N. 297 SENTENZA 11 - 19 dicembre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Assistenza -  Disciplina  statale  dell'Indicatore  della  Situazione
  Economica Equivalente (ISEE)  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -
  Costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei  ministri
  - Mancato rispetto del termine perentorio - Inammissibilita'. 
-   
- Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte  costituzionale,
  art. 19, comma 3. 
Assistenza -  Disciplina  statale  dell'Indicatore  della  Situazione
  Economica  Equivalente  (ISEE),  utilizzabile   come   soglia   per
  l'accesso  a  prestazioni  agevolate  di   assistenza   sociale   -
  Procedimento per la modifica dell'ISEE  riservato  alla  competenza
  del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  di  concerto  con  il
  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,  previo  parere   delle
  Commissioni parlamentari competenti - Omessa  partecipazione  delle
  Regioni -  Violazione  del  principio  di  leale  collaborazione  -
  Incidenza  della  competenza  esclusiva  statale  in   materia   di
  determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni  civili  e
  sociali in tema di LIVEAS, sulla competenza  legislativa  residuale
  delle Regioni in materia di servizi sociali  -  Necessita'  che  il
  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui alla norma
  censurata sia emanato "d'intesa con la Conferenza unificata di  cui
  all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto  1997,  n.  281"  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
- D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella  legge  22  dicembre
  2011, n. 214), art. 5, primo e secondo periodo dell'unico comma. 
- Costituzione, artt. 117, quarto comma, 118, primo e secondo  comma,
  e 119. 
Assistenza -  Disciplina  statale  dell'Indicatore  della  Situazione
  Economica  Equivalente  (ISEE),  utilizzabile   come   soglia   per
  l'accesso  a  prestazioni  agevolate  di   assistenza   sociale   -
  Procedimento per la modifica dell'ISEE - Adozione con  decreto  del
  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   non    qualificato
  espressamente   come   "regolamento"   -    Asserita    surrettizia
  delegificazione, in contrasto  con  la  disciplina  della  potesta'
  regolamentare fissata dalla  legge  n.  400  del  1988  -  Asserita
  violazione delle attribuzioni regionali  -  Ricorso  della  Regione
  Veneto -  Ius  superveniens  che  modifica  la  norma  impugnata  -
  Cessazione della materia del contendere. 
- D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella  legge  22  dicembre
  2011, n. 214), art. 5, terzo periodo dell'unico  comma,  nel  testo
  originario. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, terzo e quarto comma. 
Assistenza -  Disciplina  statale  dell'Indicatore  della  Situazione
  Economica Equivalente (ISEE) utilizzabile come soglia per l'accesso
  a prestazioni agevolate di assistenza sociale - Modifica  dell'ISEE
  - Riassegnazione dei risparmi ottenuti al Ministero  del  lavoro  e
  delle politiche sociali per l'attuazione  di  politiche  sociali  e
  assistenziali - Attuazione mediante un procedimento  statale  senza
  previa intesa con le Regioni  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -
  Asserita  violazione  del  principio  di  leale  collaborazione   -
  Insussistenza  -  Riconducibilita'  della  norma   censurata   alla
  competenza esclusiva statale in  materia  di  sistema  contabile  e
  finanziario dello Stato e difetto di incidenza su alcuna competenza
  della Regione - Non fondatezza della questione. 
- D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito nella  legge  22  dicembre
  2011, n. 214), art. 5, quarto, quinto e  sesto  periodo  dell'unico
  comma, corrispondenti agli attuali quinto, sesto e settimo. 
- Costituzione, artt. 3, 117, terzo e  quarto  comma,  118,  primo  e
  secondo comma, e 119. 
(GU n.51 del 27-12-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il  21  febbraio
2012, depositato in cancelleria il 23 febbraio 2012 ed iscritto al n.
29 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  novembre  2012  il  Giudice
relatore Franco Gallo; 
    uditi gli avvocati Luca Antonini, Bruno  Barel,  Andrea  Manzi  e
Daniela Palumbo per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 21 febbraio 2012  e  depositato  in
cancelleria il 23 successivo, la Regione Veneto ha chiesto  a  questa
Corte di dichiarare l'illegittimita' costituzionale  di  varie  norme
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per
la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  300  del  27
dicembre 2011. In particolare, ha impugnato  l'art.  5  del  suddetto
decreto-legge per violazione degli  artt.  3,  117,  terzo  e  quarto
comma, 118, primo e secondo comma, e 119 della Costituzione,  nonche'
del «principio di leale collaborazione di cui all'art. 120» Cost.  Al
ricorso e' allegata copia della delibera della  Giunta  regionale  n.
150  del  31  gennaio  2012,  con  la  quale  e'   stata   deliberata
l'autorizzazione a proporre il ricorso medesimo. 
    1.1.- La Regione ricorrente rileva che il censurato articolo 5  -
nel testo vigente  al  momento  della  proposizione  del  ricorso  e,
quindi, anteriormente alle aggiunte introdotte  dall'art.  23,  comma
12-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni  urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135 - prevede: 
    a) l'emanazione di un decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, su proposta del  Ministro  del  lavoro  e  delle  politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e  delle  finanze,
per la revisione delle modalita' di  determinazione  ed  i  campi  di
applicazione dell'indicatore della situazione economica  equivalente,
ISEE (primo e secondo periodo dell'unico comma); 
    b) la definizione, con decreto del Ministro del  lavoro  e  delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e  delle
finanze, delle modalita' con cui  viene  rafforzato  il  sistema  dei
controlli dell'ISEE (terzo periodo); 
    c) la determinazione, sempre con decreto del Ministro del  lavoro
e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro  dell'economia
e delle finanze, delle modalita' di riassegnazione al  Ministero  del
lavoro  e   delle   politiche   sociali   dei   risparmi,   derivanti
dall'attuazione delle nuove norme,  da  destinare  all'attuazione  di
politiche sociali e assistenziali (quarto, quinto e sesto periodo). 
    1.2.- La ricorrente deduce che tale normativa viola  gli  evocati
parametri sotto tre diversi profili. 
