N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2012
Ordinanza del 9 maggio 2012 emessa dal Tribunale di Roma nei procedimenti civili riuniti promossi da Ditrani Carla ed altri contro Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola (A.T.A.) - Previsione che gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti - Lesione del principio di solidarieta' sociale - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo del deteriore trattamento del personale scolastico rispetto agli altri dipendenti pubblici contrattualizzati - Violazione del principio di progressivita' dell'imposizione tributaria e di capacita' contributiva - Lesione del principio della retribuzione proporzionata ed adeguata - Violazione del principio di autonomia negoziale nell'ambito della contrattazione collettiva - Lesione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 23. - Costituzione, artt. 2, 3, 35, 39, 42, 53, e 97. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, come individuate dall'ISTAT - Previsione che il computo dei trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui all'art. 2120 del c.c., con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo del deteriore trattamento dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati - Lesione del principio della retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 12, comma 10. - Costituzione, artt. 3 e 36.(GU n.33 del 22-8-2012 )
IL TRIBUNALE Verbale della causa n. r.g. n. 19402/2011, tra Maria Antonietta Lopriore, Concetta Saldi, Michelina Fasciocco, Michela Orazi, Teodora Poti, Assunta Cardone, Giulia Pantani, Elisabetta Genovesi Luigia Castrignano', Gabriella del Core, Maria Teresa Benini, Barbara Ercole, Carla Ditrani, Isabella Macarini Daniela Gizzi, Annabella Quartararo, Enrica Grigoli, Edviger Corsetti, Antonia Carbone, Massimo Ceccaccio, attore/i, e: Ministero istruzione universita' e ricerca ministero dell'istruzione universita' e ricerca MIUR, convenuto/I. Oggi 9 maggio 2012, alle ore 10,00, innanzi al dott. Ileana Fedele, sono comparsi. Per i ricorrenti, presenti Genovesi, Poti, Cardone, Ditrani, l'avv. Campilongo Sandro. Per Ministero istruzione universita' e ricerca l'avv. Molfese Alessandra. I procuratori si riportano ai rispettivi scritti ed insistono nelle rispettive richieste. Il Giudice Si ritira in camera di consiglio. Il giudice designato, dott. Ileana Fedele, all'udienza del 9 maggio 2012 ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al R.G.L. n. 19402/2011 (ad essa riunita quelle recanti i nn. 19403/2011, 19405/2011, 19406/2011, 19408/2011, 19466/2011, 19468/2011, 19470/2011, 19472/2011, 19474/2011, 19482/2011, 19485/2011, 19486/2011, 19487/2011, 19489/2011, 19491/2011, 21651/2011, 21652/2011, 21653/2011, 21654/2011) promossa da: Carla Ditrani, Annabella Quartararo, Daniela Gizzi, Isabella Macarini, Elisabetta Genovesi, Maria Teresa Benini, Gabriella del Core, Luigia Castrignano', Giulia Pantani, Barbara Ercole, Assunta Cardone, Teodora Poti, Michela Orazi, Concetta Saldi, Maria Antonietta Lopriore, Michelina Fasciocco, Massimo Ceccaccio, Antonia Carbone, Edviger Corsetti, Enrica Grigoli elettivamente domiciliati in via Aurelia n. 386, Roma, rappresentati e difesi dagli avv.ti Stefano Tarullo e Sandro Campilongo come da procura estesa a margine dei rispettivi ricorsi; Ricorrente; Contro Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato presso l'Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, sito in via Luigi Pianciani n. 32, Roma, rappresentato e difeso ex art. 417-bis c.p.c. dalle dott.sse Alessandra Molfese e Azzurra Mottolese, Resistente. All'esito della camera di consiglio, Visti gli atti, Premesso in fatto che: con distinti atti gli odierni ricorrenti, nella dedotta qualita' di docenti ed insegnanti in servizio presso istituti scolastici ricompresi nell'ambito di competenza territoriale dell'adito giudice del lavoro, instavano: a) per la declaratoria di illegittimita' della sospensione delle posizioni ed incrementi stipendiali disposta dal comma 23 dell'art. 9 del d.l. 31 marzo 2010, n. 78, come convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con consequenziale riconoscimento del diritto al trattamento giuridico e retributivo spettante in virtu' delle previsioni contrattuali