento", alla quale l'art. 304, comma 2,  cod.
proc. pen. collega la sospensione della custodia cautelare.  Insomma,
l'eventuale iniziativa del pubblico ministero relativa a una  perizia
rientra nella  fisiologia  delle  dinamiche  probatorie,  cosi'  come
rientra nella fisiologia processuale la possibilita' di definire,  ai
sensi  della  norma   censurata,   "particolarmente   complesso"   il
dibattimento, quando si  debba  eseguire  una  perizia  che  presenti
particolari caratteristiche di difficolta' e durata. Da questo  punto
di  vista  la  censura  in  termini  di   «imprevedibilita'»   e   di
«imponderabilita'»  delle  scelte  del  pubblico  ministero  relative
all'espletamento della perizia, che nella prospettiva del  rimettente
sta alla base dell'asserita violazione dell'art.  13,  quinto  comma,
Cost. e del principio di uguaglianza, e' priva di fondamento  perche'
non  tiene  conto   del   carattere   "fisiologico"   delle   diverse
determinazioni che il pubblico ministero  puo'  essere  di  volta  in
volta chiamato ad adottare nell'ambito delle dinamiche probatorie del
processo. 
    Considerazioni non dissimili possono farsi anche per quanto  piu'
specificamente concerne la trascrizione delle intercettazioni. 
    Innanzi  tutto  si  deve  osservare  che  ne'  nella  fase  delle
indagini, ne' in quella del dibattimento  occorre  una  richiesta  di
trascrizione da parte del pubblico ministero: l'art.  268,  comma  7,
cod. proc. pen.  prevede  infatti  che  sia  il  giudice  a  disporre
direttamente «la trascrizione integrale delle  registrazioni»,  e  la
stessa regola dovrebbe valere anche nel  dibattimento,  quando  nella
fase  delle  indagini  non  si   e'   svolta   la   selezione   delle
intercettazioni prevista dall'art. 268, comma 3, cod. proc. pen. Sono
percio'  prive  di  base  giuridica  le  considerazioni  del  giudice
rimettente  sulla  «solerzia  (...)  del  Pubblico  Ministero   nella
richiesta di perizia di trascrizione», dato che la richiesta  non  e'
prevista. Nella prospettiva del giudice rimettente potrebbe piuttosto
farsi riferimento a un'eventuale mancanza di impulso,  da  parte  del
pubblico   ministero,   al   procedimento    di    selezione    delle
intercettazioni, previsto dall'art. 268, comma 3, cod. proc. pen., al
quale, su disposizione del giudice, consegua la trascrizione,  ma  la
questione allora sarebbe diversa. 
    E' da aggiungere che secondo un orientamento della giurisprudenza
di legittimita', come ha ricordato  questa  Corte,  «la  trascrizione
(anche quella peritale) non  costituisce  la  prova  diretta  di  una
conversazione,   ma   va   considerata   solo   come    un'operazione
rappresentativa in forma grafica del  contenuto  di  prove  acquisite
mediante  la  registrazione  fonica»  (sentenza  n.  336  del  2008).
Inoltre,  va  osservato,  da  un   lato,   che   l'espletamento   nel
dibattimento di una perizia di lunga durata o della  trascrizione  di
intercettazioni non comporta necessariamente un  prolungamento  della
fase dibattimentale, perche' e' ben  possibile  che  l'attivita'  del
perito si svolga contemporaneamente all'assunzione  delle  prove,  e,
dall'altro, che la trascrizione delle intercettazioni nel corso delle
indagini potrebbe prolungare la  custodia  cautelare  in  tale  fase,
quando il deposito degli atti delle intercettazioni e' ritardato fino
al momento della chiusura delle indagini (art.  268,  comma  5,  cod.
proc. pen.). Infatti, se dopo si desse corso al procedimento  per  la
selezione  delle  intercettazioni  e  per  la  loro  trascrizione  si
potrebbe determinare  un'inutile  prosecuzione  della  fase,  con  il
correlativo mantenimento della custodia cautelare. 
    Inoltre, un rinvio della  trascrizione  delle  intercettazioni  a
dopo la chiusura delle indagini preliminari potrebbe  essere  dettato
anche da ragioni di economia processuale nella fondata previsione che
il procedimento potra' essere definito nell'udienza  preliminare  con
un patteggiamento o con un giudizio abbreviato. 
    6.- A sostegno delle censure formulate  nei  confronti  dell'art.
304, comma 2, cod. proc. pen., il rimettente ha richiamato  anche  la
sentenza n. 408 del 2005 di questa Corte, in tema di "contestazioni a
catena", effettuando, nell'ambito della sospensione dei termini della
custodia cautelare, una trasposizione dell'affermazione, contenuta in
tale sentenza, volta ad evitare ricadute negative sulla durata  della
custodia cautelare della «imponderabile valutazione soggettiva  degli
organi titolari del "potere cautelare"». 
    La trasposizione non ha fondamento. 
