N. 287 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 settembre 2012
Ordinanza del 25 settembre 2012 emessa dal Tribunale di Vercelli nel procedimento civile promosso da Fiom - Federazione impiegati operai metalmeccanici - Federazione provinciale di Vercelli e Valsesia contro FIAT Group Automobiles Spa. Lavoro e occupazione - Statuto dei lavoratori - Attivita' sindacale - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali - Limitazione alle sole associazioni sindacali firmatarie di un contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva - Lesione del principio solidaristico - Violazione del principio di uguaglianza - Violazione del principio di liberta' sindacale. - Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, lett. b). - Costituzione, artt. 2, 3 e 39.(GU n.51 del 27-12-2012 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 336/12 R.G.L.; Letti gli atti per sciogliere la riserva; Osserva 1. Con ricorso ex art. 28 1. 300/1970, la FIOM - Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici - Federazione Provinciale di Vercelli e Valsesia, ha chiesto di accertare e dichiarare l'antisindacalita' della condotta della societa' FIAT Group Automobiles s.p.a., consistente nell'aver negato l'efficacia e la legittimita' delle nomine dei dirigenti della rappresentanza sindacale aziendale FIOM presso l'unita' produttiva di Balocco, via Cascina Bella Luigina; nell'aver negato l'esercizio dei diritti di cui agli artt. 19 e 30 st. lav. e conseguentemente nell'aver limitato l'esercizio dell'attivita' sindacale dell'associazione ricorrente attraverso le sue diramazioni periferiche e l'uso dei diritti di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori; nell'avere, con la condotta di cui sopra, gravemente leso l'immagine dell'organizzazione sindacale ricorrente quale soggetto contrattuale rappresentativo, in generale nei confronti dei dipendenti delle societa' convenute ed in particolare nei confronti dei lavoratori iscritti alla FIOM, privati dalla possibilita' di una loro rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro. Conseguentemente ha chiesto di ordinare la cessazione della condotta e, ai fini della rimozione dei suoi effetti, di intimare alla societa' convenuta di consentire la nomina della r.s.a. FIOM e di riconoscerla, attribuendo ad essa tutti i diritti conseguenti derivanti dalla legge (Titolo III della legge n. 300/1970, con particolare riferimento ai diritti di cui all'art. 30 st. lav.) e dal contratto, e di dare conferma di cio' con esplicita dichiarazione scritta da inviare all'organizzazione ricorrente ed a tutti i suoi dipendenti; di ordinare alla societa' convenuta di affiggere il decreto in azienda in luogo accessibile a tutti per trenta giorni, nonche' di pubblicarne copia integrale a proprie spese sui quotidiani La Repubblica, il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore, il Manifesto, Il Resto del Carlino e l'Unita', in caratteri doppi rispetto al normale e in dimensioni non inferiori a 40 moduli, entro quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento. A sostegno della domanda ha esposto, in sintesi, che la FIOM, pur avendo partecipato alle trattative per la stipula di tutti i contratti del Gruppo FIAT, ed in particolare alle trattative relative al contratto per lo stabilimento di Pomigliano, poi esteso a tutte le aziende del Gruppo, non ha sottoscritto il contratto collettivo di lavoro in data 13 dicembre 2011, non condividendone il contenuto. Detto contratto prevede tra l'altro che i diritti sindacali vengano regolati secondo le previsioni della legge n. 300/1970, e che la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali a norma dell'art. 19 st. lav. sia consentita solo alle organizzazioni sindacali dei lavoratori firmatarie del contratto predetto. Ha quindi dichiarato: di aver comunicato alla convenuta che si sarebbero tenute riunioni sindacali alle quali avrebbe preso parte il lavoratore Gennaro Marco, per il quale si chiedevano permessi retribuiti, comunicazioni alle quali la societa' convenuta aveva risposto negando i permessi poiche' la FIOM non era firmataria del contratto collettivo del 13 dicembre 2011; di aver comunicato alla societa' resistente la nomina dei dirigenti della R.S.A. FIOM presso l'unita' produttiva della FIAT Group Automobiles s.p.a. sita in Balocco, comunicazione alla quale la societa' resistente aveva risposto negativamente invocando il disposto dell'art. 19 st. lav.; di aver comunicato successivamente alla FIAT Group Automobiles che presso la societa' convenuta si sarebbe svolta l'assemblea dei lavoratori durante l'orario di lavoro retribuito, e di aver richiesto permessi retribuiti per consentire ai lavoratori membri del Comitato Direttivo Provinciale di partecipare a riunioni, e di avere ricevuto altrettanti dinieghi. Ha affermato la perdurante applicazione ai propri iscritti del CCNL sottoscritto il 20 gennaio 2008 e di altri contratti collettivi applicati in azienda, quali quelli istitutivi del Fondo Cometa, del Fondo Integrativo Sanitario, di Fondimpresa e del Comitato Aziendale Europeo. In punto di diritto la ricorrente ha invocato una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 19 st. lav. che valorizzi la rappresentativita' effettiva del sindacato, discostandosi dal dato letterale riferito alle organizzazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva. La convenuta ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi o, comunque, respingersi le domande argomentando in base alla lettera dell'art. 19 st. lav., che riconosce la possibilita' di costituire rappresentanze sindacali aziendali unicamente alle associazioni firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, ed evidenziando che il CCNL del 2008 non trova piu' alcuna applicazione nell'azienda, in seguito alla sottoscrizione dell'accordo in data 13 dicembre 2011 che ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori, mentre i restanti contratti collettivi menzionati dalla controparte non hanno natura normativa e pertanto non legittimano l'organizzazione sindacale firmataria a godere dei diritti di cui all'art. 19 st. lav. 2. Al fine di decidere sulla domanda proposta si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 1970. Non appare di ostacolo all'ammissibilita' della questione la natura del procedimento di cui all'art. 28 st. lav. Come la Corte costituzionale ha affermato, poiche' «l'azione ex art. 28 non e' diretta a una tutela di condanna ma a una tutela inibitoria di un comportamento continuato con effetti permanenti, la prospettazione (...) di illegittimita' costituzionale della norma permissiva della condotta denunciata e' idonea a fondare la domanda di pronuncia dell'ordine giudiziale di cessazione del comportamento e di rimozione degli effetti, subordinatamente alla condizione della sopravvenienza di una sentenza costituzionale che ne determini l'illegittimita'. Ne' varrebbe replicare che l'ipotizzata dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 19 indurrebbe presumibilmente il datore di lavoro a desistere spontaneamente, perche' anche in questa prospettiva l'incidente di costituzionalita' conserverebbe rilevanza per la definizione del giudizio principale, il quale si chiuderebbe con un provvedimento di merito motivato dalla cessazione della materia del contendere» (Corte cost., n. 244 del 1996). 3. In ordine alla rilevanza della questione, va premesso che in data 21 novembre 2011 tutte le societa' del Gruppo Fiat e del Gruppo Fiat Industrial, tra cui la convenuta, hanno comunicato alle organizzazioni sindacali il recesso, a far data dal 1° gennaio 2012, da tutti i contratti applicati nei rispettivi Gruppi e da tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti (cfr. ricorso pag. 2; memoria di costituzione pag. 11; doc. 9 di parte convenuta). In data 13 dicembre 2011 la Fiat s.p.a. con le societa' del Gruppo Fiat e la Fiat Industrial s.p.a. con le societa' del Gruppo Fiat Industrial, insieme alle organizzazioni sindacali FIM-CISL, UILM-UIL, FISMIC, UGL Metalmeccanici e Associazione Quadri e Capi Fiat hanno convenuto l'applicazione, a partire dal 1° gennaio 2012, a tutti i lavoratori delle societa' dei Gruppi Fiat e Fiat Industrial (cio' in applicazione del disposto dell'art. 8 d.l. n. 138/2011 conv. in legge n. 148/2011), del contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello (CCSL), sottoscritto il 29 dicembre 2010, nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011. Detto contratto prevede, all'art. 1, che rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite, ai sensi dell'art. 19 della legge n. 300 del 1970, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori firmatarie di quel contratto collettivo. Successivamente il sindacato ricorrente ha comunicato la nomina dei propri dirigenti della r.s.a. e ha inoltrato alla resistente le ulteriori comunicazioni di cui alla narrativa del ricorso, meglio descritte in precedenza, ricevendo altrettanti dinieghi dalla societa' resistente, in considerazione del fatto che, non essendo la FIOM firmataria del contratto collettivo applicato, non aveva diritto a nominare rappresentanze sindacali aziendali ne' a godere di permessi retribuiti ne' a convocare assemblee durante l'orario di lavoro. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) dello Statuto dei Lavoratori e' rilevante in quanto, se fosse dichiarata incostituzionale tale norma, il mancato riconoscimento dell'efficacia delle delibere di nomina dei dirigenti della r.s.a. FIOM-CGIL e, piu' in generale, il rifiuto di riconoscere ai lavoratori iscritti alla FIOM il diritto di costituire le r.s.a. e di godere dei diritti previsti dal Titolo III, integrerebbero una condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970. Non determina l'irrilevanza della questione la circostanza che la FIOM sia firmataria dei contratti collettivi istitutivi del Fondo Cometa, del Fondo Integrativo Sanitario, di Fondimpresa e del Comitato Aziendale Europeo, posto che, secondo una consolidata giurisprudenza, l'art. 19 st. lav. si riferisce alle sole organizzazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi normativi e non anche di contratti gestionali applicati nell'unita' produttiva (cfr. Corte cost. n. 244/1996, Cass. n. 19275/2008), per cui dall'attuale vigenza di detti contratti, che hanno natura gestionale, non puo' desumersi il diritto della FIOM di costituire r.s.a. e di godere delle restanti tutele di cui al Titolo III dello Statuto dei Lavoratori. Neppure determina l'irrilevanza della questione la circostanza che la FIOM sia firmataria del CCNL del 2008, considerato che detto contratto a far data dal 1° gennaio 2012 non e' piu' applicato nell'unita' produttiva neppure con riferimento ai lavoratori iscritti al sindacato ricorrente, atteso che il c.d. CCSL, nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011, sottoscritto dalle altre associazioni sindacali, ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, essendo stato sottoscritto sulla base di un criterio maggioritario, in forza del disposto dell'art. 8 d.l. n. 138/2011 conv. in legge n. 148/2011. 4. A conferma della rilevanza della questione ai fini della soluzione della controversia va evidenziata l'impossibilita' di addivenire ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 19, lettera b) st. lav. Qualsiasi tentativo in tal senso si pone in contrasto sia con la lettera che con la ratio della norma in esame. L'art. 19 della legge n. 300 del 1970, nella formulazione successiva al referendum del 1995, prevede che «Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unita' produttiva, nell'ambito: b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva». La formulazione letterale dell'articolo deriva dalla consultazione referendaria indetta con d.P.R. n. 312/1995, che ha abrogato l'art. 19 lettera a), che prevedeva che le r.s.a. potessero essere costituite dalle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ed ha modificato la lettera b), abrogando il riferimento al carattere nazionale o provinciale della contrattazione sottoscritta dall'associazione sindacale. La lettera della disposizione, risultante dall'abrogazione referendaria, ha eliminato la presunzione di maggiore rappresentativita' derivante dall'adesione alle associazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale ed ha introdotto una presunzione di maggiore rappresentativita' ricavata dall'effettivita' dell'azione sindacale, il cui unico indice e' la sottoscrizione di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva. Non e' possibile un'interpretazione estensiva di tale requisito, poiche' come ha affermato la Corte costituzionale, «L'esigenza di oggettivita' del criterio legale di selezione comporta un'interpretazione rigorosa della fattispecie dell'art. 19, tale da far coincidere il criterio con la capacita' del sindacato di imporsi al datore di lavoro, direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale» (Corte cost. n. 244/1996). Dell'impossibilita' di addivenire ad una diversa interpretazione della norma non sembra potersi dubitare neppure alla luce della esistenza di una opinione giurisprudenziale di diverso avviso, che ha condotto all'accoglimento da parte di alcuni Tribunali di analoghi ricorsi proposti dalla FIOM, poiche' da un lato detta opinione giurisprudenziale e' in contrasto con altre numerose pronunce in senso opposto, come si evince dalla produzione documentale delle parti, dall'altro, secondo la giurisprudenza costituzionale, «l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimita' costituzionale» (Corte cost. nn. 219/2008, 26/2010, 78/2012) e l'ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale «non e' (...) pregiudicata dalla presenza di pronunce giudiziali che abbiano si' conseguito l'adeguamento della norma alla Costituzione, ma per il tramite di interpretazioni eccentriche e palesemente contrarie al dettato letterale della legge» (cosi' Corte cost. n. 219/2008). Dalla impossibilita' di addivenire ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma che consenta il riconoscimento del diritto di costituire r.s.a. sulla base di un criterio di rappresentativita' effettiva, non necessariamente vincolato alla stipula di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, deriva, in punto di rilevanza della questione, che, qualora il disposto dell'art. 19 non fosse dichiarato costituzionalmente illegittimo, non potrebbe riconoscersi in capo alla FIOM il diritto di costituire r.s.a., e di conseguenza la condotta della societa' resistente non integrerebbe comportamento antisindacale. 5. Successivamente al referendum che ha modificato il disposto dell'art. 19 st. lav. la perdurante rilevanza del criterio della maggiore rappresentativita' per la scelta del legislatore dei sindacati ai quali attribuire una tutela piu' intensa rispetto a quella costituzionalmente necessitata e' stata affermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 492 del 1995, per essere il riferimento alle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva di cui alla lettera b) null'altro che una presunzione della maggiore rappresentativita' ricavata dalla effettivita' dell'azione sindacale. Tuttavia in seguito la Corte, con sentenza n. 244 del 1996, ha escluso la rilevanza di altri indici di rappresentativita' al di fuori di quello normativamente previsto ed ha ritenuto conforme alla Costituzione la limitazione al solo indice derivante dalla sottoscrizione di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva. In particolare, il Giudice costituzionale ha affermato che «L'art. 19 "valorizza l'effettivita' dell'azione sindacale, desumibile dalla partecipazione alla formazione della normativa contrattuale collettiva" (sentenza n. 492 del 1995) quale indicatore di rappresentativita' gia' apprezzato dalla sentenza n. 54 del 1974 come "non attribuibile arbitrariamente o artificialmente, ma sempre direttamente conseguibile e realizzabile da ogni associazione sindacale in base a propri atti concreti e oggettivamente accertabili dal giudice", prendendo poi atto del rifiuto, da parte della volonta' popolare, del principio di rappresentativita' presunta sotteso all'abrogata lettera a), e giustificando la circostanza che l'unico indice giuridicamente rilevante di rappresentativita' effettiva sia identificato dal legislatore nella sottoscrizione di contratti collettivi applicati in azienda in virtu' della corrispondenza, in linea storico-sociologica, e quindi di razionalita' pratica, di tale criterio allo strumento di misurazione della forza di un sindacato, e di riflesso della sua rappresentativita', tipicamente proprio dell'ordinamento sindacale. Nella medesima pronuncia la Corte ha quindi rilevato che l'art. 19 nel testo risultante dalla consultazione referendaria "non viola l'art. 39 Cost. perche' le norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive, in quanto sopravanzano la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, ben possono essere riservate a certi sindacati identificati mediante criteri scelti discrezionalmente nei limiti della razionalita'; non viola l'art. 3 Cost. perche', una volta riconosciuto il potere discrezionale del legislatore di selezionare i beneficiari di quelle norme, le associazioni sindacali rappresentate nelle aziende vengono differenziate in base a (ragionevoli) criteri prestabiliti dalla legge, di guisa che la possibilita' di dimostrare la propria rappresentativita' per altre vie diventa irrilevante ai fini del principio di eguaglianza".». Proprio tali ultime affermazioni ad avviso del Tribunale portano a dubitare, alla luce del mutato quadro storico-sociologico, dell'attuale conformita' alla Costituzione del dettato normativo che individua la maggiore rappresentativita' attraverso l'esclusivo riferimento alla stipula di contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva. Le modifiche intervenute negli ultimi anni nelle relazioni sindacali, a cui hanno fatto seguito modifiche normative, inducono infatti, sulla scia dell'orientamento gia' espresso dal Tribunale di Modena con ordinanza del 4 giugno 2012 (reg. ord. Corte cost. n. 202/2012), a riproporre la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 lettera b) della legge n. 300/1970 per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, nella parte in cui consente la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle sole associazioni che hanno sottoscritto contratti collettivi applicati nell'unita' produttiva, a prescindere dalla misura di rappresentativita' delle stesse e dall'accesso e partecipazione al negoziato. Pur essendo la questione gia' stata proposta dal Tribunale di Modena, l'inesistenza di una previsione che consenta la semplice sospensione dei processi in corso per i quali la questione promossa in altro procedimento sia rilevante e la natura cautelare del presente procedimento, alla quale mal si addicono provvedimenti di mero rinvio, suggeriscono, previo assolvimento dell'onere di motivazione da parte del Tribunale, la diretta proposizione della questione alla Corte costituzionale, affinche' la stessa sia decisa unitamente a quella gia' sollevata dal Tribunale di Modena con ordinanza del 4 giugno 2012 (reg. ord. Corte cost. n. 202/2012). 6. Negli anni in cui fu promosso il referendum e per molti anni successivamente i sindacati maggiormente rappresentativi sottoscrivevano di norma tutti i contratti unitariamente. L'automatismo tracciato dalla Corte costituzionale tra sottoscrizione del contratto collettivo di lavoro applicato in azienda e rappresentativita' aveva come presupposto l'unitarieta' di azione dei sindacati maggiormente rappresentativi e l'unitaria sottoscrizione dei contratti collettivi di lavoro, sicche', ragionevolmente, quella sottoscrizione poteva essere assunta a criterio misuratore della forza del sindacato e della sua rappresentativita'. Le eccezioni di legittimita' costituzionale dell'art. 19 st. lav., tra cui quella che condusse alla sentenza n. 244 del 1996, furono infatti tutte sollevate in procedimenti promossi, ai sensi dell'art. 28 st. lav., da associazioni sindacali minoritarie al fine di contestare la riserva delle prerogative di cui al Titolo III ai soli sindacati firmatari di contratti, e la Corte non ebbe difficolta' a respingere le eccezioni, sottolineando la duplice esigenza di far convergere le misure di sostegno a favore delle organizzazioni maggiormente in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori e di evitare che una eccessiva estensione dei beneficiari potesse vanificare gli scopi delle norme di promozione. Le attuali relazioni sindacali, come emerge dagli atti di causa, sono invece caratterizzate dalla rottura dell'unita' di azione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, dalla conclusione di contratti collettivi non sottoscritti da tutte dette organizzazioni e, in particolare, da iniziative poste in essere dal Gruppo Fiat, di cui la societa' convenuta fa parte, che hanno portato alla creazione di un nuovo autonomo sistema contrattuale. Fiat s.p.a. e Fiat Industrial s.p.a., uscite da Confindustria con effetto dal 1° gennaio 2012, hanno sottoscritto, per conto delle societa' del Gruppo, l'accordo del 13 dicembre 2011 con le organizzazioni sindacali FIM, UILM, FISMIC, UGL Metalmeccanici e Associazione Quadri e Capi Fiat, concordando l'applicazione a far data dal gennaio 2012 del Contratto collettivo specifico di lavoro di primo livello (cd. CCSL) del 29 dicembre 2010, nella stesura definitiva del 13 dicembre 2011, in luogo del CCNL degli addetti all'industria metalmeccanica, contratto che si estende a tutti i lavoratori in applicazione del disposto dell'art. 8 d.l. n. 138/2011 conv. in legge n. 148/2011. La FIOM, benche' sia stata convocata a partecipare a tutti i tavoli negoziali (cfr. memoria di costituzione, pag. 6) e benche' abbia partecipato alle trattative relative al contratto per lo stabilimento di Pomigliano, poi esteso alle aziende del gruppo (cfr. ricorso, pag. 2), non ha sottoscritto il CCSL, che e' l'unico contratto normativo attualmente applicato nell'unita' produttiva della convenuta. Di conseguenza, secondo l'attuale formulazione dell'art. 19 st. lav., i lavoratori iscritti alla FIOM non hanno diritto di costituire rappresentanze sindacali aziendali poiche' la FIOM non e' firmataria del contratto collettivo applicato nell'azienda convenuta. Non e' contestato che la FIOM sia uno dei sindacati maggiormente rappresentativi, specificamente nel settore metalmeccanico, e risulta dagli atti che presso la societa' convenuta essa goda di maggiore rappresentativita' rispetto agli altri sindacati (cfr. documento n. 18 allegato al ricorso relativo alle nomine delle RSU). In considerazione del mutato quadro dei rapporti sindacali il criterio selettivo di cui all' art. 19, lettera b) st. lav., incentrato sulla sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, non appare piu' ragionevole, non potendo costituire adeguato indice della effettiva rappresentativita' di un sindacato. E' venuta meno l'attendibilita' dell'indice della sottoscrizione del contratto collettivo scelto dal legislatore al fine di identificare la rappresentativita' e l'effettivita' dell'azione sindacale, ossia la corrispondenza, in linea storico-sociologica, e quindi di razionalita' pratica, di tale criterio allo strumento di misurazione della forza del sindacato, e di riflesso della sua rappresentativita', tipicamente proprio dell'ordinamento sindacale, che giustificava, secondo il Giudice delle Leggi, la scelta del legislatore di assumere quale unico indice giuridicamente rilevante di rappresentativita' effettiva quello della sottoscrizione di contratti collettivi applicati in azienda, e dunque la ragionevolezza di detto criterio (cfr. Corte cost. sent. n. 244/1996). In definitiva, sono venute meno le ragioni che nella richiamata pronuncia avevano indotto la Corte ad escludere il contrasto della scelta legislativa con l'art. 39 Cost., da identificarsi nella scelta razionale dei sindacati ai quali riservare norme di sostegno dell'azione sindacale nelle unita' produttive che sopravanzino la garanzia costituzionale della liberta' sindacale, e quelle che avevano indotto la stessa Corte ad escludere il contrasto della norma con l'art. 3 Cost., ossia la ragionevolezza del criterio di differenziazione tra le associazioni sindacali. Le ragioni che inducono a ritenere la sopravvenuta irragionevolezza della scelta del legislatore, oltre che la sua incompatibilita' con il disposto degli artt. 2 e 39 Cost., sono state ben evidenziate nella gia' citata ordinanza di rimessione del Tribunale di Modena del 4 giugno 2012, che questo Tribunale condivide integralmente. Secondo la richiamata ordinanza «Dottrina e giurisprudenza hanno piu' volte rimarcato il ruolo preminente, quale indice di rappresentativita', della partecipazione alla procedura di contrattazione rispetto al dato formale e terminale della sottoscrizione del contratto collettivo. La giurisprudenza sul testo originario dell'art. 19, lettera b) aveva avuto modo di rilevare come «il riferimento della norma in esame al contratto collettivo non e' relativo ai suoi effetti giuridici (la sottoscrizione in se'), ma e' sempre assunto ad indice della maggiore rappresentativita'. Quindi, cio' che e' rilevante non e' il dato formale di essere parte di un contratto collettivo, ma il dato sostanziale di aver mostrato la propria rappresentativita', prendendo parte effettiva al processo di contrattazione», (Cass., 6613/88; cfr. anche Cass., 18260/2010). All'indomani del referendum, la dottrina sottolineo' come: «l'abrogazione del requisito riferito alla maggiore rappresentativita' della Confederazione sindacale dovrebbe sollecitare l'inteprete a ricercare un contenuto sostanziale per l'unico criterio selettivo oggi vigente, senza fermarsi al dato letterale ... D'altronde, mentre la partecipazione al negoziato e' un dato che evidenzia l'effettiva forza contrattuale e, di riflesso, la capacita' rappresentativa del sindacato, la mera sottoscrizione dell'accordo si palesa come un elemento che puo' essere rimesso alla valutazione del datore di lavoro». Occorre poi considerare che le due chiavi di accesso alla tutela privilegiata dell'articolo 19, rappresentate dalle lettere a) e b) nell'originaria formulazione, rispondevano alla medesima esigenza di selezionare un sindacato che, in quanto piu' rappresentativo di un altro, fosse meritevole di una speciale tutela, ulteriore rispetto alla mera garanzia della liberta' sindacale, assicurata dall'articolo 39 della Costituzione. Tale esigenza non puo' dirsi venuta meno a seguito della parziale abrogazione referendaria, ed anzi essa deve essere considerata tuttora immanente al criterio di rappresentativita' espresso dalla sola lettera b), come emendata, in quanto espressione di valori costituzionalmente tutelati. La Corte costituzionale nella sentenza n. 334 del 1988 ha evidenziato come il meccanismo selettivo di sostegno qualificato dell'azione sindacale debba essere «funzionale al carattere indivisibile degli interessi dei lavoratori» e «favorire un processo di aggregazione e di coordinamento degli interessi dei vari gruppi professionali, anche al fine di ricomporre, ove possibile, le spinte particolaristiche in un quadro unitario». Finalita', questa, «coerente al complessivo disegno cui e' informata la Carta costituzionale nel quale anche l'art. 39 va inserito: e cioe', sia al principio solidaristico ... enunciato nell'art. 2 ... sia al principio consacrato nel secondo comma dell'art. 3 che, promuovendo l'eguaglianza sostanziale tra i lavoratori e la loro effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, addita anche alle organizzazioni sindacali di rendersi, per la loro parte, strumenti di tale partecipazione, oltre che di tutela dei diretti interessi economici dei lavoratori». Il fondamento costituzionale della meritevolezza del sindacato piu' rappresentativo deve quindi rinvenirsi negli obiettivi solidaristici ed egualitari che presuppongono una rappresentazione di interessi, non confinati in categorie o gruppi ristretti, ma appartenenti al numero piu' ampio possibile di lavoratori. Occorre poi considerare che la materia in esame e' informata ad inderogabili principi di ordine pubblico e cio' comporta che «i requisiti per la costituzione di una rappresentanza sindacale aziendale stabiliti dall'art. 19 della legge n. 300 del 1970 ... non possono essere ritenuti sussistenti in virtu' del mero riconoscimento del datore di lavoro», (Cass., 6701/88). Cio' significa che il riconoscimento del carattere rappresentativo del sindacato e quindi la sua meritevolezza, ai fini delle prerogative di cui al titolo III dello Statuto, devono trovare fondamento in un criterio di razionalita' che, in base alla giurisprudenza costituzionale, non puo' essere sganciato dalla prospettiva, ugualitaria e solidaristica, di incentivare l'attivita' di sindacati che riescano a coagulare e a rappresentare gli interessi del maggior numero di lavoratori. D'altra parte, come la dottrina ha rilevato, posto che la rappresentativita', anche a livello endoaziendale, e' necessariamente espressa dal consenso degli interessati, in tanto potrebbe prescindersi da questo canone (il consenso) per sostituirlo con un altro (la sottoscrizione del contratto collettivo), in quanto sia rinvenibile un valore che giustifichi questa deviazione. Nell'attuale condizione di rottura dell'unita' sindacale, il criterio selettivo di cui all'articolo 19, imperniato sul dato formale della sottoscrizione del contratto applicato e sganciato da qualsiasi raccordo con la misura del consenso dei rappresentati, mostra tutti i suoi limiti in termini di irragionevolezza e miopia. Ad essere messa in discussione e', quindi, quella «linea storico-sociologica» che, pure nella sentenza n. 244 del 1996, giustificava la «razionalita' pratica» dell'art. 19 lettera b) dello Statuto. Cio', specialmente, in un sistema privo di regole democratiche, normativamente poste, in grado di selezionare i soggetti legittimati a sottoscrivere. L'applicazione pratica dell'art. 19, lettera b), nel nuovo regime di rottura dell'unita' sindacale, ha portato a considerare non rappresentativo un sindacato, la FIOM, in conseguenza della omessa sottoscrizione del contratto applicato nelle aziende del gruppo Fiat e nonostante sia pacifico che si tratti di sindacato, anche presso le societa' convenute, piu' rappresentativo degli altri e quindi, ragionevolmente, piu' meritevole delle tutele di cui al titolo III. Per effetto dell'art. 19, lettera b), si e' considerato privo di forza rappresentativa un sindacato, la FIOM, che e' stato convocato ed ha preso parte alle trattative e alla procedura di contrattazione e che, nell'esercizio della propria liberta' sindacale, ha scelto di non sottoscrivere il contratto collettivo, manifestando in tal modo il proprio dissenso. Dalla mancata sottoscrizione del contratto collettivo, si e' fatta derivare la negazione di una rappresentativita' che esiste, invece, nei fatti e nel consenso dei lavoratori addetti all'unita' produttiva. Un criterio selettivo rivela tutta la sua inidoneita' e irrazionalita' nel momento in cui, applicato a fattispecie concrete, porta ad un risultato che contraddice il presupposto a dimostrazione del quale il criterio stesso era stato elaborato. Nel caso di specie ed in conseguenza del criterio selettivo della sottoscrizione del contratto, dovrebbe riconoscersi maggiore forza rappresentativa alle associazioni firmatarie del contratto applicato (Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl Metalmeccanici e l'Associazione Quadri e Capi Fiat), anziche' alla FIOM, laddove in fatto e' incontestato il dato contrario. La contraddittorieta' tra la rappresentativita' desunta dalla sottoscrizione del contratto e quella realmente posseduta dalle varie associazioni sindacali rivela come la sottoscrizione del contratto non possa tuttora assumere valore sintomatico della effettiva forza sindacale delle singoli associazioni ma, se mai, di un loro diverso atteggiamento collaborativo nei confronti della controparte datoriale. Le conseguenze abnormi della pedissequa applicazione del criterio selettivo di cui all'articolo 19, lettera b), sganciate dalla realta' di una effettiva rappresentativita', ne rivelano l'intrinseca irragionevolezza, che emerge persino da un'attenta lettura della sentenza n. 244/1996. E' proprio tale pronuncia a non ritenere sufficiente la mera adesione formale ad un contratto negoziato da altri sindacati, richiedendo, appunto, «una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto» che, evidentemente, non puo' essere soddisfatta da un criterio, quale quello della sottoscrizione del contratto, che nega i diritti promozionali a chi ha partecipato attivamente alla trattativa ed ha rifiuto di firmare l'accordo manifestando in tal modo il proprio dissenso. 5.4. Non e' solo il mutato contesto delle relazioni sindacali a rendere anacronistico il disposto di cui all'art. 19, lettera b) dello Statuto dei lavoratori. E' la stessa evoluzione del quadro nomativo e dell'assetto del sistema sindacale a rendere incoerente la norma impugnata con l'ordinamento statuale. L'irrazionalita', intesa come distonia nel sistema, emerge, anzitutto, dall'essere il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b) divergente, non solo da quello, mai attuato, di cui all'art. 39 comma 4 della Costituzione, ma anche dal parametro riferito ai sindacati maggiormente o comparativamente piu' rappresentativi utilizzato da una ampia legislazione che ha elevato la contrattazione collettiva a fonte integrativa, suppletiva o derogatoria della propria disciplina (cfr. legge n. 56 del 1987; legge n. 223 del 1991; legge n. 196 del 1997; d.lgs. n. 61 del 2000; d.lgs. n. 368 del 2001; d.lgs. n. 66 del 2003; d.lgs. n. 276 del 2003), da ultimo, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011. L'art. 19, nella sua attuale configurazione, si pone in antinomia anche rispetto al criterio di rappresentativita' minima, modulato su una combinazione di dati associativi e dati elettorali, presente sia nel decreto legislativo n. 165 del 2001 (art. 43), sia nell'Accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Inoltre, l'art. 8 della legge n. 