N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2012

Ordinanza del 10 aprile  2012  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Molise  sul  ricorso  proposto  da  Di  Giandomenico
Giovanni c/o Universita' degli studi del Molise. 
 
Universita' e alte istituzioni - Collocamento a riposo dei professori
  e dei ricercatori - Previsione che l'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre
  1999, n.  503,  che  stabilisce  la  possibilita'  per  i  pubblici
  dipendenti che ne facciano domanda di essere trattenuti in servizio
  per un biennio oltre  il  normale  limite  per  il  collocamento  a
  riposo, non si applica ai professori e ricercatori  universitari  e
  che i provvedimenti  adottati  dalle  Universita'  ai  sensi  della
  predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della  legge
  censurata, ad  eccezione  di  quelli  che  hanno  gia'  iniziato  a
  produrre i loro  effetti  -  Lesione  del  principio  di  legittimo
  affidamento - Irragionevolezza -  Lesione  del  principio  di  buon
  andamento - Lesione del principio di autonomia  delle  Universita',
  per la privazione alle stesse del potere di valutazione  in  ordine
  alla  possibilita'  di  trattenimento  in  servizio  del  personale
  docente,  anche  laddove  tale  prolungamento  sia   funzionale   a
  specifiche esigenze organizzative, didattiche o di ricerca. 
- Legge 30 dicembre 2010, n. 240, art. 25. 
- Costituzione, artt. 3, 33 e 97. 
(GU n.41 del 17-10-2012 )
 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 6 del 2011, integrato da duplici  motivi  aggiunti,
proposto da Di Giandomenico Giovanni, rappresentato  e  difeso  dagli
avv.ti Enrico Follieri e Giuseppe Ruta, con elezione di domicilio  in
Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, e n. 23,  contro  Universita'
degli studi del Molise, in persona del Rettore p.t., rappresentata  e
difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la  cui  sede
in Campobasso, via Garibaldi n. 124, e' legalmente  domiciliata,  per
l'annullamento delle delibere del Senato Accademico  dell'Universita'
del Molise datate 12 giugno 2009 e 20 maggio 2010  e  della  delibera
del Consiglio di Amministrazione dell'Universita'  datata  28  maggio
2010, e il decreto rettorale n. 664 del 15 giugno 2010, comunicato il
21 giugno 2010, atti con i quali  e'  stata  respinta  l'istanza  del
ricorrente tesa a ottenere la proroga biennale, ai sensi dell'art. 16
del d.lgs. n. 503/1992 e dell'art. 72 della legge n. 133/2008; 
        quanto  ai  motivi  aggiunti  dell'11  settembre  2011,   dei
seguenti atti: 1) il decreto del Rettore dell'Universita' degli studi
del Molise n. 632 datato 15 luglio 2011, con il quale si  dispone  il
collocamento a riposo del ricorrente, a  far  data  dal  1°  novembre
2011, comunicato con nota prot. n. 17265-VII/5 del 29 luglio 2011; 
        quanto ai motivi aggiunti del 10 novembre 2011, dei  seguenti
atti: 1) il decreto del  Rettore  dell'Universita'  degli  studi  del
Molise n. 968 del 31 ottobre 2011,  comunicato  in  data  8  novembre
2011, con il quale si conferma il collocamento a riposo, a  decorrere
dal 1° novembre 2011 del ricorrente, per raggiunti limiti di eta'; 2)
tutti gli atti precedenti del Senato  Accademico,  del  Consiglio  di
Amministrazione  e  del  Rettore  dell'Universita',  gia'  impugnati;
nonche'  per  l'ottemperanza  all'ordinanza  del  T.a.r.  Molise   n.
214/2011, e per il risarcimento dei danni; 
    Visto il ricorso con  i  relativi  allegati,  nonche'  i  duplici
motivi aggiunti e le successive memorie del ricorrente; 
    Visti  l'atto  di  costituzione  in   giudizio   e   le   memorie
dell'Amministrazione intimata; 
    Visti gli atti tutti della causa; 
    Udita, alla pubblica udienza del 26 gennaio  2012,  la  relazione
del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti; 
    Uditi, altresi', per le parti i difensori,  come  da  verbale  di
udienza; 
    Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue. 
    I - Il  ricorrente,  professore  ordinario  presso  l'Universita'
degli studi del Molise, Facolta' di Giurisprudenza, avendo chiesto la
permanenza in servizio fino al 31  ottobre  2013  e  avendo  ottenuto
dall'Ateneo  un  diniego,  insorgeva  per  impugnare  detto   diniego
(unitamente al D.M. 31 ottobre 2007 n. 544), dinanzi al T.a.r.  Lazio
che - a seguito dell'espressa rinuncia all'impugnativa del D.M. - con
ordinanza collegiale n. 5057  del  25  novembre  2010,  declinava  la
propria competenza  territoriale  in  favore  di  quella  del  T.a.r.
