N. 273 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 luglio 2012
Ordinanza del 13 luglio 2012 emessa dalla Corte d'appello di Napoli nel procedimento civile promosso da Comune di Montesarchio contro Ambrosone Giuseppe. Procedimento civile - Controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilita' - Assoggettamento al rito sommario di cognizione - Esclusione della possibilita' di conversione del rito da sommario a ordinario nella stessa materia - Contrasto con il principio di eguaglianza, con il diritto di difesa e con il principio del giusto processo - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, artt. 29 e 34, comma 37. - Costituzione, artt. 3, 24, commi primo e secondo, 77, primo comma, e 111; legge 18 giugno 2009, n. 69, art. 54.(GU n.49 del 12-12-2012 )
LA CORTE D'APPELLO Ha deliberato di emettere la presente ordinanza nel processo civile di primo ed unico grado di merito iscritto al n. 162/2012 del ruolo generale degli affari contenziosi, riservato per la decisione all'udienza del 4 luglio 2012 e pendente tra il comune di Montesarchio, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Duomo n. 348, presso lo studio dell'avv. Rosanna Del Vecchio, insieme all'avv. Luigi Diego Perifano, che lo rappresenta e difende in virtu' di procura speciale e nomina a margine del ricorso introduttivo del processo ed ha dichiarato di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al numero di fax 0824314174 ed all'indirizzo di posta elettronica certificata avvluigidiegoperifano@puntopec.it - ricorrente; e Giuseppe Ambrosone (codice fiscale MBRGPP38T01F636O), nato a Montesarchio (BN) il 1° dicembre 1938, ivi residente alla via F. Caracciolo ed elettivamente domiciliato in Napoli, alla piazza Medaglie d'Oro n. 15, presso lo studio dell'avv. Maria Concetta De Siena, insieme agli avv.ti Antonio Gravina (codice fiscale GRVNTN43C23B863L) e Cetty Gravina (codice fiscale dichiarato GRVCTY72E5963P) del Foro di Santa Maria Capua Vetere, che lo rappresentano e difendono in virtu' di procura speciale e nomina a margine della loro comparsa di costituzione e risposta ed hanno dichiarato di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al processo al numero di fax 0823279478 ed all'indirizzo di posta elettronica certificata avv.antonio.gravina@legalmail.it - convenuto. Motivi della decisione 1. Con il ricorso introduttivo del processo, presentato a questa Corte il 17 gennaio 2012, il comune di Montesarchio s'e' opposto - nelle forme previste dal comb. disp. dell'art. 54 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come risultante dopo le modifiche apportatevi dall'art. 34, co. 37, del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, dell'art. 29 di questo stesso decreto legislativo e dell'art. 702-bis c.p.c. - alla stima, effettuata dal collegio di periti di cui all'art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, delle indennita' dovute per l'occupazione temporanea d'urgenza e la successiva espropriazione dei fondi di proprieta' di Giuseppe Ambrosone ubicati nel suo territorio e riportati nella sua mappa catastale al f.lio 28, p.lle 1007, 1010 e 1013, compresi nelle aree destinate alle opere da realizzare nell'ambito del piano per gli investimenti produttivi (PIP) approvato con suo decreto dirigenziale prot. n. 9087 del 31 maggio 2005 e pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Campania n. 30 del 13 giugno 2005. Ha quindi tempestivamente notificato il ricorso ed il decreto di fissazione dell'odierna udienza collegiale all'Ambrosone, che s'e' poi costituito il 5 giugno 2012 e dunque nel rispetto del termine assegnato previsto dall'art. 702-bis, co. 3, c.p.c., contestando la proponibilita', la procedibilita', l'ammissibilita' e la fondatezza dell'opposizione del Comune ricorrente. 2. Senonche' prima di procedere oltre questa Corte ritiene di dover rilevare d'ufficio la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 29 e 34, co. 37, del d.lgs. n. 150 del 2011, giacche' la scelta di «ricondurre» i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 54, co. 1, del d.P.R. n. 327 del 2001 al nuovo rito sommario di cognizione «non convertibile» risultante dal comb. disp. dell'art. 3 del d.lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 702-bis e 702-ter c.p.c. pare andare ben oltre i limiti fissati dalla delega conferita al Governo dal Parlamento con l'art. 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69, sulla cui base e' stato appunto emanato il d.lgs. n. 150 del 2011, ed essere pertanto in contrasto con l'art. 77, co. 1, Cost. L'art. 54 della legge n. 69 del 2009 delegava infatti il Governo ad adottare uno o piu' decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientravano nell'ambito della giurisdizione ordinaria e che erano regolati dalla legislazione speciale, in modo tale che, con il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti e fermi i criteri di competenza e di composizione degli organi giudicanti, «i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale» fossero «ricondotti»: 1) al cd. rito del lavoro, se connotati da «prevalenti caratteri di concentrazione processuale, ovvero di officiosita' dell'istruzione»; 2) al procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., ma «esclusa la possibilita' di conversione nel rito ordinario», se connotati da «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa»; 3) al processo ordinario di cognizione, in tutti gli altri casi. Si riferiva dunque chiaramente ai soli procedimenti civili di cognizione «autonomamente regolati dalla legislazione speciale», cioe' - deve ritenersi alla luce della chiara lettera della previsione normativa - ai soli procedimenti civili di cognizione disciplinati dalla legislazione speciale secondo stilemi essenzialmente diversi da quelli del rito del lavoro, del rito sommario di cognizione e del rito ordinario cui dovevano essere alternativamente ricondotti. L'obiettivo del legislatore delegante era infatti quello di semplificare l'accesso alla giurisdizione ordinaria di cognizione riducendo in misura consistente il numero dei riti previsti dalla legislazione speciale e da questa disciplinati in modo tale da farne dei riti «autonomi», cioe' caratterizzati da una struttura formale essenzialmente diversa da quella dei vari riti previsti dal codice di procedura civile. Una siffatta diversita' certo non connotava pero' i procedimenti aventi ad oggetto i giudizi di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, che nessuno ha mai dubitato dovessero svolgersi nel rispetto delle forme dell'ordinario giudizio di cognizione, con le uniche particolarita' costituite dalla previsione di un breve termine di decadenza per la loro introduzione, giustificato dal loro carattere lato sensu impugnatorio, e dalla previsione della necessaria instaurazione del contraddittorio anche nei confronti di soggetti non titolari dal lato passivo della situazione giuridica sostanziale controversa, cioe' di particolarita' non concernenti le forme processuali e non certo tali da poter includere tali procedimenti tra quelli «autonomamente regolati dalla legislazione speciale», tant'e' vero che il legislatore delegato le ha conservate. Pertanto, in sostanza, l'art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011, con una violazione dei criteri direttivi di cui all'art. 54 della legge n. 69 del 2009 che a questa Corte pare in verita' evidente, ha colto l'occasione per «ricondurre» nell'alveo del nuovo rito sommario di cognizione non convertibile in ordinario procedimenti che non erano gia' disciplinati dalla legislazione speciale secondo un rito speciale, bensi' procedimenti che erano si' previsti dalla legislazione speciale, ma non erano da questa «regolati», tanto meno «autonomamente», essendo, salve le particolarita' di cui s'e' detto, integralmente assoggettati al rito ordinario di cognizione. 4. Peraltro, criticabile sotto il profilo della legittimita' costituzionale pare anche la scelta del legislatore delegato di sottoporre le controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 (onnicomprensivamente definite «di opposizione alla stima» dallo stesso art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011) al nuovo rito sommario di cognizione non convertibile. I «procedimenti» aventi ad oggetto tali controversie, dovendo pacificamente seguire le forme dell'ordinario rito di cognizione, non erano invero connotati da «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa», la loro trattazione e la loro istruzione dovendo seguire appunto le normali forme dell'ordinario rito di cognizione. E la conclusione non cambierebbe qualora dovesse ritenersi che i «prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa» che il legislatore delegante aveva indicato come criterio di individuazione dei procedimenti da «ricondurre» al rito sommario di cognizione andavano riferiti non gia' ai «procedimenti», come sembrerebbe sulla base della semplice analisi logico-grammaticale della previsione di cui all'art. 54, co. 4, lett. b), n. 2), della legge n. 69 del 2009, bensi' ai «giudizi» , cioe' al tipo di controversie, che ne erano oggetto. I «giudizi» di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 hanno infatti ad oggetto controversie il cui denominatore comune e' costituito dalla loro precipua attinenza alla determinazione dell'entita' delle indennita' dovute in conseguenza di provvedimenti di natura espropriativa o comunque ablativa adottati per ragioni di pubblica utilita' che, nella maggior parte dei casi, richiedono la soluzione di non semplici questioni di diritto e/o di fatto, come, ad esempio, quella dell'individuazione del soggetto o dei soggetti titolari dal lato passivo dell'obbligazione indennitaria, che, a sua volta, spesso sollecita la chiamata in causa di terzi, e quelle connesse alla stima dell'equivalente pecuniario del pregiudizio subito dal soggetto passivo del provvedimento ablatorio, che, a loro volta, richiedono di norma la nomina di un consulente tecnico d'ufficio, e dunque controversie che risulta difficile comprendere come possa ritenersi opportuno che siano trattate ed istruite secondo forme non previamente stabilite dalla legge, ma sommariamente stabilite volta per volta dal giudice procedente, e che pertanto solo eccezionalmente possono essere decise «alla prima udienza», come dovrebbe essere affatto normale nei procedimenti trattati secondo le forme del rito sommario di cognizione (arg. ex art. 702-ter c.p.c.). Se poi si considera che la decisione adottata - «con ordinanza», giusto il comb. disp. dell'art. 3 del d.lgs. n. 150 del 2011 e 702-ter c.p.c. - dalla Corte d'appello competente quale giudice di primo grado non e' appellabile, essendo impugnabile solo mediante un ricorso per cassazione ai sensi del comb. disp. degli artt. 360 c.p.c. e 111, co. 7, Cost., emerge il non infondato dubbio che la scelta del legislatore di «ricondurre» i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. nell'alveo del procedimento sommario di cognizione non convertibile sia in contrasto, oltre che con l'art. 77, co. 1, Cost., anche con gli artt. 3, 24, co. 1 e 2, e 111, co. 1, Cost., comportando una compressione del diritto di difesa irragionevole poiche', non solo non giustificata, ma addirittura sconsigliata dalle oggettive peculiarita' di tali controversie o almeno della piu' parte di esse. L'indubbia discrezionalita' del legislatore nella scelta degli strumenti processuali per la tutela dei diritti soggettivi trova invero certamente un limite di carattere costituzionale nella ragionevolezza delle soluzioni adottate e nella loro idoneita' ad assicurare adeguatamente alle parti l'esercizio del diritto di difesa e, in sintesi, un «giusto processo»; ed a questa Corte pare che questo limite sia stato oltrepassato dal legislatore nella scelta di assoggettare tutti i giudizi relativi alle peculiari controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 ad un rito di cognizione sommario non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in una decisione non appellabile e dunque non impugnabile per questioni di merito, essendo impugnabile innanzi alla Corte di cassazione soltanto per i motivi di cui all'art. 360 c.p.c. A questa conclusione induce anche la giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di legittimita' costituzionale della trattazione nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio di controversie concernenti diritti soggettivi, tra le cui pronunce va segnalata specialmente l'ordinanza 29 maggio 2009, n. 170, da cui puo' ricavarsi il principio che il potere discrezionale del legislatore nella scelta degli strumenti processuali per la tutela dei diritti soggettivi trova il suo limite costituzionale nella necessita' che il modello processuale dal medesimo legislatore scelto «sia tale da assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, lo svolgimento di un'adeguata attivita' probatoria, la possibilita' di avvalersi della difesa tecnica, la facolta' dell'impugnazione - sia per motivi di merito che per ragioni di legittimita' - della decisione assunta, la attitudine del provvedimento conclusivo del giudizio ad acquisire stabilita', quanto meno "allo stato degli atti"»; condizioni, queste, che devono dunque evidentemente ricorrere tutte cumulativamente affinche' i parametri costituzionali sopra indicati possano dirsi rispettati e che invece non ricorrono tutte, come s'e' detto, nel caso della scelta del legislatore di assoggettare controversie come quelle di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001, di competenza della Corte d'appello come giudice di primo grado, al nuovo rito sommario di cognizione non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in un'ordinanza non appellabile ma impugnabile soltanto innanzi alla Corte di cassazione e soltanto per i motivi di cui all'art. 360, co, 1, c.p.c. e dunque non anche per motivi di merito. 3. Occorre pertanto sospendere il presente processo e rimettere gli atti alla Corte costituzionale affinche' sciolga la questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 29 e 34, co. 37, del d.lgs. n. 150 del 2011 sopra prospettata, cio' essendo evidentemente rilevante quanto meno per stabilire se il processo medesimo, introdotto e finora trattato nelle forme del rito sommario di cognizione, debba proseguire nel rispetto delle medesime forme.
P. Q. M. Cosi' provvede: A) dichiara nella specie rilevante e non manifestamente infondata la questione concernente la legittimita' costituzionale - per contrasto con gli artt. 77, co. 1, 3, 24, co. 1 e 2, e 111, co. 1, della Costituzione - del comb. disp. degli artt. 29 e 34, co. 37, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, nella parte in cui, sostituendo il comma 1 ed abrogando i commi 2, 3 e 4 dell'art. 54 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, prevede che le controversie aventi ad oggetto l'opposizione alla stima di cui al co. 1 dello stesso art. 54 devono essere introdotte, trattate e decise secondo le forme del rito sommario di cognizione risultanti dal comb. disp. dell'art. 3 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, e degli artt. 702-bis e 702-ter del codice di procedura civile; B) per l'effetto, dispone la sospensione del presente procedimento e, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed alle parti costituite e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e quindi immediatamente trasmessa, insieme agli atti del procedimento ed alla prova delle predette notificazioni e comunicazione, alla Corte costituzionale ai fini della risoluzione della predetta questione incidentale di legittimita' costituzionale. Cosi' deciso in Napoli, il 4 luglio 2012. Il Presidente: Frallicciardi