148 del 2011, nel momento in cui ridefinisce le regole della contrattazione di prossimita', privilegia il criterio maggioritario, dunque implicitamente scartando la possibilita' che un sindacato certamente maggioritario come la Fiom possa essere escluso a favore di sindacati minoritari (seppur firmatari). Non solo, proprio l'art. 8 citato rivela l'incoerenza di un sistema che da un lato consente ad un sindacato comparativamente piu' rappresentativo sul piano nazionale o territoriale (e tale e' certamente la FIOM) di stipulare contratti territoriali o aziendali anche in deroga, in specifiche materie, alla contrattazione di categoria e alla normativa di legge e, dall'altro, preclude al medesimo sindacato di costituire una RSA ove non abbia sottoscritto un contratto collettivo applicato in azienda. E' vero che i criteri individuati dalle disposizioni citate e dall'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 sono finalizzati alla selezione dei soggetti abilitati alla contrattazione, ma essi rivelano la centralita', nell'ordinamento statuale e in quello intersindacale, del principio di effettiva rappresentativita'. Insomma, alla tendenza espressa dal sistema generale di selezionare i soggetti abilitati alla contrattazione collettiva in base ad una verifica concreta di rappresentativita', l'art. 19 oppone l'effetto paradossale di subordinare il godimento dei diritti del titolo III ad un principio di effettivita' della rappresentanza che prescinde da ogni parametro di rilevazione del consenso e poggia sul mero dato formale della sottoscrizione del contratto applicato. Il criterio selettivo di cui all'art. 19, lettera b), in quanto considera quale unico presupposto per la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali la sottoscrizione del contratto collettivo applicato nell'unita' produttiva, appare irrazionale perche' indice inidoneo della effettiva rappresentativita' delle associazioni sindacali, cosi' da tradire la ratio stessa della disposizione dello Statuto, volta ad attribuire una finalita' promozionale e incentivante all'attivita' del sindacato quale portatore di interessi del maggior numero di lavoratori, che trova una diretta copertura costituzionale nel principio solidaristico espresso dall'art. 2 Cost. nonche' nello stesso principio di uguaglianza sostanziale, di cui al secondo comma dell'art. 3 della Costituzione». 7. Infine, a conferma di quanto si e' detto sinora, va evidenziato che il disposto dell'art. 19, lettera b), di riconoscimento o negazione dei diritti del Titolo III in ragione della sottoscrizione o meno del contratto applicato in azienda condiziona e limita l'esercizio della liberta' sindacale, poiche' e' evidente che la decisione dell'associazione sindacale in ordine alla sottoscrizione o meno di un contratto collettivo sara' condizionata non solo dalla finalita' di tutela degli interessi dei lavoratori, ma anche dalla prospettiva di ottenere o perdere i diritti del Titolo III dello Statuto. Il criterio selettivo scelto dal legislatore attribuisce un potere estremamente incisivo alla parte datoriale, poiche', come e' stato evidenziato anche dal Tribunale di Modena, in ipotesi estrema, ove la parte datoriale decidesse di non firmare alcun contratto collettivo, non vi sarebbe nell'unita' produttiva alcuna rappresentanza sindacale. 8. Pertanto il Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 1970, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione, nella parte in cui, consentendo la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle sole associazioni firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva, adotta un criterio che prescinde dalla misurazione dell'effettiva rappresentativita' e dall'accesso e partecipazione al negoziato.
P. Q. M. Letto l'art. 23 legge n. 87/1953, a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, lettera b) della legge n. 300 del 20 maggio 1970, nella parte in cui, consentendo la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali alle sole associazioni firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unita' produttiva, adotta un criterio che prescinde dalla misurazione dell'effettiva rappresentativita' e dall'accesso e partecipazione al negoziato, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 39 della Costituzione; b) dispone la notificazione del presente provvedimento, in copia conforme integrale, al Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti in causa; c) dispone la comunicazione della presente ordinanza, in copia conforme integrale, ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; d) dispone all'esito l'immediata trasmissione degli atti - ivi comprese le prove delle anzidette notificazioni e comunicazioni - alla Corte costituzionale; e) sospende il giudizio in corso; f) manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui innanzi. Vercelli, addi' 25 settembre 2012 Il Giudice: Aloj