    Gli istituti della retrodatazione, in presenza di  "contestazioni
a  catena",  e  della  sospensione  della  custodia  cautelare   sono
radicalmente diversi: il primo tende ad evitare che, rispetto  a  una
custodia cautelare in corso, intervenga un nuovo  titolo  che,  senza
adeguata giustificazione,  determini  di  fatto  uno  spostamento  in
avanti  del  termine  iniziale  della  misura,  mentre  il   secondo,
nell'ambito del titolo originario e  dei  relativi  termini,  prevede
casi di sospensione, pur essi limitati nel tempo, e  giustificati  da
particolari situazioni processuali. 
    L'introduzione  di  «parametri  certi  e  predeterminati»   nella
disciplina delle "contestazioni a catena"  risponde  all'esigenza  di
«configurare  limiti  obiettivi  e  ineludibili   alla   durata   dei
provvedimenti che incidono sulla liberta' personale» (sentenza n.  89
del 1996), in assenza dei quali si potrebbe «espandere la restrizione
complessiva  della  liberta'  personale  dell'imputato,  tramite   il
"cumulo materiale" - totale  o  parziale  -  dei  periodi  custodiali
afferenti a ciascun reato» (sentenza n. 233 del 2011). La  disciplina
delle "contestazioni a  catena",  dunque,  si  caratterizza  per  una
rigidita' indispensabile a scongiurare il rischio  di  un'espansione,
potenzialmente  indefinita,  della  restrizione   complessiva   della
liberta' personale,  ed  e'  in  nome  di  questa  rigidita'  che  la
disciplina  delle  "contestazioni  a  catena"  non   tollera   alcuna
«imponderabile  valutazione  soggettiva  degli  organi  titolari  del
"potere cautelare"». 
    La stessa rigidita' non caratterizza anche  la  disciplina  della
sospensione dei termini di durata massima, incentrata, per  quel  che
qui  rileva,  su  un  provvedimento  che   attribuisce   al   giudice
l'apprezzamento - "a discrezionalita' vincolata" - della "particolare
complessita' del dibattimento". 
    La circostanza che la "particolare complessita' del dibattimento"
possa essere condizionata dalla «concreta dinamica  del  processo»  e
che questa, a sua volta, si  ricolleghi  alle  iniziative  probatorie
delle parti - e segnatamente, per quanto qui  rileva,  a  quelle  del
pubblico ministero concernenti una  perizia  -  non  determina  alcun
vulnus costituzionale  in  un  sistema  che  e'  caratterizzato,  tra
l'altro,  dalla  previsione  dei  «termini  finali  complessivi,   in
funzione di limite massimo insuperabile (c.d.  massimo  dei  massimi)
anche  ove  si  verifichino  ipotesi  di   sospensione,   proroga   o
neutralizzazione del  decorso  dei  termini  di  custodia  cautelare»
(sentenza n. 299 del 2005). 
    Le determinazioni del pubblico ministero  sono  sottoposte  a  un
duplice vaglio del giudice (il primo, sulla ammissione della perizia;
il secondo, sulla  "particolare  complessita'  del  dibattimento")  e
rispetto ad esse la disciplina della durata  massima  della  custodia
cautelare  reagisce  non  gia'  "sterilizzandone"  l'incidenza  sulla
durata della  custodia,  ma  assicurando  una  regolamentazione,  per
riprendere ancora le espressioni della sentenza n. 299 del 2005,  che
copre «l'intera durata del procedimento» e garantisce «un ragionevole
limite di durata  della  custodia»:  e',  dunque,  questa  articolata
regolamentazione dei termini che, per un verso, assicura  al  sistema
processuale la compatibilita' del ruolo del pubblico ministero  nella
«concreta  dinamica  del  processo»  -  e,  segnatamente,  in  quella
probatoria  -  con  l'osservanza  della  riserva   di   legge   nella
predeterminazione dei termini di durata massima e, per  altro  verso,
esclude che il concreto dispiegarsi della dinamica processuale  possa
determinare  disparita'  di  trattamento  lesive  del  principio   di
uguaglianza. 
    Un'articolata disciplina  dei  termini  di  durata,  che  preveda
«termini  finali  complessivi,  in   funzione   di   limite   massimo
insuperabile (c.d. massimo dei massimi)», e  copra  «l'intera  durata
del procedimento», garantendo «un ragionevole limite di durata  della
custodia»,  da  un  lato,  e  l'attribuzione  al   giudice   di   una
«discrezionalita' vincolata» nella valutazione della sussistenza  dei
presupposti per la sospensione ex art. 304, comma 2, cod. proc. pen.,
dall'altro, fanno escludere che le iniziative del pubblico  ministero
circa l'espletamento  della  perizia,  in  grado  di  influire  sulla
«concreta dinamica del processo», possano entrare in contrasto con  i
parametri costituzionali evocati dal rimettente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'articolo  304,  comma  2,  del  codice  di   procedura   penale,
sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 13, quinto  comma,  della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Brescia,  sezione   riesame,   con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 luglio 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI