N. 197 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 2012
Ordinanza del 15 giugno 2012 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Arcioni Paolo ed altri contro Universita' degli studi di Pavia e Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di compatibilita' economica - Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Previsione, per i dipendenti pubblici non contrattualizzati, che i meccanismi di adeguamento retributivo non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e che non danno luogo a recuperi - Previsione, altresi', che gli anni 2011, 2012 e 2013 non siano utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio e che le progressioni hanno effetto per i predetti anni soltanto a fini giuridici - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento dei lavoratori dipendenti rispetto a quelli autonomi - Violazione dei principi di generalita' e di progressivita' della tassazione e di capacita' contributiva, attesa la sostanziale natura tributaria della prestazione patrimoniale imposta - Violazione del principio della retribuzione proporzionata ed adeguata - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 21. - Costituzione, artt. 3, 36, 53 e 97.(GU n.39 del 3-10-2012 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2649 del 2011, proposto da: Arcioni Paolo, Barbieri Annalisa, Barni Sergio, Bardoni Anna Maria, Barni Sergio, Bernocchi Graziella, Bertone Vittorio, Bianchi Livia, Borio Gianmario, Brusoni Maura, Buceta Sande De Freitas Maria Isabel, Callegari Athos Maria, Campiglio Cristina, Cantoni Virginio, Cantu Ester, Capodoglio Andrea Giuseppe, Caraci Vela Maria, Caramella Carla Marcella, Casella Vittorio Marco, Cazzalini Ornella, Collina Simona, Cordini Giovanni, Crotti Renata, Curti Daniela, D'Agostino Marco, Dalla Toffola Elena, Danesino Cesare, Demichelis Stefano, Dossena Maurizia, Faita Giuseppe, Fasola Mauro, Favalli Lorenzo, Forzatti Giovanna, Gastaldi Giulia, Genta Ida, Gioglio Luciana, Guglielminetti Lidia, Guazzetti Giorgio, Harari Maurizio, Iadarola Paolo, Lambiase Simonetta, Lupi Claudia, Maccarini Laura, Martini Giuseppe, Marzatico Fulvio, Mauri Vigevani Laura, Meisina Claudia, Meroni Valeria, Minchiotti Lorenzo, Montagna Elena Maria, Montagna Guido, Montomoli Cristina, Occhipinti Anna, Odone Massimo, Pagani Laura, Pagnin Adriano, Papiri Sergio, Paramithiotti Giovanni, Pastoris Ornella, Pellegrini Luisa, Pellicciari Carlo, Perotti Cesare, Perucca Paola, Picco Anna Maria, Poggi Paola, Prato Giancarlo, Profumo Antonella, Ricevuti Giovanni, Rindi Simonetta, Bocconi Eleonora, Roggi Carla, Rossi Daniela, Rotondi Alberto, Salvini Roberta, Savino Elena, Savio Monica, Seppi Roberto, Stivala Lucia Anna, Strosselli Maurizio, Tibaldi Rodobaldo, Tira Maria Enrica, Valentini Giovanna, Velo Dario, Vidari Giovanni, Vignini Mariadelaide, Villani Simona, Zappala' Pietro, Barili Antonio, Bernasconi Giorgio, Biggiogera Marco, Ciccocioppo Rachele, Crema Francesca, Dell'acqua Fabio, Fassina Lorenzo, Galeotti Paolo, Giorgieri Mauro Marco, Mazzarello Paolo, Merlati Giuseppe, Minzioni Paolo, Nucleo Elisabetta, Sacchi Elisa, Seppi Claudio, Torti Mauro, Venchi Giuseppe, Zara Francesca, D'Antona Giuseppe, Debiaggi Maurizia, Perlini Stefano, Milano Giovanni, Palladino Paola, Tartara Luca, Migliavacca Roberta, De Giuli Maria Elena, De Nicolao Giuseppe, Vairetti Mariapia, Rizzo Silvana, Raimondo Davide Martino, Rodriguez Y Baena Ruggero, Anglani Norma, Antonini Samuele, Bacchetta Alessandro, Ballarini Francesca, Barbieri Cristina, Calvio Cinzia, Caruso Fulvia, Frediani Paola, Introzzi Gianluca, Maracci Mirko, Montagna Paolo, Ratti Lodovico, Roma Elisa, Ronchi Ausonio, Vitulo Paolo, Zucca Francesco, Agnesi Antoniangelo, Amadio Marialaura, Amendola Valeria, Annovazzi Lodi Valerio, Arisi Rota Arianna, Balconi Margherita, Balduini Alessandra, Bassetti Federico, Bellani Vittorio, Benzi Francesco, Biella Gerardo Rosario, Bini Marcella, Bonadeo Alessia, Bonetti Elena, Bonferoni Maria Cristina, Boselli Cinzia, Brivio Sonia Maria, Buizza Angelo, Buttafava Armando, Canobbio Alberto, Canonaco Alberto, Capsoni Doretta, Carfora Mauro, Carugo Oliviero, Casciati Fabio, Catenacci Laura, Chiapponi Flavio, Ciccone Roberto, Cinquini Carlo, Cobianchi Miriam, Colombo Elisabetta, Comincini Sergio, Consonni Guido, Cornalba Maurizio, Corsico Angelo Guido, Corti Maurizio Enrico, Costa Alfredo, Costa Enrica Bona, Crisciani Chiara, D'Ariano Giacomo, De Ambrosis