N. 196 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2012

Ordinanza del 16 maggio  2012  emessa  dal  Consiglio  di  Stato  sul
ricorso proposto da Marina Blu S.p.a. contro Comune di Rimini. 
 
Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni  -  Rideterminazione
  del canone per le concessioni per la realizzazione e la gestione di
  strutture dedicate alla nautica da diporto - Applicazione anche  ai
  rapporti   concessori   in   corso   -   Lesione   del    principio
  dell'affidamento  -  Incidenza  sul  principio   di   liberta'   di
  iniziativa economica privata. 
- Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 252. 
- Costituzione, artt. 3 e 41. 
(GU n.39 del 3-10-2012 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale n. 308 del 2012, proposto  da  Marina  Blu  s.p.a.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio  Lucisano  e  Francesco
Ciurmino Gibellini, con domicilio eletto presso Claudio  Lucisano  in
Roma, via Crescenzio n. 91; 
    Contro Comune di Rimini,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato
Wilma Marina Bernardi,  con  domicilio  eletto  presso  Maria  Teresa
Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare n. 14; 
    Per  la  riforma  della  sentenza  del  T.A.R.  Emilia-Romagna  -
Bologna, Sezione II, n. 659/2011,  resa  tra  le  parti,  concernente
Determinazione Canone Demaniale Marittimo, 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini; 
    Viste le memorie difensive; 
    Vista la domanda cautelare; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2012 il Cons.
Rosanna De Nictolis e  uditi  per  le  parti  gli  avvocati  Cimmino,
Lucisano e Barbantini (quest'ultima per delega dell'avv. Bernardi); 
    1. - Con il ricorso di primo grado e successivi  motivi  aggiunti
la societa' odierna appellante,  titolare  di  concessione  demaniale
della durata di 50 anni ha impugnato: 
        il provvedimento con cui il Comune di Rimini  ha  determinano
il canone per l'anno 2007; 
        il provvedimento con cui il Comune di Rimini  ha  determinano
il canone per l'anno 2008; 
        il provvedimento con cui il Comune di Rimini  ha  determinano
il canone per l'anno 2009; 
        il provvedimento con cui il Comune di Rimini  ha  determinano
il canone per l'anno 2010. 
    2. - Il Comune  di  Rimini,  nel  giudizio  di  primo  grado,  ha
eccepito: 
        il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; 
        l'inammissibilita'  del  ricorso  per  mancata  notificazione
all'Amministrazione del demanio marittimo. 
    3. - Con la sentenza in epigrafe (Tar Emilia Romagna  -  Bologna,
sez. II, n. 659 del 2011) il Tar: 
        non ha esaminato le eccezioni; 
        ha respinto il ricorso nel merito. 
    4. - La sentenza e' stata appellata  dall'originaria  ricorrente,
che ne ha anche chiesto la sospensione. 
    4.1. - Il Comune di Rimini, con controricorso non notificato,  si
e' opposto all'accoglimento dell'appello e ha riproposto le eccezioni
di cui al ricorso di primo grado. 
    4.2. - L'appellante con memoria ha replicato che le eccezioni,  e
in particolare quella del difetto di giurisdizione, e' inammissibile,
in quanto doveva essere proposta con appello incidentale  e  non  con
atto non notificato. 
    4.3. - La causa e' passata in decisione all'udienza del 15 maggio
2012 sia per il merito che per la domanda cautelare. 
    5. - Va anzitutto verificata l'ammissibilita' della questione  di
giurisdizione. 
    5.1. - La  sentenza  di  primo  grado,  a  fronte  dell'eccezione
espressa di difetto di giurisdizione e di inammissibilita' per  vizio
del contraddittorio, ha testualmente affermato: 
        «tenuto   conto   delle    incertezze    manifestate    dalla
giurisprudenza,  si  puo'  prescindere  dall'esame   delle   suddette
eccezioni, in quanto il ricorso risulta infondato». 
    5.2. - La questione di diritto che la causa pone e' stabilire  se
siffatta statuizione del giudice di primo grado vada considerata: 
        un  capo  implicito  che   afferma   la   sussistenza   della
giurisdizione del giudice amministrativo, avendo la sentenza statuito
nel merito; 
        un assorbimento dell'eccezione di giurisdizione, senza  alcun
capo implicito sulla giurisdizione. 
