N. 162 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2012 (della Regione Lombardia). Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riduzione della spesa degli enti territoriali - Previsione che, ai fini dell'unita' economica della Repubblica, gli enti territoriali concorrono, anche mediante riduzione delle spese per consumi intermedi, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni dell'articolo impugnato, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza - Denunciata violazione del principio di autonomia degli enti territoriali - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa residuale della Regione in materia di organizzazione amministrativa dei propri uffici - Denunciata violazione di obblighi internazionali derivanti da vincoli comunitari e dal regime del c.d. fiscal compact - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 16, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 5, 117, commi primo, secondo, terzo e quarto, e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riduzione della spesa degli enti territoriali - Previsione che gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle Regioni a statuto ordinario sono rideterminati in modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 - Previsione, altresi', che l'ammontare del concorso finanziario di ciascuna Regione e' determinato, tenendo conto delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'art. 2 del d.l. n. 52 del 2012, convertito, con modificazioni, in legge n. 94 del 2012, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012 e che, in caso di mancata deliberazione della predetta Conferenza, il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e' comunque emanato entro il 15 ottobre, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza - Denunciata violazione del principio di autonomia degli enti territoriali - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa residuale della Regione in materia di organizzazione amministrativa dei propri uffici - Denunciata violazioni di obblighi internazionali derivanti da vincoli comunitari e dal regime del c.d. fiscal compact - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 16, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 117, commi primo, secondo, terzo e quarto, e 119.(GU n.50 del 19-12-2012 )
Ricorso della Regione Lombardia (C.F. 80050050154), in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., on. Roberto Formigoni, autorizzato con delibera di Giunta Regionale n. IX/4178 del 12.10.2012 (doc. 1), rappresentata e difesa dall'avv. prof. Fabio Cintioli (C.F. CNTFBA62M23F158G fabiocintioli@ordineavvocatiroma.org - fax 0668892383), giusta procura speciale a margine del presente atto ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 32 Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore (C.F. 80188230587), domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», convertito, con modificazioni, in 17 agosto 2012, n. 135, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2012 n. 189, per violazione degli articoli 3, 5, 117 e 119 della Costituzione. Fatto 1. La disposizione qui impugnata e' l'art. 16 del d.1. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, in 1. 7 agosto 2012, n. 135, intitolato alle «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini» e meglio noto alle cronache come decreto c.d. spending review. In particolare, il presente ricorso e' proposto da Regione Lombardia nei confronti dei commi 1 e 2 dell'art. 16, i quali, per un verso, sono dedicati al raggiungimento di un contenimento della spesa pubblica mediante rimodulazione degli obiettivi del patto di stabilita' interno delle Regioni a statuto ordinario e, per altro verso, assumono come parametro e criterio di ripartizione degli oneri tra le varie Regioni la voce costituita dai consumi intermedi. 2. Il comma 1 dell'art. 16 esordisce stabilendo che «Ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, gli enti territoriali concorrono, anche mediante riduzione delle spese per consumi intermedi, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione». Dopo aver enunciato la volonta' di pervenire ad un risultato positivo in termini di finanza pubblica, come si vede il legislatore pone l'accento sulla riduzione delle spese per i consumi intermedi. Il comma 2 prosegue individuando la misura del risparmio perseguito e la rimodulazione del patto di stabilita': «Gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle regioni a statuto ordinario sono rideterminati in modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». Quindi, la disposizione si occupa del modo in cui questo sacrificio finanziario debba esser sostenuto dalle Regioni e qui torna, quale parametro cruciale, il riferimento ai consumi intermedi. «L'ammontare del concorso finanziario di ciascuna regione e' determinato, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trenta e di Balzano e recepite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e' comunque emanato entro il 15 ottobre 2012, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per fanno 2011, dal SIOPE». 