Vigna Anna, De Bari Antonio, Della Croce Lucia, Della Bianca Antonio, Di Barba Paolo, Fabbrizzi Luigi, Faravelli Lucia, Feletti Fausto, Ferrari Franca, Ferrari Trecate Giancarlo, Fontana Roberto, Francesconi Alberto, Fregonese Lucio, Frosini Lucia, Galbiati Giulia, Galinetto Pietro, Galliano Monica, Galloni Maria Cristina, Garagna Silvia, Geddo Mario, Gerace Dario, Gerzeli Simone Antonio, Gigli Berzolari Francesca, Giroletti Elio, Giulotto Enrico Virgilio, Gregotti Cesarina, Grisoli Pietro, Icaro Cornaglia Antonia, Illari Silvia, Laddomada Maria Stella, Laforenza Umberto, Lanni Cristina, Lavezzi Gianfranca, Licchelli Maurizio, Luraghi Silvia, Macchiavello Chiara, Magni Sergio Filippo, Mangione Palma, Marini Amedeo, Mariotti Cristina, Marzuoli Annalisa, Massolini Gabriella, Mazzanti Andrea, Meriggi Francesco, Micheletti Piero, Minetti Giampaolo, Modena Giovanna, Modena Tiziana, Moisello Ugo, Montagna Mario, Mora Clelia, Mustarelli Pier Carlo, Mutti Antonio, Nicoletti Giovanni, Panella Giorgio, Paolillo Mayra, Pascale Alessia Angela, Pasini Dario, Patrini Maddalena, Pavan Gianni, Pavesi Maria Gabriella, Pellegrini Carlo, Pellegrino Maria Antonietta, Pellicelli Michela, Pernazza Ludovico, Perucca Emilio, Pesavento Maria, Petrecca Giovanni, Pizzala Roberto, Poggi Antonio, Polimeni Giuseppe, Polimeri Mariarosa, Porciani Leone, Preda Stefania, Previdere' Carlo, Pulvirenti Ada, Raina Giampiera, Rando Daniela, Rebay Gisella, Riccardi Alberto, Riccardi Cristina, Riccardi Maria Pia, Riva Federica, Roda Marica, Romano Silvano, Rossi Eduardo, Rossi Elena, Rossi Silvia, Russo Riccardo, Sandri Giuseppina, Sanna Samuele, Scherini Elda, Scotti Claudia, Seno Silvio, Sorrenti Milena Lillina, Sotti Francesco, Spedicato Eugenio, Spinolo Giorgio, Stoppa Jacopo, Sturini Michela, Svelto Francesco, Tarantola Claudia, Toraldo Alessio, Torelli Guido, Torre Maria Luisa, Toscani Giovanni, Turconi Giovanna, Virga Epifanio Guido, Visai Livia, Visioli Monica, Canepari Monica, Cena Hellas, Gatti Giuliana, Moisello Anna Maria, Lecce Serena, Bottone Maria Grazia, Legnante Guido, Rostan Michele, Pasquini Barbara, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gianni Maria Saracco e Laura Formentin, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tribunale; Contro Universita' Studi di Pavia, in persona del Rettore pro torpore, Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato Milano, domiciliata per legge in Milano, Via Freguglia, 1; Per l'accertamento ed il riconoscimento del diritto dei ricorrenti a mantenere la progressione giuridica e stipendiale di cui all'art. 3-ter della legge n. 1/09, nonche' dell'art. 6 della legge n. 240/10, nonche' del diritto ad utilizzare gli anni 2011, 2012 e 2013 ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dall'ordinamento universitario. Nonche' per il risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi derivanti dal blocco della progressione giuridica oltre che stipendiali, comminata dall'Universita' degli Studi di Pavia a carico dei ricorrenti. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Universita' Studi di Pavia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; I ricorrenti, professori e ricercatori di ruolo, con il primo motivo di ricorso, contestano all'Universita' resistente l'applicazione nei loro confronti dell'art. 9 comma 21 D.L. 31.5.2010 n. 78, conv. con modificazioni nella legge 30.7.2010 n. 122, ritenendo di non essere soggetti i medesimi soggetti ad alcun «meccanismo di progressione automatica degli stipendi», invece presupposto del citato art. 9 c. 21. Il nuovo sistema di avanzamento di carriera dei ricorrenti, come modificato dalle riforme legislative che hanno interessato l'Universita' negli ultimi anni, si fonderebbe invece sulla necessita' di conseguire per gli interessati una positiva valutazione, cio' che escluderebbe pertanto la configurazione di qualsivoglia progressione «automatica». Con il secondo motivo i ricorrenti richiedono che ove il Tribunale, rigettando il primo motivo, dovesse collocare il loro rapporto di impiego nel novero di quelli caratterizzati da una progressione automatica stipendiale, in via subordinata, si sollevi questione di legittimita' costituzionale del detto art. 9 c. 21. L'Universita' resistente si e' costituita in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto. Alla pubblica udienza dell'8 maggio 2012 la causa e' stata trattenuta in decisione dal Collegio. Con sentenza non definitiva