N. 133 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 ottobre 2012 (della Regione Molise). Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riordino delle province e loro funzioni - Previsione del riordino di tutte le province delle regioni a statuto ordinario, mediante decreto da emanarsi entro dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge impugnato con deliberazione del Consiglio dei ministri, sulla base dei requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia (individuati con la deliberazione predetta, rispettivamente, in 2500 km. e in 350.000 abitanti) - Prevista partecipazione al riordino delle province mediante atto legislativo ad iniziativa governativa, all'esito di una procedura cui partecipano il Consiglio delle autonomie locali delle singole regioni a statuto ordinario e le regioni stesse mediante la presentazione di ipotesi di riordino e previo parere delle Conferenze unificate - Ricorso della Regione Molise - Denunciata violazione del principio di autonomia costituzionale degli enti territoriali, nella specie delle province - Lesione del principio di ragionevolezza per l'adozione di una misura sproporzionata e non efficace rispetto alla finalita' dichiarata dalla normativa impugnata di riduzione della spesa pubblica - Denunciata violazione dei presupposti di legittimita' costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del decreto-legge - Denunciata violazione dell'assetto costituzionale ed ordinamentale della regione per l'eliminazione della Provincia di Isernia priva dei requisiti minimi di territorio e di popolazione stabiliti con la normativa impugnata e con la deliberazione del Consiglio dei ministri integrativa della stessa - Denunciata violazione dell'autonomia regionale in relazione ai principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza - Denunciata lesione della potesta' regolamentare delle province - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio costituzionale della partecipazione della popolazione interessata alla procedura di mutamento delle circoscrizioni provinciali e degli altri enti territoriali previsti dalla Costituzione - Istanza di sospensione della normativa impugnata. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17. - Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, commi secondo, lett. p), quarto e sesto, 118, 119 e 133, primo comma; legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 8.(GU n.45 del 14-11-2012 )
Ricorso della regione Molise, (P.iva 00169440708) in persona del Legale Rappresentante, il Presidente pro tempore, on.le Angelo Michele Iorio, rappresento e difeso, giusta mandato a margine del presente atto ed in virtu' di delibera giuntale di incarico n. 601 del 28 settembre 2012, dall'avv.to Vincenzo Colalillo (CLLVCN46M03A930U) presso il quale elettivamente domicilia in Roma alla via Albalonga n. 7 (studio Avv. Clementino Palmiero) (fax 0865/411980 - Pec: v.colalillo@pec.giuffre.it); Contro: l) Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica pro tempore; 2) Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica pro tempore; 3) Governo della Repubblica Italiana, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17, legge 7 agosto 2012, n. 135 di conversione, con modificazione, del DL 95/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012 (serie ordinaria),nonche' della stessa normativa (art 17) del DL citato 95/2012 per violazione degli articoli 5, 77, 114, 117, commi 2 lett. p, 4 e 6, 118, 119 e 126 della Costituzione, anche sotto il profilo di violazione del principio della leale collaborazione. Fatto e Diritto La Regione Molise, e' stata istituita dalla Legge Costituzionale n. 3 del 27/12/63, originariamente con la sola Provincia di Campobasso. Successivamente, con legge 20 del 2 febbraio 1079 e successivo Decreto del 3 Marzo 1970 e' stata istituita anche la Provincia di Isernia. Inoltre entrambe le Province sono elevate a livello istituzionale/territoriale dallo statuto regionale del Molise, approvato, ai sensi dell'art. 123, secondo comma Costituzione, giusta Legge n. 347 del 22 maggio 1971, previa deliberazione del Consiglio Regionale del Molise dei 26 gennaio e 12 e 23 marzo 1971. Ed invero lo art 2 del citato statuto espressamente dispone al primo comma che il territorio della Regione Molise e' costituito dalle Provincie di Campobasso ed Isernia. Inoltre tali Enti (e quindi la stessa provincia di Isernia) sono stati interessati dalla leggi Regionali (per oltre 30 anni) per la attuazione della intera programmazione Regionale, sia con riferimento ai metodi e criteri (ax art 2 statuto) sia nella attuazione degli obiettivi e finalita' (art 3 statuto). D'altro canto, l'intero assetto organizzativo e legislativo della gestione del territorio (costituito della Regione con le proprie leggi e regolamenti) molisano si articola secondo i principi di collaborazione verticale ed orizzontale delle due Province con la Regione, anche nella gestione del territorio. Ne' valga, ex adverso, eccepire la inammissibilita' per difetto di legittimazione della Regione che non avrebbe alcuna possibilita' di sostituzione nelle competenze della Provincia, ne' nella sfera legislativa, ne' nei poteri organizzativi del territorio, ne' dei principi costituzionali di decentramento e sussidiarieta'. Cio' non puo' essere condiviso. In sostanza, allo stato, la Provincia di Isernia costituisce un livello istituzionale inderogabile sia come attuazione dell'art 114 Cost. sia come governance dello intero territorio Molisano ed attuazione nello stesso delle determinazioni normative e provvedimentali nello interesse della collettivita' locale (attuate proprio attraverso la Provincia). Da cio', l'interesse sostanziale a che la Regione Molise permanga nel suo assetto istituzionale e territoriale, (con la presenza delle due Province nell'attuale posizione, con i relativi compiti gestionali/organizzativi) con la necessita' di intervenire a far dichiarare l'illegittimita' delle disposizioni legislative impugnate che, di recente, incidono su tale assetto della intera Regione e, sostanzialmente impongono la identita' (di estensione) tra il Territorio della Regione in un'unica Provincia. E cio' anche come garanzia di un rapporto locale e diretto di democrazia rappresentativa tra cittadini e istituzioni. Valga un breve excursus sulle ragioni di ordine economico e sociale che consentirono la nascita della provincia di Isernia. L'inderogabile necessita' della istituzione nel Molise di una seconda provincia con capoluogo Isernia fu determinata da esigene territoriali e della collettivita' locale concretizzantesi nella presentazione del progetto di legge in Parlamento sorretto dai voti di ben 51 Consigli Comunali. Dal che nasce la certezza, in era democratica, che la norma dell'art.133 Cost. avente come presupposto essenziale le iniziative dei Comuni trovo' la sua prima giustissima applicazione. Invero con lo impugnato art 17 Legge n. 135/2012 si perviene ad un irrazionale riassetto delle Province e per effetto di esso (e degli ulteriori attuativi del Governo) la Provincia di Isernia (istituita con la legge n. 20/70) viene sostanzialmente soppressa e globalmente incorporata a quella di Campobasso per cui lo intero territorio della Regione Molise viene a coincidere con una sola provincia. Il che viola i principi costituzionali in esame. In effetti le "Province" sono istituzioni territoriali intorno alle quali e' stata costruita la Repubblica (rectius: stato) e riconosciuta come continuazione tra le Autonomie locali (art.5) costitutive della Repubblica (art. 114). Ne consegue che la loro radicalizzata sussistenza nel territorio (con riferimento a quelle esistenti ed istituite con legge) non puo' essere soppressa con un atto (delibera) del Governo che, incidendo sui requisiti minimi, ne determina la soppressione ex post. Invero gia' con lo art. 23 del D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 22.12.2011, dal comma 14 al comma 21, si erano assunte statuizioni di sostanziale abolizione delle Province, (tutte). La Regione Molise ritenendo cio' lesivo delle competenze in materia di enti Locali (ed assetto del proprio territorio) previsti direttamente dalla Costituzione nonche' dalle attribuzioni legislative regionali, dalle stesse prerogative costituzionalmente garantite e, in generale, dall'autonomia regionale, ha proposto giudizio di legittimita' costituzionale di dette disposizioni legislative innanzi alla Adita Corte, ove lo istaurato giudizio pende con il NRG 32/2012 la cui udienza di discussione e' fissata per il giorno 6 novembre 2012. Analogo giudizio risulta proposto, tra l'altro, da: a) Regione Piemonte; b) Regione Lombardia; c) Regione Campania; Con la statuizione in esame, sostanzialmente seppur limitato ad alcune province come quella di Isernia nella Regione Molise attraverso la Delibera del Governo del 20 luglio 2012 (individuativa dei requisiti minimi) si determina analogo risultato di soppressione di un certo numero di Province ivi compreso quelle nelle Regioni originariamente costituite da solo due Province. Con tale atto il Consiglio dei Ministri, in modo non motivato ed illogico, ha fissato in 350.000 abitanti il requisito minimo della popolazione (addirittura tutta la regione Molise e' di soli 320.000 abitanti) e lo ambito territoriale in 2.500 km. Per tale situazione la regione Molise adisce la corte costituzionale impugnando il citato art. 17 legge n. 135/2012. In effetti la Regione Molise riceve una effettiva e concreta lesione dalle norme contestate, nonche' una evidente lesione delle prerogative costituzionali delle Province di Isernia e Campobasso, che si riflette sulla posizione istituzionale della Regione stessa. Piu' volte si e' pronunciata la Ecc.ma Corte nel senso di ammettere impugnazioni e censure relative a compressione di sfere di attribuzione provinciale o degli altri enti locali disciplinati dall'art. 114 della Cost. (nel testo di cui all'art. 1 legge Cost. del 18 ottobre 2001, n. 3), da cui deriva una compressione dei poteri delle Regioni (Corte Cost., nn. 417/2005, 196/2004, 95/2007, 169/2007, 289/2009). E' di tutta evidenza, come si spieghera' in prosieguo, l'esistenza di tale profilo di illegittimita' costituzionale nella presente statuizione legislativa , laddove la "compressione" (o la precostituzione di parametri limitativi per popolazione e territorio) coincide con la "sostanziale abolizione" stessa della Provincia di Isernia e quindi la sostanziale incidenza sullo intero territorio della Regione Molise. E, pervero, con l'art. 17 viene ad incidersi sulla estrinsecazione democratica dello Ente Provincia e sulla stessa funzione istituzionale ed sopravvivenza di tale ente, espressione di democrazia locale garantita dalla Costituzione nonche' della autonomia rappresentativa della collettivita' locale. D'altro canto, nel vigente assetto costituzionale, proprio il riconosciuto rilievo delle autonomie locali contenuto nei principi fondamentali della Carta Costituzionale (art. 5) e radicalizzati nell'assetto istituzionale della Repubblica (art. 114, comma 1 Costituzione e 133 Cost.), impone una garanzia (anche attraversa una riserva di legge) a tutela dell'unitarieta' della Repubblica e della decentrata sovranita' del popolo (attraverso il corpo elettorale) nel territorio localizzato. Peraltro il procedimento prefigurato (dallo art 17 impugnato) per la soppressione della Provincia non garantisce in pieno (e secondo i criteri indicati dalla stessa Corte Costituzionale adita) la autonomia costituzionale delle Regioni e lo assetto territoriale di esse mediante le Province. Ne' puo' ritenersi costituzionalmente legittimo lo incidere ( mediante nuovi parametri per la sopravvivenza ) sullo Ente locale (previsto dallo stessa art. 114 Cost) come esponenziale della collettivita' locale e attuatore dei principi di garanzia della Regione (ed in cio' in palese contrasto con i precetti costituzionali) e della sua autonomia sancita nello art 5 e delle disposizioni di cui al titolo V° della Carta costituzionale. Non a caso si e' innanzi evidenziato che dopo la istituzione della Regione Molise, sulla base di indirizzo degli enti locali (comuni e collettivi sul territorio) si e' pervenuti alla istituzione della Provincia di Isernia (con legge n. 20/70) tenendo presente che una Regione deve essere costituita da almeno due provincie: e cio' sulla base proprio di un procedimento che ha visto, nella fattispecie della provincia di Isernia, i Comuni e la popolazione locale parte proponente e espressione di una concreta volonta' di autonomia. E valga rilevare che in applicazione dei requisiti minimi (indicati nella delega del Governo) ben tre regioni (Umbria, Molise e Basilicata) verrebbero ad avere una sola Provincia. Cio' e' del tutto irrazionale se si considera che, onde evitare una violazione dell'art. 133 della Cost. deve garantirsi il principio della "continuita' territoriale della provincia". Tale aspetto non sembra rispettato in caso di soppressione di una provincia. Tanto che non sembra costituzionalmente corretto che, con la impugnata normativa, si pervenga al superamento di tale volonta' popolare; ed attraverso organi o organismi di non chiara rappresentanza (o addirittura esercizio di potere sostitutivo) si sopprimano (attraverso la rideterminazione di criteri ex post come con la delibera del Governo del 20/7/2012) enti necessari di espressa rilevanza costituzionale ex art 114 Cost, ed espressione della democrazia partecipativa locale. Invero il richiamo dello art. 17 al CAL (organismo partecipativo nel procedimento in questione) e' costituzionalmente illegittimo (rispetto allo art. 133 Cost.) se si considera che tale organo e' a composizione mista (non rappresenta del tutto i comuni) ed agisce prevalentemente come organo consultivo e non con poteri di iniziativa per conto ed in nome dei comuni. Pertanto, non valga, ex adverso, sostenere che la norma costituzionale dello art. 133 e' stata comunque rispettata in quanto prevede ,comunque, un coinvolgimento delle amministrazioni comunali tramite i CAL. Valga, infatti, significare che la proposta (all'interno del procedimento previsto dalla art. 17 in esame) demandata al Cal non puo' configurarsi come "iniziativa" dei comuni nel senso e per gli effetti dello articolo 133 cost., se non altro perche' il Cal riunisce solo soggetti rappresentanti sia comuni ( e non i' Comuni e non tutti) sia delle province; ma soprattutto perche' (nella fattispecie in esame statuita dall' art 17) non si verte in una iniziativa libera ed autonoma, bensi' di un procedimento obbligato dalla legge (che infatti prevede, anche nel caso in cui l'ipotesi di riordino non venga formulata dal CAL, che il procedimento prosegua con l'obbligo per la Regione di trasmettere comunque una proposta di riordino e con la previsione dell'atto legislativo di iniziativa governativa anche in mancanza della proposta della regione, con il solo parere, in tal caso, della conferenza unificata). L'iniziativa comunale di cui all'art. 133, comma 1, Cost. invero, si configura in modo molto diverso rispetto alla deliberazione del piano di accorpamenti e riduzioni che devono adottare i Consigli delle autonomie locali o, in mancanza, gli organi regionali di raccordo, come prevede l'art. 17, comma 2, del decreto-legge n. 95/2012. Sono i Comuni, come enti locali territoriali singolarmente considerati, ad essere titolari della riserva di competenza ad attivare un eventuale procedimento revisorio; e cio' viene violato se tale potere (o anche iniziativa) si demanda ad altri organismi ( oltretutto meramente rappresentativi anche di altri enti ed organi). In altri termini, mentre le procedure puntuali contemplate dall'art.133 Cost. partono dal "basso" e sono espressione di esigenze e richieste avanzate dagli enti locali (comuni) e quindi dalle popolazioni dei singoli territori, la procedura prevista dallo impugnato art. 17 parte "dall'alto" muovendo da una decisione legislativa di riordino generale delle circoscrizioni provinciali. E' un dato certo che la democrazia locale e' l'espressione, la piu' alta, dell'autonomia dell'ente che e' stata riconosciuta in diverse statuizioni sia della Costituzione che della Carta europea delle autonomie locali. Il principio autonomista implica il principio democratico; e cio' richiede che il popolo deve avere una rappresentanza politica nello ente che emerga da elezioni generali, dirette, libere, eguali e segrete e che la rappresentanza del corpo elettorale abbia una consistenza tale da conseguire due risultati: in primo luogo, l'espressione del pluralismo politico, compatibilmente con la governabilita'; in secondo luogo, la capacita' di indirizzo e controllo da parte della rappresentanza medesima sull'ente. La stessa Corte costituzionale ha gia' rilevato che, nell'assetto costituzionale, non devono essere violate le sfere di autonomia territoriale (e quindi degli enti locali) ne' quelli di attribuzione garantite alla Regione (che si estrinsecano anche su modelli gestionali sul territorio attraverso le Provincie), quale organo legislativo e di indirizzo, ma anche, a livello di principio, alle Province (a rilevanza costituzionale, ex art. 114 Cost. e art 5 ) e' necessitate nel riparto attuativo dei rapporti Stato - Regione - Enti