    5.3. - Per l'effetto, si  pone  la  questione  di  quale  sia  lo
strumento per contestare, in appello, tale statuizione, se: 
        l'appello, principale o incidentale, sulla giurisdizione,  ai
sensi dell'art. 9 cod. proc. amm.; 
        la  riproposizione   con   tempestiva   e   rituale   memoria
dell'eccezione assorbita, ai sensi  dell'art.  101  ult.  comma  cod.
proc. amm. 
    5.4.  -  Il  Collegio  non  intende  deflettere  dal  consolidato
orientamento della giurisprudenza secondo cui la  sentenza  di  primo
grado  che,  senza  statuire   espressamente   sulla   giurisdizione,
statuisce nel merito, contiene un capo implicito con cui  afferma  la
propria giurisdizione. Tale capo implicito, per essere contestato  in
appello,  deve  essere  specificamente  impugnato,  con  impugnazione
principale o incidentale (art. 9 cod. proc. amm.). 
    5.5. - Tuttavia,  il  «capo  implicito»  per  essere  tale,  deve
connotarsi perche' il giudice nulla dice sulla  giurisdizione,  e  si
pronuncia nel merito. 
    Il  giudicato  «implicito»  postula  che  ne'  le  parti  abbiano
eccepito  il  difetto  di  giurisdizione,  ne'  il  giudice  si   sia
pronunciato su di essa (Cass., sez. un., 14 luglio 2010, n. 16505). 
    Non puo' darsi valore di capo implicito al diverso caso in cui il
giudice, a fronte di espressa eccezione della  giurisdizione,  e  ben
consapevole della proposizione di una siffatta eccezione, la menziona
in sentenza ma dichiara di  volerne  prescindere,  ossia  di  volerla
assorbire, in quanto la causa e' infondata nel merito. 
    5.6.  -  A  prescindere  dalla   abnormita'   di   una   siffatta
affermazione (atteso che il giudice ha sempre il dovere di verificare
in via pregiudiziale la propria giurisdizione, non  potendo  adottare
una pronuncia di rigetto se e' privo di giurisdizione), dare  a  tale
affermazione il significato di un «capo implicito  affermativo  della
giurisdizione»  significherebbe  attribuire  ad   una   dichiarazione
espressa e univoca un valore che non  ha,  non  essendovi  qui  alcun
elemento implicito, ma un dato esplicito. 
    Pertanto, l'affermazione sopra virgolettata,  della  sentenza  di
primo  grado,  va  interpretata  non  come   capo   implicito   sulla
giurisdizione, ma come assorbimento  espresso  di  una  eccezione  di
difetto di giurisdizione. 
    5.7. - Sul piano dei rimedi processuali ne consegue che in  grado
di  appello  tale  statuizione  puo'   essere   contestata   mediante
riproposizione dell'eccezione assorbita (art. 101  cod.  proc.  amm.)
non occorrendo appello incidentale (art. 9 cod. proc. amm.). 
    6. - L'eccezione e' dunque ammissibile, tuttavia e' infondata. 
    6.1. - Secondo le  sez.  un.  della  Cassazione,  in  materia  di
concessioni amministrative, le controversie  concernenti  indennita',
canoni od  altri  corrispettivi,  riservate  alla  giurisdizione  del
giudice ordinario,  sono  solo  quelle  con  un  contenuto  meramente
patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento  della
p.a. a tutela di interessi generali; quando, invece, la  controversia
coinvolga  la  verifica  dell'azione  autoritativa  della  p.a.   sul
rapporto concessorio sottostante, ovvero quando  investa  l'esercizio
di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone  e
non semplicemente di accertamento tecnico  dei  presupposti  fattuali
economico-aziendali (sia sull'an che sul  quantum),  la  medesima  e'
attratta  nella  sfera  di  competenza  giurisdizionale  del  giudice
amministrativo (Cass. civ. [ord.], sez. un.,  25  novembre  2011,  n.
24902). 
