N. 162 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 22 ottobre 2012 (della Regione Lombardia). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  revisione della spesa pubblica - Riduzione della spesa  degli  enti
  territoriali - Previsione che, ai fini dell'unita' economica  della
  Repubblica,  gli  enti  territoriali  concorrono,  anche   mediante
  riduzione delle spese per  consumi  intermedi,  alla  realizzazione
  degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni
  dell'articolo impugnato, che costituiscono principi fondamentali di
  coordinamento della finanza pubblica, ai  sensi  degli  artt.  117,
  terzo comma, e 119, secondo comma,  della  Costituzione  -  Ricorso
  della Regione Lombardia - Denunciata violazione  del  principio  di
  ragionevolezza - Denunciata violazione del principio  di  autonomia
  degli enti territoriali -  Denunciata  violazione  della  sfera  di
  competenza  legislativa  residuale  della  Regione  in  materia  di
  organizzazione  amministrativa  dei  propri  uffici  -   Denunciata
  violazione  di  obblighi  internazionali   derivanti   da   vincoli
  comunitari e dal  regime  del  c.d.  fiscal  compact  -  Denunciata
  violazione dell'autonomia finanziaria regionale. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 16, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3,  5,  117,  commi  primo,  secondo,  terzo  e
  quarto, e 119. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Disposizioni  urgenti  per  la
  revisione della spesa pubblica - Riduzione della spesa  degli  enti
  territoriali - Previsione che gli obiettivi del patto di stabilita'
  interno delle Regioni a statuto  ordinario  sono  rideterminati  in
  modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno
  2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013,  2014
  e  2015  -  Previsione,  altresi',  che  l'ammontare  del  concorso
  finanziario di ciascuna Regione e' determinato, tenendo conto delle
  analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui
  all'art. 2 del d.l. n. 52 del 2012, convertito, con  modificazioni,
  in legge n. 94 del 2012, dalla Conferenza permanente per i rapporti
  tra lo Stato, le Regioni e le Province  autonome  di  Trento  e  di
  Bolzano e recepite con decreto del Ministero dell'economia e  delle
  finanze entro il 30 settembre  2012  e  che,  in  caso  di  mancata
  deliberazione della predetta Conferenza, il decreto  del  Ministero
  dell'economia e delle finanze  e'  comunque  emanato  entro  il  15
  ottobre,  ripartendo  la  riduzione  in  proporzione   alle   spese
  sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE
  - Ricorso della  Regione  Lombardia  -  Denunciata  violazione  del
  principio di ragionevolezza - Denunciata violazione  del  principio
  di autonomia degli enti territoriali - Denunciata violazione  della
  sfera di competenza legislativa residuale della Regione in  materia
  di organizzazione amministrativa dei  propri  uffici  -  Denunciata
  violazioni  di  obblighi  internazionali   derivanti   da   vincoli
  comunitari e dal  regime  del  c.d.  fiscal  compact  -  Denunciata
  violazione dell'autonomia finanziaria regionale. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 16, comma 2. 
- Costituzione, artt. 3,  5,  117,  commi  primo,  secondo,  terzo  e
  quarto, e 119. 
(GU n.50 del 19-12-2012 )
    Ricorso della Regione Lombardia (C.F.  80050050154),  in  persona
del Presidente della Giunta regionale p.t.,  on.  Roberto  Formigoni,
autorizzato  con  delibera  di  Giunta  Regionale  n.   IX/4178   del
12.10.2012 (doc. 1), rappresentata e  difesa  dall'avv.  prof.  Fabio
Cintioli (C.F. CNTFBA62M23F158G  fabiocintioli@ordineavvocatiroma.org
- fax 0668892383), giusta procura speciale  a  margine  del  presente
atto ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in  Roma,  via
Vittoria Colonna n. 32 
 
                               Contro 
 
    il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  pro  tempore  (C.F.
80188230587), domiciliato per  la  carica  in  Roma,  Palazzo  Chigi,
piazza  Colonna  n.  370  per  la  dichiarazione  di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, del d.l. 6 luglio 2012,  n.
95, recante  «Disposizioni  urgenti  per  la  revisione  della  spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai  cittadini»,  convertito,  con
modificazioni, in 17 agosto 2012, n. 135, pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale 14 agosto 2012 n. 189, per violazione degli articoli 3,  5,
117 e 119 della Costituzione. 
 
                                Fatto 
 
    1. La disposizione qui impugnata e' l'art. 16 del d.1.  6  luglio
2012, n. 95, convertito, con modificazioni, in 1. 7 agosto  2012,  n.
135, intitolato alle «Disposizioni urgenti  per  la  revisione  della
spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» e meglio noto
alle cronache come decreto c.d. spending review. 
    In particolare,  il  presente  ricorso  e'  proposto  da  Regione
Lombardia nei confronti dei commi 1 e 2 dell'art. 16, i quali, per un
verso, sono dedicati al raggiungimento di un contenimento della spesa
pubblica  mediante  rimodulazione  degli  obiettivi  del   patto   di
stabilita' interno delle Regioni a statuto  ordinario  e,  per  altro
verso, assumono come parametro e criterio di ripartizione degli oneri
tra le varie Regioni la voce costituita dai consumi intermedi. 
    2. Il comma 1 dell'art. 16  esordisce  stabilendo  che  «Ai  fini
della  tutela  dell'unita'  economica  della  Repubblica,  gli   enti
territoriali concorrono, anche mediante  riduzione  delle  spese  per
consumi intermedi, alla  realizzazione  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo,
che  costituiscono  principi  fondamentali  di  coordinamento   della
finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo  comma,  e  119,
secondo comma, della Costituzione». 
    Dopo aver enunciato la volonta'  di  pervenire  ad  un  risultato
positivo in termini di finanza pubblica, come si vede il  legislatore
pone l'accento sulla riduzione delle spese per i consumi intermedi. 
    Il  comma  2  prosegue  individuando  la  misura  del   risparmio
perseguito e la rimodulazione del patto di stabilita': «Gli obiettivi
del patto di stabilita' interno delle  regioni  a  statuto  ordinario
sono rideterminati in  modo  tale  da  assicurare  l'importo  di  700
milioni di euro per l'anno 2012  e  di  1.000  milioni  di  euro  per
ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro  a  decorrere
dall'anno 2015». 
    Quindi,  la  disposizione  si  occupa  del  modo  in  cui  questo
sacrificio finanziario debba esser  sostenuto  dalle  Regioni  e  qui
torna, quale parametro cruciale, il riferimento ai consumi intermedi.
«L'ammontare  del  concorso  finanziario  di  ciascuna   regione   e'
determinato, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate
dal commissario straordinario di cui all'art. 2 del  decreto-legge  7
maggio 2012, n. 52, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  6
luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trenta  e  di  Balzano  e
recepite con decreto del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze
entro il 30 settembre 2012. In caso di  mancata  deliberazione  della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano, il  decreto  del  Ministero
dell'economia e delle finanze e' comunque emanato entro il 15 ottobre
2012, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per
consumi intermedi desunte, per fanno 2011, dal SIOPE». 
    3. Il riparto, in definitiva, e' affidato  alla  decisione  della
Conferenza, la quale (cosi' assume implicitamente ma univocamente  la
norrna anche alla luce del suo modo di operare)  dovrebbe  deliberare
all'unanimita'. In mancanza di  una  delibera  della  Conferenza,  la
ripartizione  e'  effettuata   mediante   decreto   ministetiale   in
proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi. 
    Come ben si comprende,  il  criterio  dei  consumi  intermedi  e'
comunque decisivo. 
    In sede di Conferenza, esso consentira' alle Regioni che avessero
dei livelli  di  consumi  intermedi  tendenzialmente  piu'  bassi  di
pretendere una quota corrispondentemente  marginale  della  riduzione
dei trasferimenti e di far valere, conseguentemente, una posizione di
forza nel dialogo istituzionale che ivi si svolgera'. In mancanza  di
accordo,  il  detto  criterio  diviene  direttamente  vincolante  per
volonta' governativa trasfusa in un decreto ad hoc. 
    In questo modo, la norma ragiona col seguente sillogismo: l'onere
finanziario va ripartito tra le Regioni > il  criterio  prescelto  e'
quello dei consumi intermedi > sosterra' il sacrificio via  via  piu'
ingente la Regione che avra' manifestato  il  livello  piu'  alto  di
pagamenti per i consumi intermedi. 
    Come si vede, l'obiettivo e' la riduzione  di  spesa,  i  consumi
intermedi sono visti, per un verso, come indice di spesa «in esubero»
e sostanzialmente come segnale di  non  virtuosa  gestione  dell'ente
territoriale, e, per altro verso, costituiscono il parametro  per  il
riparto senza che questo pero' abbia alcun legame con i  livelli  dei
servizi erogati. 
    4. Il comma 2 prosegue affermando che «Con decreto del  Ministero
dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, sono individuate le risorse  a  qualunque  titolo  dovute
dallo Stato alle regioni a  statuto  ordinario,  incluse  le  risorse
destinate  alla  programmazione  regionale  del  Fondo  per  le  aree
sottoutilizzate,  ed  escluse  quelle  destinate   al   finanziamento
corrente del Servizio sanitario nazionale e  del  trasporto  pubblico
locale,  che  vengono  ridotte,  per  ciascuna  regione,  in   misura
corrispondente agli importi stabiliti ai sensi del primo, del secondo
e  del  terzo  periodo.   La   predetta   riduzione   e'   effettuata
prioritariamente sulle  risorse  diverse  da  quelle  destinate  alla
programmazione regionale del Fondo per le aree  sottoutilizzate».  Si
prevede,  pertanto,  la  riduzione  dei  trasferimenti  statali  alle
regioni. 
    La grave incisivita' della norma e' infine completata dall'ultimo
periodo, secondo il quale addirittura «In caso di insufficienza delle
predette risorse le regioni sono tenute  a  versare  all'entrata  del
bilancio dello Stato le somme residue». Sicche'  quella  Regione  che
avra' subito un giudizio negativo sul fronte dei  consumi  intermedi,
potrebbe trovarsi persino in  condizioni  di  dover  restituire  allo
Stato i trasferimenti effettuati. L'impatto  sulla  programmazione  e
sullo stesso regime della fiscalita' regionale nei  rapporti  con  lo
Stato e' agevolmente intuibile. 
    La disposizione riportata  e'  costituzionalmente  illegittima  e
viene impugnata da Regione Lombardia per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e  2,  del
d.l. n. 95/2012 per violazione degli artt. 3, 5, 117, comma 1, 2, 3 e
4, e 119 della Costituzione. 
    1. Prevedere una riduzione dei trasferimenti statali alle Regioni
e pretendere di ripartirla secondo quel peculiare  indice  rivelatore
che sono  i  consumi  intermedi,  implica  una  scelta  assolutamente
irragionevole, la quale ha per effetto di: 
        (i) premiare le Regioni meno "virtuose" nella gestione  delle
risorse; 
        (ii) sconfinare nelle scelte di organizzazione amministrativa
interna  alla  Regione,  garantite  oltretutto  da   una   sfera   di
legislazione residuale ex art. 117, comma 4, e 
        (iii) condizionare ed orientare la gestione organizzativa  ed
amministrativa regionale per il futuro, comprimendone  le  competenze
ed oltretutto optando per un criterio che non e' affatto in  sintonia
con gli obiettivi di risanamento finanziario e di contenimento  della
spesa  pubblica  i  quali,  a  loro  volta,  corrispondono  al   fine
dell'«equilibrio  dei  bilanci»  regionali,   nonche'   ai   «vincoli
economici  e  finanziari   derivanti   dall'ordinamento   dell'Unione
europea» (art. 119, comma 1). 
    2. Il  punto  di  partenza  del  ragionamento  che  si  sottopone
all'attenzione di Codesta Eccellentissima Corte costituzionale e'  il
seguente. 
    La Regione che avesse pagamenti per consumi intermedi elevati non
necessariamente   ha   effettuato   un   dispendio   eccessivo    e/o
irragionevole delle risorse pubbliche a sua disposizione.  Anzi,  una
analisi accurata, come e' quella effettuata  dagli  osservatori  piu'
attenti  sui  profili  e  sui  dati  di  gestione  finanziaria,  puo'
dimostrare che sovente la Regione che ha mantenuto  un  livello  piu'
basso di consumi intermedi e' quella che ha effettuato  una  gestione
non virtuosa e non coerente con gli obiettivi  di  finanza  pubblica,
cosi' come discendono dai vincoli statali e comunitari. 
    Il  livello  dei  pagamenti  per  consumi  intermedi,  anzitutto,
potrebbe risultare molto basso (specie negli ultimi anni), in  quanto
la Regione ha effettuato i propri pagamenti con grandissimo ritardo. 
    In secondo luogo, una data Regione potrebbe  esibire  un  livello
tenue di consumi intermedi, perche', diversamente  da  altre  Regioni
che  possono  sicuramente  manifestare  una  piu'  virtuosa  gestione
finanziaria, hanno scelto in questi anni  di  ingrandire  la  propria
organizzazione amministrativa,  dirottando  le  risorse  verso  nuove
assunzioni e verso la creazione di nuovi uffici, magari finendo anche
per lambire una situazione di dissesto finanziario. Va  da  se'  che,
proliferando le piante organiche ed aumentando i  consumi  «interni»,
si  possono  si'  verificare  pagamenti  contenuti  per   i   consumi
intermedi, ma il risultato finanziario conclusivo e'  tutt'altro  che
efficiente e tutt'altro che in linea con le esigenze di  contenimento
della spesa. 
    In terzo  luogo,  e  conseguentemente,  una  determinata  Regione
potrebbe avere consumi intermedi ridotti, perche' non ha  effettuato,
come magari sarebbe stato opportuno, operazioni di outsourcing, ossia
il reperimento nel mercato  dei  beni  e  servizi  i  quali  con  ben
maggiore efficienza possono  essere  acquisiti  all'esterno,  optando
viceversa verso una pletorica  organizzazione  amministrativa  ed  un
inevitabile aumento delle spese interne. Del resto, esiste in  questo
senso anche una contraddizione tutta interna al d.l. n. 95 del  2012,
il quale, ad esempio nell'art. 4, ha incentivato le amministrazioni a
rivolgersi all'esterno per le proprie esigenze, celebrando ovviamente
quelle  gare   pubbliche   che   sono   prescritte   dall'ordinamento
comunitario e nazionale. 
    Da ultimo, la Regione che vanta consumi intermedi bassi  potrebbe
«godere» di tale circostanza proprio in quanto, a causa di precedenti
scelte non  virtuose,  ha  ridotto  l'entita'  dei  servizi  pubblici
erogati  ai  cittadini  oppure  ha  evitato  l'ingresso  di   privati
nell'erogazione dei servizi pubblici ampliando cosi' la criticita' di
considerare il livello  dei  pagamenti  senza  alcun  riferimento  al
livello dei servizi erogati. 
    3. In sostanza, la scelta di ripartire il sacrificio  mediante  i
consumi  intermedi  e'  gravemente  irragionevole   e   finisce   per
«bocciare» un modello  di  gestione  improntata  alla  sussidiarieta'
economica, alla riduzione della sfera  organizzativa  pubblica,  alla
ricerca della migliore efficienza nel rapporto tra ente  territoriale
e mercato, sia  per  quanto  concerne  la  selezione  dei  contraenti
esterni sia per quel che concerne la gestione del servizio pubblico. 
    Ebbene, una tale scelta penalizza Regione  Lombardia  ed  incide,
restringendole,   sulle    proprie    competenze    legislative    ed
amministrative. 