n. 1627 dell'8 giugno 2012 il Tribunale ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendo peraltro rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21 D.L. 31.5.2010 n. 78, conv. con modificazioni nella legge 30.7.2010 n. 122, per le motivazioni che saranno esposte nella presente ordinanza. I ricorrenti censurano l'art. 9 comma 21 D.L. 31.5.2010 n. 78 secondo cui «per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici». Le norme di cui all'art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010 prevedono dunque il blocco, per il triennio 2011 - 2013 e senza possibilita' di «successivi recuperi»: a) dei «meccanismi di adeguamento retributivo» previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448; b) degli automatismi stipendiali (classi e scatti) correlati all'anzianita' di servizio; c) di ogni effetto economico delle «progressioni di carriera», comunque denominate, conseguite nel triennio 2011 - 2013. Per quanto riguarda i criteri di adeguamento retributivo di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, tale disposizione prevede che «a decorrere dal 1° gennaio 1998 gli stipendi, l'indennita' integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari (...) sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennita' integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali» (comma 1); ai sensi del comma 2 della stessa disposizione, «la percentuale dell'adeguamento annuale prevista dal comma 1 e' determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica»; sempre il comma 2 stabilisce che «a tal fine, entro il mese di marzo, l'ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1», e che «qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento e' effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio». Per quanto concerne invece gli automatismi stipendiali legati all'anzianita' di servizio, il vigente sistema (a partire dall'art. 36 del d.p.r. n. 382 del 1980, recante «Riordinamento della docenza universitaria», e con le modifiche e gli aggiustamenti susseguitisi negli anni) prevede che la progressione economica dei docenti di ruolo delle universita' si sviluppa in una serie di «classi» biennali di stipendio, al conseguimento di ciascuna delle quali corrisponde uno «scatto» stipendiale. In applicazione del citato comma 21 dell'art. 9, pertanto, per l'intero triennio 2011 - 2013 le retribuzioni dei docenti universitari sono escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'art. 24 della legge n. 448 del 1998, tanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianita' di ruolo; adeguamenti ed aumenti ricominceranno a decorrere a partire dal 2014, con espressa esclusione, pero', di ogni possibilita' di «recupero» degli adeguamenti e degli scatti che sarebbero spettati per il triennio 2011 - 2013. Preliminarmente il Collegio da' atto della rilevanza della questione, dato che la normativa richiamata e' stata correttamente applicata direttamente ai ricorrenti, con cio' incidendo sulla relativa retribuzione, da cui la sussistenza del loro interesse processuale. Le singole censure di incostituzionalita' sono contenute in un unico motivo in diritto, articolato in una pluralita' di profili. 1) Con un primo ordine di argomenti si deduce la violazione da parte del legislatore dei criteri di ragionevolezza e ponderazione, posti a presidio del principio di uguaglianza, non avendo i sacrifici imposti carattere meramente temporaneo, ma essendo al contrario destinati a produrre effetti permanenti. Osserva preliminarmente il Collegio come in passato la Corte Costituzionale abbia gia' effettivamente scrutinato la legittimita' di una normativa analoga a quella contestata nel presente giudizio. Stabiliva infatti l'art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, convertito in legge n. 438 del 1992, che «per l'anno 1993 non trovano applicazione le norme che comunque comportano incrementi retributivi in conseguenza sia di automatismi stipendiali, sia dell'attribuzione di trattamenti economici, per progressione automatica di carriera». La Corte, dato che atto che la normativa in questione era stata emanata «in un momento delicato della vita nazionale», avente «la finalita' di realizzare, con immediatezza, un contenimento della spesa pubblica», ne ha riconosciuto la legittimita', atteso che il blocco «esauriva i suoi effetti nell'anno considerato, limitandosi a impedire erogazioni per esigenze di riequilibrio del bilancio», (sentenza 18.7.1997 n. 245) affermando che la siffatta norma, nell'imporre sacrifici anche onerosi, poteva ritenersi non lesiva del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice aspetto della non contrarieta' sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza, a condizione pero' che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso. La fattispecie di che trattasi non pare pertanto riconducibile ai citati precedenti gia' esaminati dalla Corte Costituzionale poiche', a differenza di tali ipotesi, in cui le misure restrittive erano temporalmente circoscritte ad un solo anno, difetta ora nella sostanza quel requisito dell'eccezionalita' e temporaneita' della disciplina, che aveva consentito alla stessa Corte di rigettare le prospettate questioni di costituzionalita'. L'estensione del blocco alla maturazione delle classi e scatti di stipendio ad un triennio, crea infatti una vera e propria paralisi nella progressione stipendiale dei ricorrenti, non comparabile ai seppur gravosi effetti prodotti dal citato art. 7 D.L. n. 384/1992, che in quanto circoscritti ad un anno potevano essere considerati una limitata parentesi meramente temporanea, priva di un vero e proprio carattere di stabilita'. Peraltro, ad ulteriore conferma della natura non «eccezionale» e non «transeunte» della disciplina, si consideri come di recente il d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, all'art. 16, comma 1, lett. b), preveda la «proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime». Per la ragioni sopra esposte il Collegio dubita pertanto della legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21 del D.L. n. 78/2010, per violazione dell'art. 3 comma 2 Cost. 2) La vista protrazione degli effetti della norma in questione per un lungo lasso di tempo, induce altresi' a ritenere non manifestamente infondata anche l'ulteriore censura di incostituzionalita' mossa dai ricorrenti, per violazione degli artt. 36 e 97 Cost. «in quanto la prefigurata ed incisiva riduzione del trattamento economico a danno dei professori universitari finisce per alterare la proporzione tra la retribuzione complessiva del professore e la docenza svolta». Osserva il Collegio come, nel caso del lavoro pubblico non contrattualizzato, sia lo stesso legislatore a determinare lo stipendio, in conformita' ai parametri costituzionali, ed in primis a quelli di cui al citato art. 36 Cost. Il sistema legislativo intaccato dalla normativa di che trattasi, e' andato nel corso degli anni formandosi in stretta attenzione dei parametri di proporzionalita' delle retribuzioni alla «quantita' e qualita'» del lavoro prestato, che risultano appunto pesantemente incisi, ex post, dall'intervento normativo per cui e' causa. L'esclusione di qualsiasi recupero successivo degli scatti, comporta che solo dal 2014 i meccanismi di adeguamento riprenderanno a decorrere, da cui la possibile alterazione del rapporto tra valore reale delle retribuzioni rispetto all'aumento del costo della vita. 3.1) Con un ulteriore argomentazione si lamenta la violazione del principio di uguaglianza sostanziale «con riferimento ad altre categorie di personale pubblico». La censura e' tuttavia genericamente formulata, non indicandosi le categorie di personale che godrebbero di trattamenti privilegiati rispetto ai ricorrenti, ne' le «discipline differenti» loro applicabili. Con riferimento alla magistratura, unica categoria rispetto alla quale i ricorrenti muovono specifici rilievi volti ad evidenziare la presunta violazione del principio di uguaglianza, occorre evidenziare che, se e' vero che tale personale ha salvaguardato i meccanismi di «progressione automatica dello stipendio» invece negati ai ricorrenti, al tempo stesso il medesimo e' soggetto al blocco degli acconti per gli anni 2011, 2012 e 2013 e dei conguagli per il triennio 2010-2012, ad un «tetto» per l'acconto per gli anni 2014 e 2015, oltre ad una riduzione annuale e progressiva, fino al 32%, per il triennio 2011-2013 dell'indennita' giudiziaria (v. comma 22 del citato art. 9), cio' che consente di rigettare la presente censura. 3.2) Sotto altro profilo, ritiene tuttavia il Collegio di sollevare d'ufficio questione di costituzionalita', per violazione dell'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento tra i ricorrenti e le altre categorie di dipendenti pubblici menzionate nell'art. 9 c. 21 cit, e per contrasto con l'art. 97 cost., per la violazione del principio costituzionale di imparzialita' dell'azione amministrativa. L'art. 9 c. 21 cit., che si applica ai ricorrenti e a tutte le altre categorie di dipendenti pubblici ivi contemplate, presuppone «un meccanismo di progressione automatica degli stipendi». I ricorrenti, per effetto di recenti innovazioni normative, non sono piu' titolari di un vero e proprio diritto al conseguimento degli scatti stipendiali, a suo tempo disciplinato nel D.P.R. 11.7.1980 n. 382. La normativa applicabile a professori e ricercatori universitari, come modificata nel corso degli ultimi anni, e come correttamente evidenziato nel primo motivo di ricorso, subordina infatti il conseguimento delle dette progressioni all'ottenimento di una positiva valutazione. In particolare, l'art. 3-ter del D.L. 10.11.2008 n. 180, conv, con legge 9.1.2009 n. 1, in tema di «valutazione dell'attivita' di ricerca», ha infatti stabilito che «Gli scatti biennali di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, destinati a maturare a partire dal 1° gennaio 2011, sono disposti previo accertamento da parte dell'autorita' accademica della effettuazione nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche». L'art. 6 c. 14 della legge 30.12.2010 n. 240 prevede poi che «i professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attivita' didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale di cui agli articoli 36 e 38 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti triennali di cui all'articolo 8 e' di competenza delle singole universita' secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto puo' essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico». Per il successivo art. 8 della medesima legge «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo, tenendo conto anche delle disposizioni recate in materia dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, adotta un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la revisione della disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari gia' in servizio e di quelli vincitori di concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della presente legge, come determinato dagli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, secondo le seguenti norme regolatrici: a) trasformazione della progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale; b) invarianza complessiva della progressione; c) decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. E' abrogato il comma 3 dell'articolo 3-ter del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1». Il Collegio, con la citata sentenza non definitiva n. 1627 dell'8 giugno 2012, ha respinto il primo motivo di ricorso nel quale i ricorrenti, sulla base della necessita' di ottenere una positiva «valutazione», sostenevano di essere estranei all'applicazione del comma 9 art. 21 D.L. n. 78/10, la cui applicazione presupporrebbe invece un automatismo della progressione, incompatibile, con il predetto conseguimento di un giudizio positivo. Il Collegio, pur concordando sulla portata delle richiamate disposizioni, che hanno effettivamente innovato il sistema delle progressioni stipendiali, anche in altra occasione aveva infatti espressamente riconosciuto «il carattere dell'automaticita'» di un sistema retributivo (dei magistrati ordinari), nonostante la previsione di una «valutazione di professionalita'», il cui esito negativo comporta «la perdita del diritto all'aumento periodico di stipendio» (v. comma 12 art. 11 d.lgs. 5.4.2006 n. 160), ritenendosi che, nonostante tale previsione, la caratteristica fondamentale di un siffatto trattamento economico fosse «l'esistenza di un sistema automatico di collegamento dell'andamento delle retribuzioni con quelle del pubblico impiego» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV Ord. n. 59/2012). Il Tribunale ha pertanto ritenuto pienamente applicabile ai ricorrenti la norma de quo, dato che la progressione stipendiale nell'ambito della loro vita professionale e' infatti prefigurabile ex ante, in relazione al decorso del tempo, ed alla conseguente maturazione degli «scatti», ed in cio' deve considerarsi «automatica», in quanto non subordinata ad eventi estranei alla sfera lavorativa degli interessati, quali ad esempio determinazioni assunte in sede di contrattazione collettiva, o superamento di procedure concorsuali tra piu' aspiranti. Anche se il datore di lavoro puo' negare gli avanzamenti a coloro che non hanno dimostrato un minimo «impegno didattico, di ricerca e gestionale», in applicazione della nuova normativa, ed in attuazione dei principi di cui all'art. 97 Cost., cio' non toglie che i ricorrenti continuino a far parte di un sistema in cui gli avanzamenti stipendiali sono appunto «automaticamente» previsti, e concretamente ottenibili in conseguenza dell'anzianita' di servizio, da cui la manifesta infondatezza della paventata censura di disparita' di trattamento. Chiarito quanto precede, il Collegio dubita tuttavia della costituzionalita' della normativa de quo, che nel bloccare le progressioni di tutti i dipendenti pubblici in essi menzionati, non distingue tra coloro che possono conseguire tale avanzamento solo a seguito di una positiva valutazione, come gli attuali ricorrenti, e coloro che invece vi hanno diritto prescindendo da un siffatto giudizio, da cui deriva una possibile discriminazione delle categorie di personale sottoposte alla predetta valutazione, rispetto ad altre di personale «non contrattualizzato», per il quale invece, una volta decorso il triennio, i c.d. «automatismi» stipendiali riprenderanno a decorrere come prima. 4) Il Collegio ritiene inoltre di sollevare d'ufficio un'ulteriore questione di costituzionalita', dato che, quanto piu' volte evidenziato nei precedenti punti, induce ad affrontare il tema della possibile natura tributaria della normativa in questione, cio' che porterebbe a dubitare della sua compatibilita' con i principi espressi dall'art. 53 Cost. In base alla consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, nomen juris di volta in volta utilizzato dal legislatore non e' infatti qualificante ai fini dell'individuazione della natura tributaria di una norma, dato che la stessa deve essere considerata istitutiva di un prelievo quando abbia le caratteristiche essenziali dell'imposizione tributaria, essendo infatti ininfluente, ai fini del giudizio di costituzionalita', l'autoqualificazione legislativa del prelievo e la conseguente necessita' di desumere la natura del prelievo stesso dalla sola disciplina posta dal legislatore ordinario (Corte Costituzionale 8 maggio 2009 n. 141). Premesso quanto precede, ritiene il Collegio che la normativa impugnata possieda i caratteri sostanziali richiesti dalla Corte Costituzionale, onde riconoscere la natura tributaria di una disposizione (Corte Cost. 23.5.2008 n. 168, 14 marzo 2008 n. 64). In primo luogo, pare evidente la doverosita' della prestazione, posta in essere mediante l'imposizione di un sacrificio economico individuale, realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio, venendo ad incidere su un trattamento economico gia' prefigurato, con una modalita' unilateralmente predeterminata dal legislatore, alla quale ne' l'Ente datore ne' lo stesso lavoratore possono sottrarsi. Secondariamente, il gettito scaturente dal prelievo e' destinato alla pubblica spesa, come desumibile dallo stesso tenore letterale della normativa di che trattasi; il D.L. n. 78/2010 detta infatti «misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria», laddove l'articolo in questione e' espressamente dedicato al «contenimento delle spese in materia di impiego pubblico». La natura tributaria della normativa in questione trova infine conferma nel carattere non sinallagmatico dell'imposizione, operata senza che a fronte di essa possa individuarsi una controprestazione da parte dell'Ente pubblico, o una riduzione delle prestazioni contrattualmente richieste, nel «presupposto economicamente rilevante» dei sacrifici imposti, e nella piu' volte evidenziata stabilita' nel tempo delle disposizioni di cui al citato comma 9 dell'art. 21 D.L. n. 78/2010. Chiarite le ragioni che inducono il Collegio ad attribuire natura tributaria alla detta norma, occorre chiedersi se la stessa superi il vaglio di compatibilita' con l'art. 53 Cost. Osserva in proposito il Collegio che, come peraltro gia' evidenziato nell'ordinanza n. 311/2012 del T.A.R. Calabria, il detto prelievo si e' indirizzato nei confronti di una ben limitata categoria di contribuenti, accomunati dall'avere la parte pubblica quale datore di lavoro, risultando cosi' esentati dall'imposizione straordinaria, nonostante l'eccezionalita' della situazione economica, tutti gli altri contribuenti, pure in possesso di rilevanti redditi, non rientranti nella predetta categoria, da cui la possibile violazione dei principi di cui all'art. 53 Cost. L'imposizione contributiva e fiscale deve infatti essere improntata a canoni di uniformita', che nell'ammontare dei cespiti patrimoniali, individuino un criterio certo e non discriminatorio di identificazione della capacita' contributiva. La Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria, ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacita' contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressivita', come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla liberta' ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarieta' politica, economica e sociale (Corte Costituzionale 24 luglio 2000 n. 341). Il principio di capacita' contributiva, come criterio diretto ad orientare la discrezionalita' del legislatore in ordine alla prefigurazione e configurazione degli obblighi tributari, comporta che a situazioni uguali, sul piano della capacita' contributiva, corrispondano obblighi uguali, talche' il sacrificio patrimoniale che per contingenti ragioni di contenimento della spesa pubblica, incida solo sulla condizione e sul patrimonio di una determinata categoria di lavoratori, lasciando indenni, a parita' di capacita' reddituale, altre categorie, da adito a dubbi di compatibilita' costituzionale per contrasto con l'art. 53 Cost. Tale articolo pare peraltro violato anche sotto altro profilo, evidenziato dagli stessi ricorrenti, sebbene con riferimento al solo art. 3 Cost, poiche' il legislatore non avrebbe «normato la sospensione degli scatti di anzianita', modulando le disposizioni di legge in modo differente, a seconda delle eta' e delle fasi della carriera universitaria». Il blocco in questione influisce effettivamente nella stessa misura percentuale praticamente per tutti i docenti, incidendo quindi nella medesima proporzione su tutti gli stipendi, a prescindere dalla loro consistenza, mentre, ai sensi dell'art. 53 della Costituzione, nell'imporre a tutti i docenti universitari un sacrificio in nome di esigenze di contenimento della spesa pubblica, una corretta applicazione, oltre che del principio di «capacita' contributiva», anche del criterio della «progressivita'» (art. 53 cost.), avrebbe imposto una partecipazione piu' significativa, in termini percentuali, per coloro che sono titolari di stipendi piu' alti. Ne' puo' essere utile a ripristinare un minimo di progressivita' in tale forma di concorso alle spese pubbliche, l'ulteriore e distinta misura di cui al comma 2 dell'art. 9 del d.l. n. 78 conv. in legge n. 122 del 2010, che prevede, in aggiunta al blocco degli adeguamenti ed aumenti retributivi, ulteriori riduzioni (dal 5% al 15%) per gli stipendi superiori ai 90.000 euro lordi, dato che, stanti gli attuali livelli delle retribuzioni complessive dei docenti universitari, tale misura non colpisce che poche classi di stipendio (le piu' alte) dei soli professori ordinari a tempo pieno. Il blocco in questione non solo non rispetta alcun criterio di progressivita' ma, al contrario, produce un effetto addirittura regressivo, colpendo pertanto in misura maggiore proprio gli stipendi piu' bassi. Gli «scatti» stipendiali conseguenti alla maturazione delle diverse «classi» di stipendio non operano infatti in modo omogeneo, ma sono profondamente diversificati, decrescendo con il progredire dell'anzianita' di ruolo. E' quindi palese che, a seguito del blocco degli scatti, l'effetto sulle retribuzioni e' di gran lunga piu' incisivo sulle classi di stipendio piu' basse. 5) Tanto premesso, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, il T.A.R. solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, come convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122, per contrasto con gli artt. 3, 36, 97 e 53 della Costituzione, secondo i profili e per le ragioni sopra indicate, con sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del c.p.a. ed art. 295 c.p.c. Riserva al definitivo ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11.3.1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21 del D.L. 31.5.2010 n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30.7.2010 n. 122 in relazione agli artt. 3, 36, 97, e 53 della Costituzione, dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Rinvia ogni definitiva statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del promosso giudizio incidentale, ai sensi dell'art. 79 ed 80 del c.p.a. Cosi' deciso in Milano nella Camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012. Il Presidente: Leo L'estensore: Gatti