N. 220 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 2012
Ordinanza del 28 luglio 2012 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto da Bruni Bruno contro Ministero della giustizia, Ministero dell'economia e delle finanze e Presidenza del Consiglio dei ministri. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica - Contenimento della spesa in materia di pubblico impiego - Personale di cui alla legge n. 27 del 1981 (magistrati e categorie equiparate) - Trattamento economico - Prevista riduzione, per i trattamenti economici superiori a 90.000 euro lordi e a 150.000, rispettivamente del 5 per cento e del 10 per cento dei predetti importi - Lesione del principio della retribuzione proporzionata ed adeguata - Irrazionalita' - Ingiustificato deteriore trattamento dei lavoratori dipendenti pubblici rispetto a quelli privati ed autonomi - Violazione dei principi di solidarieta' sociale, politica ed economica - Violazione dei principi di generalita' e progressivita' della tassazione e di capacita' contributiva, attesa la sostanziale natura tributaria della prestazione patrimoniale imposta - Violazione del principio di indipendenza ed autonomia della magistratura. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 9, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 23, 36, 53, 101 e 104.(GU n.41 del 17-10-2012 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 251 del 2012, proposto da: Bruno Bruni, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Cuniberti, Luca Formilan, Mariagrazia Romeo, Vittorio Angiolini, con domicilio eletto presso Mariagrazia Romeo in Venezia, S. Croce, 205; Antonio Carlo Cappelleri, Irene Casol, Linalisa Cavallino, Mauro Dallacasa, Marcello D'Amico, Massimo De Bortoli, Antonio De Nicolo, Umberto Dosi, Mario Fabiani, Manuela Farini, Andrea Fidanzia, Antonella Galli, Umberto Giacomelli, Maurizio Gionfrida, Francesco Giuliano, Liliana Guzzo, Giuseppe Limitone, Silvio Maras, Roberta Marchiori, Elisa Mariani, Licia Consuelo Marino, Anna Maria Marra, Lisa Micochero, Paola Mossa, Marta Paccagnella, Parise Clotilde, Giovanni Maria Pavarin, Francesco Saverio Pavone, Daniela Perdibon, Rita Rigoni, Daniela Ronzani, Roberto Santoro, Enrico Schiavon, Roberto Simone, Anselmo Tosatti, Rocco Valeggia, Marina Ventura, Innocenza Vono, Giovanni Zorzi, rappresentati e difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, Luca Formilan, Mariagrazia Romeo, con domicilio eletto presso Mariagrazia Romeo in Venezia, S. Croce, 205; Contro Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza Consiglio dei Ministri; Per l'annullamento del diritto al trattamento retributivo spettante senza tener conto delle decurtazioni previste dall'art. 9, comma 2, del d.l. 31.3.2010, n. 78, convertito in l. 30.4.2010 n. 122 e confermate dall'art. 2, comma 1, d.l. 13.8.2011, n. 138, come modificato in sede di conversione dalla l. 14.9.2011 n. 148. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2012 il dott. Silvia Coppari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. I ricorrenti, tutti magistrati ordinari in servizio presso Uffici giudiziari ricompresi nell'ambito della competenza territoriale dell'adito Tribunale ed assoggettati, in dipendenza della titolarita' di un trattamento economico complessivo superiore a 90.000 euro lordi annui, alle decurtazioni del trattamento retributivo derivanti dall'applicazione delle disposizioni finanziarie contenute nell'art. 9, comma 2, del d.l. 31 marzo 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica), convertito in legge con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010 n. 122, hanno agito in giudizio per la declaratoria di illegittimita' di dette misure, con consequenziale riconoscimento del diritto al trattamento retributivo spettante senza tener conto delle contestate riduzioni, all'uopo prospettando violazione e falsa applicazione di legge e lamentando, altresi', la sospetta illegittimita' costituzionale della citata normativa primaria. 2. In particolare, a sostegno della pretesa, i ricorrenti hanno dedotto, in primo luogo, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2 del d.l. n. 78 del 2010, in riferimento agli artt. 2, 3, 23 e 53 Cost., in quanto le decurtazioni da esso derivanti, si risolverebbero in una «prestazione patrimoniale imposta», ai sensi dell'art. 23 Cost., nonche' «in una forma di concorso alle spese pubbliche riconducibile all'art. 53 Cost.» non rispettose, sotto il primo profilo, dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza, sotto il secondo del principio di capacita' contributiva. 3. In secondo luogo, sempre secondo i ricorrenti, la norma de qua violerebbe altresi' gli artt. 2, 3, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 Cost., in quanto le decurtazioni da essa derivanti, con specifico riferimento alla categoria dei magistrati, determinerebbero un vulnus alle garanzie di indipendenza ed autonomia dell'ordine giudiziario cui la retribuzione direttamente si collega e, in considerazione della delicatezza della funzione su cui esse necessariamente incidono, risulterebbero altresi' incompatibili con il buon andamento degli uffici giudiziari (art. 97 Cost.), nonche' col necessario carattere di proporzionalita' della retribuzione alla qualita' e quantita' del lavoro svolto (art. 36 Cost.). 4. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. 5. Cio' premesso in punto di fatto, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, il quale cosi' prevede: «in considerazione della eccezionalita' della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonche' del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento economico complessivo non puo' essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui». 6. Detta disposizione introduce, dunque, una misura che incide direttamente sul trattamento economico dei magistrati per gli anni 2011, 2012 e 2013, prevedendo la riduzione di una percentuale determinata dei trattamenti retributivi superiori a determinate soglie, che interessa tutti gli odierni ricorrenti, percettori di un trattamento retributivo complessivo superiore a 90.000 euro lordi annui. 7. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 deriva, pertanto, dalla diretta applicabilita', nei termini appena indicati, della disciplina richiamata sulla retribuzione dei ricorrenti, con la conseguenza che, ove il Collegio non dubitasse della conformita' a Costituzione della norma in esame, la pretesa azionata con il ricorso risulterebbe infondata e da respingere sotto tutti i profili dedotti. 8. In punto di non manifesta infondatezza della questione, il Collegio ritiene in primo luogo che la norma de qua si ponga in contrasto con gli articoli 23 e 53 Cost., in quanto le decurtazioni in esame, imponendo un sacrificio economico individuale non transeunte, in forza di un atto autoritativo di carattere ablatorio avente finalita' di reperimento di risorse necessarie a coprire spese pubbliche, risultano avere natura tributaria o comunque di prestazioni imposte (ex plurimis, Corte cost., sentt. n. 141 del 2009, n. 335 del 2008, n. 64 del 2008, n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005). 8.1. Stante la natura tributaria da riconoscersi al comma 2 dell'art. 9 del d.l. n. 78 del 2011, la suddetta disposizione dovrebbe pertanto rispettare i presupposti cui l'art. 53 Cost. ancora la legittimita' di siffatto genere di previsioni, stabilendo che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva» e che «il sistema tributario e' informato a criteri di progressivita'». 8.1. Cio' nondimeno, la norma in esame colpisce solo una specifica categoria di contribuenti, sulla base anziche' del loro reddito, di loro peculiari qualita' soggettive, imponendo una prestazione patrimoniale indipendente dalla effettiva capacita' contributiva complessiva (poiche' individua uno specifico cespite da assoggettare a tassazione, senza relazioni con altre entrate del soggetto inciso), cosi' introducendo un'imposizione sostanzialmente regressiva e discriminatoria, in violazione degli artt. 23 e 53 Cost. 8.2. Ancora, la norma de qua, riguardando unicamente o quasi la categoria dei magistrati, altera il principio di progressivita' delle imposte, quale specifica emanazione, nel campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito dello Stato di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, determinando cosi' un'evidente disparita' di trattamento in violazione dell'art. 3 Cost. 9. In secondo luogo, il Collegio ritiene che la norma de qua si ponga, altresi', in insanabile contraddizione con il principio (desumibile dall'art. 104, 1° comma Cost.) per cui il trattamento economico dei magistrati non puo' ritenersi nella libera disponibilita' ne' del potere legislativo ne' di quello esecutivo, trattandosi di un aspetto essenziale per attuare il precetto costituzionale dell'indipendenza dell'autonomia della Magistratura da ogni altro potere dello Stato. Principio sancito in via generale dagli artt. 101, secondo comma, Cost. (alla stregua del quale «i giudici sono soggetti soltanto alla legge») e 104, primo comma, Cost. (secondo cui «la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere»). 9.1. Pertanto, con la contestata disposizione normativa il legislatore, mediante uno strumento che formalmente incide (solo) sulla retribuzione del magistrato, viene in realta' ad operare, stante la correlazione tra trattamento economico e indipendenza, un indebito condizionamento sull'esercizio della funzione magistratuale, con il conseguente effetto che il magistrato rischia di vedersi compromesso quel credito e quel prestigio di cui deve sempre ed indefettibilmente godere presso la comunita' dei cittadini (cfr. Corte cost. n. 100 del 1981; n. 145 del 1976). 10. In terzo luogo, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 nella parte in cui tale decurtazione incide oggettivamente sul trattamento economico complessivo del magistrato, in violazione anche dell'art. 36 Cost., sotto il profilo della lesione della «proporzione» tra retribuzione ed attivita' svolta. 10.1. Con la misura in oggetto, infatti, viene alterata inequivocabilmente la proporzione, anteriormente esistente, tra retribuzione e lavoro espletato e cio' mediante un provvedimento operante un prelievo forzoso privo del necessario carattere di straordinarieta' e/o di temporaneita', ma avente natura continuativa e sostanzialmente stabile, in quanto afferente ad un intero triennio. E cio', oltretutto, indirizzandosi esclusivamente nei confronti di una ben definita «categoria», nonostante la dichiarata ragione giustificativa di carattere generale e onnicomprensiva dell'eccezionalita' della situazione economica del Paese. 11. Conclusivamente, la riduzione del trattamento retributivo determinata dalla norma impugnata appare, alla luce degli esposti rilievi, irragionevole e discriminatoria, contrastante con il principio di autonomia ed indipendenza anche economica della magistratura, nonche' con il canone di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione, costituendo, altresi', tributo occulto, speciale e regressivo, in violazione degli artt. 3, 23, 36, 53, 101 e 104 della Costituzione. 12. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010 cit., quale risultante dalle modifiche introdotte con la legge di conversione, trattandosi di questione rilevante per la definizione del giudizio a quo e non manifestamente infondata, con conseguente sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), visti gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma, 2 del d.l. 31 marzo 2010 n. 78, convertito in legge con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nei termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 3, 23, 36, 53, 101 e 104 della Costituzione; b) sospende il giudizio in corso; c) ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica nonche' al Presidente della Camera dei deputati; d) dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2012. Il Presidente: Amoroso Il Referendario, Estensore: Coppari