3. Il riparto, in definitiva, e' affidato alla decisione della Conferenza, la quale (cosi' assume implicitamente ma univocamente la norrna anche alla luce del suo modo di operare) dovrebbe deliberare all'unanimita'. In mancanza di una delibera della Conferenza, la ripartizione e' effettuata mediante decreto ministetiale in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi. Come ben si comprende, il criterio dei consumi intermedi e' comunque decisivo. In sede di Conferenza, esso consentira' alle Regioni che avessero dei livelli di consumi intermedi tendenzialmente piu' bassi di pretendere una quota corrispondentemente marginale della riduzione dei trasferimenti e di far valere, conseguentemente, una posizione di forza nel dialogo istituzionale che ivi si svolgera'. In mancanza di accordo, il detto criterio diviene direttamente vincolante per volonta' governativa trasfusa in un decreto ad hoc. In questo modo, la norma ragiona col seguente sillogismo: l'onere finanziario va ripartito tra le Regioni > il criterio prescelto e' quello dei consumi intermedi > sosterra' il sacrificio via via piu' ingente la Regione che avra' manifestato il livello piu' alto di pagamenti per i consumi intermedi. Come si vede, l'obiettivo e' la riduzione di spesa, i consumi intermedi sono visti, per un verso, come indice di spesa «in esubero» e sostanzialmente come segnale di non virtuosa gestione dell'ente territoriale, e, per altro verso, costituiscono il parametro per il riparto senza che questo pero' abbia alcun legame con i livelli dei servizi erogati. 4. Il comma 2 prosegue affermando che «Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario, incluse le risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate, ed escluse quelle destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale e del trasporto pubblico locale, che vengono ridotte, per ciascuna regione, in misura corrispondente agli importi stabiliti ai sensi del primo, del secondo e del terzo periodo. La predetta riduzione e' effettuata prioritariamente sulle risorse diverse da quelle destinate alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate». Si prevede, pertanto, la riduzione dei trasferimenti statali alle regioni. La grave incisivita' della norma e' infine completata dall'ultimo periodo, secondo il quale addirittura «In caso di insufficienza delle predette risorse le regioni sono tenute a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue». Sicche' quella Regione che avra' subito un giudizio negativo sul fronte dei consumi intermedi, potrebbe trovarsi persino in condizioni di dover restituire allo Stato i trasferimenti effettuati. L'impatto sulla programmazione e sullo stesso regime della fiscalita' regionale nei rapporti con lo Stato e' agevolmente intuibile. La disposizione riportata e' costituzionalmente illegittima e viene impugnata da Regione Lombardia per i seguenti motivi di Diritto I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, del d.l. n. 95/2012 per violazione degli artt. 3, 5, 117, comma 1, 2, 3 e 4, e 119 della Costituzione. 1. Prevedere una riduzione dei trasferimenti statali alle Regioni e pretendere di ripartirla secondo quel peculiare indice rivelatore che sono i consumi intermedi, implica una scelta assolutamente irragionevole, la quale ha per effetto di: (i) premiare le Regioni meno "virtuose" nella gestione delle risorse; (ii) sconfinare nelle scelte di organizzazione amministrativa interna alla Regione, garantite oltretutto da una sfera di legislazione residuale ex art. 117, comma 4, e (iii) condizionare ed orientare la gestione organizzativa ed amministrativa regionale per il futuro, comprimendone le competenze ed oltretutto optando per un criterio che non e' affatto in sintonia con gli obiettivi di risanamento finanziario e di contenimento della spesa pubblica i quali, a loro volta, corrispondono al fine dell'«equilibrio dei bilanci» regionali, nonche' ai «vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea» (art. 119, comma 1). 2. Il punto di partenza del ragionamento che si sottopone all'attenzione di Codesta Eccellentissima Corte costituzionale e' il seguente. La Regione che avesse pagamenti per consumi intermedi elevati non necessariamente ha effettuato un dispendio eccessivo e/o irragionevole delle risorse pubbliche a sua disposizione. Anzi, una analisi accurata, come e' quella effettuata dagli osservatori piu' attenti sui profili e sui dati di gestione finanziaria, puo' dimostrare che sovente la Regione che ha mantenuto un livello piu' basso di consumi intermedi e' quella che ha effettuato una gestione non virtuosa e non coerente con gli obiettivi di finanza pubblica, cosi' come discendono dai vincoli statali e comunitari. Il livello dei pagamenti per consumi intermedi, anzitutto, potrebbe risultare molto basso (specie negli ultimi anni), in quanto la Regione ha effettuato i propri pagamenti con grandissimo ritardo. In secondo luogo, una data Regione potrebbe esibire un livello tenue di consumi intermedi, perche', diversamente da altre Regioni che possono sicuramente manifestare una piu' virtuosa gestione finanziaria, hanno scelto in questi anni di ingrandire la propria organizzazione amministrativa, dirottando le risorse verso nuove assunzioni e verso la creazione di nuovi uffici, magari finendo anche per lambire una situazione di dissesto finanziario. Va da se' che, proliferando le piante organiche ed aumentando i consumi «interni», si possono si' verificare pagamenti contenuti per i consumi intermedi, ma il risultato finanziario conclusivo e' tutt'altro che efficiente e tutt'altro che in linea con le esigenze di contenimento della spesa. In terzo luogo, e conseguentemente, una determinata Regione potrebbe avere consumi intermedi ridotti, perche' non ha effettuato, come magari sarebbe stato opportuno, operazioni di outsourcing, ossia il reperimento nel mercato dei beni e servizi i quali con ben maggiore efficienza possono essere acquisiti all'esterno, optando viceversa verso una pletorica organizzazione amministrativa ed un inevitabile aumento delle spese interne. Del resto, esiste in questo senso anche una contraddizione tutta interna al d.l. n. 95 del 2012, il quale, ad esempio nell'art. 4, ha incentivato le amministrazioni a rivolgersi all'esterno per le proprie esigenze, celebrando ovviamente quelle gare pubbliche che sono prescritte dall'ordinamento comunitario e nazionale. Da ultimo, la Regione che vanta consumi intermedi bassi potrebbe «godere» di tale circostanza proprio in quanto, a causa di precedenti scelte non virtuose, ha ridotto l'entita' dei servizi pubblici erogati ai cittadini oppure ha evitato l'ingresso di privati nell'erogazione dei servizi pubblici ampliando cosi' la criticita' di considerare il livello dei pagamenti senza alcun riferimento al livello dei servizi erogati. 3. In sostanza, la scelta di ripartire il sacrificio mediante i consumi intermedi e' gravemente irragionevole e finisce per «bocciare» un modello di gestione improntata alla sussidiarieta' economica, alla riduzione della sfera organizzativa pubblica, alla ricerca della migliore efficienza nel rapporto tra ente territoriale e mercato, sia per quanto concerne la selezione dei contraenti esterni sia per quel che concerne la gestione del servizio pubblico. Ebbene, una tale scelta penalizza Regione Lombardia ed incide, restringendole, sulle proprie competenze legislative ed amministrative. Regione Lombardia vantera' si' un livello cospicuo di pagamenti relativamente a consumi intermedi, ma questo accade in quanto essa: (i) ha assicurato e continua ad assicurare a cittadini ed imprese pagamenti tempestivi dei loro crediti; (ii) ha mantenuto entro livelli ragionevolmente contenuti la propria dimensione organizzativa, favorendo l'outsourcing e ricercando all'esterno dell'apparato amministrativo regionale la migliore efficienza. (iii) ha inoltre sempre dirottato le risorse conseguite a questo tipo di risparmi verso l'incremento dei livelli del servizio pubblico e cosi', ancora una volta, spostando valori economici dalla sfera pubblica verso i cittadini e, pero', anche verso i consumi intermedi. 