N. 133 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 ottobre 2012 (della Regione Molise). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  revisione della spesa pubblica - Riordino  delle  province  e  loro
  funzioni - Previsione del  riordino  di  tutte  le  province  delle
  regioni a statuto ordinario, mediante  decreto  da  emanarsi  entro
  dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge impugnato con
  deliberazione del Consiglio dei ministri, sulla base dei  requisiti
  minimi  da  individuarsi  nella  dimensione  territoriale  e  nella
  popolazione residente in ciascuna  provincia  (individuati  con  la
  deliberazione predetta, rispettivamente, in 2500 km. e  in  350.000
  abitanti) - Prevista  partecipazione  al  riordino  delle  province
  mediante atto legislativo ad iniziativa governativa,  all'esito  di
  una procedura cui partecipano il Consiglio delle  autonomie  locali
  delle singole regioni a  statuto  ordinario  e  le  regioni  stesse
  mediante la presentazione di ipotesi di riordino  e  previo  parere
  delle  Conferenze  unificate  -  Ricorso  della  Regione  Molise  -
  Denunciata violazione del  principio  di  autonomia  costituzionale
  degli enti territoriali, nella specie delle province - Lesione  del
  principio  di  ragionevolezza  per   l'adozione   di   una   misura
  sproporzionata e non efficace rispetto  alla  finalita'  dichiarata
  dalla normativa impugnata  di  riduzione  della  spesa  pubblica  -
  Denunciata   violazione    dei    presupposti    di    legittimita'
  costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del
  decreto-legge - Denunciata violazione  dell'assetto  costituzionale
  ed ordinamentale della regione per l'eliminazione  della  Provincia
  di  Isernia  priva  dei  requisiti  minimi  di  territorio   e   di
  popolazione  stabiliti  con  la  normativa  impugnata  e   con   la
  deliberazione del Consiglio dei ministri integrativa della stessa -
  Denunciata violazione  dell'autonomia  regionale  in  relazione  ai
  principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza -  Denunciata
  lesione della potesta' regolamentare delle  province  -  Denunciata
  violazione dell'autonomia finanziaria regionale  -  Violazione  del
  principio costituzionale  della  partecipazione  della  popolazione
  interessata  alla  procedura  di  mutamento  delle   circoscrizioni
  provinciali  e  degli  altri  enti  territoriali   previsti   dalla
  Costituzione - Istanza di sospensione della normativa impugnata. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, commi  secondo,  lett.  p),
  quarto e sesto, 118, 119 e 133, primo comma; legge 5  giugno  2003,
  n. 131, art. 8. 
(GU n.45 del 14-11-2012 )
    Ricorso della regione Molise, (P.iva 00169440708) in persona  del
Legale  Rappresentante,  il  Presidente  pro  tempore,  on.le  Angelo
Michele Iorio, rappresento e difeso, giusta  mandato  a  margine  del
presente atto ed in virtu' di delibera giuntale di  incarico  n.  601
del   28   settembre    2012,    dall'avv.to    Vincenzo    Colalillo
(CLLVCN46M03A930U) presso il quale elettivamente  domicilia  in  Roma
alla via Albalonga  n.  7  (studio  Avv.  Clementino  Palmiero)  (fax
0865/411980 - Pec: v.colalillo@pec.giuffre.it); 
    Contro: 
        l) Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  in  persona  del
Presidente del Consiglio dei Ministri in carica pro tempore; 
        2) Consiglio dei Ministri,  in  persona  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri in carica pro tempore; 
        3)  Governo  della  Repubblica  Italiana,  in   persona   del
Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; 
    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
17, legge 7 agosto 2012, n. 135 di  conversione,  con  modificazione,
del DL 95/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  n.  189  del  14
agosto 2012 (serie ordinaria),nonche' della stessa normativa (art 17)
del DL citato 95/2012 per violazione degli articoli 5, 77, 114,  117,
commi 2 lett. p, 4 e 6, 118, 119  e  126  della  Costituzione,  anche
sotto  il  profilo  di   violazione   del   principio   della   leale
collaborazione. 
 
                           Fatto e Diritto 
 
    La Regione Molise, e' stata istituita dalla Legge  Costituzionale
n.  3  del  27/12/63,  originariamente  con  la  sola  Provincia   di
Campobasso. 
    Successivamente, con legge 20 del 2 febbraio  1079  e  successivo
Decreto del 3 Marzo 1970 e' stata istituita  anche  la  Provincia  di
Isernia. 
    Inoltre   entrambe   le   Province   sono   elevate   a   livello
istituzionale/territoriale  dallo  statuto  regionale   del   Molise,
approvato, ai sensi dell'art. 123, secondo comma Costituzione, giusta
Legge n. 347 del 22 maggio 1971, previa deliberazione  del  Consiglio
Regionale del Molise dei 26 gennaio e 12 e 23 marzo 1971. 
    Ed invero lo art 2 del citato statuto  espressamente  dispone  al
primo comma che il territorio  della  Regione  Molise  e'  costituito
dalle Provincie di Campobasso ed Isernia. 
    Inoltre tali Enti (e quindi la stessa provincia di Isernia)  sono
stati interessati dalla leggi Regionali (per oltre 30  anni)  per  la
attuazione della intera programmazione Regionale, sia con riferimento
ai metodi e criteri (ax art 2 statuto)  sia  nella  attuazione  degli
obiettivi e finalita' (art 3 statuto). 
    D'altro canto, l'intero assetto organizzativo e legislativo della
gestione del territorio (costituito  della  Regione  con  le  proprie
leggi e regolamenti) molisano  si  articola  secondo  i  principi  di
collaborazione verticale ed orizzontale delle  due  Province  con  la
Regione, anche nella gestione del territorio. 
    Ne' valga, ex adverso, eccepire la inammissibilita'  per  difetto
di legittimazione della Regione che non avrebbe  alcuna  possibilita'
di sostituzione nelle competenze della  Provincia,  ne'  nella  sfera
legislativa, ne' nei poteri organizzativi  del  territorio,  ne'  dei
principi costituzionali di decentramento e sussidiarieta'. 
    Cio' non puo' essere condiviso. 
    In sostanza, allo stato, la Provincia di Isernia  costituisce  un
livello istituzionale inderogabile sia come attuazione  dell'art  114
Cost.  sia  come  governance  dello  intero  territorio  Molisano  ed
attuazione   nello   stesso   delle   determinazioni   normative    e
provvedimentali nello interesse della collettivita'  locale  (attuate
proprio attraverso la Provincia). 
    Da cio', l'interesse sostanziale a che la Regione Molise permanga
nel suo assetto istituzionale e territoriale, (con la presenza  delle
due  Province  nell'attuale  posizione,  con   i   relativi   compiti
gestionali/organizzativi) con la  necessita'  di  intervenire  a  far
dichiarare l'illegittimita' delle disposizioni legislative  impugnate
che, di recente, incidono su tale assetto  della  intera  Regione  e,
sostanzialmente  impongono  la  identita'  (di  estensione)  tra   il
Territorio della Regione in un'unica Provincia. 
    E cio' anche come garanzia di un rapporto  locale  e  diretto  di
democrazia rappresentativa tra cittadini e istituzioni. 
    Valga un breve excursus  sulle  ragioni  di  ordine  economico  e
sociale che consentirono la nascita della provincia di Isernia. 
    L'inderogabile necessita' della istituzione  nel  Molise  di  una
seconda provincia con capoluogo Isernia  fu  determinata  da  esigene
territoriali e  della  collettivita'  locale  concretizzantesi  nella
presentazione del progetto di legge in Parlamento sorretto  dai  voti
di ben 51 Consigli Comunali. 
    Dal che nasce la certezza,  in  era  democratica,  che  la  norma
dell'art.133 Cost. avente come presupposto essenziale  le  iniziative
dei Comuni trovo' la sua prima giustissima applicazione. 
    Invero con lo impugnato art 17 Legge n. 135/2012 si  perviene  ad
un irrazionale riassetto delle Province e  per  effetto  di  esso  (e
degli ulteriori  attuativi  del  Governo)  la  Provincia  di  Isernia
(istituita con la legge n. 20/70) viene sostanzialmente  soppressa  e
globalmente incorporata a quella di  Campobasso  per  cui  lo  intero
territorio della Regione Molise  viene  a  coincidere  con  una  sola
provincia. 
    Il che viola i principi costituzionali in esame. 
    In effetti le "Province" sono  istituzioni  territoriali  intorno
alle quali e'  stata  costruita  la  Repubblica  (rectius:  stato)  e
riconosciuta come  continuazione  tra  le  Autonomie  locali  (art.5)
costitutive della Repubblica (art. 114). 
    Ne consegue che la loro radicalizzata sussistenza nel  territorio
(con riferimento a quelle esistenti ed istituite con legge) non  puo'
essere soppressa con un atto (delibera) del  Governo  che,  incidendo
sui requisiti minimi, ne determina la soppressione ex post. 
    Invero gia' con lo art. 23 del  D.L.  n.  201/2011  (disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito  con  modificazioni  dalla  legge  n.  214  del
22.12.2011, dal comma 14 al comma 21, si erano assunte statuizioni di
sostanziale abolizione delle Province, (tutte). 
    La Regione Molise  ritenendo  cio'  lesivo  delle  competenze  in
materia di enti Locali (ed assetto del proprio  territorio)  previsti
direttamente   dalla   Costituzione   nonche'   dalle    attribuzioni
legislative regionali, dalle  stesse  prerogative  costituzionalmente
garantite e,  in  generale,  dall'autonomia  regionale,  ha  proposto
giudizio  di  legittimita'  costituzionale  di   dette   disposizioni
legislative innanzi alla Adita Corte, ove lo istaurato giudizio pende
con il NRG 32/2012 la cui udienza di discussione e'  fissata  per  il
giorno 6 novembre 2012. 