Molise. Il ricorrente riassume, dunque, il proprio ricorso dinanzi  a
questo T.a.r., impugnando i seguenti atti: 1) le delibere del  Senato
Accademico dell'Universita' del Molise datate 12  giugno  2009  e  20
maggio  2010;  2)  la  delibera  del  Consiglio  di   Amministrazione
dell'Universita' datata 28 maggio 2010; 3) il  decreto  rettorale  n.
664 del 15 giugno 2010, comunicato il 21 giugno 2010; tutti atti  con
i quali e' stata respinta l'istanza del ricorrente tesa a ottenere la
proroga biennale, ai sensi dell'art. 16  del  d.lgs.  n.  503/1992  e
dell'art. 72 della legge n. 133/2008. Il ricorrente deduce i seguenti
motivi: 1)  violazione  di  legge  e  confusione  procedimentale;  2)
violazione    di    legge,    eccesso    di    potere,     sviamento,
contraddittorieta', falsita' dei  presupposti,  carenza  istruttoria,
mancanza di motivazione,  violazione  della  Circolare  F.P.  n.  10,
violazione delle competenza del Consiglio di Facolta' e del Consiglio
di Dipartimento; 3) sviamento; 4) violazione della legge n.  503/1992
art. 16 e s.m.i.; 5) sviamento. Il ricorrente rinuncia a impugnare il
D.M. n. 544/2007 gia' gravato dinanzi al T.a.r. Lazio, con i seguenti
motivi:  1)  violazione  di  legge;  2)  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
    Si costituisce l'Amministrazione intimata, deducendo,  anche  con
successiva memoria difensiva, l'inammissibilita' e l'infondatezza del
ricorso. Conclude per la reiezione. 
    Con ordinanza collegiale n. 214 del 2011, questa Sezione accoglie
la domanda cautelare connessa al ricorso introduttivo. 
    Con i motivi  aggiunti  dell'11  settembre  2011,  il  ricorrente
impugna, altresi',  i  seguenti  atti:  1)  il  decreto  del  Rettore
dell'Universita' degli studi del Molise n. 632 datato 15 luglio 2011,
con il quale si dispone il collocamento a riposo  del  ricorrente,  a
far  data  dal  1°  novembre  2011,  comunicato  con  nota  prot.  n.
17265-VII/5 del 29 luglio 2011; 2) gli atti  gia'  impugnati  con  il
ricorso introduttivo. Il ricorrente  deduce  i  seguenti  motivi:  1)
nuova proposizione dei motivi  d'illegittimita'  gia'  sollevati;  2)
questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 legge 7 agosto
1990 n. 239, artt. 19 e 110 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, art.  1
commi 17, 18, 19 della legge 4 novembre 2005 n. 230,  art.  25  della
legge 30 dicembre 2010 n. 240, art. 72 commi  7  e  10  del  D.L.  n.
112/2008 conv. in legge n. 133/2008, rispetto agli artt.  2,  3  e  4
Cost., con riferimento all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n.  243,
all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, all'art. 22-ter  del  D.L.
1° luglio 2009 n. 78, all'art. 34 comma 12 della  legge  27  dicembre
2002 n. 289, all'art. 22 della legge n. 183/2010, nella parte in  cui
non  fissa  a  75  anni  l'eta'   pensionabile   per   i   professori
universitari; 2-bis) illegittimita' costituzionale dell'art. 3  della
legge 30 dicembre 2010  n.  240  rispetto  all'art.  3  in  relazione
all'art. 16 del D.L.gs. 30 dicembre 1992 n.  503,  all'art.  1  della
legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31 maggio  2010  n.
78, all'art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009  n.  78,  alla  legge  27
dicembre 2002 n. 289, all'art. 22 della  legge  n.  183/2010;  2-ter)
illegittimita' costituzionale dell'art. 72 commi 7 e 10 del  D.L.  n.
112/2008 conv. in legge n. 133/2008,  dell'art.  25  della  legge  30
dicembre 2010 n. 240, rispetto all'art. 3 Cost., in relazione al R.D.
31 agosto 1933 n. 1592, all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243,
all'art. 12 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, all'art. 22-ter  del  D.L.
1° luglio 2009 n. 78, all'art. 34 comma 12 della  legge  27  dicembre
2002 n. 289, all'art. 22  della  legge  n.  183/2010;  3)  violazione
dell'art. 3 della legge n. 241/1990, carenza dei presupposti di fatto
e di diritto, eccesso di potere  sotto  il  profilo  dell'illogicita'
manifesta e dell'illegittimita' derivata. 
    L'Amministrazione   resistente   deduce   l'inammissibilita'    e
l'infondatezza dei primi motivi aggiunti e ne chiede la reiezione. 
    Con ordinanza collegiale n. 227 del 2011, questa Sezione accoglie
la domanda cautelare connessa ai primi motivi aggiunti. 
    Con i motivi aggiunti del 10 novembre 2011, il ricorrente impugna
infine i seguenti atti: 1) il Decreto  del  Rettore  dell'Universita'
degli studi del Molise n. 968 del 31 ottobre 2011, comunicato in data
8 novembre 2011, con il quale si conferma il collocamento a riposo, a
decorrere dal 1° novembre 2011 del ricorrente, per  raggiunti  limiti
di eta'; 2) tutti gli atti  precedenti  del  Senato  Accademico,  del
Consiglio di Amministrazione e  del  Rettore  dell'Universita',  gia'
impugnati. Chiede, altresi', l'ottemperanza all'ordinanza del  T.a.r.
Molise n. 214/2011, con il  risarcimento  dei  danni.  Il  ricorrente
deduce i seguenti motivi:  1)  violazione  dell'ordine  del  giudice,
applicazione di atti i cui effetti  restano  sospesi,  violazione  di
legge, straripamento di potere, incompetenza; 2) eccesso  di  potere,
erroneita'  dei  presupposti;  3)  violazione  di  legge,  violazione
dell'art. 25 della legge n. 240/2010;  4)  violazione  dell'ordinanza
T.a.r. Molise n. 214/2011;  5)  violazione  degli  atti  presupposti,
contraddittorieta', incompetenza;  6)  i  motivi  gia'  proposti  nel
ricorso  introduttivo,  con  particolare  riguardo  alla   violazione
dell'art. 3 della legge n. 241/1990, sotto l'ulteriore profilo  della
carenza dei presupposti e dell'illegittimita' derivata. 
    Con tre memorie, il ricorrente ribadisce  e  precisa  le  proprie
deduzioni  e  conclusioni,   evidenziando   ancora   i   profili   di
incostituzionalita' dell'art. 25 della legge 30 dicembre 2010 n.  240
(cd. riforma Gelmini), nonche' delle seguenti norme: 1) art. 1  della
legge 7 aprile 1992 n. 239,  art.  72  commi  7  e  10  del  D.L.  n.
112/2008, conv. legge n. 133/2008, art. 25 della  legge  30  dicembre
2010 n. 240, con  riferimento  all'art.  3  Cost.  e  avuto  riguardo
all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, art.  12  del  D.L.  31
maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, art. 34
comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge  n.
183/2010; 2) art. 72 commi 7 e 10 del D.L. n. 112/2008 conv. legge n.
133/2008, art. 25 della legge  30  dicembre  2010  n.  240,  rispetto
all'art. 3 Cost., avuto riguardo al  R.D.  31  marzo  1993  n.  1592,
all'art. 1 della legge 23 agosto 2004 n. 243, all'art. 12 del D.L. 31
maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, art. 34
comma 12 della legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge  n.
183/2010; 3) art. 25 della legge 30 dicembre 2010  n.  240,  rispetto
all'art. 3 Cost., avuto riguardo all'art. 16 del D.Lgs.  30  dicembre
1992 n. 503, art. l della legge 23 agosto 2004 n. 243,  art.  12  del
D.L. 31 maggio 2010 n. 78, art. 22-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78,
legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 22 della legge n. 183/2010 (cfr.:
Cons. Stato VI, 28 novembre 2011 n. 6277). 
    L'Amministrazione   resistente   deduce   l'inammissibilita'    e
l'infondatezza dei secondi motivi aggiunti e ne chiede la reiezione. 
    Con ordinanza collegiale n. 244 del 2011, questa Sezione accoglie
la domanda cautelare connessa ai secondi motivi aggiunti. 
    All'udienza del 26 gennaio 2012, la causa viene introitata per la
decisione. 
    II - Il Collegio ritiene che la  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010 (secondo cui «l'art. 16  del
decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  503,  non  si  applica  a
professori   e    ricercatori    universitari»,    con    l'ulteriore
specificazione che «i provvedimenti  adottati  dalle  Universita'  ai
sensi della predetta norma decadono dalla data di entrata  in  vigore
della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno gia'  iniziato
a produrre i loro  effetti»),  sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata. 
    III - Con riferimento al requisito della rilevanza si osserva che
la norma in esame e' certamente applicabile alla fattispeeie  oggetto
del giudizio. 
    Il provvedimento amministrativo  impugnato  con  i  primi  motivi
aggiunti (il decreto del Rettore  dell'Universita'  degli  studi  del
Molise n. 632 datato 15 luglio 2011,  con  il  quale  si  dispone  il
collocamento a riposo del ricorrente, a  far  data  dal  1°  novembre
2011, comunicato con nota prot. n. 17265-VII/5 del 29 luglio 2011) ha
rigettato l'istanza  del  ricorrente,  proprio  facendo  applicazione
dell'art. 25 legge n. 240 del 2010 che,  alla  luce  del  suo  chiaro
tenore  letterale,  preclude  irrimediabilmente  la  possibilita'  di
trattenimento in servizio per professori e ricercatori  universitari,
escludendo  che  nei  loro  confronti  possa  essere   applicata   la
disciplina contenuta nell'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992. 
    IV.1 - L'applicazione che l'Universita' resistente  ha  fatto  di
tale norma, in via di principio,  sembra  corretta,  atteso  che  non
esistono margini per interpretazioni diverse. Invero, persino  quando
l'istanza  di  trattenimento  in  servizio   sia   stata   presentata
anteriormente all'entrata in vigore della  norma,  quest'ultima  deve
essere  comunque  applicata.  Cio'  risulta  chiaramente  dall'ultimo
periodo dell'art. 25 della legge n. 240 del 2010, che  specifica  che
«i provvedimenti adottati dalle Universita' ai sensi  della  predetta
norma decadono alla data di entrata in vigore della  presente  legge,
ad eccezione di quelli che hanno gia'  iniziato  a  produrre  i  loro
effetti». Se  la  norma,  per  espressa  previsione  legislativa,  si
applica anche ai casi in cui il provvedimento e' gia' stato adottato,
ma non ha iniziato a produrre effetti, essa deve, a maggior  ragione,
applicarsi laddove - come accade nel caso di specie  -  l'istanza  di
trattenimento e' stata presentata prima dell'entrata in vigore  della
norma, ma non positivamente riscontrata. 
    IV.2 - L'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' dell'art.
25 legge n.  240  del  2010  avrebbe  cosi'  l'effetto  di  rimuovere
l'ostacolo normativo all'applicazione dell'art. 16 del D.Lgs. n.  503
del 1992, consentendo al ricorrente di ottenere che la sua istanza di
permanenza in  servizio  sia  esaminata  (ed  eventualmente  accolta)
dall'Universita', sulla base dei  criteri  introdotti  dall'art.  72,
comma 7, del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112,  convertito  in
legge n. 133 del 2008. 
    IV.3 - La rilevanza della questione non e' parimenti esclusa  dal
fatto che, nella sede cautelare  del  giudizio,  essa  non  e'  stata
sollevata da questo T.a.r., il quale  ha  ritenuto  di  concedere  al
ricorrente le misure  cautelari  richieste,  sulla  base  di  diverse
valutazioni sul «fumus» e sul pregiudizio  irreparabile.  Cio'  anche
per evitare che la  legge  sospettata  di  incostituzionalita'  possa
precludere  definitivamente  la  tutela  cautelare,  mortificando  le
esigenze di tutela immediata a essa sottese - il che  si  tradurrebbe
in una palese  violazione  di  fondamentali  principi  costituzionali
(artt. 24 e 113 Cost.), o sovranazionali (art. 6 e 13 CEDI) -  e  nel
tentativo di conciliare il  carattere  accentrato  del  controllo  di
costituzionalita' delle leggi con il principio di effettivita'  della
tutela  giurisdizionale,  disapplicando  la   legge   sospettata   di
incostituzionalita' e rinviando al giudizio di merito  la  rimessione
della questione di legittimita' costituzionale (cfr. Cons. Stato, Ad.
plen. ,  ordinanza  20  dicembre  1999,  n.  2;  Cons.  Giust.  Amm.,
ordinanza  20  giugno  2001,  n.  458).  E'  orientamento  largamente
condiviso che il giudice a quo, per concedere la tutela  cautelare  e
apprestare una tutela giurisdizionale effettiva  per  i  diritti  dei
singoli, possa esercitare un potere di disapplicazione  «provvisoria»
della legge incostituzionale, rimettendo contestualmente la questione
di validita' al giudice cui il controllo di quelle  norme  sospettate
di  illegittimita'  compete  in  via  esclusiva.   Anche   la   Corte
costituzionale, con riferimento a questioni di legittimita' sollevate
in sede cautelare, ha, in piu' occasioni, osservato che  la  potestas
iudicandi non puo' ritenersi esaurita  quando  la  concessione  della
misura cautelare, come nella specie, e' fondata, quanto al fumus boni
iuris,  sulla  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale, dovendosi in  tal  caso  la  sospensione
dell'efficacia del  provvedimento  impugnato  ritenere  di  carattere
provvisorio e temporaneo fino alla  ripresa  del  giudizio  cautelare
dopo  l'incidente  di  legittimita'  costituzionale   (ex   plurimis:
sentenze n. 444 del 1990, n. 367 del 1991; n. 30 e n. 359  del  1995;
n. 183 del 1997, n. 4 del 2000 nonche' l'ordinanza n. 24 del  1995  e
n. 194 del 2006). 
    IV.4 - Sempre  in  ordine  alla  rilevanza  della  questione,  si
osserva che nel caso di specie il requisito  del  periculum  in  mora
merita positivo apprezzamento. E' evidente,  infatti,  che  il  tempo
necessario per la decisione del ricorso nel merito potrebbe  arrecare
al  ricorrente  un  pregiudizio  grave  e  irreparabile,   anche   in
considerazione del  fatto  che  verrebbe  a  scadere  il  biennio  in
relazione al quale egli ha presentato la richiesta  di  trattenimento
in servizio. 
    V -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  come  gia'
rilevato, non e' manifestamente infondata. 
    V.1 - L'art. 25 legge n.  240  del  2010,  escludendo  senz'altro
l'applicazione dell'art. 16 del n.  503  del  1992  ai  professori  e
ricercatori universitari, sembra, infatti, porsi in contrasto con gli
articoli 3, 33,  97  della  Costituzione.  Il  Collegio  ritiene,  in
particolare, che la deroga  che  la  norma  introduce  rispetto  alla
disciplina generale di cui al citato art. 16 del D.Lgs.  n.  503  del
1992  appare  irragionevole  (perche'  non  sorretta  da  un'adeguata
ragione  giustificatrice),  comunque  sproporzionata  rispetto   alla
finalita' perseguita, e lesiva sia del principio del  buon  andamento
dell'azione  amministrativa  (art.  97  Cost.),  sia  del   principio
dell'autonomia universitaria (art. 33, ultimo  comma,  Cost.),  nella
misura in  cui  priva  le  Universita',  discriminandole  rispetto  a
qualsiasi altro ente pubblico,  di  ogni  potere  di  valutazione  in
ordine alla possibilita' di accogliere le istanze di trattenimento in
servizio  presentate  dal  personale  docente,  anche  laddove   tale
prolungamento risulti funzionale a specifiche esigenze organizzative,
didattiche o di ricerca. Si impedisce cosi' alle Universita'  di  dar
corso a una adeguata, seppur  eccezionale,  misura  organizzativa  in
tema di provvista di personale. 
    La norma, inoltre, trovando applicazione anche nei confronti  dei
professori  e  dei  ricercatori  universitari  che  abbiano  maturato
un'aspettativa giuridicamente consolidata in ordine alla possibilita'
di permanere in servizio, risulta lesiva del principio del  legittimo
affidamento e della  sicurezza  giuridica,  che  pure  trova  il  suo
fondamento,  secondo  quanto  piu'  volte   affermato   dalla   Corte
costituzionale, nell'art. 3 della Costituzione. 
    V.2 - Giova, al riguardo, ricostruire  brevemente  la  disciplina
generale - contenuta nell'art. 16 del D.Lgs. n. 503 del 1992 - che si
pone  come  tertium  comparationis,  alla  cui  stregua  valutare  la
ragionevolezza della differente disciplina  introdotta  dall'art.  25
legge n. 340 del 2010. 
    L'art. 16, comma 1,  del  D.Lgs.  n.  503  del  1992,  dopo  aver
riconosciuto la facolta' per «i dipendenti civili dello Stato e degli
enti pubblici non economici di permanere  in  servizio,  con  effetto
dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n.  421,
per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di  eta'  per  il
collocamento a riposo per  essi  previsti»,  specifica,  nel  periodo
successivo (introdotto dall'art. 72, comma 7,  del  decreto-legge  25
giugno  2008,  n.  112),  che  «in  tal   caso   e'   data   facolta'
all'amministrazione, in base alle proprie  esigenze  organizzative  e
funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla
particolare esperienza  professionale  acquisita  dal  dipendente  in
determinati  o  specifici  ambiti  ed  in  funzione   dell'efficiente
andamento dei servizi». 
    La norma generale, la cui applicabilita' e' esclusa dall'art.  25
della  legge  n.  340  del  2010  per  i  professori  e   ricercatori
universitari, prevede, quindi, in seguito alle  modifiche  introdotte
dall'art. 72, comma 7, del D.L. n. 112 del 2008, un sistema nel quale
il trattenimento in servizio del  dipendente  pubblico  non  e'  piu'
rimesso a vero e proprio diritto potestativo del medesimo, della  cui
scelta  l'Amministrazione  deve  limitarsi  a  prendere  atto,   come
accadeva, invece, in base all'originaria formulazione dell'art. 16. 
    In seguito alle modifiche intervenute nel  2008,  l'art.  16  del
D.Lgs. n. 503 del 1992 non contempla piu' un diritto soggettivo  alla
permanenza in  servizio  del  pubblico  dipendente,  ma  prevede  che
l'istanza che il dipendente ha facolta' di presentare venga  valutata
discrezionalmente  dall'Amministrazione  (la  quale  ha  facolta'  di
accoglierla), e che essa possa avere accoglimento  solo  in  concreta
presenza degli specifici presupposti individuati dalla  disposizione,
i primi dei quali  sono  legati  ai  profili  organizzativi  generali
dell'Amministrazione  medesima  («in  base  alle   proprie   esigenze
organizzative e funzionali») e i seguenti alla  situazione  specifica
soggettiva  e  oggettiva  del   richiedente   («in   relazione   alla
particolare esperienza professionale  acquisita  dal  richiedente  in
determinati  o  specifici  ambiti  ed  in  funzione   dell'efficiente
andamento dei servizi»). 
    V.3 - Come la giurisprudenza amministrativa ha chiarito (cfr., in
particolare,  Cons.  Stato,  VI,  6  giugno  2011,  n.   3360),   con
l'innovazione introdotta dall'art. 72, comma 7, del D.L. n.  112  del
2008, la permanenza in servizio oltre l'ordinario limite di  eta'  e'
divenuto istituto da considerare  ormai  eccezionale  a  causa  delle
esigenze generali di contenimento della spesa pubblica, espressamente
perseguite con  la  manovra  di  cui  allo  stesso  Decreto-Legge,  e
segnatamente con le disposizioni del Capo II, tra cui  e'  quella  in
esame. Pertanto la sua determinazione in concreto va sorretta, se nel
senso della protrazione del servizio, da adeguate giustificazioni  in
relazione a parametri di valutazione indicati dalla disposizione,  la
cui  ragione  va  puntualmente   esternata.   Tra   questi,   secondo
l'interpretazione giurisprudenziale deve considerarsi  prevalente  la
considerazione delle effettive «esigenze organizzative e  funzionali»
dell'Amministrazione,  rispetto  a  cui  «la  particolare  esperienza
professionale acquisita dal richiedente in  determinati  o  specifici
ambiti»  rappresenta  un  criterio  giustificativo   necessario,   ma
ulteriore, e non gia' la ragione determinante. 
    Si tratta, infatti, di dar  corso  a  un'ipotesi  eccezionale  di
provvista di docente, che deve essere adeguatamente  giustificata  da
oggettivi e concreti fatti organizzativi,  tali  da  imporre  che  si
faccia ricorso a un tale particolare strumento. L'esternazione di una
tale giustificazione della scelta -  insieme  a  quella  sugli  altri
elementi richiesti, a seguire, dalla disposizione - e' necessaria per
dar  conto  del  come  e  perche'  l'Amministrazione  si   determini,
derogando alle  esigenze  di  risparmio  perseguite  dalla  legge,  a
seguire questa speciale via (cfr., ancora, Cons. Stato, VI, 6  giugno
2011, n. 3360). Non cosi' e' quando  l'Amministrazione  si  determini
negativamente, ricorrendo allora la situazione ordinaria  di  normale
estinzione del rapporto lavorativo per raggiungimento dei  limiti  di
eta', che non richiede una speciale esternazione circa la particolare
esperienza professionale dell'interessato. La  ratio  della  modifica
del 2008 e', infatti, essenzialmente di  contenimento  finanziario  e
questo prevale, perche' cosi'  vuole  questa  legge,  sulla  qualita'
professionale del docente: talche' e' nella prima valutazione che  va
incentrata la scelta e,  se  positiva  rispetto  alla  disponibilita'
offerta dall'interessato, ne va manifestata la ragione. 
    L'innovazione del 2008 ha  invertito,  quindi,  il  rapporto  tra
regola ed eccezione della legislazione del 1992.  L'uso  del  termine
«facolta'»  descrive  null'altro  che  la  possibilita',   da   parte
dell'interessato, di domandare all'Amministrazione  il  trattenimento
in servizio, ma non piu' un diritto all'ufficio. La  struttura  della
fattispecie definita dalla disposizione del 2008  si  configura  come
eccezionale e sottopone l'accoglimento a rigorose condizioni. 
    VI - Rispetto a tale disciplina, che, come si  e'  appena  visto,
sottopone il mantenimento  in  servizio  a  rigorose  condizioni,  la
scelta radicale, contenuta nell'art. 25 legge n.  240  del  2010,  di
escludere  sempre   e   comunque   per   professori   e   ricercatori
universitari, ogni possibilita' di mantenimento in  servizio,  appare
irragionevole e sprovvista di una sostanziale giustificazione e, come
tale, in contrasto con uno dei corollari del principio di uguaglianza
di cui all'art. 3 Cost., ovvero con il  principio  di  ragionevolezza
della  legge.  Non  pare  ravvisarsi,  infatti,   un'idonea   ragione
giustificatrice che possa essere addotta a sostegno della  definitiva
e totale esclusione  per  questa  speciale  categoria  di  dipendenti
pubblici, di qualsiasi  possibilita'  di  mantenimento  in  servizio,
oltre il normale periodo di servizio. 
    VI.1 - Non  sembra,  in  particolare,  rappresentare  una  valida
giustificazione l'esigenza, che talvolta emerge anche nel  corso  dei
lavori preparatori della legge  n.  240  del  2010,  di  favorire  il
ricambio generazionale nelle Universita'. Qui,  infatti,  non  e'  in
discussione  la  realizzazione  di  tale  obiettivo,  che  certamente
rientra nella discrezionalita' del legislatore, ma  il  bilanciamento
che il legislatore deve compiere tra il suo perseguimento e la tutela
di altri valori di primario rilievo costituzionale che possono essere
incisi dalla scelta legislativa (cfr. Corte cost., 24 luglio 2009, n.
239). 
    Nel caso di specie, la scelta legislativa  appare  sbilanciata  e
sproporzionata,  perche',  in   nome   dell'esigenza   del   ricambio
generazionale,  il  legislatore  non  si  fa  carico  delle  negative
ripercussioni  che  potrebbero  derivarne  sui  principi   del   buon
andamento della pubblica Amministrazione  (art.  97  Cost.)  e  della
tutela dell'autonomia universitaria (art. 33 Cost.). Cio'  emerge  in
maniera evidente, se si considera che  gli  obiettivi  che  la  norma
persegue vengono  gia'  adeguatamente  perseguiti  dall'art.  16  del
D.Lgs. n. 503 del 1992 che,  in  seguito  alle  modifiche  del  2008,
prevede l'eccezionalita'  del  mantenimento  in  servizio,  tanto  da
specificare che esso possa  essere  assentito  solo  in  presenza  di
specifici e stringenti presupposti. Nell'ambito  di  un  sistema  che
gia' prevede come regola generale, anche  per  favorire  il  ricambio
generazionale    nell'ambito    della    pubblica    Amministrazione,
l'eccezionalita' del mantenimento in servizio, la scelta di escludere
radicalmente, per i professori e  i  ricercatori  universitari,  ogni
possibilita'  di   prolungamento   rischia   di   rappresentare   una
limitazione eccessiva e sproporzionata. 