4. La valutazione legislativa, nella sua irragionevolezza, censurabile anche ex art. 3 Cost., penalizza le Regioni piu' virtuose, quale sicuramente puo' vantarsi di essere Regione Lombardia e compromette il piu' corretto sviluppo delle autonomie e del decentramento, cosi' come voluto dall'art. 5 Cost. Inoltre, col suo modo di procedere, anche in considerazione della previsione di cui all'ultimo inciso del comma 2 dell'art. 16, che rende plausibile persino la restituzione di risorse riscosse sul territorio regionale allo Stato, oltre a contraddire gli obiettivi di risanamento che derivano anzitutto dai vincoli comunitari e da ultimo dal regime del c.d. fiscal compact (art. 117, comma 1, art. 119, comma 1, Cost.), invade la competenza residuale regionale ex art. 117, comma 4, in materia di organizzazione dei propri uffici, penalizzando le scelte compiute ed orientando la Regione verso scelte differenti. Si va ben oltre i principi di coordinamento della finanza pubblica che allo Stato spetta di emanare. La norma si proietta «quantomeno» sino al 2015; sicche' gia' il tener fermo per un tempo cosi' lungo il parametro dei consumi intermedi quale criterio di riparto di un tale sacrificio finanziario (purtroppo richiesto dalla situazione contingente) produce l'effetto di penalizzare determinate politiche regionali e di imporre sostanzialmente scelte diverse (da quelle sinora effettuate, specie in ordine al rapporto tra sfera organizzativa pubblica e ricorso al mercato): (i) scelte diverse che sono irragionevoli e non virtuose e non in sintonia con l'obiettivo di ridurre la sfera pubblica; (ii) scelte diverse che non possono essere imposte alla Regione con legge statale. In subordinata, si deduce percio' anche la violazione dell'autonomia regionale nel reperimento di forme e voci mediante le quali pervenire ad un risparmio di spesa pubblica. Si invoca, in proposito, la giurisprudenza di' questa Corte che ha sempre dichiarato costituzionalmente illegittimi i tagli «tematici» imposti dallo Stato alle Regioni, mirati su determinati capitoli e quindi calibrati in maniera tale da non lasciare alla regione medesima la facolta' di scegliere il modo in cui effettuare il risparmio di spesa (Corte cost., n. 390 del 2004, nonche' Corte cost., n. 88 del 2006). 5. Si scriveva poc'anzi che queste restrizioni sono previste «quantomeno» sino al 2015. In realta', vanno anche oltre («gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle regioni a statuto ordinario sono rideterminati in modo tale da assicurare l'importo di...1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015»). Un simile intervento da parte del legislatore statale non puo' esser consentito poiche' «l'azione di coordinamento [della finanza pubblica] non puo' mai eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasfirmerebbe in attivita' di direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi» (Corte cost, n. 376 del 2003). Le disposizioni introdotte dal legislatore statale non rispettano neppure le indispensabili condizioni per poter esser qualificate come «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblici ai sensi dell'art. 117 comma 3 Cost. Ed infatti, nella giurisprudenza di Codesta Eccellentissima Corte «e' ormai consolidato l'orientamento secondo cui norme statali che fissano limiti alla spesa di enti pubblici regionali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitono contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa con-ente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (Corte cost., n. 289 del 2008; n. 120 del 2008; n. 169 del 2007; n. 417 del 2005). L'art. 16 commi 1 e 2 del d.l. n. 95/2012 non soddisfa alcuna delle due condizioni se e' vero, come e' vero, che gli stringenti limiti di spesa introdotti (i) determinano un indebito condizionamento nelle scelte e nell'attivita' della Regione e (ii) non hanno carattere transitorio riguardando gli anni 2012-2015 e quelli «a decorrere dall'anno 2015». II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, del di. n. 95/2012 per violazione degli artt. 117 e 119, comma 3 e 5 Cost. per altro profilo. 1. La norma e' illegittima anche per un secondo profilo. Essa esordisce affermando che il suo obiettivo e' quello di contenere i consumi intermedi e tuttavia non si limita, di certo, a cio'. Infatti collega subito dopo questo obiettivo ad un taglio predeterminato dei trasferimenti statali ed utilizza, come detto, il livello dei consumi intermedi per effettuare il riparto di questo sacrificio tra le Regioni ordinarie. Per questa via, pero', l'art. 16 altera anche il modo in cui una logica perequativa nei rapporti tra Regioni dovrebbe funzionare. Si consideri un ragionamento di questo tipo (l'unico, forse, che abbia un minimo di ragionevolezza) per difendere la norma. L'art. 16 intende distribuire quel dato sacrificio economico e pertanto utilizza il riferimento ai consumi intermedi. I consumi intermedi sono, pur sempre, una manifestazione di «ricchezza» e rientra percio' nella discrezionalita' del legislatore averli scelti come parametro per ripartire e per perequare. 