N. 249 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2012

Ordinanza del 30 maggio 2012 emessa dal Tribunale  di  Lamezia  Terme
nel procedimento civile promosso da Zangari Gemma contro il Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. 
 
Istruzione pubblica  -  Copertura  delle  cattedre  e  dei  posti  di
  insegnamento, che risultano effettivamente  vacanti  e  disponibili
  entro  la  data  del  31  dicembre,  mediante  il  conferimento  di
  supplenze annuali,  in  attesa  dell'espletamento  delle  procedure
  concorsuali per  l'assunzione  di  personale  docente  di  ruolo  -
  Conseguente successione di contratti o rapporti di lavoro  a  tempo
  determinato, svincolata dall'indicazione di ragioni  obiettive  e/o
  dalla predeterminazione di una durata massima o di un numero  certo
  di rinnovi, in contrasto con la clausola 5, punto  1,  dell'accordo
  quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, alla quale
  ha dato attuazione la direttiva 1999/70/CE del  28  giugno  1999  -
  Violazione  di  obblighi  internazionali  derivanti   dal   diritto
  comunitario. 
- Legge 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1. 
- Costituzione, art. 117, primo comma, in  relazione  alla  direttiva
  1999/70/CE del 28 giugno 1999. 
(GU n.44 del 7-11-2012 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    In funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice Antonio
Tizzano, ha pronunciato  e  pubblicato,  mediante  lettura  integrale
all'udienza del 30 maggio 2012, la seguente ordinanza nella causa  in
materia di lavoro, iscritta al n.  418/2011  r.a.c.c.,  vertente  tra
Zangari Gemma, c.f. ZNG GMM 63M52 C352VV,  elettivamente  domiciliata
in Lamezia Terme, v. Cristoforo  Colombo  n.  20,  presso  lo  studio
dell'avv. Alfredo Villella, rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Edda
Squillaci per procura a margine del ricorso introduttivo,  ricorrente
e Ministero dell'istruzione, dell'universita'  e  della  ricerca,  in
persona  del   legale   rappresentante   pro-tempore,   elettivamente
domiciliato presso la sede dell'Avvocatura distrettuale  dello  Stato
di Catanzaro, che lo rappresenta e difende ex art. 2 r.d. n. 1612/33,
resistente. 
    Oggetto:   contratti   a   termine-questione   di    legittimita'
costituzionale. 
 
                           Fatto e Diritto 
 
    Con ricorso ex art. 409 c.p.c., depositato  il  18  aprile  2011,
Gemma Zangari ha adito questo Tribunale, in funzione di  giudice  del
lavoro chiedendo: 
        accertarsi  e  dichiararsi  la  trasformazione  del   proprio
rapporto di lavoro da tempo determinato  a  tempo  indeterminato  con
effetto retroattivo fin dalla data di stipula del primo contratto  di
lavoro, ossia fin dal 17 settembre 2001, o,  in  via  subordinata,  a
decorrere dal giorno successivo al superamento dei trentasei mesi del
rapporto di lavoro, ossia dal 18 settembre 2004, o,  comunque,  dalla
data che sara' ritenuta di giustizia; 
        accertarsi e dichiararsi il proprio diritto alla progressione
nelle  posizioni  stipendiali  (scatti  di  anzianita')  con  effetto
retroattivo dalla stipula  del  contratto  di  lavoro  immediatamente
successivo al primo e, per l'effetto, riconoscersi le maggiori  somme
retributive e contributive, oltre  accessori  di  legge,  nonche'  la
ricostruzione di carriera; 
        accertarsi e  dichiararsi  il  proprio  diritto  al  recupero
contributivo e retributivo per i mesi di luglio e agosto  di  ciascun
anno con effetto dalla data di stipula del primo contratto di lavoro,
ossia fin dal 17 settembre 2001, o, in via subordinata,  a  decorrere
dal giorno successivo al superamento dei trentasei mesi del  rapporto
di lavoro, ossia dal 18 settembre 2004, o, comunque, dalla  data  che
sara'  ritenuta  di  giustizia  e,  per  l'effetto,  riconoscersi  le
maggiori somme a tal titolo, oltre accessori di legge; 
        accertarsi e dichiararsi il proprio diritto al recupero delle
maggiori somme a titolo di t.f.r. e di tredicesima  mensilita'  sulle
differenze stipendiali dovute, con le decorrenze di cui sopra; 
        accertarsi e dichiararsi il proprio diritto  al  risarcimento
del danno da computarsi secondo il parametro di cui all'art. 18 legge
n. 300/70 ovvero secondo il diverso criterio  ritenuto  di  giustizia
anche mediante ricorso al  principio  equitativo  e,  per  l'effetto,
condannarsi  al  relativo  pagamento,  oltre  accessori   di   legge,
l'Amministrazione convenuta. La ricorrente ha premesso  in  fatto  le
seguenti circostanze: 
          ella e' docente presso le scuole medie superiori  e  svolge
la propria attivita' dall'anno scolastico 2001/2002 nell'ambito della
provincia di Catanzaro, in forza  di  successivi  contratti  a  tempo
determinato   sistematicamente   rinnovati;   attualmente,    insegna
all'Istituto Tecnico  Commerciale  De  Fazio  di  Lamezia  Terme  con
incarico fino al 30 giugno 2011; 
          ella  ha  conseguito  l'abilitazione  all'insegnamento  con
concorso riservato indetto con d.m. n. 85/2005 ed e'  stata  inserita
nelle  graduatorie  permanenti  poi  trasformate  in  graduatorie  ad
esaurimento ex legge n. 296/2006; 
    pertanto, non ha mai percepito alcun incremento  stipendiale  ne'
per scatti biennali ne' per anzianita'  di  servizio  e  non  ha  mai
conseguito una sede di lavoro stabile. 
    Cio' Premesso e considerato che: 
        alla stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro non  osta
il superamento dell'organico  ne'  e'  possibile  affermare  che  gli
incarichi annuali fossero giustificati da sostituzioni  di  personale
temporaneamente  impedito,  essendovi  al  contrario  delle   vacanze
permanenti; 
        l'abilitazione alla docenza nonche' il diritto alla nomina in
ruolo sono stati conseguiti attraverso  il  superamento  di  concorsi
pubblici per titoli ed esami in ossequio all'art. 97, comma 3, Cost.;
le leggi finanziarie del 2007 e del 2008  avevano  destinato  risorse
alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale a tempo
determinato in possesso  di  certi  requisiti,  tra  i  quali  l'aver
superato un periodo di servizio, anche non continuativo, di trentasei
mesi e l'essere stato assunto mediante procedure selettive di  natura
concorsuale o previste da norme di legge; ne consegue, che non  trova
applicazione nella fattispecie il divieto di costituzione di rapporti
di lavoro a tempo indeterminato con la p.a.  e  la  limitazione  alla
tutela risarcitoria nei casi di violazione delle norme imperative  in
tema di assunzioni di cui all'art. 36 d.lgs. n.  165/2001;  peraltro,
si fa rilevare l'incostituzionalita' di  tale  norma  e  dell'art.  4
legge n. 124/1999 laddove prevedono la sola  tutela  risarcitoria;  a
sostegno  dell'eccezione  di  incostituzionalita',  si  osserva   che
l'unico  rimedio  previsto  e'   irragionevole   nelle   ipotesi   di
sistematica e illegittima utilizzazione dei contratti a termine e che
si determina una ingiustificata disparita' di trattamento tra  lavoro
pubblico e  privato  e,  all'interno  del  comparto  scolastico,  tra
personale di ruolo e personale precario stabilmente utilizzato e  tra
quest'ultimo e il personale che solo saltuariamente viene utilizzato;
inoltre,   la   normativa   nazionale   viola   quella   comunitaria,
segnatamente le clausole 1 e 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato, in specie ove impongono agli Stati membri l'introduzione
di un regime normativo volto a garantire in  materia  la  parita'  di
trattamento; 
        in applicazione del d.lgs. n. 368/2001, richiamato  dall'art.
36 d.lgs. n. 165/2001, ed in particolare degli artt. 1, 4  e  5,  nel
testo catione temporis vigente, non  sussistendo  ne'  essendo  state
esplicitate nei contratti conclusi le ragioni di  carattere  tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo  legittimanti  il  ricorso  a
contratti  a  termine,  sussiste  il  diritto  alla  stabilizzazione;
peraltro, in ossequio all'art. 5 d.lgs. n. 368/2001,  fin  dal  primo
contratto atteso che l'intervallo temporale tra i  contratti  che  si
sono  succeduti  e'  ininfluente   corrispondendo   al   periodo   di
sospensione estiva dell'attivita'  didattica;  si  deduce,  altresi',
l'illegittimo conferimento di supplenze temporanee, fino al 30 giugno
dell'anno, in luogo di supplenze annuali, fino al 31 agosto,  essendo
le prime riservate alla copertura delle sole ore di insegnamento  che
non concorrono a costituire cattedre o posti-orario; in ogni caso, la
conversione del rapporto scaturisce dal disposto dell'art.  4  d.lgs.
n. 368/2001 per  intervenuto  superamento  del  limite  di  36  mesi,
comprensivi di proroghe e  rinnovi,  indipendentemente  da  eventuali
interruzioni; 
        sussiste  il  diritto  al  risarcimento  dei  danni   subiti,
consistiti nel danno patrimoniale per la mancata  attribuzione  degli
emolumenti relativi al periodo estivo, degli scatti di  anzianita'  e
di ogni altro emolumento  riservato  al  personale  docente  a  tempo
indeterminato, e nel danno non patrimoniale,  per  la  condizione  di
precarieta' e  di  frustrazione  che  ella  ha  vissuto  e  vive,  da
quantificarsi  quest'ultimo  ex  art.  18  legge  n.  300/1970;   con
specifico riferimento, poi, agli scatti di  anzianita',  riconosciuti
ai soli insegnanti di religione, si  eccepisce  l'incostituzionalita'
dell'art. 7 legge n. 831/1961 per violazione degli artt. 3 e 97 cost.
nonche' il contrasto della normativa con  l'ordinamento  comunitario,
segnatamente con le clausole 1 e 4 punto 1  dell'Accordo  quadro  sul
lavoro  a   tempo   determinato,   ha   rassegnato   le   conclusioni
precedentemente indicate. 
    Instaurato ritualmente il contraddittorio, si  e'  costituita  in
giudizio  l'Amministrazione  scolastica  resistendo  alla  domanda  e
facendo rilevare in particolare: 
        che i diritti azionati si sono prescritti; 
        che i rapporti di lavoro in  questione  sono  sottratti  alla
disciplina di cui al d.lgs. n. 368/2001 e assoggettati alla legge  n.
167/2009, art.  1,  che  ha  espressamente  vietato  la  conversione;
invero, il d.lgs. n. 368/2001 non ha abrogato  l'art.  36  d.lgs.  n.
165/2001 in quanto per  i  rapporti  di  lavoro  nelle  PP.AA.  trova
applicazione  quest'ultima  normativa  per  il   suo   carattere   di
specialita';    con    riferimento,    poi,    alle    censure     di
incostituzionalita',   gia'    la    giurisprudenza    della    Corte
costituzionale le ha disattese sostenendo che permangono, pur dopo la
privatizzazione del pubblico impiego, profili di specialita' tali  da
giustificare  una  diversita'  di  trattamento;  l'opzione  contraria
comporterebbe un aggiramento dei principi costituzionali del concorso
pubblico  e  dell'imparzialita'  ex  art.  97;  il  ricorso  a  forme
flessibili di impiego da parte delle PP.AA. e' 
        giustificato dall'esigenza di supplire a  temporanee  carenze
di organico e di assicurare la continuita' del servizio scolastico ed
educativo;  la  stessa  normativa  comunitaria,   dopo   aver   posto
l'attenzione   sull'esistenza   di   ragioni   obiettive    per    la
giustificazione  del  rinnovo  dei  contratti  a  termine   e   sulla
fissazione della  durata  massima  dei  rapporti  e  del  numero  dei
rinnovi, riserva agli Stati membri la possibilita'  di  stabilire  un
regime sanzionatorio differenziato tra  settore  pubblico  e  settore
privato per le ipotesi  di  abusiva  utilizzazione  dei  contratti  a
termine; la giurisprudenza della Corte di Giustizia U.E.,  esaminando
la normativa italiana di attuazione, ha concluso nel senso della  sua
compatibilita' con l'accordo quadro e  dell'adeguatezza  del  rimedio
esclusivamente  risarcitorio;  alla  conversione  del   rapporto   si
oppongono, altresi', esigenze di contenimento e di  razionalizzazione
della spesa pubblica; 
        che le domande di ricostruzione della carriera con il computo
delle mensilita' di luglio  ed  agosto  e  con  l'attribuzione  degli
scatti stipendiali biennali devono essere rigettate perche' formulate
come  domande  consequenziali  al  riconoscimento  del  diritto  alla
conversione; in ogni caso, esse sono  infondate  per  i  principi  di
effettivita' e corrispettivita' delle  prestazioni  nel  rapporto  di
lavoro; riguardo,  in  special  modo,  agli  scatti  stipendiali,  il
presupposto per l'attribuzione di questi  e'  la  prestazione  di  un
servizio di insegnamento reso in via continuativa mentre riguardo  al
trattamento economico anche per il periodo  estivo  parte  ricorrente
non ha  allegato  ne'  dimostrato  la  condizione  che  la  normativa
richiede, ossia l'aver ricoperto un posto vacante  e  disponibile  in
organico; 
        che  la  domanda  di  risarcimento   del   danno   si   fonda
sull'asserito  fatto  illecito  del  ritardo  nella   stabilizzazione
cosicche' l'accertata impossibilita' giuridica di questa impedisce di
esaminare nel merito la domanda risarcitoria; inoltre, un diritto  al
risarcimento potrebbe sorgere solo al momento  dell'interruzione  del
rapporto, che non ricorre nel caso  di  specie  in  cui  il  rapporto
perdura; 
        che  la  richiesta  di  cumulo   tra   interessi   legali   e
rivalutazione monetaria e' vietata dall'art. 22, comma 36,  legge  n.
724/1994. 
    La causa, istruita per  via  documentale,  e'  stata  discussa  e
decisa all'udienza odierna. 
    Nel   ricorso,   si   possono    individuare    e    distinguere,
essenzialmente, due domande: 
        una domanda di  trasformazione  del  rapporto  di  lavoro  da
rapporto a tempo determinato in rapporto a  tempo  indeterminato  sul
presupposto   dell'illegittima   stipula   di   contratti   a   tempo
determinato, in violazione del d.lgs. n. 368/2001; a  questa  domanda
si accompagna la rivendicazione  delle  differenze  stipendiali,  per
dodici  mensilita',  e  delle  maggiori  somme  dovute  a  titolo  di
trattamento di fine rapporto e di tredicesima mensilita'; 
        una  domanda  di   risarcimento   del   danno   subito,   sia
patrimoniale, per la mancata attribuzione degli  emolumenti  relativi
al periodo estivo,  degli  scatti  di  anzianita'  e  di  ogni  altro
emolumento riservato al personale docente a tempo indeterminato,  sia
non patrimoniale, per la condizione di precarieta' e di  frustrazione
che la ricorrente ha vissuto e vive, da quantificarsi quest'ultimo ex
art. 18 legge n. 300/1970. 
    1. La disciplina legislativa che regola  le  assunzioni  a  tempo
determinato nel comparto pubblico  della  scuola  si  rinviene  nella
legge n. 124/1999  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  personale
scolastico). L'art. 4 in tema di  supplenze,  nei  primi  tre  commi,
cosi' recita: 
        «1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento
che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data  del
31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali  per  l'intero  anno
scolastico, qualora non sia possibile  provvedere  con  il  personale
docente di ruolo delle dotazioni  organiche  provinciali  o  mediante
l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreche' ai  posti
medesimi non sia stato gia' assegnato a qualsiasi titolo personale di
ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali,  in
attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione
di personale docente di ruolo. 
        2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di  insegnamento
non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del  31
dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede  mediante
il  conferimento  di  supplenze  temporanee  fino  al  termine  delle
attivita'  didattiche.  Si  provvede  parimenti  al  conferimento  di
supplenze temporanee fino al termine delle attivita'  didattiche  per
la  copertura  delle  ore  di  insegnamento  che  non  concorrono   a
costituire cattedre o posti orario. 
      3. Nei casi diversi da quelli  previsti  ai  commi  1  e  2  si
provvede con supplenze temporanee.». 
    Sulla base di tali disposizioni,  e'  possibile  individuare  tre
distinte tipologie di contratti a termine. 
    In primo luogo, vi sono le supplenze annuali cc.dd. su  «organico
di diritto» riguardanti posti disponibili e vacanti, con scadenza  al
termine dell'anno scolastico (31 agosto). Con esse si fa fronte  alla
copertura dei posti effettivamente  vacanti  entro  la  data  del  31
dicembre e che rimarranno prevedibilmente scoperti per l'intero anno,
allorche' non sia possibile provvedere  con  il  personale  di  ruolo
delle dotazioni organiche provinciali o  mediante  utilizzazione  del
personale in soprannumero, e sempreche' non vi sia stato assegnato  a
qualsiasi titolo personale di ruolo. 
    Si tratta, di regola, di posti in sedi disagiate  o  comunque  di
scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da
parte del personale di ruolo. La scopertura di questi  posti  non  e'
prevedibile, e si manifesta solo dopo l'esaurimento  delle  procedure
di  trasferimento,   assegnazione   provvisoria,   utilizzazione   di
personale soprannumerario e immissione in ruolo; alla loro  copertura
si  provvede,  allora,   mediante   supplenze   annuali   in   attesa
dell'espletamento delle procedure  concorsuali  per  l'assunzione  di
personale di ruolo. 
    In secondo luogo, la legge individua la tipologia delle supplenze
temporanee cosiddette su «organico di  fatto»,  con  scadenza  al  30
giugno, cioe', «fino  al  termine  delle  attivita'  didattiche».  Il
presupposto per il conferimento di tali supplenze non e'  la  vacanza
del posto ma  la  sua  effettiva  disponibilita',  ipotesi  che  puo'
verificarsi, ad esempio, per un aumento imprevisto della  popolazione
scolastica  nel  singolo  istituto,  la  cui  pianta  organica  resti
tuttavia invariata. 
    Infine, per le ipotesi residuali, ad esempio per la  sostituzione
di docenti di ruolo assenti per malattia ovvero per la  copertura  di
posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo  il
31 dicembre, sono previste  le  supplenze  temporanee,  destinate  ad
esaurire i loro effetti allorche' venga meno l'esigenza per cui  sono
state disposte. 
    Ai sensi dell'art. 4, comma 6, legge cit., l'amministrazione, per
le  prime  due  tipologie  di  supplenze,  attinge  alle  graduatorie
permanenti su base provinciale di cui all'art. 401 d.lgs. n. 297/1994
di  approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni  legislative
vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine
e grado; tali graduatorie sono state trasformate  in  graduatorie  ad
esaurimento dal 1° gennaio 2007, per effetto dell'art. 1, comma  605,
lett.  c),  legge  n.  296/2006  (legge  finanziaria  2007).  Per  il
conferimento delle  supplenze  temporanee  per  esigenze  diverse  si
utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto. 
    Il legislatore, da  ultimo,  ha  aggiunto  all'art.  4  legge  n.
124/1999 prima menzionato il comma 14-bis secondo cui «I contratti  a
tempo determinato  stipulati  per  il  conferimento  delle  supplenze
previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto  necessari  per  garantire  la
costante erogazione del servizio  scolastico  ed  educativo,  possono
trasformarsi in rapporti di lavoro a  tempo  indeterminato  solo  nel
caso di immissione in ruolo, ai sensi delle  disposizioni  vigenti  e
sulla  base  delle  graduatorie  previste  dalla  presente  legge   e
dall'art. 1, comma 605, lettera e), della legge 27 dicembre 2006,  n.
296, e successive modcazionf (art. 1,  comma  1,  d.l.  n.  134/2009,
convertito nella legge n. 167/2009). Il richiamato art. 1, comma 605,
lett. c), legge n.  296/2006  ha  rimesso  all'adozione  di  appositi
decreti  ministeriali,  tra  l'altro,  la  definizione  di  un  piano
triennale per la stabilizzazione, per gli anni 2007-2009, di  150.000
unita' di personale docente al fine  di  risolvere  il  fenomeno  del
precariato storico e «di evitarne la ricostituzione, di  stabilizzare
e rendere piu' funzionali gli assetti scolastici, di attivare  azioni
tese ad abbassare l'eta' media del personale docente»; si  tratta  di
un piano  la  cui  concreta  fattibilita'  e'  soggetta  a  verifiche
annuali. 
    2. Cio' premesso in linea generale,  una  prima  questione  posta
all'attenzione  di  questo  giudice,  pregiudiziale  all'esame  della
domanda di conversione del rapporto di  lavoro,  e'  quella  relativa
all'applicabilita' del d.lgs. n. 368/2001 ai contratti a termine  del
personale scolastico. 
    Si tratta del decreto che ha  recepito  la  direttiva  99/70/  CE
relativa  all'accordo  quadro  sui  contratti  a  tempo  determinato.
Questo, se da un lato, ha segnato il  superamento  del  principio  di
tassativita' delle ipotesi in cui era consentito il  ricorso  a  tale
tipologia  di  contratto  (l'art.  1  legge  n.  230/1962   ammetteva
l'apposizione  del  termine  in  determinate  ipotesi  indicate  come
eccezionali e fatte  oggetto  di  interpretazione  restrittiva  dalla
giurisprudenza), dall'altro, ha stabilito garanzie e fissato  limiti,
sia  quantitativi  che  temporali,  intesi   ad   evitare   l'abusiva
utilizzazione di tale tipologia contrattuale. L'obiettivo  perseguito
e' quello di impedire che il contratto a termine  sia  impiegato  per
far  fronte  ad  occasioni  permanenti  di  lavoro  tali  da  esigere
l'assunzione stabile del lavoratore. 
    Parte   ricorrente   ne   invoca   l'applicazione   laddove,   in
particolare,   dopo   aver   indicato   le   ragioni   giustificative
dell'apposizione  del  termine  finale  di  durata  in  «ragioni   di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche  se
riferibili alla ordinaria attivita' del datore di  lavoro»  (art.  1,
comma 1), dopo aver previsto l'osservanza della forma scritta con  la
specificazione delle  predette  ragioni,  dopo  aver  fissato  limiti
quantitativi e limiti alla prorogabilita' del termine, stabilisce  la
durata massima complessiva del rapporto in 36 mesi. Piu' esattamente,
l'art.  5,  comma  4-bis,  fissa  il  limite  alla  reiterazione  dei
contratti nel massimo di tre anni, computati anche i  rinnovi,  ossia
le nuove assunzioni successive alla prima, e le eventuali proroghe  e
indipendentemente dai periodi di  interruzione  tra  un  contratto  e
l'altro; il superamento del  termine  di  36  mesi  comporta  che  il
rapporto  di  lavoro  si  consideri,  da   quella   data,   a   tempo
indeterminato. 
    Sulla base di tale normativa e richiamando,  altresi',  le  leggi
finanziarie per gli  anni  2007  e  2008  laddove  esse  prevedono  i
requisiti  per  accedere  alle  procedure  di   stabilizzazione   del
personale  non  dirigenziale  della  scuola  in  servizio   a   tempo
determinato, parte  ricorrente  chiede  la  conversione  del  proprio
rapporto di lavoro. 
    Alla stessa - si sostiene - non sono di ostacolo ne'  l'art.  36,
comma 5, d.lgs. n. 165/2001 ne' l'art. 97, comma 3,  Cost.  Il  primo
prevede, per quanto d'interesse, che "In ogni caso, la violazione  di
disposizioni  imperative  riguardanti  l'assunzione  o  l'impiego  di
lavoratori,  da  parte  delle  pubbliche  amministrazioni,  non  puo'
comportare  la  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato  con  le  medesime  pubbliche  amministrazioni,   ferma
restando ogni responsabilita' e sanzione. Il  lavoratore  interessato
ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla  prestazione  di
lavoro in violazione di disposizioni imperative .». 
    L'art. 97, comma 3, Cost. affermando  che  «Agli  impieghi  nelle
Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso, salvo  i  casi
stabiliti dalla legge.» enuncia la regola del concorso pubblico quale
generale modalita' di reclutamento  del  personale  dipendente  dalle
pubbliche amministrazioni idonea  alla  individuazione  dei  soggetti
piu'  capaci  e  meritevoli,  per  le  caratteristiche  proprie,   di
selettivita', e per le garanzie che la circondano, in particolare  di
pubblicita', di trasparenza, di imparzialita', di economicita'. 
    Al riguardo, si fronteggiano  la  tesi  che  risolve  l'apparente
antinomia tra il d.lgs. n. 165/2001 e il d.lgs. n.  368/2001  facendo
applicazione del criterio temporale della successione di leggi  e  la
tesi che fa leva, invece, sul criterio  di  specialita'.  Secondo  la
prima, patrocinata  dalla  ricorrente,  occorre  aver  riguardo  alla
disciplina dettata dal d.lgs. n. 368/2001, in  particolare  per  cio'
che riguarda il numero di contratti stipulabili, i requisiti  formali
del  contratto,  le  condizioni  per  la  proroga,  il  rinnovo,   le
conseguenze in caso di illegittima apposizione del  termine.  Secondo
l'altra  opzione  ermeneutica,  tale  apparato  di   norme   non   e'
applicabile al comparto della scuola che e' retto da norme speciali. 
    Depongono, in tal  senso,  due  recenti  interventi  legislativi:
l'art. 70, comma 8, d.lgs. n. 165/2001 e l'art. 9, comma 18, d.l.  n.
70/2011  recante  «Prime  disposizioni   urgenti   per   l'economia»,
convertito nella legge n. 106/2011. Il primo  ha  stabilito  che  «Le
disposizioni del presente decreto si  applicano  al  personale  della
scuola. Restano ferme le disposizioni di cui  all'articolo  21  della
legge 15 marzo 1997, n. 59 e  del  decreto  legislativo  12  febbraio
1993, n. 35. Sono  fatte  salve  le  procedure  di  reclutamento  del
personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile  1994,
n. 297 e successive modificazioni ed  integrazioni.».  Alla  luce  di
tale indicazione, e dell'art. 1, comma  2,  d.lgs.  n.  165/2001  che
delimita l'ambito soggettivo di applicazione del  decreto  includendo
tra le amministrazioni pubbliche  «gli  istituti  e  scuole  di  ogni
ordine  e  grado»,  appare  chiaro  come  questo  sia  il  quadro  di
riferimento normativo da coordinarsi,  tuttavia,  con  la  normativa,
doppiamente  speciale,  in  materia  di  reclutamento  del  personale
scolastico. Del resto, non si rinviene nel d.lgs. n.  368/2001  alcun
elemento di diretto collegamento con la materia qui in esame. 
    Con il secondo intervento si e' aggiunto all'art.  10  d.lgs.  n.
368/2001 il seguente comma  4-bis:  «Stante  quanto  stabilito  dalle
disposizioni di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre
1997, n. 449,  e  successive  modificazioni,  all'articolo  4,  comma
14-bis, della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 6, comma 5,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono altresi'  esclusi
dall'applicazione  del  presente  decreto   i   contratti   a   tempo
determinato  stipulati  per  il  conferimento  delle  supplenze   del
personale docente ed ATA, considerata la necessita' di  garantire  la
costante erogazione del servizio scolastico  ed  educativo  anche  in
caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con  rapporto
di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato.  In  ogni  caso
non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto.».  La
novella conferma e chiarisce la  specialita'  delle  disposizioni  in
materia di contratti a termine in ambito scolastico che  tiene  conto
dell'esigenza,  costituzionalmente  riconosciuta,  di  garantire   la
continuita' del servizio scolastico  ed  educativo  (artt.  33  e  34
Cost.). Si deve escludere la portata innovativa della  norma  per  la
funzione chiarificatrice che essa  obiettivamente  svolge  e  per  il
significato che dalle norme interpretate poteva gia'  ragionevolmente
trarsi. 
    3. Cosi' ricostruiti i rapporti tra le due normative, e' evidente
come il sistema di reclutamento del personale docente della scuola si
configuri in termini di specialita' sia  rispetto  al  sistema  delle
assunzioni alle dipendenze delle altre pubbliche amministrazioni  sia
rispetto alla normativa comune  sui  contratti  a  termine,  entrambi
altrimenti applicabili per la loro portata generale. 
    Si deve, allora, ritenere, delineato il quadro di riferimento per
il  settore  scolastico,  che  l'amministrazione   competente   abbia
facolta' di avvalersi delle forme contrattuali flessibili di  impiego
del personale al di fuori delle prescrizioni  relative  al  contenuto
del contratto di lavoro, in specie di quelle volte all'individuazione
specifica delle ragioni che giustificano la clausola  di  apposizione
del termine,  come  delle  prescrizioni  in  tema  di  proroga  e  di
assunzioni successive. In altri termini, l'amministrazione scolastica
sarebbe svincolata tanto dai limiti di  cui  al  d.lgs.  n.  368/2001
quanto dai limiti,  ancor  piu'  stringenti,  di  cui  al  d.lgs.  n.
165/2001 che autorizza le PP.AA. a  ricorrere  a  forme  contrattuali
flessibili di assunzione e  d'impiego  per  rispondere  ad  «esigenze
temporanee ed eccezionali» (art. 36, comma 2). 
    In base alla normativa speciale ora  descritta,  non  costituisce
comportamento contra legem, ma anzi  comportamento  doveroso  per  le
autorita' scolastiche, sopperire al fabbisogno di  personale  docente
e, dunque, ad esigenze di carattere sia strutturale che  contingente,
affidando supplenze, sulla  base  delle  graduatorie  ad  esaurimento
ovvero  delle  graduatorie   d'istituto,   al   medesimo   lavoratore
ripetutamente da un anno all'altro, senza soluzione di continuita'  e
senza l'indicazione delle specifiche ragioni  a  giustificazione  del
termine. 
    Si crea e si alimenta cosi',  come  di  fatto  e'  avvenuto,  una
classe di lavoratori precari, in numero sempre piu'  cospicuo,  ossia
di soggetti che pur in possesso dei requisiti per essere  immessi  in
ruolo si sono trovati e si trovano costretti a  trascorrere  l'intera
vita lavorativa nella veste di supplenti, annuali o temporanei. Ed e'
proprio questa la ragione che ha indotto il legislatore a  prevedere,
in favore dei precari c.d. storici, un piano per la stabilizzazione. 
    L'attenta disamina del diritto interno consente di concludere per
l'inesistenza, relativamente al settore pubblico della scuola,  delle
disposizioni limitative  introdotte  in  attuazione  della  normativa
europea. Tale normativa,  contenuta  nella  Direttiva  del  Consiglio
1999/70/CE relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a
tempo determinato che e' stata recepita nel nostro ordinamento con il
d.lgs. n. 368/2001, individua quali suoi obiettivi  il  miglioramento
della qualita' del lavoro a tempo determinato attraverso la  garanzia
del principio di non discriminazione e  la  creazione  di  un  quadro
normativo per la prevenzione degli abusi derivanti  dall'utilizzo  di
una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato
(clausola 1). 
    Gli Stati membri - stabilisce la clausola 5 al  punto  1  -  sono
tenuti ad introdurre «previa  consultazione  delle  parti  sociali  a
norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali,
e/o le parti sociali stesse, ..., in assenza di norme equivalenti per
la prevenzione degli abusi e  in  un,  modo  che  tenga  conto  delle
esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o piu'
misure relative a: 
        a) ragioni obiettive per la giustificazione del  rinnovo  dei
suddetti contratti o rapporti; 
        b) la durata massima  totale  dei  contratti  o  rapporti  di
lavoro a tempo determinato successivi; 
        c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.». 
    Ora, sulla scorta di queste chiare indicazioni, non  si  rinviene
dalla ricognizione  della  disciplina  interna  la  previsione  delle
misure sub b) e c)  della  clausola  5  (durata  massima  totale  dei
contratti  e  numero  dei  rinnovi).  Quanto  alla  misura  sub   a),
l'esistenza  di  ragioni  obiettive  che  possano   giustificare   la
reiterazione dei contratti a termine, la  Corte  di  giustizia,  dopo
aver evidenziato come l'utilizzazione di contratti basata su  ragioni
obiettive sia, in base all'accordo, un modo di prevenire  gli  abusi,
ha precisato la portata della nozione di «ragioni obiettive»;  questa
va intesa nel senso del riferimento «a circostanze precise e concrete
caratterizzanti  una  determinata  attivita'  e,  pertanto,  tali  da
giustificare  in  questo  particolare  contesto  l'utilizzazione   di
contratti di lavoro a tempo determinato successivi. Tali  circostanze
possono  risultare  segnatamente  dalla  particolare   natura   delle
mansioni per l'espletamento delle quali siffatti contratti sono stati
conclusi  e  dalle  caratteristiche  inerenti  a  queste  ultime   o,
eventualmente,  dal  perseguimento  di  una  legittima  finalita'  di
politica sociale di uno Stato membro.»; da  questo  punto  di  vista,
sarebbe ammissibile il ricorso a contratti a tempo determinato  sulla
base di una disposizione  legislativa  o  regolamentare  purche'  sia
chiara la relazione con il contenuto concreto dell'attivita'  e  sia,
dunque, possibile la verifica circa la rispondenza dei  contratti  ad
un'esigenza reale (Corte giust., sent.  4  luglio  2006,  Adeneler  e
altri). 
    Se  ne  deduce,  quanto  meno  per  le  supplenze   annuali,   la
funzionalita' di queste al  soddisfacimento  di  esigenze  di  natura
permanente; invero, con esse l'amministrazione fa  fronte  a  stabili
vacanze di organico, determinate dal fatto che il numero delle unita'
del personale in ruolo e'  inferiore  a  quello  dei  posti  previsti
nell'organico medesimo. E' innegabile che la  scelta  legislativa  di
consentire  all'amministrazione  il  ricorso  alla  copertura   delle
cattedre  e  dei  posti  di  insegnamento  effettivamente  vacanti  e
disponibili mediante il  conferimento  di  supplenze  anche  annuali,
anziche' attraverso assunzioni a tempo indeterminato,  sia  dovuta  a
preoccupazioni di carattere finanziario;  l'intento,  neanche  troppo
velato, e' quello di evitare il prevedibile effetto  espansivo  sulla
spesa pubblica atteso, altresi', il rischio di  variazioni  anche  in
diminuzione del fabbisogno di lavoratori,  ad  esempio  per  un  calo
demografico. 
    In ogni caso - si puo' osservare - il rispetto degli equilibri di
bilancio  e,  dunque,  l'attivazione  di  processi  di  revisione   e
controllo  della  spesa  pubblica,  finalizzati  al  buon   andamento
dell'amministrazione  (artt.  81  e  97  Cost.),   non   giustificano
violazioni, piu' o meno mascherate, dei principi  della  legislazione
europea in materia di  contratti  a  tempo  determinato.  Invero,  la
constatazione  di  disfunzioni  ed  inefficiente  che  obiettivamente
pesano sul servizio  ormai  cronicizzate  e  legate,  tra  gli  altri
fattori, alle politiche di reclutamento clientelari e dissennate  del
passato, con gli inevitabili oneri aggiuntivi, non  puo'  legittimare
la violazione dei valori della qualita' e della dignita' del  lavoro.
Violazione  destinata,   inevitabilmente,   a   perpetuarsi   laddove
l'amministrazione si sottragga  al  dovere  di  gestire  il  servizio
scolastico  con  criteri  di  economicita'  ed  efficienza,  mediante
un'efficace e tempestiva programmazione  del  fabbisogno  scolastico,
ancorata all'andamento demografico della popolazione in eta' scolare,
un'accorta gestione del turnover di personale, un pronto ricorso alle
procedure di mobilita', tutti meccanismi in grado  di  contenere  gli
oneri e garantire oculatezza di gestione. 
    L'impegno preso nelle leggi  finanziarie  degli  ultimi  anni  di
implementare le assunzioni di  ruolo,  mediante  piani  triennali  da
adottare all'esito di una specifica sessione  negoziale,  non  sembra
tale da giustificare - in via transitoria - la disapplicazione  della
direttiva, giacche' si tratta di un vincolo meramente  programmatico,
la  cui  attuazione  e'  resa  incerta  dall'espressa   clausola   di
compatibilita' con i saldi di finanza pubblica, e  che  comunque  non
assicura, in tempi ragionevolmente prevedibili, la  riconduzione  del
precariato  scolastico  entro  la  cornice  imposta  dalla  direttiva
europea. 
    E' vero che l'accordo  quadro,  al  n.  10  delle  considerazioni
generali, fa salva la possibilita' per ciascuno Stato di tener  conto
di  «circostanze  relative  a  particolari  settori  e   occupazioni»
lasciando, dunque, margini per discipline ragionevolmente derogatorie
rispetto ai  suoi  stessi  principi,  se  giustificate  da  effettive
peculiarita'; a queste sembra richiamarsi il legislatore italiano con
i piu' recenti interventi legislativi laddove  il  peculiare  assetto
derogatorio viene fondato sulla necessita' di «garantire la  costante
erogazione del servizio scolastico  ed  educativo»  (art.  10,  comma
4-bis, d.lgs. n. 368/2001). 
    La possibilita' di tenere in considerazione le anzidette esigenze
non interferisce, tuttavia, con l'obbligo per  gli  Stati  membri  di
introdurre almeno una delle misure elencate al punto 1 della clausola
5 della direttiva, in assenza di misure equivalenti gia'  in  vigore,
potendo,   viceversa,   legittimare   la   previsione   di   reazioni
sanzionatorie  adeguatamente  modulate  e  distinte  per  particolari
settori e categorie di lavoratori. 
    4. Le considerazioni che precedono inducono  a  ritenere  che  la
normativa interna sui contratti a termine della  scuola,  inidonea  a
scongiurare l'improprio utilizzo  di  tali  contratti  per  occasioni
permanenti di lavoro, sia in contrasto con i principi  fissati  dalla
normativa europea. Se ne trae un'immagine, alquanto sconfortante, che
accredita quanto sostenuto da  taluni  studiosi,  che  la  violazione
delle norme imperative nel pubblico impiego produce sempre effetti in
favore dello Stato e dei  suoi  abusi,  mai  in  favore  dei  diritti
fondamentali degli abusati. 
    Il contrasto non puo' essere risolto mediante la  disapplicazione
della fonte interna incompatibile per le seguenti ragioni. 
    Due sono i  principi  frutto  di  elaborazione  giurisprudenziale
preordinati alla soluzione dei conflitti tra fonti  interne  e  fonti
comunitarie,  il  principio  della  diretta  efficacia  del   diritto
comunitario e quello del primato o primaute' del diritto comunitario. 
    Sulla base del  primo,  qualora  una  disposizione  dei  trattati
istitutivi o degli  atti  costituenti  il  c.d.  diritto  comunitario
derivato presenti determinate caratteristiche, essa  produce  effetti
diretti nei confronti dei  singoli.  Tali  effetti  sono  stati,  fra
l'altro, riconosciuti in relazione a molte disposizioni contenute nei
trattati istitutivi, alle decisioni, atti obbligatori in tutti i loro
elementi, alle direttive allorche' esse impongano agli  Stati  membri
obblighi sufficientemente chiari e precisi (direttive  dettagliate  o
self executing) ovvero chiariscano  il  contenuto  di  obblighi  gia'
previsti dal trattato ovvero, ancora, pongano a  carico  degli  Stati
obblighi di astensione dall'approvare determinati atti o dal compiere
specifiche azioni. Con riferimento a questa tipologia  di  direttive,
l'efficacia diretta nell'ipotesi del mancato  tempestivo  recepimento
riguarda - si e' chiarito - i rapporti tra cittadini e Stato (effetto
verticale) cosicche', decorso  inutilmente  il  termine  fissato  per
l'attuazione della direttiva, il singolo e'  legittimato  ad  esigere
dinanzi agli organi di giurisdizione nazionale la tutela dei  diritti
precisi e incondizionati che da essa derivano; cio' si afferma  anche
nell'ipotesi in cui la direttiva sia stata mal trasposta (vd., tra le
altre, Corte giust., sent. 5 febbraio  1963,  Caso  Vari  Gend  Loos,
C-26/62, che  ha  riconosciuto  efficacia  diretta  all'art.  12  del
trattato, ora abrogato, che vietava agli Stati l'imposizione di  dazi
doganali, e Corte giust., sent.  4  dicembre  1974,  Caso  Van  Duyn,
C-41/74). La Corte ha, viceversa, escluso ogni  effetto  orizzontale,
ossia ogni efficacia dell'atto nei rapporti interprivati. 
    E' stato, inoltre, enunciato l'importante principio  secondo  cui
in materia di direttive non autoesecutive lo  Stato  membro  che  non
abbia emanato i necessari  provvedimenti  attuativi  incorre  in  una
responsabilita'   risarcitoria,   piu'    esattamente    di    natura
indennitaria, essendo obbligato alla riparazione del  danno  da  cio'
derivato  al  singolo,  sia  esso  persona  fisica  o  giuridica;  e'
necessario che si verifichino determinate condizioni,  ossia  che  la
direttiva preveda l'attribuzione di  diritti  ai  singoli,  che  tali
diritti possano essere individuati in base  alle  disposizioni  della
direttiva, che, pertanto, la  violazione  sia  manifesta  e  grave  e
ricorra un nesso causale diretto tra violazione e danno subito (Corte
giust., sent. 19 novembre 1991, Caso  Francovich  e  Bonifaci,  cause
riunite C-6/90  e  C9/90  e  Corte  giust.,  sent.  5  ottobre  2004,
Pfeiffer, cause riunite da C397/01 a C-403/01, in cui  si  legge  che
«risulta da una costante giurisprudenza della Corte che, in  tutti  i
casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal  punto  di
vista  sostanziale,  incondizionate  e  sufficientemente  precise,  i
singoli  possono  farle  valere  dinanzi  ai  giudici  nazionali  nei
confronti  dello  Stato,  sia   che   questo   non   abbia   recepito
tempestivamente la direttiva sia che l'abbia  recepita  in  modo  non
corretto»;  la  Cassazione,  dopo  un'iniziale  opposizione,  si   e'
adeguata alla  giurisprudenza  comunitaria,  in  particolare  con  la
sentenza 7630/2003). Solo in presenza dell'effetto diretto, opera  il
meccanismo della  disapplicazione  o  non  applicazione  della  norma
interna incompatibile cosicche' gli organi dello Stato, non  solo  il
giudice ma qualsiasi funzionario pubblico, hanno  il  dovere  di  far
riferimento alla fonte comunitaria quale regola  per  la  fattispecie
concreta  (Corte  giust.,  sent.  9  marzo  1978,  Caso   Simmenthal,
C-106/77, chiarisce che «in forza del principio della preminenza  del
diritto comunitario, le disposizioni del trattato e  gli  atti  delle
istituzioni, qualora siano direttamente applicabili, hanno l'effetto,
nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non solo di
rendere «ipso jure» inapplicabile, per il  fatto  stesso  della  loro
entrata  in  vigore,  qualsiasi   disposizione   contrastante   della
legislazione nazionale preesistente,  ma  anche  -  in  quanto  dette
disposizioni e detti atti fanno parte integrante, con rango superiore
rispetto alle norme interne, dell'ordinamento giuridico  vigente  nel
territorio  dei  singoli  Stati  membri  -  di  impedire  la   valida
formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura  in  cui
questi fossero incompatibili con norme comunitarie; l'orientamento e'
stato recepito dalla Corte costituzionale, nella  sentenza  170/1984,
c.d.  sentenza  Granital,  che,  con   riferimento   ai   regolamenti
comunitari, precisa che «L'effetto connesso con  la  sua  vigenza  e'
percio' quello, non gia'  di  caducare,  nell'accezione  propria  del
termine, la norma interna incompatibile, bensi' di impedire che  tale
norma venga in rilievo per la definizione della controversia  innanzi
al giudice nazionale. In ogni caso, il fenomeno in parola va distinto
dall'abrogazione, o da alcun altro effetto estintivo  o  derogatorio,
che investe le norme all'interno dello stesso ordinamento statuale, e
ad opera delle sue fonti»). 
    Dunque, in ipotesi del genere, il  giudice  disapplica  la  norma
interna con effetti limitati al caso singolo potendo la sua rimozione
avvenire solo ad opera di un  intervento  di  abrogazione  o  di  una
declaratoria di incostituzionalita'. 
    Si e', poi, individuato  l'obbligo  di  interpretazione  conforme
delle   norme   nazionali,   ossia   l'obbligo   di   procedere    ad
un'interpretazione delle stesse il piu' possibile in conformita'  con
il  diritto  comunitario,  ispirandosi  al  testo  e  alle  finalita'
dell'atto in rapporto allo scopo anche quando questo  sia  sprovvisto
di efficacia diretta (cfr. Corte giust., sent. 10  aprile  1984,  Von
Colson,  causa  14/83,  Corte  giust.,  sent.   13   novembre   1990,
Marleasing, causa C-106/89). 
    In ipotesi di  interpretazione  conforme,  il  giudice  nazionale
applichera' comunque la norma interna, interpretata pero'  alla  luce
di quanto disposto dalla normativa comunitaria. 
    Cio' detto, va escluso nel caso in esame che la direttiva sia  in
grado di produrre effetti diretti. Non e'  revocabile  in  dubbio  il
fatto che la clausola 5 dell'accordo quadro non  abbia  un  contenuto
incondizionato  e  sufficientemente  preciso  al  punto   da   essere
direttamente invocatile dal singolo  in  un  giudizio;  la  Corte  di
giustizia ha in piu' occasioni  evidenziato  come  gli  Stati  membri
dispongano di un margine di  discrezionalita'  nell'attuazione  della
clausola, dato che possono scegliere di ricorrere ad una o  piu'  tra
le misure enunciate al n.  1,  lett.  a)-c),  di  tale  clausola,  o,
ancora, a misure equivalenti in vigore (Corte giust., sent. 23 aprile
2009, Angelidaki e altri, cause riunite da n. da C-378/07 a C-380/07,
e  Corte  giust.  15  aprile  2008,  caso  Impact,  C-268/06  che  ha
riconosciuto l'efficacia diretta alla sola clausola 4  relativa  alla
parita' di trattamento tra lavoratori a termine e lavoratori a  tempo
indeterminato per le condizioni di lavoro). 
    5. Il contrasto tra normativa interna e fonte  europea  priva  di
effetti  diretti  non  e'  rimediabile  attraverso  l'interpretazione
conforme  stante  il  carattere  chiuso  e  in  se'  esaustivo  della
normativa di settore da  cui  origina,  e  l'inequivocabile  volonta'
legislativa - da ultimo ribadita con l'art.  9,  comma  18,  d.l.  n.
70/2011 convertito nella legge n.  106/2011  -  di  mettere  siffatta
normativa al riparo da ogni «contaminazione» con regole e principi di
genesi o derivazione europea. 
    A fronte del contrasto rilevato e del carattere vincolante  della
normativa interna non resta al giudice  di  merito  altra  strada  da
percorrere che non sia quella  dell'incidente  di  costituzionalita'.
Invero, in virtu'  del  richiamo  ex  art.  117  Cost.  al  rispetto,
oltreche' della Costituzione e  degli  obblighi  internazionali,  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario  nell'esercizio  della
potesta' legislativa statale e regionale,  la  direttiva  assurge  al
rango di norma interposta, di rango subordinato alla Costituzione  ma
intermedio tra questa e la legge ordinaria, ed  a  parametro  per  la
valutazione di costituzionalita' del precetto interno. 
    La violazione della direttiva 1999/70/CE  ridonda,  pertanto,  in
vizio  di  legittimita'  costituzionale  della  fonte   interna,   da
identificarsi nell'art. 4, comma 1, legge n. 124/1999, nella parte in
cui la disposizione consente la copertura delle cattedre e dei  posti
di insegnamento, che risultino effettivamente vacanti  e  disponibili
entro la data del 31 dicembre e che  rimangano  prevedibilmente  tali
per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento  di  supplenze
annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali  per
l'assunzione di personale docente di ruolo, cosi' da determinare  una
successione  potenzialmente   illimitata   di   contratti   a   tempo
determinato,  e  comunque  svincolata  dall'indicazione  di   ragioni
obiettive e/o dalla predeterminazione di una durata massima o  di  un
numero certo di rinnovi. 
    6. In questi termini deve  sollevarsi,  d'ufficio,  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    La questione e' rilevante per  l'esito  del  processo  in  corso,
giacche' la ricorrente risulta assunta con  contratti  a  termine  in
successione (e  tali  devono  reputarsi  anche  i  contratti  che  si
ripetono nel tempo con intervalli ridotti: cfr. Corte giust., ord. 12
giugno 2008, Vassilakis, causa C-364/07,), stipulati anche  ai  sensi
dell'art. 4, comma 1, legge n. 124/1999, per una  durata  complessiva
di oltre trentasei mesi, e cio' in difetto  di  specifiche  e  valide
indicazioni su durata massima dei contratti o rapporti e  numero  dei
loro rinnovi ed in assenza di ragioni giustificatrici obiettive  (che
non possono risolversi in esigenze permanenti e durevoli  del  datore
di lavoro, in fabbisogni tendenzialmente immutabili  o  dalla  durata
non  preventivatile).  Si  rende  necessario,  ad  avviso  di  questo
Tribunale, l'intervento del Giudice delle leggi perche' la  normativa
interna esaminata possa conformarsi al rispetto dei principi  fissati
a livello  europeo,  e  particolarmente  al  rispetto  del  principio
espresso al n. 6 delle considerazioni generali  dell'accordo  quadro,
secondo  cui  «i  contratti   di   lavoro   a   tempo   indeterminato
rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono
alla qualita' della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il
rendimento». 
    Peraltro, non si possono non rimarcare gli effetti perversi di un
sistema qual e' quello descritto che,  da  un  lato,  vede  di  fatto
impedito, da almeno un decennio, il canale concorsuale di  immissione
in ruolo dei docenti, dall'altro e in punto di diritto, preclude agli
interessati  la  conversione  del  rapporto  in  nome  del  principio
concorsuale cosi' alimentando la costante violazione, da parte  delle
autorita' scolastiche, della dignita' del lavoro. 
    Si  tratta,  effettivamente,  di  un  paradosso  che  la   stessa
normativa  avalla,  a  discapito   dei   diritti   fondamentali   dei
lavoratori, oltreche' delle loro legittime aspirazioni;  infatti,  da
un lato, l'amministrazione non bandisce  i  concorsi  preordinati  al
soddisfacimento dell'ordinario, e durevole, fabbisogno di  personale,
dall'altro,  utilizza  per  lo  stesso  fine   un   mezzo   improprio
trincerandosi dietro la regola costituzionale del  concorso  pubblico
per evitare la condanna alla conversione di quei rapporti  di  lavoro
che solo nominalmente sono qualificati come a tempo determinato. 
    La previsione di una responsabilita' risarcitoria si  risolve,  a
ben vedere, in una vuota enunciazione di principio; invero, la stessa
normativa prima analizzata, concedendo all'amministrazione scolastica
ampi  margini  di  manovra,  rende  difficile  la  realizzazione  del
presupposto al quale e' correlata ex art.  36,  comma  5,  d.lgs.  n.
165/2001 la predetta responsabilita', ossia la prestazione lavorativa
in   violazione   di    disposizioni    imperative.    Ne    consegue
l'impossibilita' di prospettare pregiudizi nella  sfera  patrimoniale
direttamente  rivenienti  dall'improprio  utilizzo  dei  contratti  a
termine nell'ipotesi, non infrequente, di una sostanziale continuita'
degli stessi, ferma  restando  la  pretesa  al  riconoscimento  degli
scatti di anzianita' e delle mensilita'  di  luglio  ed  agosto;  non
residua, a quel punto, che  un  profilo,  piuttosto  evanescente,  di
perdita della chance dell'immissione in ruolo - si consideri in senso
ostativo il vantaggio dell'avanzamento nella graduatoria a quel  fine
- e un danno nella  sfera  non  patrimoniale  soggetto  ad  un  onere
probatorio particolarmente gravoso. 
    In definitiva,  un  sistema  cosi'  congegnato  non  assicura  al
lavoratore pubblico della scuola una tutela effettiva  e/o  realmente
satisfattiva,  equivalente  a  quella  di  cui  gode,  a  parita'  di
condizioni, un lavoratore privato ne'  esplica  un'efficace  funzione
deterrente sull'amministrazione in relazione  all'improprio  utilizzo
del contratto a termine, come richiede la normativa europea. 
    Un'eventuale pronuncia di accoglimento della Corte costituzionale
schiuderebbe  le  porte  alla  domanda  di  risarcimento  dei  danni,
proposta in via subordinata rispetto alla  richiesta  conversione  (e
comunque logicamente pregiudiziale, rispetto  alla  domanda  di  mero
allineamento  stipendiale).  Fermo  restando  che,  alla  luce  delle
puntualizzazioni della giurisprudenza comunitaria, il  raggiungimento
degli obiettivi della direttiva potrebbe  essere  assicurato  da  una
misura risarcitoria purche' concreta, effettiva e proporzionata. Tale
sarebbe  se  il  legislatore  riconoscesse  un  quantum  che  insieme
rappresenti  un  adeguato  ristoro   del   danno   costituito   dalla
impossibilita' di fruire di un'occupazione  stabile  alle  dipendenze
della pubblica amministrazione,  possibilita'  invece  attribuita  ai
dipendenti di aziende private illegittimamente assunti a termine (vd.
l'art.  32,  comma  5,  legge  n.  183/2010),  e   contemporaneamente
costituisca una valida misura  dissuasiva  contro  l'abusivo  ricorso
alle assunzioni a termine. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Non definitivamente pronunciando: 
        dichiara  rilevante,  e  non  manifestamente  infondata,   la
questione di  legittimita'  costituzionale,  che  d'ufficio  solleva,
dell'art. 4 comma 1,  legge  n.  124/1999,  nella  parte  in  cui  la
disposizione consente la copertura delle  cattedre  e  dei  posti  di
insegnamento, che  risultino  effettivamente  vacanti  e  disponibili
entro la data del 31 dicembre e che  rimangano  prevedibilmente  tali
per l'intero anno scolastico, mediante il conferimento  di  supplenze
annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali  per
l'assunzione di personale docente di ruolo, cosi' da determinare  una
successione  potenzialmente   illimitata   di   contratti   a   tempo
determinato,  e  comunque  svincolata  dall'indicazione  di   ragioni
obiettive e/o dalla predeterminazione di una durata massima o  di  un
numero certo di rinnovi, e cio' per contrasto con l'art.  117,  comma
1, Cost., in riferimento  alla  clausola  5,  punto  1,  dell'accordo
quadro CES, UNICE e CEEP su lavoro a tempo determinato, alla quale ha
dato attuazione la direttiva 1999/70/CE del Consiglio del  28  giugno
1999; 
        dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla   Corte
costituzionale; 
        sospende il processo in corso; 
        dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza,
pronunciata e letta in udienza,  sia  notificata  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata  ai  Presidenti  delle  due
Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Lamezia Terme il 30 maggio 2012 
 
                         Il Giudice: Tizzano