N. 147 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 maggio 2012
Ordinanza del 15 maggio 2012 emessa dal Tribunale superiore delle acque pubbliche sui ricorsi riuniti proposti da Azienda Energetica spa Etschwerke A.G. contro Provincia autonoma di Bolzano. Energia - Norme della Provincia autonoma di Bolzano in materia di utenze di acqua pubblica - Determinazione dei canoni di concessione di derivazioni per uso idroelettrico - Introduzione da parte del legislatore provinciale di una tariffa di tipo progressivo, articolata in importi crescenti in relazione agli scaglioni di potenza nominale riconosciuta o concessa - Aumento, dal 1° luglio 2004, del canone relativo alle potenze maggiori di 3.000 kW, da Euro 15,00 ad Euro 24,00 al kW - Violazione dei principi comunitari di certezza del diritto e di legittimo affidamento - Contrasto con i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale (unicita' del canone per ogni tipo di fruizione, proporzionalita' all'unita' di misura, aggiornamento triennale con provvedimento amministrativo) - Compressione della liberta' di iniziativa economica - Adozione di legge-provvedimento in assenza dei presupposti, con lesione dei principi di ragionevolezza e non arbitrarieta' nonche' del diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti amministrativi - Esorbitanza dalla potesta' legislativa delle Province autonome - Contrasto con il divieto di ostacoli al libero commercio tra Regioni - Violazione di principi generali dell'ordinamento comunitario - Violazione della competenza statale esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e della concorrenza - Manifesta irragionevolezza sotto piu' profili, eccesso di potere legislativo, ingiustificate disparita' di trattamento - Questione di legittimita' costituzionale riproposta in esito alla restituzione degli atti per ius superveniens disposta dalla Corte costituzionale con la ordinanza n. 178 del 2011. - Legge della Provincia autonoma di Bolzano 8 aprile 2004, n. 1, art. 29; legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 agosto 2000, n. 13, art. 3, commi 1 e 2, modificativi dell'art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 9 [recte: 29] marzo 1983, n. 10. - Costituzione, artt. 3, 23, 24, 41, 97, 113, 117, commi primo, secondo, lett. e) ed s), e terzo, e 120; Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 5, 9 e 13; d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, artt. 1 e 1-bis.(GU n.33 del 22-8-2012 )
IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause riunite in sede di appello iscritte nel ruolo generale dell'anno 2008 al n. 277 ed al n. 278, vertenti, tra Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G., rappresentata e difesa dagli avv.ti Damiano Florenzano, Stefano Paltrinieri e Luigi Manzi, presso il cui studio e' elettivamente domiciliata in Roma, alla via Federico Confalonieri, n. 5, appellante; Contro Provincia Autonoma di Bolzano, in persona Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Renate von Guggenberg, Stephan Beikircher, Cristina Bernardi e Laura Fadanelli, e dall'av. Michele Costa di Roma, presso il cui studio e' elettivamente domiciliata in Roma, alla via Bassano del Grappa, n. 24, appellata; Oggetto: appello avverso la sentenza n. 927/08 del T.R.A.P. presso la Corte d'appello di Venezia del 5 giugno 2008, depositata il 30 giugno 2008 (R.G. n. 2/2005) ed appello avverso la sentenza n. 928/08 del T.R.A.P. presso la Corte d'appello di Venezia del 5 giugno 2008, depositata il 30 giugno 2008 (R.G. n. 9/2004) - pagamento canoni concessione di grande derivazione idroelettrica Viste le seguenti conclusioni dell'appellante: Voglia l'Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis: «annullare e/o riformare la sentenza n. 927/08 del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di Venezia; per l'effetto, in integrale accoglimento del presente appello: previa remissione alla Corte costituzionale degli atti aventi ad oggetto la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge prov. 9 marzo 1983, n. 10, nelle parti introdotte con le modifiche apportate dall'art. 3, commi 1 e 2, legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, e dall'art. 29, legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, nei termini sopra indicati, e comunque nei termini che Codesto Ecc.mo Tribunale vorra' apprezzare, come non manifestamente infondata; previa sottoposizione alla Corte di Giustizia delle Comunita' Europeee, nell'ambito di un giudizio interpretativo pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE, il seguente quesito: "l'art. 29 della legge prov. Bolzano n. 1/04, nella parte in cui determina canoni concessori di derivazione idroelettrica piu' che doppi rispetto a quelli definiti per tutto il territorio italiano costituisce una tassa ad effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 23 e 25 Trattato CE, ovvero si pone altrimenti in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31 del trattato CE, ovvero si pone altrimenti in contrasto con i principi dell'ordinamento comunitario di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento". In via principale: accerti, previa disapplicazione dell'art. 29 della legge prov. Bolzano n. 1/2004 e/o art. 1-bis comma 16, del d.P.R. n. 235/77, per contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31 del Trattato CE, che non e' dovuto da AE-EW quanto richiesto in pagamento dalla Provincia Autonoma di Bolzano sulla base del predetto art. 29 della legge prov. Bolzano n. 1/04, a titolo di canone derivazione acque, per la parte che eccede l'importo di Euro 1.006.783,33 e per l'effetto annullare i provvedimenti dell'Ufficio Entrate della Provincia Autonoma di Bolzano n. 6593 per Euro 88.502,64, n. 6593 per Euro 402.864,00, n. 6593 per Euro 22.830,00, n. 6593 per Euro 946.104,00, con domanda di condanna della Provincia Autonoma di Bolzano alla restituzione di quanto indebitamente versato e quindi della somma di Euro 456.952,31, oltre accessori alla data di versamento sino alla restituzione; In ogni caso: con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre al 12,5% per rimborso forfetizzato spese generali ex art. 14 L.P.F., CAP ed IVA come per legge, del doppio grado di giudizio.». Viste le seguenti conclusioni dell'appellata; «Ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, voglia codesto Ecc.mo Tribunale Superiore, in via preliminare, dichiarare inammissibile l'appello di Azienda Energetica S.p.A. - Etschwerk AG avverso la sentenza n. 928/08 del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d'Appello di Venezia e, nel merito, comunque respingerlo sicche' infondato, previo accertamento e dichiarazione della manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge provinciale 9 marzo 1983, n. 10, nelle parti introdotte con le modifiche apportate dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge provinciale 29 agosto 2000, n. 13, e dall'art. 29, della legge provinciale 8 aprile 2004, n. 1, ex adverso sollevata, previo accertamento e dichiarazione della manifesta infondatezza della richiesta di sottoposizione alla Corte di Giustizia delle Comunita' Europee, nell'ambito di un giudizio interpretativo pregiudiziale ex art. 234 Trattato CE, del quesito se l'art. 29 l.p. n. 1/2004, nella parte in cui determina l'ammontare dei canoni concessori di derivazione idroelettrica diversi rispetto a quelli del restante territorio nazionale costituisca o meno una tassa ad effetto equivalente ad un dazio doganale ai sensi degli artt. 23 e 25 Trattato CE, e si ponga o meno in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci ai sensi degli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31 del Trattato CE, o con i principi dell'ordinamento comunitario di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento, e, per l'effetto, accertare e dichiarare che, non essendo l'art. 29 l.p. n. 1/2004 e/o l'art. 1-bis, comma 16, d.P.R. n. 235/1977 in contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 14.2, da 23 a 31 del Trattato CE, era ed e' dovuto da AE-EW quanto chiesto in pagamento dalla Provincia Autonoma di Bolzano sulla base del predetto art. 29 l.p. n. 1/2004, a titolo di canone derivazione acque, con i provvedimenti dell'Ufficio provinciale Entrate nn. 6593/BA dell'11 aprile 2005 per € 88.502,64, 6593/BA dell'11 aprile 2005 per € 402,864,00, 6593/BA dell'11 aprile 2005 per € 22.380,00 e 6593/BA dell'11 aprile 2005 per € 946.104,00, con conseguente rigetto della domanda di condanna della Provincia autonoma di Bolzano alla restituzione degli importi pagati dall'Azienda Energetica S.p.A. - Etschwerke AG, per la parte eccedente l'importo di Euro 1.006.786,33. In ogni caso con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre al 12,5% per rimborso forfetizzato spese generali, CAP ed IVA del doppio grado di giudizio.». Osserva F a t t o 1. - Con ricorso notificato l'11 novembre 2004 l'Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G. (AEEW) convenne dinanzi al tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia la Provincia autonoma di Bolzano, esponendo: - che essa produce e distribuisce, quale titolare di quattro impianti, energia elettrica nel territorio dell'Alto Adige; - che opera in regime di concessione e corrisponde alla Provincia di Bolzano, per la derivazione dell'acqua pubblica ad uso idroelettrico, il canone concessorio determinato ai sensi dell'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, attuativa dell'art. 1-bis, comma 16, del d.P.R. n. 235/1977 (Norme di attuazione dello statuto regionale in materia di energia), secondo cui le concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, compresi i canoni demaniali di concessione, sono disciplinati dalla legge provinciale nel rispetto dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari; - che il canone, fissato in € 24,00 per kW, e' ingiustamente ed illegittimamente piu' elevato di quello applicato nel resto del territorio nazionale, pari invece ad € 11,66 a kW; - che questa disciplina provinciale determina un aumento del prezzo dell'energia elettrica da essa prodotta e riduce la competitivita' dell'azienda sul mercato, ora liberalizzato, dell'energia elettrica ed e' quindi contraria al principio comunitario della libera circolazione delle merci e dunque agli artt. 2, 3, 4, 14.2, e da 23 a 31 del Trattato CE; - che il detto canone costituisce di fatto una tassa di effetto equivalente ai dazi all'importazione ed esportazione, dazi vietati dagli artt. 23 e 25 del Trattato CE; - che l'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e l'art. 1-bis d.P.R. n. 235 del 1977 sono incostituzionali, per contrasto con gli artt. 120 e 41 Cost., perche' frappongono barriere al libero commercio tra regioni ed intaccano il diritto di libera iniziativa economica; - che le stesse norme determinano un minor utilizzo di fonti di energia rinnovabili e violano il principio di riserva statale in materia di legislazione ambientale, con violazione degli artt. 117, comma 2, lett. s), Cost. e 11, comma 4, d.lgs. n. 79/1999; - che la medesima disciplina contrasta anche con l'art. 117, comma 2, lett. e), Cost., secondo cui spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza; - che in un mercato liberalizzato dell'energia, una disposizione che aumenta in modo tanto elevato il prezzo dell'energia in una sola parte del territorio nazionale produce effetti sulla concorrenza e rientra percio' nella competenza esclusiva statale; - che l'art. 1-bis, comma 16, del d.P.R. n. 235/1977, e' inapplicabile per il principio di sussidiarieta' verticale in quanto la materia e' attratta nella competenza legislativa statale, sicche' i canoni di derivazione dovrebbero essere determinati, anche nella provincia di Bolzano, ai sensi della legge n. 36/1994, del D.M. n. 90/1997 e del D.M. 24 novembre 2000. Chiese pertanto, in via pregiudiziale, di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29, legge prov. n. 1 del 2004, nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto 2000, n. 13, sotto diversi profili e con riferimento a diversi parametri costituzionali; di sottoporre alla Corte di Giustizia europea l'esame dell'eventuale contrasto di tale disciplina con diversi principi del Trattato UE; nel merito, previa disapplicazione della normativa in questione, di accertare che essa attrice nulla deve alla provincia di Bolzano per la parte eccedente € 1.006.783,30 a titolo di canone per la derivazione d'acqua per l'anno 2004, con condanna della stessa alla restituzione di quanto pagato in eccedenza. 