    Regione Lombardia vantera' si' un livello cospicuo  di  pagamenti
relativamente a consumi intermedi, ma questo accade in quanto essa: 
        (i) ha assicurato e continua ad  assicurare  a  cittadini  ed
imprese pagamenti tempestivi dei loro crediti; 
        (ii) ha mantenuto entro livelli ragionevolmente contenuti  la
propria   dimensione   organizzativa,   favorendo   l'outsourcing   e
ricercando  all'esterno  dell'apparato  amministrativo  regionale  la
migliore efficienza. 
        (iii) ha inoltre sempre dirottato  le  risorse  conseguite  a
questo tipo di risparmi verso l'incremento dei livelli  del  servizio
pubblico e cosi', ancora una volta, spostando valori economici  dalla
sfera pubblica verso i cittadini e,  pero',  anche  verso  i  consumi
intermedi. 
    4.  La  valutazione  legislativa,  nella  sua   irragionevolezza,
censurabile  anche  ex  art.  3  Cost.,  penalizza  le  Regioni  piu'
virtuose, quale sicuramente puo' vantarsi di essere Regione Lombardia
e compromette  il  piu'  corretto  sviluppo  delle  autonomie  e  del
decentramento, cosi' come voluto dall'art. 5 Cost. 
    Inoltre, col suo modo di procedere, anche in considerazione della
previsione di cui all'ultimo inciso del comma  2  dell'art.  16,  che
rende plausibile persino la  restituzione  di  risorse  riscosse  sul
territorio regionale allo Stato, oltre a contraddire gli obiettivi di
risanamento che derivano anzitutto dai vincoli comunitari e da ultimo
dal regime del c.d. fiscal compact (art.  117,  comma  1,  art.  119,
comma 1, Cost.), invade la competenza  residuale  regionale  ex  art.
117, comma  4,  in  materia  di  organizzazione  dei  propri  uffici,
penalizzando le scelte compiute ed orientando la Regione verso scelte
differenti. 
    Si va  ben  oltre  i  principi  di  coordinamento  della  finanza
pubblica che allo Stato spetta di emanare. 
    La norma si proietta «quantomeno» sino al 2015; sicche'  gia'  il
tener fermo per  un  tempo  cosi'  lungo  il  parametro  dei  consumi
intermedi quale criterio di riparto di un tale sacrificio finanziario
(purtroppo richiesto dalla situazione contingente) produce  l'effetto
di  penalizzare  determinate  politiche  regionali   e   di   imporre
sostanzialmente scelte diverse (da quelle sinora  effettuate,  specie
in ordine al rapporto tra sfera organizzativa pubblica e  ricorso  al
mercato): (i) scelte diverse che sono irragionevoli e non virtuose  e
non in sintonia con l'obiettivo di ridurre la  sfera  pubblica;  (ii)
scelte diverse che non possono essere imposte alla Regione con  legge
statale. 
    In  subordinata,  si   deduce   percio'   anche   la   violazione
dell'autonomia regionale nel reperimento di forme e voci mediante  le
quali pervenire ad un risparmio di  spesa  pubblica.  Si  invoca,  in
proposito,  la  giurisprudenza  di'  questa  Corte  che   ha   sempre
dichiarato costituzionalmente illegittimi i tagli «tematici»  imposti
dallo Stato alle Regioni, mirati su  determinati  capitoli  e  quindi
calibrati in maniera tale da non lasciare alla  regione  medesima  la
facolta' di scegliere il modo in cui effettuare il risparmio di spesa
(Corte cost., n. 390 del 2004, nonche' Corte cost., n. 88 del 2006). 
    5. Si scriveva poc'anzi  che  queste  restrizioni  sono  previste
«quantomeno» sino al  2015.  In  realta',  vanno  anche  oltre  («gli
obiettivi del patto di stabilita' interno  delle  regioni  a  statuto
ordinario sono rideterminati in modo  tale  da  assicurare  l'importo
di...1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015»). 
    Un simile intervento da parte del legislatore  statale  non  puo'
esser consentito poiche' «l'azione di  coordinamento  [della  finanza
pubblica] non puo' mai eccedere i limiti, al  di  la'  dei  quali  si
trasfirmerebbe   in   attivita'   di   direzione   o   in    indebito
condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi» (Corte  cost,  n.
376 del 2003). 
    Le disposizioni introdotte dal legislatore statale non rispettano
neppure le indispensabili condizioni per poter esser qualificate come
«principi fondamentali di coordinamento  della  finanza  pubblici  ai
sensi dell'art. 117 comma 3 Cost. 
    Ed infatti, nella giurisprudenza di Codesta Eccellentissima Corte
«e' ormai consolidato l'orientamento secondo cui  norme  statali  che
fissano  limiti  alla  spesa  di  enti  pubblici  regionali   possono
qualificarsi principi fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica alla seguente duplice condizione: in  primo  luogo,  che  si
limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel
senso  di  un  transitono  contenimento  complessivo,  anche  se  non
generale, della spesa con-ente; in secondo luogo, che  non  prevedano
in modo esaustivo strumenti o  modalita'  per  il  perseguimento  dei
suddetti obiettivi» (Corte cost., n. 289 del 2008; n. 120  del  2008;
n. 169 del 2007; n. 417 del 2005). 
    L'art. 16 commi 1 e 2 del d.l. n.  95/2012  non  soddisfa  alcuna
delle due condizioni se e' vero, come e'  vero,  che  gli  stringenti
limiti   di   spesa   introdotti   (i)   determinano   un    indebito
condizionamento nelle scelte e nell'attivita' della  Regione  e  (ii)
non hanno carattere transitorio  riguardando  gli  anni  2012-2015  e
quelli «a decorrere dall'anno 2015». 
    II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2,  del
di. n. 95/2012 per violazione degli artt. 117 e  119,  comma  3  e  5
Cost. per altro profilo. 
    1. La norma e' illegittima anche per  un  secondo  profilo.  Essa
esordisce affermando che il suo obiettivo e' quello  di  contenere  i
consumi intermedi e tuttavia non si limita, di certo, a cio'. Infatti
collega subito dopo questo obiettivo ad un taglio predeterminato  dei
trasferimenti statali ed utilizza, come detto, il livello dei consumi
intermedi per effettuare il  riparto  di  questo  sacrificio  tra  le
Regioni ordinarie. Per questa via, pero', l'art. 16 altera  anche  il
modo in cui una logica perequativa nei rapporti tra Regioni  dovrebbe
funzionare. 
    Si consideri un ragionamento di questo tipo (l'unico, forse,  che
abbia un minimo di ragionevolezza) per difendere la norma. L'art.  16
intende  distribuire  quel  dato  sacrificio  economico  e   pertanto
utilizza il riferimento ai consumi  intermedi.  I  consumi  intermedi
sono, pur sempre, una manifestazione di «ricchezza» e rientra percio'
nella discrezionalita' del legislatore averli scelti  come  parametro
per ripartire e per perequare. 
    2. Tuttavia, questo tipo di  considerazione,  che  a  ben  vedere
traspare in modo evidente dalla norma, la rende illegittima  per  una
seconda e concorrente ragione. 
    Tale (impropria ed irragionevole) manifestazione  di  «ricchezza»
costituita dai consumi intermedi incide sui trasferimenti statali,  i
quali, ad oggi, sono  com'e'  ben  noto  il  principale  sistema  per
orientare e sostenere la «fiscalita'» regionale.  Chi  avra'  consumi
intermedi  alti,  sopportera'  il  maggior  taglio   delle   risorse,
identificate oltretutto puntualmente dal predetto comma  2  dell'art.
16. Inoltre, esiste il rischio di una restituzione allo Stato per chi
abbia avuto pagamenti per consumi intermedi  molto  elevati  e  debba
dunque subire un taglio particolarmente cospicuo. 
    Questo  effetto  (che  deriva,  lo   si   sottolinea,   dall'aver
utilizzato i consumi intermedi quale criterio di riparto  dei  tagli)
produce una perequazione del tutto particolare: (i) una  perequazione
irragionevole e  dannosa  per  il  futuro,  come  si  e'  cercato  di
dimostrare nell'esposizione del primo motivo) ed oltretutto sganciata
da obiettivi di solidarieta' e coesione; (ii)  una  perequazione  che
non tiene conto e che, anzi, viola la previsione di cui all'art. 119,
comma 3, che ancora  il  funzionamento  del  fondo  perequativo  alla
capacita' fiscale; (iii) una perequazione che  non  rispetta  neppure
l'art. 119, comma 5, il quale prevede che gli oneri necessari per  la
rimozione degli squilibri economico-sociali  e  la  promozione  dello
sviluppo  economico  delle  Regioni  meno  avanzate  debbano   essere
sostenuti dallo Stato e non dalle altre regioni. 
    Il tutto, si sottolinea, con un evidente vulnus  alle  competenze
di Regione Lombardia, nonche' alla sua azione amministrativa ed  alle
risorse per essa disponibili. 
    3. Codesta Corte costituzionale ha gia' affermato  che  non  sono
ammesse forme di ausilio finanziario a favore di determinate  Regioni
che non trovano fondamento ne' nell'art. 119 Cost. ne' nella 1. n. 42
del 2009 e neppure nei decreti legislativi n. 68 del 2011 e n. 88 del
2011 (Corte cost, n. 176 del 2012). 
    L'effetto perequativo implicito (ma  univoco  ed  immediato)  che
discende dal collegare la  riduzione  dei  trasferimenti  ai  consumi
intermedi  realizza  allora   una   perequazione   costituzionalmente
illegittima: essa «non e' comunque riconducibile alle ipotesi di  cui
all'ari. 119 Cost., poiche'  detta  norma  e  quelle  attuatine  sono
esplicite nello stabilire che gli interventi perequativi  e  solidali
devono garantire risorse aggiuntive rispetto a  quelle  reperite  per
l'esercizio  delle  normali  funzioni  e  che  tali  risorse   devono
provenire dallo Stato» (Corte cost. n. 176 del 2012 cit.). 
    Parimenti, la Corte ha  affermato  che  «gli  interventi  statali
fondati sulla differenziazione tra regioni,  volti  a  rimuovere  gli
squilibri economici e sociali, devono seguire  le  modalita'  fissate
dall'art. 119, quinto comma, Cost., senza alterare i vincoli generali
di contenimento della spesa pubblica,  che  non  possono  che  essere
uniformi» (Corte cost., n. 284 del 2009). 
    Ne segue il riconoscimento di un  principio  di  tipicita'  delle
ipotesi e dei procedimenti attinenti alla perequazione regionale, che
caratterizza la scelta effettuata con la riforma  del  titolo  V.  Il
principio di tipicita' non impedisce di certo  che  vengano  adottati
interventi perequativi a favore  delle  collettivita'  economicamente
piu' deboli. Ma cio' potra'  avvenire  solo  attraverso  quei  moduli
legislativi e procedimentali non collidenti con il  dettato  dell'art
119 (Corte cost. n. 176 del 2012  cit.).  Non  v'e'  dubbio  che  «lo
Stato...deve affrontare l'emergenza finanziaria predisponendo  rimedi
che siano consentiti dall'ordinamento costituzionale»  (Corte  cost.,
n. 151 del 2012). 
    Per questi motivi, Regione Lombardia chiede  che  sia  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il  ricorso
e per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art.
16, commi 1 e 2, del d.l. 6  luglio  2012,  n_  95,  convertito,  con
modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, per  violazione  degli
alt. 3, 5, 117  e  119  della  Costituzione,  per  le  ragioni  sopra
esposte. 
    Si produce la Delibera di G.R. n. IX/4178 del 12.10.2012 (doc.1). 
      Roma, 12 ottobre 2012 
 
                        L'avvocato: Cintioli