Locali, cui e' devoluta anche l'attuazione delle esercitate competenze legislative dello Stato (Corte Cost. n. 261/2011). In tale ottica, non sembra utilizzabile l'istituto della legge ordinaria neppure per la rideterminazione dei parametri (di popolazione e territorio) per incidere ex post su enti locali gia' esistenti. In sostanza legislatore, nel rideterminare i parametri, puo' assumere elementi tali da determinare la istituzione di nuove province o mutamento di esse (ove volute nella procedura di cui allo art 133 Cost.) ma non puo' incidere su enti provinciali esistenti sopprimendoli ed imponendo un nuovo assetto dello intero territorio regionale. Pertanto, il legislatore ordinario, ben conscio di non potere sopprimere le province, tenta (con lo impugnato art. 17) di predeterminare rapporti parametrali e criteri tali da pervenire alla soppressione, di fatto, in alcuni casi ,dello Ente Provincia (come appunto per quella di Isernia). Ma cio' non sembra corretto (sul piano dei principi costituzionali) sia nella parte in cui lo esaminando disposto legislativo rimette allo Esecutivo le scelte (predeterminazione dei criteri incidenti su enti da tempo esistenti), sia nella parte in cui prefigura un percorso vincolato tale da non consentire la effettiva partecipazione anche della Regione (o suoi organismi territoriali) nelle scelte. Ed invero lo art 17 sembra far riferimento ad un momento partecipativo delle Regioni come obbligatorio ma non vincolante. Ne' sembra potersi ignorare che dato il ruolo storicamente acquisito della Provincia di Isernia nell'ambito del territorio regionale (nella ottica del d.lgs. 267/2000 e s.m.i.) e nello ambito dello assetto statutario della Regione Molise (cosi' come innanzi richiamato) non e' consentito, proprio sul piano costituzionale, la determinazione a che lo intero territorio della Regione venga ad istituzionalizzarsi (e coincidere) con quello di una unica provincia. Ed invero deve rilevarsi che non e' legittimo rimettere alla azione amministrativa del Governo il potere (seppur attraverso la presupposta individuazione dei requisiti minimi) di incidere negativamente (pervenendo alla sua soppressione) su di una struttura entale (la Provincia) che gode di copertura costituzionale e ledere, in tal modo, le autonomie di enti garantiti dalla Costituzione. E cio' non viene sanato neppure da un atto legislativo che confermi, ex post, il procedimento amministrativo recependone il solo risultato. Orbene va precisato che l'intervenuta conversione del decreto-legge non impedisce di sollevare dubbi di costituzionalita' in relazione alla mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza richiesti dall'art.77 Cost. avendo la Corte costituzionale chiarito, in via definitiva, che il vizio del decreto-legge carente dei suddetti presupposti (come nel caso in esame) si trasmette alla legge di conversione. (Corte cost. n. 29/1995, n. 171/2007, n. 128/2008) n. 232 del 2011, n. 430 del 2007, n. 383 n. 62 del 2005, n. 287 e n. 272 del 2004. E cio' soprattutto attraverso un decreto-legge (anche se convertito) in materia di riduzione del debito e spesa pubblica. La stessa legge n. 400/1988, art. 14, aveva gia' garantito e chiarito che non possono essere oggetto di decretazione d'urgenza del Governo (anche se convertito), le materie di cui all'art. 72, comma 4 della Costituzione, tra le quali sono incluse le norme di carattere Istituzionale e costituzionale. E tale divieto non viene superato neppure per effetto della adozione della legge di conversione. (Corte cost n. 171/2007). In sostanza la concreta soppressione di alcune province (sulla base dei parametri preindicati dal Governo) con lo art 17 in esame, inerisce profili che esulano la valutazioni Istituzionale, di govenance locale o di democrazia rappresentativa locale, ma e' finalizzato ad aspetti di finanza pubblica per pervenire al pareggio di bilancio. In tale ottica pur nel rispetto delle scelte di intervento operate (e di garanzia sia del Governo che del Parlamento) non sembra che possa ritenersi costituzionalmente legittimo un intervento negativo/di soppressione/di Enti istituzionali ad evidenza costituzionale e di rappresentanza della popolazione locale, per tali finalita' finanziarie. Invero la stessa Corte consente, per le modifiche delle Province, lo intervento del legislatore ordinario o con legge delega (art 76) ma non sembra far riferimento ad un D.L. anche se convertito. Nello specifico, allorquando la Corte costituzionale si e' occupata dell'art.133 comma l Cost., ossia nella sentenza n. 347/1994, ha soltanto ammesso che la istituzione di province o la modifica di quelle esistenti puo' essere effettuata con legge formale oppure con ricorso ad una delega legislativa, ma sempre nel rispetto di quel procedimento "ascensionale" che vede coinvolti in primis i Comuni. Al potere legislativo, ha poi proseguito la Corte, spetta soltanto valutare, nella fase conclusiva dello stesso procedimento l'idoneita' e la adeguatezza dell'ambito territoriale destinato a costituire la base della nuova provincia. (C. Cost. sentenza n. 347/1994 C.C. n. 231/2001). Ma la stessa Corte non ha mai ritenuto legittima una norma che di fatto consentisse (in relazione all'art 133) la soppressione di una o piu' provincie. La stessa Corte, inoltre, sembra far comprendere che il momento partecipativo dei comuni (come fase di iniziativa) deve costituire il presupposto per la modifica (ma giammai soppressione) della circoscrizione (in piena autonomia), ma lo intervento di tali enti non puo' inerire una fase nei limiti indicati dal potere esecutivo.(Corte cost.7 giugno 2010 n. 214). Invero, dunque, la procedura prevista dall'art. 133 primo comma e' proprio una procedura che parte con l'iniziativa comunale, prosegue con il parere della Regione, e sfocia nella presentazione e nella approvazione di una legge statale; e cio' che manca nel procedimento di riordino di cui allo art. 17 e' proprio la fase iniziativa necessaria dei comuni. A cio' aggiungasi che le funzioni, l'assetto e i compiti delle Province rientrano nelle statuizioni legislative del d.lgs. n. 267/2000 che, all'art. 1, comma 4, espressamente dispone che «trattasi di legge rinforzata, ai sensi dell'art. 128 Cost.». E, pervero, la stessa adita Corte costituzionale facendo riferimenti ai principi di valorizzazione e promozione delle autonomie locali, di cui al TUEL, in attuazione dell'art. 5 Cost., fa ritenere che la normativa sull'Ente Locale opera a un livello superiore della stessa normazione statale (Corte Cost. n. 30/1959; id. 13/1974). Ad un attento esame dell'art. 17 impugnato, si deduce e da cio' la violazione dei principi costituzionali in esame - che in virtu' della nuova predeterminazione dei requisiti, si determina automaticamente la soppressione di alcune Provincie ( come quella di Isernia) e, di conseguenza,la modificato anche dello assetto istituzionale ed organizzativo della Regione di appartenenza ( come il Molise). L'incidenza costituzionale del "declassamento" dei requisiti di sopravvivenza di una Provincia (da tempo esistente) per assunto ex post emerge, in modo lapalissiano, se si considera che, per effetto della statuizione legislativa impugnata, l'Ente Provincia (a seguito di un intervento provvedimentale dello Esecutivo) perde, sostanzialmente, la propria posizione istituzionale, la proprio autonomia ed attivita' di gestione amministrativa nonche' la originarie esistenza istituzionale. E' indubbio, come gia' da acquisita esperienza, che un Ente (a rilevanza costituzionale ed espressione della democrazia elettiva) che da tempo determina una rappresentanza frazionata del territorio Regionale costituisce garanzia dei principi costituzionali di autonomia in conformita' dello art. 5 Cost. per cui la gestione globale e totale di detto Ente, astrattamente generalizzata, viene meno con la unificazione ed individuazione dello intero territorio Regionale con una unica Provincia (come appunto per la Regione Molise in caso di soppressione della provincia di Isernia). In sostanza, con lo impugnato articolo 17 (sia attraverso i poteri attribuiti allo esecutivo, sia attraverso il procedimento caducativo o di accorpamento della Provincia) si viene ad incidere, in modo determinativamente negativo (ed violando le garanzie di autonomia costituzionalmente sancite), sul principio della democrazia locale, espressione del principio costituzionale dell'art. 5, sottraendo, alla libera scelta del corpo elettorale, anche se attraverso i comuni (e la regione), la individuazione e scelta dello ente intermedio quale appunto la Provincia, ex art 114 Cost. Sostanzialmente la struttura e contenuto dello art 17 D.L. 95/20122 nel testo modificato ed integrato dalla legge n. 135/2012, condiziona la permanenza istituzionale delle Province a requisiti individuati direttamente dal Governo e la scelta non promana ad iniziativa dei Comuni e delle Regioni. In sostanza la base democratica locale non concretizza il momento di scelta ed iniziativa,ma viene chiamata solo ad esprimere pareri, ex post, e peraltro nemmeno vincolanti. In tale ottica appare incostituzionale anche la disposizione che attribuisce al Governo il potere determinativo in modo aprioristico" i criteri (comma 2) e che attribuisce agli enti locali (attraverso organismi di rappresentanza Cal-ma non ai singoli comuni) il potere di indicazione di ipotesi non vincolanti di riordino (ma sempre nei limiti dei requisiti minimi indicati dallo esecutivo). In sostanza gli enti locali partecipano solo come ipotesi di procedimento, ma non determinano alcun potere di salvaguardia delle peculiarita' locali sia di territorio che di popolazione; invero, cio' che manca nel procedimento di riordino di cui allo art. 17 e' proprio la iniziativa necessaria dei comuni. Ed ogni pararnetro di requisito, incidente sulla permanenza di province gia' esistenti, che non promani da iniziativa di base dei comuni e che con sia sancito a priori con legge ordinaria, deve essere ritenuto illegittimo in quanto in violazione dei disposti della Costituzione gia' indicati. E, di conseguenza, si determina sotto tale profilo anche la illegittimita' costituzionale dello art 17 impugnato sia nel suo integrale contenuto, che nelle singole statuizioni dei relativi commi. Quanto alla violazione dell'art 133 cost. in correlazione allo art. 5 e 114 E' deducibile per tabulas che l'art 114 (nel testo vigente) statuisce che la Repubblica e' costituita (lo originario testo assumeva che la repubblica si riparte...) da Comuni, province, citta' metropolitane, Regioni e Stato. Al secondo comma si ribadisce che tali enti (e quindi anche la Provincia) sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dal la costituzione. In tale ottica l'art. 133 Cost. dispone che il "MUTAMENTO" delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove provincie e' stabilito con legge della repubblica su iniziativa dei Comuni e sentite le Regioni. L'impronta dello spirito di democrazia locale che ispiro' l'Assemblea Costituente emerge chiara ed evidente proprio nell'art.133 sopracitato: infatti, mentre prima, in regime assolutistico antirappresentativo, una provincia o un comune potevano essere istituiti o soppressi con un provvedimento legislativo che veniva emanato senza consultare la volonta' popolare, oggi, ancorandosi al suddetto art. 133, si attribuisce importanza decisiva al volere del popolo in funzione di rappresentanza locale. La base ispiratrice della norma e' il rispetto della volonta' popolare; di talche', una legge istitutiva di una provincia che prescindesse da tale volonta', emanata dal Parlamento senza la richiesta (.... "le iniziative dei comuni interessati"...) difetterebbe di un presupposto di fatto sostanziale e sarebbe incostituzionale (Corte cost. 19 luglio 2004 n. 237; Corte cost. 17 giugno 2010 n. 214). A maggior ragione la soppressione, su statuizione governativa, della Provincia. Il testo fondamentale di cui all'art. 5 Cost., conformemente alla sua ispirazione non solo di riconoscimento ma soprattutto di promozione delle autonomie locali territoriali impone dunque che ogni ipotesi modificatoria prenda avvio dal basso, "su iniziativa dei Comuni", come recita l'art. 133, comma 1, Cost. e non dallo Stato; a quest'ultimo, pertanto, spetta unicamente un ruolo di garanzia, ossia verificare che l'eventuale revisione delle circoscrizioni provinciali esistenti o il loro accorpamento siano o meno conformi all'interesse generale. Stando, quindi, alla lettera della norma costituzionale, sarebbe precluso a priori un qualunque intervento statale volto a predeterminare le condizioni idonee a garantire la sopravvivenza dell'ente provinciale. In sostanza la ratio del combinato disposto degli art 5 e 133 cost. e' diretta a prefigurazioni positive per il territorio (istituzione o modifiche delle provincia) ma non a prefigurazioni negative (soppressione di provincie ed esistente tempo. Il decreto-legge n. 95/2012, e la legge di conversione in esame, invece, come oramai chiarito, reca un'articolata procedura che, sebbene voglia coinvolgere Regione ed enti locali nell'applicazione dei parametri indicati dall'Esecutivo, fuoriesce dal procedimento indicato all'art. 133, comma 1, Cost. Infatti, l'iter procedurale previsto dal provvedimento sulla c.d. spending review delinea un percorso il cui contenuto e' gia' precostituito dal Governo e non e' affatto rimesso alla libera ed autonoma iniziativa dei Comuni come, del resto, contempla l'art. 133, comma l , della Costituzione. Inoltre, vengono fissati due criteri alla cui stregua dovranno effettuarsi gli accorpamenti: la dimensione territoriale e la popolazione residente, (la cui quantificazione e' illegittimamente rimessa al un successivo provvedimento del Consiglio dei Ministri. Orbene, questi criteri devono essere coerenti con l'obiettivo che si intende perseguire, cioe' la riduzione della spesa pubblica, ma non possono per perseguire tale finalita, pervenire alla soppressione di enti istituzionali come la Provincia. Il progetto governativo, in realta', si rivela manchevole proprio sotto il profilo della coerenza della differenziazione legislativa. In merito deve evidenziarsi che di recente la adita Corte costituzionale con la sentenza n. 151/2012, pur riconoscendo la legittimita' dell'operato del legislatore statale in merito ai provvedimenti adottati inerenti ai tagli del costo della politica gia' contemplati nel decreto-legge n. 78/2010, ha rivolto un monito allo Stato, valido pro futuro, di rispettare i principi fondamentali che la Costituzione pone a garanzia degli enti locali territoriali.( Corte Cost. n. 151/2012). Invero, quando si prefigura lo istituto del "mutamento" si fa riferimento sempre all'"accorpamento" di mera parte del territorio di una provincia ma esse non puo' incorporare il concetto di soppressione intera dello ente. Tale modifica non e' giustificabile (nella ratio dello art. 17) neppure nell'ambito di un "programma di risanamento della finanza pubblica". Ne', ex adverso, si venga ad eccepire che cio' era dovuto come attuazione degli impegni assunti in sede europea (vincoli imposti dall'art. 104 del trattato e art. 126 del.... La eccezione non convince in quanto la richiamata normativa non giustifica interventi di soppressione di enti (costituzionalmente rilevanti) posti a diretta garanzia della democrazia rappresentativa a livello locale. Si puo' modificare il confine, la appartenenza (di comuni) ma sempre nel rispetto delle garanzie di cui allo art 133 Cost. e quindi salvaguardando comunque l'Ente. Il concetto di "mutamento" deve essere limitato, ad un rapporto di equilibrio territoriale tra province esistenti, inerendo un riassetto territoriale di confini ( nel rispetto della esistenza degli enti), che non puo' certo determinare la eliminazione dello ente (cioe' di una Provincia). D'altro canto, non a caso, lo art.133 in esame dopo il concetto di mutamento fa riferimento al concetto di istituzione di nuove province, in cio' presupponendo una limitata variazione territoriale di esse ma non la soppressione (anche se solo di alcune). Il che significa che il mutamento inerisce una modifica tra due o piu' provincie (ma non la soppressione di una di esse) e che la istituzione di un nuova provincia e' statuita mediante divisione dello originario territorio di due o piu' Province (fermo restando la permanenza di quella originaria anche se delimitata). Sembra che nella esaminanda normativa lo art 17 abbia inteso riservare allo atto legislativo la approvazione delle mutate circoscrizioni, ma non la possibilita' valutativa a priori dei requisiti incidenti sulla sussistenza istituzionale delle province e quindi sulla soppressione di esse, tanto che la norma fa riferimento a scelte gia' deliberate e conclusive. Ma la dizione stessa non e' chiarae comunque si pone in contrasto che le richiamate norme costituzionali. Infatti testualmente la disposizione afferma che "riordino sulla base dei criteri e secondo la procedura ci di cui ai commi 2 e 3 dello stesso art. 17». Ne' valga, ex adverso, affermare che un riordino complessivo dei requisiti di esistenza della provincia attribuita allo esecutivo , non trovi ingresso nella tutela costituzionale dello art 133 Cost. E la stessa adita corte costituzionale ha chiarito che e' da ritenersi