N. 273 SENTENZA 3 - 6 dicembre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Responsabilita' civile - Norme della Regione  Puglia  -  Consorzi  di
  bonifica  -  Fondi  specificamente  destinati   al   pagamento   di
  retribuzioni e oneri previdenziali per i dipendenti,  al  pagamento
  di rate  di  mutui  e  prestiti  obbligazionari,  al  funzionamento
  tecnico  indispensabile  degli  impianti  -   Impignorabilita'   ed
  esclusione dell'esecuzione forzata, a pena di  nullita'  rilevabile
  anche  d'ufficio  -  Indebita  limitazione  della   responsabilita'
  patrimoniale in danno dei creditori  dei  consorzi  di  bonifica  -
  Violazione  della  competenza  legislativa  statale  esclusiva   in
  materia di ordinamento civile  -  Illegittimita'  costituzionale  -
  Assorbimento delle ulteriori censure. 
- Legge della Regione Puglia 10 ottobre 2003, n. 23, art. 1. 
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lett. l) (artt. 3, 24, primo
  e secondo comma, 41 e 97, primo e secondo comma, Cost.). 
(GU n.49 del 12-12-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1 della
legge della Regione Puglia  10  ottobre  2003,  n.  23  (Disposizioni
urgenti in materia di Consorzi di bonifica e di personale forestale),
promosso  dal  Consiglio  di  Stato,  sezione  VI,  nel  procedimento
vertente tra il Consorzio di  Bonifica  Terre  d'Apulia  e  l'Impresa
Lalli s.r.l., con ordinanza del 26 settembre 2011, iscritta al n. 136
del registro ordinanze 2012 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre  2012  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato,  sezione  VI,  con  ordinanza  del  26
settembre 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli  3,  primo
comma, 24, primo e secondo comma, 41,  98,  primo  e  secondo  comma,
(recte: 97, primo e secondo comma) e 117, secondo comma, lettera  l),
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 1 della legge della Regione Puglia 10 ottobre 2003,  n.
23 (Disposizioni urgenti in materia di  Consorzi  di  bonifica  e  di
personale  forestale),  il  quale   stabilisce:   «1.   A   decorrere
dall'esercizio finanziario 2003, le assegnazioni di fondi  in  favore
dei Consorzi di  bonifica  ai  sensi  dell'articolo  16  della  legge
regionale  31  maggio  1980,  n.  54  e  successive  modificazioni  e
integrazioni non sono  soggette  a  esecuzione  forzata,  a  pena  di
nullita' rilevabile anche  d'ufficio  dal  giudice,  purche'  vengano
specificatamente destinate a:  a)  pagamento  delle  retribuzioni  al
personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i  tre
mesi successivi; b) pagamento delle  rate  di  mutui  e  di  prestiti
obbligazionari scadenti nel semestre in  corso;  c)  espletamento  di
attivita' indispensabili a garantire il funzionamento  tecnico  degli
impianti gestiti dai Consorzi. 2. A tal  fine,  la  dichiarazione  di
impignorabilita'  deve  essere  formalizzata  con  deliberazione   da
adottarsi da parte degli organi di amministrazione  del  Consorzio  a
cadenza trimestrale, da notificarsi alla Ragioneria della Regione, al
Tesoriere regionale e al Tesoriere dei Consorzi di  bonifica.  3.  Le
disposizioni su richiamate trovano applicazione anche in presenza  di
procedure di esecuzione e di espropriazione forzata non definite alla
data di entrata in vigore della presente legge». 
    2.- Il rimettente premette che il Tribunale  ordinario  di  Bari,
con sentenze del 26 giugno 2003 e del 7 giugno  2005,  condannava  il
Consorzio  di  Bonifica  Terre  d'Apulia  (infra:  Consorzio),   ente
pubblico con sede in Bari, a pagare all'Impresa Lalli s.r.l. le somme
di euro 467.835,24 ed euro  428.903,41  dovute  in  relazione  a  due
contratti di appalto. La societa' creditrice,  passate  in  giudicato
dette  sentenze,  con  due  distinti  ricorsi,  adiva  il   Tribunale
amministrativo  regionale  per  la  Puglia,  al  fine  di   ottenerne
l'ottemperanza. 
    Il Consorzio, in entrambi i giudizi, eccepiva  l'improcedibilita'
dei ricorsi, a causa della «situazione strutturalmente deficitaria in
cui versava (e versa tuttora), tale da  determinare  l'impossibilita'
in fatto e in diritto a rispettare la condanna del  giudice  civile».
In particolare, deduceva che l'art. 16, comma 4,  della  legge  della
Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del
bilancio di previsione 2003 e bilancio  pluriennale  2003-2005  della
Regione  Puglia),  aveva  disposto  l'annullamento  ex   lege   delle
iscrizioni a ruolo operate dai consorzi di bonifica in  relazione  ai
contributi   obbligatori   loro   dovuti   per   alcune   annualita',
determinando una grave  difficolta'  finanziaria  degli  stessi.  Gli
interventi straordinari disposti dalla  Regione  Puglia  non  avevano
sostanzialmente migliorato la situazione finanziaria  e  non  avevano
permesso di fare  fronte  agli  oneri  derivanti  dalle  sentenze  di
condanna. 
    Successivamente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 1, della
1egge  regionale  n.  23  del  2003,  il  Consorzio,   con   delibere
commissariali del 17  novembre  2005  e  del  29  marzo  2006,  aveva
dichiarato  impignorabili  gli  importi  di  euro   10.054.334,64   e
3.273.101,14 e, quindi, espone l'ordinanza di rimessione,  lo  stesso
non aveva la disponibilita' di danaro  «per  far  fronte  alla  spesa
corrente (sul punto non vi e' contestazione fra le parti)».  Inoltre,
due disegni di legge  regionale  presentati  nel  2006  e  nel  2010,
preordinati anche a consentire ai consorzi di bonifica  di  procedere
al risanamento finanziario, non erano stati approvati. 
    Il TAR per la Puglia, con due sentenze  del  2006,  accoglieva  i
ricorsi per  ottemperanza,  affermando  che  «non  ostacola  l'azione
esecutiva dinanzi al giudice amministrativo la circostanza che l'ente
abbia individuato e determinato le somme impignorabili per  avere  le
medesime (asseritamente) le destinazioni stabilite da apposita  legge
regionale» ed assegnava al Consorzio un breve termine  per  procedere
all'adempimento, in difetto del quale l'obbligo posto  a  suo  carico
sarebbe stato adempiuto in via sostitutiva da un Commissario ad acta,
che contestualmente designava. 
    2.1.-  Avverso  dette  sentenze  proponeva  distinti  appelli  il
Consorzio che, con un unico motivo  di  censura,  lamentava  l'omessa
valutazione del citato art. 1, il quale esprimerebbe  «una  ponderata
scelta     volta     a     conferire     prevalenza     all'interesse
economico-patrimoniale dell'ente pubblico  rispetto  al  concomitante
interesse dei creditori privati». A suo avviso, il TAR avrebbe dovuto
rilevare che, «quando  una  disposizione  primaria  non  consente  al
creditore dell'amministrazione di agire in giudizio con le  ordinarie
azioni esecutive, lo stesso non puo' neppure ricorrere  con  giudizio
di ottemperanza». Nei giudizi si costituiva l'Impresa  Lalli  s.r.l.,
contestando la fondatezza del gravame. 
    Il  Consiglio  di  Stato,  rigettata  l'istanza  di   sospensione
cautelare proposta dal Consorzio, all'udienza pubblica del 31  maggio
2011, riuniti i ricorsi, si  riservava  la  decisione  e,  all'esito,
sollevava questione di legittimita' costituzionale del citato art. 1. 
    2.2.- Il rimettente, in linea preliminare, deduce che il giudizio
non puo'  essere  definito,  senza  che  sia  previamente  decisa  la
questione di legittimita' costituzionale della  norma  censurata,  la
quale, in violazione dei  parametri  costituzionali  sopra  indicati,
deroga «ai principi ordinari circa la  responsabilita'  patrimoniale»
del  Consorzio  debitore.  La  questione,  a  suo   avviso,   sarebbe
rilevante, poiche' le sentenze appellate appaiono erronee, in  quanto
«non pare sufficiente per sancire l'eseguibilita' delle  pronunce  di
condanna oggetto di ottemperanza l'affermazione (...) per  cui  grava
comunque in capo  all'ente  pubblico  debitore  l'onere  di  adottare
"ulteriori  provvedimenti  necessari  (...)  a  rendere  concreto  il
contenuto  della  statuizione   principale"»,   non   essendo   «dato
distinguere al giudice,  nel  silenzio  della  legge  regionale,  tra
processo di esecuzione civile e giudizio di ottemperanza  davanti  al
giudice  amministrativo,  quest'ultimo  presentandosi  anch'esso,  in
parte qua, come procedimento di esecuzione forzata». 
    Secondo il Consiglio di Stato, le sentenze impugnate violerebbero
il principio costituzionale della soggezione del giudice  alla  legge
(art.  101,  secondo  comma,  Cost.),  concernente  anche  le   leggi
regionali,  alle  quali  egli  deve  dare  attuazione,  non   potendo
deciderne discrezionalmente l'applicazione. Il citato  art.  1  deve,
quindi,  essere  applicato  ed  il  «suo  univoco  enunciato  conduce
senz'altro a ritenere erroneo l'assunto  del  primo  giudice,  e  per
conseguenza a constatare che  quel  disposto  normativo  e'  ostativo
all'esecuzione forzata domandata, seppure nelle forme del giudizio di
ottemperanza davanti al giudice amministrativo». A suo avviso, l'art.
16, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2003, che aveva annullato
le iscrizioni a ruolo, relative ad  alcune  annualita',  operate  dai
Consorzi   nei   confronti   dei   soggetti   tenuti    all'ordinaria
contribuzione e la sentenza di questa Corte n. 234 del 2006, la quale
ha dichiarato detta norma costituzionalmente illegittima «nella parte
in cui non prevede la ripetibilita' delle somme pagate entro la  data
di entrata in vigore della legge, in base alle  cartelle  esattoriali
relative ai contributi in favore dei  consorzi  di  bonifica  per  le
annualita' 2000, 2001, 2002», avrebbero «contribuito a determinare un
deterioramento dei saldi di bilancio del Consorzio  appellante  sotto
il versante dell'entrata».  In  riferimento  alle  uscite,  la  norma
censurata,  «restringendo  la  garanzia  patrimoniale,  ha  di  fatto
imposto  ai  Consorzi  di  bonifica  un  limite  all'adempimento   di
obbligazioni diverse da quelle espressamente indicate» dalla  stessa.
Inoltre, precisa l'ordinanza di rimessione, l'appellante ha  eccepito
che gli stanziamenti in suo favore disposti dalla Regione Puglia sono
sufficienti  soltanto  a  coprire  il  fabbisogno  relativo  a  dette
finalita' ed ha dedotto, «con  asserzione  parimenti  non  contestata
dall'appellata», che non dispone «di altre  entrate  per  far  fronte
alle spese correnti». 
    Secondo il giudice a quo, e', dunque, infondata  l'eccezione  con
la  quale  l'Impresa  Lalli  s.r.1.  ha  dedotto  che   le   delibere
commissariali del 17 novembre 2005 e del  29  marzo  2006  «non  sono
idonee, in ragione del periodo  temporale  dalle  stesse  coperto,  a
comprovare la permanenza del regime di impignorabilita'  delle  somme
destinabili al soddisfacimento delle pretese creditorie». La  mancata
approvazione dei disegni di legge regionale del 2006 e del 2010 sopra
richiamati ha, inoltre, impedito l'utilizzo di  ulteriori  e  diversi
strumenti per fare fronte  ai  debiti  e,  in  definitiva,  la  norma
censurata costituirebbe «un  ostacolo  nei  fatti  insormontabile  al
soddisfacimento dei crediti» in esame, con conseguente impossibilita'
di definire il giudizio, in difetto della  previa  risoluzione  della
sollevata questione di legittimita' costituzionale. 
    2.3.- Il citato art. 1, ad avviso del Consiglio di Stato, sottrae
all'esecuzione  forzata  «alcune  dotazioni  finanziarie  di  origine
regionale, la cui destinazione qualifica  non  solo  prioritaria,  ma
comunque intangibile» e, in tal modo, limiterebbe la  responsabilita'
patrimoniale del  Consorzio,  senza  che  la  legge  dello  Stato  lo
preveda, nonostante che, in virtu' dell'art. 2740 del codice  civile,
«il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i
suoi  beni  presenti  e  futuri»,  essendo   la   limitazione   della
responsabilita' possibile «nei casi stabiliti dalla  legge»  che,  ex
art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,  e'  soltanto  la  legge
dello Stato. La  disposizione  sottrae  alcune  somme  alla  garanzia
patrimoniale per obbligazioni, benche' «la legge  dello  Stato  nulla
preveda al riguardo» ed  introduce  eccezionalmente  «per  l'ente  in
questione, in violazione  della  competenza  esclusiva  dello  Stato»
stabilita da quest'ultimo  parametro  costituzionale,  «un'innominata
specie di debiti (tutti quelli che hanno un tipo  di  titolo  diverso
dai tre enunciati) che non e' assistita dalla  garanzia  patrimoniale
dell'art. 2740 Cod. civ.». 