2. - Con successivo ricorso notificato il 12 giugno 2005 l'Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G. (AEEW) convenne dinanzi al tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia la Provincia autonoma di Bolzano, proponendo le medesime considerazioni e le stesse domande di cui al precedente ricorso, in relazione ai canoni di derivazione idroelettrica per l'anno 2005 ed in riferimento all'art. 29, legge prov. n. 1 del 2004. 3. - La Provincia autonoma di Bolzano si costitui' in entrambi i giudizi eccependo il difetto di giurisdizione del giudice adito e contestando nel merito il fondamento della domanda. 4. - Il tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia, con sentenza n. 928/08, emessa il 5 giugno 2008 e depositata il 30 giugno 2008, respinse la domanda relativa ai canoni del 2004, compensando le spese di lite. Il medesimo tribunale regionale, con sentenza n. 927/08, emessa il 5 giugno 2008 e depositata il 30 giugno 2008, respinse la domanda relativa ai canoni del 2005, compensando le spese di lite. 5. - Con ricorso notificato il 23 ottobre 2008 - ed iscritto al R.G. n. 277/08 - l'AE-EW ha proposto appello avverso la sentenza n. 927/08. Ricorda preliminarmente che essa e' interamente partecipata dai comuni di Bolzano e Merano e svolge anche compiti di produzione di energia elettrica; e che ha dovuto contestare le pretese della Provincia di pagamento dei canoni di derivazione idroelettrica per l'anno 2005, i quali erano stati calcolati sulla base dell'art. 29, legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, che aveva innalzato in modo spropositato il canone per lo scaglione di potenza concessa in supero a 3.000 kW, portandolo a C 24,00, ossia ad un importo di circa il doppio della media dei canoni applicati dalle altre regioni ed anche dalla provincia di Trento. Dopo aver ricordato lo sviluppo della legislazione statale, regionale e provinciale in materia di concessioni di derivazione di acque pubbliche e dei relativi canoni, deduce i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge Cost. n. 1 del 1948 e dell'art. 23, legge n. 87/1953 in riferimento alla illegittimita' dell'art. 1, legge prov. 9 marzo 1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, commi 1 e 2, legge prov. 29 agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29, legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, per violazione degli artt. 3, 23, 41, 117 e 120 Cost.; dell'art. 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; dei principi fondamentali della legislazione statale vigente; dell'art. 117, comma 1, Cost., per violazione dei principi generali dell'ordinamento comunitario di certezza del diritto e dell'affidamento. In ogni caso incompatibilita' con l'ordinamento comunitario dell'art. 1, legge prov. 9 marzo 1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, comma 2, legge prov. 29 agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29, legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, per violazione dei principi generali dell'ordinamento comunitario di certezza del diritto e dell'affidamento. Osserva in particolare che l'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e' in contrasto con gli indicati precetti costituzionali perche', in difetto di alcun presupposto logico, ha modificato in modo esorbitante l'importo del canone per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, che era stato fissato dal medesimo legislatore pochi anni prima con la legge prov. 29 agosto 2000, n. 13. Infatti, aumentando in modo spropositato gli importi, la legge provinciale ha violato il principio di certezza del diritto e il principio di affidamento, principi generali dell'ordinamento comunitario. Il travolgimento dell'affidamento legittimo costituisce anche violazione dell'art. 41 Cost. La violazione di questi principi costituzionali e comunitari e' ancor piu' evidente considerando che l'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e' stato emanato solo un anno dopo l'approvazione della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, che aveva confermato, all'art. 41, il principio fondamentale vigente, secondo cui i canoni determinati nell'anno 2000 sarebbero stati semplicemente aggiornati, con cadenza biennale, dalla giunta provinciale, tenuto conto soltanto della variazione del costo della vita. La legge provinciale, per di piu', ha applicato l'aggiornamento a tutte le concessioni in atto, e non solo a quelle future, rinnovate o prorogate. La legislazione precedente aveva fatto sorgere nei concessionari un legittimo affidamento. Da qui la illegittimita' costituzionale di tale disciplina e la sua disapplicabilita'. Osserva poi che l'art. 29 cit. e' illegittimo anche perche' costituisce una legge provvedimento con la quale il legislatore ha avocato la competenza assegnata alla giunta provinciale, ed ha anche violato i criteri prestabiliti dal medesimo legislatore provinciale nonche' i principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale vigente, i quali consentono alle regioni di adeguare i canoni alle scadenze previste tenuto conto della variazione del costo della vita. Sono invero illegittime le leggi provvedimento che violano i criteri prestabiliti dal medesimo legislatore. La legge quindi non ha rispettato i principi che governano l'azione amministrativa di cui essa e' succedanea. In ogni caso, la disciplina in questione, espressione di una potesta' legislativa concorrente, e' in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale vigente. Innanzitutto con il principio secondo cui i canoni sono differenziati solo per tipologia di fruizione. Inoltre la differenziazione introdotta ha elementi di irragionevolezza e contraddittorieta' che determinano l'eccesso di potere legislativo, in quanto e' incentrata sugli scaglioni della potenza riconosciuta, che non sono riconducibili ad alcuna disciplina esistente. Il canone finisce quindi per essere collegato esclusivamente alla quantita' di acqua di cui si consente l'utilizzazione, ma allora non si comprende un criterio di determinazione progressivo, non ancorato ad alcun valore che muti con modalita' non proporzionali alla elevazione della potenza concessa. Tale criterio incentiva la proliferazione di piccoli impianti a basso rendimento, complessivamente piu' impattanti. Da qui la violazione degli artt. 3, 23, 41 e 117, comma 3, Cost. Osserva poi che la legge provinciale, con l'esorbitante incremento del canone, ha ecceduto dai limiti della propria competenza legislativa in punto di determinazione dei canoni, in quanto ha introdotto una determinazione disancorata dal valore della concessione, e quindi dalla finalita' di stabilire un corrispettivo. La provincia infatti non puo' esercitare il potere di determinare i canoni come strumento di politica economica o fiscale, con finalita' di incidere sul mercato della generazione idroelettrica. Cio' tanto piu' in quanto la stessa provincia e' autorizzata a costituire una impresa pubblica in forma societaria che puo' svolgere tale attivita' economica, e quindi assume la veste di operatore del medesimo mercato. E' quindi illegittima la disciplina provinciale che, senza un ancoramento alla disciplina di principio statale ed ai valori delle concessioni, ha fissato nuovi canoni disancorati ed esorbitanti rispetto alla media di quelli praticati nelle altre regioni. Del resto i principi fondamentali statali hanno conferito alle regioni poteri di determinazione dei canoni concessori nella forma di poteri di adeguamento periodico, osservando le entita' minime ed i criteri precisati; 2) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 14.2, e 23-31 del Trattato CE; violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge Cost. n. 1/1948 e dell'art. 23, legge n. 87/1953 in riferimento alla illegittimita' dell'art. 1 legge prov. 9 marzo 1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, commi 1 e 2, legge prov. 29 agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, per violazione degli artt. 3, 41 e 120 Cost. Osserva che la disciplina in esame, aumentando i costi di produzione della energia elettrica, produce effetti restrittivi paragonabili a quelli di un dazio, che limita la circolazione dei prodotti ed osta alla creazione di uno spazio commerciale comune. Infatti la disciplina, attuando un aumento del canone fortemente differenziato, comporta un pregiudizio nei confronti dei produttori idroelettrici operanti nel territorio, che ostacola il libero commercio tra le regioni. La legge e' anche assolutamente irragionevole, perche' disincentiva la produzione di energia idroelettrica in contrasto col favor che permea l'ordinamento in favore delle fonti energetiche rinnovabili; 3) violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge Cost. n. 1/1948 e dell'art. 23 legge n. 87/1953 in riferimento alla illegittimita' dell'art. 1 legge prov. 9 marzo 1983, n. 10, come modificato dall'art. 3, commi 1 e 2, legge prov. 29 agosto 2000, n. 13 e dall'art. 29 legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, per violazione degli artt. 3, 23, 41, 117 Cost.; degli artt. 5, 9 e 13 dello Statuto T.-A.A.; degli artt. 1 e 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235; dei principi fondamentali della legislazione statale vigente; dell'art. 117, comma 1, Cost., per violazione degli obblighi internazionali. Lamenta cha la disciplina de qua determina un rilevante pregiudizio alla economia della societa' appellante e priva le comunita' locali di riferimento dei comuni di Bolzano e Merano di significative quote di risorse derivanti dalle attivita' elettriche che lo Statuto le ha riservato. Si ha quindi violazione dello statuto di autonomia che esclude che la provincia possa sfruttare la determinazione del canone come strumento per sottrarre parte del reddito prodotto dal concessionario. L'art. 13 dello statuto difatti riconosce gia' alle province una cospicua quota di energia prodotta dai concessionari di grandi derivazioni, nella forma di sovracanone che ha finalita' solidaristica e funzione diversa da quella del canone. In tal modo lo statuto ha escluso che la provincia possa acquisire parte del valore prodotto dalla concessione con altre modalita'. La norma in esame invece ha imposto un nuovo balzello sotto le spoglie di una nuova determinazione del canone. Osserva poi che la disciplina finisce per abbattersi esclusivamente sugli enti locali concessionari i quali, a differenza delle imprese private, non sono in grado di delocalizzare le produzioni poiche' devono istituzionalmente gestire le attivita' elettriche nel territorio provinciale. Di qui una intollerabile discriminazione tra imprenditori nel medesimo territorio e la violazione dell'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235. Inoltre, si e' introdotta una illogica e intollerabile discriminazione in danno di tutti i concessionari della provincia nei confronti degli operatori che operano al di fuori del territorio provinciale, con violazione degli artt. 41 e 120 Cost. 6. - Con analogo ricorso notificato il 23 ottobre 2008 - ed iscritto nel R.G. col n. 278/08 - l'AE-EW ha proposto appello avverso la sentenza n. 928/08. Con questo ricorso vengono proposti analoghi motivi e considerazioni ed analoghe domande, in riferimento alla sentenza n. 927/08, relativa ai canoni di derivazione per il 2004. 7. - In entrambe le cause si e' costituita la Provincia Autonoma di Bolzano, chiedendo la dichiarazione di inammissibilita' o il rigetto degli appelli. 8. - Con ordinanza collegiale emessa il 7 luglio 2010 il procedimento R.G. n. 278/08 e' stato riunito a quello R.G. n. 277/08. 