    1.2.1.- Sotto un primo  profilo,  viene  osservato  che  l'intero
articolo impugnato non fa cenno ad un'intesa con le Regioni o con  la
Conferenza unificata e neppure menziona la possibilita' per gli  enti
erogatori di modulare diversamente gli indicatori ISEE. In tal  modo,
secondo  la  Regione,  vengono   abbandonate   procedure   di   leale
collaborazione gia' previste per la revisione dell'ISEE  dal  decreto
legislativo  3  maggio  2000,  n.  130  (Disposizioni  correttive  ed
integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia
di criteri unificati di valutazione della  situazione  economica  dei
soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate), a  suo  tempo
emanato sentita la Conferenza unificata,  il  quale  aveva  apportato
modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  109  (Definizioni
di criteri unificati di valutazione della  situazione  economica  dei
soggetti  che  richiedono  prestazioni  sociali  agevolate,  a  norma
dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre  1997,  n.  449),
istitutivo dell'ISEE. Ad esempio, sottolinea la ricorrente, il  comma
1 dell'art. 3 del d.lgs. n. 109 del 1998, quale sostituito dal  comma
dell'art. 3 del d.lgs. n. 130 del 2000, aveva  statuito,  nell'ambito
di un piu' ampio riconoscimento dell'autonomia  regionale,  che  «Gli
enti erogatori, ai quali compete  la  fissazione  dei  requisiti  per
fruire  di  ciascuna  prestazione,  possono   prevedere,   ai   sensi
dell'articolo 59, comma 52, della legge 27  dicembre  1997,  n.  449,
accanto all'indicatore della situazione economica  equivalente,  come
calcolato ai sensi dell'articolo  2  del  presente  decreto,  criteri
ulteriori di selezione dei beneficiari. Fatta salva l'unicita'  della
dichiarazione sostitutiva di cui all'articolo 4, gli  enti  erogatori
possono altresi' tenere conto,  nella  disciplina  delle  prestazioni
sociali agevolate, di rilevanti variazioni della situazione economica
successive  alla  presentazione  della  dichiarazione  medesima».  Ad
avviso della Regione Veneto, la norma impugnata, prevedendo invece la
modificazione unilaterale da parte dello Stato  della  determinazione
dell'ISEE  (cioe'  di  criteri  strumentali  alla   definizione   dei
requisiti di accesso a prestazioni  che  ineriscono  alla  competenza
regionale «anche residuale»),  restringe  senza  giustificazione  gli
spazi di  autonomia  regionale  attribuiti  dalla  normativa  statale
anteriore  alla  riforma  del  Titolo  V   della   Parte   II   della
Costituzione;  riforma  che,  pure,  ha  ampliato   le   attribuzioni
regionali in tema di servizi sociali, ora di  competenza  legislativa
residuale. 
    La Regione deduce, infatti, che la normativa  relativa  all'ISEE,
pur  inquadrandosi,  tendenzialmente,  nella  competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato  relativa  alla  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti  i  diritti  sociali  (viene
citata, in tal senso, la pronuncia del Consiglio di Stato n. 1607 del
2011), incide fortemente nell'esercizio  di  funzioni  ascrivibili  a
materie assegnate alle competenze legislative ed amministrative delle
Regioni, anche di tipo "residuale". Osserva, al riguardo,  che  detta
normativa statale e' utilizzata  dalla  legislazione  regionale  «per
definire l'accesso a prestazioni come  asili  nido  e  altri  servizi
educativi per l'infanzia, mense scolastiche,  servizi  socio-sanitari
domiciliari, servizi  socio-sanitari  diurni,  residenziali  ecc.  ed
altre  prestazioni  economiche  assistenziali».  In   proposito,   la
ricorrente richiama l'art. 25 della  legge  8  novembre  2000  (Legge
quadro per la realizzazione del sistema  integrato  di  interventi  e
servizi sociali),  secondo  cui  «Ai  fini  dell'accesso  ai  servizi
disciplinati dalla  presente  legge,  la  verifica  della  condizione
economica del  richiedente  e'  effettuata  secondo  le  disposizioni
previste  dal  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  109,  come
modificato dal decreto legislativo 3 maggio  2000,  n.  130».  Questa
circostanza  avrebbe  richiesto  -  prosegue  la  ricorrente   -   il
coinvolgimento delle Regioni  attraverso  la  previa  intesa  con  il
Governo, secondo il principio di leale collaborazione, come  avviene,
del resto, nella determinazione dei livelli essenziali di  assistenza
sanitaria (LEA) e come sottolineato in generale dalla  giurisprudenza
della Corte costituzionale  relativa  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost. (viene citata la sentenza n. 88 del 2003). 
    La  ricorrente  sottolinea,  infine,  che,  nella   specie,   non
ricorrono i presupposti  della  chiamata  in  sussidiarieta'  di  cui
all'art. 118 Cost. e neppure sussiste quella situazione congiunturale
di emergenza economica che sola potrebbe temporaneamente  legittimare
lo Stato ad erogare, in via diretta ed in condizioni  di  uniformita'
su tutto il territorio nazionale, una provvidenza a favore di persone
bisognose, prescindendo dal coinvolgimento delle Province autonome  e
delle Regioni (e' richiamata la sentenza n.  10  del  2010,  relativa
alla cosiddetta social card). 
    Viene percio' dedotta la violazione  degli  artt.  118,  primo  e
secondo comma, e 119 della Costituzione, nonche'  del  «principio  di
leale collaborazione di cui all'art. 120» Cost. 
    1.2.2.- Sotto altro profilo,  il  primo  ed  il  secondo  periodo
dell'unico comma del medesimo articolo 5 sarebbero viziati, ad avviso
della   Regione,   da   eccesso   di   potere   legislativo   e    da
irragionevolezza, perche', senza  neppure  indicare  le  disposizioni
legislative da abrogare, assegnano ad un decreto del  Presidente  del
Consiglio dei ministri - decreto non espressamente  qualificato  come
regolamentare - la forza di modificare, genericamente, la  disciplina
stabilita  da  fonti  primarie  in  tema,  rispettivamente,  di:   1)
modalita' di determinazione e campi di  applicazione  dell'indicatore
della  situazione  economica  equivalente  (ISEE);  2)   agevolazioni
fiscali e tariffarie nonche' provvidenze di natura assistenziale. Per
la ricorrente, infatti, tale potere  modificativo  concreterebbe  una
«delegificazione spuria», al di fuori della previsione dell'art.  17,
comma  2,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri), secondo cui:  «Con  decreto  del  Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del  Consiglio  dei  ministri,
sentito il Consiglio di  Stato  e  previo  parere  delle  Commissioni
parlamentari competenti in materia, che si pronunciano  entro  trenta
giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la  disciplina
delle materie, non coperte da  riserva  assoluta  di  legge  prevista
dalla  Costituzione,  per  le  quali  le  leggi   della   Repubblica,
autorizzando l'esercizio della potesta'  regolamentare  del  Governo,
determinano le norme generali regolatrici della materia e  dispongono
l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore
delle norme regolamentari» (comma risultante dalla modifica apportata
dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 5 della legge 18 giugno  2009,
n.  69,  recante  «Disposizioni  per  lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile»). Ne conseguirebbe, sempre ad avviso  della  Regione  Veneto,
oltre che la violazione dell'art. 3  Cost.,  anche  «una  surrettizia
violazione dell'art. 117, III e IV comma, in  forza  della  incisione
che  questo  processo  di  delegificazione  opera  sulle   competenze
regionali concorrenti e residuali». 
