N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2012

Ordinanza del  9  maggio  2012  emessa  dal  Tribunale  di  Roma  nei
procedimenti civili riuniti promossi da Ditrani Carla ed altri contro
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Personale docente,  amministrativo,  tecnico  ed  ausiliario  della
  scuola (A.T.A.) - Previsione che gli anni 2010,  2011  e  2012  non
  sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali  e
  dei  relativi  incrementi  economici  previsti  dalle  disposizioni
  contrattuali  vigenti  -  Lesione  del  principio  di  solidarieta'
  sociale - Violazione del principio di uguaglianza sotto il  profilo
  del deteriore trattamento del personale  scolastico  rispetto  agli
  altri  dipendenti  pubblici  contrattualizzati  -  Violazione   del
  principio  di  progressivita'  dell'imposizione  tributaria  e   di
  capacita' contributiva - Lesione del principio  della  retribuzione
  proporzionata ed adeguata - Violazione del principio  di  autonomia
  negoziale nell'ambito della contrattazione collettiva - Lesione dei
  principi  di  imparzialita'  e  buon   andamento   della   pubblica
  amministrazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 23. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 35, 39, 42, 53, e 97. 
Bilancio e contabilita' pubblica  -  Misure  urgenti  in  materia  di
  stabilizzazione  finanziaria  e  di  competitivita'   economica   -
  Lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite
  nel conto economico  consolidato,  come  individuate  dall'ISTAT  -
  Previsione che il computo  dei  trattamenti  di  fine  servizio  si
  effettua secondo le regole di  cui  all'art.  2120  del  c.c.,  con
  applicazione dell'aliquota del 6,91  per  cento  -  Violazione  del
  principio di uguaglianza sotto il profilo del deteriore trattamento
  dei dipendenti pubblici rispetto a quelli  privati  -  Lesione  del
  principio della retribuzione  (anche  differita)  proporzionata  ed
  adeguata. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 12, comma 10. 
- Costituzione, artt. 3 e 36. 
(GU n.33 del 22-8-2012 )
 
                             IL TRIBUNALE 
 
    Verbale della causa n. r.g. n. 19402/2011, tra  Maria  Antonietta
Lopriore, Concetta Saldi, Michelina Fasciocco, Michela Orazi, Teodora
Poti, Assunta Cardone, Giulia  Pantani,  Elisabetta  Genovesi  Luigia
Castrignano',  Gabriella  del  Core,  Maria  Teresa  Benini,  Barbara
Ercole, Carla Ditrani, Isabella  Macarini  Daniela  Gizzi,  Annabella
Quartararo,  Enrica  Grigoli,  Edviger  Corsetti,  Antonia   Carbone,
Massimo Ceccaccio, attore/i, 
    e: 
    Ministero   istruzione   universita'    e    ricerca    ministero
dell'istruzione universita' e ricerca MIUR, convenuto/I. 
    Oggi 9 maggio 2012, alle  ore  10,00,  innanzi  al  dott.  Ileana
Fedele, sono comparsi. 
    Per i ricorrenti,  presenti  Genovesi,  Poti,  Cardone,  Ditrani,
l'avv. Campilongo Sandro. 
    Per Ministero istruzione universita'  e  ricerca  l'avv.  Molfese
Alessandra. 
    I procuratori si riportano ai  rispettivi  scritti  ed  insistono
nelle rispettive richieste. 
    Il Giudice 
    Si ritira in camera di consiglio. 
    Il giudice designato, dott.  Ileana  Fedele,  all'udienza  del  9
maggio 2012 ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta
al  R.G.L.  n.  19402/2011  (ad  essa  riunita   quelle   recanti   i
nn. 19403/2011,  19405/2011,  19406/2011,   19408/2011,   19466/2011,
19468/2011,   19470/2011,   19472/2011,    19474/2011,    19482/2011,
19485/2011,   19486/2011,   19487/2011,    19489/2011,    19491/2011,
21651/2011, 21652/2011, 21653/2011, 21654/2011)  promossa  da:  Carla
Ditrani, Annabella  Quartararo,  Daniela  Gizzi,  Isabella  Macarini,
Elisabetta Genovesi, Maria Teresa Benini, Gabriella del Core,  Luigia
Castrignano',  Giulia  Pantani,  Barbara  Ercole,  Assunta   Cardone,
Teodora  Poti,  Michela  Orazi,  Concetta  Saldi,  Maria   Antonietta
Lopriore, Michelina Fasciocco, Massimo  Ceccaccio,  Antonia  Carbone,
Edviger Corsetti, Enrica Grigoli  elettivamente  domiciliati  in  via
Aurelia n. 386, Roma, rappresentati e  difesi  dagli  avv.ti  Stefano
Tarullo e Sandro Campilongo come da  procura  estesa  a  margine  dei
rispettivi ricorsi; Ricorrente; 
    Contro  Ministero  dell'Istruzione,  dell'Universita'   e   della
Ricerca,  in  persona  del  Ministro   pro   tempore,   elettivamente
domiciliato presso l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio,  sito
in via Luigi Pianciani n. 32, Roma, rappresentato e  difeso  ex  art.
417-bis c.p.c. dalle dott.sse Alessandra Molfese e Azzurra Mottolese,
Resistente. 
    All'esito della camera di consiglio, 
    Visti gli atti, 
    Premesso in fatto che: 
        con distinti  atti  gli  odierni  ricorrenti,  nella  dedotta
qualita'  di  docenti  ed  insegnanti  in  servizio  presso  istituti
scolastici  ricompresi   nell'ambito   di   competenza   territoriale
dell'adito giudice del lavoro, instavano: 
          a) per la declaratoria di illegittimita' della  sospensione
delle posizioni ed  incrementi  stipendiali  disposta  dal  comma  23
dell'art. 9 del d.l. 31  marzo  2010,  n.  78,  come  convertito  con
modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con  consequenziale
riconoscimento del diritto al  trattamento  giuridico  e  retributivo
spettante in virtu'  delle  previsioni  contrattuali  vigenti,  senza
tener conto delle  contestate  riduzioni,  a  tal  fine  prospettando
violazioni  di   legge   e   sollevando   dubbi   di   illegittimita'
costituzionale della richiamata normativa primaria rispetto a diversi
parametri (artt. 2, 3, 35, 36, 39, 41, 42 53, 97 e 98 Cost.); 
          b)  per  l'accertamento  dell'avvenuta  abrogazione   della
disciplina sull'indennita' di buonuscita a decorrere  dal  1  gennaio
2011 per effetto del comma 10, art. 12 del medesimo d.l. n.  78/2010,
con  conseguente  declaratoria  di  illegittimita'   del   perdurante
prelievo del 2,50% sull'80% della retribuzione - operata a titolo  di
rivalsa  sull'accantonamento  per  l'indennita'  di  buonuscita  -  e
domanda di restituzione degli accantonamenti eseguiti,  prospettando,
in via subordinata, questione di costituzionalita' per la  disparita'
di  trattamento  a  carico  dei  lavoratori  dipendenti  del  settore
pubblico rispetto ai lavoratori privati, non  assoggettati  ad  alcun
prelievo in relazione  all'accantonamento  del  trattamento  di  fine
rapporto da parte del datore di lavoro; 
        si  costituiva   in   giudizio   l'Amministrazione   intimata
formulando preliminarmente istanza per la riunione dei giudizi e, nel
merito,  richiamando  il  contesto  di  eccezionalita'  della   grave
situazione  economica  internazionale  entro  il  quale  erano  state
adottate le contestate misure di riduzione della  spesa,  consistenti
nel blocco della contrattazione e nel congelamento degli stipendi; in
particolare, con la soppressione delle anzianita' di carriera per gli
anni 2010-2011-2011 le spese per docenti ed ATA erano  state  ridotte
rispettivamente di 320-640-960 milioni di euro; inoltre, erano  stati
previsti ulteriori tagli alla spesa pubblica  ed  una  riduzione  dei
costi   della   politica    e    della    pubblica    amministrazione
complessivamente intesa; in ogni caso, l'Amministrazione si rimetteva
al   giudicante   sulla   prospettata   questione   di   legittimita'
costituzionale del comma 23 dell'art. 9 del d.l. n. 78/2010; 
        si  provvedeva  alla  riunione   dei   giudizi,   considerata
l'identita' delle questioni di diritto implicate; 
    Considerato in diritto, con distinto riferimento  alle  questioni
prospettate, che: 
        a) il comma 23, art. 9 d.l. n. 78/2010,  convertito  in legge
n. 122/2010, prevede che: "Per il personale docente,  Amministrativo,
Tecnico ed Ausiliario (A.TA.) della Scuola, gli  anni  2010,  2011  e
2012 non  sono  utili  ai  fini  della  maturazione  delle  posizioni
stipendiali  e  dei  relativi  incrementi  economici  previsti  dalle
disposizioni contrattuali vigenti. E'  fatto  salvo  quanto  previsto
dall'art. 8, comma 14." In virtu' di tale previsione,  anche  tenendo
conto della clausola di  salvezza  ivi  enunciata  (che  non  imprime
alcuna garanzia in ordine alla sicura  finalizzazione  delle  risorse
ivi menzionate), il personale scolastico  e'  chiamato  a  subire  il
blocco della maturazione delle posizioni stipendiali  previste  dalla
contrattazione  collettiva  (in  particolare:  art.  79  C.C.N.L.  di
settore, rubricato  "progressione  professionale",  che  rinvia  alla
tabella II per la concreta individuazione  del  periodo  di  servizio
utilmente prestato ai fini del passaggio da una posizione stipendiale
all'altra), per gli anni sopra indicati. 
    Tale disposizione, valutata nell'ambito complessivo del  contesto
in cui e' inserita fa emergere, in parte qua e per quanto di ragione,
non   manifestamente   infondato,   il   dubbio    di    legittimita'
costituzionale sotto molteplici e concorrenti parametri. 
    In  particolare,  sussistono,  ad  avviso   del   giudicante,   i
presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale
con riguardo ai seguenti profili: 
        1. violazione dell'art. 53 Cost., anche in relazione all'art.
3: infatti, la norma della cui legittimita' costituzionale si  dubita
e' inserita nel d.l. n. 78/2010, come  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 122/2010, rubricato  "Misure  urgenti  in  materia  di
stabilizzazione finanziaria e competitivita' economica"; il preambolo
del d.l. riconduce le sue  disposizioni  alla  matrice  comune  della
"straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni  per  il
contenimento della spesa pubblica e  per  il  contrasto  all'evasione
fiscale, alle finalita' di stabilizzazione finanziaria e del rilancio
della competitivita' economica";  gli  ulteriori  commi  dell'art.  9
introducono  per  tutti  i  dipendenti  pubblici   decurtazioni   sul
trattamento retributivo superiore ad una  certa  quota  ovvero  altre
misure per il personale non contrattualizzato  ed  alcune  specifiche
solo per i magistrati. 
    Tali  vincoli  e  limitazioni,  sebbene  presentati   come   mere
riduzioni della spesa pubblica, consistono di fatto in veri  tributi,
come gia' ritenuto in diverse ordinanze (T.A.R. Campania, Salerno, 23
giugno 2011, n. 1162, T.A.R. Piemonte, 28 luglio 2011, n. 846; T.A.R.
Veneto, 15 novembre 2011, n. 1685, T.A.R. Palermo 14  dicembre  2011,
n. 2375; T.A.R. Umbria, 25 gennaio 2012, n.  11).  A  conferma  della
natura di tributo anche della disposizione in contestazione, in  base
ai criteri a tal fine enucleati dalla giurisprudenza costituzionale a
prescindere dalla formale qualifica  utilizzata  dal  legislatore  (e
sintetizzabili nella doverosita' della prestazione, nella mancanza di
un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento  di  detta
prestazione alla  pubblica  spesa  in  relazione  ad  un  presupposto
economicamente rilevante: ex multis, Corte  costituzionale,  sentenze
nn. 141/2009, 64/2008), basti considerare che  la  sospensione  degli
scatti stipendiali e' stata disposta: a) in  via  autoritativa  dallo
Stato a prescindere  da  qualsivoglia  rapporto  sinallagmatico  (nel
senso che esse non trovano ragione in una controprestazione in favore
del  dipendente);  b)  in  relazione  al  presupposto  economicamente
rilevante della percezione del reddito da lavoro ed  in  collegamento
con  la  spesa  pubblica,  come  reso  evidente  dagli  obiettivi  di
carattere finanziario richiamati nel preambolo del d.l. 78/2010. 
    Deve, quindi, concludersi che la disposizione in esame ha  natura
tributaria,  e,  in  quanto   tale,   deve   essere   necessariamente
assoggettata ai principi di universalita', capacita'  contributiva  e
progressivita' di cui all'art. 53 Cost.; principi che,  nel  caso  di
specie, risultano violati in quanto la misura varata con il comma  23
dell'art. 9, da  un  lato,  colpisce  solo  il  personale  scolastico
all'interno dell'amplissima categoria dei cittadini,  e,  all'interno
di  questa,  dei  lavoratori,  risultando   i   dipendenti   pubblici
discriminati rispetto a quelli  privati  e,  comunque,  il  personale
scolastico discriminato all'interno della  categoria  dei  dipendenti
pubblici  contrattualizzati,  senza   alcuna   espressa   (o   almeno
apprezzabile) motivazione;  dall'altro,  la  misura  disposta  incide
senza considerare il principio di progressivita', di cui  al  secondo
comma  dell'art.  53  Cost.,  nel  senso  che  la  sospensione  della
maturazione degli incrementi  stipendiali  verra'  ad  operare  senza
considerare la capacita' contributiva  e  penalizzando  di  fatto  il
personale agli inizi della carriera, con livelli retributivi iniziali
piu' bassi,  cosi'  evidenziando  anche  profili  di  intrinseca  non
ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost. 
        2. Violazione dell'art. 2, anche  in  relazione  all'art.  3:
anche a non voler ritenere la natura tributaria della disposizione in
contestazione, essa solleva comunque ulteriori ed autonomi  dubbi  di
non  manifesta  infondatezza   per   violazione   dei   principi   di
uguaglianza, ragionevolezza legislativa e di solidarieta' sociale, di
cui agli artt.  3  e  2  Cost..  Infatti,  a  fronte  delle  esigenze
contingenti che hanno sollecitato l'agire del legislatore  d'urgenza,
come rese evidenti  dal  gia'  richiamato  preambolo,  le  misure  di
risanamento sono state adottate agendo sulle  retribuzioni  dei  soli
pubblici dipendenti, ed in particolare del personale scolastico, cio'
che  prospetta  la  contemporanea   violazione   del   principio   di
uguaglianza tra i cittadini e del dovere  di  solidarieta'  politica,
sociale ed economica di cui rispettivamente agli artt. 3 e 2 Cost. In
effetti, ove l'esigenza inderogabile di riduzione della spesa  derivi
dalla   richiamata   "eccezionalita'   della   situazione   economica
internazionale", ne discenderebbe la  necessita'  di  accollare  tale
onere sulla collettivita' considerata nel suo insieme e non gia' solo
su di una parte dei cittadini (i pubblici dipendenti), ed  in  misura
ancora maggiore su di una cerchia  ristretta  dei  predetti  pubblici
dipendenti, ossia il personale  scolastico.  Tale  approccio  appare,
pertanto, in contrasto anche con l'art. 2 Cost. e con i  principi  di
solidarieta'  sociale,  politica  ed  economica  ivi  indicati,   cui
corrispondono ben precisi "doveri inderogabili",  che  devono  essere
rapportati all'intera comunita'. 
        3. Violazione degli artt. 42 e 97 Cost., anche  in  relazione
all'art. 3  Cost.:  infatti,  la  disposizione  in  contestazione  si
atteggia quale nonna di carattere provvedimentale che  determina  nei
confronti dei soggetti interessati un effetto ablatorio di diritti di
contenuto  economico  gia'  acquisiti  nella  sfera  soggettiva   del
dipendente   pubblico   in   virtu'   delle   vigenti    disposizioni
contrattuali, alterando il sinallagma proprium dei rapporti di durata
e senza prevedere alcun misura compensativa o  indennitaria,  neppure
sul piano della fruibilita' del rapporto complessivo (orario, riposi,
ferie, etc.), in tal modo, peraltro, sottraendo alla stessa  pubblica
amministrazione la fase istruttoria e decisoria di ponderazione degli
interessi, volta alla piena cognizione della situazione di fatto, con
conseguente  compromissione  anche  dei  principi  propri  dell'agire
amministrativo. Inoltre, la norma della cui legittimita' si dubita ha
inciso  sulle  aspettative  e  sull'affidamento  dei  dipendenti  del
settore  scolastico  al  di  fuori  dei  canoni  di   uguaglianza   e
ragionevolezza prospettati dalla Corte  costituzionale  (Corte  Cost.
sentenze nn. 446/2002; 264/2005; 282/2005),  avuto  riguardo,  da  un
lato, al sacrificio unilateralmente imposto a tale categoria a fronte
di una situazione  contingente  di  crisi  che  dovrebbe  interessare
l'intera comunita', dall'altro alla non transitorieta' della  misura,
considerato che non e' previsto il diretto  recupero  della  disposta
sospensione degli scatti di anzianita' e stipendiali. 
        4. Violazione degli artt. 35 e 39 Cost. nonche' dell'art.  36
Cost.: la sospensione della maturazione delle  posizioni  stipendiali
viene a determinare, indirettamente,  anche  un'anomala  interruzione
dell'efficacia delle disposizioni contrattuali vigenti e, quindi, del
valore dell'autonomia  negoziale  riservata  alle  parti  nell'ambito
della contrattazione collettiva, in virtu' della esclusiva  posizione
dello Stato-datore di lavoro. Peraltro, in un  regime  normativo  nel
quale la retribuzione e' determinata  da  accordi  di  categoria,  il
rispetto del principio costituzionale della proporzionalita'  tra  il
lavoro svolto  e  la  sua  remunerazione  e'  affidato  proprio  allo
strumento del contratto collettivo (tanto che  i  minimi  retributivi
previsti dalla contrattazione collettiva sono assunti come  parametro
di riferimento della giusta retribuzione spettante al  lavoratore  ex
art. 36 Cost. anche  indipendentemente  dall'iscrizione  o  meno  del
datore di lavoro ad un'associazione sindacale stipulante:  ex  multis
Cass. 15.10.2010 n. 21274);  conseguentemente,  un'alterazione  degli
equilibri raggiunti in  sede  contrattuale,  anche  sul  piano  della
naturale progressione economica e  di  carriera,  puo'  sollevare  il
legittimo dubbio di  una  conseguente  violazione  del  principio  di
proporzionalita' e sufficienza della retribuzione. 
    Quanto alla rilevanza della questione, essa  sussiste  certamente
atteso che il vaglio di costituzionalita' della norma di cui al comma
23 dell'art. 9 del d.l. n. 78/2010  costituisce  unico  ed  immediato
paradigma normativo di  riferimento  per  l'eventuale  riconoscimento
dell'azionato diritto dei ricorrenti al mantenimento della precedente
disciplina del trattamento economico e giuridico (gia'  pregiudicato,
come reso evidente  dallo  slittamento  degli  scatti  riportati  sui
cedolini stipendiali dell'anno 2011 rispetto all'anno precedente). 
        b) il comma 10, art. 12 d.l. n. 78/2010,  convenuto  in legge
n. 122/2010, prevede che: "Con effetto sulle anzianita'  contributive
maturate a decorrere dal  l  gennaio  2011,  per  i  lavoratori  alle
dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche  inserite   nel   conto
economico   consolidato   della   pubblica   amministrazione,    come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196,  per  i
quali  il  computo  dei  trattamenti  di  fine   servizio,   comunque
denominati, in riferimento alle predette anzianita' contributive  non
e' gia' regolato in base a quanto previsto dall'art. 2120 del  codice
civile in materia di trattamento di fine  rapporto,  il  computo  dei
predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo  le  regole
di cui al citato  art.  2120  del  codice  civile,  con  applicazione
dell'aliquota del 6,91 per cento.". 
    Parte ricorrente assume che, per effetto  di  tale  disposizione,
che ha comportato l'estensione del regime di cui all'art.  2120  c.c.
(ai  fini  del  computo  dei  trattamenti  di  fine  servizio)  sulle
anzianita' contributive maturate a far tempo dal 1° gennaio 2011, con
applicazione dell'aliquota del 6,91%, sarebbe dovuta  venir  meno  la
trattenuta a carico del  dipendente  pari  al  2,50%  dell'80%  della
retribuzione,  in  quanto  operata  proprio  a  titolo   di   rivalsa
sull'accantonamento   per   l'indennita'    di    buonuscita.    Tale
interpretazione e' stata prospettata da parte ricorrente sul  rilievo
che l'art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, sulla cui base  e'
operata   la   trattenuta,   dovrebbe    ritenersi    abrogato    per
incompatibilita' con la disposizione in commento (vale a dire proprio
il comma 10 dell'art. 12 del d.l. n. 78/2010), in quanto, a decorrere
dal 1° gennaio 2011, la ritenuta  a  carico  dello  Stato  datore  di
lavoro non e' piu' del 9,60%  sull'80%  dello  stipendio  bensi'  del
6,91%  sull'intera   retribuzione;   a   riprova   della   perdurante
illegittimita' del prelievo parte ricorrente ha depositato agli  atti
un cedolino di una mensilita' 2011, dal quale risulta  effettuata  la
trattenuta del 2,50% sull'80% della retribuzione. 
    In via subordinata, parte ricorrente ha prospettato la  questione
di illegittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art.
3 Cost., sul rilievo che la disciplina  di  cui  all'art.  2120  c.c.
verrebbe ad incidere, a parita' di retribuzione, in misura  deteriore
sui dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, nei cui  confronti
non e' prevista la rivalsa del  datore  di  lavoro,  e  dell'art.  36
Cost., nella prospettiva che la protrazione  della  trattenuta  sulla
retribuzione determinerebbe un'illegittima ed irragionevole riduzione
dell'accantonamento sul trattamento di  fine  rapporto.  Quanto  alla
prima prospettazione, relativa alla dedotta abrogazione dell'art.  37
del d.P.R. n.  1032/1973,  ritiene  il  giudicante  che,  sebbene  la
disciplina introdotta dalla disposizione in commento  presenti  degli
indubbi caratteri di novita', la stessa non  consenta,  almeno  prima
facie, una ricostruzione complessiva della disciplina in  un  insieme
organico ed unitario, tale da sostituirsi al d.P.R. n. 1032/1973, si'
da poterne inferire in termini sicuri la  abrogazione  implicita  per
incompatibilita' ai sensi dell'art. 15 delle c.d. preleggi,  in  cio'
condividendosi il giudizio espresso in proposito da T.A.R. Umbria  25
gennaio 2012 n. 11. A tale conclusione si perviene anche argomentando
ex Cass. 1° ottobre 2002 n. 14129,  secondo  cui  "L'incompatibilita'
tra  le  nuove  disposizioni  di  legge  e  quelle  precedenti,   che
costituisce una delle due ipotesi  di  abrogazione  tacita  ai  sensi
dell'art. 15 delle preleggi, si verifica solo  quando  tra  le  norme
considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la
contemporanea   applicazione,   cosicche'   dalla   applicazione   ed
osservanza  della  nuova  legge   non   possono   non   derivare   la
disapplicazione o l'inosservanza dell'altra", non  ravvisandosi,  nel
caso  di  specie  un'ipotesi  di  impossibilita'   di   contemporanea
applicazione delle norme considerate. D'altro canto, non possono  non
apprezzarsi alcuni profili di contraddittorieta' che  derivano  dalla
contemporanea applicazione della disposizione in contestazione e  del
meccanismo di rivalsa del 2,50% a carico del dipendente: in  effetti,
a seguito dell'introduzione del comma 10 in  commento,  il  perdurare
della rivalsa appare in contrasto con i parametri di cui agli artt. 3
e  36  Cost.  nei   sensi   sopra   sintetizzati,   comportando   una
irragionevole disparita' di trattamento nei confronti dei  dipendenti
pubblici rispetto a quelli privati, che non subiscono  tale  rivalsa,
ed  una  illegittima   riduzione   della   retribuzione,   in   vista
dell'accantonamento finalizzato al trattamento di fine rapporto. 
    Anche in questo caso la questione e' rilevante  perche',  esclusa
in   questa   sede   la   diretta   abrogazione   della   norma   per
incompatibilita', solo attraverso il vaglio di  costituzionalita'  e'
possibile valutare la domanda avanzata dai ricorrenti. 
    Ritenuto, pertanto, che,  alla  luce  dei  predetti  rilievi,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  9,  comma  23,  e
dell'art. 12, comma 10, d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni
in legge  n.  122/2010,  si  appalesano  rilevanti,  in   quanto   le
disposizioni  richiamate  costituiscono  il  paradigma  normativo  di
riferimento per l'eventuale riconoscimento dei diritti  azionati  dai
ricorrenti, e non manifestamente infondate, alla luce  delle  esposte
considerazioni critiche; 
    Riservata ogni altra decisione  all'esito  del  giudizio  innanzi
alla  Corte  costituzionale,  alla  quale  va  rimessa  la  soluzione
dell'incidente di costituzionalita'; 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 23, d.l.  n.  78/2010,
convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, per contrasto  con
gli artt. 2, 3, 35, 36, 39, 42, 53, 97 della Costituzione; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 10, d.l. n.  78/2010,
convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, per contrasto  con
gli artt. 3 e 36 della Costituzione; 
    Sospende il giudizio e dispone la  trasmissione  immediata  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza alle parti ed al Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
nonche' per la comunicazione della stessa al  Presidente  del  Senato
della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. 
        Roma, addi' 9 maggio 2012 
 
                         Il giudice: Fedele