9. - Con altra ordinanza collegiale del 7 luglio 2010 e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme legislative collegate - Legge finanziaria 2004) nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto 2000, n. 13 (Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2000 e per il triennio 2000-2002 e norme legislative collegate), che modificano l'art. 1 della legge prov. Bolzano 9 marzo 1983, n. 10 (Adeguamento della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica), in riferimento all'art. 117, commi 1 e 3, Cost. (per violazione dei principi generali comunitari e dei principi fondamentali della legislazione statale), all'art. 117, comma 2, lett. e) ed s), Cost. (per violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e dell'ambiente), all'art. 3 Cost. (sotto diversi profili di manifesta irragionevolezza, di ingiustificata disparita' di trattamento e di eccesso di potere legislativo), agli artt. 23, 24, 41, 97, 113, 120 Cost., nonche' agli artt. 5, 9 e 13 dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige ed agli artt. 1 e 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige in materia di energia). Il giudizio e' stato quindi sospeso e gli atti sono stati trasmessi alla Corte costituzionale. 10. - Con ordinanza n. 178 del 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 giugno 2011, la Corte costituzionale ha restituito gli atti a questo Tribunale Superiore per un nuovo esame della rilevanza delle questioni sollevate. Cio' perche', successivamente alla deliberazione dell'ordinanza di rimessione, l'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge provinciale n. 15 del 2010 ha disposto l'abrogazione dell'art. 1, comma 1, lett. c ), della legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e successive modifiche, cioe' della norma direttamente censurata dal rimettente. 11. - Con ricorso del 19 ottobre 2011, depositato il 19 ottobre 2011, l'appellante Azienda Energetica S.p.a. - Etschwerke A.G. (AEEW) ha chiesto la prosecuzione del giudizio. Il Presidente ha fissato l'udienza collegiale del 25 gennaio 2012 per la discussione. L'appellata Provincia autonoma di Bolzano ha depositato memoria difensiva. D i r i t t o 12. - Preliminarmente deve ricordarsi che la questione di legittimita' costituzionale puo' essere eccepita dalle parti o sollevata d'ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo, indipendentemente da quanto eccepito e deciso nei precedenti gradi di giudizio. In questa sede, quindi, non deve essere esaminata l'esattezza della sentenza impugnata, ma solo valutata la rilevanza e non manifesta infondatezza delle eccezioni d'incostituzionalita' proposte con l'atto di appello. Per la stessa ragione e' infondata l'eccezione della appellata Provincia di inammissibilita' dell'appello perche' proporrebbe domande ed eccezioni nuove (peraltro non indicate). Le questioni di costituzionalita' possono sempre essere eccepite senza limiti e preclusioni, mentre il petitum (accertamento della somma dovuta a titolo di canone e restituzione delle somme indebitamente versate) e' rimasto identico. 13. - Quest'ultima osservazione mostra anche come sia infondata l'eccezione della Provincia di inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per difetto del requisito della incidentalita'. La domanda dell'appellante e' direttamente rivolta a fare accertare quale sia la somma legalmente dovuta a titolo di canone ed alla restituzione degli importi indebitamente versati. Rispetto all'oggetto principale della domanda la questione di incostituzionalita' e' quindi meramente incidentale. Le questioni prospettate sono anche sicuramente rilevanti, perche' la fondatezza della domanda principale azionata dall'appellante e' condizionata dal loro accoglimento e dal conseguente annullamento delle norme provinciali, sicche' l'esito del presente giudizio dipende dalla risoluzione delle questioni di costituzionalita'. Non e' poi possibile una interpretazione adeguatrice delle disposizioni in esame, perche' esse si limitano a determinare l'ammontare del canone di concessione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico e percio' non sono suscettibili di interpretazioni alternative. 14. - In ossequio alla ordinanza della Corte costituzionale n. 178 del 2011, di restituzione degli atti al giudice a quo, occorre valutare se le questioni di legittimita' costituzionale, gia' sollevate con l'ordinanza del 7 luglio 2010, sono ancora rilevanti nel giudizio successivamente all'entrata in vigore (il 5 gennaio 2011) dell'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15, che ha abrogato l'art. 1, comma 1, lett. c ), della legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e successive modifiche. Rileva il Tribunale che non sembrano esservi dubbi sulla perdurante rilevanza delle suddette questioni di legittimita' costituzionale. Puo' preliminarmente precisarsi che l'oggetto delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale non e' costituito propriamente dall'art. 1 della legge prov. Bolzano 9 marzo 1983, n. 10, bensi' dal testo di questa disposizione come sostituito prima dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto 2000, n. 13, e poi dall'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1. Queste ultime due disposizioni, infatti, sono quelle che devono essere applicate nel presente giudizio e solo rispetto ad esse, quindi, e' rilevante la questione di legittimita' costituzionale. Va dunque rilevato che la legge prov. n. 15 del 2010 ha, all'art. 5, inserito dopo l'art. 19 della legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, un art. 19-bis, il cui comma 2 dispone che «I canoni annui relativi alle utenze di acqua pubblica per uso idroelettrico sono rideterminati in 9,65 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta fino a 220 kW, con una quota annua esente di 50,00 euro, in 11,95 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta da 220 kW fino a 3.000 kW e in 27,15 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta oltre 3.000 kW». Di conseguenza, a causa dell'avvenuta emanazione di una nuova norma sulla determinazione dei canoni, la medesima legge prov. n. 15 del 2010 all'art. 31, comma 1, lett. a ), ha disposto l'abrogazione dell'art. 1, comma 1, lett. c), della legge prov. n. 10 del 1983, e successive modifiche, che in precedenza fissava l'ammontare dei canoni annui per le concessioni di acque pubbliche per uso idroelettrico. Il presente giudizio ha ad oggetto i canoni di concessione richiesti e dovuti per gli anni 2004 e 2005. I canoni dovuti dal 1° luglio 2004 al 31 dicembre 2005 sono disciplinati dall'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, che aveva abrogato e sostituito il testo dell'art. 1, commi 1, lett. c ), e 2, della legge prov. n. 10 del 1983, n. 10 (stabilendo, al comma 3, che gli aumenti apportati decorrevano dal 1° luglio 2004). I canoni dovuti dal 1° gennaio al 30 giugno 2004 sono invece disciplinati dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, che aveva a sua volta in precedenza abrogato e sostituito il testo dell'art. 1, commi 1, lett. c ), e 2, della legge prov. n. 10 del 1983, n. 10. Ora, poiche' la nuova determinazione dei canoni per uso idroelettrico posta dall'art. 5 della legge prov. n. 15 del 2010 non ha - in mancanza di qualsiasi indicazione in senso contrario del legislatore provinciale - effetto retroattivo, essa puo' riguardare solo i canoni dovuti dal 2011 in poi e comunque non puo' applicarsi nel presente giudizio che ha per oggetto canoni del 2004 e del 2005, per i quali, conformemente ai principi generali in tema di abrogazione di norme, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti all'epoca in cui e' sorto il diritto della Provincia alla riscossione dei canoni, ossia appunto le norme in relazione alle quali e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale, la quale, di conseguenza, continua ad essere rilevante per la risoluzione della presente controversia. Ad una diversa soluzione potrebbe, in ipotesi, giungersi soltanto qualora si ritenesse che l'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge prov. n. 15 del 2010 sia totalmente sganciato dal precedente art. 5 (che ha stabilito nuovi ammontari dei canoni per uso idroelettrico) e che il legislatore provinciale, operando in questo modo invece che mediante la sostituzione del vecchio testo come aveva sempre fatto in precedenza, abbia inteso, con l'art. 31, abrogare l'art. 1, comma 1, lett. c), della legge prov. n. 10 del 1983, e successive modifiche, indipendentemente dalla posizione di una disciplina sostitutiva e quindi con effetto retroattivo. Ed invero, solo se si dovesse giungere ad una interpretazione di questo tipo e percio' ritenere che le norme provinciali in tema di determinazione dei canoni di concessione di acque per uso idroelettrico poste dalla legge prov. n. 10 del 1983 e dalle successive modificazioni siano state abrogate retroattivamente e quindi non siano piu' applicabili alle fattispecie in esame, le proposte questioni di legittimita' costituzionale sarebbero divenute irrilevanti perche' lo ius superveniens avrebbe fatto venire meno, per gli anni in esame, l'obbligo dell'appellante di corrispondere i canoni nella misura richiesta dalla Provincia e l'appello dovrebbe pertanto essere accolto per tale ragione. Il Tribunale Superiore ritiene peraltro che non possa aderirsi ad una siffatta interpretazione perche' (quali che siano stati i motivi che hanno spinto il legislatore provinciale ad adottare questa tecnica) l'obiettiva ratio legis porta a ritenere che anche in questo caso si e' trattato in sostanza di una sostituzione della previgente disposizione sull'ammontare dei canoni con una nuova disciplina valevole per i canoni futuri. Deve quindi ritenersi che anche l'abrogazione della norma previgente non abbia effetto retroattivo, con la conseguenza che per il passato continuano a dover trovare applicazione le norme all'epoca vigenti. Deve quindi ribadirsi che l'abrogazione prevista dall'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15, non ha fatto venir meno nel presente giudizio la rilevanza delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale. L'unica conseguenza di questo ulteriore intervento della Provincia di Bolzano in materia di ammontare di canoni per concessioni di acque pubbliche, anziche' mediante i previsti provvedimenti amministrativi, con atti aventi forza di legge provinciale che ricalcano i criteri adottati dalla precedente disciplina, sembra quindi essere la possibilita' per la Corte costituzionale di una eventuale applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in riferimento all'art. 19-bis, comma 2, della legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, come inserito dall'art. 5 della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15. 15. - Venendo all'esame del requisito della non manifesta infondatezza, deve rilevarsi che, com'e' ben noto, nel caso in cui le parti prospettino una questione di legittimita' costituzionale, il giudice ordinario non deve stabilire se la questione sia fondata o infondata, compito questo spettante esclusivamente alla Corte costituzionale, bensi' unicamente se la questione sia o non sia manifestamente infondata. Il giudice deve quindi limitarsi ad una valutazione sommaria della questione, per accertare se esista, a prima vista, almeno un dubbio plausibile di costituzionalita' ed a svolgere un controllo finalizzato soltanto ad escludere le questioni prive di un minimo di serieta' e di ponderazione, sollevate solo a fini dilatori. Come questo Tribunale ha gia' osservato nella precedente ordinanza del 7 luglio 2010 - che qui viene per la gran parte riportata in ossequio alla giurisprudenza della Corte costituzionale sulla necessita' di autosufficienza delle ordinanze di rimessione - nella specie le questioni di legittimita' costituzionale prospettate dall'appellante sono, come meglio si dira', per la gran parte plausibili, certamente non sollevate a fini dilatori e dotate di serieta' e ponderazione. Sussiste almeno un serio dubbio d'illegittimita' costituzionale, il che e' sufficiente ad escludere la manifesta infondatezza delle questioni stesse. Una valutazione maggiormente approfondita da parte di questo Tribunale invaderebbe il campo riservato alla esclusiva spettanza del giudice delle leggi e sottrarrebbe all'interessato il diritto, costituzionalmente garantito, di far giudicare dal giudice competente la legittimita' delle norme provinciali che impediscono il riconoscimento del diritto vantato in questa sede. Poiche', per quanto dianzi osservato, le questioni sono anche sicuramente rilevanti, sussistono, a parere di questo Tribunale, i presupposti perche' debbano essere sollevate le seguenti questioni di legittimita' costituzionale. 