    Sulla  questione  del  riparto  di  giurisdizione  in   caso   di
rideterminazione dei canoni demaniali marittimi in applicazione della
legge n. 296/2006 occorre inoltre richiamare: 
        a) l'ordinanza delle Sezioni unite della Corte di  cassazione
17 giugno 2010,  n.  14614,  da  cui  si  desume  che  la  previsione
normativa,  secondo  cui  la  giurisdizione  esclusiva  del   giudice
amministrativo in materia di concessione  di  beni  pubblici  non  si
estende alle controversie «concernenti indennita',  canoni  ed  altri
corrispettivi ...» (art. 133, comma 1, lett.  b),  cod.  proc.  amm.,
gia' art. 5 legge n. 1034 del 1971), va interpretata nel senso che la
giurisdizione del giudice ordinario ha per oggetto le controversie di
contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti  quantificazione  e
pagamento dei corrispettivi in questione,  e  purche'  non  entri  in
discussione la qualificazione del rapporto concessorio con  esercizio
di poteri  discrezionali  da  parte  dell'Amministrazione,  dovendosi
riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo,  in
presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi; 
        b) l'ordinanza delle Sezioni unite della Cassazione 1° luglio
2010, n.  15644,  secondo  cui  la  rideterminazione  del  canone  di
occupazione di beni del demanio  marittimo  da  parte  dell'Autorita'
portuale, a seguito di una differente interpretazione e di una mutata
classificazione della tipologia di occupazione in esito una rinnovata
valutazione   tecnico-discrezionale,   spetta   alla    giurisdizione
amministrativa, presupponendo un provvedimento amministrativo con cui
l'Autorita' incide sull'economia  dell'intero  rapporto  concessorio,
attraverso l'esercizio di poteri autoritativi; 
        c) la decisione  delle  Sezioni  unite  della  Cassazione  12
gennaio  2007,  n.  411,  secondo  cui  le  controversie  concernenti
indennita', canoni o altri corrispettivi, riservate,  in  materia  di
concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice  ordinario
sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale,  senza  che
assuma  rilievo  un  potere  d'intervento  della  p.a.  a  tutela  di
interessi generali; quando,  invece,  la  controversia  coinvolge  la
verifica dell'azione autoritativa della p.a. sull'intera economia del
rapporto  concessorio,  la  medesima  e'  attratta  nella  sfera   di
competenza  giurisdizionale  del  giudice   amministrativo;   ricorre
pertanto la giurisdizione  del  giudice  amministrativo  a  conoscere
della legittimita' del provvedimento di determinazione del canone  di
concessione di beni del demanio  marittimo  (ai  sensi  dell'art.  2,
legge n. 1501 del 1961, dell'art. 16, terzo comma, d.P.R. n. 328  del
1952 e dell'art. 5, primo comma, d.l. n. 546 del 1981), in  relazione
al  quale  e'  ravvisabile  un  potere   discrezionale   della   p.a.
concedente, come risulta dalla previsione di un canone  minimo  e  di
aumenti calcolati in rapporto alle caratteristiche oggettive ed  alle
capacita' reddituali dei beni, nonche' alle  effettive  utilizzazioni
consentite. 
    Anche la giurisprudenza della Sezione ha affermato  che  sussiste
la  giurisdizione  del  giudice  amministrativo  per  il  contenzioso
relativo ai provvedimenti di rideterminazione  del  canone  demaniale
per le concessioni marittime, in applicazione dell'art. 1, comma 251,
legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ritenuto costituzionalmente legittimo
da Corte cost. 22 ottobre 2010, n. 302), qualora  non  si  tratti  di
mera quantificazione del canone, ma  di  integrale  revisione  previa
ricognizione  tecnico-discrezionale  del  carattere   di   pertinenze
demaniali  marittime  delle  opere,  in  precedenza  realizzate   dal
concessionario,  nonche'  in  considerazione  dell'inamovibilita',  o
meno, delle stesse (Cons  St.,  Sez.  18  aprile  2011,  n.  2373;  3
febbraio 2011, n. 787; Cons. St., Sez. VI, 26 maggio 2010, n. 3348). 
    La rideterminazione del canone, a seguito dell'applicazione della
nuova normativa,  qualora  la  controversia  investa  l'esercizio  di
poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non
semplicemente  di  accertamento  tecnico  dei  presupposti   fattuali
economico-aziendali (sia sull'an  che  sul  quantum),  configura  una
fattispecie    rientrante    nella    giurisdizione    del    giudice
amministrativo, in conformita' ai principi in precedenza  richiamati,
mentre,  diversamente,  rientra  nell'ambito  di  giurisdizione   del
giudice ordinario. 
    6.2. - Tali principi vanno estesi al caso di specie, in cui viene
in considerazione l'applicazione dell'art. 1, comma 252, e non  comma
251, legge n. 296 del 2006. 
    Invero, con le censure articolate nel ricorso in primo grado, non
si  fa  questione  solo  di  misura  del  canone,  in  relazione   ai
presupposti   fattuali   economico-aziendali   e   ai   criteri    di
determinazione configurati dalla nuova normativa, ma anche in  radice
di applicabilita' della  normativa  sopravvenuta,  e  in  particolare
l'art. 1, comma 252, legge n. 296 del 2006, al  rapporto  concessorio
in corso (porto turistico). 
    Ne  consegue  che   sussiste   la   giurisdizione   del   giudice
amministrativo. 
    7. - Va  anche  disattesa  l'ulteriore  eccezione  sollevata  dal
Comune appellato, di inammissibilita' del ricorso di primo grado  per
omessa notificazione all'Amministrazione statale. 
    La censura e' infondata, atteso  che  i  provvedimenti  impugnati
sono stati adottati dal Comune appellato,  che  e'  pertanto  l'unica
amministrazione resistente parte necessaria del presente giudizio. 
    8. - Passando all'esame del merito, va osservato che  con  l'atto
di appello si assume che l'art. 1, comma 252, legge n. 296 del  2006,
a  differenza  del  comma  251,  non  si  applicherebbe  ai  rapporti
concessori in corso, che restano regolati dalla concessione, anche in
considerazione della circostanza che la  realizzazione  di  strutture
per la nautica da diporto comporta ingenti investimenti,  sicche'  il
canone e' fissato dall'atto concessorio tenendo conto dell'equilibrio
economico-finanziario dell'investimento. 
    Pertanto,  non  sarebbe  rilevante  per  il  caso  di  specie  la
giurisprudenza della Corte costituzionale, resa  con  riferimento  al
citato comma 251, ritenuto applicabile anche ai  rapporti  concessori
in corso. 
    Il comma 252  sarebbe  da  interpretare  nel  senso  che  sarebbe
inapplicabile ai rapporti concessori in corso. In via subordinata, se
interpretato nel senso che si applica ai rapporti in corso, si chiede
di sollevare incidente di costituzionalita'. 
    9. - Il Collegio ritiene che la  questione  di  costituzionalita'
proposta dalla parte appellante sia rilevante  e  non  manifestamente
infondata. 
    9.1. - Dispone l'art. 1, comma 252, legge n. 296 del 2006 che  il
comma 3 dell'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre  1993,  n.  400,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993,  n.  494,
e' sostituito dal seguente: 
        «3. - Le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b),  si
applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2007,  anche  alle  concessioni
dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi
ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate  alla
nautica da diporto». 
    La previsione in commento non distingue tra nuove  concessioni  e
rapporti  concessori  in  corso,  lasciando  intendere   di   trovare
applicazione, come il precedente comma 251, anche alle concessioni in
corso. 
    Peraltro, appare rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  252,
legge n. 296 del 2006, nella parte in cui ridetermina il  canone  per
le concessioni per  la  realizzazione  e  la  gestione  di  strutture
dedicate alla nautica da diporto con riferimento  anche  ai  rapporti
concessori in corso. 
    Analoga questione e' stata gia' dichiarata infondata dalla  Corte
cost.,  con  riferimento,  pero'  alle  diverse  concessioni  di  cui
all'art. 1, comma 251, della medesima legge. 
    Ritiene il Collegio che le concessioni per la nautica da diporto,
di cui al comma 252, siano ontologicamente diverse da quelle  di  cui
al comma 251,  e  che  pertanto  si  giustifichi  un  diverso  regime
transitorio. 
    Sul piano fattuale, le concessioni di' cui al comma 251  sono  in
numero molto piu' elevato (riguardando modeste porzioni di  spiagge),
comportano di regola  investimenti  nulli  o  modesti  a  carico  del
concessionario, e sono state connotate  da  una  situazione  fattuale
generalizzata  di  canoni  irrisori,  su  cui   il   legislatore   e'
intervenuto, nel 2006, per riallineare il canone  concessorio  con  i
valori di mercato. 
    Diverso e' il caso delle concessioni per la  realizzazione  e  la
gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, che  sono  in
numero molto piu' modesto,  essendo  limitato  il  numero  dei  porti
turistici,  e  che  comportano  ingenti  investimenti  da  parte  dei
concessionari. 
    Conseguentemente,  le  concessioni  in  corso  fissano  i  canoni
tenendo conto degli investimenti posti a  carico  dei  concessionari,
sulla scorta di un piano economico finanziario  che  deve  assicurare
l'equilibrio economico finanziario del concessionario. 
    In tale modello, l'atto concessorio  e'  affiancato  da  un  atto
contrattuale  (capitolato  o  disciplinare)  che  regola  i  rapporti
economici tra le parti. 
    A fronte di tale situazione di fatto, la previsione normativa che
aggiorna i canoni  demaniali  per  siffatti  rapporti  concessori  in
corso,  senza  alcuna  considerazione  delle  specifiche   situazioni
fattuali, senza tener conto  che  i  canoni  sono  determinati  dalle
singole concessioni avuto riguardo anche agli investimenti effettuati
dal concessionario, e senza escludere dal suo ambito quanto  meno  le
concessioni che gia' contemplano canoni in  linea  con  i  prezzi  di
mercato avuto anche riguardo agli investimenti  posti  a  carico  del
concessionario,   appare    in    contrasto    con    il    principio
dell'affidamento, con la tutela dell'impresa, e conseguentemente, con
svariate disposizioni costituzionali: 
        l'art. 3 Cost. per eccesso di potere  legislativo,  sotto  il
profilo  della  lesione  dell'affidamento  ingenerato  dai   rapporti
concessori  in  corso,  della  incidenza  retroattiva  non  solo   su
provvedimenti amministrativi, ma anche su  rapporti  contrattuali,  e
della irragionevole equiparazione delle  concessioni  in  corso  alle
nuove; 
        l'art.  41  Cost.  relativo  alla  liberta'   di   iniziativa
economica atteso che  scelte  imprenditoriali  anteriori  alla  legge
vengono irragionevolmente frustrate dalla legge sopravvenuta che va a
modificare rapporti contrattuali in corso. 
    La sollevata questione e' anche  rilevante  per  il  giudizio  in
corso,   atteso   che   i   provvedimenti   impugnati   si    fondano
sull'applicazione del citato art. 1, comma 252, sicche' la  eventuale
declaratoria  di  incostituzionalita'  comporterebbe,  nel   presente
giudizio, il risultato dell'annullamento dei provvedimenti impugnati. 
    Per  l'effetto,  ritenuta  la  questione   di   costituzionalita'
rilevante e non manifestamente infondata, il presente giudizio  viene
sospeso, e, a cura della segreteria della Sezione: 
        vanno  trasmessi  alla  Corte  costituzionale   la   presente
ordinanza unitamente al ricorso di primo grado e ai successivi motivi
aggiunti, alla sentenza del Tar, all'atto di appello; 
        la presente ordinanza va notificata alle parti in causa e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti delle Camere dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
    10. - In ordine alla domanda cautelare, la stessa e' assistita da
fumus toni iuris e da periculum in mora,  e  pertanto  la  stessa  va
accolta,  con   sospensione   dell'esecuzione   del   pagamento   dei
provvedimenti impugnati, alle seguenti condizioni: 
        a) l'accoglimento si  intende  fino  alla  data  della  nuova
udienza di merito che  sara'  fissata  a  seguito  della  definizione
dell'incidente di costituzionalita'; 
        b)  l'accoglimento  e'  subordinato  al  versamento  di   una
cauzione, ai sensi dell'art. 55, comma 2, cod. proc. amm., a garanzia
dell'eventuale  pagamento  dei  canoni  indicati  nei   provvedimenti
impugnati, da prestarsi da parte dell'appellante in favore del Comune
di Rimini, mediante fideiussione  bancaria  o  polizza  assicurativa,
entro 45 giorni  decorrenti  dalla  comunicazione  o,  se  anteriore,
notificazione della presente ordinanza. 
    Le spese della fase cautelare possono essere compensate. 
    11. - Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito, e in  ordine
alle spese della fase  di  merito,  resta  riservata  alla  decisione
definitiva. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Cautelarmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso  in
epigrafe: 
        a) visti gli artt. 134  della  Costituzione;  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11  marzo  1953,
n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 252, della legge n.
296 del 2006, in relazione agli articoli 3 e 97  della  Costituzione,
nella parte in cui si applica alle concessioni per la realizzazione e
gestione  delle  infrastrutture  per  la  nautica  da  diporto   gia'
rilasciate alla data della sua entrata in vigore, nei sensi di cui in
motivazione; 
        b) accoglie la domanda cautelare nei sensi e limiti di cui in
motivazione e compensa le spese della fase cautelare; 
        c) dispone la sospensione del presente giudizio; 
        d) ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
        e) ordina che  a  cura  della  segreteria  della  sezione  la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata  ai  Presidenti  delle
Camere dei deputati e del Senato della Repubblica; 
        f)  riserva  alla   decisione   definitiva   ogni   ulteriore
statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  15
maggio 2012. 
 
                        Il Presidente: Volpe 
 
 
                                             L'estensore: De Nictolis