    Analogo giudizio risulta proposto, tra l'altro, da: 
        a) Regione Piemonte; 
        b) Regione Lombardia; 
        c) Regione Campania; 
    Con la statuizione in esame, sostanzialmente seppur  limitato  ad
alcune  province  come  quella  di  Isernia  nella   Regione   Molise
attraverso la Delibera del Governo del 20 luglio 2012  (individuativa
dei requisiti minimi) si determina analogo risultato di  soppressione
di un certo numero di Province  ivi  compreso  quelle  nelle  Regioni
originariamente costituite da solo due Province. 
    Con tale atto il Consiglio dei Ministri, in modo non motivato  ed
illogico, ha fissato in 350.000 abitanti il  requisito  minimo  della
popolazione (addirittura tutta la regione Molise e' di  soli  320.000
abitanti) e lo ambito territoriale in 2.500 km. 
    Per  tale  situazione  la  regione   Molise   adisce   la   corte
costituzionale impugnando il citato art. 17 legge n. 135/2012. 
    In effetti la Regione Molise  riceve  una  effettiva  e  concreta
lesione dalle norme contestate, nonche' una  evidente  lesione  delle
prerogative costituzionali delle Province di  Isernia  e  Campobasso,
che si riflette sulla posizione istituzionale della Regione stessa. 
    Piu' volte si  e'  pronunciata  la  Ecc.ma  Corte  nel  senso  di
ammettere impugnazioni e censure relative a compressione di sfere  di
attribuzione provinciale  o  degli  altri  enti  locali  disciplinati
dall'art. 114 della Cost. (nel testo di cui all'art.  1  legge  Cost.
del 18 ottobre 2001, n. 3), da cui deriva una compressione dei poteri
delle  Regioni  (Corte  Cost.,  nn.  417/2005,   196/2004,   95/2007,
169/2007, 289/2009). 
    E'  di  tutta  evidenza,  come  si   spieghera'   in   prosieguo,
l'esistenza di tale profilo di  illegittimita'  costituzionale  nella
presente statuizione legislativa , laddove la  "compressione"  (o  la
precostituzione di parametri limitativi per popolazione e territorio)
coincide con la "sostanziale abolizione" stessa  della  Provincia  di
Isernia e quindi la sostanziale  incidenza  sullo  intero  territorio
della Regione Molise. 
    E,  pervero,   con   l'art.   17   viene   ad   incidersi   sulla
estrinsecazione democratica  dello  Ente  Provincia  e  sulla  stessa
funzione istituzionale ed sopravvivenza di tale ente, espressione  di
democrazia  locale  garantita  dalla   Costituzione   nonche'   della
autonomia rappresentativa della collettivita' locale. 
    D'altro canto, nel vigente  assetto  costituzionale,  proprio  il
riconosciuto rilievo delle autonomie locali  contenuto  nei  principi
fondamentali della Carta  Costituzionale  (art.  5)  e  radicalizzati
nell'assetto  istituzionale  della  Repubblica  (art.  114,  comma  1
Costituzione e 133 Cost.), impone una garanzia (anche attraversa  una
riserva di legge) a tutela dell'unitarieta' della Repubblica e  della
decentrata sovranita' del popolo (attraverso il corpo elettorale) nel
territorio localizzato. 
    Peraltro il procedimento prefigurato (dallo art 17 impugnato) per
la soppressione della Provincia non garantisce in pieno (e secondo  i
criteri  indicati  dalla  stessa  Corte  Costituzionale   adita)   la
autonomia costituzionale delle Regioni e lo assetto  territoriale  di
esse mediante le Province. 
    Ne' puo' ritenersi costituzionalmente  legittimo  lo  incidere  (
mediante nuovi parametri per la sopravvivenza  )  sullo  Ente  locale
(previsto  dallo  stessa  art.  114  Cost)  come  esponenziale  della
collettivita' locale e  attuatore  dei  principi  di  garanzia  della
Regione  (ed  in  cio'   in   palese   contrasto   con   i   precetti
costituzionali) e della sua autonomia sancita nello  art  5  e  delle
disposizioni di cui al titolo V° della Carta costituzionale. 
    Non a caso si e' innanzi  evidenziato  che  dopo  la  istituzione
della Regione Molise, sulla  base  di  indirizzo  degli  enti  locali
(comuni e collettivi sul territorio) si e' pervenuti alla istituzione
della Provincia di Isernia (con legge n. 20/70) tenendo presente  che
una Regione deve essere costituita da almeno due  provincie:  e  cio'
sulla base proprio di un procedimento che ha visto, nella fattispecie
della provincia di Isernia, i Comuni e la  popolazione  locale  parte
proponente e espressione di una concreta volonta' di autonomia. 
    E  valga  rilevare  che  in  applicazione  dei  requisiti  minimi
(indicati nella delega del Governo) ben tre regioni (Umbria, Molise e
Basilicata) verrebbero ad avere una sola Provincia. 
    Cio' e' del tutto irrazionale se si considera che,  onde  evitare
una violazione dell'art. 133 della Cost. deve garantirsi il principio
della "continuita' territoriale della provincia". 
    Tale aspetto non sembra rispettato in caso di soppressione di una
provincia. 
    Tanto che non sembra  costituzionalmente  corretto  che,  con  la
impugnata normativa, si pervenga  al  superamento  di  tale  volonta'
popolare;  ed  attraverso  organi   o   organismi   di   non   chiara
rappresentanza (o addirittura esercizio  di  potere  sostitutivo)  si
sopprimano (attraverso la rideterminazione di criteri  ex  post  come
con la delibera del Governo del 20/7/2012) enti necessari di espressa
rilevanza costituzionale  ex  art  114  Cost,  ed  espressione  della
democrazia partecipativa locale. 
    Invero il richiamo dello art. 17 al CAL (organismo  partecipativo
nel procedimento  in  questione)  e'  costituzionalmente  illegittimo
(rispetto allo art. 133 Cost.) se si considera che tale organo  e'  a
composizione mista (non rappresenta del tutto  i  comuni)  ed  agisce
prevalentemente come organo consultivo e non con poteri di iniziativa
per conto ed in nome dei comuni. 
    Pertanto,  non  valga,  ex  adverso,  sostenere  che   la   norma
costituzionale dello art. 133 e' stata comunque rispettata in  quanto
prevede ,comunque, un coinvolgimento delle  amministrazioni  comunali
tramite i CAL. 
    Valga, infatti, significare  che  la  proposta  (all'interno  del
procedimento previsto dalla art. 17 in esame) demandata  al  Cal  non
puo' configurarsi come "iniziativa" dei comuni nel senso  e  per  gli
effetti dello articolo  133  cost.,  se  non  altro  perche'  il  Cal
riunisce solo soggetti rappresentanti sia comuni ( e non i' Comuni  e
non  tutti)  sia  delle  province;  ma  soprattutto  perche'   (nella
fattispecie in esame statuita dall' art  17)  non  si  verte  in  una
iniziativa libera ed autonoma, bensi' di  un  procedimento  obbligato
dalla legge (che infatti prevede, anche nel caso in cui l'ipotesi  di
riordino non venga formulata dal CAL, che  il  procedimento  prosegua
con l'obbligo per la Regione di trasmettere comunque una proposta  di
riordino e con la  previsione  dell'atto  legislativo  di  iniziativa
governativa anche in mancanza della proposta della  regione,  con  il
solo parere, in tal caso, della conferenza unificata). 
    L'iniziativa comunale di cui all'art. 133, comma 1, Cost. invero,
si configura in modo molto diverso rispetto  alla  deliberazione  del
piano di accorpamenti e riduzioni  che  devono  adottare  i  Consigli
delle autonomie locali  o,  in  mancanza,  gli  organi  regionali  di
raccordo, come prevede l'art.  17,  comma  2,  del  decreto-legge  n.
95/2012. 
    Sono  i  Comuni,  come  enti  locali  territoriali  singolarmente
considerati, ad  essere  titolari  della  riserva  di  competenza  ad
attivare un eventuale procedimento revisorio; e cio' viene violato se
tale potere (o anche iniziativa) si  demanda  ad  altri  organismi  (
oltretutto meramente rappresentativi anche di altri enti ed organi). 
    In  altri  termini,  mentre  le  procedure  puntuali  contemplate
dall'art.133 Cost. partono dal "basso" e sono espressione di esigenze
e richieste avanzate  dagli  enti  locali  (comuni)  e  quindi  dalle
popolazioni  dei  singoli  territori,  la  procedura  prevista  dallo
impugnato  art.  17  parte  "dall'alto"  muovendo  da  una  decisione
legislativa di riordino generale delle circoscrizioni provinciali. 
    E' un dato certo che la democrazia locale  e'  l'espressione,  la
piu' alta, dell'autonomia dell'ente  che  e'  stata  riconosciuta  in
diverse statuizioni sia della Costituzione che  della  Carta  europea
delle autonomie locali. 
    Il principio autonomista implica il principio democratico; e cio'
richiede che il popolo deve avere una rappresentanza  politica  nello
ente che emerga da  elezioni  generali,  dirette,  libere,  eguali  e
segrete e che  la  rappresentanza  del  corpo  elettorale  abbia  una
consistenza  tale  da  conseguire  due  risultati:  in  primo  luogo,
l'espressione  del  pluralismo  politico,  compatibilmente   con   la
governabilita';  in  secondo  luogo,  la  capacita'  di  indirizzo  e
controllo da parte della rappresentanza medesima sull'ente. 
    La stessa Corte costituzionale ha gia' rilevato che, nell'assetto
costituzionale, non devono  essere  violate  le  sfere  di  autonomia
territoriale (e quindi degli enti locali) ne' quelli di  attribuzione
garantite  alla  Regione  (che  si  estrinsecano  anche  su   modelli
gestionali sul territorio  attraverso  le  Provincie),  quale  organo
legislativo e di indirizzo, ma anche, a livello  di  principio,  alle
Province (a rilevanza costituzionale, ex art. 114 Cost. e art 5 )  e'
necessitate nel riparto attuativo dei rapporti Stato - Regione - Enti
Locali,  cui  e'  devoluta  anche   l'attuazione   delle   esercitate
competenze legislative dello Stato (Corte Cost. n. 261/2011). 
    In tale ottica, non sembra utilizzabile  l'istituto  della  legge
ordinaria  neppure  per  la  rideterminazione   dei   parametri   (di
popolazione e territorio) per incidere ex post su  enti  locali  gia'
esistenti. 
    In sostanza legislatore,  nel  rideterminare  i  parametri,  puo'
assumere  elementi  tali  da  determinare  la  istituzione  di  nuove
province o mutamento di esse (ove volute nella procedura di cui  allo
art 133 Cost.) ma non puo' incidere  su  enti  provinciali  esistenti
sopprimendoli ed imponendo un nuovo assetto dello  intero  territorio
regionale. 
    Pertanto, il legislatore ordinario, ben  conscio  di  non  potere
sopprimere  le  province,  tenta  (con  lo  impugnato  art.  17)   di
predeterminare rapporti parametrali e criteri tali da pervenire  alla
soppressione, di fatto, in alcuni casi ,dello  Ente  Provincia  (come
appunto per quella di Isernia). 
    Ma  cio'  non   sembra   corretto   (sul   piano   dei   principi
costituzionali)  sia  nella  parte  in  cui  lo  esaminando  disposto
legislativo rimette allo Esecutivo le scelte  (predeterminazione  dei
criteri incidenti su enti da tempo esistenti), sia nella parte in cui
prefigura un percorso vincolato tale da non consentire  la  effettiva
partecipazione anche della Regione (o  suoi  organismi  territoriali)
nelle scelte. 
    Ed invero  lo  art  17  sembra  far  riferimento  ad  un  momento
partecipativo delle Regioni come obbligatorio ma non vincolante. 
    Ne' sembra  potersi  ignorare  che  dato  il  ruolo  storicamente
acquisito della  Provincia  di  Isernia  nell'ambito  del  territorio
regionale (nella ottica del d.lgs. 267/2000 e s.m.i.) e nello  ambito
dello assetto statutario della Regione  Molise  (cosi'  come  innanzi
richiamato) non e' consentito, proprio sul piano  costituzionale,  la
determinazione a che lo intero  territorio  della  Regione  venga  ad
istituzionalizzarsi (e coincidere) con quello di una unica provincia. 
    Ed invero deve rilevarsi che  non  e'  legittimo  rimettere  alla
azione amministrativa del Governo il  potere  (seppur  attraverso  la
presupposta  individuazione  dei  requisiti   minimi)   di   incidere
negativamente (pervenendo alla sua soppressione) su di una  struttura
entale (la Provincia) che gode di copertura costituzionale e  ledere,
in tal modo, le autonomie di enti garantiti dalla Costituzione. 
    E cio' non viene  sanato  neppure  da  un  atto  legislativo  che
confermi, ex post, il procedimento amministrativo recependone il solo
risultato. 
    Orbene   va   precisato   che   l'intervenuta   conversione   del
decreto-legge non impedisce di sollevare dubbi  di  costituzionalita'
in relazione alla mancanza dei presupposti di  necessita'  e  urgenza
richiesti dall'art.77 Cost. avendo la Corte costituzionale  chiarito,
in via  definitiva,  che  il  vizio  del  decreto-legge  carente  dei
suddetti presupposti (come nel caso in esame) si trasmette alla legge
di conversione. (Corte cost. n. 29/1995, n. 171/2007, n. 128/2008) n.
232 del 2011, n. 430 del 2007, n. 383 n. 62 del 2005, n. 287 e n. 272
del 2004. 
    E  cio'  soprattutto  attraverso  un  decreto-legge   (anche   se
convertito) in materia di riduzione del debito e spesa pubblica. 
    La stessa legge n. 400/1988, art.  14,  aveva  gia'  garantito  e
chiarito che non possono essere oggetto di decretazione d'urgenza del
Governo (anche se convertito), le materie di cui all'art. 72, comma 4
della Costituzione, tra le quali sono incluse le norme  di  carattere
Istituzionale e costituzionale. 
    E tale divieto non  viene  superato  neppure  per  effetto  della
adozione della legge di conversione. (Corte cost n. 171/2007). 
    In sostanza la concreta soppressione di  alcune  province  (sulla
base dei parametri preindicati dal Governo) con lo art 17  in  esame,
inerisce  profili  che  esulano  la  valutazioni  Istituzionale,   di
govenance locale  o  di  democrazia  rappresentativa  locale,  ma  e'
finalizzato ad aspetti di finanza pubblica per pervenire al  pareggio
di bilancio. 
    In tale ottica  pur  nel  rispetto  delle  scelte  di  intervento
operate (e di garanzia sia del Governo che del Parlamento) non sembra
che  possa  ritenersi  costituzionalmente  legittimo  un   intervento
negativo/di   soppressione/di   Enti   istituzionali   ad    evidenza
costituzionale e di rappresentanza della popolazione locale, per tali
finalita' finanziarie. 
    Invero la stessa Corte consente, per le modifiche delle Province,
lo intervento del legislatore ordinario o con legge delega  (art  76)
ma non sembra far riferimento ad un D.L. anche se convertito. 
    Nello  specifico,  allorquando  la  Corte  costituzionale  si  e'
occupata  dell'art.133  comma  l  Cost.,  ossia  nella  sentenza   n.
347/1994, ha soltanto ammesso che la istituzione  di  province  o  la
modifica di quelle esistenti puo' essere effettuata con legge formale
oppure con ricorso ad una delega legislativa, ma sempre nel  rispetto
di quel procedimento "ascensionale" che vede coinvolti  in  primis  i
Comuni. Al potere legislativo, ha poi  proseguito  la  Corte,  spetta
soltanto valutare, nella fase conclusiva  dello  stesso  procedimento
l'idoneita' e la adeguatezza  dell'ambito  territoriale  destinato  a
costituire la base della  nuova  provincia.  (C.  Cost.  sentenza  n.
347/1994 C.C. n. 231/2001). 
    Ma la stessa Corte non ha mai ritenuto legittima una norma che di
fatto consentisse (in relazione all'art 133) la soppressione di una o
piu' provincie. 
    La stessa Corte, inoltre, sembra far comprendere che  il  momento
partecipativo dei comuni (come fase di iniziativa) deve costituire il
presupposto  per  la  modifica  (ma   giammai   soppressione)   della
circoscrizione (in piena autonomia), ma lo intervento  di  tali  enti
non  puo'  inerire  una  fase  nei   limiti   indicati   dal   potere
esecutivo.(Corte cost.7 giugno 2010 n. 214). 
    Invero, dunque, la procedura prevista dall'art. 133  primo  comma
e'  proprio  una  procedura  che  parte  con  l'iniziativa  comunale,
prosegue con il parere della Regione, e sfocia nella presentazione  e
nella approvazione di  una  legge  statale;  e  cio'  che  manca  nel
procedimento di riordino di cui allo  art.  17  e'  proprio  la  fase
iniziativa necessaria dei comuni. 
    A cio' aggiungasi che le funzioni, l'assetto e  i  compiti  delle
Province  rientrano  nelle  statuizioni  legislative  del  d.lgs.  n.
267/2000  che,  all'art.  1,  comma  4,  espressamente  dispone   che
«trattasi di legge rinforzata, ai sensi dell'art. 128 Cost.». 
    E,  pervero,  la  stessa  adita  Corte   costituzionale   facendo
riferimenti  ai  principi  di  valorizzazione  e   promozione   delle
autonomie locali, di cui al TUEL, in attuazione dell'art. 5 Cost., fa
ritenere che  la  normativa  sull'Ente  Locale  opera  a  un  livello
superiore della stessa normazione statale (Corte  Cost.  n.  30/1959;
id. 13/1974). 
    Ad un attento esame dell'art. 17 impugnato, si deduce e  da  cio'
la violazione dei principi costituzionali in esame -  che  in  virtu'
della   nuova   predeterminazione   dei   requisiti,   si   determina
automaticamente la soppressione di alcune Provincie ( come quella  di
Isernia)  e,  di  conseguenza,la  modificato  anche   dello   assetto
istituzionale ed organizzativo della Regione di appartenenza  (  come
il Molise). 
    L'incidenza costituzionale del "declassamento" dei  requisiti  di
sopravvivenza di una Provincia (da tempo esistente)  per  assunto  ex
post emerge, in modo lapalissiano, se si considera che,  per  effetto
della statuizione legislativa impugnata, l'Ente Provincia (a  seguito
di   un   intervento   provvedimentale   dello   Esecutivo)    perde,
sostanzialmente,  la  propria  posizione  istituzionale,  la  proprio
autonomia  ed  attivita'  di  gestione  amministrativa   nonche'   la
originarie esistenza istituzionale. 
    E' indubbio, come gia' da acquisita esperienza, che  un  Ente  (a
rilevanza costituzionale ed espressione  della  democrazia  elettiva)
che da tempo determina una rappresentanza frazionata  del  territorio
Regionale  costituisce  garanzia  dei  principi   costituzionali   di
autonomia in conformita' dello art.  5  Cost.  per  cui  la  gestione
globale e totale di detto Ente,  astrattamente  generalizzata,  viene
meno con la unificazione ed individuazione  dello  intero  territorio
Regionale con una unica Provincia (come appunto per la Regione Molise
in caso di soppressione della provincia di Isernia). 
    In sostanza, con lo  impugnato  articolo  17  (sia  attraverso  i
poteri attribuiti allo  esecutivo,  sia  attraverso  il  procedimento
caducativo o di accorpamento della Provincia) si viene  ad  incidere,
in modo determinativamente  negativo  (ed  violando  le  garanzie  di
autonomia costituzionalmente sancite), sul principio della democrazia
locale,  espressione  del  principio  costituzionale   dell'art.   5,
sottraendo,  alla  libera  scelta  del  corpo  elettorale,  anche  se
attraverso i comuni (e la regione), la individuazione e scelta  dello
ente intermedio quale appunto la Provincia, ex art 114 Cost. 
    Sostanzialmente la  struttura  e  contenuto  dello  art  17  D.L.
95/20122 nel testo modificato ed integrato dalla legge  n.  135/2012,
condiziona la permanenza istituzionale  delle  Province  a  requisiti
individuati direttamente dal Governo  e  la  scelta  non  promana  ad
iniziativa dei Comuni e delle Regioni. 
    In sostanza la base democratica locale non concretizza il momento
di scelta ed iniziativa,ma viene chiamata solo ad  esprimere  pareri,
ex post, e peraltro nemmeno vincolanti. 
    In tale ottica appare incostituzionale anche la disposizione  che
attribuisce al Governo il potere determinativo in modo  aprioristico"
i criteri (comma 2) e che attribuisce agli  enti  locali  (attraverso
organismi di rappresentanza Cal-ma non ai singoli comuni)  il  potere
di indicazione di ipotesi non vincolanti di riordino (ma  sempre  nei
limiti dei requisiti minimi indicati dallo esecutivo). 
    In sostanza gli enti locali  partecipano  solo  come  ipotesi  di
procedimento, ma non determinano alcun potere di  salvaguardia  delle
peculiarita' locali sia di territorio  che  di  popolazione;  invero,
cio' che manca nel procedimento di riordino di cui allo  art.  17  e'
proprio la iniziativa necessaria dei comuni. 
    Ed ogni pararnetro di requisito, incidente  sulla  permanenza  di
province gia' esistenti, che non promani da iniziativa  di  base  dei
comuni e che con sia sancito  a  priori  con  legge  ordinaria,  deve
essere ritenuto illegittimo in  quanto  in  violazione  dei  disposti
della Costituzione gia' indicati. 
    E, di conseguenza, si  determina  sotto  tale  profilo  anche  la
illegittimita' costituzionale dello art  17  impugnato  sia  nel  suo
integrale contenuto,  che  nelle  singole  statuizioni  dei  relativi
commi. 
    Quanto alla violazione dell'art 133 cost.  in  correlazione  allo
art. 5 e 114 
    E' deducibile per tabulas  che  l'art  114  (nel  testo  vigente)
statuisce che  la  Repubblica  e'  costituita  (lo  originario  testo
assumeva che la repubblica si riparte...) da Comuni, province, citta'
metropolitane, Regioni e Stato. 
    Al secondo comma si ribadisce che tali enti (e  quindi  anche  la
Provincia) sono enti autonomi con propri statuti, poteri  e  funzioni
secondo i principi fissati dal la costituzione. 
    In tale ottica l'art. 133 Cost. dispone che il "MUTAMENTO"  delle
circoscrizioni provinciali e la istituzione  di  nuove  provincie  e'
stabilito con legge della  repubblica  su  iniziativa  dei  Comuni  e
sentite le Regioni. 
    L'impronta  dello  spirito  di  democrazia  locale  che   ispiro'
l'Assemblea   Costituente   emerge   chiara   ed   evidente   proprio
nell'art.133  sopracitato:   infatti,   mentre   prima,   in   regime
assolutistico antirappresentativo, una provincia o un comune potevano
essere istituiti o soppressi con  un  provvedimento  legislativo  che
veniva  emanato  senza  consultare  la   volonta'   popolare,   oggi,
ancorandosi al suddetto art. 133, si attribuisce importanza  decisiva
al volere del popolo in funzione di rappresentanza locale. 
    La base ispiratrice della norma e'  il  rispetto  della  volonta'
popolare; di talche', una  legge  istitutiva  di  una  provincia  che
prescindesse da  tale  volonta',  emanata  dal  Parlamento  senza  la
richiesta  (....   "le   iniziative   dei   comuni   interessati"...)
difetterebbe  di  un  presupposto  di  fatto  sostanziale  e  sarebbe
incostituzionale (Corte cost. 19 luglio 2004 n. 237; Corte  cost.  17
giugno 2010 n. 214). 
    A maggior ragione la soppressione,  su  statuizione  governativa,
della Provincia. 
    Il testo fondamentale di cui all'art. 5 Cost., conformemente alla
sua  ispirazione  non  solo  di  riconoscimento  ma  soprattutto   di
promozione delle autonomie locali territoriali impone dunque che ogni
ipotesi modificatoria prenda avvio  dal  basso,  "su  iniziativa  dei
Comuni", come recita l'art. 133, comma 1, Cost. e non dallo Stato;  a
quest'ultimo, pertanto, spetta unicamente un ruolo di garanzia, ossia
verificare che l'eventuale revisione delle circoscrizioni provinciali
esistenti o il loro accorpamento siano o meno conformi  all'interesse
generale. 
    Stando, quindi, alla lettera della norma costituzionale,  sarebbe
precluso  a  priori  un  qualunque   intervento   statale   volto   a
predeterminare le condizioni  idonee  a  garantire  la  sopravvivenza
dell'ente provinciale. 
    In sostanza la ratio del combinato disposto degli  art  5  e  133
cost.  e'  diretta  a  prefigurazioni  positive  per  il   territorio
(istituzione o modifiche delle provincia)  ma  non  a  prefigurazioni
negative (soppressione di provincie ed esistente tempo. 
    Il decreto-legge n. 95/2012, e la legge di conversione in  esame,
invece, come  oramai  chiarito,  reca  un'articolata  procedura  che,
sebbene voglia coinvolgere Regione ed enti  locali  nell'applicazione
dei parametri indicati  dall'Esecutivo,  fuoriesce  dal  procedimento
indicato all'art. 133, comma 1, Cost. 
    Infatti, l'iter procedurale previsto dal provvedimento sulla c.d.
spending  review  delinea  un  percorso  il  cui  contenuto  e'  gia'
precostituito dal Governo e non e' affatto  rimesso  alla  libera  ed
autonoma iniziativa dei Comuni come, del resto, contempla l'art. 133,
comma l , della Costituzione. 
    Inoltre, vengono fissati due criteri alla  cui  stregua  dovranno
effettuarsi  gli  accorpamenti:  la  dimensione  territoriale  e   la
popolazione residente, (la cui  quantificazione  e'  illegittimamente
rimessa al un successivo provvedimento del Consiglio dei Ministri. 
    Orbene, questi criteri devono essere coerenti con l'obiettivo che
si intende perseguire, cioe' la riduzione della  spesa  pubblica,  ma
non possono per perseguire tale finalita, pervenire alla soppressione
di enti istituzionali come la Provincia. 
    Il progetto governativo, in realta', si rivela manchevole proprio
sotto il profilo della coerenza della differenziazione legislativa. 
    In merito  deve  evidenziarsi  che  di  recente  la  adita  Corte
costituzionale con la  sentenza  n.  151/2012,  pur  riconoscendo  la
legittimita'  dell'operato  del  legislatore  statale  in  merito  ai
provvedimenti adottati inerenti ai tagli  del  costo  della  politica
gia' contemplati nel decreto-legge n. 78/2010, ha rivolto  un  monito
allo Stato, valido pro futuro, di rispettare i principi  fondamentali
che la Costituzione pone a garanzia degli enti locali  territoriali.(
Corte Cost. n. 151/2012). 
    Invero, quando si prefigura lo istituto  del  "mutamento"  si  fa
riferimento sempre all'"accorpamento" di mera parte del territorio di
una  provincia  ma  esse  non  puo'  incorporare   il   concetto   di
soppressione intera dello ente. 
    Tale modifica non e' giustificabile (nella ratio dello  art.  17)
neppure nell'ambito di un "programma  di  risanamento  della  finanza
pubblica". 
    Ne', ex adverso, si venga ad eccepire che cio'  era  dovuto  come
attuazione degli impegni assunti in  sede  europea  (vincoli  imposti
dall'art. 104 del trattato e art. 126 del.... 
    La eccezione non convince in quanto la richiamata  normativa  non
giustifica interventi di  soppressione  di  enti  (costituzionalmente
rilevanti) posti a diretta garanzia della democrazia  rappresentativa
a livello locale. 
    Si puo' modificare il confine, la  appartenenza  (di  comuni)  ma
sempre nel rispetto delle garanzie di cui allo art 133 Cost. e quindi
salvaguardando comunque l'Ente. 
    Il concetto di "mutamento" deve essere limitato, ad  un  rapporto
di  equilibrio  territoriale  tra  province  esistenti,  inerendo  un
riassetto territoriale di confini  (  nel  rispetto  della  esistenza
degli enti), che non puo' certo  determinare  la  eliminazione  dello
ente (cioe' di una Provincia). 
    D'altro canto, non a caso, lo art.133 in esame dopo  il  concetto
di mutamento fa riferimento  al  concetto  di  istituzione  di  nuove
province, in cio' presupponendo una limitata variazione  territoriale
di esse ma non la soppressione (anche se solo di alcune). 
    Il che significa che il mutamento inerisce una modifica tra due o
piu' provincie (ma non la soppressione di  una  di  esse)  e  che  la
istituzione di un nuova  provincia  e'  statuita  mediante  divisione
dello originario territorio di due o piu' Province (fermo restando la
permanenza di quella originaria anche se delimitata). 
    Sembra che nella esaminanda normativa  lo  art  17  abbia  inteso
riservare  allo  atto  legislativo  la  approvazione   delle   mutate
circoscrizioni, ma  non  la  possibilita'  valutativa  a  priori  dei
requisiti incidenti sulla sussistenza istituzionale delle province  e
quindi sulla soppressione di esse, tanto che la norma fa  riferimento
a scelte gia' deliberate e conclusive. 
    Ma la dizione stessa non e' chiarae comunque si pone in contrasto
che le richiamate norme costituzionali. 
    Infatti testualmente la disposizione afferma che "riordino  sulla
base dei criteri e secondo la procedura ci di cui  ai  commi  2  e  3
dello stesso art. 17». 
    Ne' valga, ex adverso, affermare che un riordino complessivo  dei
requisiti di esistenza della provincia attribuita  allo  esecutivo  ,
non trovi ingresso nella tutela costituzionale dello art 133 Cost. 
    E la stessa adita corte costituzionale  ha  chiarito  che  e'  da
ritenersi inderogabile e  tassativo  il  concetto  di  istituzione  o
modifica territoriale,  e  quindi  non  puo'  integrare  criteri  e/o
elementi tali  da  poter  pervenire  (attraverso  la  modifica  della
circoscrizione  provinciale)  alla  eliminazione  di  una   provincia
esistente (Corte Cost. n. 347/1994). 
    E cio' a  maggior  ragione  nelle  ipotesi  in  cui  si  viene  a
determinare che, con la eliminazione di una delle  due  province,  lo
intero territorio regionale viene a coincidere con quello della unica
Provincia. 
    Inoltre  aggiungasi  che  non  e'  costituzionalmente   legittimo
neppure il procedimento prefigurato nei commi due e  tre  del  citato
art 17. 
    Innanzi tutto il mutamento (e quindi  i  suoi  presupposti)  deve
essere riservati al legislatore ordinario e non  da  questi  delegati
allo esecutivo. 
    E' costituzionalmente illegittimo,  comunque,  il  secondo  comma
dello  art.17  la'  dove  rimette  ad  un  decreto   governativo   la
individuazione dei requisiti  minimi  di  dimensione  territoriale  e
popolazione residente. 
    Invero   lo   Organo    esecutivo,    proprio    attraverso    la
predeterminazione di requisiti, valuta e determina  a  posteriori  la
sopravvivenza  o  meno  delle  province   decretando   la   effettiva
soppressione di alcune di esse  senza  una  analisi  oggettiva  dello
assetto istituzionale esistente riservata al parlamento (non  a  caso
si evidenzia che la Provincia  di  Isernia  e'  stata  istituita  con
legge) ed in modo tale da  soddisfare  solo  ed  in  modo  irregolare
profili di riduzione di spesa. 
    In detta angolazione  la  normativa  in  esame  e'  ulteriormente
illegittima con riferimento ai parametri costituzionali dello art 133
e 114 della costituzione. 
    D'altro canto la ratio, e la strutturazione contenutistica  della
norma art.  17  commi  2  e  3  non  lasciano  un  ulteriore  margine
decisionale (rispetto alla delibera del  Governo)  agli  Enti  locali
titolari del potere di iniziativa di modifica . 
    In tale ottica si viola il combinato disposto degli art. 133 e  5
della Carta costituzionale. 
    A   cio'   aggiungasi   ulteriore   profilo   di   illegittimita'
costituzionale. 
    Il  richiamato  art.  133  Cost.  consente  il   "mutamento"   su
iniziativa dei comuni sentite le Regioni. 
    In sostanza, come gia' innanzi anticipato la determinazione dello
assetto dello  Ente  Locale  (come  principio  di  autodeterminazione
istituzionale democratica), deve trovare iniziativa  dalla  comunita'
locale (e per essa dagli organi rappresentativi elementari, cioe'  il
comune), e sentita la regione (garanzia della  autonoma  territoriale
di cui allo art. 5 e disposizioni del titolo V ° della Costituzione). 
    Tali principi sono violati dallo art 17 che statuisce  il  potere
di determinazione dei requisiti per la modifica (e soppressione della
provincia) in capo al governo, via diretta ed immediata e  riservando
agli enti locali (e regionale, un momento partecipativo a  posteriori
e senza alcune potere effettivo decisionale. 
    Peraltro non deve ignorarsi che  il  procedimento  di  iniziativa
comunale trova ingresso e  disciplina  proprio  nello  art.  21  T.U.
267/2000 (legge rinforzata) per cui nel  momento  in  cui  lo  art.17
tenta   di   superare   tale   disciplina   deve   essere    ritenuto
incostituzionale. 
    Innanzi tutto sussiste  una  riserva  di  legge  assoluta  (nella
statuizione dello art 133) che impone  come  i  mutamenti  (e  quindi
anche la individuazione  dei  requisiti  per  tale  mutamenti)  siano
riservati al  Parlamento  con  lo  strumento  normativo  della  legge
ordinaria.(Corte costituzionale 9 dicembre 981 .204). 
    Valga al riguardo ricordare che la Corte ha, piu' volte, chiarito
come,  in  ogni  caso,  disposizioni  di   principio   in   tema   di
coordinamento della finanza pubblica possono prescrivere solo criteri
ed obiettivi, ma non imporre vincoli specifici e puntuali.  (si  veda
art. 10 legge cost. n. 3 del 2001, il  quale  riserva  alla  potesta'
legislativa     regionale      la      disciplina      dell'autonomia
dell'organizzazione amministrativa) (C.C. 20 maggio 2008 n. 159). 
    Nel  caso  di  specie  i  requisiti  (presupposti  sostanziali  e
vincolanti come si deduce dallo intero assetto dello art 17 in esame)
sono adottati dal Governo: e peraltro con atto amministrativo. 
    Il che non e' costituzionalmente corretto. 
    Ne'  peraltro,  risulta  che  il  legislatore   ordinario   abbia
predeterminato i parametri (o presupposti  o  criteri)  affinche'  il
Governo  individuasse,  in  modo  concreto,  i  requisiti  minimi  di
estensione del territorio e di popolazione. 
    E' evidente che in assenza  di  tali  obbligatori  parametri,  il
Governo  ha  assunto  criteri  (  in   illegittima   autonomia)   che
costituiscono decisione, ex post, per eliminare alcune provincie. 
    Infatti lo esecutivo (al momento della adozione della delibera di
cui  al  2  comma  dello  art  17),  ben  conosceva   la   estensione
territoriale e la popolazione di ogni provincia  esistente,  per  cui
nello individuare i requisiti minimi, sostanzialmente ha soppresso le
provincie di cui non riteneva (secondo una non motivata  valutazione)
necessaria la esistenza. 
    E cio' in modo ancor piu' grave: solo per poter risparmiare pochi
soldi. 
    Cio', peraltro,  concretizza  un  grave  errore  di  fatto  e  di
prospettazione,  se  si  considera  che  con  la  soppressione  delle
province (come quella di Isernia) non solo non  si  riduce  la  spesa
pubblica ma  questa  aumenta  considerando  gli  effettivi  costi  di
trasferimento sia delle funzioni che del personale.  (per  vero  gia'
ridotto dalla applicazione della legge n. 42/2010 e n. 148/2011). 
    Il disegno di razionalizzazione delle competenze  delle  province
cosi' come concepito dalle norme esaminate presuppone risparmi  tutti
da quantificare e comunque non rilevanti in  relazione  all'  impatto
che questo intervento di riorganizzazione puo' generare  sul  sistema
istituzionale locale con rilevanti ricadute economiche e sociali  nel
territorio. 
    In  effetti  operando,  come  si  e'  fatto  con  la  statuizione
impugnata  si  verrebbero  a  determinare  profili  onerosi  di  tipo
straordinario proprio in relazione al  trasferimento  delle  funzioni
dalle province ai comuni interessati. 
    Invero,  non  e'  affatto   da   escludere   che   i   richiamati
trasferimenti di competenze si verrebbe a determinare  la  necessita'
di onerosi riassetti interni per i comuni, oltre alla  perdita  delle
economie di scala garantite oggi dallo svolgimento delle funzioni  in
modo accorpato dalla provincia. 
    Il tutto in palese violazione dello art 133 Cost. 
    A cio' aggiungasi che tali requisiti (in riferimento al  concetto
di mutamento) possono trovare applicazione per situazioni in  itinere
o future, ma certamente non possono costituire elemento impositivo  (
di riordino) per il permanere o il sopprimere di alcune province. 
    Ma vi e' di piu'. 
    La disposizione di cui allo impugnato art 17,  statuisce  che  il
Governo deve adottare i  requisiti  che,  comunque,  garantiscano  il
rispetto della continuita' territoriale  (in  tale  ottica  anche  il
mantenimento di province da tempo esistenti). 
    Nella ottica del rispetto della ratio dello art  133  Cost.,  con
riferimento alle province esistenti, il  mutamento  circoscrizionale,
deve comunque garantire che il territorio si  articoli  in  una  area
corrispondente alla zona entro la quale si svolga  la  maggior  parte
dei rapporti socio/economici e culturali della popolazione esistente:
ma non puo' essere soppressa. 
    Proprio  cio'  costituiva  il  presupposto   inderogabile   della
istituzione della Provincia di Isernia come gia' innanzi significato. 
    Orbene nel momento in cui tale parametro viene  caducato  proprio
attraverso la totale soppressione della provincia di Isernia e con il
"ritorno" ad una provincia unica sullo intero territorio regionale il
parametro si altera e viene meno. 
    A cio' aggiungasi che, il tal modo, si altera  la  intera  raffio
dello sviluppo del territorio in quanto  il  riequilibro  dell'intero
nuovo territorio (unico per tutta la Regione)  si  trova  squilibrato
nella parte in cui la provincia di  Campobasso  incorpora  quella  di
Isernia. 
    Peraltro la norma impone requisiti (di territorio e  popolazione)
unitari e inderogabili. 
    La   disposizione   in   esame   e'   interpretabile   in    modo
costituzionalmente corretto, solo se si  consentisse  al  Governo  di
adottare  requisiti  diversificati  (e  non  unitari)   proprio   per
garantire la continuita' della provincia esistente;  soprattutto  ove
la Regione sia, allo stato, costituita solo da due province  (di  cui
una verrebbe soppressa per assenza dei requisiti minimi). 
    La disposizione dello art 133 statuisce la partecipazione diretta
e decisionale (in un  certo  senso  anche  vincolante  in  quanto  il
mutamento promana dalla loro iniziativa) dei comuni. 
    In merito deve eccepirsi che la espressione (vincolante)  di  cui
allo art 133 (....su iniziativa dei comuni....) deve essere  ritenuta
tale che il suddetto parametro deve costituire un quid novi (rispetto
alla provincia esistente) e da valutarsi anteriormente in riferimento
a situazioni concrete (istituzionali, territoriali, di  esigenze  del
corpo elettorale, ecc) tali da non poter fare permanere la situazione
esistente della provincia. 
    Ma in cio' certamente e' da escludersi  il  rientro  della  spesa
pubblica. E se il legislatore volontariamente sottrae ai comuni  tale
potere si deterrnina un evidente violazione dello art. 133. 
    D'altro canto lo stesso art. 17 prefigura  posizioni  derogatorie
per le province confinanti solo con province di  Regione  diverse  da
quella di appartenenza. 
    Non e' razionale ne' logico che  analoga  deroga  non  sia  stata
prevista per le ipotesi in cui in una  Regione  sussistano  solo  due
province e che applicando i requisiti minimi ne resta una sola con la
conseguenza che il territorio regionale  coincida  con  quello  della
Provincia. 
    Inoltre il disposto costituzionale prevede la partecipazione  nel
procedimento  della  Regione   a   garanzia   della   sua   posizione
costituzionale determinata dalla normativa del titolo V della Cost. 
    Invero lo art 133 viene palesemente violato nel momento in cui lo
art. 17: 
        a) Non attribuisce direttamente ai comuni (interessati  dalla
soppressione sulla base dei requisiti assunti dal governo)  di  poter
decidere, preventivamente, in merito alle ipotesi di riordino. 
    Basti evidenziare  che  nella  situazione  del  Molise,  sia  per
estensione  del  territorio  che  per  popolazione,  si   impone   la
perrnanenza di una sola provincia, con la conseguenza che  il  potere
partecipativo  e  valutativo  dei  comuni  viene   meno   anche   con
riferimento al "rispetto della comunita' territoriale". 
    Ne'  sembra  costituzionalmente  corretto  che   il   legislatore
ordinario (con lo art 17)  sostituisca  i  comuni  con  un  organismo
associativo di rappresentanze (CAL)  che  non  garantisce  il  potere
decisionale attribuito ad ogni singolo comune. 
    A cio' aggiungasi che il potere di formulare ipotesi  e  proposte
da parte di iniziative comunali, deve sempre limitato alle  modifiche
delle circoscrizioni provinciali  nei  limiti  dei  requisiti  minimi
individuati dal Governo. 
        b)  Ma  a  maggior  ragione  lo  art.   17   deve   ritenersi
incostituzionale nella parte in cui statuisce che le stesse Regioni (
sulla base delle scelte ex post, dei comuni) possono  trasmettere  al
Governo ipotesi  di  riordino  sempre,  e  purche',  nel  limiti  dei
requisiti   minimi   indicati   dal   Governo   non   garantendo   la
vincolabilita' di tali valutazioni regionali. 
    In tale ottica si viola palesemente il principio della  autonomia
regionale garantita dallo art 5  della  Carta  Costituzionale  e  art
117,nonche' degli stessi art 118 e 119 che garantiscono nelle materie
di detta statuizione, una autonomina Provinciale. 
    E di fatto con tale  statuizione  si  viola  anche  il  combinato
disposto  dell'art.  5,  114  e  118  Cost.,  che  garantiscono  alla
Provincia un autonomo livello di esercizio di funzioni, in attuazione
del principio di sussidiarieta'. 
    Quanto alla violazione dello art. 5 della Costituzione 
    Ivi si riconosce un rilievo costituzionale alle autonomie locali,
ed al principio del piu' ampio decentramento  amministrativo  nonche'
all'adeguamento   della   legislazione    statale    alle    esigenze
dell'autonomia e del decentramento. 
    L'articolo, nel suo complesso, e' una garanzia fondamentale delle
autonomie locali e quindi anche  delle  province  come  decentramento
della operativita' degli organi statali nel territorio locale. 
    La statuizione dello art. 5 non concretizza una  enunciazione  di
mero tipo programmatico, ma assume valore vincolante  non  solo  come
garanzia della autonomie locali, ma anche come obbligo dello Stato (e
della  legislazione  nazionale  e  regionale)  di  adeguarsi  a  tale
parametro costituzionale come  esigenza  dello  stesso  decentramento
amministrativo/ burocratico. 
    Con lo impugnato art.17 non viene  rispettato  il  dettato  dello
art.5 Cost. che garantisce e promuove  le  autonomie  locali  (quindi
anche le provincie quali enti  a  rilevanza  costituzionale  previsti
dallo   art.114)   anche   nelle   sue   logiche   implicazioni    di
ragionevolezza, proporzionalita' e adeguatezza. 
    Il  concetto  di  mutamento,  come  gia'  evidenziato,  non  puo'
coincidere con  quello  di  soppressione  soprattutto  attraverso  la
individuazione  dei  requisiti  minimi  incidenti  ex  post  per   la
permanenza dello ente stesso. 
    E la norma viola, anche sotto altra angolazione, il dettato dello
art.5 Cost. che valorizza e  attua  il  principio  del  decentramento
amministrativo, imponendo lo adeguamento legislativo a tali principi. 
    A ben vedere la ratio e il contenuto dello impugnato art.17  (nel
prefigurare i requisiti minimi che  determinano  la  soppressione  di
alcune provincie) si pone in evidente  conflitto  con  la  richiamata
disposizione costituzionale. 
    Ne' valga eccepire,  ulteriormente,  che  i  richiamati  principi
(sanciti nello art.5 Cost) non verrebbero violati in  quanto  permane
il comune come "cellula elementare" istituzionale. 
    Anche tale deduzione va disattesa se si considera che nella ratio
dell'art. 5 (in relazione all'arti 14  Cost)  la  provincia  e'  ente
"costitutivo della Repubblica". 
    E' evidente l'inversione del parametro costituzionale  (garantito
dal richiamato art. 5 Cost.) nella norma impugnata,  con  conseguente
grave compromissione anche dell'autonomia  regionale  e  dell'assetto
ordinamentale ed istituzionale della stessa. 
    In effetti il disposto  costituzionale  impone  una  garanzia  di
bilanciamento tra la forma unitaria della Repubblica ed il  principio
del decentramento  (autonomia  decentrata)  a  tutela  proprio  delle
collettivita' locali in  cui  lo  Ente  Provincia,  come  momento  di
convergenza anche di  Enti  minori,  assurge  a  momento  di  coagulo
territoriale. 
    Invero cosi come strutturato il contenuto dello impugnato art. 17
si  viene  a  determinare  una  totale  coartazione  della  autonomia
conferita allo ente provincia nella  sua  garanzia  istituzionale  di
ente rappresentativo della collettivita' locale e  nel  perseguimento
(e gestione) degli interessi locali gia' riconosciuti  in  precedenza
con la istituzione, con legge, della stessa provincia di Isernia. 
    Certamente il "depauperamento/soppressione" di detto Ente,  cioe'
la Provincia, non solo viola  detto  principio  di  garanzia  per  la
collettivita' locale, ma si pone in palese  contrasto  anche  con  lo
statuito criterio secondo il quale la Repubblica non solo  riconosce,
ma anche promuove le autonomie locali: con lo art. 7 si determina una
irrazionale inversione di tendenza in materia. 
    In tal modo, si appalesa consequenziale  che  snaturalizzando  la
funzione e i compiti  della  Provincia  si  altera  anche  la  forma,
storicamente   garantita,del   decentramento   amministrativo    come
articolazione sul territorio. 
    D'altro canto a ben vedere lo art. 5  statuisce  "  promuove"  le
autonomine  locale  facendo  ben  comprendere  che  la  azione  della
Repubblica deve essere diretta allo ampliamento  degli  enti  (e  non
negativamente alla eliminazione di esse). 
    E tali principi fondamentali  (dello  art.  5)  si  concretizzano
proprio nel testo e nella ratio dell' art  133  che  fa  riferimento,
giustamente solo a modifiche o nuove costituzione di province. 
    Ma il combinato disposto in esame non prefigura  soppressione  di
detti enti (provincia). 
    Quanto alla violazione dello art. 114 della  Costituzione  (nella
statuizione di cui alla 1. cost. 3/2001). VIOLAZIONE ART 3 cost. 
    La Costituzione statuisce in  modo  chiaro  ed  espresso  che  la
Repubblica e' costituita dalle  Province,  insieme  ai  Comuni,  alle
Citta' metropolitane, alle Regioni ed allo Stato, ribadendo che  sono
enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo  principi
fissati dalla Costituzione. 
    Tanto  significa  che  la  Provincia   nel   nostro   ordinamento
costituzionale e' da  qualificarsi  come  ente  esponenziale  di  una
comunita'  territoriale  che  si   organizza   democraticamente   (in
attuazione dello art. l Cost.)  come  continuazione  del  diritto  di
promozione delle autonomie locali, con la conseguenza che  una  volta
che esse sono costituite con legge (e radicalizzate  nel  territorio)
non possono essere abolite (con atti amministrativi) diminuendone  la
autonomia di rappresentanza politica e  lo  assetto  democratico  del
territorio. 
    In tale ottica non puo' ignorarsi che la disposizione legislativa
impugnata viola sostanzialmente anche lo art.3 Cost. sotto il profilo
dell'eccesso di potere legislativo, ponendosi  in  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza in quanto rinvia al potere  esecutivo  la
adozione di atti senza la preventiva individuazione dei parametri  di
sopravvivenza di enti provincia da parte dell'esecutivo. 
    Ed invero, sia durante i lavori preparatori della Carta,  sia  in
Assemblea, emerse in modo chiaro, che la Provincia, proprio in quanto
parte dalla Repubblica , gode  di  garanzia  e  poteri  di  autonomia
costituzionalmente rilevanti. 
    Posizione, questa, che con la disposizione impugnata  viene  meno
in quanto si viene  ad  alterare  la  organizzazione  costituzionale,
nello assetto di garanzia territoriale (e di  rappresentanza  diretta
della popolazione localizzata su detto territorio). 
    La  stessa  Corte  Costituzionale,  risolvendo  la  questione  di
legittimita' costituzionale  relativa  alle  Comunita'  Montane,  con
riferimento proprio dalla Regione Molise, ha statuito che  le  stesse
non possono  considerarsi  come  Enti  dotati  di  propria  autonomia
strutturale e funzionale, dipendendo direttamente dalla  Regione,  in
quanto non sono ricomprese nel tassativo elenco previsto dall'art.  I
14 della Costituzione. (Corte costituzionale, 24 giugno 2005, n. 244)
Il che significa che gli  enti  inseriti  nello  art  114  godono  di
rilevanza costituzionale non eliminabile con legge ordinaria. 
    Nella  ratio  di  tale  disposto  gli  enti   territoriali,   che
costituiscono la Repubblica, attuano un principio  autonomistico  che
implica il principio democratico. 
    A contrariis, dunque, nel caso di specie, trova riconoscimento il
principio  in  base  al  quale  le  Province,  essendo  espressamente
ricomprese nell'elenco di cui all'art  114,  deve  ritenersi  che  la
stessa e' ente dotato di una propria sfera di attribuzioni compiuta e
totalmente autonoma, con prerogative riconosciute direttamente  dalla
Carta Costituzionale. 
    Ne' il legislatore ordinario puo' pregiudicare la esistenza delle
province (o di  una  di  esse)  riservando  al  potere  esecutivo  la
individuazione dei  requisiti  minimi  che  incidono  ex  post  sulla
soppressione o meno di un ente provinciale (si veda art. 4  legge  n.
131/2003). 
    Ed appare evidente che una "fonte impropria" (legge ordinaria per
effetto di decretazione di urgenza  convertito)non  possa  sopprimere
(tale e' la ratio contenutistica e procedimentale dello  art.17)  e/o
determinare  la  "sostanziale  abolizione"  di  un   ente   provincia
garantito dal combinato disposto degli artt. 5 e 114 e 133 Cost. 
    Ne' valga eccepire che lo art.17  statuisce  un  miglior  assetto
territoriale   delle   province   (con   attuazione   del   principio
costituzionale di "mutamento" previsto dal 133 Cost.)  in  quanto  la
costante presenza (e da tempo) di un ente  provincia  (come  Isernia)
determina una  garanzia  di  efficienza  del  ruolo  di  tessitura  e
raccordo tra territorio e collettivita' locale. Fermo restando che il
concetto di mutamento non puo' assorbire quello di soppressione. 
    Sostanzialmente l'ente provincia non  concretizza  una  struttura
sovraordinata rispetto  ai  Comuni  ne'  sottordinata  rispetto  alle
Regioni; in realta'  si  tratta  di  un  ente  territoriale  autonomo
titolare  di  funzioni  storicamente   proprie   radicalizzatesi   su
determinate  aree  del  territorio  dello   Stato   e   ulteriormente
radicalizzatesi con l'entrata in vigore della Legge Cost. 3/2001. 
    Tanto e' sufficiente per dimostrare come non sia consentito ad un
atto del governo (o anche atto legislativo ordinario) incidere su  di
esse prevedendone la soppressione di alcune. 
    Pertanto, con lo impugnato articolo si viene a violare lo assetto
storico del territorio e degli enti  locali  espansionali  che  hanno
ricevuto garanzia costituzionale. 
    La  modifica  di  tale  assetto  necessita  di  un   procedimento
aggravato, in quanto inerente l'eliminazione della Provincia nel  suo
organo amministrativo fondamentale, quale la riduzione del  Consiglio
Provinciale non piu' a organo di governo (nonostante  la  definizione
del comma 15), ma solo ad organo di indirizzo e  coordinamento  delle
attivita' dei Comuni, (con l'attribuzione delle relative funzioni  ai
Comuni e alle Regioni, unitamente alle risorse umane,  finanziarie  e
strumentali). 
    Proprio in cio' si viola, in modo  sostanziale,  l'art.  114,  in
quanto il proposto  riordino  dell'Ente  provincia  come  Istituzione
territoriale  locale  deve  essere  mantenuto  nella  sua   autonomia
sostanziale (garantita dalla Costituzione) e non puo' essere  oggetto
di "declassamento istituzionale" neppure (e soprattutto) per esigenze
volte a risanare le finanze pubbliche. 
    In tal modo, la statuizione legislativa ordinaria (che  di  fatto
pone la soppressione della Provincia) assurge a momento  modificativo
anche della Carta Costituzione. 
    Invero dal principio costituzionale di  cui  all'art.  114  viene
fatta discendere una sorta di fisicita' della  Repubblica  costituita
da elementi essenziali  interdipendenti  e  tali  da  assicurare  una
organicita' vitale in quanto espressione di  interessi  differenziati
(comunali,  provinciali,  ...)  rappresentati  da  enti  esponenziali
direttamente espressione di una sovranita' popolare. 
    Ne' peraltro  viene  lasciata  (neppure  in  via  residuale)  una
autonomia  opzionale  alle  Province  (o  alla  stessa  Regione  come
attuazione dei poteri di cui agli art 117/118/11 9) in violazione del
secondo comma dell'art. 114. 
    Quanto alla violazione dell'art. 117, commi 2 lett.  p)  4  e  6;
artt.118 e 119 cost. 
    L'art. 117, secondo comma,  lett.  p)  nel  testo  vigente  della
Cost., attribuisce, e residua,  allo  Stato  legislazione  esclusiva,
organi di governo e funzioni fondamentali della Province. 
    E  cio'  proprio  in  contrapposizione  alla  attribuzione  della
materia alla Regione (per quanto di propria competenza) con gli artt.
122 e l23 Cost. 
    L'intervento  "demolitorio"  attuato  con  la  norma   impugnata,
travalica la competenza statale il cui limite e' dato  dal  parametro
costituzionale appena citato in stretta correlazione con gli artt.  5
e 114 della Costituzione istitutivi, appunto, delle autonomie  locali
e, per quello che qui interessa, delle  Province  (ed  in  particolar
modo quella di Isernia). 
    La potesta' legislativa esclusiva dello  Stato  in  merito"  alle
funzioni fondamentali della Provincia puo', e deve, essere esercitata
solo ed esclusivamente nel  rispetto  e  garanzia  della  "esistenza"
dello Ente provincia quale  "enti  autonomi  con  poteri  e  funzioni
secondo principi fissati dalla Costituzione". 
    La stessa va coniugata con i limiti prefigurati dall'art. 133  ed
a garanzia dei principi di sussidiarieta'  verticale  ed  adeguatezza
rispetto alle "dirette" esigenze della collettivita' locale. 
    In cio' la garanzia dello  intero  impianto  costituzionale  come
attuazione del principio della autonomia sancito (in modo vincolante)
dall'art. 5 Cost. 
    Le  norme  impugnate,  invece,  sostanzialmente   aboliscono   le
funzioni (e i relativi organi di Governo) fondamentali limitandosi ad
attribuire alle Province "mere funzioni di indirizzo e  coordinamento
delle attivita' dei Comuni nelle materie e nei  limiti  indicati  con
legge statale o regionale secondo le rispettive competenze". 
    Posto che la Provincia  proprio  in  quanto  ente  autonomi -  e'
dotata  di  funzioni  statutarie,  regolamentari  ed  amministrative,
appare evidente che  con  la  attribuzione  del  mero  "'indirizzo  e
coordinamento" si svuotano del tutto  le  garanzie  di  autonomia  di
detti enti, ledendo  la  stessa  autonomia  della  Regione  cui  sono
attribuiti  poteri  legislativi  e  regolamentari   incidenti   sulle
Provincie. 
    Con lo impugnato disposto legislativo, sostanzialmente si viene a
ledere la stessa autonomia dello Ente Regione  nelle  sue  competenze
residuali e concorrenti, nonche' nella stessa potesta'  regolamentare
delle regioni laddove impone alle medesime di trasferire ai Comuni le
funzioni  delle  Province  e  di  tenere  per  se'  quelle  volte  ad
assicurare l'esercizio unitario. 
    Le  Regioni,  infatti,   nell'ambito   della   propria   potesta'
legislativa e regolamentare detengono il potere di conferire  o  meno
funzioni amministrative alle Province,  anche  attraverso  l'istituto
della delega. 
    Con  la  disposizione  impugnata  tale  potere  -  diritto  viene
sostanzialmente soppresso. 
    A cio' aggiungasi che  la  stessa  Provincia  e',  a  sua  volta,
titolare anche di  funzioni  amministrative  proprie  e  di  potesta'
regolamentare sull'organizzazione e  lo  svolgimento  delle  funzioni
loro attribuite (artt . 118 e 117 Cost). 
    Eliminare tout-court dette funzioni  attribuendole  alle  Regioni
che, a loro volta, (per quanto di loro competenza), le  attribuiscono
ai Comuni o le tengono per se', mentre lo Stato tiene per se'  quelle
che ritiene non di competenza delle Regioni  per  attribuirle  a  sua
volta ai  Comuni,  determina  un  totale  sovvertimento  dell'assetto
costituzionale del sistema della autonomie locali. 
    Invero, anche a voler sostenere  che  l'art.  118,  comma  2  non
individua le effettive funzioni della provincia, certamente non  puo'
interpretarsi "tale limite" con il potere della  legge  ordinaria  di
sopprimere alcune provincie delineando, in modo integrale,  il  nuovo
assetto dello intero territorio della Repubblica. 
    La  norma  statale  infatti,  incide  nelle  stesse  materie   di
competenza regionale (sia esclusiva che concorrente) con  un  effetto
dirompente sulle  conseguenti  funzioni  amministrative  e  sul  loro
esercizio in via diretta, attribuita o delegata. 
    L'esercizio  del  potere  regionale  innanzi   richiamato   viene
determinativamente inciso se si considera che la  Regione  Molise  ha
gia' delegato o attribuito alle Province funzioni sue proprie. 
    Con  la  impugnata  disposizione  legislativa  la   Regione,   e'
obbligata a trasferire tali funzioni  ai  Comuni  e  tenere  per  se'
quelle necessitate dall'unitarieta' del l'esercizio. 
    Non solo viene  dunque  lesa  l'autonoma  potesta'  regolamentare
delle Province di cui all'art.  117,  comma  sesto  Cost.,  ma  viene
altresi' imposto  un  paradigma  di  conferimento  indifferenziato  e
generale = con legge regionale agli enti locali (e quindi alla stessa
Provincia), 
    In cio' una evidente compressione delle prerogative regionali  in
relazione all'art. 118 Cost. 
    E tale compressione si riverbera anche come violazione dei poteri
attribuiti  alla  Regione  con  l'art.  119  quanto  alla   correlata
autonomia finanziaria. 
    In  affetti  la  norma  impugnata  non  solo   non   razionalizza
l'esercizio delle funzioni amministrative, ma  non  determina  nessun
risparmio di spesa (obiettivo  cui  era  finalizzato  la  statuizione
impugnata). 
    Tali norme incidono dunque anche sull'autonomia amministrativa  e
organizzativa della Regione nei suoi rapporti con gli enti locali. 
    Peraltro, nello ambito regionale, l'Ente Provincia garantisce  la
concreta  esigenza  ed  attuazione  di  funzioni  amministrative  sul
territorio ultracomunale, in modo coordinato ed  omogeneo,  in  ampia
fascia di materie che si ricollegano direttamente al territorio nella
sua omogeneita' e ambiti di programmazione di settore. 
    Violazione del principio di  leale  collaborazione  in  relazione
all'art. 8 della legge  5.6.2003  n.  131  recante  disposizioni  per
l'ordinamento della repubblica alla legge costituzionale  18  ottobre
2001 n. 3. 
    Lo intero art 17  ,che  prevede  l'intervento  sostitutivo  dello
Stato, viola il principio di leale collaborazione non rientrando,  le
fattispecie ivi nominate, nell'art. 120 della Costituzione cosi' come
applicato nell'art. 8 della L. n. 131/2003. 
    A cio' aggiungasi che la mancanza di concertazione  tra  Stato  e
Regioni ed Enti locali (appunto la stessa Provincia) di per se' viola
il principio di leale "collaborazione". 
    In  particolare,   valga   sottolineare   che   detto   principio
rappresenta un cardine  dell'ingegneria  istituzionale  dei  rapporti
Stato - Regioni - Enti Locali. 
    E,  per  vero,  la  stessa   giurisprudenza   costituzionale   ha
evidenziato che si tratta di uno di quei "valori" fondamentali cui la
Costituzione informa i predetti rapporti". (C.C.  sent.  n.  177  del
1988). 
    Posto che obiettivo della "manovra" (in cui si  concretizzano  le
disposizioni legislative in esame) e' la  riduzione  delle  spese,(ma
considerato che nessun - o quanto meno insignificante - risparmio  di
spesa deriva dalle norme impugnate), il disciplinato riordino (che si
traduce per Isernia in soppressione)  complessivo  delle  istituzioni
territoriali  appare  sproporzionatamente   lesivo   delle   garanzie
costituzionali (in un bilanciamento di posizioni e obiettivi). 
    Invero la esistenza di una provincia su di  un'area  territoriale
come appunto quella di Isernia (da  oltre  30  anni)  costituisce  un
livello attuativo  dei  principi  di  ragionevolezza  anche  a  voler
ritenere la necessita' del rientro della spesa pubblica. 
    La democrazia istituzionale (come la provincia) assume preminenza
rispetto ad ogni altro settore pubblico nel valutare il  rientro  del
bilancio perche' essendo essi enti esponenziali di una comunita'  nel
territorio si puo' intervenire su di essi solo come  ultima  rado  di
necessita' di risparmio della spesa pubblica. 
    E' indirizzo consolidato della giurisprudenza costituzionale  che
le Regioni sono legittimate  a  censurare,  in  via  di  impugnazione
principale, leggi dello Stato esclusivamente per questioni  attinenti
al  riparto  delle  rispettive  competenze,  e  che  e'  ammessa   la
deducibilita'  di  altri  parametri  costituzionali   ove   la   loro
violazione comporti (come nel  caso  di  specie)  una  compromissione
delle  attribuzioni  regionali  costituzionalmente  garantite   (C.C.
21/03/2007 n. 95). 
    La norma impugnata viola quel principio di  "ragionevolezza"  che
potrebbe fare ravvisare un  interesse  pubblico  prevalente  tale  da
giustificare una cosi' grave limitazione e invasione della  sfera  di
competenza regionale e degli altri enti locali territoriali. 
    Principio riconosciuto  anche  dalla  Corte  Costituzionale,  nel
momento in cui ha  affermato  che  l'esistenza  dei  requisiti  della
straordinarieta'  del  caso  di  necessita'  e  d'urgenza   necessari
affinche' il Governo possa legittimamente emanare decreti-legge  puo'
essere oggetto di  scrutinio  di  costituzionalita',  il  quale  deve
svolgersi su un piano diverso dalle valutazioni iniziale del  Governo
e successiva del Parlamento in sede di conversione e non e'  precluso
dall'eventuale legge di conversione. 
    A questa,  infatti,  non  puo'  riconoscersi  efficacia  sanante,
poiche'  il  difetto  dei  requisiti  del  "caso   straordinario   di
necessita' e d'urgenza" costituisce  un  vizio  in  procedendo  della
relativa legge, con cui e' alterato il riparto  costituzionale  delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione  delle
fonti primarie. (Corte costituzionale, 23 maggio 2007, n. 171). 
    La Provincia e'  dunque  ente  esponenziale  della  collettivita'
locale (espressione della democrazia  rappresentativa)  per  cui  non
puo' essere eliminata. 
    La decisione in esame, peraltro,  e'  un  decisivo  parametro  di
riferimento se si considera  il  fatto  che  prende  posizione  sulla
questione se alla legge di conversione di decreto-legge  deve  essere
riconosciuta efficacia sanante della nullita'  del  medesimo  decreto
emanato dal Governo in mancanza dei casi straordinari di necessita' e
d'urgenza. 
    Peraltro cosi' come strutturato lo art.17 viene  a  pregiudicare,
in  modo  irreparabile,  il  principio  di  sussidiarieta',   ed   in
particolare  di   sussidiarieta'   verticale,   nonche'   quello   di
adeguatezza previsto dall'axt.118 Cost. 
    In effetti con la soppressione della  provincia  di  Isernia,  in
applicazione dei requisiti minimi gia' individuati,  di  fatto  viene
meno la entita' territoriale vicina al cittadino e tale da non  poter
garantire una diretta efficienza amministrativa nel territorio. 
    Pertanto, la  nuova  scansione  =  non  piu'  gerarchica  =  come
prevista nello originario impianto costituzionale (che  ripartiva  la
Repubblica in Regioni, Province e  Comuni)  viola  i  principi  della
sussidiarieta',   differenziazione,   adeguatezza   e   della   leale
collaborazione tra gli enti. 
    Il  dettato  costituzionale,  nell'equiparazione  tra  gli   enti
costitutivi della Repubblica intende  conferire  loro  pari  dignita'
funzionale,  senza  lasciar  intravedere   alcuna   possibilita'   di
intervento sulla loro natura e struttura dei relativi organi. 
 
                       Istanza di sospensione 
 
    L'art. 35 della legge  n.  87/53,  come  sostituito  dall'art.  9
della legge n. 131/2003, consente che la Corte sospenda  l'esecuzione
delle norme impugnate se c'e'  un  rischio  di  pregiudizio  grave  e
irreparabile all'interesse pubblico o per i diritti dei cittadini. 
    La norma impugnata impone  una  sollecita  procedura  (  peraltro
oggetto di censure) con calerindazione tale da  pervenire,con  strana
immediatezza) alla conclusione della eliminazione delle  Provincie  (
compresa quelle di Isernia) adempimenti (con organismi illegittimi) . 
    E completato il procedimento la  intera  realta'  (istituzionale,
economico e organizzativo) del Territorio della provincia di  Isernia
( e quindi quello della regione Molise viene alterato =  ed  in  modo
certamente irreversibile). 
    Basti fare riferimento alle conseguenti: 
        a)   Eliminazione   di   Uffici   provinciali   dello   stato
(prefetture, Questure; comando  forze  armate,  camera  di  Commercio
,IACP, ecc) 
        b)  il  trasferimento  delle  risorse  umane,  finanziarie  e
strumentali: 
        c)  Riduzione della rappresentanza in  Consiglio comunale  di
Isernia 
        d) Incidenza sulla rappresentanza nello Ente  intermedio  del
corpo elettorale. 
    E'  di  tutta  evidenza  l'esistenza  dei  presupposti   per   la
concessione dell'invocata misura di sospensione. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale,  in  accoglimento
del  presente  ricorso,  voglia  dichiarare   -   previa   sospensiva
all'esecuzione - l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 legge 7
agosto 2012,  n.  135  di  conversione,  con  modificazione,  del  DL
95/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  189  del  14  agosto
2012 (serie ordinaria), nonche' della stessa normativa (art  17)  del
DL citato 95/2012 per violazione degli  articoli  5,  77,  114,  117,
commi 2 lett. p), 4 e 6, 118, 119 e  126  della  Costituzione,  anche
sotto  il  profilo  di   violazione   del   principio   della   leale
collaborazione. 
    Si' deposita: 
        delibera  della  Giunta  Regionale  Molise  n.  601  del   28
settembre 2012 (copia conforme); 
        Art.  17  Legge  n.  135/2012   pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012; 
        Art. 17 DL n. 95 del 6 luglio 2012 pubblicato nella  Gazzetta
Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2012. 
          Isernia-Roma, addi' 5 settembre 2012 
 
                          L'avv.: Colalillo