    Siffatta norma «eccezionalmente priva i creditori della  garanzia
patrimoniale dei loro crediti» e, inoltre, in violazione dell'art. 41
Cost., inciderebbe sull'affidamento del contraente, poiche' lo  priva
di «un elemento essenziale circa la consapevolezza  dell'effettivita'
della tutela del suo credito al momento in cui, impegnando la propria
liberta' contrattuale, accede all'assetto  dei  suoi  interessi»,  e,
rimettendo l'adempimento dell'obbligazione  alla  sola  volonta'  del
debitore ed escludendo  l'adempimento  coattivo,  vanificherebbe  «la
possibilita' di realizzare coercitivamente  l'impegno  contrattuale»,
eliminando «l'attribuzione, da parte della  legge  civile,  di  reali
effetti precettivi al contratto che non rientra in quelli menzionati»
dalla stessa. 
    Il citato art. 1, secondo il rimettente, recherebbe vulnus  anche
all'art. 24, primo e secondo comma, Cost., poiche' priva i  creditori
del diritto all'azione esecutiva e del diritto alla difesa.  Inoltre,
introdurrebbe  «nell'ordinamento  regionale  pugliese,  l'eccezionale
figura di enti pubblici  a  responsabilita'  patrimoniale  "protetta"
(vale a dire, esclusa per le dette specie di debiti)»,  ponendosi  in
tal modo in contrasto con l'art. 3 Cost., in  quanto  violerebbe  «il
principio  di  eguaglianza,  rispetto  agli   altri   enti   pubblici
infraregionali e rispetto agli omologhi enti di altre  Regioni».  Con
riguardo ai creditori, tale  parametro  sarebbe,  inoltre,  vulnerato
poiche' la disposizione in esame introdurrebbe in detto  ordinamento,
«con il riferimento testuale alle tre  categorie  di  debiti  di  cui
sopra, l'eccezionale figura di crediti a protezione speciale rispetto
ai restanti», i quali sono «crediti totalmente protetti  che  non  si
riferiscono a spese di particolare rilievo sociale o  pubblico,  come
quelli della lett. b) (...), che in nulla si distinguono dai  crediti
per contratti di appalto». 
    La norma  regionale  censurata  limiterebbe,  poi,  la  capacita'
d'agire dell'ente  e  la  responsabilita'  dei  suoi  amministratori,
privandoli della  «capacita'  di  identificare  secondo  diligenza  i
debiti cui adempiere con le risorse a  disposizione»,  in  violazione
del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e dell'art. 97,  primo
e secondo comma, Cost., in ordine sia  alla  «assicurazione  di  buon
andamento e imparzialita' dell'amministrazione (con speciale riguardo
all'assunzione di risorse esterne mediante lo strumento contrattuale;
qui il contratto di appalto del cui pagamento si chiede  l'esecuzione
forzata)», sia alle «responsabilita'  proprie  dei  funzionari  degli
enti pubblici in questione che qui vengono di fatto  elise».  Infine,
ad avviso del giudice a quo, essa  «seleziona  -  intervenendo  nella
capacita'  d'agire  dell'ente  e   contrastando   il   principio   di
eguaglianza in capo ai creditori - tra i rapporti debitori  dell'ente
imponendo per alcuni di questi (quelli  testualmente  indicati  dalla
disposizione) privilegi non previsti dalla  legge  dello  Stato,  con
cio' violando sia l'art. 3 che l'art. 117, secondo comma,  lett.  l),
Cost.». 