16. - Devono preliminarmente essere esaminati i dedotti profili di contrasto delle norme provinciali in questione con norme e principi comunitari. Va, in particolare, qui esaminata l'eccezione secondo cui il maggior importo del canone di concessione avrebbe natura di tassa ad effetto equivalente ai dazi all'importazione-esportazione, tassa in quanto tale vietata - con efficacia immediatamente precettiva (Corte Giustizia, sent. 5 febbraio 1963, Van Gend en Loos, c-26/62) - dagli artt. 23 e 25 del Trattato CE, atteso che il canone di derivazione d'acqua per uso idroelettrico sarebbe stato disposto unilateralmente per legge, ratione loci e con effetti assimilabili ad un dazio doganale. L'eccezione e' preliminare perche', dato il carattere immediatamente precettivo della norma comunitaria, il contrasto con quest'ultima determinerebbe la non applicazione della norma provinciale in esame, e quindi la irrilevanza delle eccepite questioni di illegittimita' costituzionale. L'eccezione appare pero', allo stato, infondata, in quanto il Collegio ritiene di confermare quanto in una precedente occasione sostenuto in relazione alla norma in esame, e cioe' che «i canoni di derivazione dell'energia elettrica non rappresentano dazi doganali o misure di effetto equivalente sia perche' non hanno carattere fiscale, ma al piu', prestazioni imposte. Non essendo applicabili al momento dell'uscita della merce dal territorio comunitario (cfr. Corte giustizia CE, 12 giugno 1977, n. 89), non e' ravvisabile alcun contrasto con il divieto di imposizione di misure equivalenti ai dazi doganali» (Trib. Sup. Acque, 10 ottobre 2007, n. 165, punto 13.4; v. anche Cass. civ., Sez. Un., 26 maggio 2009, n. 15234). 17. - Per quanto concerne invece gli altri eccepiti contrasti con norme comunitarie, gli stessi non potrebbero portare ad una non applicazione della norma nazionale. Ed infatti non e' dedotto un diretto contrasto tra una puntuale norma interna con un altrettanto puntuale precetto comunitario (eventualmente come specificato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia), che dovrebbe essere applicato al posto della norma interna incompatibile con esso, bensi' una non conformita' della norma interna con principi generali dell'ordinamento comunitario. Il Collegio ritiene che allo stato non vi siano i presupposti per disporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per l'interpretazione dei principi comunitari invocati dall'appellante, sicche' i denunciati profili di non conformita' si risolvono in una denuncia di illegittimita' costituzionale. Nel nostro ordinamento, invero, l'eliminazione di un eventuale contrasto tra la norma interna ed un principio generale dell'ordinamento comunitario (o europeo) spetta esclusivamente alla Corte costituzionale, la cui sfera di attribuzioni verrebbe ad essere aggirata se si ammettesse una sorta di controllo «diffuso» di «compatibilita' comunitaria». 18. - Appare opportuno riassumere brevemente il quadro normativo che viene in rilievo nella presente vicenda, richiamando anche la ricostruzione operata da Corte cost., sent. n. 1 del 2008 e da Cass. civ., Sez. Un., 26 maggio 2009, n. 15234. Per quanto attiene alla competenza legislativa della Provincia di Bolzano in materia di concessione di acque pubbliche e di determinazione dei relativi canoni, va ricordato che fino alla emanazione del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), la competenza in materia di grandi derivazioni idroelettriche situate nel territorio delle regioni a statuto ordinario apparteneva allo Stato, al quale spettavano, a titolo dominicale, i canoni di concessione, quando le grandi derivazioni afferivano al demanio idrico statale. Detta competenza si esercitava anche in riferimento al territorio delle Province autonome di Trento e di Bolzano, perche' l'art. 9, comma 1, n. 9, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige) eccettuava le grandi derivazioni a scopo idroelettrico dalla materia dell'utilizzazione delle acque, devoluta alla competenza concorrente della regione a statuto speciale e delle province autonome, prevedendo unicamente un coinvolgimento procedimentale (art. 12), ovvero l'intesa (art. 13, u.c., concernente l'ipotesi alquanto marginale di domanda concorrente dell'Enel e degli enti locali) delle province interessate. L'art. 71 dello statuto speciale attribuiva, peraltro, alle province interessate i nove decimi del gettito dei canoni riscossi per le grandi derivazioni a scopo idroelettrico relative al proprio territorio, mentre l'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale) chiariva che il predetto art. 71 si riferiva alle concessioni relative al demanio idrico statale, spettando alle province autonome l'intero canone delle concessioni relative al proprio demanio idrico. L'art. 86 del citato d.lgs. n. 112 del 1998, in attuazione della delega contenuta nella legge 15 marzo 1997, n. 59, ha innovato profondamente la materia, conferendo alle regioni competenti per territorio l'intera gestione del demanio idrico (la cui titolarita' restava comunque allo Stato), e il successivo art. 88 ha poi specificato che detta gestione comprende tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo, nonche' alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi. Nel conferire tali funzioni, il d.lgs. n. 112 del 1998 ha peraltro fatto temporaneamente salva (art. 29, comma 3) la competenza dello Stato in materia di grandi derivazioni, prevedendo che, fino all'entrata in vigore delle norme di recepimento della direttiva 96/92/CE del 19 dicembre 1996 (Direttiva del parlamento europeo e del Consiglio concernente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), le concessioni sono rilasciate dallo Stato d'intesa con la Regione interessata ovvero, in caso di mancata intesa nel termine di sessanta giorni, dallo Stato. Successivamente, con il d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, e' stata data attuazione alla citata direttiva 96/92/CE e si e' pertanto realizzata la condizione cui l'art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 subordinava il trasferimento delle competenze alle Regioni. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 ottobre 2000 (Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di demanio idrico), adottato ai sensi dell'art. 7 della legge n. 59 del 1997, si e' infine provveduto a dare definitiva attuazione al disegno prefigurato dal legislatore del 1997, prevedendosi il trasferimento alle regioni, a decorrere dal 1° gennaio 2001, del personale, dei mezzi strumentali e di tutti gli atti relativi agli affari pendenti in materia di derivazioni di acque pubbliche. 19. - Per quanto attiene poi alla specifica posizione della Regione Trentino-Alto Adige, o meglio delle Province autonome di Trento e di Bolzano, mentre l'art. 9, comma 1, n. 9, dello statuto speciale escludeva le grandi derivazioni dalla competenza concorrente delle due province in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, il d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica) ha realizzato l'adeguamento dello statuto speciale al nuovo sistema dettato dal d.lgs. n. 112 del 1998 e dal d.lgs. n. 79 del 1999, conformemente a quanto previsto dall'art. 10 dello stesso d.lgs. n. 112 del 1998. Il suddetto decreto legislativo, per quanto qui interessa, ha modificato l'art. 8, comma 1, lett. e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), trasferendo alle due province il demanio idrico dello Stato. Ha inoltre modificato l'art. 14 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), concernente l'ambito territoriale di competenza per le concessioni di grande derivazione, eliminando il riferimento allo statuto speciale della Regione. Ed ha infine introdotto nel d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), un art. 1-bis, per il quale a decorrere «dal 1° gennaio 2000 e' delegato alle Province autonome di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, l'esercizio delle funzioni statali in materia di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». Va infine ricordato che, con l'entrata in vigore delle modifiche del Titolo V della Parte II della Costituzione, per effetto della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, alle Regioni ordinarie e' stata attribuita una competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». L'art. 10 della detta legge costituzionale ha poi espressamente esteso le disposizioni della stessa anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite. Poiche' le competenze spettanti in materia di energia alle province autonome di Trento e di Bolzano in base allo statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige sono meno ampie rispetto a quelle riconosciute in tale materia alle regioni ordinarie dall'art. 117, comma 3, Cost., in forza del citato art. 10 della legge Cost. n. 3 del 2001 alle due province autonome e' attribuita una potesta' legislativa concorrente nella materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» identica a quella delle regioni ad autonomia ordinaria. Successivamente il d.P.R. 235 del 1977 ha subito alcune modifiche ad opera del d.lgs. 15 aprile 2003, n. 118, e poi del d.lgs. 7 novembre 2006, n. 289 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica), il quale ha attribuito alle Province autonome di Trento e di Bolzano l'esercizio delle funzioni gia' esercitate dallo Stato in materia di grandi derivazioni a scopo idroelettrico e la potesta' legislativa, nel rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario e degli accordi internazionali, dell'art. 117, comma 2, Cost., nonche' dei principi fondamentali delle leggi dello Stato, in materia di disciplina delle grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico. Cio' del resto era gia' stato affermato dalla Corte costituzionale con la sent. n. 133 del 2005, secondo la quale proprio le modifiche delle norme di attuazione dello Statuto di autonomia per il Trentino Alto Adige di cui al d.lgs. n. 463 del 1999 avevano definitivamente attribuito alle due province autonome la competenza in materia di concessioni di grandi derivazioni di acqua pubblica. E' pacifico pertanto - come esattamente affermato dalla sentenza impugnata e come ammesso da entrambe le parti - che la provincia autonoma di Bolzano ha potesta' legislativa concorrente in materia di concessione di grandi derivazioni a scopo idroelettrico. 20. - Per quanto riguarda in particolare i canoni di concessione va ricordato che l'art. 6 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, distingueva le derivazioni di acqua pubblica in piccole e grandi derivazioni, sulla base di criteri diversi a seconda dell'uso cui l'acqua era destinata. Quanto alle derivazioni per produzione di forza motrice, erano considerate grandi derivazioni quelle con potenza nominale media annua superiore a 220 Kw. Il criterio distintivo fu poi modificato dall'art. 1 della legge 24 gennaio 1977, n. 7, che per le derivazioni per produzione di energia elettrica elevo' il limite da Kw 220 a Kw 3.000, limite quest'ultimo poi confermato dal nuovo testo dell'art. 6 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, come sostituito dal d.lgs. 12 luglio 1993, n. 275. L'art. 3 della legge n. 7 del 1977, introdusse peraltro una nuova suddistinzione nell'ambito delle piccole derivazioni, stabilendo che le derivazioni per forza motrice di potenza nominale media tra 220 Kw e 3.000 Kw restavano assoggettate agli oneri previsti dagli artt. 52 e 53 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, e succ. modif., nonche' dalle leggi n. 959 del 1953 e n. 1254 del 1959, in tema di riserva di energia elettrica, di canoni e di sovracanoni in favore degli enti locali. L'art. 35 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, poi, fissava il principio della onerosita' della concessione di derivazione di acque pubbliche nonche' il principio che le relative utenze sono sottoposte al pagamento di un canone annuo di ammontare diverso a seconda della utilizzazione cui e' finalizzata la concessione, distinguendo tra le derivazioni per «acqua potabile o di irrigazione» (per le quali il canone era fissato per ogni modulo, pari a cento litri al minuto secondo) e quelle «per forza motrice» (per le quali era fissato per ogni cavallo nominale di forza motrice). Le derivazioni per uso industriale erano, in mancanza di specifica regolamentazione, equiparate alle derivazioni per uso irriguo o di acqua potabile (v. circ. 18 marzo 1936, n. 11827, Min. LL.PP.). Piu' di recente un adeguamento dei canoni fu operato con l'art. 10 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito in legge 1° dicembre 1981, n. 692, il quale fisso' l'ammontare (diverso per le diverse utilizzazioni) per ogni modulo per l'uso di irrigazione (o in alcuni casi per ogni ettaro), o per l'uso potabile, igienico, industriale o di pescicoltura, ovvero per ogni chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta per l'uso idroelettrico. Successivamente, l'art. 18 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. legge Galli), stabili' il principio generale che i canoni «costituiscono il corrispettivo per gli usi delle acque prelevate», e li determino' di nuovo in somme diverse per i diversi usi, e precisamente per ogni modulo di acqua per l'uso di irrigazione, per il consumo umano, per uso industriale, per la pescicoltura e altro, e per ogni chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta per l'uso idroelettrico. Il comma 5 del suddetto art. 18 fisso' poi il principio che i successivi aggiornamenti dei canoni sarebbero stati triennali ed agli stessi si sarebbe provveduto con decreti ministeriali tenendo conto del tasso di inflazione programmato. A seguito del trasferimento delle relative funzioni alle regioni avvenuto con l'art. 89 del d.lgs. n. 112/1998, all'aggiornamento triennale si e' poi provveduto con decreti regionali. Puo' infine per completezza ricordarsi - quanto alla legislazione statale - che l'art. 171 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell'ambiente) - facendo riferimento alle grandi derivazioni in corso di sanatoria ricadenti nel territorio della Sicilia nelle more del trasferimento a tale regione del patrimonio idrico - ha rideterminato retroattivamente i canoni, a decorrere dal 1° gennaio 2002, differenziandoli di nuovo unicamente in relazione al tipo di utilizzazione e fissandoli in somme diverse, a seconda dei diversi usi, per ogni modulo di acqua o per ettaro (per uso irriguo), per ogni modulo (per uso industriale, piscicoltura, igienico e assimilati, servizi antincendio, autolavaggio e altri usi) e per ogni chilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico. Per quest'ultimo uso il canone e' stato fissato in € 12,00 per chilowatt. Tale disposizione, come detto, si riferisce espressamente alle grandi derivazioni in corso di sanatoria insistenti nel territorio della regione Sicilia. Tuttavia, questo Tribunale Superiore, con la sent. 2 dicembre 2009, n. 41/2010 (Regione Lombardia c. Acquedotto Industriale soc. coop. a r.l.), ha gia' rilevato che la disposizione stessa ha comunque confermato per tutte le concessioni i principi fondamentali fino ad allora vigenti in materia di canoni. Inoltre, l'art. 154, comma 3, del medesimo d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha stabilito il principio che «Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresi' riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale». 21. - Per quanto riguarda la Provincia autonoma di Bolzano, la legge prov. 29 marzo 1983, n. 10 (Adeguamento della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica), riprodusse i principi e criteri gia' fissati dall'art. 10 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546 (e poi confermati dall'art. 18 della legge 5 gennaio 1994, n. 36), fissando, all'art. 1, il canone in una somma diversa per ogni modulo a seconda dei diversi usi (irriguo, potabile, igienico, industriale, pescicoltura) e per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta per l'uso idroelettrico. Con l'art. 34 della legge prov. 3 maggio 1999, n. 1, venne introdotto nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma 13, con cui, conformemente al principio fondamentale fissato dalle legge statale, si stabiliva che «Gli importi dei canoni annui per le singole utenze di acqua pubblica vengono determinati dalla Giunta provinciale ed aggiornati ogni biennio». Quindi, l'art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, sostitui' l'art. 3 della legge prov. n. 10 del 1983 ed opero' una nuova rideterminazione dei canoni. In particolare il canone era fissato in una somma per ogni litro al secondo, somma differente a seconda che si trattasse di uso potabile, domestico ed antincendio, o di uso irriguo, o di uso industriale, riscaldamento, raffreddamento, impianti di autolavaggio e lavaggio inerti, o per produzione di neve artificiale, o per pescicoltura o uso nelle cooperative agricole o per altri usi. Per l'uso idroelettrico e per uso forza motrice il canone era poi fissato in lire 10.500 per ogni chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta. Con il comma 2, che sostituiva il comma 2 della legge prov. n. 10 del 1983, si stabiliva poi che «A decorrere dal 1° gennaio 2000 il canone annuo per l'uso idroelettrico oltre 3.000 chilowatt e' stabilito nella misura di L. 30.000 per ogni chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta». Con il comma 3 (che inseriva nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma 2-bis), si stabiliva che gli importi dei canoni e sovracanoni di cui al r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, alla legge n. 959/1953 e alla legge n. 925/1980, «possono essere aggiornati annualmente dalla giunta provinciale entro il limite massimo delle variazioni in aumento del costo della vita, secondo l'indice rilevato dall'ISTAT». Il comma 2-bis citato e' stato di nuovo modificato dall'art. 41, comma 1, della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, che ha ribadito il principio che gli importi dei canoni e sovracanoni in questione «possono essere aggiornati ogni biennio dalla giunta provinciale in base alle variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT, arrotondando i relativi importi per eccesso o per difetto a unita' di 10 cent.». Il medesimo comma 2-bis e' stato peraltro abrogato dall'art. 36 della legge prov. 28 luglio 2003, n. 12. Il comma 2 del medesimo art. 41 della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, ha peraltro sostituito il comma 13 dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 (introdotto dall'art. 34 della legge prov. 3 maggio 1999, n. 1), stabilendo che «Gli importi dei canoni annui e minimi per le singole utenze di acqua pubblica possono essere aggiornati ogni biennio dalla giunta provinciale in base alle variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT. I relativi importi vengono arrotondati per eccesso o per difetto a unita' di 10 cent. ». Infine, l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme legislative collegate (legge finanziaria 2004)), ha sostituito la lett. c) del comma 1 dell'art. 1 della legge prov. 29 marzo 1983, n.10, stabilendo che il canone per l'uso idroelettrico e' fissato nei seguenti ammontari: «1) fino a 220 kW: 8,00 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta, con una quota annua esente di 50,00 euro; 2) da 220 kW fino a 3.000 kW: 10 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta; 3) oltre 3.000 kW: 24 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta». Il comma 3 ha poi stabilito che questi aumenti decorrono dal 1° luglio 2004. Si ricorda infine - anche se cio' non rileva nel presente giudizio - che l'art. 31, comma 1, lett. a ), della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15, ha abrogato l'art. 1, comma 1, lett. c ), della legge provinciale 29 marzo 1983, n. 10, e le successive modificazioni e che, contemporaneamente, l'art. 5 della stessa legge provinciale ha sostituito la precedente normativa inserendo dopo l'art. 19 della legge prov. 20 luglio 2006, n. 7, un art. 19-bis, il cui comma 2 dispone che «I canoni annui relativi alle utenze di acqua pubblica per uso idroelettrico sono rideterminati in 9,65 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta fino a 220 kW, con una quota annua esente di 50,00 euro, in 11,95 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta da 220 kW fino a 3.000 kW e in 27,15 euro per ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta oltre 3.000 kW». In sostanza vengono riprodotti i medesimi criteri adottati dalle disposizioni del 2004 e del 2000 e si modifica soltanto l'ammontare dei canoni. 22. - L'appellante eccepisce innanzitutto l'illegittimita' costituzionale della citata disposizione di cui all'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1 (e di quella di cui all'art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13), per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., in quanto, pur trattandosi di materia nella quale la Provincia autonoma ha solo potesta' legislativa concorrente, e' stata posta una disciplina che contrasta con i principi fondamentali stabiliti nella materia dalla legislazione dello Stato. Secondo l'appellante, la disciplina provinciale, nella parte in cui ha fissato canoni differenziati, pur riferiti alla medesima fruizione delle acque, e' in contrasto con il principio pacifico che governa la disciplina di settore da oltre settant'anni, in base al quale i canoni vengono differenziati solo per la tipologia di fruizione, mentre non sono diversificati tra loro i canoni relativi alla medesima fruizione. La disciplina provinciale, invece, differenzia il canone sulla base degli scaglioni di potenza riconosciuta o concessa, scaglioni che non sono riconducibili ad alcuna disciplina esistente. La diversificazione del canone sulla base degli scaglioni delle potenze, del tutto casualmente individuate dal legislatore regionale, non si fonda poi su alcuna valutazione riferibile alla tipologia delle concessioni e degli impianti, dal momento che tale diversificazione non e' collegata ne' al diverso impatto ambientale, ne' al diverso rendimento, ne' ad altra circostanza idonea ad evidenziare il depauperamento delle risorse della collettivita'. Poiche' quindi il canone e' in realta' collegato soltanto alla quantita' di acqua di cui si consente l'utilizzazione, non si comprende perche' e' stato fissato un criterio di determinazione del canone non gia' proporzionale (come previsto dal principio fissato dalla legislazione statale) bensi' progressivo, anche se non ancorato ad alcun valore che muti con modalita' non proporzionali (ma progressive) alla elevazione della potenza concessa. 23. - Va preliminarmente rilevato che i principi fondamentali della materia in oggetto non sono stati fissati espressamente dalle leggi dello Stato (peraltro risalenti ad epoca anteriore al trasferimento della competenza a regioni e province autonome), sicche' essi devono essere individuati in via interpretativa dalla legislazione statale. L'individuazione di tali principi, che puo' implicare un giudizio di valore, spetta pacificamente alla Corte costituzionale, nell'ambito del giudizio di fondatezza-non fondatezza della questione di costituzionalita'. Il giudice ordinario, quindi, nell'ambito del giudizio di non manifesta infondatezza della questione, deve limitarsi a stabilire se l'esistenza di un dato principio fondamentale - o, comunque, la qualificazione di una determinata norma come principio fondamentale - sia non manifestamente infondata, ossia plausibile. 24. - Cio' posto, questo Tribunale ritiene che sia certamente plausibile - e molto probabilmente esatta - l'individuazione nella legislazione statale, oltre a quello della onerosita' della concessione, anche di altri principi fondamentali, ed in particolare: a) del principio della differenziazione dei canoni esclusivamente in base alla tipologia della fruizione concessa e della unitarieta' dei canoni relativi alla medesima utilizzazione; b) il principio della proporzionalita' del canone all'effettiva entita' dello sfruttamento delle risorse pubbliche che la concessione comporta; c) il principio della non previsione di una tariffa progressiva nell'ambito della medesima utilizzazione. Ed infatti, come si e' dianzi ricordato, l'art. 35 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, che costituiva la disposizione fondamentale in tema di canoni di concessione, stabiliva il principio che il canone dovesse essere diverso in relazione alla diversa utilizzazione cui era finalizzata la concessione, stabilendo un metodo di misurazione diverso a seconda delle utilizzazioni: modulo (cento litri al minuto secondo) per uso di acqua potabile, irriguo, industriale; cavallo nominale di forza motrice, per l'uso per forza motrice. Nell'ambito di ogni categoria di fruizione il canone era poi fissato con criterio proporzionale all'unita' di misurazione: una certa somma per ogni modulo o per ogni chilowatt di potenza nominale, anche se diversa per le diverse utilizzazioni. Questi criteri fondamentali sono sempre stati confermati da tutte le successive modifiche intervenite nella legislazione statale. Anche l'art. 18 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, ha individuato altri tipi di utilizzazione ed ha aggiornato i canoni in riferimento alle diverse fruizioni, ma ha ribadito che le unita' di misura erano sempre il modulo d'acqua (per l'uso di irrigazione, per il consumo umano, per uso industriale, per la pescicoltura e altro) o il chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta (per l'uso idroelettrico), confermando il principio fondamentale che nell'ambito di ogni tipo di utilizzazione il canone era proporzionale alla unita' di misurazione. E, come si e' dianzi visto, il medesimo principio fondamentale relativo ai criteri di differenziazione dei canoni e' stato da ultimo ribadito - pur dopo il passaggio alle regioni della relativa competenza - dall'art. 171 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. L'unica differenziazione dei canoni ammessa nell'ambito della medesima categoria ha sempre riguardato esclusivamente la previsione di una riduzione del canone per l'ipotesi che il concessionario attui un riuso dell'acqua ovvero la restituisca con le medesime caratteristiche qualitative. Questi principi e criteri furono, del resto, recepiti e confermati anche dall'art. 1 della legge prov. Bolzano 29 marzo 1983, n. 10, che fisso' l'ammontare del canone per ogni modulo (per i diversi usi irriguo, potabile, igienico, industriale, pescicoltura) o per ogni chilowatt (per l'uso idroelettrico), ma sempre rispettando il principio della unicita' del canone per ogni tipo di fruizione e della sua proporzionalita' all'unita' di misura. Del resto, anche la citata sentenza di Cass. civ., Sez. Un., 26 maggio 2009, n. 15234, ha affermato che costituisce principio fondamentale nella materia «quello di onerosita' della concessione e di proporzionalita' dei canone all'effettiva entita' dello sfruttamento delle risorse pubbliche che la concessione comporta e all'utilita' economica che il concessionario ne ricava» (punto 7). 25. - Deve anche essere evidenziato che nella legislazione statale la distinzione tra grandi e piccole derivazioni non ha mai avuto nulla a che vedere con la determinazione dell'ammontare del canone, ma ha sempre avuto rilievo esclusivamente per aspetti diversi, principalmente per le modalita' ed i criteri di concessione. Allo stesso modo, anche la distinzione, nell'ambito della categoria delle piccole concessioni ad uso idroelettrico, tra quelle di potenza inferiore a 220 kW e quelle di potenza tra 220 e 3.000 kW (introdotta dall'art. 3 della legge 24 gennaio 1977, n. 7), non ha mai avuto e non ha niente a che vedere con la determinazione dei canoni ma riguarda esclusivamente altri aspetti, soprattutto gli oneri relativi ai sovracanoni ed alle riserve di energia elettrica a favore degli enti locali. Puo' quindi individuarsi un altro principio fondamentale della legislazione statale, ossia quello che sia la distinzione tra grandi e piccole derivazioni sia la distinzione, nell'ambito delle concessioni ad uso idroelettrico, fra quelle di potenza inferiore a 220 kW, fra 220 e 3.000 kW, e superiore a 3.000 kW, sono irrilevanti rispetto alla determinazione del canone e non vengono usate per differenziare i canoni nell'ambito della medesima categoria di utilizzazione. 26. - L'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (che ha sostituito la lett. c) del comma 1 dell'art. 1 della legge prov. 29 marzo 1983) ha invece determinato il canone per le concessioni ad uso idroelettrico individuando tre sottocategorie nell'ambito della stessa categoria di utilizzazione e quindi fissando un criterio progressivo e non proporzionale. Il canone e' stato infatti stabilito in € 8,00 per Kilowatt per le concessioni inferiori a 220 kW di potenza nominale, in € 10,00 per Kilowatt per quelle da 220 fino a 3.000 kW, ed in € 24,00 per Kilowatt per quelle oltre i 3.000 kW. Analogamente ha fatto l'art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13. Vi e' quindi il serio e consistente dubbio che queste disposizioni abbiano violato i suddetti principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale, e precisamente il principio della differenziazione dell'ammontare dei canoni esclusivamente in riferimento alla tipologia della utilizzazione concessa; il principio dell'aumento del canone, all'interno della stessa categoria di fruizione, in misura proporzionale, e non gia' progressiva, all'effettiva entita' dello sfruttamento della risorsa pubblica; il principio che la distinzione tra grandi e piccole derivazioni e la distinzione, nell'ambito di quest'ultime, tra derivazioni con potenza nominale inferiore o superiore a 220 kW e' irrilevante rispetto alla determinazione del canone, che e' unitario nell'ambito della stessa categoria. Da qui il dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni in questione in riferimento all'art. 117, comma 3, Cost. 27. - Altro principio fondamentale costantemente espresso dalla legislazione statale e' quello secondo cui i canoni non possono essere aumentati indiscriminatamente, bensi' aggiornati ogni certo numero di anni con provvedimento amministrativo adottato dalla autorita' amministrativa che deve attenersi ad un criterio predeterminato, generalmente costituito dal tasso di inflazione, o dall'aumento del costo della vita, o da simili parametri. Appare dunque esservi sempre stato nella legislazione statale un principio fondamentale secondo cui il concessionario di una derivazione deve essere messo in condizione, al momento della concessione, di conoscere, sia pure in via approssimativa, quando ed entro che limiti potra' aumentare il canone di concessione e, conseguentemente, un principio fondamentale secondo cui i canoni non possono essere arbitrariamente aumentati senza tener conto dei limiti e dei criteri prefissati. E difatti, successivamente alla determinazione fatta con l'art. 35 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, i canoni sono stati sempre adeguati con provvedimento amministrativo, salvo l'adeguamento effettuato con l'art. 10 del d.l. 2 ottobre 1981, n. 546, convertito in legge 1° dicembre 1981, n. 692, e quindi con la nuova disciplina posta dall'art. 18 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (c.d. legge Galli). Il comma 5 di detto art. 18, peraltro, enuncio' espressamente il principio fondamentale - gia' desumibile dalla legislazione precedente - che i canoni sarebbero stati aggiornati con cadenza triennale mediante decreti ministeriali «tenendo conto del tasso di inflazione programmato e delle finalita' di cui alla presente legge». Dopo il trasferimento delle relative funzioni alle regioni, avvenuto con l'art. 89 del d.lgs. n. 112/1998, l'aggiornamento triennale e' stato effettuato con decreti regionali. E, come si e' gia' dianzi ricordato, il detto principio fondamentale e' stato confermato di recente anche dall'art. 154, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che, dopo avere disposto che i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica sono stabiliti con decreto ministeriale, ha ribadito che «L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale». A tale principio generale si era uniformata anche la legislazione della Provincia di Bolzano. Infatti, l'art. 34 della legge prov. 3 maggio 1999, n. 1, introdusse nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma 13, che fissava il principio che «Gli importi dei canoni annui per le singole utenze di acqua pubblica vengono determinati dalla Giunta provinciale ed aggiornati ogni biennio». Quindi, l'art. 3, comma 3, della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, inseri' nell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 il comma 2-bis, col quale si stabiliva che gli importi dei canoni «possono essere aggiornati annualmente dalla giunta provinciale entro il limite massimo delle variazioni in aumento del costo della vita, secondo l'indice rilevato dall'ISTAT». Questo comma 2-bis fu poi modificato dall'art. 41, comma 1, della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, che detto' il principio che gli importi dei canoni «possono essere aggiornati ogni biennio dalla giunta provinciale in base alle variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT, arrotondando i relativi importi per eccesso o per difetto a unita' di 10 cent.». Il detto comma 2-bis e' stato poi abrogato dall'art. 36 della legge prov. 28 luglio 2003, n. 12, ma poco prima il comma 2 dello stesso art. 41 della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, aveva sostituito il comma 13 dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983 (introdotto dall'art. 34 della legge prov. 3 maggio 1999, n. 1), stabilendo che «Gli importi dei canoni annui e minimi per le singole utenze di acqua pubblica possono essere aggiornati ogni biennio dalla giunta provinciale in base alle variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT. I relativi importi vengono arrotondati per eccesso o per difetto a unita' di 10 cent.». Vi e' quindi il serio e consistente dubbio che l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, e l'art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, abbiano violato anche questo altro principio fondamentale della legislazione statale, secondo cui i canoni vengono aggiornati con provvedimento amministrativo e comunque in tempi prestabiliti e secondo criteri ed entro limiti prefissati, in modo che, gia' al momento della concessione, il concessionario sia in grado di conoscere, sia pure approssimativamente, quando ed entro che limiti il canone potra' aumentare. Da qui il dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni in questione in riferimento all'art. 117, comma 3, Cost., sotto un diverso profilo. 28. - L'appellante sostiene anche che le norme provinciali appena indicate, nel ribadire il principio della aggiornabilita' dei canoni solo a scadenze e con criteri prefissati, avevano anche confermato l'esigenza di una garanzia di stabilita' per gli operatori del settore. Sennonche', dopo che la legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1, aveva confermato il piu' che legittimo affidamento dei concessionari, ribadendo che i canoni sarebbero stati soltanto aggiornati dalla giunta provinciale ogni due anni e tenuto solo conto della variazione del costo della vita, a solo un anno di distanza del tutto inaspettatamente l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, ha disposto un inopinato ed esorbitante aumento del canone relativo alle potenze medie maggiori di 3.000 kW, portandolo da € 15,00 ad € 24,00 al kW. In tal modo il legislatore provinciale si sarebbe sottratto ai rigorosi meccanismi di adeguamento automatico che egli stesso aveva precisato conformemente ai principi fondamentali della legislazione statale. L'appellante sottolinea anche che l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, ha altresi' stabilito che gli aumenti da esso previsti decorrono dal 1° luglio 2004 e che tali aumenti si applicano a tutte le concessioni in atto e non solo a quelle future, rinnovate o prorogate. Eccepisce quindi la violazione del principio di certezza del diritto e del principio dell'affidamento, ossia di principi generali dell'ordinamento comunitario cui il legislatore provinciale, nelle materie in cui e' applicabile il diritto comunitario, si deve uniformare ai sensi dell'art. 117, comma 1, Cost. Eccepisce inoltre il contrasto con l'art. 41 Cost., in quanto, violando i due suddetti principi generali comunitari, la disposizione in esame determina un pregiudizio nei confronti della liberta' di iniziativa economica, nella sua accezione piu' estesa. Ricorda, a questo proposito, che secondo la giurisprudenza comunitaria «il principio della certezza del diritto esige, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano comportare conseguenze sfavorevoli in capo ai singoli e alle imprese» (Corte di Giustizia, Sez. II, 17 luglio 2008, C-347/06, punto 69), mentre il principio della tutela del legittimo affidamento, richiede di «verificare se gli atti dell'autorita' amministrativa abbiano ingenerato fondate aspettative in capo ad un operatore economico prudente ed accorto» (Corte di Giustizia, Sez. II, 14 settembre 2004, procedimenti riuniti da C-181/04 a C-183/04, punto 32). Sostiene quindi l'appellante che, nel caso di specie, la determinazione dei canoni nell'anno 2000, congiunta alla prescrizione legislativa pure reiterata nell'anno 2003, circa la sola aggiornabilita' a cadenze biennali dei canoni, sulla base dell'incremento del costo della vita, ha certamente integrato un contegno idoneo a far sorgere il legittimo affidamento dei concessionari, che e' stato poi compromesso dalla disciplina impugnata. Ritiene il tribunale che tali eccezioni di legittimita' costituzionale siano tutte plausibili e non manifestamente infondate. Sussiste quindi un serio dubbio di incostituzionalita' dell'art. 29 (e dell'art. 3) in esame anche in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 117 comma 1, Cost. 29. - Eccepisce poi l'appellante societa' che il citato art. 29 ed il citato art. 3 appaiono costituzionalmente illegittimi anche perche', integrando, all'evidenza, un intervento del legislatore che ha avocato a se' la competenza gia' assegnata alla Giunta provinciale - oltre a violare i principi fondamentali della legislazione statale che consentono alle regioni di procedere all'adeguamento dei canoni alle cadenze previste, tenuto conto delle variazioni del costo della vita - hanno anche dato luogo, senza alcuna plausibile ragione, ad una legge provvedimento in violazione dei criteri prestabiliti dallo stesso legislatore provinciale. L'appellante, rileva che il carattere di legge provvedimento delle disposizioni in questione non e' contraddetto dalla circostanza che, all'apparenza, il legislatore provinciale sarebbe intervenuto a modificare direttamente l'importo del canone, perche' tale intervento e' chiaramente indirizzato a sottrarsi ai criteri che lo stesso legislatore provinciale si era dato, e che contemporaneamente confermava, dal momento che non era stata ne' abrogata, ne' modificata, ne' derogata espressamente la disciplina vigente stabilita dall'art. 1, comma 13, della legge prov. n. 10 del 1983 (introdotto dall'art. 34 della legge prov. 3 maggio 1999, n. 1, e modificato dall'art. 41, comma 2, della legge prov. 9 gennaio 2003, n. 1). Sostiene quindi l'appellante (richiamando la sent. n. 48 del 2003 della Corte costituzionale) che tale legge provvedimento sarebbe illegittima perche' ha contenuto sostitutivo di un provvedimento amministrativo, ed e' stata adottata in violazione dei criteri prestabiliti dal medesimo legislatore. In sostanza, la legge provinciale sarebbe stata emanata unicamente allo scopo di non rispettare i detti criteri e di sottrarre il provvedimento di adeguamento del canone al sindacato del giudice ordinario ed amministrativo. Ricorda anche che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, la legittimita' di tale tipo di leggi, a contenuto particolare e concreto (leggi-provvedimento) «deve essere valutata in relazione al loro specifico contenuto. In considerazione del pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio (sentenze n. 185 del 1998, n. 153 del 1997), la legge provvedimento e', conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto di costituzionalita' (sentenze n. 429 del 2002, n. 364 del 1999, nn. 153 e 2 del 1997), essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza della scelta del legislatore. Ed un tale sindacato deve essere tanto piu' rigoroso guanto piu' marcata sia, come nella specie, la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sent. n. 267 del 2007 e sent. n. 241 del 2008). La legge provvedimento in questione quindi sarebbe illegittima anche perche' non supererebbe lo stretto giudizio di legalita', cui deve essere sottoposta, essendo evidente che la medesima deve rispettare i principi che governano l'azione amministrativa di cui e' succedanea (Corte cost., sent. n. 314 del 2007; sent. n. 492 del 2002). Anche queste eccezioni di legittimita' costituzionale appaiono certamente non manifestamente infondate, cosi' come non manifestamente infondata e' la qualificazione della disposizione in questione come legge provvedimento. Del resto, che l'art. 29 della legge prov. n. 1 del 2004 costituisca o debba comunque assimilarsi ad una legge provvedimento e' gia' stato affermato da questo Tribunale con la sent. 10 ottobre 2007, n. 165 (punto 10.5). E difatti, secondo la giurisprudenza piu' recente della Corte costituzionale, le leggi provvedimento devono essere sottoposte ad uno scrutinio stretto e stringente di costituzionalita', non solo sotto il profilo della ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentt. n. 492 del 1995; n. 153 del 1997; n. 185 del 1998; n. 364 del 1999; n. 267 del 2007) ma anche in relazione ai presupposti del legiferare (sent. n. 205 del 1996). Nella specie non e' stato prospettato dalla Provincia di Bolzano e comunque non emerge dal contenuto delle leggi stesse alcuna plausibile ragione per la quale l'aumento dei canoni per le concessioni di derivazione di acque pubbliche fosse fatto con legge provinciale anziche' con provvedimento amministrativo della giunta provinciale nei tempi e soprattutto secondo i criteri ed i parametri prefissati in via generale dallo stesso legislatore provinciale (conformemente alle norme nazionali). Sorge quindi il non manifestamente infondato sospetto che l'intervento attraverso l'atto con forza di legge provinciale anziche' mediante il preordinato provvedimento amministrativo di adeguamento sia stato fatto unicamente per sottrarre agli interessati il diritto, costituzionalmente garantito, di invocare il sindacato del giudice ordinario ed amministrativo. Sussiste quindi il dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni in questione, in quanto leggi provvedimento, anche in riferimento alla mancanza dei presupposti per legiferare, all'art. 3 Cost. (sotto il profilo della ragionevolezza e non arbitrarieta'), all'art. 97 Cost., ed agli artt. 24 e 113 Cost. (sotto il profilo della elusione del diritto dei concessionari di eventualmente impugnare l'aumento del canone dinanzi al giudice ordinario o amministrativo per contrasto con i prefissati, e non abrogati ne' derogati, criteri generali di determinazione). 30. - La societa' appellante eccepisce poi che la differenziazione dei canoni nell'ambito della stessa categoria di utilizzazione dell'acqua in base agli scaglioni delle potenze, non si fonda su alcuna valutazione che sia collegabile con la categoria delle concessioni e, soprattutto, degli impianti, ne' risulta collegata ad un diverso impatto ambientale, ad un diverso rendimento o ad altra circostanza idonea ad evidenziare il depauperamento delle risorse della collettivita'. Tale differenziazione, quindi, presenterebbe elementi di irragionevolezza e di contraddittorieta', che determinerebbero anche un eccesso del potere attribuito al legislatore provinciale. E difatti, secondo l'appellante, anche le disposizioni in esame finiscono per collegare il canone esclusivamente alla quantita' di acqua di cui si consente l'utilizzazione. Ma, se cosi' e', non e' comprensibile ne' logico un canone-corrispettivo che e' sottoposto ad un criterio di determinazione progressivo, giacche' un tale criterio progressivo non e' ancorato ad alcun valore o elemento che muti con modalita' non proporzionali (ma progressive) all'elevazione della potenza concessa. Viene anche eccepito che il criterio progressivo adottato finisce per incentivare la proliferazione di piccoli impianti a basso rendimento, complessivamente, piu' impattanti di pochi e significativi impianti di generazione. La differenziazione dei canoni introdotta, disancorata dal valore della concessione, appare quindi manifestamente irragionevole di per se'. I prospettati rilievi di incostituzionalita' non appaiono manifestamente infondati. Di qui il dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni in esame in riferimento, sotto diverso profilo, all'art. 3 Cost. ed al principio di ragionevolezza. 31. - L'appellante eccepisce inoltre che l'esorbitante incremento del canone - portato ad € 24,00, ossia ad un importo pari a circa il doppio della media dei canoni applicati dalle altre regioni e pure dalla Provincia di Trento -, disposto attraverso un inatteso intervento legislativo, ed in diametrale contraddizione con la vigente disciplina provinciale, ha ecceduto dai limiti della competenza legislativa assegnata alla Provincia in punto di determinazione dei canoni, in quanto, introducendo determinazioni dell'importo in tutto disancorate dal valore della concessione, essa non si e' limitata a determinare il canone della concessione, inteso come corrispettivo, ma lo ha in realta' regolato e determinato come strumento di politica economica o fiscale, con finalita' di incidere sul mercato della generazione idroelettrica. Osserva ancora l'appellante che tale finalita' deve ritenersi contraria ai limiti della potesta' legislativa concorrente della Provincia, anche perche', la stessa Provincia autonoma di Bolzano e' autorizzata dalla normativa di attuazione a costituire una impresa pubblica in forma societaria che puo' svolgere attivita' economica nel settore della generazione idroelettrica e, pertanto, assume, indirettamente, le vesti di un operatore del medesimo mercato. Invero, con l'art. 4, comma 1, della medesima legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, sono state contestualmente disposte misure per finanziare il ruolo operativo della stessa Provincia nel settore economico in parola, prevedendosi l'autorizzazione a sottoscrivere l'aumento di capitale della societa' SEL s.p.a., ossia della societa' della Provincia che opera nei settori della produzione, commercializzazione e distribuzione dell'energia elettrica, per uno stanziamento massimo di 650 milioni di euro, nonche' l'autorizzazione all'acquisto di ulteriori societa' operanti nel medesimo settore di mercato. Assume quindi l'appellante essere noto che la societa' SEL s.p.a., che e' gia' stata costituita, ha fatto domanda per il rilascio di nuove concessioni idroelettriche, ed ha pure stretto accordi con altre concessionarie insistenti. Ora, questa delicata posizione della Provincia autonoma di Ente titolare dei poteri legislativi e concessori, e contemporaneamente di proprietario di operatori del settore, imporrebbe la necessita' di interpretare in modo rigoroso i limiti esterni al potere legislativo di determinare i canoni. E cio' perche' l'operatore economico di proprieta' della Provincia sarebbe l'unico operatore in grado di accettare canoni esorbitanti e fuori mercato, i quali, nel caso, si presenterebbero come alternativi alla distribuzione degli utili in favore dell'ente proprietario. Eccepisce quindi la societa' appellante la illegittimita' costituzionale della disposizione de qua perche', in difetto di qualsiasi ancoramento alla disciplina di principio statale, ed ai valori delle concessioni, ha determinato del tutto arbitrariamente i nuovi canoni, che risultano del tutto disallineati ed esorbitanti rispetto alla media dei canoni praticati dalle altre Regioni (ordinarie e speciali). Inoltre, tale divaricazione rispetto ai canoni applicati nelle altre regioni, comporterebbe un pregiudizio nei confronti dei produttori idroelettrici operanti nella provincia di Bolzano, che integrerebbe un rilevante ostacolo al libero commercio tra regioni. Invero, la Provincia, attraverso interventi sintonizzati sulla realta' produttiva provinciale, ha determinato un ostacolo alla libera circolazione della energia elettrica, che intacca il diritto di iniziativa economica. La nuova disciplina provinciale sarebbe altresi' caratterizzata da manifesta irragionevolezza, perche', disincentivando la produzione di energia elettrica, colliderebbe con il favor che permea l'intera legislazione, ed anche il sistema costituzionale di tutela dell'ambiente, nei confronti delle fonti energetiche rinnovabili. Ritiene questo Tribunale che anche questi profili di illegittimita' costituzionale non siano manifestamente infondati e che pertanto sussista un serio e consistente dubbio di legittimita' costituzionale delle disposizioni in esame anche in riferimento agli artt. 3, 41, 120 Cost., sotto i profili dianzi indicati, nonche' all'art. 117, comma 1, Cost. in relazione ai principi generali dell'ordinamento comunitario in tema di tutela del libero commercio, della liberta' di iniziativa economica e della concorrenza. 32. - Va a questo punto anche ricordato che il gia' citato art. 154, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha espressamente stabilito che con decreto del ministero dell'economia, di concerto con quello dell'ambiente, devono essere indicati i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa. La disposizione specifica che questa regola e' dettata «Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale». Questa esigenza di omogeneita' sul territorio nazionale non e' stata individuata e garantita per la prima volta dal d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ma era gia' presente nel complesso della legislazione statale, data l'incontestabile interferenza della materia relativa alla determinazione dei canoni con quella ambientale e con quella della concorrenza. Va anche ricordato che il medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006 all'art. 171 aveva fissato nel 2006 (con decorrenza dal 2002), i canoni per le concessioni di grandi derivazioni ad uso idroelettrico in € 12,00 per ogni chilowatt di potenza nominale assentita. E' vero che questa disposizione si riferisce formalmente solo ad alcune concessioni di grande derivazione (quelle in corso di sanatoria ricadenti nel territorio della Sicilia), ma e' anche vero che essa dimostra che il legislatore nazionale ha ritenuto, nel 2006, che per le grandi derivazioni ad uso idroelettrico fosse congruo un canone medio di € 12,00 per chilowatt. Invece, l'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1, ha fissato due anni prima, nel 2004, il canone per le grandi derivazioni in un ammontare doppio, ossia in € 24,00 per chilowatt, senza che risultino le ragioni, legate a particolari esigenze locali relative ai costi ambientali ed ai costi della risorsa, che possano aver fatto determinare un canone addirittura raddoppiato rispetto a quello medio nazionale. Non e' pertanto manifestamente infondato il dubbio che la disposizione in esame, imponendo per il territorio della provincia di Bolzano un canone doppio, particolarmente gravoso, rispetto a quello applicato nel resto del territorto nazionale, determini un minor utilizzo di fonti di energia rinnovabili, quale quella idroelettrica, e quindi violi il principio della riserva statale in materia di legislazione ambientale, con conseguente contrarieta' all'art. 117, comma 2, lett. s), Cost. Analogamente, non e' manifestamente infondato il dubbio che la medesima disciplina contrasti anche con l'art. 117, comma 2, lett. e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza. Infatti, in un mercato liberalizzato dell'energia, quale quello disegnato dal d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, una disposizione normativa che raddoppi addirittura l'ammontare del canone, con conseguente rilevante aumento del costo dell'energia prodotta, rispetto al resto del territorio nazionale, produce effetti riflessi in tema di concorrenza e rientra nella competenza legislativa esclusiva statale. Sembra, invero, in relazione a questi ultimi due profili di possibile illegittimita' costituzionale, che possano valere anche per il caso in esame i principi affermati dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 29 e n. 142 del 2010 in riferimento alla determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua. La Corte ha infatti rilevato che tale determinazione interferisce con la materia della concorrenza e con quella della tutela ambientale. E puo' analogamente ritenersi che, anche nel diverso settore della determinazione del canone delle concessioni di acqua pubblica attribuito alla competenza concorrente provinciale, possa affermarsi il principio che l'omogeneita' (anche se non l'uniformita') del canone, ancorato a parametri determinati e valevoli per tutto il territorio nazionale, sia finalizzata a preservare il bene giuridico ambiente dai rischi derivanti da una disciplina non uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore della produzione idroelettrica. 33. - L'appellante rappresenta poi che l'introduzione, non ponderata, ne' attesa, ne' annunciata, di un canone esorbitante, da doversi applicare anche alle concessioni in corso, determina un rilevante pregiudizio all'economia di essa societa' e priva la comunita' di riferimento dei comuni di Bolzano e di Merano di significative quote di risorse, derivanti dalle attivita' elettriche, che lo statuto speciale di autonomia e la normativa di attuazione, di cui al d.P.R. n. 235/1977 - non derogabile dalla legislazione provinciale - hanno inteso riservare alle dette comunita'. Va invero ricordato che le modifiche statutarie introdotte nel 1972 e l'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), avevano in passato espressamente attribuito ai soli enti locali (fra i quali non erano ricompresse le province autonome) il potere di svolgere attivita' elettrica, fatta eccezione dell'importazione e dell'esportazione, mediante la costituzione di aziende municipalizzate nel settore idroelettrico, in deroga alla disciplina sulla nazionalizzazione ed in applicazione dei noti impegni internazionali assunti dall'Italia con l'Austria. Con la introduzione dei nuovi canoni, del tutto disancorati dall'effettivo valore della concessione, ma frutto di una episodica, quanto imperscrutabile azione, la Provincia avrebbe perpetrato una vera e propria ablazione di una significativa quota di ricchezza prodotta dalla attivita' di generazione idroelettrica a tutto suo vantaggio. Questa sottrazione sarebbe illegittima costituzionalmente, per violazione dello statuto speciale, che escluderebbe che la Provincia possa sfruttare la determinazione del canone-corrispettivo come uno strumento per sottrarre parte del reddito prodotto dai concessionari. L'art. 13 dello Statuto speciale, infatti, riconosce gia' alle province una cospicua quota di energia prodotta dai concessionari di grandi derivazioni, nella forma di un sovracanone, che ha una finalita' solidaristica ed una natura del tutto diversa da quella del canone di concessione, escludendo quindi implicitamente che la Provincia possa acquisire parte del valore prodotto dalla concessione con altre modalita', quali lo snaturamento dell'istituto del canone concessorio. Le norme in esame avrebbero quindi inteso imporre ai concessionari in atto un intollerabile balzello, sotto le mentite spoglie di una mera nuova determinazione del canone, il quale peraltro, nel mercato provinciale, si somma all'obbligo di consegnare gratuitamente alla Provincia una rilevante quota della energia prodotta, in aggiunta agli altri sovracanoni. Le riportate considerazioni svolte dall'appellante non appaiono manifestamente infondate. Sussiste quindi il dubbio di illegittimita' costituzionale delle disposizioni in esame per contrasto con gli artt. 1 e 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), nonche' in riferimento agli artt. 5, 9 e 13 dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige ed all'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'eccesso di potere legislativo e della manifesta irragionevolezza. 34. - L'appellante sostiene infine che la disciplina censurata finisce per abbattersi esclusivamente sugli enti locali concessionari, i quali, a differenza delle imprese private, non sono in grado di delocalizzare la produzione, perche' essi, istituzionalmente, sono chiamati a gestire le attivita' elettriche, almeno in forma prevalente, nel territorio provinciale. Si verrebbe cosi' a determinare una irragionevole discriminazione tra imprenditori operanti nel medesimo territorio, in danno delle aziende degli enti locali con conseguente vulnus per le collettivita' locali. Inoltre, il rilevante incremento dei canoni, del tutto disallineato dalla media nazionale, introdurrebbe una ingiustificata discriminazione, in danno di tutti i concessionari della Provincia, nei confronti degli operatori che operano fuori dal territorio provinciale. Di qui il sospetto di illegittimita' costituzionale - che il tribunale ritiene non manifestamente infondato - in riferimento all'art. 1 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, all'art. 3 Cost. sotto il profilo della irragionevole disparita' di trattamento, ed agli artt. 41 e 120 Cost. 35. - Come gia' piu' volte evidenziato, i suddetti dubbi di legittimita' costituzionale investono non solo l'art. 29 della legge prov. 8 aprile 2004, n. 1, ma anche l'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, che avevano modificato i commi 1 e 2 dell'art. 1 della legge prov. 29 marzo 1983, n. 10, introducendo per la prima volta il criterio dell'aumento progressivo, anziche' proporzionale, del canone e fissando ammontari differenziati all'interno della stessa categoria di utilizzazione. I detti commi 1 e 2 del citato art. 3 della legge prov. n. 13 del 2000, infatti, avevano determinato il canone per l'uso idroelettrico in lire 10.500 per ogni chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta per le derivazioni inferiori a 3.000 chilowatt, ed in lire 30.000 per chilowatt per le derivazioni superiori ai 3.000 chilowatt. Anche nei confronti di questa disposizione sussistono quindi i medesimi dubbi di non conformita' con gli indicati parametri costituzionali. Si e' altresi' gia' rilevato che la questione di legittimita' costituzionale e' rilevante in questo giudizio anche con riferimento al detto art. 3 della legge prov. 29 agosto 2000, n. 13, in quanto questa e' la disposizione che dovrebbe essere applicata per accertare l'ammontare dei canoni dovuti dal 1 ° gennaio al 30 giugno 2004. Le questioni di legittimita' costituzionale vanno quindi sollevate nei confronti di entrambe le dette disposizioni. 36. - In conclusione, ritiene questo Tribunale Superiore che tutte le suddette questioni di legittimita' costituzionale non siano manifestamente infondate, sicche', essendo le stesse rilevanti in questo giudizio (anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 1, lett. a), della legge prov. 23 dicembre 2010, n. 15) e non superabili mediante una diversa interpretazione, la loro risoluzione deve essere rimessa alla Corte costituzionale. Di conseguenza vanno sollevate, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le suddette questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1, nonche' dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto 2000, n. 13, che modificano l'art. 1 della legge prov. Bolzano 9 marzo 1983, n. 10, in riferimento ai parametri, sotto i profili e nei termini dianzi indicati. Il presente giudizio deve essere sospeso.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva le suindicate questioni di legittimita' costituzionale dall'art. 29 della legge prov. Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006 e norme legislative collegate - Legge finanziaria 2004) e dell'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. Bolzano 29 agosto 2000, n. 13 (Disposizioni finanziarie in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2000 e per il triennio 2000-2002 e norme legislative collegate), che modificano l'art. 1 della legge prov. Bolzano 9 marzo 1983, n. 10 (Adeguamento della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica), in riferimento all'art. 117, commi 1 e 3, Cost. (per violazione dei principi generali comunitari e dei principi fondamentali della legislazione statale indicati), all'art. 117, comma 2, lett. e) ed s), Cost. (per violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e dell'ambiente), all'art. 3 Cost. (sotto diversi profili di manifesta irragionevolezza, di ingiustificata disparita' di trattamento e di eccesso di potere legislativo), agli artt. 23, 24, 41, 97, 113, 120 Cost., nonche' agli artt. 5, 9 e 13 dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige ed agli artt. 1 e 1-bis del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), sotto i profili e nei termini dianzi indicati; Sospende il giudizio in corso; Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, e che sia anche comunicata al Presidente del Consiglio provinciale di Bolzano. Cosi' deciso in Roma, nella sede del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il 25 gennaio 2012. Il Presidente: Elefante