    In conclusione, viene dedotta, in parte qua, la violazione  degli
artt. 3 e 117, terzo e quarto comma, Cost. 
    1.2.3.- Sotto un ultimo profilo, viene affermato che  il  quarto,
quinto e sesto periodo del medesimo unico comma  dell'art.  5  -  nel
prevedere che i risparmi a favore dello Stato e degli enti  nazionali
di  previdenza  derivanti  dall'attuazione  delle  nuove  norme  sono
determinati con decreto ministeriale, senza intesa con le Regioni,  e
riassegnati al Ministero del lavoro -  non  considerano  «la  stretta
interconnessione che esiste tra le  politiche  regionali  in  materia
sociale  e  socio  assistenziale  che   spesso   hanno   assunto,   o
volontariamente o perche' tenute a  farlo,  l'indicatore  [...]  come
parametro». 
    Tale interconnessione,  osserva  la  ricorrente,  avrebbe  dovuto
coinvolgere  le  Regioni,  tramite  intesa,  anche  nel  processo  di
riallocazione dei "risparmi statali" ottenuti, con la conseguenza che
l'omesso coinvolgimento comporta la violazione degli artt. 118, primo
e secondo comma,  e  119  Cost.,  nonche'  del  «principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120» Cost. 
    2.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'  costituito  in
giudizio con atto depositato l'8 maggio  2012  e,  quindi,  oltre  il
termine del 1° aprile 2012, quale  risultante  in  base  al  comma  3
dell'art. 19 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale. 
    3.- Con memoria depositata in prossimita' della pubblica udienza,
la  Regione  Veneto  ha  ribadito  le  gia'  formulate   conclusioni,
sottolineando nuovamente che il denunciato art. 5  del  decreto-legge
n. 201 del 2011, nel prevedere la revisione dell'ISEE, non  fa  alcun
cenno ne' ad una intesa con le Regioni o con la Conferenza  unificata
ne' alla  possibilita'  per  gli  enti  erogatori  delle  prestazioni
assistenziali di modulare diversamente gli indicatori riguardanti  la
situazione   economica   equivalente   del   beneficiario   di   tali
prestazioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Veneto ha chiesto a  questa  Corte  di  dichiarare
l'illegittimita' costituzionale di varie norme  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Delle  questioni
promosse, viene qui in esame quella riguardante l'art. 5 del suddetto
decreto-legge, impugnato per contrasto con gli artt. 3, 117, terzo  e
quarto comma, 118, primo e secondo comma, e 119  della  Costituzione,
nonche' con il «principio di leale  collaborazione  di  cui  all'art.
120» Cost. Resta pertanto riservata a separate pronunce la  decisione
delle altre questioni di legittimita' costituzionale  promosse  dalla
medesima ricorrente nei confronti dello stesso decreto-legge. 
    2.-  Il  resistente  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  si  e'
costituito in giudizio con atto depositato  l'8  maggio  2012,  cioe'
oltre il termine massimo del 1° aprile  2012,  quale  determinato  in
base al comma 3 dell'art. 19 delle norme integrative  per  i  giudizi
davanti  alla  Corte  costituzionale,  secondo  il  quale  «La  parte
convenuta puo' costituirsi in cancelleria entro il termine perentorio
di trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito
del ricorso, con memoria contenente le conclusioni e  l'illustrazione
delle stesse», e, cioe', entro i trenta giorni successivi  al  decimo
giorno decorrente dalla notificazione del ricorso (comma 4  dell'art.
31 della legge 11 marzo  1953,  n.  87,  richiamato,  per  i  giudizi
promossi in via principale dalla Regione, dal terzo ed  ultimo  comma
dell'art. 32 della stessa legge). 
    Il mancato rispetto di tale termine  comporta  l'inammissibilita'
della costituzione in giudizio della parte resistente. 
    3.- L'impugnato art. 5 (recante un unico comma, suddiviso in  sei
periodi)  riguarda  la  disciplina  (statale)  dell'Indicatore  della
Situazione Economica  Equivalente  (ISEE),  cioe'  di  un  indicatore
idoneo a costruire un reddito utilizzabile come soglia per  l'accesso
a prestazioni agevolate di assistenza sociale. La Regione  ricorrente
denuncia l'illegittimita' dell'impugnata normativa  prospettando  tre
diverse questioni. 
    Con la prima questione viene dedotta la violazione del  principio
di  leale  collaborazione  (sia  pure  con  il  palesemente   erroneo
riferimento anche all'art. 120 Cost.) per la  mancata  partecipazione
della Regione alla modifica dell'ISEE. Il primo ed il secondo periodo
dell'unico comma dell'art.  5  stabiliscono  che:  «Con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del  Ministro  del
lavoro e  delle  politiche  sociali,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e  delle  finanze,  da  emanare,  previo  parere  delle
Commissioni parlamentari competenti, entro il 31  maggio  2012,  sono
rivisti le modalita' di determinazione  e  i  campi  di  applicazione
dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al fine
di: adottare una definizione di reddito disponibile  che  includa  la
percezione di somme, anche se esenti da imposizione  fiscale,  e  che
tenga conto delle quote  di  patrimonio  e  di  reddito  dei  diversi
componenti della famiglia nonche' dei pesi dei carichi familiari,  in
particolare dei figli successivi al secondo e di persone  disabili  a
carico;   migliorare   la   capacita'   selettiva    dell'indicatore,
valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale  sita  sia
in Italia sia all'estero, al netto del debito residuo per  l'acquisto
della stessa e tenuto conto delle imposte  relative;  permettere  una
differenziazione  dell'indicatore  per  le   diverse   tipologie   di
prestazioni. Con il medesimo decreto sono individuate le agevolazioni
fiscali e tariffarie nonche' le provvidenze di  natura  assistenziale
che, a decorrere  dal  1°  gennaio  2013,  non  possono  essere  piu'
riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia
individuata con il decreto stesso». 
    La ricorrente sostiene che, pur rientrando la  determinazione  di
tale indicatore nella competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato
(ai sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m,  Cost.),  e'
comunque necessaria in tale determinazione  la  leale  collaborazione
con le Regioni a statuto ordinario, in considerazione  dell'incidenza
della competenza legislativa  statale  sulla  competenza  legislativa
residuale delle Regioni in materia di  «servizi  sociali»,  ai  sensi
degli artt. 118, primo e secondo comma, e 119  della  Cost.,  nonche'
del «principio di leale collaborazione di cui all'art. 120» Cost. 
    Con la seconda questione viene  censurata  l'attribuzione  ad  un
decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  del  potere  di
realizzare  la  modifica  dell'ISEE  attraverso  l'abrogazione  della
precedente  legislazione  statale  in  materia.  Il   terzo   periodo
dell'art. 5 prevede, al riguardo, che: «Con decreto del Ministro  del
lavoro e  delle  politiche  sociali,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, sono definite  le  modalita'  con  cui
viene rafforzato il sistema dei controlli dell'ISEE, anche attraverso
la   condivisione   degli   archivi   cui   accedono   la    pubblica
amministrazione e gli enti pubblici e prevedendo la  costituzione  di
una banca dati  delle  prestazioni  sociali  agevolate,  condizionate
all'ISEE, attraverso l'invio telematico all'INPS, da parte degli enti
erogatori, nel rispetto delle disposizioni del codice in  materia  di
protezione dei dati personali,  di  cui  al  decreto  legislativo  30
giugno 2003, n. 196,  delle  informazioni  sui  beneficiari  e  sulle
prestazioni concesse». 
    La Regione afferma che, in tal modo, la norma impugnata opera una
surrettizia delegificazione per effetto  dell'emissione  di  un  atto
privo di forza  di  legge  (il  citato  decreto  del  Presidente  del
Consiglio), neppure qualificato espressamente come «regolamento»,  il
quale  si  pone  al  di  fuori  della   disciplina   della   potesta'
regolamentare fissata dalla legge 23 agosto 1988, n. 400  (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri), in violazione degli artt. 3 e 117,  terzo  e
quarto comma, Cost. 
    Con  la  terza  questione  viene  denunciata  la  violazione  del
principio di leale  collaborazione  (anche  qui  con  il  palesemente
erroneo riferimento all'art. 120 Cost.) per la mancata partecipazione
della  Regione  alla  riassegnazione  dei  risparmi  ottenuti   dalla
modifica dell'ISEE. Il quarto, quinto e sesto periodo del citato art.
5 stabiliscono, in  proposito,  che:  «Dall'attuazione  del  presente
articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della
finanza pubblica. I risparmi derivati dall'applicazione del  presente
articolo a favore del bilancio dello Stato e degli enti nazionali  di
previdenza e di assistenza  sono  versati  all'entrata  del  bilancio
dello Stato per essere riassegnati al Ministero del  lavoro  e  delle
politiche  sociali  per   l'attuazione   di   politiche   sociali   e
assistenziali. Con decreto del Ministro del lavoro e delle  politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e  delle  finanze,
si  provvede  a  determinare   le   modalita'   attuative   di   tale
riassegnazione». 
    La ricorrente osserva che la riassegnazione ad opera dello  Stato
dei risparmi derivanti dalla modifica dell'ISEE, senza previa  intesa
con  la  Regione,  comporta  la  lesione  del  principio   di   leale
collaborazione, in contrasto con  gli  artt.  118,  primo  e  secondo
comma, e 119 Cost., nonche' con il «principio di leale collaborazione
di cui all'art. 120» Cost. 
    4.- Va premesso che l'impugnato art. 5 del decreto-legge  n.  201
del 2011 e' stato  modificato,  dopo  la  proposizione  del  ricorso,
dall'art. 23, comma 12-bis, del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle imprese del  settore  bancario),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  7  agosto  2012,  n.  135,  il  quale  ha
inserito un nuovo periodo tra gli originari secondo e  terzo  periodo
dell'unico comma del menzionato art. 5. 
    Detto ius superveniens ha modificato la disciplina originaria nel
senso che il nuovo periodo (l'attuale terzo) stabilisce che,  «a  far
data dai trenta giorni dall'entrata in vigore delle  disposizioni  di
approvazione del nuovo modello di  dichiarazione  sostitutiva  unica»
per  la  determinazione  dell'ISEE,  «attuative»  del   decreto   del
Presidente del Consiglio dei  ministri  previsto  dal  primo  periodo
dello stesso art. 5, «sono abrogati» il d.lgs. 31 marzo 1998, n.  109
(Definizioni di criteri unificati  di  valutazione  della  situazione
economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali  agevolate,
a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997,  n.
449) ed il d.P.C.m. 7 maggio 1999, n. 221 (recante il regolamento per
l'applicazione  dell'ISEE).  Ne  consegue  che  la  modifica   incide
esclusivamente sul meccanismo abrogativo della  previgente  normativa
e, pertanto, non tocca  la  prima  e  la  terza  delle  sopraindicate
questioni.  Solo  la  seconda  questione,  riguardante   proprio   le
modalita' di abrogazione della precedente normativa, e'  direttamente
influenzata dal ius superveniens. 
    E', pertanto,  necessario  esaminare  singolarmente  le  indicate
questioni. 
    5.- Come sopra visto, la prima questione concerne il primo ed  il
secondo  periodo  dell'unico  comma  dell'art.   5,   impugnati   per
violazione del principio di leale collaborazione  in  relazione  alla
mancata previsione della partecipazione della Regione  alla  modifica
dell'ISEE. 
    La questione e' fondata. 
    A  tale   conclusione   si   giunge   attraverso   due   passaggi
argomentativi: a) l'inquadramento della  disciplina  dell'ISEE  nella
competenza esclusiva dello  Stato  prevista  dall'art.  117,  secondo
comma, lettera m), Cost., in tema di LIVEAS; b) la  necessita'  della
collaborazione della Regione nella predisposizione,  da  parte  dello
Stato, dei LIVEAS. 
    5.1.- Con riferimento al primo passaggio argomentativo,  si  deve
constatare che la normativa statale sull'ISEE si  e'  sviluppata  con
atti normativi che si situano cronologicamente sia prima che dopo  la
riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, la  quale  ha
inciso in modo radicale sul riparto costituzionale  delle  competenze
legislative dello Stato  e  delle  Regioni  in  materia  di  «servizi
sociali». 
    5.1.1.-   Nella   fase   anteriore    alla    suddetta    riforma
costituzionale, lo Stato e le Regioni,  ai  sensi  del  testo  allora
vigente del primo  comma  dell'art.  117  Cost.,  avevano  competenza
legislativa concorrente nella materia  della  «beneficenza  pubblica»
ovvero dei «servizi  sociali»  (come  ridefinita  dall'art.  128  del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante  «Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello stato alle  regioni  ed  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59»). In tale ambito competenziale, il legislatore statale ha dettato
varie norme di principio. Dapprima, ha disciplinato  l'ISEE  fissando
«criteri unificati  di  valutazione  della  situazione  economica  di
coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali  o  assistenziali
non destinati alla generalita'  dei  soggetti  o  comunque  collegati
nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche» (art. 1
del d.lgs. n. 109 del 1998). Successivamente, con la legge 8 novembre
2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali), ha indicato i principi fondamentali
della materia (tra cui  l'applicazione  dell'ISEE  per  l'accesso  al
servizio integrato di servizi ed interventi sociali), ha istituito  a
fini di programmazione il piano nazionale triennale degli  interventi
e dei servizi sociali (approvato per il triennio 2001-2003 con d.P.R.
3 maggio 2001 e non seguito da altri piani) ed ha precisato  le  aree
in relazione alle quali il  piano  deve  specificare  gli  interventi
integranti i  livelli  essenziali  delle  prestazioni  di  assistenza
sociale (LIVEAS). 
    In particolare, questa normativa ha stabilito che: a) la verifica
della condizioni economiche richieste  per  accedere  a  «prestazioni
sociali agevolate» (come le definisce  la  rubrica  dell'art.  1  del
d.lgs.  n.  109  del  1998)  si  effettua  in  base  all'ISEE,  quale
determinata dal d.lgs. n. 109 del  1998,  nel  testo  modificato  dal
d.lgs. 3 maggio 2000, n. 130,  recante  «Disposizioni  correttive  ed
integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia
di criteri unificati di valutazione della  situazione  economica  dei
soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate» (art. 25 della
legge n. 328 del 2000); b) gli enti erogatori del servizio  agevolato
stabiliscono la soglia ISEE richiesta per l'accesso al servizio ed «i
requisiti per fruire di ciascuna prestazione» (art. 1, comma  2,  del
d.lgs. n. 109  del  1998);  c)  i  medesimi  enti  erogatori  possono
prevedere, accanto all'ISEE,  «criteri  ulteriori  di  selezione  dei
beneficiari», ai sensi dell'art. 59, comma 52, della legge n. 449 del
1997, cioe' «criteri differenziati in base alle condizioni economiche
e alla composizione della famiglia» (artt. 1, comma 2, e 3 del d.lgs.
n. 109 del 1998). 
    Da tale disciplina si desume  che  la  normativa  citata,  avendo
natura di principio, non ha determinato in  concreto  le  prestazioni
integranti i LIVEAS, ma si e'  limitata  ad  indicare  un  metodo  di
calcolo del reddito da prendere in  considerazione,  da  parte  degli
enti erogatori, per l'accesso a servizi agevolati,  lasciando  liberi
tali enti di individuare la soglia reddituale  e  di  far  ricorso  a
criteri ulteriori (sentenza n. 296 del 2012). 
    5.1.2.- La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3  (Modifiche
al titolo V della parte  II  della  Costituzione),  ha  profondamente
modificato il precedente  assetto  delle  competenze  legislative  in
materia di servizi sociali. Essa infatti, da un lato,  ha  attribuito
allo Stato la competenza esclusiva  in  tema  di  determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
ai sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.  (nel
presente giudizio di costituzionalita' vengono in rilievo  i  livelli
essenziali  delle  prestazioni  relative  ai  diritti  all'assistenza
sociale, cioe' i cosiddetti LIVEAS o  LEPS);  dall'altro,  con  norma
desumibile a silentio (art. 117, quarto comma, Cost.),  ha  assegnato
alle Regioni la competenza residuale in materia di «servizi  sociali»
ovvero di «assistenza e beneficenza pubblica»  ovvero  di  «politiche
sociali» (sentenze n. 121 e n. 10 del 2010; n. 124 del 2009;  n.  287
del 2004). Piu' precisamente, l'art. 117, secondo comma, lettera  m),
Cost., pone, in tema  di  LIVEAS,  una  riserva  di  legge  che  deve
ritenersi rinforzata (in quanto vincola il legislatore ad  apprestare
una garanzia  uniforme  sul  territorio  nazionale)  e  relativa  (in
quanto, considerata la complessita' tecnica della determinazione  dei
livelli delle prestazioni, essi possono essere stabiliti anche in via
amministrativa, purche' in base alla legge).  La  determinazione  dei
LIVEAS, poi, non esclude, come  piu'  volte  sottolineato  da  questa
Corte,  che  le  Regioni  e  gli  enti  locali   possano   garantire,
nell'ambito delle proprie competenze,  livelli  ulteriori  di  tutela
(sentenze n. 207 e n. 10 del 2010; n. 322 e n. 200 del 2009;  n.  387
del 2007; n. 248 del 2006). 
    5.1.3.- Quanto alle  norme  statali  successive  alla  menzionata
riforma costituzionale, l'art. 46, comma 3, della legge  27  dicembre
2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria  2003)  -  tenendo  conto
della competenza legislativa residuale e non piu'  concorrente  delle
Regioni in materia di servizi sociali - ha introdotto  una  specifica
procedura per la determinazione  dei  LIVEAS,  prevedendo  che:  «Nei
limiti delle risorse ripartibili del fondo nazionale per le politiche
sociali, tenendo conto delle risorse ordinarie destinate  alla  spesa
sociale dalle regioni e  dagli  enti  locali  e  nel  rispetto  delle
compatibilita' finanziarie definite per l'intero sistema  di  finanza
pubblica dal Documento di programmazione  economico-finanziaria,  con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,  su  proposta  del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali,  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa  con  la  Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, sono determinati i livelli essenziali delle prestazioni
da  garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale».  Detto   comma,
peraltro, non ha mai trovato applicazione. 
    L'impugnato art. 5 del decreto-legge n. 201 del 2011  (nel  testo
vigente al momento  della  proposizione  del  ricorso  della  Regione
Veneto), stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio  dei
ministri, da emanare entro il 31  dicembre  2012,  «su  proposta  del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali,  di  concerto  con  il
Ministro dell'economia e delle  finanze  [...]  previo  parere  delle
Commissioni parlamentari competenti» [senza l'intesa, quindi, con  la
Conferenza unificata prevista, invece, dal comma 3 dell'art. 46 della
legge  n.  289  del  2002]:  1)  sono  «rivisti   le   modalita'   di
determinazione ed i campi di applicazione» dell'ISEE, al fine sia  di
«adottare una definizione  di  reddito  disponibile  che  includa  la
percezione di somme, anche esenti da imposizione fiscale, e che tenga
conto delle quote di patrimonio e di reddito dei  diversi  componenti
della famiglia nonche' dei pesi dei carichi familiari, in particolare
dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico»;  sia
di «migliorare la capacita' selettiva  dell'indicatore,  valorizzando
in misura maggiore la componente patrimoniale sita sia in Italia  sia
all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e
tenuto  conto  delle  imposte  relative»;  sia  di  «permettere   una
differenziazione  dell'indicatore  per  le   diverse   tipologie   di
prestazioni»);  2)  sono  «individuate  le  agevolazioni  di   natura
assistenziale che, a decorrere  dal  1°  gennaio  2013,  non  possono
essere piu' riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore
alla soglia individuata con il decreto stesso». 