inderogabile e tassativo il concetto di istituzione o modifica territoriale, e quindi non puo' integrare criteri e/o elementi tali da poter pervenire (attraverso la modifica della circoscrizione provinciale) alla eliminazione di una provincia esistente (Corte Cost. n. 347/1994). E cio' a maggior ragione nelle ipotesi in cui si viene a determinare che, con la eliminazione di una delle due province, lo intero territorio regionale viene a coincidere con quello della unica Provincia. Inoltre aggiungasi che non e' costituzionalmente legittimo neppure il procedimento prefigurato nei commi due e tre del citato art 17. Innanzi tutto il mutamento (e quindi i suoi presupposti) deve essere riservati al legislatore ordinario e non da questi delegati allo esecutivo. E' costituzionalmente illegittimo, comunque, il secondo comma dello art.17 la' dove rimette ad un decreto governativo la individuazione dei requisiti minimi di dimensione territoriale e popolazione residente. Invero lo Organo esecutivo, proprio attraverso la predeterminazione di requisiti, valuta e determina a posteriori la sopravvivenza o meno delle province decretando la effettiva soppressione di alcune di esse senza una analisi oggettiva dello assetto istituzionale esistente riservata al parlamento (non a caso si evidenzia che la Provincia di Isernia e' stata istituita con legge) ed in modo tale da soddisfare solo ed in modo irregolare profili di riduzione di spesa. In detta angolazione la normativa in esame e' ulteriormente illegittima con riferimento ai parametri costituzionali dello art 133 e 114 della costituzione. D'altro canto la ratio, e la strutturazione contenutistica della norma art. 17 commi 2 e 3 non lasciano un ulteriore margine decisionale (rispetto alla delibera del Governo) agli Enti locali titolari del potere di iniziativa di modifica . In tale ottica si viola il combinato disposto degli art. 133 e 5 della Carta costituzionale. A cio' aggiungasi ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale. Il richiamato art. 133 Cost. consente il "mutamento" su iniziativa dei comuni sentite le Regioni. In sostanza, come gia' innanzi anticipato la determinazione dello assetto dello Ente Locale (come principio di autodeterminazione istituzionale democratica), deve trovare iniziativa dalla comunita' locale (e per essa dagli organi rappresentativi elementari, cioe' il comune), e sentita la regione (garanzia della autonoma territoriale di cui allo art. 5 e disposizioni del titolo V ° della Costituzione). Tali principi sono violati dallo art 17 che statuisce il potere di determinazione dei requisiti per la modifica (e soppressione della provincia) in capo al governo, via diretta ed immediata e riservando agli enti locali (e regionale, un momento partecipativo a posteriori e senza alcune potere effettivo decisionale. Peraltro non deve ignorarsi che il procedimento di iniziativa comunale trova ingresso e disciplina proprio nello art. 21 T.U. 267/2000 (legge rinforzata) per cui nel momento in cui lo art.17 tenta di superare tale disciplina deve essere ritenuto incostituzionale. Innanzi tutto sussiste una riserva di legge assoluta (nella statuizione dello art 133) che impone come i mutamenti (e quindi anche la individuazione dei requisiti per tale mutamenti) siano riservati al Parlamento con lo strumento normativo della legge ordinaria.(Corte costituzionale 9 dicembre 981 .204). Valga al riguardo ricordare che la Corte ha, piu' volte, chiarito come, in ogni caso, disposizioni di principio in tema di coordinamento della finanza pubblica possono prescrivere solo criteri ed obiettivi, ma non imporre vincoli specifici e puntuali. (si veda art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, il quale riserva alla potesta' legislativa regionale la disciplina dell'autonomia dell'organizzazione amministrativa) (C.C. 20 maggio 2008 n. 159). Nel caso di specie i requisiti (presupposti sostanziali e vincolanti come si deduce dallo intero assetto dello art 17 in esame) sono adottati dal Governo: e peraltro con atto amministrativo. Il che non e' costituzionalmente corretto. Ne' peraltro, risulta che il legislatore ordinario abbia predeterminato i parametri (o presupposti o criteri) affinche' il Governo individuasse, in modo concreto, i requisiti minimi di estensione del territorio e di popolazione. E' evidente che in assenza di tali obbligatori parametri, il Governo ha assunto criteri ( in illegittima autonomia) che costituiscono decisione, ex post, per eliminare alcune provincie. Infatti lo esecutivo (al momento della adozione della delibera di cui al 2 comma dello art 17), ben conosceva la estensione territoriale e la popolazione di ogni provincia esistente, per cui nello individuare i requisiti minimi, sostanzialmente ha soppresso le provincie di cui non riteneva (secondo una non motivata valutazione) necessaria la esistenza. E cio' in modo ancor piu' grave: solo per poter risparmiare pochi soldi. Cio', peraltro, concretizza un grave errore di fatto e di prospettazione, se si considera che con la soppressione delle province (come quella di Isernia) non solo non si riduce la spesa pubblica ma questa aumenta considerando gli effettivi costi di trasferimento sia delle funzioni che del personale. (per vero gia' ridotto dalla applicazione della legge n. 42/2010 e n. 148/2011). Il disegno di razionalizzazione delle competenze delle province cosi' come concepito dalle norme esaminate presuppone risparmi tutti da quantificare e comunque non rilevanti in relazione all' impatto che questo intervento di riorganizzazione puo' generare sul sistema istituzionale locale con rilevanti ricadute economiche e sociali nel territorio. In effetti operando, come si e' fatto con la statuizione impugnata si verrebbero a determinare profili onerosi di tipo straordinario proprio in relazione al trasferimento delle funzioni dalle province ai comuni interessati. Invero, non e' affatto da escludere che i richiamati trasferimenti di competenze si verrebbe a determinare la necessita' di onerosi riassetti interni per i comuni, oltre alla perdita delle economie di scala garantite oggi dallo svolgimento delle funzioni in modo accorpato dalla provincia. Il tutto in palese violazione dello art 133 Cost. A cio' aggiungasi che tali requisiti (in riferimento al concetto di mutamento) possono trovare applicazione per situazioni in itinere o future, ma certamente non possono costituire elemento impositivo ( di riordino) per il permanere o il sopprimere di alcune province. Ma vi e' di piu'. La disposizione di cui allo impugnato art 17, statuisce che il Governo deve adottare i requisiti che, comunque, garantiscano il rispetto della continuita' territoriale (in tale ottica anche il mantenimento di province da tempo esistenti). Nella ottica del rispetto della ratio dello art 133 Cost., con riferimento alle province esistenti, il mutamento circoscrizionale, deve comunque garantire che il territorio si articoli in una area corrispondente alla zona entro la quale si svolga la maggior parte dei rapporti socio/economici e culturali della popolazione esistente: ma non puo' essere soppressa. Proprio cio' costituiva il presupposto inderogabile della istituzione della Provincia di Isernia come gia' innanzi significato. Orbene nel momento in cui tale parametro viene caducato proprio attraverso la totale soppressione della provincia di Isernia e con il "ritorno" ad una provincia unica sullo intero territorio regionale il parametro si altera e viene meno. A cio' aggiungasi che, il tal modo, si altera la intera raffio dello sviluppo del territorio in quanto il riequilibro dell'intero nuovo territorio (unico per tutta la Regione) si trova squilibrato nella parte in cui la provincia di Campobasso incorpora quella di Isernia. Peraltro la norma impone requisiti (di territorio e popolazione) unitari e inderogabili. La disposizione in esame e' interpretabile in modo costituzionalmente corretto, solo se si consentisse al Governo di adottare requisiti diversificati (e non unitari) proprio per garantire la continuita' della provincia esistente; soprattutto ove la Regione sia, allo stato, costituita solo da due province (di cui una verrebbe soppressa per assenza dei requisiti minimi). La disposizione dello art 133 statuisce la partecipazione diretta e decisionale (in un certo senso anche vincolante in quanto il mutamento promana dalla loro iniziativa) dei comuni. In merito deve eccepirsi che la espressione (vincolante) di cui allo art 133 (....su iniziativa dei comuni....) deve essere ritenuta tale che il suddetto parametro deve costituire un quid novi (rispetto alla provincia esistente) e da valutarsi anteriormente in riferimento a situazioni concrete (istituzionali, territoriali, di esigenze del corpo elettorale, ecc) tali da non poter fare permanere la situazione esistente della provincia. Ma in cio' certamente e' da escludersi il rientro della spesa pubblica. E se il legislatore volontariamente sottrae ai comuni tale potere si deterrnina un evidente violazione dello art. 133. D'altro canto lo stesso art. 17 prefigura posizioni derogatorie per le province confinanti solo con province di Regione diverse da quella di appartenenza. Non e' razionale ne' logico che analoga deroga non sia stata prevista per le ipotesi in cui in una Regione sussistano solo due province e che applicando i requisiti minimi ne resta una sola con la conseguenza che il territorio regionale coincida con quello della Provincia. Inoltre il disposto costituzionale prevede la partecipazione nel procedimento della Regione a garanzia della sua posizione costituzionale determinata dalla normativa del titolo V della Cost. Invero lo art 133 viene palesemente violato nel momento in cui lo art. 17: a) Non attribuisce direttamente ai comuni (interessati dalla soppressione sulla base dei requisiti assunti dal governo) di poter decidere, preventivamente, in merito alle ipotesi di riordino. Basti evidenziare che nella situazione del Molise, sia per estensione del territorio che per popolazione, si impone la perrnanenza di una sola provincia, con la conseguenza che il potere partecipativo e valutativo dei comuni viene meno anche con riferimento al "rispetto della comunita' territoriale". Ne' sembra costituzionalmente corretto che il legislatore ordinario (con lo art 17) sostituisca i comuni con un organismo associativo di rappresentanze (CAL) che non garantisce il potere decisionale attribuito ad ogni singolo comune. A cio' aggiungasi che il potere di formulare ipotesi e proposte da parte di iniziative comunali, deve sempre limitato alle modifiche delle circoscrizioni provinciali nei limiti dei requisiti minimi individuati dal Governo. b) Ma a maggior ragione lo art. 17 deve ritenersi incostituzionale nella parte in cui statuisce che le stesse Regioni ( sulla base delle scelte ex post, dei comuni) possono trasmettere al Governo ipotesi di riordino sempre, e purche', nel limiti dei requisiti minimi indicati dal Governo non garantendo la vincolabilita' di tali valutazioni regionali. In tale ottica si viola palesemente il principio della autonomia regionale garantita dallo art 5 della Carta Costituzionale e art 117,nonche' degli stessi art 118 e 119 che garantiscono nelle materie di detta statuizione, una autonomina Provinciale. E di fatto con tale statuizione si viola anche il combinato disposto dell'art. 5, 114 e 118 Cost., che garantiscono alla Provincia un autonomo livello di esercizio di funzioni, in attuazione del principio di sussidiarieta'. Quanto alla violazione dello art. 5 della Costituzione Ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali, ed al principio del piu' ampio decentramento amministrativo nonche' all'adeguamento della legislazione statale alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. L'articolo, nel suo complesso, e' una garanzia fondamentale delle autonomie locali e quindi anche delle province come decentramento della operativita' degli organi statali nel territorio locale. La statuizione dello art. 5 non concretizza una enunciazione di mero tipo programmatico, ma assume valore vincolante non solo come garanzia della autonomie locali, ma anche come obbligo dello Stato (e della legislazione nazionale e regionale) di adeguarsi a tale parametro costituzionale come esigenza dello stesso decentramento amministrativo/ burocratico. Con lo impugnato art.17 non viene rispettato il dettato dello art.5 Cost. che garantisce e promuove le autonomie locali (quindi anche le provincie quali enti a rilevanza costituzionale previsti dallo art.114) anche nelle sue logiche implicazioni di ragionevolezza, proporzionalita' e adeguatezza. Il concetto di mutamento, come gia' evidenziato, non puo' coincidere con quello di soppressione soprattutto attraverso la individuazione dei requisiti minimi incidenti ex post per la permanenza dello ente stesso. E la norma viola, anche sotto altra angolazione, il dettato dello art.5 Cost. che valorizza e attua il principio del decentramento amministrativo, imponendo lo adeguamento legislativo a tali principi. A ben vedere la ratio e il contenuto dello impugnato art.17 (nel prefigurare i requisiti minimi che determinano la soppressione di alcune provincie) si pone in evidente conflitto con la richiamata disposizione costituzionale. Ne' valga eccepire, ulteriormente, che i richiamati principi (sanciti nello art.5 Cost) non verrebbero violati in quanto permane il comune come "cellula elementare" istituzionale. Anche tale deduzione va disattesa se si considera che nella ratio dell'art. 5 (in relazione all'arti 14 Cost) la provincia e' ente "costitutivo della Repubblica". E' evidente l'inversione del parametro costituzionale (garantito dal richiamato art. 5 Cost.) nella norma impugnata, con conseguente grave compromissione anche dell'autonomia regionale e dell'assetto ordinamentale ed istituzionale della stessa. In effetti il disposto costituzionale impone una garanzia di bilanciamento tra la forma unitaria della Repubblica ed il principio del decentramento (autonomia decentrata) a tutela proprio delle collettivita' locali in cui lo Ente Provincia, come momento di convergenza anche di Enti minori, assurge a momento di coagulo territoriale. Invero cosi come strutturato il contenuto dello impugnato art. 17 si viene a determinare una totale coartazione della autonomia conferita allo ente provincia nella sua garanzia istituzionale di ente rappresentativo della collettivita' locale e nel perseguimento (e gestione) degli interessi locali gia' riconosciuti in precedenza con la istituzione, con legge, della stessa provincia di Isernia. Certamente il "depauperamento/soppressione" di detto Ente, cioe' la Provincia, non solo viola detto principio di garanzia per la collettivita' locale, ma si pone in palese contrasto anche con lo statuito criterio secondo il quale la Repubblica non solo riconosce, ma anche promuove le autonomie locali: con lo art. 7 si determina una irrazionale inversione di tendenza in materia. In tal modo, si appalesa consequenziale che snaturalizzando la funzione e i compiti della Provincia si altera anche la forma, storicamente garantita,del decentramento amministrativo come articolazione sul territorio. D'altro canto a ben vedere lo art. 5 statuisce " promuove" le autonomine locale facendo ben comprendere che la azione della Repubblica deve essere diretta allo ampliamento degli enti (e non negativamente alla eliminazione di esse). E tali principi fondamentali (dello art. 5) si concretizzano proprio nel testo e nella ratio dell' art 133 che fa riferimento, giustamente solo a modifiche o nuove costituzione di province. Ma il combinato disposto in esame non prefigura soppressione di detti enti (provincia). Quanto alla violazione dello art. 114 della Costituzione (nella statuizione di cui alla 1. cost. 3/2001). VIOLAZIONE ART 3 cost. La Costituzione statuisce in modo chiaro ed espresso che la Repubblica e' costituita dalle Province, insieme ai Comuni, alle Citta' metropolitane, alle Regioni ed allo Stato, ribadendo che sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo principi fissati dalla Costituzione. Tanto significa che la Provincia nel nostro ordinamento costituzionale e' da qualificarsi come ente esponenziale di una comunita' territoriale che si organizza democraticamente (in attuazione dello art. l Cost.) come continuazione del diritto di promozione delle autonomie locali, con la conseguenza che una volta che esse sono costituite con legge (e radicalizzate nel territorio) non possono essere abolite (con atti amministrativi) diminuendone la autonomia di rappresentanza politica e lo assetto democratico del territorio. In tale ottica non puo' ignorarsi che la disposizione legislativa impugnata viola sostanzialmente anche lo art.3 Cost. sotto il profilo dell'eccesso di potere legislativo, ponendosi in contrasto con il principio di ragionevolezza in quanto rinvia al potere esecutivo la adozione di atti senza la preventiva individuazione dei parametri di sopravvivenza di enti provincia da parte dell'esecutivo. Ed invero, sia durante i lavori preparatori della Carta, sia in Assemblea, emerse in modo chiaro, che la Provincia, proprio in quanto parte dalla Repubblica , gode di garanzia e poteri di autonomia costituzionalmente rilevanti. Posizione, questa, che con la disposizione impugnata viene meno in quanto si viene ad alterare la organizzazione costituzionale, nello assetto di garanzia territoriale (e di rappresentanza diretta della popolazione localizzata su detto territorio). La stessa Corte Costituzionale, risolvendo la questione di legittimita' costituzionale relativa alle Comunita' Montane, con riferimento proprio dalla Regione Molise, ha statuito che le stesse non possono considerarsi come Enti dotati di propria autonomia strutturale e funzionale, dipendendo direttamente dalla Regione, in quanto non sono ricomprese nel tassativo elenco previsto dall'art. I 14 della Costituzione. (Corte costituzionale, 24 giugno 2005, n. 244) Il che significa che gli enti inseriti nello art 114 godono di rilevanza costituzionale non eliminabile con legge ordinaria. Nella ratio di tale disposto gli enti territoriali, che costituiscono la Repubblica, attuano un principio autonomistico che implica il principio democratico. A contrariis, dunque, nel caso di specie, trova riconoscimento il principio in base al quale le Province, essendo espressamente ricomprese nell'elenco di cui all'art 114, deve ritenersi che la stessa e' ente dotato di una propria sfera di attribuzioni compiuta e totalmente autonoma, con prerogative riconosciute direttamente dalla Carta Costituzionale. Ne' il legislatore ordinario puo' pregiudicare la esistenza delle province (o di una di esse) riservando al potere esecutivo la individuazione dei requisiti minimi che incidono ex post sulla soppressione o meno di un ente provinciale (si veda art. 4 legge n. 131/2003). Ed appare evidente che una "fonte impropria" (legge ordinaria per effetto di decretazione di urgenza convertito)non possa sopprimere (tale e' la ratio contenutistica e procedimentale dello art.17) e/o determinare la "sostanziale abolizione" di un ente provincia garantito dal combinato disposto degli artt. 5 e 114 e 133 Cost. Ne' valga eccepire che lo art.17 statuisce un miglior assetto territoriale delle province (con attuazione del principio costituzionale di "mutamento" previsto dal 133 Cost.) in quanto la costante presenza (e da tempo) di un ente provincia (come Isernia) determina una garanzia di efficienza del ruolo di tessitura e raccordo tra territorio e collettivita' locale. Fermo restando che il concetto di mutamento non puo' assorbire quello di soppressione. Sostanzialmente l'ente provincia non concretizza una struttura sovraordinata rispetto ai Comuni ne' sottordinata rispetto alle Regioni; in realta' si tratta di un ente territoriale autonomo titolare di funzioni storicamente proprie radicalizzatesi su determinate aree del territorio dello Stato e ulteriormente radicalizzatesi con l'entrata in vigore della Legge Cost. 3/2001. Tanto e' sufficiente per dimostrare come non sia consentito ad un atto del governo (o anche atto legislativo ordinario) incidere su di esse prevedendone la soppressione di alcune. Pertanto, con lo impugnato articolo si viene a violare lo assetto storico del territorio e degli enti locali espansionali che hanno ricevuto garanzia costituzionale. La modifica di tale assetto necessita di un procedimento aggravato, in quanto inerente l'eliminazione della Provincia nel suo organo amministrativo fondamentale, quale la riduzione del Consiglio Provinciale non piu' a organo di governo (nonostante la definizione del comma 15), ma solo ad organo di indirizzo e coordinamento delle attivita' dei Comuni, (con l'attribuzione delle relative funzioni ai Comuni e alle Regioni, unitamente alle risorse umane, finanziarie e strumentali). Proprio in cio' si viola, in modo sostanziale, l'art. 114, in quanto il proposto riordino dell'Ente provincia come Istituzione territoriale locale deve essere mantenuto nella sua autonomia sostanziale (garantita dalla Costituzione) e non puo' essere oggetto di "declassamento istituzionale" neppure (e soprattutto) per esigenze volte a risanare le finanze pubbliche. In tal modo, la statuizione legislativa ordinaria (che di fatto pone la soppressione della Provincia) assurge a momento modificativo anche della Carta Costituzione. Invero dal principio costituzionale di cui all'art. 114 viene fatta discendere una sorta di fisicita' della Repubblica costituita da elementi essenziali interdipendenti e tali da assicurare una organicita' vitale in quanto espressione di interessi differenziati (comunali, provinciali, ...) rappresentati da enti esponenziali direttamente espressione di una sovranita' popolare. Ne' peraltro viene lasciata (neppure in via residuale) una autonomia opzionale alle Province (o alla stessa Regione come attuazione dei poteri di cui agli art 117/118/11 9) in violazione del secondo comma dell'art. 114. Quanto alla violazione dell'art. 117, commi 2 lett. p) 4 e 6; artt.118 e 119 cost. L'art. 117, secondo comma, lett. p) nel testo vigente della Cost., attribuisce, e residua, allo Stato legislazione esclusiva, organi di governo e funzioni fondamentali della Province. E cio' proprio in contrapposizione alla attribuzione della materia alla Regione (per quanto di propria competenza) con gli artt. 122 e l23 Cost. L'intervento "demolitorio" attuato con la norma impugnata, travalica la competenza statale il cui limite e' dato dal parametro costituzionale appena citato in stretta correlazione con gli artt. 5 e 114 della Costituzione istitutivi, appunto, delle autonomie locali e, per quello che qui interessa, delle Province (ed in particolar modo quella di Isernia). La potesta' legislativa esclusiva dello Stato in merito" alle funzioni fondamentali della Provincia puo', e deve, essere esercitata solo ed esclusivamente nel rispetto e garanzia della "esistenza" dello Ente provincia quale "enti autonomi con poteri e funzioni secondo principi fissati dalla Costituzione". La stessa va coniugata con i limiti prefigurati dall'art. 133 ed a garanzia dei principi di sussidiarieta' verticale ed adeguatezza rispetto alle "dirette" esigenze della collettivita' locale. In cio' la garanzia dello intero impianto costituzionale come attuazione del principio della autonomia sancito (in modo vincolante) dall'art. 5 Cost. Le norme impugnate, invece, sostanzialmente aboliscono le funzioni (e i relativi organi di Governo) fondamentali limitandosi ad attribuire alle Province "mere funzioni di indirizzo e coordinamento delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze". Posto che la Provincia proprio in quanto ente autonomi - e' dotata di funzioni statutarie, regolamentari ed amministrative, appare evidente che con la attribuzione del mero "'indirizzo e coordinamento" si svuotano del tutto le garanzie di autonomia di detti enti, ledendo la stessa autonomia della Regione cui sono attribuiti poteri legislativi e regolamentari incidenti sulle Provincie. Con lo impugnato disposto legislativo, sostanzialmente si viene a ledere la stessa autonomia dello Ente Regione nelle sue competenze residuali e concorrenti, nonche' nella stessa potesta' regolamentare delle regioni laddove impone alle medesime di trasferire ai Comuni le funzioni delle Province e di tenere per se' quelle volte ad assicurare l'esercizio unitario. Le Regioni, infatti, nell'ambito della propria potesta' legislativa e regolamentare detengono il potere di conferire o meno funzioni amministrative alle Province, anche attraverso l'istituto della delega. Con la disposizione impugnata tale potere - diritto viene sostanzialmente soppresso. A cio' aggiungasi che la stessa Provincia e', a sua volta, titolare anche di funzioni amministrative proprie e di potesta' regolamentare sull'organizzazione e lo svolgimento delle funzioni loro attribuite (artt . 118 e 117 Cost). Eliminare tout-court dette funzioni attribuendole alle Regioni che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le attribuiscono ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se' quelle che ritiene non di competenza delle Regioni per attribuirle a sua volta ai Comuni, determina un totale sovvertimento dell'assetto costituzionale del sistema della autonomie locali. Invero, anche a voler sostenere che l'art. 118, comma 2 non individua le effettive funzioni della provincia, certamente non puo' interpretarsi "tale limite" con il potere della legge ordinaria di sopprimere alcune provincie delineando, in modo integrale, il nuovo assetto dello intero territorio della Repubblica. La norma statale infatti, incide nelle stesse materie di competenza regionale (sia esclusiva che concorrente) con un effetto dirompente sulle conseguenti funzioni amministrative e sul loro esercizio in via diretta, attribuita o delegata. L'esercizio del potere regionale innanzi richiamato viene determinativamente inciso se si considera che la Regione Molise ha gia' delegato o attribuito alle Province funzioni sue proprie. Con la impugnata disposizione legislativa la Regione, e' obbligata a trasferire tali funzioni ai Comuni e tenere per se' quelle necessitate dall'unitarieta' del l'esercizio. Non solo viene dunque lesa l'autonoma potesta' regolamentare delle Province di cui all'art. 117, comma sesto Cost., ma viene altresi' imposto un paradigma di conferimento indifferenziato e generale = con legge regionale agli enti locali (e quindi alla stessa Provincia), In cio' una evidente compressione delle prerogative regionali in relazione all'art. 118 Cost. E tale compressione si riverbera anche come violazione dei poteri attribuiti alla Regione con l'art. 119 quanto alla correlata autonomia finanziaria. In affetti la norma impugnata non solo non razionalizza l'esercizio delle funzioni amministrative, ma non determina nessun risparmio di spesa (obiettivo cui era finalizzato la statuizione impugnata). Tali norme incidono dunque anche sull'autonomia amministrativa e organizzativa della Regione nei suoi rapporti con gli enti locali. Peraltro, nello ambito regionale, l'Ente Provincia garantisce la concreta esigenza ed attuazione di funzioni amministrative sul territorio ultracomunale, in modo coordinato ed omogeneo, in ampia fascia di materie che si ricollegano direttamente al territorio nella sua omogeneita' e ambiti di programmazione di settore. Violazione del principio di leale collaborazione in relazione all'art. 8 della legge 5.6.2003 n. 131 recante disposizioni per l'ordinamento della repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3. Lo intero art 17 ,che prevede l'intervento sostitutivo dello Stato, viola il principio di leale collaborazione non rientrando, le fattispecie ivi nominate, nell'art. 120 della Costituzione cosi' come applicato nell'art. 8 della L. n. 131/2003. A cio' aggiungasi che la mancanza di concertazione tra Stato e Regioni ed Enti locali (appunto la stessa Provincia) di per se' viola il principio di leale "collaborazione". In particolare, valga sottolineare che detto principio rappresenta un cardine dell'ingegneria istituzionale dei rapporti Stato - Regioni - Enti Locali. E, per vero, la stessa giurisprudenza costituzionale ha evidenziato che si tratta di uno di quei "valori" fondamentali cui la Costituzione informa i predetti rapporti". (C.C. sent. n. 177 del 1988). Posto che obiettivo della "manovra" (in cui si concretizzano le disposizioni legislative in esame) e' la riduzione delle spese,(ma considerato che nessun - o quanto meno insignificante - risparmio di spesa deriva dalle norme impugnate), il disciplinato riordino (che si traduce per Isernia in soppressione) complessivo delle istituzioni territoriali appare sproporzionatamente lesivo delle garanzie costituzionali (in un bilanciamento di posizioni e obiettivi). Invero la esistenza di una provincia su di un'area territoriale come appunto quella di Isernia (da oltre 30 anni) costituisce un livello attuativo dei principi di ragionevolezza anche a voler ritenere la necessita' del rientro della spesa pubblica. La democrazia istituzionale (come la provincia) assume preminenza rispetto ad ogni altro settore pubblico nel valutare il rientro del bilancio perche' essendo essi enti esponenziali di una comunita' nel territorio si puo' intervenire su di essi solo come ultima rado di necessita' di risparmio della spesa pubblica. E' indirizzo consolidato della giurisprudenza costituzionale che le Regioni sono legittimate a censurare, in via di impugnazione principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni attinenti al riparto delle rispettive competenze, e che e' ammessa la deducibilita' di altri parametri costituzionali ove la loro violazione comporti (come nel caso di specie) una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (C.C. 21/03/2007 n. 95). La norma impugnata viola quel principio di "ragionevolezza" che potrebbe fare ravvisare un interesse pubblico prevalente tale da giustificare una cosi' grave limitazione e invasione della sfera di competenza regionale e degli altri enti locali territoriali. Principio riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale, nel momento in cui ha affermato che l'esistenza dei requisiti della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza necessari affinche' il Governo possa legittimamente emanare decreti-legge puo' essere oggetto di scrutinio di costituzionalita', il quale deve svolgersi su un piano diverso dalle valutazioni iniziale del Governo e successiva del Parlamento in sede di conversione e non e' precluso dall'eventuale legge di conversione. A questa, infatti, non puo' riconoscersi efficacia sanante, poiche' il difetto dei requisiti del "caso straordinario di necessita' e d'urgenza" costituisce un vizio in procedendo della relativa legge, con cui e' alterato il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie. (Corte costituzionale, 23 maggio 2007, n. 171). La Provincia e' dunque ente esponenziale della collettivita' locale (espressione della democrazia rappresentativa) per cui non puo' essere eliminata. La decisione in esame, peraltro, e' un decisivo parametro di riferimento se si considera il fatto che prende posizione sulla questione se alla legge di conversione di decreto-legge deve essere riconosciuta efficacia sanante della nullita' del medesimo decreto emanato dal Governo in mancanza dei casi straordinari di necessita' e d'urgenza. Peraltro cosi' come strutturato lo art.17 viene a pregiudicare, in modo irreparabile, il principio di sussidiarieta', ed in particolare di sussidiarieta' verticale, nonche' quello di adeguatezza previsto dall'axt.118 Cost. In effetti con la soppressione della provincia di Isernia, in applicazione dei requisiti minimi gia' individuati, di fatto viene meno la entita' territoriale vicina al cittadino e tale da non poter garantire una diretta efficienza amministrativa nel territorio. Pertanto, la nuova scansione = non piu' gerarchica = come prevista nello originario impianto costituzionale (che ripartiva la Repubblica in Regioni, Province e Comuni) viola i principi della sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e della leale collaborazione tra gli enti. Il dettato costituzionale, nell'equiparazione tra gli enti costitutivi della Repubblica intende conferire loro pari dignita' funzionale, senza lasciar intravedere alcuna possibilita' di intervento sulla loro natura e struttura dei relativi organi. Istanza di sospensione L'art. 35 della legge n. 87/53, come sostituito dall'art. 9 della legge n. 131/2003, consente che la Corte sospenda l'esecuzione delle norme impugnate se c'e' un rischio di pregiudizio grave e irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini. La norma impugnata impone una sollecita procedura ( peraltro oggetto di censure) con calerindazione tale da pervenire,con strana immediatezza) alla conclusione della eliminazione delle Provincie ( compresa quelle di Isernia) adempimenti (con organismi illegittimi) . E completato il procedimento la intera realta' (istituzionale, economico e organizzativo) del Territorio della provincia di Isernia ( e quindi quello della regione Molise viene alterato = ed in modo certamente irreversibile). Basti fare riferimento alle conseguenti: a) Eliminazione di Uffici provinciali dello stato (prefetture, Questure; comando forze armate, camera di Commercio ,IACP, ecc) b) il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali: c) Riduzione della rappresentanza in Consiglio comunale di Isernia d) Incidenza sulla rappresentanza nello Ente intermedio del corpo elettorale. E' di tutta evidenza l'esistenza dei presupposti per la concessione dell'invocata misura di sospensione.
P.Q.M. Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare - previa sospensiva all'esecuzione - l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 legge 7 agosto 2012, n. 135 di conversione, con modificazione, del DL 95/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012 (serie ordinaria), nonche' della stessa normativa (art 17) del DL citato 95/2012 per violazione degli articoli 5, 77, 114, 117, commi 2 lett. p), 4 e 6, 118, 119 e 126 della Costituzione, anche sotto il profilo di violazione del principio della leale collaborazione. Si' deposita: delibera della Giunta Regionale Molise n. 601 del 28 settembre 2012 (copia conforme); Art. 17 Legge n. 135/2012 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012; Art. 17 DL n. 95 del 6 luglio 2012 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2012. Isernia-Roma, addi' 5 settembre 2012 L'avv.: Colalillo