2. Tuttavia, questo tipo di considerazione, che a ben vedere traspare in modo evidente dalla norma, la rende illegittima per una seconda e concorrente ragione. Tale (impropria ed irragionevole) manifestazione di «ricchezza» costituita dai consumi intermedi incide sui trasferimenti statali, i quali, ad oggi, sono com'e' ben noto il principale sistema per orientare e sostenere la «fiscalita'» regionale. Chi avra' consumi intermedi alti, sopportera' il maggior taglio delle risorse, identificate oltretutto puntualmente dal predetto comma 2 dell'art. 16. Inoltre, esiste il rischio di una restituzione allo Stato per chi abbia avuto pagamenti per consumi intermedi molto elevati e debba dunque subire un taglio particolarmente cospicuo. Questo effetto (che deriva, lo si sottolinea, dall'aver utilizzato i consumi intermedi quale criterio di riparto dei tagli) produce una perequazione del tutto particolare: (i) una perequazione irragionevole e dannosa per il futuro, come si e' cercato di dimostrare nell'esposizione del primo motivo) ed oltretutto sganciata da obiettivi di solidarieta' e coesione; (ii) una perequazione che non tiene conto e che, anzi, viola la previsione di cui all'art. 119, comma 3, che ancora il funzionamento del fondo perequativo alla capacita' fiscale; (iii) una perequazione che non rispetta neppure l'art. 119, comma 5, il quale prevede che gli oneri necessari per la rimozione degli squilibri economico-sociali e la promozione dello sviluppo economico delle Regioni meno avanzate debbano essere sostenuti dallo Stato e non dalle altre regioni. Il tutto, si sottolinea, con un evidente vulnus alle competenze di Regione Lombardia, nonche' alla sua azione amministrativa ed alle risorse per essa disponibili. 3. Codesta Corte costituzionale ha gia' affermato che non sono ammesse forme di ausilio finanziario a favore di determinate Regioni che non trovano fondamento ne' nell'art. 119 Cost. ne' nella 1. n. 42 del 2009 e neppure nei decreti legislativi n. 68 del 2011 e n. 88 del 2011 (Corte cost, n. 176 del 2012). L'effetto perequativo implicito (ma univoco ed immediato) che discende dal collegare la riduzione dei trasferimenti ai consumi intermedi realizza allora una perequazione costituzionalmente illegittima: essa «non e' comunque riconducibile alle ipotesi di cui all'ari. 119 Cost., poiche' detta norma e quelle attuatine sono esplicite nello stabilire che gli interventi perequativi e solidali devono garantire risorse aggiuntive rispetto a quelle reperite per l'esercizio delle normali funzioni e che tali risorse devono provenire dallo Stato» (Corte cost. n. 176 del 2012 cit.). Parimenti, la Corte ha affermato che «gli interventi statali fondati sulla differenziazione tra regioni, volti a rimuovere gli squilibri economici e sociali, devono seguire le modalita' fissate dall'art. 119, quinto comma, Cost., senza alterare i vincoli generali di contenimento della spesa pubblica, che non possono che essere uniformi» (Corte cost., n. 284 del 2009). Ne segue il riconoscimento di un principio di tipicita' delle ipotesi e dei procedimenti attinenti alla perequazione regionale, che caratterizza la scelta effettuata con la riforma del titolo V. Il principio di tipicita' non impedisce di certo che vengano adottati interventi perequativi a favore delle collettivita' economicamente piu' deboli. Ma cio' potra' avvenire solo attraverso quei moduli legislativi e procedimentali non collidenti con il dettato dell'art 119 (Corte cost. n. 176 del 2012 cit.). Non v'e' dubbio che «lo Stato...deve affrontare l'emergenza finanziaria predisponendo rimedi che siano consentiti dall'ordinamento costituzionale» (Corte cost., n. 151 del 2012). Per questi motivi, Regione Lombardia chiede che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso e per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, del d.l. 6 luglio 2012, n_ 95, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, per violazione degli alt. 3, 5, 117 e 119 della Costituzione, per le ragioni sopra esposte. Si produce la Delibera di G.R. n. IX/4178 del 12.10.2012 (doc.1). Roma, 12 ottobre 2012 L'avvocato: Cintioli