vigenti, senza tener conto delle contestate riduzioni, a tal fine prospettando violazioni di legge e sollevando dubbi di illegittimita' costituzionale della richiamata normativa primaria rispetto a diversi parametri (artt. 2, 3, 35, 36, 39, 41, 42 53, 97 e 98 Cost.); b) per l'accertamento dell'avvenuta abrogazione della disciplina sull'indennita' di buonuscita a decorrere dal 1 gennaio 2011 per effetto del comma 10, art. 12 del medesimo d.l. n. 78/2010, con conseguente declaratoria di illegittimita' del perdurante prelievo del 2,50% sull'80% della retribuzione - operata a titolo di rivalsa sull'accantonamento per l'indennita' di buonuscita - e domanda di restituzione degli accantonamenti eseguiti, prospettando, in via subordinata, questione di costituzionalita' per la disparita' di trattamento a carico dei lavoratori dipendenti del settore pubblico rispetto ai lavoratori privati, non assoggettati ad alcun prelievo in relazione all'accantonamento del trattamento di fine rapporto da parte del datore di lavoro; si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimata formulando preliminarmente istanza per la riunione dei giudizi e, nel merito, richiamando il contesto di eccezionalita' della grave situazione economica internazionale entro il quale erano state adottate le contestate misure di riduzione della spesa, consistenti nel blocco della contrattazione e nel congelamento degli stipendi; in particolare, con la soppressione delle anzianita' di carriera per gli anni 2010-2011-2011 le spese per docenti ed ATA erano state ridotte rispettivamente di 320-640-960 milioni di euro; inoltre, erano stati previsti ulteriori tagli alla spesa pubblica ed una riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione complessivamente intesa; in ogni caso, l'Amministrazione si rimetteva al giudicante sulla prospettata questione di legittimita' costituzionale del comma 23 dell'art. 9 del d.l. n. 78/2010; si provvedeva alla riunione dei giudizi, considerata l'identita' delle questioni di diritto implicate; Considerato in diritto, con distinto riferimento alle questioni prospettate, che: a) il comma 23, art. 9 d.l. n. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010, prevede che: "Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.TA.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti. E' fatto salvo quanto previsto dall'art. 8, comma 14." In virtu' di tale previsione, anche tenendo conto della clausola di salvezza ivi enunciata (che non imprime alcuna garanzia in ordine alla sicura finalizzazione delle risorse ivi menzionate), il personale scolastico e' chiamato a subire il blocco della maturazione delle posizioni stipendiali previste dalla contrattazione collettiva (in particolare: art. 79 C.C.N.L. di settore, rubricato "progressione professionale", che rinvia alla tabella II per la concreta individuazione del periodo di servizio utilmente prestato ai fini del passaggio da una posizione stipendiale all'altra), per gli anni sopra indicati. Tale disposizione, valutata nell'ambito complessivo del contesto in cui e' inserita fa emergere, in parte qua e per quanto di ragione, non manifestamente infondato, il dubbio di legittimita' costituzionale sotto molteplici e concorrenti parametri. In particolare, sussistono, ad avviso del giudicante, i presupposti per sollevare la questione di legittimita' costituzionale con riguardo ai seguenti profili: 1. violazione dell'art. 53 Cost., anche in relazione all'art. 3: infatti, la norma della cui legittimita' costituzionale si dubita e' inserita nel d.l. n. 78/2010, come convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010, rubricato "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitivita' economica"; il preambolo del d.l. riconduce le sue disposizioni alla matrice comune della "straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale, alle finalita' di stabilizzazione finanziaria e del rilancio della competitivita' economica"; gli ulteriori commi dell'art. 9 introducono per tutti i dipendenti pubblici decurtazioni sul trattamento retributivo superiore ad una certa quota ovvero altre misure per il personale non contrattualizzato ed alcune specifiche solo per i magistrati. Tali vincoli e limitazioni, sebbene presentati come mere riduzioni della spesa pubblica, consistono di fatto in veri tributi, come gia' ritenuto in diverse ordinanze (T.A.R. Campania, Salerno, 23 giugno 2011, n. 1162, T.A.R. Piemonte, 28 luglio 2011, n. 846; T.A.R. Veneto, 15 novembre 2011, n. 1685, T.A.R. Palermo 14 dicembre 2011, n. 2375; T.A.R. Umbria, 25 gennaio 2012, n. 11). A conferma della natura di tributo anche della disposizione in contestazione, in base ai criteri a tal fine enucleati dalla giurisprudenza costituzionale a prescindere dalla formale qualifica utilizzata dal legislatore (e sintetizzabili nella doverosita' della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante: ex multis, Corte costituzionale, sentenze nn. 141/2009, 64/2008), basti considerare che la sospensione degli scatti stipendiali e' stata disposta: a) in via autoritativa dallo Stato a prescindere da qualsivoglia rapporto sinallagmatico (nel senso che esse non trovano ragione in una controprestazione in favore del dipendente); b) in relazione al presupposto economicamente rilevante della percezione del reddito da lavoro ed in collegamento con la spesa pubblica, come reso evidente dagli obiettivi di carattere finanziario richiamati nel preambolo del d.l. 78/2010. Deve, quindi, concludersi che la disposizione in esame ha natura tributaria, e, in quanto tale, deve essere necessariamente assoggettata ai principi di universalita', capacita' contributiva e progressivita' di cui all'art. 53 Cost.; principi che, nel caso di specie, risultano violati in quanto la misura varata con il comma 23 dell'art. 9, da un lato, colpisce solo il personale scolastico all'interno dell'amplissima categoria dei cittadini, e, all'interno di questa, dei lavoratori, risultando i dipendenti pubblici discriminati rispetto a quelli privati e, comunque, il personale scolastico discriminato all'interno della categoria dei dipendenti pubblici contrattualizzati, senza alcuna espressa (o almeno apprezzabile) motivazione; dall'altro, la misura disposta incide senza considerare il principio di progressivita', di cui al secondo comma dell'art. 53 Cost., nel senso che la sospensione della maturazione degli incrementi stipendiali verra' ad operare senza considerare la capacita' contributiva e penalizzando di fatto il personale agli inizi della carriera, con livelli retributivi iniziali piu' bassi, cosi' evidenziando anche profili di intrinseca non ragionevolezza, di cui all'art. 3 Cost. 2. Violazione dell'art. 2, anche in relazione all'art. 3: anche a non voler ritenere la natura tributaria della disposizione in contestazione, essa solleva comunque ulteriori ed autonomi dubbi di non manifesta infondatezza per violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza legislativa e di solidarieta' sociale, di cui agli artt. 3 e 2 Cost.. Infatti, a fronte delle esigenze contingenti che hanno sollecitato l'agire del legislatore d'urgenza, come rese evidenti dal gia' richiamato preambolo, le misure di risanamento sono state adottate agendo sulle retribuzioni dei soli pubblici dipendenti, ed in particolare del personale scolastico, cio' che prospetta la contemporanea violazione del principio di uguaglianza tra i cittadini e del dovere di solidarieta' politica, sociale ed economica di cui rispettivamente agli artt. 3 e 2 Cost. In effetti, ove l'esigenza inderogabile di riduzione della spesa derivi dalla richiamata "eccezionalita' della situazione economica internazionale", ne discenderebbe la necessita' di accollare tale onere sulla collettivita' considerata nel suo insieme e non gia' solo su di una parte dei cittadini (i pubblici dipendenti), ed in misura ancora maggiore su di una cerchia ristretta dei predetti pubblici dipendenti, ossia il personale scolastico. Tale approccio appare, pertanto, in contrasto anche con l'art. 2 Cost. e con i principi di solidarieta' sociale, politica ed economica ivi indicati, cui corrispondono ben precisi "doveri inderogabili", che devono essere rapportati all'intera comunita'. 3. Violazione degli artt. 42 e 97 Cost., anche in relazione all'art. 3 Cost.: infatti, la disposizione in contestazione si atteggia quale nonna di carattere provvedimentale che determina nei confronti dei soggetti interessati un effetto ablatorio di diritti di contenuto economico gia' acquisiti nella sfera soggettiva del dipendente pubblico in virtu' delle vigenti disposizioni contrattuali, alterando il sinallagma proprium dei rapporti di durata e senza prevedere alcun misura compensativa o indennitaria, neppure sul piano della fruibilita' del rapporto complessivo (orario, riposi, ferie, etc.), in tal modo, peraltro, sottraendo alla stessa pubblica amministrazione la fase istruttoria e decisoria di ponderazione degli interessi, volta alla piena cognizione della situazione di fatto, con conseguente compromissione anche dei principi propri dell'agire amministrativo. Inoltre, la norma della cui legittimita' si dubita ha inciso sulle aspettative e sull'affidamento dei dipendenti del settore scolastico al di fuori dei canoni di uguaglianza e ragionevolezza prospettati dalla Corte costituzionale (Corte Cost. sentenze nn. 446/2002; 264/2005; 282/2005), avuto riguardo, da un lato, al sacrificio unilateralmente imposto a tale categoria a fronte di una situazione contingente di crisi che dovrebbe interessare l'intera comunita', dall'altro alla non transitorieta' della misura, considerato che non e' previsto il diretto recupero della disposta sospensione degli scatti di anzianita' e stipendiali. 4. Violazione degli artt. 35 e 39 Cost. nonche' dell'art. 36 Cost.: la sospensione della maturazione delle posizioni stipendiali viene a determinare, indirettamente, anche un'anomala interruzione dell'efficacia delle disposizioni contrattuali vigenti e, quindi, del valore dell'autonomia negoziale riservata alle parti nell'ambito della contrattazione collettiva, in virtu' della esclusiva posizione dello Stato-datore di lavoro. Peraltro, in un regime normativo nel quale la retribuzione e' determinata da accordi di categoria, il rispetto del principio costituzionale della proporzionalita' tra il lavoro svolto e la sua remunerazione e' affidato proprio allo strumento del contratto collettivo (tanto che i minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva sono assunti come parametro di riferimento della giusta retribuzione spettante al lavoratore ex art. 36 Cost. anche indipendentemente dall'iscrizione o meno del datore di lavoro ad un'associazione sindacale stipulante: ex multis Cass. 15.10.2010 n. 21274); conseguentemente, un'alterazione degli equilibri raggiunti in sede contrattuale, anche sul piano della naturale progressione economica e di carriera, puo' sollevare il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalita' e sufficienza della retribuzione. Quanto alla rilevanza della questione, essa sussiste certamente atteso che il vaglio di costituzionalita' della norma di cui al comma 23 dell'art. 9 del d.l. n. 78/2010 costituisce unico ed immediato paradigma normativo di riferimento per l'eventuale riconoscimento dell'azionato diritto dei ricorrenti al mantenimento della precedente disciplina del trattamento economico e giuridico (gia' pregiudicato, come reso evidente dallo slittamento degli scatti riportati sui cedolini stipendiali dell'anno 2011 rispetto all'anno precedente). b) il comma 10, art. 12 d.l. n. 78/2010, convenuto in legge n. 122/2010, prevede che: "Con effetto sulle anzianita' contributive maturate a decorrere dal l gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianita' contributive non e' gia' regolato in base a quanto previsto dall'art. 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato art. 2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento.". Parte ricorrente assume che, per effetto di tale disposizione, che ha comportato l'estensione del regime di cui all'art. 2120 c.c. (ai fini del computo dei trattamenti di fine servizio) sulle anzianita' contributive maturate a far tempo dal 1° gennaio 2011, con applicazione dell'aliquota del 6,91%, sarebbe dovuta venir meno la trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50% dell'80% della retribuzione, in quanto operata proprio a titolo di rivalsa sull'accantonamento per l'indennita' di buonuscita. Tale interpretazione e' stata prospettata da parte ricorrente sul rilievo che l'art. 37 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, sulla cui base e' operata la trattenuta, dovrebbe ritenersi abrogato per incompatibilita' con la disposizione in commento (vale a dire proprio il comma 10 dell'art. 12 del d.l. n. 78/2010), in quanto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, la ritenuta a carico dello Stato datore di lavoro non e' piu' del 9,60% sull'80% dello stipendio bensi' del 6,91% sull'intera retribuzione; a riprova della perdurante illegittimita' del prelievo parte ricorrente ha depositato agli atti un cedolino di una mensilita' 2011, dal quale risulta effettuata la trattenuta del 2,50% sull'80% della retribuzione. In via subordinata, parte ricorrente ha prospettato la questione di illegittimita' costituzionale della norma per violazione dell'art. 3 Cost., sul rilievo che la disciplina di cui all'art. 2120 c.c. verrebbe ad incidere, a parita' di retribuzione, in misura deteriore sui dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, nei cui confronti non e' prevista la rivalsa del datore di lavoro, e dell'art. 36 Cost., nella prospettiva che la protrazione della trattenuta sulla retribuzione determinerebbe un'illegittima ed irragionevole riduzione dell'accantonamento sul trattamento di fine rapporto. Quanto alla prima prospettazione, relativa alla dedotta abrogazione dell'art. 37 del d.P.R. n. 1032/1973, ritiene il giudicante che, sebbene la disciplina introdotta dalla disposizione in commento presenti degli indubbi caratteri di novita', la stessa non consenta, almeno prima facie, una ricostruzione complessiva della disciplina in un insieme organico ed unitario, tale da sostituirsi al d.P.R. n. 1032/1973, si' da poterne inferire in termini sicuri la abrogazione implicita per incompatibilita' ai sensi dell'art. 15 delle c.d. preleggi, in cio' condividendosi il giudizio espresso in proposito da T.A.R. Umbria 25 gennaio 2012 n. 11. A tale conclusione si perviene anche argomentando ex Cass. 1° ottobre 2002 n. 14129, secondo cui "L'incompatibilita' tra le nuove disposizioni di legge e quelle precedenti, che costituisce una delle due ipotesi di abrogazione tacita ai sensi dell'art. 15 delle preleggi, si verifica solo quando tra le norme considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicche' dalla applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l'inosservanza dell'altra", non ravvisandosi, nel caso di specie un'ipotesi di impossibilita' di contemporanea applicazione delle norme considerate. D'altro canto, non possono non apprezzarsi alcuni profili di contraddittorieta' che derivano dalla contemporanea applicazione della disposizione in contestazione e del meccanismo di rivalsa del 2,50% a carico del dipendente: in effetti, a seguito dell'introduzione del comma 10 in commento, il perdurare della rivalsa appare in contrasto con i parametri di cui agli artt. 3 e 36 Cost. nei sensi sopra sintetizzati, comportando una irragionevole disparita' di trattamento nei confronti dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, che non subiscono tale rivalsa, ed una illegittima riduzione della retribuzione, in vista dell'accantonamento finalizzato al trattamento di fine rapporto. Anche in questo caso la questione e' rilevante perche', esclusa in questa sede la diretta abrogazione della norma per incompatibilita', solo attraverso il vaglio di costituzionalita' e' possibile valutare la domanda avanzata dai ricorrenti. Ritenuto, pertanto, che, alla luce dei predetti rilievi, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 23, e dell'art. 12, comma 10, d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, si appalesano rilevanti, in quanto le disposizioni richiamate costituiscono il paradigma normativo di riferimento per l'eventuale riconoscimento dei diritti azionati dai ricorrenti, e non manifestamente infondate, alla luce delle esposte considerazioni critiche; Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita';
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 23, d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, per contrasto con gli artt. 2, 3, 35, 36, 39, 42, 53, 97 della Costituzione; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 10, d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni in legge n. 122/2010, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione; Sospende il giudizio e dispone la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione della stessa al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Roma, addi' 9 maggio 2012 Il giudice: Fedele