    VII - L'automatismo dell'interruzione del servizio al  compimento
dell'eta' prevista, e la totale esclusione di  ogni  possibilita'  di
diversa  valutazione  da  parte  dell'Amministrazione,  finisce,   in
particolare,   per   minare   quei   valori,   anch'essi   di   rango
costituzionale, che la norma generale (l'art. 16 del  D.Lgs.  n.  503
del 1992),  qui  richiamata  come  tertium  comparationis,  cerca  al
contrario di assicurare. 
    VII.1 - Si  tratta,  in  primo  luogo,  del  principio  del  buon
andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost.: l'art.
25 della legge n. 240 del 2010 impedisce alle  Universita'  di  poter
disporre il mantenimento in servizio per un ulteriore  biennio  anche
quando la continuita' del  servizio  si  imporrebbe  in  vista  della
necessita'  di  soddisfare  specifiche  «esigenze   organizzative   e
funzionali», cui l'art. 16 del D.Lgs. n. 503  del  1992  fa  espresso
riferimento.  Il  valore  costituzionale  del  buon  andamento  della
pubblica  Amministrazione  -   che   non   puo'   non   prendere   in
considerazione  il  ricordato  obiettivo  della  trasmissione   delle
conoscenze - e', cosi', totalmente  obliterato,  e  questo,  oltre  a
rilevare come autonomo profilo di  incostituzionalita',  rende  ancor
piu' evidente  il  vulnus,  recato  dalla  rigidita'  introdotta,  al
richiamato principio di ragionevolezza. 
    VII.2 - Un ulteriore  profilo  di  possibile  incostituzionalita'
viene in rilievo anche in relazione all'art. 33, comma 6, Cost.,  che
tutela l'autonomia  funzionale  delle  Universita',  riconoscendo  il
«diritto delle stesse di governarsi  liberamente  attraverso  i  suoi
organi e, soprattutto, attraverso il  corpo  dei  docenti  nelle  sue
varie   articolazioni,   cosi'    risolvendosi    nel    potere    di
autodeterminazione  del  corpo  accademico  (cosiddetto   autogoverno
dell'ente da parte del corpo accademico)» (Corte  cost.,  9  novembre
1988, n. 1017). 
    L'autonomia  universitaria  -  che  e'  autonomia  organizzativa,
contabile, didattica e scientifica - rischia di  essere  pregiudicata
da una norma che preclude,  invece,  proprio  alle  Universita'  ogni
decisione sulla permanenza in servizio del proprio personale docente.
In tal modo, la disparita' di trattamento tra categorie  di  pubblici
dipendenti (i  professori  e  ricercatori  universitari  rispetto  al
restante personale pubblico) viene a tradursi in  una  disparita'  di
trattamento anche tra i  relativi  enti  di  appartenenza,  negandosi
proprio  alle  Universita',  titolari  di   un'autonomia   funzionale
costituzionalmente garantita, ogni margine di autonomo apprezzamento. 
    VIII - Un ulteriore  profilo  di  irragionevolezza  deriva  dalla
violazione del principio della sicurezza giuridica e  di  tutela  del
legittimo affidamento maturato in capo ai  professori  e  ricercatori
universitari,  per  effetto  della  previgente  normativa.  La  Corte
costituzionale ha gia' avuto occasione di affermare  che  nel  nostro
sistema costituzionale non e' affatto interdetto  al  legislatore  di
emanare  disposizioni  le  quali  vengano  a  modificare   in   senso
sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti  di  durata,
anche se l'oggetto di questi sia  costituito  da  diritti  soggettivi
perfetti.   Secondo   la   stessa   giurisprudenza    costituzionale,
rappresenta, tuttavia, condizione essenziale  che  tali  disposizioni
non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,  frustrando,   con
riguardo a situazioni sostanziali  fondate  sulle  leggi  precedenti,
l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da  intendersi
quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (cfr. sentenze  n.
236 e n. 24 del 2009; n. 11 del 2007; n. 409 del  2005;  n.  446  del
2002; n. 416 del 1999, n. 360 del 1995, n. 573 del 1990, n.  822  del
1988 e n. 349 del 1985). 
    Il principio del  legittimo  affidamento,  in  particolare,  deve
ritenersi violato (con conseguente  incostituzionalita'  della  legge
per violazione del principio di uguaglianza,  sotto  il  profilo  del
difetto di ragionevolezza), nel caso in cui la  nuova  norma  incida,
con  una  disciplina  peggiorativa,  su  aspettative   giuridicamente
qualificate, che siano pervenute  ad  un  livello  di  consolidamento
cosi'    elevato    da     creare,     appunto,     quell'affidamento
costituzionalmente  protetto  nella   conservazione   del   pregresso
trattamento. 
    Nel caso di specie, l'art. 25 della legge n. 240 del 2010  sembra
tradire il principio del legittimo affidamento nella  misura  in  cui
prevede  che  la  disciplina   da   esso   introdotta   si   applichi
indistintamente a tutti  i  professori  e  ricercatori  universitari,
anche a quelli che, come il ricorrente, per molti  anni  hanno  fatto
affidamento su una  disciplina  che  consentiva  il  mantenimento  in
servizio per un ulteriore biennio: inizialmente a semplice richiesta,
poi, in seguito alle modifiche introdotte dall'art. 72, comma 7,  del
Decreto-Legge n.  112  del  2008,  previa  valutazione  discrezionale
dell'Amministrazione. 
    Al momento dell'entrata  in  vigore  della  norma  censurata,  il
ricorrente era in procinto di iniziare il biennio  di  prolungamento,
sulla base della originaria disciplina dell'art. 16 del D.Lgs. n. 503
del  1992.  Egli,  pertanto,  puo'  ritenersi  titolare  non  di  una
aspettativa di mero  fatto,  ma  di  una  aspettativa  giuridicamente
rilevante, ormai pervenuta, per effetto del  tempo  trascorso  e  del
provvedimento di autorizzazione al  trattenimento  in  servizio  gia'
adottato, a un livello di consolidamento tale da creare un  legittimo
affidamento. Sotto tale profilo, l'art. 25 della  legge  n.  240  del
2010, nella misura in cui esclude dalla nuova disciplina  soltanto  i
beneficiari di un provvedimento di mantenimento in servizio che abbia
gia' iniziato a produrre effetti, opera  un'irragionevole  disparita'
di  trattamento  tra  situazioni  sostanzialmente  identiche,   tutte
comunque caratterizzate da un legittimo affidamento nel prolungamento
biennale del rapporto. 
    IX  -  Vi  e',  infine  un  ulteriore  profilo   di   disparita',
ineguaglianza, irragionevolezza, a danno dei professori e ricercatori
universitari che aspirino  a  ottenere  il  biennio  di  proroga  nel
servizio, al raggiungimento del limite di eta'.  Infatti,  l'art.  24
comma quarto della legge n. 214 del 2011 (che ha convertito in  legge
il cosiddetto decreto «salva Italia»), riconosce a tutti i dipendenti
pubblici e privati il diritto potestativo  di  protrarre  il  periodo
lavorativo fino  al  compimento  del  70mo  anno  di  eta'.  Tutti  i
lavoratori pubblici e privati,  dunque,  se  intendono  beneficiarne,
hanno diritto a tale  proroga,  tranne  i  professori  e  ricercatori
universitari. Tale regime particolare  di  sfavore  verso  i  docenti
universitari non ha alcuna ragion d'essere, specie  se  si  considera
che il lavoro intellettuale  da  essi  svolto  notoriamente  e'  meno
usurante di tante attivita' manuali, materiali  e  pratiche  di  quei
lavoratori ai quali, paradossalmente, si consente di  protrarle  fino
ai settant'anni di eta', per la sola ragione che potrebbero non  aver
maturato il periodo contributivo sufficiente a ottenere una  decorosa
pensione  (ragione  che,  peraltro,  potrebbe  riguardare   anche   i
professori e  ricercatori  che  hanno  avuto  accesso  alla  carriera
universitaria in eta' matura). 
    X - Per quanto esposto, appare  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  25
della legge 240 del 2010, in relazione agli articoli 3, 33 e 97 della
Costituzione. 
    Per l'effetto, vanno trasmessi alla Corte costituzionale gli atti
del giudizio sospeso con ordinanza pronunciata in data odierna. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, pronunciando
sul ricorso in epigrafe, conferma, fino alla definizione  del  merito
del ricorso, le misure  cautelari  gia'  disposte  con  le  ordinanze
collegiali nn. 214/2011, 227/2011 e 244/2011. 
    Inoltre, visti l'art. 134  della  Costituzione,  l'art.  1  della
legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e l'art. 23 della legge  11
marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di legittimita' di cui in parte  motiva,  per  contrasto
con gli artt. 3, 33 e 97 della Costituzione. 
    Sospende  il  presente  giudizio  nelle  more   della   decisione
dell'incidente di costituzionalita'. 
    Ordina che, a cura della Segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al Presidente della Camera
dei Deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale, all'esito delle citate notificazioni e comunicazioni. 
      Cosi' deciso in Campobasso, presso la sede  del  T.A.R.,  nella
Camera di Consiglio del 26 gennaio 2012. 
 
                       Il Presidente: Zaccardi 
 
 
                 Il consigliere-estensore: Ciliberti 
 
 
                    Il consigliere: Monteferrante