    Mediante l'art. 5, pertanto, a differenza di quanto previsto  dal
combinato disposto del d.lgs. n. 109 del 1998, nel  testo  modificato
dal d.lgs. n. 130 del 2000, e dell'art. 25 della  legge  n.  328  del
2000, le soglie di accesso alle agevolazioni (fiscali, tariffarie  ed
assistenziali) vengono  fissate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con proprio decreto e non  piu'  dagli  enti  erogatori,  ai
quali e' stata sottratta  anche  la  facolta'  di  applicare  criteri
ulteriori rispetto all'ISEE. 
    5.1.4.-  Come  gia'  osservato,  l'art.  23,  comma  12-bis,  del
decreto-legge n. 95 del 2012, sopravvenuto al ricorso, nel modificare
il testo originario dell'unico comma dell'art. 5 del decreto-legge n.
201 del 2011, non tocca la norma oggetto  della  questione  in  esame
(cioe' i primi due periodi dell'unico comma dell'art. 5)  ne'  incide
sull'identificazione  della  competenza  esercitata  dallo  Stato  e,
pertanto, non rileva ai fini della promossa impugnazione. 
    5.1.5.- Il denunciato art. 5 del decreto-legge n. 201  del  2011,
in particolare, ha affidato, come visto, al Presidente del  Consiglio
dei ministri il compito  di  determinare  con  proprio  decreto  quei
peculiari  LIVEAS  afferenti  a  prestazioni  o  servizi  sociali   o
assistenziali che sono effettuati a richiesta  dell'interessato,  non
sono destinati  alla  generalita'  dei  soggetti  e  sono,  comunque,
collegati  nella  misura  o  nel  costo  a   determinate   situazioni
economiche. La norma, infatti, prevede che il  suddetto  decreto:  a)
determini il  nuovo  indicatore  del  reddito  (ISEE)  che  gli  enti
erogatori debbono prendere in considerazione per consentire l'accesso
a servizi agevolati; b) introduca indicatori diversi in ragione delle
varie tipologie di prestazione sociale; c) fissi la soglia di reddito
richiesta  agli  interessati  per  ottenere  l'accesso   alle   varie
tipologie di prestazioni sociali  agevolate.  La  predisposizione  di
indicatori differenziati, proprio perche' correlata alla  contestuale
individuazione di una gamma diversificata di tipologie di prestazioni
assistenziali,  implica  la  specifica  determinazione  del   livello
essenziale di erogazione delle prestazioni medesime.  Essa,  infatti,
si  risolve  nella  identificazione  degli  «standard  strutturali  e
qualitativi delle prestazioni, da garantire agli  aventi  diritto  su
tutto   il   territorio   nazionale   in   quanto   concernenti    il
soddisfacimento  di  diritti  civili   e   sociali   tutelati   dalla
Costituzione», che la giurisprudenza di questa Corte  ha  piu'  volte
indicato come  rientrante  nella  competenza  esclusiva  dello  Stato
(sentenza n. 232 del 2011; nello stesso senso, sentenze  n.  296,  n.
287 e n. 203 del 2012; n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del  2008;  n.
383 e n. 285 del 2005). 
    La   norma   impugnata,   pertanto,    costituisce    espressione
dell'esercizio della competenza legislativa esclusiva dello Stato  in
tema di LIVEAS, ai sensi dell'art. 117,  secondo  comma  lettera  m),
Cost., come riconosciuto dalla stessa ricorrente. 
    5.2.-  Con  riferimento  al  secondo  passaggio  argomentativo  -
relativo alla necessita'  della  collaborazione  della  Regione  alla
predisposizione dei LIVEAS  -  occorre  rilevare  che  la  competenza
statale alla quale va ricondotta la normativa impugnata,  concernente
la  determinazione  di  livelli  essenziali  delle  prestazioni,  non
attiene ad  una  «materia»  in  senso  stretto,  ma  costituisce  una
competenza  esclusiva  e  "trasversale",  idonea  a   investire   una
pluralita' di materie (sentenze n. 203 del 2012; n. 232 del 2011;  n.
10 del 2010; n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del 2008; n. 162 e n. 94
del 2007; n. 282 del 2002). 
    Detta  peculiare  competenza  comporta   «una   forte   incidenza
sull'esercizio delle competenze legislative ed  amministrative  delle
regioni» (sentenza n. 8 del 2011; n. 88 del 2003),  tale  da  esigere
che  il  suo  esercizio  si  svolga  attraverso   moduli   di   leale
collaborazione tra Stato e Regione (sentenze n. 330 e n. 8 del  2011;
n. 309 e n. 121 del 2010; n. 322 e n. 124 del 2009; n. 162 del  2007;
n. 134 del 2006;  n.  88  del  2003),  salvo  che  ricorrano  ipotesi
eccezionali (nella specie non sussistenti) in cui  la  determinazione
dei livelli essenziali delle  prestazioni  (LEP)  «non  permetta,  da
sola, di realizzare utilmente la finalita' [...] di protezione  delle
situazioni di  estrema  debolezza  della  persona  umana»,  tanto  da
legittimare lo  Stato  a  disporre  in  via  diretta  le  prestazioni
assistenziali, senza adottare forme di leale  collaborazione  con  le
Regioni (sentenza n. 10 del 2010,  a  proposito  della  social  card,
ricondotta ai LEP e messa in connessione con gli artt. 2 e 3, secondo
comma, Cost.). 
    Proprio in ragione di tale impatto sulle competenze regionali, lo
stesso legislatore statale,  nel  determinare  i  livelli  essenziali
delle prestazioni  sanitarie  o  di  assistenza  sociale,  ha  spesso
predisposto strumenti di coinvolgimento delle  Regioni  (nella  forma
dell'«intesa») a salvaguardia delle competenze di queste. 
    Nella specie, non e'  dubbio  che  la  determinazione  dell'ISEE,
delle tipologie di prestazioni agevolate, delle soglie reddituali  di
accesso alle  prestazioni  e,  quindi,  dei  LIVEAS  incide  in  modo
significativo sulla competenza  residuale  regionale  in  materia  di
«servizi sociali»  e,  almeno  potenzialmente,  sulle  finanze  della
Regione, che sopporta l'onere economico di tali servizi. E',  dunque,
evidente  che  la  suddetta  determinazione  dell'ISEE  richiede   la
ricognizione  delle   situazioni   locali   e   la   valutazione   di
sostenibilita' finanziaria, tramite acquisizione di dati di  cui  gli
enti erogatori delle prestazioni dispongono in via prioritaria. 
    Ne consegue che  e'  necessaria  la  leale  collaborazione  della
Regione nell'attuazione della norma impugnata. 
    5.3.-  In  base  alle  argomentazioni  che   precedono,   occorre
concludere che l'omessa previsione, nella  norma  impugnata,  di  una
qualsiasi forma di leale collaborazione con le  Regioni  comporta  la
fondatezza della questione in esame. In particolare, in ragione della
natura  residuale  della  competenza  regionale  su  cui  incide   la
disposizione denunciata,  appare  adeguato  strumento  collaborativo,
nella  emanazione  del  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, l'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo  8
del decreto legislativo  28  agosto  1997,  n.  281.  Tale  forma  di
collaborazione e', del resto, prevista da varie disposizioni di legge
sia  per  l'analoga  determinazione  dei  livelli  essenziali   delle
prestazioni di assistenza sanitaria (ad esempio, dall'art. 54,  comma
3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2003»; nonche' dall'art. 1, comma  169,  della  legge  30
dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005»,
quale risultante a seguito della sentenza di questa Corte n. 134  del
2006) sia, in generale, in tema di determinazione dei  LEP  (comma  3
dell'art. 46 della legge n. 289 del 2002). 
    6.- La seconda questione concerne il terzo  periodo  dell'art.  5
(nel testo originario), che  viene  censurato  perche'  introdurrebbe
surrettiziamente la delegificazione delle  precedenti  norme  statali
sull'ISEE, consentendone la modificabilita' mediante un  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, non qualificato  espressamente
come «regolamento». 
    In ordine a tale questione deve ritenersi cessata la materia  del
contendere in forza di ius superveniens. 
    6.1.- Va preliminarmente osservato  che  il  citato  decreto  del
Presidente del Consiglio ha natura evidentemente  regolamentare;  ne'
la norma impugnata esclude che abbia  tale  natura.  Deve  ritenersi,
dunque, strumento  adatto  per  determinare  i  LIVEAS,  per  le  sue
caratteristiche, tipiche di tutti i regolamenti, di  flessibilita'  e
snellezza nell'acquisizione di informazioni e di  collaborazioni  con
gli enti territoriali ed  eventualmente  con  le  associazioni  degli
utenti. Nella specie, il potere regolamentare spetta  allo  Stato  ai
sensi dell'art. 117, sesto comma, primo periodo, Cost., in  quanto  i
LIVEAS  sono  materia  di   legislazione   esclusiva   dello   Stato,
nell'ambito - come visto - di  una  riserva  relativa  di  legge.  La
legittimita', in generale, di  una  procedura  in  cui  i  LEP  siano
determinati dallo Stato mediante un regolamento e' stata, del  resto,
sottolineata espressamente dalla giurisprudenza di questa  Corte  (in
particolare, dalle sentenze n. 88 del 2003; n. 134 del 2006; n. 8 del
2011). 
    6.2.- La ricorrente, nel proporre le  sue  censure,  muove  dalla
premessa che la norma impugnata preveda un «surrettizio»  regolamento
di delegificazione, in violazione delle  regole  stabilite  dall'art.
17,  comma  2,  della  legge  23  agosto  1988,  n.  400  (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri),  il  quale  -  nel  testo  modificato  dalla
lettera a) del comma 1 dell'art. 5 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
recante «Disposizioni per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita' nonche' in materia di processo  civile»  -  dispone
che:  «Con  decreto   del   Presidente   della   Repubblica,   previa
deliberazione del Consiglio dei ministri,  sentito  il  Consiglio  di
Stato e previo parere delle Commissioni  parlamentari  competenti  in
materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono
emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da
riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per  le  quali
le leggi della Repubblica, autorizzando  l'esercizio  della  potesta'
regolamentare del Governo, determinano le norme generali  regolatrici
della materia e dispongono l'abrogazione  delle  norme  vigenti,  con
effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari». 
    Alla  stregua   di   questa   norma,   si   ha   regolamento   di
delegificazione solo  quando  (in  materia  non  coperta  da  riserva
assoluta  di  legge)  un  atto  legislativo  preveda  che   l'effetto
abrogativo di disposizioni di legge sia collegato temporalmente  alla
successiva emanazione di un regolamento. 
    6.3.- Nel caso di specie, il sopra  citato  ius  superveniens  ha
mutato il testo impugnato. Come gia' osservato, infatti,  l'art.  23,
comma 12-bis, del decreto-legge  n.  95  del  2012,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  del  2012,  nel  modificare  il   testo
originario dell'unico comma dell'impugnato art. 5  del  decreto-legge
n. 201 del 2011, ha inserito un  nuovo  terzo  periodo,  in  base  al
quale, «a far data dai trenta giorni  dall'entrata  in  vigore  delle
disposizioni di  approvazione  del  nuovo  modello  di  dichiarazione
sostitutiva unica» per la determinazione dell'ISEE,  «attuative»  del
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «sono abrogati» il
d.lgs. n. 109 del 1998 ed il d.P.C.m. n. 221  del  1999,  recante  il
regolamento per l'applicazione dell'ISEE.  Ne  deriva  che  l'effetto
abrogativo e' collegato dal decreto-legge  n.  95  del  2012  non  al
momento dell'«entrata in  vigore»  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio, ma ad un momento ulteriore,  cioe'  al  trentesimo  giorno
successivo all'approvazione, nell'ambito delle  norme  attuative  del
medesimo decreto presidenziale, dei nuovi  modelli  di  dichiarazione
dell'ISEE. 
    Per chiarire il senso di tale nuova disposizione,  e'  necessario
confrontarla con il precedente testo dello stesso art. 5.  Nel  testo
originario  della  disposizione  impugnata,  l'effetto  abrogativo  -
contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente  -  e'  conseguenza
diretta ed immediata (anche in mancanza di una  statuizione  espressa
in tal senso) del decreto-legge, in considerazione  dell'introduzione
di  una  nuova  disciplina  della  materia.  L'abrogazione,  percio',
decorreva dal giorno successivo  alla  data  di  pubblicazione  della
legge  di  conversione  del  medesimo  decreto-legge,  la  quale   ha
sostituito l'intero art. 5 del decreto-legge (art. 15 della legge  n.
400 del 1988). Si tratta, dunque, di una abrogazione tacita  che,  in
quanto tale,  opera  indipendentemente  dall'entrata  in  vigore  del
citato  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri.   Il
menzionato ius superveniens, nell'introdurre il nuovo  terzo  periodo
nell'unico comma dell'art. 5  del  decreto-legge  n.  201  del  2011,
invece: 1) ripristina l'efficacia di una normativa (il d.lgs. n.  109
del 1998 ed il d.P.C.m. n. 221 del 1999) gia' tacitamente abrogata ad
opera del testo originario dell'art. 5; 2) dopo aver  provocato  tale
reviviscenza, dispone una nuova abrogazione (questa  volta  espressa)
delle medesime norme,  differendo,  pero',  l'effetto  abrogativo  al
trentesimo   giorno   successivo   all'«entrata   in   vigore   delle
disposizioni di  approvazione  del  nuovo  modello  di  dichiarazione
sostitutiva dell'ISEE, attuative»  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio. 
    La  nuova  norma,  dunque,  e'  retroattiva  e   sostituisce   il
precedente testo dell'art. 5 nell'evidente  intento  sia  di  evitare
l'immediato effetto abrogativo del d.lgs. n. 109  del  1998  prodotto
dalla versione originaria del decreto-legge sia di colmare  il  vuoto
normativo che si sarebbe protratto fino  al  momento  della  messa  a
disposizione del pubblico dei nuovi modelli di dichiarazione ISEE. 
    6.4.- Cosi' interpretato, il suddetto ius superveniens - date  la
rilevata sua retroattivita' e la pratica mancanza di  effetti,  nelle
more, della menzionata abrogazione tacita - e' l'unico applicabile. 
    Esso introduce un meccanismo abrogativo  sicuramente  diverso  da
quello previsto dalla vecchia normativa impugnata  dalla  ricorrente.
La  norma  sopravvenuta,  in  particolare,   escludendo   l'identita'
temporale tra effetto abrogativo ed «entrata in vigore»  del  decreto
regolamentare  (identita'  tipica,   invece,   del   regolamento   di
delegificazione),  realizza  una  fattispecie  estranea   a   quella,
presupposta dalla censura formulata dalla ricorrente, del regolamento
di delegificazione. Ne derivano, da  un  lato,  l'impossibilita'  del
trasferimento della questione  dalla  vecchia  alla  nuova  norma  e,
dall'altro, la cessazione della materia  del  contendere  sul  punto,
cosi' da impedire ogni valutazione circa il  merito  della  questione
concernente il testo originario. 
    7.- La terza questione riguarda il quarto, quinto e sesto periodo
dell'art. 5 del decreto-legge n.  201  del  2011,  impugnato  per  la
violazione del principio di leale collaborazione  (sia  pure  con  il
palesemente erroneo riferimento anche all'art.  120  Cost.),  per  la
mancata partecipazione della Regione alla riassegnazione dei risparmi
ottenuti dalla modifica dell'ISEE. 
    La ricorrente interpreta correttamente la disposizione  impugnata
nel senso che sono devoluti al bilancio dello Stato e successivamente
riassegnati al Ministro del lavoro e delle politiche  sociali  -  per
essere poi destinati a politiche sociali ed assistenziali  -  solo  i
risparmi che derivano dall'applicazione della nuova ISEE  allo  Stato
ed agli enti previdenziali («I risparmi  derivanti  dall'applicazione
del presente articolo a favore del bilancio dello Stato e degli  enti
nazionali   di   previdenza   ed   assistenza»:    quinto    periodo,
corrispondente all'attuale sesto, dell'unico comma dell'art. 5).  Gli
eventuali risparmi  a  favore  delle  Regioni  e  degli  enti  locali
restano, ovviamente, devoluti ai loro bilanci. La Regione ricorrente,
tuttavia, pur riconoscendo espressamente che la  norma  si  riferisce
solo «a risparmi "statali"», lamenta la violazione del  principio  di
leale collaborazione per la mancata  previsione,  nel  decreto-legge,
dell'intesa con le Regioni nella riassegnazione di tali  risparmi  al
Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  e  nella   loro
riallocazione nei territori regionali. 
    La questione non e' fondata. 
    7.1.- In relazione alla richiesta avanzata  dalla  ricorrente  di
un'intesa nella fase di riassegnazione, l'evidente sussistenza  della
competenza esclusiva statale in materia di  sistema  contabile  (art.
117, secondo comma, lettera e,  Cost.)  e  finanziario  dello  Stato,
nonche' il difetto di incidenza su alcuna  competenza  della  Regione
rendono inapplicabile, nella specie, l'invocato  principio  di  leale
collaborazione. 
    In relazione all'ulteriore  richiesta  di  un'intesa  nella  fase
dell'"attuazione" da parte  dello  Stato  di  politiche  sociali  nei
territori regionali con le risorse  riassegnate  («riallocazione  dei
risparmi», come si esprime la ricorrente), e' altrettanto evidente la
non fondatezza della pretesa. Non solo, infatti, la  norma  impugnata
nulla prevede in ordine all'«attuazione» delle «politiche  sociali  e
assistenziali»  da  parte  dello   Stato   genericamente   menzionate
nell'ultima parte del periodo quinto (ora sesto) dell'unico comma del
denunciato art. 5; ma nemmeno risulta che dette politiche incidano in
qualche modo sulla competenza regionale. 
    Sotto il primo profilo, il decreto  del  Ministro  del  lavoro  e
delle politiche sociali ed il concerto con il Ministro  dell'economia
e delle finanze sono richiesti dal sesto (ora  settimo)  periodo  del
suddetto unico comma dell'art.  5  esclusivamente  per  le  modalita'
attuative della «riassegnazione» dei risparmi "statali" al  Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, non certo per «l'attuazione  di
politiche sociali e assistenziali» mediante tali risorse. Si  rimane,
dunque, all'interno del sistema contabile e finanziario dello  Stato,
in ordine al quale la Regione  non  puo'  invocare  alcuna  forma  di
collaborazione. 
    Sotto il  secondo  profilo,  attinente  al  finanziamento  con  i
risparmi "statali" di «politiche sociali e assistenziali»,  la  norma
impugnata non detta alcun precetto ne' sostanziale  ne'  procedurale,
lasciando operare le disposizioni  previgenti,  con  conseguente  non
pertinenza delle censure. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  delle  ulteriori
questioni di legittimita' costituzionale del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,  l'equita'  e  il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, promosse dalla  Regione  Veneto
con il ricorso indicato in epigrafe, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale del primo  e  secondo
periodo dell'unico comma dell'art. 5 del  decreto-legge  n.  201  del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  214  del  2011,
nella parte in cui non prevedono che il decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri ivi menzionato sia emanato  «d'intesa  con  la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281»; 
    2) dichiara cessata la materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale del terzo periodo (nel testo
originario) dell'unico comma dell'art. 5 del decreto-legge n. 201 del
2011, convertito, con modificazioni, dalla legge  n.  214  del  2011,
promossa dalla Regione Veneto, in  riferimento  agli  artt.  3,  117,
terzo e quarto comma, della Costituzione, con il ricorso indicato  in
epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale del quarto, quinto  e  sesto  periodo  (corrispondenti
agli attuali  quinto,  sesto  e  settimo  periodo)  dell'unico  comma
dell'art. 5 del  decreto-legge  n.  201  del  2011,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011,  promossa  dalla  Regione
Veneto, in riferimento agli artt. 3, 117, terzo e quarto comma,  118,
primo e secondo comma, e 119 Cost., nonche' al  «principio  di  leale
collaborazione di cui all'art. 120» Cost., con il ricorso indicato in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2012. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                             e Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI