N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2012
Ordinanza del 10 aprile 2012 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise sul ricorso proposto da Di Giandomenico Giovanni c/o Universita' degli studi del Molise. Universita' e alte istituzioni - Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori - Previsione che l'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 503, che stabilisce la possibilita' per i pubblici dipendenti che ne facciano domanda di essere trattenuti in servizio per un biennio oltre il normale limite per il collocamento a riposo, non si applica ai professori e ricercatori universitari e che i provvedimenti adottati dalle Universita' ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della legge censurata, ad eccezione di quelli che hanno gia' iniziato a produrre i loro effetti - Lesione del principio di legittimo affidamento - Irragionevolezza - Lesione del principio di buon andamento - Lesione del principio di autonomia delle Universita', per la privazione alle stesse del potere di valutazione in ordine alla possibilita' di trattenimento in servizio del personale docente, anche laddove tale prolungamento sia funzionale a specifiche esigenze organizzative, didattiche o di ricerca. - Legge 30 dicembre 2010, n. 240, art. 25. - Costituzione, artt. 3, 33 e 97.(GU n.41 del 17-10-2012 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 6 del 2011, integrato da duplici motivi aggiunti, proposto da Di Giandomenico Giovanni, rappresentato e difeso dagli avv.ti Enrico Follieri e Giuseppe Ruta, con elezione di domicilio in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, e n. 23, contro Universita' degli studi del Molise, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede in Campobasso, via Garibaldi n. 124, e' legalmente domiciliata, per l'annullamento delle delibere del Senato Accademico dell'Universita' del Molise datate 12 giugno 2009 e 20 maggio 2010 e della delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Universita' datata 28 maggio 2010, e il decreto rettorale n. 664 del 15 giugno 2010, comunicato il 21 giugno 2010, atti con i quali e' stata respinta l'istanza del ricorrente tesa a ottenere la proroga biennale, ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992 e dell'art. 72 della legge n. 133/2008; quanto ai motivi aggiunti dell'11 settembre 2011, dei seguenti atti: 1) il decreto del Rettore dell'Universita' degli studi del Molise n. 632 datato 15 luglio 2011, con il quale si dispone il collocamento a riposo del ricorrente, a far data dal 1° novembre 2011, comunicato con nota prot. n. 17265-VII/5 del 29 luglio 2011; quanto ai motivi aggiunti del 10 novembre 2011, dei seguenti atti: 1) il decreto del Rettore dell'Universita' degli studi del Molise n. 968 del 31 ottobre 2011, comunicato in data 8 novembre 2011, con il quale si conferma il collocamento a riposo, a decorrere dal 1° novembre 2011 del ricorrente, per raggiunti limiti di eta'; 2) tutti gli atti precedenti del Senato Accademico, del Consiglio di Amministrazione e del Rettore dell'Universita', gia' impugnati; nonche' per l'ottemperanza all'ordinanza del T.a.r. Molise n. 214/2011, e per il risarcimento dei danni; Visto il ricorso con i relativi allegati, nonche' i duplici motivi aggiunti e le successive memorie del ricorrente; Visti l'atto di costituzione in giudizio e le memorie dell'Amministrazione intimata; Visti gli atti tutti della causa; Udita, alla pubblica udienza del 26 gennaio 2012, la relazione del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti; Uditi, altresi', per le parti i difensori, come da verbale di udienza; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue. I - Il ricorrente, professore ordinario presso l'Universita' degli studi del Molise, Facolta' di Giurisprudenza, avendo chiesto la permanenza in servizio fino al 31 ottobre 2013 e avendo ottenuto dall'Ateneo un diniego, insorgeva per impugnare detto diniego (unitamente al D.M. 31 ottobre 2007 n. 544), dinanzi al T.a.r. Lazio che - a seguito dell'espressa rinuncia all'impugnativa del D.M. - con ordinanza collegiale n. 5057 del 25 novembre 2010, declinava la propria competenza territoriale in favore di quella del T.a.r. Molise. Il ricorrente riassume, dunque, il proprio ricorso dinanzi a questo T.a.r., impugnando i seguenti atti: 1) le delibere del Senato Accademico dell'Universita' del Molise datate 12 giugno 2009 e 20 maggio 2010; 2) la delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Universita' datata 28 maggio 2010; 3) il decreto rettorale n. 664 del 15 giugno 2010, comunicato il 21 giugno 2010; tutti atti con i quali e' stata respinta l'istanza del ricorrente tesa a ottenere la proroga biennale, ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 503/1992 e dell'art. 72 della legge n. 133/2008. Il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1) violazione di legge e confusione procedimentale; 2) violazione di legge, eccesso di potere, sviamento, contraddittorieta', falsita' dei presupposti, carenza istruttoria, mancanza di motivazione, violazione della Circolare F.P. n. 10, violazione delle competenza del Consiglio di Facolta' e del Consiglio di Dipartimento; 3) sviamento; 4) violazione della legge n. 503/1992 art. 16 e s.m.i.; 5) sviamento. Il ricorrente rinuncia a impugnare il D.M. n. 544/2007 gia' gravato dinanzi al T.a.r. Lazio, con i seguenti motivi: 1) violazione di legge; 2) questione di legittimita' costituzionale. Si costituisce l'Amministrazione intimata, deducendo, anche con successiva memoria difensiva, l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso. Conclude per la reiezione. Con ordinanza collegiale n. 214 del 2011, questa Sezione accoglie la domanda cautelare connessa al ricorso introduttivo. Con i motivi aggiunti dell'11 settembre 2011, il ricorrente impugna, altresi', i seguenti atti: 1) il decreto del Rettore dell'Universita' degli studi del Molise n. 632 datato 15 luglio 2011, con il quale si dispone il collocamento a riposo del ricorrente, a far data dal 1° novembre 2011, comunicato con nota prot. n. 17265-VII/5 del 29 luglio 2011; 2) gli atti gia' impugnati con il ricorso introduttivo. Il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1) nuova proposizione dei motivi d'illegittimita' gia' sollevati; 2) questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 legge 7 agosto 1990 n. 239, artt. 19 e 110 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, art. 1 commi 17, 18, 19 della legge 4 novembre 2005 n. 230, art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, art. 72 commi 7 e 10 del D.L. n. 112/2008 conv. in legge n. 133/2008, rispetto agli artt. 2, 3 e 4 Cost., con riferimento all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, all'art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, all'art. 34 comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, all'art. 22 della legge n. 183/2010, nella parte in cui non fissa a 75 anni l'eta' pensionabile per i professori universitari; 2-bis) illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 30 dicembre 2010 n. 240 rispetto all'art. 3 in relazione all'art. 16 del D.L.gs. 30 dicembre 1992 n. 503, all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, all'art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, alla legge 27 dicembre 2002 n. 289, all'art. 22 della legge n. 183/2010; 2-ter) illegittimita' costituzionale dell'art. 72 commi 7 e 10 del D.L. n. 112/2008 conv. in legge n. 133/2008, dell'art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, rispetto all'art. 3 Cost., in relazione al R.D. 31 agosto 1933 n. 1592, all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, all'art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, all'art. 34 comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, all'art. 22 della legge n. 183/2010; 3) violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, carenza dei presupposti di fatto e di diritto, eccesso di potere sotto il profilo dell'illogicita' manifesta e dell'illegittimita' derivata. L'Amministrazione resistente deduce l'inammissibilita' e l'infondatezza dei primi motivi aggiunti e ne chiede la reiezione. Con ordinanza collegiale n. 227 del 2011, questa Sezione accoglie la domanda cautelare connessa ai primi motivi aggiunti. Con i motivi aggiunti del 10 novembre 2011, il ricorrente impugna infine i seguenti atti: 1) il Decreto del Rettore dell'Universita' degli studi del Molise n. 968 del 31 ottobre 2011, comunicato in data 8 novembre 2011, con il quale si conferma il collocamento a riposo, a decorrere dal 1° novembre 2011 del ricorrente, per raggiunti limiti di eta'; 2) tutti gli atti precedenti del Senato Accademico, del Consiglio di Amministrazione e del Rettore dell'Universita', gia' impugnati. Chiede, altresi', l'ottemperanza all'ordinanza del T.a.r. Molise n. 214/2011, con il risarcimento dei danni. Il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1) violazione dell'ordine del giudice, applicazione di atti i cui effetti restano sospesi, violazione di legge, straripamento di potere, incompetenza; 2) eccesso di potere, erroneita' dei presupposti; 3) violazione di legge, violazione dell'art. 25 della legge n. 240/2010; 4) violazione dell'ordinanza T.a.r. Molise n. 214/2011; 5) violazione degli atti presupposti, contraddittorieta', incompetenza; 6) i motivi gia' proposti nel ricorso introduttivo, con particolare riguardo alla violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, sotto l'ulteriore profilo della carenza dei presupposti e dell'illegittimita' derivata. Con tre memorie, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni, evidenziando ancora i profili di incostituzionalita' dell'art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240 (cd. riforma Gelmini), nonche' delle seguenti norme: 1) art. 1 della legge 7 aprile 1992 n. 239, art. 72 commi 7 e 10 del D.L. n. 112/2008, conv. legge n. 133/2008, art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, con riferimento all'art. 3 Cost. e avuto riguardo all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, art. 34 comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge n. 183/2010; 2) art. 72 commi 7 e 10 del D.L. n. 112/2008 conv. legge n. 133/2008, art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, rispetto all'art. 3 Cost., avuto riguardo al R.D. 31 marzo 1993 n. 1592, all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, art. 34 comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge n. 183/2010; 3) art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n. 240, rispetto all'art. 3 Cost., avuto riguardo all'art. 16 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 503, art. l della legge 23 agosto 2004 n. 243, art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge n. 183/2010 (cfr.: Cons. Stato VI, 28 novembre 2011 n. 6277). L'Amministrazione resistente deduce l'inammissibilita' e l'infondatezza dei secondi motivi aggiunti e ne chiede la reiezione. Con ordinanza collegiale n. 244 del 2011, questa Sezione accoglie la domanda cautelare connessa ai secondi motivi aggiunti. All'udienza del 26 gennaio 2012, la causa viene introitata per la decisione. II - Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita' dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010 (secondo cui «l'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, non si applica a professori e ricercatori universitari», con l'ulteriore specificazione che «i provvedimenti adottati dalle Universita' ai sensi della predetta norma decadono dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gia' iniziato a produrre i loro effetti»), sia rilevante e non manifestamente infondata. III - Con riferimento al requisito della rilevanza si osserva che la norma in esame e' certamente applicabile alla fattispeeie oggetto del giudizio. Il provvedimento amministrativo impugnato con i primi motivi aggiunti (il decreto del Rettore dell'Universita' degli studi del Molise n. 632 datato 15 luglio 2011, con il quale si dispone il collocamento a riposo del ricorrente, a far data dal 1° novembre 2011, comunicato con nota prot. n. 17265-VII/5 del 29 luglio 2011) ha rigettato l'istanza del ricorrente, proprio facendo applicazione dell'art. 25 legge n. 240 del 2010 che, alla luce del suo chiaro tenore letterale, preclude irrimediabilmente la possibilita' di trattenimento in servizio per professori e ricercatori universitari, escludendo che nei loro confronti possa essere applicata la disciplina contenuta nell'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992. IV.1 - L'applicazione che l'Universita' resistente ha fatto di tale norma, in via di principio, sembra corretta, atteso che non esistono margini per interpretazioni diverse. Invero, persino quando l'istanza di trattenimento in servizio sia stata presentata anteriormente all'entrata in vigore della norma, quest'ultima deve essere comunque applicata. Cio' risulta chiaramente dall'ultimo periodo dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010, che specifica che «i provvedimenti adottati dalle Universita' ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gia' iniziato a produrre i loro effetti». Se la norma, per espressa previsione legislativa, si applica anche ai casi in cui il provvedimento e' gia' stato adottato, ma non ha iniziato a produrre effetti, essa deve, a maggior ragione, applicarsi laddove - come accade nel caso di specie - l'istanza di trattenimento e' stata presentata prima dell'entrata in vigore della norma, ma non positivamente riscontrata. IV.2 - L'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 25 legge n. 240 del 2010 avrebbe cosi' l'effetto di rimuovere l'ostacolo normativo all'applicazione dell'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992, consentendo al ricorrente di ottenere che la sua istanza di permanenza in servizio sia esaminata (ed eventualmente accolta) dall'Universita', sulla base dei criteri introdotti dall'art. 72, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge n. 133 del 2008. IV.3 - La rilevanza della questione non e' parimenti esclusa dal fatto che, nella sede cautelare del giudizio, essa non e' stata sollevata da questo T.a.r., il quale ha ritenuto di concedere al ricorrente le misure cautelari richieste, sulla base di diverse valutazioni sul «fumus» e sul pregiudizio irreparabile. Cio' anche per evitare che la legge sospettata di incostituzionalita' possa precludere definitivamente la tutela cautelare, mortificando le esigenze di tutela immediata a essa sottese - il che si tradurrebbe in una palese violazione di fondamentali principi costituzionali (artt. 24 e 113 Cost.), o sovranazionali (art. 6 e 13 CEDI) - e nel tentativo di conciliare il carattere accentrato del controllo di costituzionalita' delle leggi con il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale, disapplicando la legge sospettata di incostituzionalita' e rinviando al giudizio di merito la rimessione della questione di legittimita' costituzionale (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. , ordinanza 20 dicembre 1999, n. 2; Cons. Giust. Amm., ordinanza 20 giugno 2001, n. 458). E' orientamento largamente condiviso che il giudice a quo, per concedere la tutela cautelare e apprestare una tutela giurisdizionale effettiva per i diritti dei singoli, possa esercitare un potere di disapplicazione «provvisoria» della legge incostituzionale, rimettendo contestualmente la questione di validita' al giudice cui il controllo di quelle norme sospettate di illegittimita' compete in via esclusiva. Anche la Corte costituzionale, con riferimento a questioni di legittimita' sollevate in sede cautelare, ha, in piu' occasioni, osservato che la potestas iudicandi non puo' ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare, come nella specie, e' fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, dovendosi in tal caso la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimita' costituzionale (ex plurimis: sentenze n. 444 del 1990, n. 367 del 1991; n. 30 e n. 359 del 1995; n. 183 del 1997, n. 4 del 2000 nonche' l'ordinanza n. 24 del 1995 e n. 194 del 2006). IV.4 - Sempre in ordine alla rilevanza della questione, si osserva che nel caso di specie il requisito del periculum in mora merita positivo apprezzamento. E' evidente, infatti, che il tempo necessario per la decisione del ricorso nel merito potrebbe arrecare al ricorrente un pregiudizio grave e irreparabile, anche in considerazione del fatto che verrebbe a scadere il biennio in relazione al quale egli ha presentato la richiesta di trattenimento in servizio. V - La questione di legittimita' costituzionale, come gia' rilevato, non e' manifestamente infondata. V.1 - L'art. 25 legge n. 240 del 2010, escludendo senz'altro l'applicazione dell'art. 16 del n. 503 del 1992 ai professori e ricercatori universitari, sembra, infatti, porsi in contrasto con gli articoli 3, 33, 97 della Costituzione. Il Collegio ritiene, in particolare, che la deroga che la norma introduce rispetto alla disciplina generale di cui al citato art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 appare irragionevole (perche' non sorretta da un'adeguata ragione giustificatrice), comunque sproporzionata rispetto alla finalita' perseguita, e lesiva sia del principio del buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), sia del principio dell'autonomia universitaria (art. 33, ultimo comma, Cost.), nella misura in cui priva le Universita', discriminandole rispetto a qualsiasi altro ente pubblico, di ogni potere di valutazione in ordine alla possibilita' di accogliere le istanze di trattenimento in servizio presentate dal personale docente, anche laddove tale prolungamento risulti funzionale a specifiche esigenze organizzative, didattiche o di ricerca. Si impedisce cosi' alle Universita' di dar corso a una adeguata, seppur eccezionale, misura organizzativa in tema di provvista di personale. La norma, inoltre, trovando applicazione anche nei confronti dei professori e dei ricercatori universitari che abbiano maturato un'aspettativa giuridicamente consolidata in ordine alla possibilita' di permanere in servizio, risulta lesiva del principio del legittimo affidamento e della sicurezza giuridica, che pure trova il suo fondamento, secondo quanto piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, nell'art. 3 della Costituzione. V.2 - Giova, al riguardo, ricostruire brevemente la disciplina generale - contenuta nell'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 - che si pone come tertium comparationis, alla cui stregua valutare la ragionevolezza della differente disciplina introdotta dall'art. 25 legge n. 340 del 2010. L'art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 503 del 1992, dopo aver riconosciuto la facolta' per «i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo per essi previsti», specifica, nel periodo successivo (introdotto dall'art. 72, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112), che «in tal caso e' data facolta' all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi». La norma generale, la cui applicabilita' e' esclusa dall'art. 25 della legge n. 340 del 2010 per i professori e ricercatori universitari, prevede, quindi, in seguito alle modifiche introdotte dall'art. 72, comma 7, del D.L. n. 112 del 2008, un sistema nel quale il trattenimento in servizio del dipendente pubblico non e' piu' rimesso a vero e proprio diritto potestativo del medesimo, della cui scelta l'Amministrazione deve limitarsi a prendere atto, come accadeva, invece, in base all'originaria formulazione dell'art. 16. In seguito alle modifiche intervenute nel 2008, l'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 non contempla piu' un diritto soggettivo alla permanenza in servizio del pubblico dipendente, ma prevede che l'istanza che il dipendente ha facolta' di presentare venga valutata discrezionalmente dall'Amministrazione (la quale ha facolta' di accoglierla), e che essa possa avere accoglimento solo in concreta presenza degli specifici presupposti individuati dalla disposizione, i primi dei quali sono legati ai profili organizzativi generali dell'Amministrazione medesima («in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali») e i seguenti alla situazione specifica soggettiva e oggettiva del richiedente («in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi»). V.3 - Come la giurisprudenza amministrativa ha chiarito (cfr., in particolare, Cons. Stato, VI, 6 giugno 2011, n. 3360), con l'innovazione introdotta dall'art. 72, comma 7, del D.L. n. 112 del 2008, la permanenza in servizio oltre l'ordinario limite di eta' e' divenuto istituto da considerare ormai eccezionale a causa delle esigenze generali di contenimento della spesa pubblica, espressamente perseguite con la manovra di cui allo stesso Decreto-Legge, e segnatamente con le disposizioni del Capo II, tra cui e' quella in esame. Pertanto la sua determinazione in concreto va sorretta, se nel senso della protrazione del servizio, da adeguate giustificazioni in relazione a parametri di valutazione indicati dalla disposizione, la cui ragione va puntualmente esternata. Tra questi, secondo l'interpretazione giurisprudenziale deve considerarsi prevalente la considerazione delle effettive «esigenze organizzative e funzionali» dell'Amministrazione, rispetto a cui «la particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti» rappresenta un criterio giustificativo necessario, ma ulteriore, e non gia' la ragione determinante. Si tratta, infatti, di dar corso a un'ipotesi eccezionale di provvista di docente, che deve essere adeguatamente giustificata da oggettivi e concreti fatti organizzativi, tali da imporre che si faccia ricorso a un tale particolare strumento. L'esternazione di una tale giustificazione della scelta - insieme a quella sugli altri elementi richiesti, a seguire, dalla disposizione - e' necessaria per dar conto del come e perche' l'Amministrazione si determini, derogando alle esigenze di risparmio perseguite dalla legge, a seguire questa speciale via (cfr., ancora, Cons. Stato, VI, 6 giugno 2011, n. 3360). Non cosi' e' quando l'Amministrazione si determini negativamente, ricorrendo allora la situazione ordinaria di normale estinzione del rapporto lavorativo per raggiungimento dei limiti di eta', che non richiede una speciale esternazione circa la particolare esperienza professionale dell'interessato. La ratio della modifica del 2008 e', infatti, essenzialmente di contenimento finanziario e questo prevale, perche' cosi' vuole questa legge, sulla qualita' professionale del docente: talche' e' nella prima valutazione che va incentrata la scelta e, se positiva rispetto alla disponibilita' offerta dall'interessato, ne va manifestata la ragione. L'innovazione del 2008 ha invertito, quindi, il rapporto tra regola ed eccezione della legislazione del 1992. L'uso del termine «facolta'» descrive null'altro che la possibilita', da parte dell'interessato, di domandare all'Amministrazione il trattenimento in servizio, ma non piu' un diritto all'ufficio. La struttura della fattispecie definita dalla disposizione del 2008 si configura come eccezionale e sottopone l'accoglimento a rigorose condizioni. VI - Rispetto a tale disciplina, che, come si e' appena visto, sottopone il mantenimento in servizio a rigorose condizioni, la scelta radicale, contenuta nell'art. 25 legge n. 240 del 2010, di escludere sempre e comunque per professori e ricercatori universitari, ogni possibilita' di mantenimento in servizio, appare irragionevole e sprovvista di una sostanziale giustificazione e, come tale, in contrasto con uno dei corollari del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., ovvero con il principio di ragionevolezza della legge. Non pare ravvisarsi, infatti, un'idonea ragione giustificatrice che possa essere addotta a sostegno della definitiva e totale esclusione per questa speciale categoria di dipendenti pubblici, di qualsiasi possibilita' di mantenimento in servizio, oltre il normale periodo di servizio. VI.1 - Non sembra, in particolare, rappresentare una valida giustificazione l'esigenza, che talvolta emerge anche nel corso dei lavori preparatori della legge n. 240 del 2010, di favorire il ricambio generazionale nelle Universita'. Qui, infatti, non e' in discussione la realizzazione di tale obiettivo, che certamente rientra nella discrezionalita' del legislatore, ma il bilanciamento che il legislatore deve compiere tra il suo perseguimento e la tutela di altri valori di primario rilievo costituzionale che possono essere incisi dalla scelta legislativa (cfr. Corte cost., 24 luglio 2009, n. 239). Nel caso di specie, la scelta legislativa appare sbilanciata e sproporzionata, perche', in nome dell'esigenza del ricambio generazionale, il legislatore non si fa carico delle negative ripercussioni che potrebbero derivarne sui principi del buon andamento della pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.) e della tutela dell'autonomia universitaria (art. 33 Cost.). Cio' emerge in maniera evidente, se si considera che gli obiettivi che la norma persegue vengono gia' adeguatamente perseguiti dall'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 che, in seguito alle modifiche del 2008, prevede l'eccezionalita' del mantenimento in servizio, tanto da specificare che esso possa essere assentito solo in presenza di specifici e stringenti presupposti. Nell'ambito di un sistema che gia' prevede come regola generale, anche per favorire il ricambio generazionale nell'ambito della pubblica Amministrazione, l'eccezionalita' del mantenimento in servizio, la scelta di escludere radicalmente, per i professori e i ricercatori universitari, ogni possibilita' di prolungamento rischia di rappresentare una limitazione eccessiva e sproporzionata. VII - L'automatismo dell'interruzione del servizio al compimento dell'eta' prevista, e la totale esclusione di ogni possibilita' di diversa valutazione da parte dell'Amministrazione, finisce, in particolare, per minare quei valori, anch'essi di rango costituzionale, che la norma generale (l'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992), qui richiamata come tertium comparationis, cerca al contrario di assicurare. VII.1 - Si tratta, in primo luogo, del principio del buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost.: l'art. 25 della legge n. 240 del 2010 impedisce alle Universita' di poter disporre il mantenimento in servizio per un ulteriore biennio anche quando la continuita' del servizio si imporrebbe in vista della necessita' di soddisfare specifiche «esigenze organizzative e funzionali», cui l'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 fa espresso riferimento. Il valore costituzionale del buon andamento della pubblica Amministrazione - che non puo' non prendere in considerazione il ricordato obiettivo della trasmissione delle conoscenze - e', cosi', totalmente obliterato, e questo, oltre a rilevare come autonomo profilo di incostituzionalita', rende ancor piu' evidente il vulnus, recato dalla rigidita' introdotta, al richiamato principio di ragionevolezza. VII.2 - Un ulteriore profilo di possibile incostituzionalita' viene in rilievo anche in relazione all'art. 33, comma 6, Cost., che tutela l'autonomia funzionale delle Universita', riconoscendo il «diritto delle stesse di governarsi liberamente attraverso i suoi organi e, soprattutto, attraverso il corpo dei docenti nelle sue varie articolazioni, cosi' risolvendosi nel potere di autodeterminazione del corpo accademico (cosiddetto autogoverno dell'ente da parte del corpo accademico)» (Corte cost., 9 novembre 1988, n. 1017). L'autonomia universitaria - che e' autonomia organizzativa, contabile, didattica e scientifica - rischia di essere pregiudicata da una norma che preclude, invece, proprio alle Universita' ogni decisione sulla permanenza in servizio del proprio personale docente. In tal modo, la disparita' di trattamento tra categorie di pubblici dipendenti (i professori e ricercatori universitari rispetto al restante personale pubblico) viene a tradursi in una disparita' di trattamento anche tra i relativi enti di appartenenza, negandosi proprio alle Universita', titolari di un'autonomia funzionale costituzionalmente garantita, ogni margine di autonomo apprezzamento. VIII - Un ulteriore profilo di irragionevolezza deriva dalla violazione del principio della sicurezza giuridica e di tutela del legittimo affidamento maturato in capo ai professori e ricercatori universitari, per effetto della previgente normativa. La Corte costituzionale ha gia' avuto occasione di affermare che nel nostro sistema costituzionale non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti. Secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, rappresenta, tuttavia, condizione essenziale che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (cfr. sentenze n. 236 e n. 24 del 2009; n. 11 del 2007; n. 409 del 2005; n. 446 del 2002; n. 416 del 1999, n. 360 del 1995, n. 573 del 1990, n. 822 del 1988 e n. 349 del 1985). Il principio del legittimo affidamento, in particolare, deve ritenersi violato (con conseguente incostituzionalita' della legge per violazione del principio di uguaglianza, sotto il profilo del difetto di ragionevolezza), nel caso in cui la nuova norma incida, con una disciplina peggiorativa, su aspettative giuridicamente qualificate, che siano pervenute ad un livello di consolidamento cosi' elevato da creare, appunto, quell'affidamento costituzionalmente protetto nella conservazione del pregresso trattamento. Nel caso di specie, l'art. 25 della legge n. 240 del 2010 sembra tradire il principio del legittimo affidamento nella misura in cui prevede che la disciplina da esso introdotta si applichi indistintamente a tutti i professori e ricercatori universitari, anche a quelli che, come il ricorrente, per molti anni hanno fatto affidamento su una disciplina che consentiva il mantenimento in servizio per un ulteriore biennio: inizialmente a semplice richiesta, poi, in seguito alle modifiche introdotte dall'art. 72, comma 7, del Decreto-Legge n. 112 del 2008, previa valutazione discrezionale dell'Amministrazione. Al momento dell'entrata in vigore della norma censurata, il ricorrente era in procinto di iniziare il biennio di prolungamento, sulla base della originaria disciplina dell'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992. Egli, pertanto, puo' ritenersi titolare non di una aspettativa di mero fatto, ma di una aspettativa giuridicamente rilevante, ormai pervenuta, per effetto del tempo trascorso e del provvedimento di autorizzazione al trattenimento in servizio gia' adottato, a un livello di consolidamento tale da creare un legittimo affidamento. Sotto tale profilo, l'art. 25 della legge n. 240 del 2010, nella misura in cui esclude dalla nuova disciplina soltanto i beneficiari di un provvedimento di mantenimento in servizio che abbia gia' iniziato a produrre effetti, opera un'irragionevole disparita' di trattamento tra situazioni sostanzialmente identiche, tutte comunque caratterizzate da un legittimo affidamento nel prolungamento biennale del rapporto. IX - Vi e', infine un ulteriore profilo di disparita', ineguaglianza, irragionevolezza, a danno dei professori e ricercatori universitari che aspirino a ottenere il biennio di proroga nel servizio, al raggiungimento del limite di eta'. Infatti, l'art. 24 comma quarto della legge n. 214 del 2011 (che ha convertito in legge il cosiddetto decreto «salva Italia»), riconosce a tutti i dipendenti pubblici e privati il diritto potestativo di protrarre il periodo lavorativo fino al compimento del 70mo anno di eta'. Tutti i lavoratori pubblici e privati, dunque, se intendono beneficiarne, hanno diritto a tale proroga, tranne i professori e ricercatori universitari. Tale regime particolare di sfavore verso i docenti universitari non ha alcuna ragion d'essere, specie se si considera che il lavoro intellettuale da essi svolto notoriamente e' meno usurante di tante attivita' manuali, materiali e pratiche di quei lavoratori ai quali, paradossalmente, si consente di protrarle fino ai settant'anni di eta', per la sola ragione che potrebbero non aver maturato il periodo contributivo sufficiente a ottenere una decorosa pensione (ragione che, peraltro, potrebbe riguardare anche i professori e ricercatori che hanno avuto accesso alla carriera universitaria in eta' matura). X - Per quanto esposto, appare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge 240 del 2010, in relazione agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. Per l'effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti del giudizio sospeso con ordinanza pronunciata in data odierna.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, pronunciando sul ricorso in epigrafe, conferma, fino alla definizione del merito del ricorso, le misure cautelari gia' disposte con le ordinanze collegiali nn. 214/2011, 227/2011 e 244/2011. Inoltre, visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' di cui in parte motiva, per contrasto con gli artt. 3, 33 e 97 della Costituzione. Sospende il presente giudizio nelle more della decisione dell'incidente di costituzionalita'. Ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, all'esito delle citate notificazioni e comunicazioni. Cosi' deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 26 gennaio 2012. Il Presidente: Zaccardi Il consigliere-estensore: Ciliberti Il consigliere: Monteferrante