    2.4.- In dettaglio, secondo  il  rimettente,  il  citato  art.  1
violerebbe l'art.  117,  secondo  comma,  lett.  l),  Cost.,  poiche'
prevede: «a) una nuova ipotesi di impignorabilita' ex lege di  talune
tipologie di fondi; b) una rilevante deroga ai generali  principi  in
tema di esecuzione forzata anche nei confronti delle  amministrazioni
pubbliche; c) un'innovativa ipotesi di nullita' testuale ("rilevabile
anche  d'ufficio  dal  giudice")»,  in  contrasto  con  il  principio
enunciato  da  questa  Corte,  in  virtu'  del  quale  gli   istituti
dell'impignorabilita'     e     dell'insequestrabilita'     attengono
all'ordinamento  processuale,  materia  spettante   alla   competenza
legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 18 del 2004). 
    Peraltro, «a prescindere da questo - pur assorbente  -  profilo»,
la norma regionale violerebbe i principi  di  eguaglianza  (sotto  il
profilo  del  rispetto  della  par  condicio)  e  di   ragionevolezza
(stabilendo ingiustificatamente una diversa disciplina di  situazioni
omologhe) (art. 3 Cost.), in quanto  sottrae  all'esecuzione  forzata
talune assegnazioni di fondi, purche' destinate ad un  numero  chiuso
di finalita' riconducibili allo svolgimento di funzioni essenziali  e
insopprimibili dell'ente di riferimento, prevedendo che  a  tal  fine
sia sufficiente una delibera consortile recante la  dichiarazione  di
impignorabilita'. Siffatta disposizione, in tal  modo,  realizzerebbe
un'ingiustificata disparita'  di  trattamento  tra  i  creditori  dei
consorzi di bonifica (soggetti al citato regime di  impignorabilita',
privo di correttivi e condizioni limitative)  ed  i  creditori  delle
aziende unita' sanitarie locali e degli enti locali, per i  quali  (a
seguito delle sentenze di questa Corte n. 285 del  1995;  n.  69  del
1998  e  n.  211  del  2003)   l'impignorabilita'   e'   condizionata
all'ulteriore    circostanza    dell'inesistenza     di     pagamenti
«preferenziali»  (ossia,  effettuati  dall'ente  di  riferimento   in
assenza di un determinato ordine cronologico). 
    Secondo il Consiglio di Stato, i commi 1 e 2 dell'art. 1 in esame
riprenderebbero altresi' il contenuto essenziale (e, in larga misura,
riprodurrebbero) dell'articolo 159 del decreto legislativo 18  agosto
2000, n. 267 (Testo unico delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti
locali), con  particolare  riguardo  alle  previsioni  del  comma  2.
Pertanto, risulterebbe rilevante la sentenza di questa Corte  n.  211
del 2003, che (richiamando, a sua volta, la sentenza n. 69 del  1998)
ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  di  detto  art.  159,
comma 2, poiche' stabiliva un'irragionevole disparita' di trattamento
tra i creditori degli enti  locali  (assoggettati  ad  un  regime  di
impignorabilita'  subordinato  all'unica  condizione   della   previa
adozione  di  una   delibera   di   quantificazione   degli   importi
impignorabili) ed i creditori delle unita' sanitarie locali (nei  cui
confronti, a seguito della sentenza di questa Corte n. 285 del  1995,
il regime di impignorabilita' operava con l'ulteriore condizione che,
dopo l'adozione della delibera di quantificazione, non fossero  stati
emessi «mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo
l'ordine cronologico  delle  fatture  cosi'  come  pervenute  per  il
pagamento  o,  se  non  e'  prescritta   fattura,   dalla   data   di
deliberazione di impegno da parte dell'ente»). 
    Ad avviso del giudice a quo, il  citato  art.  1  prevedrebbe  un
regime di impignorabilita' analogo a quello stabilito  dall'art.  159
del  d.lgs.  267  del  2000  ed   avrebbe   introdotto   una   nuova,
ingiustificata ipotesi di disparita' di trattamento tra  i  creditori
degli enti locali e delle aziende unita' sanitarie locali (AUSL)  nei
cui confronti, a seguito delle suindicate sentenze di  questa  Corte,
sussiste «un  comune  regime  di  impignorabilita'  rafforzato  quoad
tutelam da un duplice ordine  di  condizioni»,  da  un  canto,  ed  i
creditori dei consorzi di bonifica della Regione Puglia,  dall'altro,
«nei cui confronti opera un regime  di  impignorabilita'  assai  meno
tutelante   e   in   tutto   analogo   a   quello   gia'   dichiarato
costituzionalmente illegittimo - nella sua declinazione  nazionale  -
con la sentenza n. 211 del 2003». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato,  sezione  VI,  con  ordinanza  del  26
settembre 2011, ha sollevato, in riferimento agli articoli  3,  primo
comma, 24, primo e secondo comma, 41,  98,  primo  e  secondo  comma,
(recte: 97, primo e secondo comma) e 117, secondo comma, lettera  l),
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 1 della legge della Regione Puglia 10 ottobre 2003,  n.
