N. 298 SENTENZA 11 - 19 dicembre 2012

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Istruzione - Autorizzazione  della
  spesa di 242 milioni di euro  per  l'anno  2012  a  sostegno  delle
  scuole paritarie, con prioritaria destinazione a favore  di  quelle
  dell'infanzia - Lamentata riduzione del finanziamento e  incertezza
  sulle modalita' della sua erogazione - Ricorso della Regione Veneto
  - Asserita violazione del  principio  pluralistico  della  liberta'
  della scuola - Asserita violazione della  liberta'  di  scelta  tra
  scuola statale e scuola paritaria - Asserita violazione del  canone
  di  buon  andamento  dell'amministrazione  -  Censure  riferite   a
  parametri che non  ridondano  in  una  lesione  delle  attribuzioni
  regionali - Inammissibilita' della questione. 
- Legge 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 16. 
- Costituzione, artt. 3, 30, 33, 34 e 97. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Istruzione - Autorizzazione  della
  spesa di 242 milioni di euro  per  l'anno  2012  a  sostegno  delle
  scuole paritarie, con prioritaria destinazione a favore  di  quelle
  dell'infanzia - Lamentata riduzione del finanziamento e  incertezza
  sulle modalita' della sua erogazione - Ricorso della Regione Veneto
  - Asserita violazione del  riparto  di  competenze  in  materia  di
  istruzione  -  Asserita   violazione   dell'autonomia   finanziaria
  regionale - Asserita violazione  dei  principi  di  sussidiarieta',
  differenziazione e adeguatezza - Asserita violazione del  principio
  di leale collaborazione -  Insussistenza  -  Non  fondatezza  della
  questione. 
- Legge 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 16. 
- Costituzione, artt. 117, 118, 119 e 120. 
(GU n.51 del 27-12-2012 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alfonso QUARANTA; 
Giudici :Franco GALLO,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  33,
comma 16, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(Legge di  stabilita'  2012)»,  promosso  dalla  Regione  Veneto  con
ricorso notificato il 13 gennaio 2012, depositato in  cancelleria  il
18 gennaio 2012 ed iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  23  ottobre  2012  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo; 
    uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la  Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Gabriella D'Avanzo per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 13 gennaio  2012  e  depositato  il
successivo 18 gennaio (reg.ric. n. 11 del 2012), la Regione Veneto ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale in  via  principale
di alcune disposizioni della legge 12 novembre 2011, n. 183,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2012)», e, tra queste, dell'articolo
33, comma 16, deducendo la violazione degli articoli 3, 30,  33,  34,
97,  117,  118,  119  e  120,  nonche'  del   «principio   di   leale
collaborazione di cui agli articoli 5 e  120,  secondo  comma,  della
Costituzione». 
    La Regione  ricorrente  rileva  come  la  disposizione  impugnata
stabilisca che, «per le finalita' di cui all'articolo 1,  comma  635,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e  all'articolo  2,  comma  47,
della legge 22 dicembre 2008, n. 203, e' autorizzata la spesa di  242
milioni di euro per l'anno 2012». Come emerge dalle norme richiamate,
la disposizione prevede, in sostanza, un finanziamento a favore delle
scuole   paritarie,   da   destinare   prioritariamente   a    quelle
dell'infanzia,   regolando,   cosi',   una   materia   sulla    quale
convergerebbero  plurime  competenze  legislative:  quella  esclusiva
statale in  tema  di  «norme  generali  sull'istruzione»  (art.  117,
secondo comma, lettera n, Cost.), quella concorrente  in  materia  di
«istruzione» e quella - parimenti ripartita fra  Stato  e  Regioni  -
relativa   all'«armonizzazione   dei   bilanci   pubblici»    e    al
«coordinamento  della  finanza  pubblica»  (art.  117,  terzo  comma,
Cost.).  Le  scuole  paritarie,  private   e   degli   enti   locali,
costituiscono infatti, unitamente alle scuole  statali,  il  servizio
nazionale di istruzione,  qualificato  come  oggettivamente  pubblico
(art. 1 della legge 10 marzo 2000,  n.  62,  recante  «Norme  per  la
parita'  scolastica  e  disposizioni  sul  diritto  allo   studio   e
all'istruzione»).  Anche   con   riguardo   alla   scuola   paritaria
dell'infanzia, non vi sarebbe piu' alcun dubbio in  ordine  alla  sua
natura propriamente «scolastica», e non gia'  assistenziale,  essendo
da  tempo  normativamente  sancito  che  essa  costituisce  la  prima
articolazione del sistema educativo. 
    Il  servizio  dell'istruzione  conta,  per  altro  verso,  su  un
«finanziamento plurimo», al quale concorrono lo Stato, le  Regioni  e
gli enti locali. Nonostante il graduale processo di decentramento  di
funzioni dallo Stato verso le Regioni  -  gia'  prima  della  novella
costituzionale del 2001 la materia dei  contributi  alle  scuole  era
stata, in effetti, delegata alle  Regioni  dall'art.  138,  comma  1,
lettera e), del  d.lgs.  31  marzo  1998,  n.  112  (Conferimento  di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato  alle  regioni  e  agli
enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n.
59) - il servizio dell'istruzione  e'  «da  sempre  finanziato  dallo
Stato», cui in particolare compete il  finanziamento  delle  funzioni
sue proprie e la predisposizione  di  risorse  atte  a  sostenere  il
sistema qualificato come «nazionale»,  che  costituisce  un  servizio
pubblico essenziale. La stessa Corte  costituzionale  -  proprio  con
riferimento alle scuole dell'infanzia - ha avuto modo, del resto,  di
qualificare i finanziamenti regionali come solo «aggiuntivi» rispetto
a quelli statali (sentenza n. 34 del 2005), riconoscendo, cosi',  che
questi ultimi costituiscono la principale fonte di sostentamento  del
sistema. 
    Nella Regione Veneto, le scuole paritarie -  e,  in  particolare,
quelle dell'infanzia - avrebbero, d'altra parte, una incidenza  tutta
particolare, tale da farne «un unicum»  nel  panorama  nazionale.  Le
scuole  paritarie  per  l'infanzia  accoglierebbero,   infatti,   una
percentuale della popolazione scolastica di eta' compresa fra i tre e
i sei anni nettamente superiore a  quella  delle  altre  Regioni  (il
67,03  per  cento,  con  riguardo  all'anno  scolastico   2010-2011),
costituendo spesso il solo servizio fruibile, stante la  mancanza  in
larga parte dei Comuni veneti di una scuola per  l'infanzia  statale.
Tenuto conto della differenza tra la spesa che lo Stato sostiene  per
ogni bambino, a seconda che si tratti di scuola paritaria privata, di
scuola paritaria comunale o di  scuola  statale,  la  presenza  delle
istituzioni paritarie assicurerebbe, nel solo  Veneto,  un  risparmio
per le casse statali pari a 544 milioni di euro annui. 
    Tutto cio' premesso, la ricorrente rileva come, fino al  2010,  i
contributi posti nel bilancio di previsione  dello  Stato  in  favore
delle scuole paritarie, in un  unico  capitolo,  ammontassero  a  539
milioni di euro: importo rimasto sostanzialmente invariato da  undici
anni e che, gia' solo per questo, finiva per accollare al gestore non
statale del servizio dell'istruzione il  progressivo  incremento  dei
costi conseguente all'inflazione. 
    La situazione sarebbe mutata, nondimeno,  in  senso  peggiorativo
con il bilancio di previsione per il  2011,  di  cui  alla  legge  13
dicembre 2010, n. 221 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013), nel quale  le  risorse
di cui si tratta sono state quantificate in 245  milioni  di  euro  a
titolo  di  «rifinanziamento  del  programma  di  interventi  di  cui
all'articolo 2, comma 47, della  legge  22  dicembre  2008,  n.  203»
(allegato 1 alla legge, elenco 1), in aggiunta allo  stanziamento  di
281 milioni di euro gia' previsto nel programma di bilancio triennale
2009-2011. L'attribuzione di tale somma - gia' di per  se'  inferiore
di 13 milioni di euro a quella «storica»  -  e'  stata,  per  giunta,
subordinata alla vendita  delle  frequenze  televisive  del  digitale
terrestre e, dunque, esposta - ai sensi dell'art. 1, comma 13,  della
legge  13  dicembre  2010,  n.  220,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (Legge  di
stabilita' 2011)» - alla possibilita' di una «riduzione lineare»  con
decreto del Ministero dell'economia e  delle  finanze,  nel  caso  di
scostamento rispetto alla previsione di  entrata  alla  data  del  30
settembre  2011.  Ipotesi,  questa,  di   fatto   verificatasi,   con
conseguente decurtazione del contributo di altri 28.304.555 euro. 
    Alla data del  ricorso,  inoltre,  solo  una  parte  delle  somme
iscritte a bilancio (e precisamente euro 167.917.727, pari agli  otto
dodicesimi dello stanziamento)  risultava  effettivamente  versata  e
solo nel mese di ottobre era  stata  risolta  in  senso  positivo  la
disputa circa la stessa debenza, per il 2011, della somma  aggiuntiva
di 245 milioni di euro. 
    Ad  avviso  della  Regione   Veneto,   l'«anodina   formulazione»
dell'art. 33, comma 16, della legge  n.  183  del  2011,  oggetto  di
impugnazione,  sarebbe  destinata  fatalmente  a  rinnovare,  se  non
addirittura ad aggravare, le intercertezze emerse nel precedente anno
scolastico e a «diventare il nuovo teatro di lotte fra il mondo della
scuola paritaria e il Ministero». In assenza di un  diretto  raccordo
con il bilancio di previsione triennale, non sarebbe, infatti, chiaro
se la somma di 242 milioni di euro, indicata nella norma  denunciata,
vada  ad  aggiungersi  allo  stanziamento  previsto   nella   manovra
triennale  (281  milioni  di  euro)  o  se  rappresenti,  invece,  lo
stanziamento complessivo a favore della scuola paritaria per il 2012:
ipotesi,  quest'ultima,  nella   quale   si   assisterebbe   ad   una
decurtazione assolutamente irragionevole del contributo (pari al 55,1
per cento  dello  «stanziamento  storico»),  priva  di  riscontro  in
qualsiasi altro comparto pubblico. Non vi  sarebbe,  inoltre,  alcuna
certezza in ordine all'effettiva erogazione dei fondi ed ai  relativi
tempi, ne' si sarebbe tenuto conto, nella ripartizione  delle  somme,
delle diverse realta' regionali e, segnatamente,  della  specificita'
della situazione della Regione Veneto, dianzi evidenziata. 
    Per tali profili, la norma censurata risulterebbe, quindi, lesiva
di plurimi parametri costituzionali. 
    Sarebbe violato, anzitutto, l'art. 33 Cost.,  che  stabilisce  il
«principio pluralistico della liberta'  della  scuola»,  in  base  al
quale enti e privati hanno il diritto di istituire proprie  scuole  e
di ottenere, per esse, la parita' con le  scuole  statali:  principio
che si raccorda anche alla garanzia  della  liberta'  di  scelta  del
modello di educazione, assicurata  ai  genitori  dall'art.  30  Cost.
(esso pure, di conseguenza, violato). Lungi dal  favorire  le  scuole
paritarie presenti  sul  territorio,  la  disposizione  impugnata  ne
metterebbe,  infatti,  seriamente  a  rischio  l'esistenza,  a  causa
dell'entita'  della  riduzione   dei   contributi   e   dell'assoluta
incertezza sulle modalita' della loro erogazione. 
    La norma sottoposta a scrutinio  impedirebbe,  al  tempo  stesso,
l'attuazione nel territorio veneto del principio enunciato  dall'art.
34 Cost., in forza del quale  la  scuola  e'  «aperta  a  tutti».  La
modestia  e  l'incertezza  del  contributo   elargito   dallo   Stato
costringerebbero, infatti, le scuole paritarie ad  imporre  rette  di
frequenza di tale levatura da tradursi  in  «barriere  d'ingresso  al
servizio», con «inaccettabili effetti discriminatori». 
    Risulterebbe violato, altresi', l'art. 117 Cost. La previsione di
finanziamenti  del  genere  considerato  si  porrebbe,  infatti,   in
contrasto «con le precise disposizioni costituzionali  che  rimettono
allo Stato una responsabilita' in materia  di  istruzione  per  nulla
secondaria  rispetto  a  quella  delle  Regioni».  In  aggiunta  alle
competenze legislative gia' in precedenza richiamate - quella statale
esclusiva in materia di «norme generali sull'istruzione»  (art.  117,
secondo comma, lettera n, Cost.) e quelle concorrenti in  materia  di
«istruzione» e di «armonizzazione dei bilanci e  coordinamento  della
finanza  pubblica»  (art.  117,  terzo  comma,  Cost.)   -   verrebbe
segnatamente in rilievo la responsabilita' del governo centrale  come
garante  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali che devono essere  assicurati  su  tutto  il
territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.). 
    Sarebbe leso, ancora, l'art. 119 Cost. Tale norma costituzionale,
dopo aver sancito l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle
Regioni,  stabilisce  che  le  Regioni  finanziano  integralmente  le
funzioni loro attribuite mediante le entrate su cui  possono  contare
ai sensi dei primi tre commi dello stesso articolo (risorse autonome,
tributi ed entrate propri e compartecipazioni al gettito  di  tributi
erariali). Nella specie, le Regioni dovrebbero essere, dunque, dotate
di risorse tali da riuscire ad  erogare  le  prestazioni  nell'ambito
dell'istruzione, per la parte di propria competenza. 
    A  fronte,  tuttavia,  della  perdurante  situazione  di  mancata
attuazione  della   previsione   costituzionale,   le   Regioni   non
disporrebbero, in fatto, di mezzi sufficienti, onde diverrebbe ancora
piu' importante che il finanziamento di competenza statale non  lasci
scoperto un settore, quale quello considerato, che coinvolge «diritti
costituzionali incomprimibili».  Il  pieno  esercizio  dell'autonomia
finanziaria regionale non  potrebbe,  d'altronde,  prescindere  dalla
certezza in ordine all'effettivo  ammontare  delle  risorse  e  dalla
tendenziale  stabilita'  del  quadro  del  finanziamento,  come   e',
peraltro, specificamente richiesto dalla  legge  delega  in  tema  di
federalismo fiscale (art. 2, comma  2,  lettera  ll,  della  legge  5
maggio 2009,  n.  42,  recante  «Delega  al  Governo  in  materia  di
federalismo  fiscale,   in   attuazione   dell'articolo   119   della
Costituzione»). 
    L'opposta  situazione  di  incertezza  determinata  dalla   norma
impugnata  contrasterebbe  anche  con  gli  artt.  97  e  118  Cost.,
incidendo negativamente sull'organizzazione  e  sull'esercizio  delle
funzioni  amministrative  di  competenza  regionale  e  impedendo  la
programmazione degli interventi per la scuola. 
    I principi di  sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezza,
enunciati dallo stesso art. 118 Cost. - ai quali rimanda  l'art.  120
Cost. e che sono altresi' funzionali al buon andamento della pubblica
amministrazione  -  imporrebbero,  in  pari  tempo,  al   legislatore
nazionale di tenere conto,  nella  ripartizione  delle  risorse,  dei
diversi «tessuti socio-economico-culturali» delle singole Regioni. 
    Da  ultimo,  la  disposizione   impugnata,   nel   prevedere   un
«finanziamento incerto e inadeguato»,  non  sarebbe  improntata  alla
lealta' istituzionale fra i diversi  livelli  di  governo  implicati,
violando, quindi, il principio di leale  collaborazione,  di  cui  il
primo costituirebbe declinazione e al  quale  lo  stesso  legislatore
ordinario statale si sarebbe vincolato con l'art. 2, comma 2, lettera
b), della legge n. 42 del 2009. 
    Alla luce di  tali  considerazioni,  la  Regione  Veneto  chiede,
quindi, che la norma impugnata  venga  dichiarata  costituzionalmente
illegittima: a) nella parte in cui «lascia il  gestore  della  scuola
paritaria in una condizione di  oggettiva  incertezza  in  ordine  ai
tempi e agli importi sui quali fare legittimo affidamento»; b)  nella
parte in cui - ove interpretata nel senso che il  contributo  di  242
milioni di euro esaurisca lo stanziamento  per  la  scuola  paritaria
relativo al 2012  -  prevede  una  somma  «palesemente  incongrua  ed
intrinsecamente irragionevole»; c) nella parte in cui,  inserendo  la
predetta somma in un  unico  e  indistinto  capitolo  di  spesa,  non
differenzia, nel trattamento economico, le diverse realta' regionali,
misconoscendo, cosi', lo «sgravio» di cui lo Stato e le altre Regioni
beneficiano grazie alle scuole paritarie dell'infanzia venete. 
    In subordine, nell'eventualita' in cui le tesi prospettate in via
principale fossero disattese,  la  ricorrente  chiede  che  la  Corte
voglia «almeno utilizzare i poteri monitori suoi propri, al  fine  di
sollecitare   il   Parlamento   a   farsi   carico   delle    precise
responsabilita' costituzionali in materia di istruzione gravanti  sul
livello  di  governo  centrale  e  di   eliminare   le   incongruenze
evidenziate, presenti nell'attuale disciplina [...]  con  riserva  di
futuro accoglimento». 
    2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile  o,  comunque,
infondato. 
    Ad avviso  della  difesa  dello  Stato,  la  ricorrente  avrebbe,
infatti, dedotto la violazione di parametri  costituzionali  che  non
afferiscono al  riparto  di  competenze  tra  Stato  e  Regioni,  ne'
incidono direttamente o indirettamente  sulle  competenze  attribuite
dalla Costituzione alle Regioni. 
    Quanto   al   merito,   l'Avvocatura    dello    Stato    ricorda
preliminarmente come la  Corte  costituzionale  abbia  precisato  che
rientrano nella potesta' legislativa esclusiva  statale  in  tema  di
«norme generali sull'istruzione» (art. 117, secondo comma, lettera n,
Cost.) le disposizioni che  definiscono  la  struttura  portante  del
sistema nazionale di istruzione e che necessitano di  un'applicazione
uniforme su tutto il territorio nazionale,  mentre  sono  ascrivibili
alla legislazione concorrente in materia di «istruzione»  (art.  117,
terzo comma, Cost.) le disposizioni statali  espressive  di  principi
fondamentali  che  disciplinano  elementi  di  base  in  ordine  alle
modalita' di fruizione del relativo servizio e che  necessitano,  per
la loro attuazione,  dell'intervento  regionale.  La  Corte  avrebbe,
inoltre, individuato un  ulteriore  titolo  di  legittimazione  dello
Stato ad intervenire in materia nella competenza esclusiva in tema di
livelli  essenziali  delle  prestazioni  (art.  117,  secondo  comma,
lettera m, Cost.). 
    Nel sistema di competenze cosi' delineato, la  legge  n.  62  del
2000, ricondotta dalla Corte  alle  norme  generali  sull'istruzione,
prevede che lo  Stato  contribuisca  al  finanziamento  delle  scuole
paritarie, come disposto dalla norma oggi impugnata. 
    Quest'ultima  richiama  specificamente  le   finalita'   previste
dall'art. 1,  comma  635,  della  legge  n.  296  del  2006,  ove  si
stabilisce che «al fine  di  dare  sostegno  alla  funzione  pubblica
svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del  sistema  nazionale  di
istruzione, a decorrere dall'anno 2007,  gli  stanziamenti,  iscritti
nelle unita' previsionali di base "Scuole non statali" dello stato di
previsione del Ministero della pubblica istruzione, sono incrementati
complessivamente   di   100   milioni   di   euro,    da    destinare
prioritariamente  alle   scuole   dell'infanzia».   La   disposizione
richiamata  e'   stata   dichiarata,   peraltro,   costituzionalmente
illegittima con sentenza n. 50  del  2008.  Sul  presupposto  che  il
settore dei contributi relativi alle scuole  paritarie  incide  sulla
materia dell'«istruzione», di competenza legislativa concorrente,  la
Corte costituzionale ha ritenuto,  infatti,  che  essa  violasse  gli
artt. 117, quarto comma, e 119 Cost., nella parte in cui prevedeva un
finanziamento  vincolato  in  un  ambito   materiale   di   spettanza
regionale. La  medesima  sentenza  -  rilevato  come  le  prestazioni
contemplate  dalla  norma   in   questione   inerissero   a   diritti
fondamentali dei destinatari - ha nondimeno fatto salvi gli eventuali
procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti. 
    Alla luce di quanto precede, si dovrebbe ritenere  che  la  norma
oggi impugnata tuteli diritti e interessi  previsti  da  disposizioni
legislative dettate in attuazione dell'art. 33 Cost., quale la  legge
n. 62 del 2000, assicurando  livelli  essenziali  di  prestazioni  in
materia di istruzione, anche  laddove  la  scuola  statale  sia  meno
presente sul territorio. Al tempo stesso, l'art. 33, comma 16,  della
legge n. 183 del 2011 avrebbe  inteso  salvaguardare  le  prerogative
delle Regioni in materia di istruzione riconducibili alla  previsione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., nell'interpretazione fornita dalla
citata sentenza n. 50 del 2008. La disposizione  impugnata  richiama,
infatti, anche l'art. 2, comma 47, della legge n. 203 del  2008,  ove
si  prevede  che,  «fermo  restando  il  rispetto  delle  prerogative
regionali in  materia  di  istruzione  scolastica,  con  decreto  del
Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della  ricerca,   di
concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni e il  Ministro
dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, sono stabiliti, entro trenta giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge, i criteri per la  distribuzione  alle
regioni delle risorse finanziarie occorrenti alla realizzazione delle
misure relative al programma di interventi in materia di istruzione».
Mediante tale richiamo, la disposizione  in  esame  avrebbe,  dunque,
individuato nella Conferenza permanente la sede  istituzionale  nella
quale,  attraverso  il  coinvolgimento  delle  Regioni  nel  processo
decisionale, e' possibile far emergere la peculiare situazione  delle
scuole paritarie nel territorio delle singole Regioni. 
    A fronte di cio', il denunciato vulnus  dell'art.  117  Cost.  si
rivelerebbe affatto insussistente. 
    Parimenti non riscontrabile sarebbe la violazione degli artt. 97,
117, 118 e 120 Cost., conseguente all'asserita indeterminatezza delle
risorse  disponibili  e  alla  pretesa  lesione   dei   principi   di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. 
    Nessuna incertezza interpretativa vi sarebbe,  infatti,  riguardo
all'importo complessivo della  spesa  autorizzata,  posto  che  nella
tabella n. 7 annessa  al  bilancio  di  previsione  per  il  2012  e'
indicata, nella missione 22.9, quale somma complessiva assegnata alle
scuole  non  statali,  la   cifra   di   euro   510.880.191   [recte:
511.196.191]. Inoltre, nel  decreto  del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze 1° dicembre 2011 (Ripartizione in capitoli delle unita'
di voto parlamentare relative al bilancio di previsione  dello  Stato
per l'anno finanziario  2012  e  per  il  triennio  2012-2014),  sono
previsti due distinti capitoli per l'erogazione dei  contributi  alle
scuole  paritarie:  il  capitolo  1477,   con   l'importo   di   euro
268.880.191, e il capitolo 1299, con l'importo di  euro  242.000.000.
Sarebbe quindi evidente che lo stanziamento di 242 milioni  di  euro,
previsto  dalla  norma  impugnata,  non  costituisce   la   dotazione
complessiva per le scuole paritarie per il 2012, ma uno  stanziamento
aggiuntivo rispetto a quello gia' previsto nel bilancio triennale. 
    Conseguentemente,  non   avrebbe   fondamento   la   tesi   della
ricorrente,  secondo  la  quale  la  norma  censurata  determinerebbe
l'interruzione del servizio essenziale svolto, in via  di  supplenza,
dalle scuole per  l'infanzia.  La  somma  complessivamente  stanziata
adempirebbe, infatti, agli oneri contributivi a carico  dello  Stato,
soprattutto in un momento di particolare attenzione  per  le  finanze
pubbliche, e soddisferebbe, al tempo stesso, le esigenze connesse  al
funzionamento delle scuole paritarie. 
    Ne' potrebbe addursi, infine,  quale  ragione  di  illegittimita'
costituzionale della norma  denunciata,  il  mancato  riconoscimento,
nella destinazione delle  somme,  della  peculiare  situazione  delle
scuole  paritarie  dell'infanzia  in  Veneto.  Come  gia'  rimarcato,
infatti, le particolari situazioni delle singole  Regioni  potrebbero
essere fatte valere, al fine di ottenere  trattamenti  differenziati,
in sede di Conferenza Stato-Regioni. 
    3.- Con successiva memoria, la Regione Veneto ha  replicato  alle
deduzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, contestando,  in
particolare,   la   fondatezza    dell'eccezione    preliminare    di
inammissibilita' del ricorso. Il complesso intreccio tra  le  diverse
competenze dello Stato e  delle  Regioni  in  materia  di  istruzione
impedirebbe,  infatti,   secondo   la   ricorrente,   «di   ragionare
presupponendo ambiti competenziali rigorosamente separati, essendo  i
medesimi, viceversa, strettamente e funzionalmente connessi». 
    Nel merito, la Regione  -  pur  prendendo  atto  che  secondo  il
Presidente del Consiglio dei ministri lo stanziamento previsto  dalla
norma impugnata avrebbe carattere aggiuntivo rispetto a  quello  gia'
stabilito  nel  bilancio  triennale   -   ha   rilevato   come   tale
riconoscimento  non  valga  a  superare  il  rilievo  per   cui   «le
sistematiche incertezze circa  la  reale  entita'  dei  finanziamenti
derivanti dalla loro allocazione in distinti  capitoli  di  bilancio»
rendono «estremamente difficile ed aleatoria  la  programmazione  del
servizio dell'istruzione». 
    4.- Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha  depositato
una memoria illustrativa, con la quale ha  reiterato  l'eccezione  di
inammissibilita' del ricorso,  da  intendere  riferita  alle  censure
relative ai parametri non allocati nel Titolo V della  Parte  seconda
della Costituzione, e ha insistito, per il resto, nella richiesta  di
rigetto della questione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione  Veneto  ha  promosso  questione  di  legittimita'
costituzionale in via principale, tra gli  altri,  dell'articolo  33,
comma 16, della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(Legge di stabilita' 2012)», deducendo la violazione  degli  articoli
3, 30, 33, 34, 97, 117, 118, 119 e 120  della  Costituzione,  nonche'
del principio di leale collaborazione. 
    Ad avviso della  ricorrente,  la  disposizione  impugnata  -  che
autorizza la spesa di 242 milioni di euro per l'anno 2012 a  sostegno
delle scuole paritarie, con  prioritaria  destinazione  a  favore  di
quelle dell'infanzia - sarebbe censurabile sotto un triplice profilo.
In primo luogo, perche', in assenza di un opportuno coordinamento con
il bilancio di previsione triennale, genererebbe  una  situazione  di
assoluta incertezza tanto in ordine all'entita' del  finanziamento  -
non essendo chiaro, in specie, se la predetta somma di 242 milioni di
euro rappresenti lo stanziamento complessivo per la scuola  paritaria
o se si aggiunga a quella gia' prevista  in  sede  di  programmazione
triennale - quanto  in  ordine  all'effettivita'  e  ai  tempi  della
relativa erogazione. In secondo luogo, perche'  -  nel  caso  in  cui
l'importo di 242 milioni di euro dovesse essere inteso come esaustivo
- ne deriverebbe una decurtazione pari ad oltre alla meta', e  dunque
palesemente irragionevole, dello stanziamento  previsto  agli  stessi
fini per gli anni precedenti. In terzo luogo e  da  ultimo,  perche',
inserendo la somma  in  un  unico  e  indifferenziato  capitolo,  non
avrebbe previsto una ripartizione del finanziamento che  tenga  conto
delle diverse realta' regionali,  e  segnatamente  della  particolare
situazione della Regione Veneto,  nella  quale  le  scuole  paritarie
dell'infanzia   assumerebbero   un   ruolo   di   netta    preminenza
nell'assicurare il servizio dell'istruzione. 
    Sotto gli evidenziati profili, la disposizione censurata  sarebbe
lesiva di una pluralita' di parametri costituzionali. 
    La riduzione del finanziamento  e  l'incertezza  sulle  modalita'
della  sua   erogazione   metterebbero,   infatti,   a   rischio   la
sopravvivenza delle scuole paritarie, con conseguente violazione  del
principio pluralistico della liberta' della scuola, sancito dall'art.
33 Cost. e correlato alla liberta' di scelta  tra  scuola  statale  e
scuola paritaria, riconosciuta ai  genitori  dall'art.  30  Cost.  Ne
deriverebbe anche la lesione dell'art. 34 Cost., che vuole la  scuola
«aperta a  tutti»,  giacche'  le  scuole  paritarie  si  troverebbero
costrette a richiedere rette di frequenza di tale entita' da tradursi
- specie laddove, come in territorio veneto, esse assolvano  in  modo
preponderante il servizio  -  in  altrettante  «barriere  d'ingresso»
all'istruzione. 
    La norma impugnata  sarebbe  lesiva,  altresi',  del  riparto  di
competenze desumibile dall'art. 117 Cost. - con particolare  riguardo
alle previsioni del secondo comma, lettere m) e n), e del terzo comma
- a fronte del quale graverebbe sullo Stato «una  responsabilita'  in
materia di istruzione per nulla secondaria rispetto  a  quella  delle
Regioni». 
    Del pari compromessa sarebbe l'autonomia  finanziaria  regionale,
riconosciuta dall'art. 119 Cost., la quale, nella perdurante  carenza
di sufficienti mezzi propri da  parte  delle  Regioni,  non  potrebbe
prescindere dalla congruita', dalla certezza e dalla  stabilita'  dei
finanziamenti dello Stato. L'incertezza sul quadro dei  finanziamenti
pregiudicherebbe,  inoltre,  l'organizzazione  e  l'esercizio   delle
funzioni amministrative di competenza regionale e  la  programmazione
degli interventi per la  scuola,  con  conseguente  violazione  anche
degli artt. 97 e 118 Cost. 
    Omettendo di tener  conto  della  peculiarita'  della  situazione
delle scuole paritarie dell'infanzia nel territorio  veneto  ai  fini
della ripartizione dei contributi, la norma censurata si porrebbe  in
contrasto anche con i principi di sussidiarieta', differenziazione  e
adeguatezza, enunciati dallo stesso art. 118 Cost.: principi ai quali
si richiama anche l'art. 120 Cost. e che risultano funzionali al buon
andamento della pubblica amministrazione. 
    Da  ultimo,  la  previsione  di  un  «finanziamento   incerto   e
inadeguato» in materia di istruzione comporterebbe la violazione  del
principio di leale collaborazione. 
    2.-  In  accoglimento  dell'eccezione  formulata  dall'Avvocatura
generale dello Stato, la questione  va  dichiarata  inammissibile  in
riferimento agli artt. 3, 30, 33, 34 e 97 Cost. 
    Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, nei giudizi
di legittimita' costituzionale in via  principale,  le  Regioni  sono
legittimate a censurare le leggi dello  Stato  in  base  a  parametri
diversi da quelli contenuti nel Titolo V della  Parte  seconda  della
Costituzione, relativi al riparto delle rispettive competenze tra  lo
Stato e le Regioni, soltanto ove la loro violazione  ridondi  in  una
compromissione  delle   attribuzioni   regionali   costituzionalmente
garantite e la ricorrente abbia  indicato  le  specifiche  competenze
ritenute lese e le ragioni  della  lamentata  lesione  (ex  plurimis,
sentenze n. 199, n. 151 e n. 20 del 2012, n. 128 del 2011). 
    Nella specie, le censure dedotte dalla Regione Veneto in rapporto
ai parametri poco sopra indicati, estranei al Titolo  V  della  Parte
seconda, sono  semplicemente  volte  ad  evidenziare  la  particolare
gravita' degli effetti che l'asserita violazione dei parametri stessi
provocherebbe nel territorio veneto,  senza  collegare  ad  essa,  in
termini   argomentati,   una   specifica   lesione   delle   potesta'
costituzionalmente     spettanti     alla      ricorrente:      donde
l'inammissibilita' delle censure stesse. 
    3.- Quanto ai residui parametri, non costituisce,  per  converso,
motivo di inammissibilita' della questione la circostanza che essa  -
con  particolare  riguardo  alle  doglianze  afferenti   all'asserita
incertezza dell'entita' dello  stanziamento  statale  per  la  scuola
paritaria -  appaia  proposta  in  via  cautelativa  o  ipotetica,  e
segnatamente sulla base di una interpretazione della norma  impugnata
prospettata come soltanto possibile (quella per cui, cioe', la  somma
in essa indicata esaurirebbe il finanziamento per l'anno 2012). 
    Secondo quanto ripetutamente affermato da questa Corte,  infatti,
i  giudizi  in  via  principale,  a  differenza  di  quelli  in   via
incidentale, in ragione dei  loro  peculiari  caratteri  -  l'essere,
cioe', processi di parti, svolti a garanzia di  posizioni  soggettive
dell'ente ricorrente e sottoposti a termini di  decadenza  -  possono
bene  concernere  questioni  del  genere  considerato,   purche'   le
interpretazioni    prospettate    «non    siano    implausibili     e
irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate,  cosi'  da
far ritenere le questioni  del  tutto  astratte  e  pretestuose»  (ex
plurimis, sentenze n. 249 del 2005, n. 412 del  2004  e  n.  228  del
2003, ordinanza n. 342 del 2009): ipotesi,  questa,  non  ravvisabile
nel caso di specie. 
    4.- Nel merito, la questione non e', peraltro, fondata. 
    L'ipotesi che l'importo indicato nella  legge  di  stabilita'  in
esame costituisca l'intero contributo destinato alle scuole paritarie
per il 2012 risulta, infatti,  smentita  dall'esame  della  legge  12
novembre 2011, n. 184 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2012 e bilancio pluriennale per il triennio 2012-2014). 
    Al bilancio di previsione per l'anno 2012 e',  infatti,  allegata
la tabella n. 7, concernente lo stato  di  previsione  del  Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, ove, all'unita' di
voto 1.9, per il programma inerente alle «Istituzioni scolastiche non
statali (22.9)», e' indicato il maggiore importo di euro 511.196.191. 
    Detto programma trova una duplice  allocazione  nei  capitoli  di
bilancio: al capitolo 1299 («somme da trasferire alle Regioni per  il
sostegno alle scuole paritarie») e' iscritto l'importo di 242 milioni
di euro, corrispondente a quello previsto nella legge  di  stabilita'
2012, oggetto del giudizio; al capitolo 1477 («contributi alle scuole
paritarie  comprese  quelle  della  Valle   d'Aosta»)   e'   indicato
l'ulteriore importo di euro 268.880.191. Tali cifre, sommate tra loro
ed all'ulteriore voce  «assegnazione  annua  a  favore  della  scuola
europea di  ISPRA-Varese»,  di  316.000  euro,  danno  un  totale  di
511.196.191 euro, pari all'importo globale del programma. 
    In definitiva, la spesa  di  242  milioni  di  euro,  autorizzata
dall'articolo della legge  di  stabilita'  del  2012  impugnato,  non
costituisce lo stanziamento complessivo per la scuola  paritaria,  ma
si aggiunge all'importo di euro 268.880.191 indicato nel bilancio  di
previsione. 
    Cadono,  con  cio',  le  censure  correlate  tanto   all'asserita
assoluta  incertezza  in  ordine  all'ammontare  dello  stanziamento,
quanto  quelle  connesse  all'ipotizzata  drastica  riduzione   dello
stesso. 
    5.-  Quanto,  poi,  alle  doglianze   relative   alla   paventata
incertezza   riguardo   all'effettivita'   e    alla    tempestivita'
dell'erogazione del contributo e  al  mancato  riconoscimento,  nella
destinazione delle somme, della peculiarita' delle  scuole  paritarie
dell'infanzia venete,  esse  investono  la  fase  di  esecuzione  del
bilancio e la  sua  concreta  gestione:  gestione  disciplinata,  per
quanto concerne le risorse finanziarie occorrenti alla  realizzazione
delle misure relative  al  programma  di  interventi  in  materia  di
istruzione, dall'art. 2, comma 47, della legge 22 dicembre  2008,  n.
203, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009)» - richiamato  dalla
disposizione  impugnata  -  mediante  la  previsione  di  un   idoneo
coinvolgimento delle Regioni. 
    Detta disposizione stabilisce, infatti, che, «fermo  il  rispetto
delle prerogative regionali in materia di istruzione scolastica,  con
decreto  del  Ministro  dell'istruzione,  dell'universita'  e   della
ricerca, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni  e
il Ministro dell'economia e  delle  finanze,  sentita  la  Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti, entro trenta  giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, i  criteri  per
la distribuzione alle regioni delle  risorse  finanziarie  occorrenti
alla realizzazione delle misure relative al programma  di  interventi
in materia di istruzione». La ripartizione delle risorse  finanziarie
fra le varie Regioni avviene, dunque,  secondo  criteri  determinati,
entro  un  termine  prestabilito,  con  il  parere  della  Conferenza
Stato-Regioni: Conferenza che rappresenta la sede istituzionale nella
quale e' possibile far valere le differenti istanze regionali. 
    Anche  sotto  questo  profilo,  pertanto,  la  questione  non  e'
fondata. Ne', d'altra parte, alla luce delle  considerazioni  svolte,
sono ravvisabili  i  presupposti  per  impartire  alcun  «monito»  al
legislatore statale, secondo  quanto  richiesto  in  via  subordinata
dalla Regione. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
di legittimita' costituzionale promosse con il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 33, comma 16, della  legge  12  novembre
2011, n. 183, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge  di  stabilita'  2012)»,  in
riferimento agli articoli 3, 30, 33,  34  e  97  della  Costituzione,
promossa dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dello stesso articolo 33, comma 16, della legge n. 183
del 2011, in riferimento agli articoli 117,  118,  119  e  120  della
Costituzione, nonche' al principio di leale collaborazione,  promossa
dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 2012. 
 
                                F.to: 
                    Alfonso QUARANTA, Presidente 
                      Giuseppe FRIGO, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2012. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI