N. 223 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 luglio 2012

Ordinanza del 16 luglio  2012  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Veneto  sul  ricorso  proposto  da  Sifeddine  Badre
contro il Ministero dell'interno e Questura di Venezia. 
 
Straniero - Ingresso  e  permanenza  nello  Stato  -  Espulsione  dal
  territorio dello Stato in caso di condanna per determinati reati  -
  Prevista tutela rafforzata contro l'allontanamento limitata ai soli
  soggetti che abbiano presentato domanda di ricongiungimento o siano
  ricongiunti o siano titolari di un permesso di soggiorno  di  lungo
  periodo o abbiano fatto richiesta di tale  titolo  di  soggiorno  -
  Estensione di tutela rafforzata da soggetti che  si  trovino  nelle
  medesime condizioni sostanziali contemplate dalla norma  censurata,
  indipendentemente dalla circostanza di aver  presentato  un'istanza
  formale - Mancata previsione -  Lesione  del  diritto  fondamentale
  della  persona  -  Violazione  del  principio  di   uguaglianza   -
  Violazione dei principi di tutela del matrimonio, della famiglia  e
  dei figli - Violazione di obblighi internazionali  derivanti  dalla
  CEDU. 
- Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, artt. 4,  comma  3,  5,
  comma 5, e 9, comma 4. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 29,  30,  31,  e  117,  primo  comma,  in
  relazione all'art. 8 della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
  diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali . 
(GU n.41 del 17-10-2012 )
 
                     IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  571  del  2012,  proposto  da:  Sifeddine  Badre,
rappresentato e difeso  dall'avv.  Stefania  Filippi,  con  domicilio
presso la Segreteria del T.A.R. ai sensi  dell'art.  25,  cod.  proc.
amm.; contro l'Amministrazione dell'Interno, in persona del  Ministro
pro tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  distrettuale
dello Stato, domiciliata per legge in Venezia,  San  Marco,  63;  per
l'annullamento del decreto emesso dal Questore di' Venezia in data 20
marzo 2012 e notificato in data  2  aprile  2012  con  cui  e'  stata
respinta l'istanza presentata il 13 novembre 2007 volta  ad  ottenere
il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto  l'atto  di  costituzione   in   giudizio   del   Ministero
dell'Interno; 
    Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 giugno  2012  il
dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori S. Filippi  per
la  parte   ricorrente   e   l'avvocato   dello   Stato   Greco   per
l'Amministrazione resistente; 
Fatto, svolgimento del processo e motivi della decisione. 
    1. Il ricorrente, cittadino del Marocco, e'  presente  in  Italia
dal 1992, anno in cui  ha  contratto  matrimonio  con  una  cittadina
italiana (cfr. la copia dell'atto di matrimonio  di  cui  al  doc.  2
allegato al ricorso) con la quale ha avuto un figlio (di nazionalita'
italiana e ancora minorenne al momento in cui l'Amministrazione si e'
pronunciata: cfr. la copia del certificato di nascita di cui al  doc.
3 allegato al ricorso). 
    Nel 1998 i coniugi si sono separati e con sentenza del  4  luglio
2007, e'  stato  pronunciato  lo  scioglimento  del  matrimonio,  con
affidamento del minore  alla  madre,  ponendo  a  carico  del  padre,
odierno ricorrente, gli  obblighi  di  mantenimento  del  figlio  con
facolta' di visita. 
    Successivamente il ricorrente si e' coniugato con  una  cittadina
di un paese non  appartenente  all'Unione  Europea,  titolare  di  un
permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, con la quale
ha avuto due figli  (cfr.  gli  atti  di  nascita  e  i  permessi  di
soggiorno di cui ai docc. da 10 a  12  allegati  al  ricorso)  ancora
minorenni. 
    Il ricorrente nel corso  di  questi  anni  non  ha  acquisito  la
cittadinanza italiana, ne' il permesso di soggiorno per  soggiornanti
lungo periodo (ex carta di soggiorno) ne' un  permesso  di  soggiorno
per motivi di famiglia. 
    Il 13 novembre 2007,  il  ricorrente  ha  presentato  istanza  di
rinnovo del permesso di soggiorno  per  motivi  di  lavoro  autonomo,
riscontrato dalla Questura con provvedimento del 20 marzo  2012,  con
il quale la domanda e' stata respinta. 
    Il diniego e' motivato con riferimento ad  una  condanna  del  22
gennaio  2010  in  materia  di  stupefacenti,  all'esistenza  di  una
precedente espulsione del 15 febbraio 1992 del Prefetto di Milano,  e
ad  un   deferimento   all'autorita'   giudiziaria   del   2006   per
appropriazione indebita. 
    Da questi elementi  la  Questura  ha  formulato  un  giudizio  di
pericolosita' sociale  disponendo  l'obbligo  di  allontanamento  dal
territorio nazionale entro il termine di quindici giorni. 
    2. Con il ricorso in epigrafe il diniego di rinnovo del  permesso
di soggiorno e' impugnato per le censure  di  violazione  ed  erronea
applicazione dell'art. 4, comma 3, e 5 comma 5, del  d.lgs.25  luglio
1998, n. 286, carenza di motivazione e difetto di istruttoria perche'
il giudizio di pericolosita' sociale e' automaticamente desunto dalla
condanna del 2010, per la quale pende ancora il giudizio di  appello,
relativa a fatti  del  2002,  e  per  il  quale  mancano  pertanto  i
requisiti  dell'attualita'   della   pericolosita'   sociale,   della
valutazione globale del soggetto, del grado di inserimento sociale  e
familiare,  e   non   risultano   valutati   il   carattere   isolato
dell'episodio tenuto conto che il ricorrente e'  presente  in  Italia
dal 1992, e si lamenta altresi' la violazione degli artt. 12, 17 e 18
del Trattato FUE e degli artt. 21, 24 e 34 della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea perche' il diniego di un permesso di
soggiorno ad un genitore cittadino di un paese terzo  comprime  anche
il diritto di soggiorno  dei  figli  cittadini  di  un  paese  membro
dell'Unione Europea (viene citata  la  sentenza  Corte  di  Giustizia
Europea, 28 marzo 2011 resa  in  causa  C-34/09,  che  pero'  non  si
attaglia al caso di specie, perche' imperniata sulla tenera eta'  del
figlio). 
    Si e' costituita in giudizio l'Amministrazione eccependo  che  il
ricorrente  non  puo'   godere   della   tutela   rafforzata   contro
l'allontanamento perche' e' titolare di un permesso di soggiorno  per
lavoro autonomo e non di un  permesso  di  soggiorno  per  motivi  di
famiglia o per soggiornanti di lungo periodo, e  quindi  la  condanna
riportata rientra tra quelle automaticamente ostative alla permanenza
nel territorio italiano ai sensi degli artt. 4, comma 3, e 5 comma 5,
del  D.lgs.  n.  286  del  1998,   cosi'   come   deve   considerarsi
automaticamente ostativa l'esistenza di un'espulsione del 15 febbraio
1992. 
    3.  Il  Collegio,  ritenendo  non  sufficientemente  motivato  il
giudizio di pericolosita' sociale per le ragioni dedotte nel  ricorso
(e' significativo in tal senso che l'Autorita' di pubblica  sicurezza
sia rimasta inerte per  molti  anni  nonostante  i  fatti  addebitati
risalgano al 2002), ha preso atto della mancanza di  una  motivazione
riferibile agli  elementi  indicati  dall'art.  5,  comma  5,  ultimo
periodo del d.lgs. n. 286 del 1998,  o  dell'art.  9,  comma  4,  del
d.lgs. n. 286 del 1998, come modificati dai d.lgs.  8  gennaio  2007,
nn. 3 e  5,  e  tuttavia  ha  ritenuto  il  ricorso  allo  stato  non
accoglibile   in   ragione   dell'operativita'   nella    fattispecie
dell'automatismo ostativo eccepito dall'Amministrazione.  Poiche'  si
e' posto il dubbio della legittimita' costituzionale  delle  predette
norme nella parte in  cui  prevedono  una  tutela  rafforzata  contro
l'allontanamento  solo  nei  confronti  dei  soggetti   che   abbiano
presentato una domanda di ricongiungimento, o  siano  ricongiunti,  o
siano titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di  lungo
periodo o abbiano fatto richiesta  di  rilascio  di  tale  titolo  di
soggiorno, anziche' nei confronti di  quanti  si  trovino  in  quelle
medesime  condizioni  sostanziali  contemplate  dalle  norme   citate
indipendentemente dalla circostanza  di  aver  presentato  un'istanza
formale, il Collegio con ordinanza n. 365  del  14  giugno  2012,  ha
interinalmente  accolto  la   domanda   cautelare,   rinviandone   il
successivo esame alla Camera di consiglio che sara' fissata  dopo  la
comunicazione   della   decisione   della    Corte    Costituzionale,
riservandosi di rimettere la questione di legittimita' costituzionale
con separata ordinanza. 
    4. In primo luogo appare opportuno svolgere una ricognizione  del
quadro normativo nel quale si  inseriscono  le  norme  sottoposte  al
vaglio di costituzionalita'. 
    L'art. 4, comma 3, ultimo periodo del d.lgs. n. 286 del 1998 come
modificato  dalla  legge  30  luglio  2002,  n.  189,   relativamente
all'ingresso nel territorio dello Stato dispone che «non  e'  ammesso
in Italia lo straniero che ... risulti condannato, anche a seguito di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo  444  del
codice di procedura penale, per  reati  previsti  dall'articolo  380,
commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti
gli  stupefacenti,   la   liberta'   sessuale,   il   favoreggiamento
dell'immigrazione  clandestina  verso  l'Italia  e   dell'emigrazione
clandestina dall'Italia verso altri Stati  o  per  reati  diretti  al
reclutamento di  persone  da  destinare  alla  prostituzione  o  allo
sfruttamento  della  prostituzione  o  di  minori  da  impiegare   in
attivita' illecite». 
    L'identica disciplina, per effetto di un espresso richiamo, trova
applicazione anche per il diverso caso del rinnovo o della revoca del
permesso di soggiorno. 
    Infatti l'art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 dispone che
«il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati  e,  se  il
permesso di soggiorno e' stato rilasciato, esso e'  revocato,  quando
mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il
soggiorno nel territorio dello Stato,  fatto  salvo  quanto  previsto
dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti  nuovi
elementi che ne consentano  il  rilascio  e  che  non  si  tratti  di
irregolarita' amministrative sanabili». 
    Il testo originario di quest'ultima  disposizione  non  e'  stato
modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189; tuttavia il rinvio  in
essa contenuto ai requisiti previsti per l'ingresso  ha  radicalmente
mutato lo status giuridico dello straniero regolarmente  soggiornante
in quanto, per effetto delle modifiche apportate dall'art.  4,  comma
1, lett. b) della legge 30 luglio 2002, n. 189  all'art.  4  comma  3
ultimo periodo del d.lgs. n. 286 del 1998, il rinnovo del permesso di
soggiorno ha dovuto essere in modo automatico e perentorio negato  e,
ove gia' rilasciato, revocato, in presenza di una  condanna  per  uno
dei reati previsti dalla norma, senza che  sia  possibile,  da  parte
dell'Autorita' Amministrativa, alcuna valutazione in  concreto  della
pericolosita' sociale. 
    4.1 Successivamente il rigore di  tale  automatismo  ostativo  e'
stato mitigato dal legislatore con i decreti  legislativi  8  gennaio
2007, nn. 3 e 5, che hanno  recepito  nell'ordinamento  nazionale  la
direttiva 2003/109/CE relativa allo  status  di  cittadini  di  Paesi
terzi  soggiornanti  di  lungo  periodo  e  la  direttiva  2003/86/CE
relativa al diritto di  ricongiungimento  familiare,  eliminando  per
tali particolari categorie di soggetti l'operativita' di  automatismi
ostativi al soggiorno.  Per  effetto  di  tali  norme  non  e'  stata
prevista l'esistenza di un diritto incondizionato alla permanenza nel
territorio nazionale  per  i  cittadini  di  paesi  non  appartenenti
all'Unione Europea, ma si e' demandato  all'autorita'  amministrativa
un'opera di bilanciamento da svolgersi in concreto,  caso  per  caso,
tra diversi elementi  prima  di  assumere  una  decisione  nel  senso
dell'allontanamento  dal  territorio  nazionale,  dovendosi  valutare
anche  la  «durata  del  soggiorno   nel   territorio   nazionale   e
dell'inserimento sociale, familiare  e  lavorativo  dello  straniero»
(cfr. l'art. 9, comma 4, ultima parte, nel testo  modificato)  ovvero
la «natura e effettivita' dei vincoli  familiari  dell'interessato  e
l'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine,
nonche', per lo straniero gia'  presente  sul  territorio  nazionale,
anche la durata del suo soggiorno nel medesimo territorio  nazionale»
(cfr. l'art. 5, comma 5, ult. periodo, nel testo modificato). 
    Si e' pertanto venuto  a  determinare  un  sistema  di  carattere
duale, nel quale per  la  generalita'  degli  stranieri  che  abbiano
subito una condanna penale nei casi contemplati dalla legge, ai sensi
degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs.  n.  286  del  1998,
opera  l'automatismo  ostativo   alla   permanenza   nel   territorio
nazionale,  senza  che  residui  in  capo  all'Amministrazione  alcun
margine di apprezzamento discrezionale. 
    Mentre  per  i  soli  soggetti  che  ricadano  nelle   specifiche
condizioni previste dagli artt. 5, comma 5, ultimo periodo (che  sono
coloro che siano ricongiunti o abbiano esercitato il ricongiungimento
con i familiari indicati all'art. 29), e 9 del d.lgs. n. 286 del 1998
(che sono coloro  che  abbiano  richiesto  o  siano  titolari  di  un
permesso di soggiorno  per  soggiornanti  di  lungo  periodo  che  e'
rilasciato  dopo  almeno  cinque  anni  di  presenza   regolare   nel
territorio nazionale),  e'  prevista  una  tutela  rafforzata  contro
l'allontanamento consistente nella necessita' che questo sia disposto
solo dopo una decisione motivata dell'Autorita' di pubblica sicurezza
(cfr. Cassazione, Sez. I, 15 aprile 2011,  n.  8795;  id.  7  ottobre
2010, n. 20838). 
    La Corte Costituzionale con sentenza 16 maggio 2008, n.  148,  ha
ritenuto costituzionalmente legittimo un tale  assetto  normativo  da
una lato osservando che puo' ritenersi «che  non  sia  manifestamente
irragionevole condizionare l'ingresso e la permanenza dello straniero
nel territorio nazionale alla circostanza della  mancata  commissione
di reati di non scarso rilievo. In tale ordine di idee,  la  condanna
per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione e'
diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale - quali
sono le fattispecie  incriminatrici  prese  in  considerazione  dalla
normativa censurata -  non  puo',  di  per  se',  essere  considerata
circostanza ininfluente ai fini di cui  trattasi,  al  punto  di  far
ritenere manifestamente irragionevole la disciplina  legislativa  che
siffatta condanna assume come circostanza  ostativa  all'accettazione
dello straniero nel territorio dello Stato»; dall'altro rilevando che
«con i decreti legislativi  n.  3  e  n.  5  dell'8  gennaio  2007  -
rispettivamente, di attuazione delle direttive  2003/109/CE  relativa
allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo
e 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare - il  legislatore
ha  dato  rilievo,  in  via  generale,   a   ragioni   umanitarie   e
solidaristiche idonee a giustificare il superamento di cause ostative
al rilascio o al rinnovo dei  titoli  autorizzativi  dell'ingresso  o
della permanenza nel territorio nazionale da parte degli stranieri». 
    5.  Per  quanto  riguarda  la  rilevanza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale   nella   controversia   all'esame,   va
osservato che il Collegio ritiene che le predette norme, in  base  al
loro tenore letterale e ad un'interpretazione sistematica  che  tenga
conto anche del contenuto delle direttive  di  cui  costituiscono  il
recepimento, prevedano una tutela rafforzata contro  l'allontanamento
solo nei  confronti  di  determinati  soggetti,  che  abbiano  svolto
precisi adempimenti formali, e che non possano essere estese  in  via
interpretativa,   ne'    con    la    tecnica    dell'interpretazione
costituzionalmente orientata, ne' con la tecnica dell'interpretazione
conforme alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo,
a soggetti che, come l'odierno ricorrente,  avrebbero  le  condizioni
sostanziali per ottenere la tutela rafforzata contro l'allontanamento
(quali la presenza di familiari che rientrano nel novero dei soggetti
con i quali e' possibile ottenere il ricongiungimento o il  soggiorno
legale in Italia protratto per piu' di cinque anni)  ma  non  abbiano
svolto, o non siano stati  in  grado  di  svolgere,  gli  adempimenti
formali necessari. 
    5.1 Infatti la tutela rafforzata contro l'allontanamento prevista
dall'art. 5, comma 5, ult. periodo cit., si applica  allo  «straniero
che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del
familiare ricongiunto», mentre la medesima tutela per il soggiornante
di lungo periodo di cui all'art. 9, comma 4, cit. si applica «ai fini
dell'adozione  di  un  provvedimento  di  diniego  di'  rilascio  del
permesso di soggiorno» per soggiornanti di lungo periodo  o  ai  fini
dell'espulsione (cfr. l'art. 9, comma 11, che  dispone  che  ai  fini
dell'allontanamento di tali soggetti  si  debba  tener  conto  «anche
dell'eta' dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio
nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per  l'interessato  e  i
suoi familiari, dell'esistenza di  legami  familiari  e  sociali  nel
territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il  Paese  di
origine»). 
    L'esame delle direttive conferma tali conclusioni. 
    Infatti  che  la  tutela  prevista  dalla  direttiva   2003/86/CE
relativa al ricongiungimento familiare si applichi solo  ai  soggetti
che abbiano chiesto il ricongiungimento o  siano  ricongiunti  e  non
anche  ai  soggetti  che  si  trovino   nelle   medesime   condizioni
sostanziali senza aver adempiuto  alle  predette  formalita',  lo  si
ricava,  oltre  che  dal  contenuto  letterale  dell'art.  17   della
direttiva, indirettamente anche dal  settimo  considerando  il  quale
prevede che «gli Stati membri possono considerare che le disposizioni
stabilite dalla presente direttiva si applichino anche  ai  familiari
che arrivano insieme». 
    Orbene, i familiari che arrivano assieme sono  soggetti  che  dal
punto di vista  della  tutela  dell'unita'  familiare  versano  nella
stessa condizione sostanziale di chi richieda  o  abbia  ottenuto  il
ricongiungimento, ma per la  direttiva  non  debbono  necessariamente
godere del medesimo trattamento, in quanto vi e' solo una facolta'  e
non un obbligo  per  gli  Stati  di  estendere  la  tutela  nei  loro
confronti o comunque di mantenere o introdurre norme piu'  favorevoli
(cfr. art. 3, comma 5, della direttiva). 
    In base  alla  direttiva  non  debbono  pertanto  necessariamente
godere  dei  benefici  derivanti  dalla  tutela   rafforzata   contro
l'allontanamento ne' i familiari che giungono insieme, ne'  i  nuclei
familiari che si formano in Italia  (per  matrimonio  o  nascita  dei
figli) se non vi sia stata una procedura di ricongiungimento. 
    Del  pari  la  tutela  rafforzata  contro  l'allontanamento   dal
territorio nazionale e' obbligatoriamente  prevista  dalla  direttiva
2003/109/CE  relativa  allo  status  di  cittadini  di  Paesi   terzi
soggiornanti di  lungo  periodo  solo  per  i  soggetti  che  abbiano
richiesto l'acquisizione del relativo status (cfr. l'art. 6, comma 1,
ultimo periodo) o lo abbiano gia' acquisito (cfr.  l'art.  12,  comma
3). 
    Per tali ragioni, a giudizio del Collegio,  il  tenore  letterale
delle norme e il loro inquadramento sistematico,  comportano  la  non
condivisibilita' di attivita' interpretative che con l'argomentazione
della necessita' di  svolgere  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata o conforme alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo si sostanziano in  realta'  in  una  disapplicazione  della
legge per contrasto con  la  Convenzione,  non  ammessa  dalla  Corte
Costituzionale (cfr. le sentenze nn. 348 e 349 del 2007, e n. 317 del
2009, nn. 113 e 245 del 2011, n. 80 del 2011, e nn.  236  e  257  del
2011) ferma nel ribadire in proposito il proprio sindacato accentrato
in relazione all'eventuale contrasto con  l'art.  117,  primo  comma,
della Costituzione, rispetto al  quale  le  norme  della  Convenzione
vengono a costituire norme interposte. 
    5.2 Il Collegio non ignora che alcune pronunce del  Consiglio  di
Stato hanno applicato  i  benefici  della  tutela  rafforzata  contro
l'allontanamento anche a  soggetti  che  erano  privi  dei  requisiti
formali   dell'essere   ricongiunti   o   dell'aver   esercitato   il
ricongiungimento, ritenendo  le  norme  nazionali  in  contrasto  con
l'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. 
    Tuttavia, come appena precisato, il Collegio ritiene di non poter
condividere tali pronunce  perche'  le  norme  interne  non  appaiono
suscettibili  di  un'interpretazione  adeguatrice  (e'   infatti   il
contenuto stesso delle direttive che  potrebbe  porre  un  dubbio  di
compatibilita'  con  la  Convenzione  e  con  la  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione Europea nella parte in cui non obbligano gli
Stati ad una parita' di trattamento tra situazioni identiche:  assume
rilievo in questo senso la sentenza della Corte europea di  giustizia
4  marzo  2010,  resa  in  causa  C  578-08,  che  al  paragrafo  63,
interpretando l'art. 8 della C.E.D.U. e l'art. 7 della Carta, afferma
che, ai fini della tutela dell'unita'  familiare,  tali  disposizioni
non consentono alcuna distinzione a seconda delle circostanze  e  del
momento in cui una famiglia si costituisce) e, a meno  di  non  voler
ipotizzare un ripensamento da parte della  Corte  Costituzionale  sul
punto, non e' possibile la loro disapplicazione per contrasto con  la
Convenzione, (in particolare afferma  di  operare  un'interpretazione
conforme senza indicare  i  margini  entro  i  quali  deve  ritenersi
consentita Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3760: cfr.
punto 9  in  diritto;  operano  la  disapplicazione  della  normativa
interna richiamandosi  all'art.  8  della  Convenzione  Consiglio  di
Stato, Sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6566; Consiglio di Stato,  Sez.
III,  26  ottobre  2011,   n.   5727;   opera   una   disapplicazione
richiamandosi all'equita' Consiglio di Stato, Sez. III,  28  novembre
2011,  n.  6287;  afferma  che  si  puo'  prescindere   dall'avvenuta
presentazione di un'istanza ai fini del riconoscimento  della  tutela
accordata ai lungo soggiornanti Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 agosto
2010, n. 5148; id. 10 febbraio 2010, n. 683; id 26 febbraio 2010,  n.
1133; id. 21  giugno  2011,  n.  3720;  in  senso  contrario  id.  30
settembre 2010, n. 7230; id. 18 ottobre 2010, n. 7541),  e  non  pare
essersi formato in base a queste pronunce, anche perche' contrastanti
con quanto afferma la Corte Costituzionale,  un  diverso  significato
delle norme interne cosi'  diffuso  da  poter  essere  definito  come
«diritto vivente». 
    In definitiva non e' possibile aderire agli orientamenti espressi
da queste pronunce,  perche',  nella  varieta'  delle  argomentazioni
utilizzate, appaiono in contrasto  con  l'inequivocabile  significato
della legge nazionale e con il  principio  del  controllo  accentrato
della Corte Costituzionale sul conflitto tra  ordinamento  interno  e
Convenzione, cui e' connessa l'uniforme applicazione della legge  (in
sede giurisdizionale e da parte delle Amministrazioni) a  tutela  del
principio di eguaglianza,  che  solo  l'efficacia  erga  omnes  delle
sentenze della Corte Costituzionale puo' assicurare. 
    5.3 In base alla normativa nazionale applicabile alla fattispecie
in esame, come eccepito dall'Amministrazione resistente,  il  ricorso
dovrebbe quindi essere respinto ai sensi degli artt. 4, comma 3, e  5
comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998, perche' il  diniego  di  rinnovo
del permesso di soggiorno nel caso di specie costituisce esercizio di
attivita' vincolata. 
    Ove invece dovesse essere accolta  la  prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 5, ultimo periodo, e
9, comma 4 del d.lgs. n. 286 del 1998, nella parte in cui limitano la
tutela  rafforzata  contro  l'allontanamento  ai  soli  soggetti  che
abbiano  presentato  una  domanda  di   ricongiungimento,   o   siano
ricongiunti, o  siano  titolari  di  un  permesso  di  soggiorno  per
soggiornanti di lungo periodo o abbiano fatto richiesta  di  rilascio
di tale titolo di soggiorno, anziche'  nei  confronti  di  quanti  si
trovino quelle  medesime  condizioni  sostanziali  contemplate  dalle
norme citate indipendentemente dalla circostanza di  aver  presentato
un'istanza formale, il ricorso dovrebbe essere accolto. 
    Da cio'  discende  la  rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio. 
    6. Quanto alla non manifesta  infondatezza  il  Collegio  ritiene
violati gli  artt.  2,  3,  29,  30,  31  e  117  primo  comma  della
Costituzione. 
    Va precisato che il Collegio non intende contestare o mettere  in
discussione   quanto   affermato   nella   sentenza    della    Corte
Costituzionale n. 148 del 2008, per la quale, come  sopra  ricordato,
in un'ottica di un ragionevole e proporzionato  bilanciamento  tra  i
diversi interessi di  rango  costituzionale  implicati  dalle  scelte
legislative  in  materia  di   disciplina   dell'immigrazione,   deve
ritenersi  compatibile  con  la  Costituzione  il   mantenimento   di
automatismi  ostativi  alla  permanenza  nel   territorio   nazionale
collegati alla commissione di determinate categoria di  reati,  salvo
che vengano in rilievo ragioni umanitarie e solidaristiche  idonee  a
giustificare il superamento  di  cause  ostative  al  rilascio  o  al
rinnovo dei titoli autorizzativi dell'ingresso o della permanenza nel
territorio  nazionale  da  parte  degli   stranieri,   quali   quella
contemplate dai decreti legislativi n. 3 e n. 5 dell'8 gennaio 2007 -
rispettivamente, di attuazione delle direttive  2003/109/CE  relativa
allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo
e 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare. 
    Ritiene che gli artt. 5, comma 5, ultimo periodo, e  9,  comma  4
del d.lgs. n. 286 del 1998, nella  parte  in  cui  non  estendono  la
tutela  rafforzata  contro  l'allontanamento  a  quanti  siano  nelle
medesime condizioni  di  chi  abbia  esercitato  il  ricongiungimento
familiare o a quanti abbiano i requisiti per ottenere il permesso  di
soggiorno  per  soggiornanti  di  lungo   periodo   indipendentemente
dall'avvenuta presentazione di un'apposita  istanza,  comportino  una
violazione dei principi di uguaglianza e di proporzionalita', perche'
discriminano  situazioni  tra  loro  identiche  dal  punto  di  vista
sostanziale, ledendo ingiustificatamente i diritti fondamentali degli
stranieri  e  dei  loro  familiari,  per  una  ragione  di  carattere
meramente  formale,  consistente  nella  mancata   presentazione   di
un'istanza amministrativa (il sedicesimo considerando della direttiva
109/2003/CE stabilisce che «il soggiornante di lungo periodo dovrebbe
godere di una tutela rafforzata contro l'espulsione. Tale  protezione
e' fondata sui  criteri  fissati  dalla  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo). L'art. 8 della C.E.D.U., dispone  che
«ogni persona ha  diritto  al  rispetto  della  sua  vita  privata  e
familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza» e «non  puo'
esservi ingerenza della pubblica  autorita'  nell'esercizio  di  tale
diritto a  meno  che  tale  ingerenza  sia  prevista  dalla  legge  e
costituisca  una  misura  che,  in  una  societa'   democratica,   e'
necessaria  per  la  sicurezza  nazionale,  l'ordine   pubblico,   il
benessere  economico  del  paese,  la  prevenzione  dei   reati,   la
protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e
delle liberta' altrui». In tema di protezione  dell'unita'  familiare
dello straniero nel caso di espulsione a seguito di condanna  penale,
la giurisprudenza della Corte europea dei  diritti  dell'uomo  da  un
lato premette che non puo' essere invocato l'art.  8  della  C.E.D.U.
per affermare l'esistenza di un diritto assoluto  dello  straniero  a
non essere espulso, dall'altro ha elaborato una serie  di  criteri  e
parametri elastici  al  fine  di  bilanciare  la  tutela  della  vita
familiare con la tutela degli  interessi  pubblici  che  giustificano
invece un'ingerenza pubblica, valutando volta per volta il rispetto o
meno del  principio  di  proporzionalita'  rispetto  all'interferenza
sulla  vita  privata  e  familiare  determinata   dall'allontanamento
coattivo dal territorio nazionale (cfr.  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo, Omojudi c.  Regno  Unito,  24  novembre  2009;  Abdulaziz,
Cabales e Baikandali c. Regno Unito, 28 maggio  1985;  Moustaquim  c.
Belgio, 18 febbraio  1991;  Beldjoudi  c.  Francia,  26  marzo  1992;
Boultif c. Svizzera, 2 settembre 2001;  Amrollahi  c.  Danimarca,  11
luglio 2002; Yilmaz c. Germania, 17 aprile 2003; Keles  c.  Germania,
27 ottobre 2005). 
    Tale   orientamento   e'   chiaramente   incompatibile   con   il
mantenimento di automatismi ostativi al soggiorno  determinati  dalla
commissione  di  reati  quando  entri  in  gioco  la  necessita'   di
bilanciare le esigenze di sicurezza  e  di  ordine  pubblico  con  la
tutela della vita familiare (si possono richiamare  in  proposito  le
considerazioni contenute  nell'ordinanza  di  rimessione  alla  Corte
Costituzionale dell'art. 1-ter, comma 13, del decreto-legge n. 78 del
2009 Tar Calabria, Reggio Calabria, 13 ottobre 2011, n. 732; peraltro
la Corte E.D.U., svolgendo la predetta  opera  di  bilanciamento,  in
diverse occasioni ha ammesso la legittimita' di decisioni volte a far
prevalere  le  esigenze  di  tutela  della  sicurezza  e  dell'ordine
pubblico: cfr. Boughanemi c. Francia, 24 aprile 1996;  Bouchelkia  c.
Francia, 27 gennaio 1997; Boujaidi c. Francia, 26 ottobre 1997; Dalia
c. Francia, 19 febbraio 1998; Baghli c. Francia, 30 novembre 1999). 
    A maggior ragione deve ritenersi che violi il diritto al rispetto
della vita  familiare  previsto  dall'art.  8  C.E.D.U.  un'ingerenza
giustificata  dal  mancato  espletamento  di  una   mera   formalita'
amministrativa, non finalizzata al  perseguimento  di  uno  specifico
interesse pubblico,  consistente  nell'aver  presentato  o  meno  una
formale istanza di ricongiungimento o di rilascio di un  permesso  di
soggiorno  per  soggiornanti  di  lungo  periodo,   con   conseguente
irragionevole  sacrificio  dei  diritti  fondamentali  connessi  alla
salvaguardia dell'unita' familiare per i  soggetti  che  non  abbiano
svolto o non abbiano potuto svolgere questi adempimenti. 
    Per tali ragioni le norme di cui agli artt. 4, comma, 3, 5, comma
5, e 9, comma 4 del d.lgs.  n.  286  del  1998  nella  parte  in  cui
mantengono  un  automatismo  ostativo  al  soggiorno  in  caso  della
commissione di reati, senza consentire alcun'opera di valutazione del
caso in concreto all'Autorita' di pubblica sicurezza circa la  durata
del soggiorno e la presenza di familiari, violano  l'art.  117  primo
comma della Costituzione. 
    6.1. A risultati non differenti si perviene anche con riguardo al
solo diritto interno. 
    In primo  luogo  va  rilevata  l'irragionevole  sottoposizione  a
regimi profondamente differenziati circa l'aspettativa a  soggiornare
in Italia rispetto al riconoscimento o meno di una tutela  rafforzata
contro  l'allontanamento,  nonostante   l'esistenza   di   situazioni
sostanzialmente identiche, in violazione il principio di  eguaglianza
sancito dall'art.  3  della  Costituzione,  a  seconda  dell'avvenuta
presentazione o meno di un'istanza di ricongiungimento, che puo'  non
essere stata presentata perche'  l'interessato  e  i  familiari  sono
giunti insieme in Italia o perche',  come  nel  caso  di  specie,  la
famiglia si e' formata in Italia. 
    In secondo luogo va rilevata la lesione dei diritti  fondamentali
degli stranieri e dei loro familiari in violazione degli artt. 2,  3,
29, 30 e 31 della Costituzione che cio' comporta. 
    La  tutela  delle  posizioni   giuridiche   connesse   all'unita'
familiare infatti va riconosciuta ai singoli non in quanto  partecipi
di una determinata comunita' politica, ma in quanto esseri  umani,  e
quindi  anche  agli  stranieri,  e   la   presunzione   assoluta   di
pericolosita' sociale insita nell'automatismo ostativo al rinnovo del
permesso  di  soggiorno,  impedisce  di  accertare  se   i   medesimi
rappresentino in concreto un'effettiva minaccia per l'ordine pubblico
o la sicurezza dello Stato che giustifichi il loro  allontanamento  a
causa del prevalere delle esigenze di sicurezza  ed  ordine  pubblico
rispetto a quelle volte alla tutela della coesione familiare. 
    La necessita' di un  bilanciamento  discende  dall'art.  2  della
Costituzione  che  riconosce  e  garantisce  i  diritti   inviolabili
dell'uomo, sia come singolo  sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si
svolge la sua personalita', dall'art.  29  che  riconosce  i  diritti
della  famiglia  come  societa'  naturale  fondata  sul   matrimonio,
dall'art. 30 che sancisce  che  e'  dovere  e  diritto  dei  genitori
mantenere, istruire ed educare i figli e dall'art. 31 che dispone che
spetta  alla  Repubblica  agevolare  la  formazione  della   famiglie
proteggendo l'infanzia e la gioventu'. 
    Per questi profili va osservato che se e' vero che il legislatore
puo' subordinare la permanenza nel territorio dello  Stato  alla  non
compromissione   degli   interessi   coinvolti    dalla    disciplina
dell'immigrazione, la relativa scelta  deve  tuttavia  costituire  il
risultato di  un  ragionevole  e  proporzionato  bilanciamento  degli
stessi, soprattutto quando sia suscettibile di incidere sul godimento
dei diritti fondamentali dei quali e'  titolare  anche  lo  straniero
extracomunitario (cfr. Corte Costituzionale n. 245 del 2011, n. 299 e
n. 249 del 2010), perche' la condizione giuridica dello straniero non
deve essere «considerata - per quanto  riguarda  la  tutela  di  tali
diritti - come  causa  ammissibile  di  trattamenti  diversificati  o
peggiorativi» (cfr. Corte Costituzionale n. 245 del 2011 ed  altresi'
le ordinanze collegiali Tar Marche, 8  luglio  2011,  n.  580  e  Tar
Calabria, Reggio Calabria, 13 ottobre 2011, n. 732, iscritte  ai  nn.
22 e 26 del registro  ordinanze  2012  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  nn.  9  e  10,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2012). 
    7. In definitiva il Collegio, che con separata ordinanza  assunta
nella camera di consiglio  del  14  giugno  2012,  ha  interinalmente
sospeso l'efficacia dell'atto impugnato sino  alla  prima  Camera  di
consiglio  successiva  alla  restituzione  degli  atti  relativi   al
presente  giudizio  da  parte  della  Corte  Costituzionale,  ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale degli artt. 5, comma 5, e 9  del  d.lgs.  n.  286  del
1998, nella parte in  cui  prevedono  una  tutela  rafforzata  contro
l'allontanamento  solo  nei  confronti  dei  soggetti   che   abbiano
presentato una domanda di ricongiungimento, o  siano  ricongiunti,  o
siano titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di  lungo
periodo o abbiano fatto richiesta  di  rilascio  di  tale  titolo  di
soggiorno, anziche' nei confronti di quanti si trovino nelle medesime
condizioni    sostanziali    contemplate    dalle    norme     citate
indipendentemente dalla circostanza  di  aver  presentato  un'istanza
formale, per violazione degli artt. 2, 3, 29,  30,  31  e  117  primo
comma della Costituzione. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, III Sezione,
dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione  agli
artt. 2, 3, 29, 30, 31 e  117  primo  comma  della  Costituzione,  la
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 5, e  9
del d.lgs. n. 286 del 1998, nel senso precisato in motivazione. 
    Sospende il giudizio in corso e dispone, a cura della  segreteria
della Sezione, che gli atti dello stesso siano trasmessi  alla  Corte
Costituzionale  per  la  risoluzione  della  prospettata   questione,
nonche' la notifica della presente ordinanza alle parti in  causa  ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  la  comunicazione  della
medesima ai Presidenti dei due rami del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Venezia nella camera di consiglio del  giorno
14 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati: 
 
                      Il Presidente: Di Nunzio 
 
 
                                                  L'Estensore: Mielli