23 (Disposizioni urgenti in materia di  Consorzi  di  bonifica  e  di
personale forestale). 
    2.- Il citato art. l stabilisce: «1. A  decorrere  dall'esercizio
finanziario 2003, le assegnazioni di fondi in favore dei Consorzi  di
bonifica ai sensi dell'articolo 16 della legge  regionale  31  maggio
1980, n. 54  e  successive  modificazioni  e  integrazioni  non  sono
soggette a esecuzione forzata, a pena di  nullita'  rilevabile  anche
d'ufficio dal giudice, purche' vengano specificatamente destinate  a:
a)  pagamento  delle  retribuzioni  al  personale  dipendente  e  dei
conseguenti  oneri  previdenziali  per  i  tre  mesi  successivi;  b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti  obbligazionari  scadenti
nel semestre in corso; c) espletamento di attivita' indispensabili  a
garantire  il  funzionamento  tecnico  degli  impianti  gestiti   dai
Consorzi. 2. A tal fine, la dichiarazione  di  impignorabilita'  deve
essere formalizzata con deliberazione da  adottarsi  da  parte  degli
organi di amministrazione del Consorzio  a  cadenza  trimestrale,  da
notificarsi alla Ragioneria della Regione, al Tesoriere  regionale  e
al  Tesoriere  dei  Consorzi  di  bonifica.  3.  Le  disposizioni  su
richiamate trovano applicazione anche in  presenza  di  procedure  di
esecuzione e di espropriazione forzata  non  definite  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge». 
    Secondo il rimettente, detta norma  violerebbe  anzitutto  l'art.
117,  secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  in  quanto:  limita   la
responsabilita' patrimoniale dei  consorzi  di  bonifica,  nonostante
che, in  virtu'  dell'art.  2740  del  codice  civile,  «il  debitore
risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti  i  suoi  beni
presenti e futuri» e che le limitazioni  della  responsabilita'  sono
ammesse nei soli «casi stabiliti dalla  legge»,  dovendo  per  questa
intendersi esclusivamente la legge dello Stato; sottrae alcune «somme
alla garanzia patrimoniale per  obbligazioni  che  nascano  da  altri
titoli, seppure la legge dello  Stato  nulla  preveda  al  riguardo»,
prevedendo «per l'ente in questione, in violazione  della  competenza
esclusiva dello Stato», «un'innominata specie di debiti (tutti quelli
che hanno un tipo di titolo diverso dai tre enunciati)» non assistiti
da garanzia patrimoniale. La disposizione, a suo avviso, opera in una
«materia riservata allo Stato ed incide in  maniera  determinante  ed
ostativa circa la tutelabilita' dei diritti», poiche' introduce:  «a)
una nuova ipotesi di impignorabilita' ex lege di talune tipologie  di
fondi; b) una rilevante  deroga  ai  generali  principi  in  tema  di
esecuzione  forzata  anche  nei   confronti   delle   amministrazioni
pubbliche; c) un'innovativa ipotesi di nullita' testuale ("rilevabile
anche   d'ufficio   dal   giudice")»,   attenendo    la    previsione
dell'impignorabilita'   e   dell'insequestrabilita'   alla    materia
dell'ordinamento processuale. Detta norma si porrebbe,  altresi',  in
contrasto con gli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l) Cost.,  in
quanto «seleziona - intervenendo nella capacita' d'agire dell'ente  e
contrastando il principio di eguaglianza in capo ai creditori - tra i
rapporti debitori dell'ente imponendo per alcuni  di  questi  (quelli
testualmente indicati  dalla  disposizione)  privilegi  non  previsti
dalla legge dello Stato». 
    2.1.- Ad avviso del giudice a quo, il citato art. 1  si  porrebbe
in   contrasto   con   l'art.   41   Cost.,    poiche'    inciderebbe
sull'affidamento  del   contraente   e   rimetterebbe   l'adempimento
dell'obbligazione alla sola  volonta'  del  debitore.  Inoltre,  esso
recherebbe vulnus sia all'art. 24, primo e secondo comma,  Cost.,  in
quanto priverebbe i creditori del diritto all'azione esecutiva e  del
diritto alla  difesa,  sia  all'art.  3  Cost.,  dato  che  introduce
«nell'ordinamento regionale pugliese, l'eccezionale  figura  di  enti
pubblici a responsabilita' patrimoniale  "protetta"»,  in  violazione
del «principio di eguaglianza,  rispetto  agli  altri  enti  pubblici
infraregionali e rispetto  agli  omologhi  enti  di  altre  Regioni»,
nonche'  ai  creditori,  perche'  prevede  alcuni  crediti  che  sono
«totalmente  protetti»,  benche'  questi  non  riguardino  «spese  di
particolare rilievo sociale o pubblico, come quelli della lett. b)». 
    La norma censurata, secondo il rimettente, si  porrebbe,  infine,
in contrasto con gli artt. 3 e 97,  primo  e  secondo  comma,  Cost.,
poiche' limita la capacita' d'agire dell'ente  e  la  responsabilita'
dei suoi amministratori, privandoli della «capacita' di  identificare
secondo  diligenza  i  debiti  cui  adempiere  con   le   risorse   a
disposizione», in violazione del principio di  ragionevolezza  e  del
canone di buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione. 
    3.- Preliminarmente, va osservato che il Consiglio  di  Stato  ha
diffusamente esposto gli argomenti che,  a  suo  avviso,  rendono  la
norma censurata applicabile, anche ratione temporis, alla fattispecie
oggetto  del  processo  principale.  Il   rimettente   ha,   inoltre,
espressamente indicato di  avere  riscontrato  che  il  Consorzio  di
Bonifica Terre d'Apulia non dispone «di altre entrate per far  fronte
alle spese correnti»  e,  con  accertamento  di  fatto  sottratto  al
controllo di questa Corte, ha individuato esclusivamente nella stessa
(non anche in  altre,  eventuali  disposizioni  regionali),  e  nelle
deliberazioni  degli  organi  consortili  adottate  ai  sensi   della
medesima, l'ostacolo all'adozione  dei  provvedimenti  necessari  per
garantire  l'adempimento  degli  obblighi  oggetto   delle   sentenze
pronunciate dal Tribunale ordinario di Bari, passate in giudicato. 
    L'approfondito  ed  ampio   esame   di   detti   profili   svolto
nell'ordinanza di rimessione rende, quindi, applicabile il principio,
costantemente enunciato dalla giurisprudenza costituzionale,  secondo
il quale  sussiste  la  rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale quando, come accaduto nella  specie,  essa  sia  stata
adeguatamente motivata dal  giudice  a  quo  (tra  le  piu'  recenti,
sentenza n. 172 del 2012; ordinanza n. 25 del 2012)  e  questi  abbia
non implausibilmente argomentato in ordine  alle  ragioni  assunte  a
conforto della premessa interpretativa posta a  base  della  medesima
(per tutte, sentenza n. 15 del  2012).  La  sopravvenuta  abrogazione
della legge della Regione Puglia 31 maggio  1980,  n.  54  (Norme  in
materia di determinazione dei comprensori e costituzione dei consorzi
di bonifica integrale) - il cui art. 16 e'  richiamato  dal  comma  1
della norma censurata, per  identificare  le  assegnazioni  di  fondi
sottratte all'esecuzione forzata ai sensi della  stessa  -  da  parte
dell'art. 40, comma 1, lettera a), della legge della  Regione  Puglia
13 marzo 2012, n. 4 (Nuove norme in materia di bonifica  integrale  e
di riordino dei consorzi di bonifica), anche in quanto disposta a far
data dall'entrata in vigore di quest'ultima  legge,  appare,  infine,
inidonea ad  incidere  sulla  perdurante  rilevanza  della  questione
(occorrendo, altresi', considerare che l'art. 8, comma 4, della legge
della  stessa  Regione  21  giugno  2011,  n.  12,   recante   «Norme
straordinarie per i Consorzi di bonifica», ha disposto che  «sono  da
considerarsi erogate (...) ai sensi di quanto previsto» da detto art.
16 una cospicua serie di anticipazioni dallo stesso indicate). 
    4.- La questione sollevata in riferimento all'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. deve essere esaminata per prima,  in  quanto
le censure dirette a contestare il potere della Regione di emanare la
norma in esame, avendo  riguardo  alle  regole  che  disciplinano  il
riparto delle competenze legislative,  hanno  carattere  preliminare,
sotto il profilo logico-giuridico, rispetto a quelle  che  denunciano
la violazione di ulteriori parametri costituzionali (sentenza n.  368
del 2008). 
    La censura e' fondata. 
    4.1.- Questa Corte, di recente, ha dichiarato  costituzionalmente
illegittima una norma regionale di contenuto sostanzialmente  omologo
a quella in esame (art.  25,  comma  2,  della  legge  della  Regione
Campania 19 gennaio 2009, n. 1), la  quale  stabiliva  che  gli  enti
nella stessa indicati «non possono essere sottoposti a  pignoramenti»
(sentenza  n.  123  del  2010).  Siffatta  sentenza,  confermando  un
principio    costantemente     affermato     dalla     giurisprudenza
costituzionale, ha ribadito che «l'ordinamento del diritto privato si
pone quale limite  alla  legislazione  regionale  in  quanto  fondato
sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di
garantire nel territorio  nazionale  l'uniformita'  della  disciplina
dettata per  i  rapporti  tra  privati.  Il  limite  dell'ordinamento
privato,  quindi,  identifica  un'area  riservata   alla   competenza
esclusiva  della  legislazione  statale  e   comprende   i   rapporti
tradizionalmente oggetto di codificazione (ex plurimis,  sentenze  n.
295 del 2009 e n. 352 del 2001;  analogamente,  sentenza  n.  50  del
2005)». La norma scrutinata  -  ha  precisato  la  pronuncia  -  «nel
disporre la suddetta impignorabilita', introduce una  limitazione  al
soddisfacimento patrimoniale delle ragioni dei creditori non prevista
dalla normativa statale  riguardante  la  materia,  assegnando  "alle
situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti patrimoniali
con quegli enti  un  regime,  sostanziale  e  processuale,  peculiare
rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da  quello
di procedura civile) altrimenti  applicabile"  (sentenza  n.  25  del
2007)», incidendo in tal modo su di una materia  riservata  dall'art.
117, secondo comma, lettera l),  Cost.  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    In  precedenza,  questa  Corte  aveva,  altresi',  scrutinato  le
censure proposte da una Regione nei  confronti  della  norma  di  una
legge dello Stato (art. 27, comma 13, della legge 28  dicembre  2001,
n.  448)   che   stabiliva   «un   regime   di   impignorabilita'   e
insequestrabilita' delle  somme  di  competenza  degli  enti  locali,
giacenti nelle contabilita'  speciali  del  Ministero  dell'interno»,
dichiarandole non fondate, sul rilievo  che  concerneva  una  materia
oggetto del parametro costituzionale da ultimo  citato,  poiche'  con
essa  erano  stati  «estesi  degli  istituti,  l'impignorabilita'   e
l'insequestrabilita', gia' conosciuti dal codice di rito (...) di cui
non puo' disconoscersi la natura processuale»  (sentenza  n.  18  del
2004). 
    Alla luce di detti principi, risulta palese che il citato art.  1
-   estendendo,    nei    termini    sopra    indicati,    l'istituto
dell'impignorabilita' (commi 1 e 2) e prevedendo tempi e  modi  della
rilevabilita' della stessa da parte del giudice (commi 1 e  3)  -  ha
introdotto una  limitazione  al  soddisfacimento  patrimoniale  delle
ragioni dei creditori dei consorzi di bonifica ed  ha  stabilito  per
gli stessi un regime peculiare, operando, quindi, nell'ambito di  una
materia attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera  l),  Cost.,
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato e,  conseguentemente,
ne va dichiarata l'illegittimita' costituzionale, restando  assorbita
ogni altra censura. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'articolo  1  della
legge della Regione Puglia  10  ottobre  2003,  n.  23  (Disposizioni
urgenti in materia di Consorzi di bonifica e di personale forestale). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                     Giuseppe TESAURO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI