N. 169 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 ottobre 2012
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 ottobre 2012 (della Regione Calabria). Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riordino delle Province e loro funzioni - Previsione del riordino di tutte le Province delle Regioni a statuto ordinario, mediante decreto da emanarsi, entro dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge impugnato, con deliberazione del Consiglio dei ministri, sulla base dei requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia (individuati con la deliberazione predetta, rispettivamente, in 2500 km. e in 350.000 abitanti) - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di autonomia costituzionale degli enti territoriali, nella specie delle Province - Lesione del principio di ragionevolezza per l'adozione di una misura sproporzionata e non efficace rispetto alla finalita' dichiarata dalla normativa impugnata di riduzione della spesa pubblica - Denunciata violazione dei presupposti di legittimita' costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del decreto-legge - Denunciata violazione dell'assetto costituzionale ed ordinamentale della Regione - Denunciata violazione dell'autonomia regionale in relazione ai principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza - Denunciata lesione della potesta' regolamentare delle Province - Violazione del principio costituzionale della partecipazione della popolazione interessata alla procedura di mutamento delle circoscrizioni provinciali e degli altri enti territoriali previsti dalla Costituzione. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, 118 e 133. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riordino delle Province e loro funzioni - Previsione che il Consiglio delle autonomie locali di ogni Regione a statuto ordinario o, in mancanza, l'organo di raccordo tra Regioni ed enti locali, entro settanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della deliberazione di cui al comma 2, approva una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione e la invia alla regione medesima entro il giorno successivo - Previsione che entro i venti giorni dalla data di trasmissione delle ipotesi di riordino o, comunque, anche in mancanza della trasmissione, trascorsi novantadue giorni dalla data di pubblicazione, ciascuna regione trasmette al Governo proposta di riordino delle province ubicate nel proprio territorio, tenendo conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti alla data della deliberazione di cui al comma 2, nel rispetto dei requisiti minimi di cui al citato comma 2, determinati sulla base dei dati di dimensione territoriali e di popolazione, come esistenti alla data di adozione della deliberazione medesima - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di autonomia costituzionale degli enti territoriali, nella specie delle Province - Lesione del principio di ragionevolezza per l'adozione di una misura sproporzionata e non efficace rispetto alla finalita' dichiarata dalla normativa impugnata di riduzione della spesa pubblica - Denunciata violazione dei presupposti di legittimita' costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del decreto-legge - Denunciata violazione dell'assetto costituzionale ed ordinamentale della Regione - Denunciata violazione dell'autonomia regionale in relazione ai principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza - Denunciata lesione della potesta' regolamentare delle Province - Violazione del principio costituzionale della partecipazione della popolazione interessata alla procedura di mutamento delle circoscrizioni provinciali e degli altri enti territoriali previsti dalla Costituzione. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, 118 e 133. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riordino delle Province e loro funzioni - Previsione che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge impugnato, con atto legislativo di iniziativa governativa le Province sono riordinate sulla base delle proposte regionali di cui al comma 3, con contestuale ridefinizione dell'ambito delle Citta' metropolitane, di cui all'art. 168, conseguente alle eventuali iniziative dei Comuni ai sensi dell'art. 133, primo comma, della Costituzione, nonche' del comma 2 del medesimo art. 18 - Previsione che, se alla data di cui al primo periodo una o piu' proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al Governo, il provvedimento legislativo di cui al citato primo periodo e' assunto previo parere della Conferenza unificata, che si esprime entro dieci giorni, esclusivamente in ordine al riordine delle Province ubicate nei territori delle Regioni medesime - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di autonomia costituzionale degli enti territoriali, nella specie delle Province - Lesione del principio di ragionevolezza per l'adozione di una misura sproporzionata e non efficace rispetto alla finalita' dichiarata dalla normativa impugnata di riduzione della spesa pubblica - Denunciata violazione dei presupposti di legittimita' costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del decreto-legge - Denunciata violazione dell'assetto costituzionale ed ordinamentale della Regione - Denunciata violazione dell'autonomia regionale in relazione ai principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza - Denunciata lesione della potesta' regolamentare delle Province - Violazione del principio costituzionale della partecipazione della popolazione interessata alla procedura di mutamento delle circoscrizioni provinciali e degli altri enti territoriali previsti dalla Costituzione. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, 118 e 133. Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica - Riordino delle Province e loro funzioni - Previsione che il ruolo di Comune capoluogo sara' assunto dal capoluogo di provincia con maggiore popolazione residente - Ricorso della Regione Calabria - Denunciata violazione del principio di autonomia costituzionale degli enti territoriali, nella specie delle Province - Lesione del principio di ragionevolezza per l'adozione di una misura sproporzionata e non efficace rispetto alla finalita' dichiarata dalla normativa impugnata di riduzione della spesa pubblica - Denunciata violazione dei presupposti di legittimita' costituzionale della straordinarieta' ed urgenza per l'adozione del decreto-legge - Denunciata violazione dell'assetto costituzionale ed ordinamentale della Regione - Denunciata violazione dell'autonomia regionale in relazione ai principi di sussidiarieta' verticale e di adeguatezza - Denunciata lesione della potesta' regolamentare delle Province - Violazione del principio costituzionale della partecipazione della popolazione interessata alla procedura di mutamento delle circoscrizioni provinciali e degli altri enti territoriali previsti dalla Costituzione. - Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 17, comma 4-bis. - Costituzione, artt. 3, 5, 77, 114, 117, 118 e 133.(GU n.1 del 2-1-2013 )
Ricorso della Regione Calabria (P.I. e cod. fisc.: 02205340793), in persona del Presidente della Giunta regionale e legale rappresentante in carica, Giuseppe Scopelliti, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 437 del 5 ottobre 2012, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dall'avv. Paolo Filippo Arillotta, (cod. fisc. RLLPFL58R31H224N, PEC: avvocaturaregionale©pec.regione.calabria.it,) e dall'avv. Enrico Ventrice (cod. fisc.: VNTNCF64E19F537S, PEC: enricoventrice@legpec.it;), in virtu' di procura speciale rilasciata a margine, con domicilio eletto in Roma, presso l'avv. Graziano Pungi, via Ottaviano n. 9; comunicazioni via fax al n. 0961-774317. Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica - Roma. Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17, rubricato «Riordino delle province e loro funzioni» del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012 n. 135, recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini», pubblicata nel Supplemento ordinario n. 173 alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 189 del 14 agosto 2012, nelle parti di seguito indicate e per le violazioni delle norme costituzionali appresso specificate. Si premette: A) Nel 1861, all'atto dell'unificazione del Regno d'Italia, le province italiane erano 59; esse hanno avuto un primo aumento con l'annessione del Veneto con la III guerra d'indipendenza, del Lazio e con le conquiste successive alla prima guerra mondiale; sotto il regime fascista, in tempo di pace, esse erano arrivate al numero di 95 e divennero 98 con l'annessione dei territori occupati in Croazia e Slovenia durante la II guerra mondiale. B) Il numero delle province italiane si e' poi ristretto al termine dell'ultima guerra, a seguito della restituzione di territori occupati alla Iugoslavia. C) Oggi le province italiane sono territorialmente 110, cui corrispondono 107 Amministrazioni Provinciali elettive, con un trend costantemente ascendente dal secondo dopoguerra, che e' espressione della sempre maggiore esigenza - costituzionalmente garantite - di partecipazione alle scelte pubbliche, mediante un livello di Governo prossimo ai cittadini. D) Per la prima volta a far data dall'unita' d'Italia, anzi dall'entrata in vigore dello Statuto albertino, il decreto-legge impugnato potrebbe produrre la riduzione rilevantissima degli Enti provinciali, in tempo di pace, con decisione verticistica, senza previa consultazione dei cittadini interessati (consultazione di cui hanno potuto godere i cittadini della Sardegna, che a seguito dei risultati dal recente referendum regionale, sta studiando una riforma complessiva degli enti provinciali). E) L'art. 17 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito con modificazioni in legge 7 agosto 2012 n. 135, prefigura la soppressione di un gran numero di province, che anche in questo caso integra una sorta di percorso di guerra: approvazione ed emanazione del decreto-legge che impone il «riordino»; un atto amministrativo adottato con deliberazione del Consiglio dei ministri, entro dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, delinea i requisiti minimi per il «riordino», da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente; il consiglio delle autonomie locali approva una ipotesi di «riordino» delle province ubicate nella regione, entro settanta giorni dalla pubblicazione di tale atto amministrativo, e la trasmette alla regione il giorno successivo; ciascuna regione trasmette al Governo una proposta di «riordino», entro venti giorni dalla ricezione dell'atto del consiglio delle autonomie locali; un «atto legislativo» di iniziativa governativa procede al riordino delle province, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. F) Il presente ricorso si basa ovviamente sulla posizione costituzionalmente riconosciuta alle Regioni e agli enti locali nella carta entrata in vigore il 1° gennaio 1948 con le successive modificazioni e integrazioni, ma non appare inopportuno ricordare che gia' nello Statuto del Regno di Sardegna, che ha poi regolato anche le istituzioni del Regno d'Italia, le province godevano di dignita' costituzionale, all'art. 74: «Le istituzioni comunali e provinciali, e la circoscrizione dei comuni e delle provincie sono regolati dalla legge». L'impugnazione della Regione Calabria e' qui proposta avverso l'art. 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata il 14 agosto 2012, limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4 e 4-bis, anche in virtu' della deliberazione del Consiglio delle autonomie locali, che in data 1° ottobre 2012, ha fatto espressa richiesta di impugnazione. Le norme impugnate sono illegittime e violano la sfera di competenza della Regione, nonche' gli ambiti di autonomia garantiti dalla Costituzione agli enti locali e ai cittadini calabresi, le cui istanze la Regione intende rappresentare, in relazione alle illegittime modifiche al sistema degli enti locali in ambito regionale, per i seguenti M O T I V I 1. - Violazione degli artt. 77 e 114 Cost., sotto il profilo dell'illegittimo utilizzo della decretazione d'urgenza per comprimere il sistema delle autonomie locali e della abusiva intromissione nella sfera di autonomia garantita dall'art. 114 Cost. I commi impugnati dell'art. 17, rubricato «Riordino delle province e loro funzioni», con la dichiarata finalita' di «contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio» (comma 1) dispongono che «Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio dei ministri determina, con apposita deliberazione, da adottare su proposta dei Ministri dell'interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia» (comma 2); si prevede inoltre che «Il Consiglio delle autonomie locali di ogni regione a statuto ordinario o, in mancanza, l'organo regionale di raccordo tra regioni ed enti locali, entro settanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della deliberazione di cui al comma 2, nel rispetto della continuita' territoriale della provincia, approva una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione e la invia alla regione medesima entro il giorno successivo. Entro venti giorni dalla data di trasmissione dell'ipotesi di riordino o, comunque, anche in mancanza della trasmissione, trascorsi novantadue giorni dalla citata data di pubblicazione, ciascuna regione trasmette al Governo, ai fini di cui al comma 4, una proposta di riordino delle province ubicate nel proprio territorio, formulata sulla base dell'ipotesi di cui al primo periodo» (comma 3); infine «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa le province sono riordinate sulla base delle proposte regionali di cui al comma 3, con contestuale ridefinizione dell'ambito delle citta' metropolitane di cui all'art. 18, conseguente alle eventuali iniziative dei comuni ai sensi dell'art. 133, primo comma, della Costituzione nonche' del comma 2 del medesimo art. 18. Se alla data di cui al primo periodo una o piu' proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al Governo, il provvedimento legislativo di cui al citato primo periodo e' assunto previo parere della Conferenza unificata» (comma 4); il ruolo di comune capoluogo sara' assunto dai capoluogo di provincia con maggiore popolazione residente (comma 4-bis). Le norme impugnate istituiscono, quindi, un procedimento di rilievo costituzionale, derogatorio dell'art. 133 (in merito al quale propone in seguito apposito motivo di impugnazione), che porta alla soppressione di un rilevante numero di amministrazioni provinciali, accorpandole per grandi gruppi di popolazione e territorio. Occorre premettere che il nuovo Titolo V - parte II della Costituzione - con l'attribuzione alle Regioni della potesta' di determinare la propria forma di governo, l'elevazione al rango costituzionale del diritto degli enti territoriali minori di darsi un proprio statuto, la clausola di residualita' a favore delle Regioni, che ne ha potenziato la funzione di produzione legislativa, il rafforzamento della autonomia finanziaria regionale e degli enti locali, l'abolizione dei controlli statali, ha disegnato di certo un nuovo modo d'essere del sistema delle autonomie. In particolare, nella formulazione del nuovo art. 114 - 1° comma della Costituzione, gli enti territoriali autonomi sono collocati al fianco dello Stato come elementi costitutivi della Repubblica svelandone, in una formulazione sintetica, la comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranita' popolare (Corte cost. 12 aprile 2002 n. 106). Come accennato in premessa, gia' nello Statuto albertino, a comuni e province era assegnato il rango di enti con dignita' costituzionale. E ancora prima della riforma del titolo V del 2001, l'art. 128 cost. istituiva un sistema di autonomia «rafforzata» in favore degli enti locali, garantita da «principi fissati da leggi generali della Repubblica». In particolare, le «leggi generali», pur non essendo leggi costituzionali e non possedendone l'efficacia formale, svolgevano (e svolgono), su un piano diverso, una analoga funzione costituente. «Le leggi generali della Repubblica, di cui all'art. 128, sono quelle emesse dal Parlamento nell'esercizio della sua funzione di supremo garante dell'equilibrio costituzionale fra province e comuni da un lato e Stato e regioni dall'altro. La suddetta attivita' legislativa in chiave di autonomia non vuol essere una tantum, bensi' di carattere permanente, ai sensi dell'art. 5, ultimo inciso.» (Commentario della Costituzione, Branca - Pizzorusso, art. 128-133, tomo III, p. 11-12, Zanichelli). L'autonomia rafforzata prevista dall'(abrogato) art. 128 Cost., e' attuata, tra l'altro, dall'art. 1 del decreto legislativo n. 267/2000 (vigente), che stabilisce che «La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa» (comma 2), e che «Ai sensi dell'art. 128 della Costituzione, le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni» (comma 4). La premessa di cui sopra serve a precisare che la nuova formulazione dell'art. 114 cost. (e delle altre norme del titolo V), va sicuramente nella direzione di una maggiore rilevanza costituzionale degli enti locali, rispetto alla pur rilevante autonomia «rafforzata» di cui all'art. 128 abrogato, in quanto si passa da un'autonomia garantita da «leggi generali», all'autonomia «secondo i principi fissati dalla Costituzione», di cui all'art. 114 - 2° comma: locuzione che, nel testo abrogato dell'art. 115, era riservata alle sole regioni. Da cio', discendono, a parere della ricorrente, varie conseguenze in relazione alle illegittimita' denunciate. In primo luogo, la pretesa di intervenire con atti aventi forza di legge ordinaria sull'ordinamento delle province, si pone in netto contrasto con la previsione dei «principi fissati dalla Costituzione», di cui all'art. 114 - 2° comma e quindi in conflitto con il sistema di gerarchia delle fonti; in particolare, si ritiene che nessuna procedura possa portare alla soppressione di una o piu' o di tutte le province esistenti, se non con legge costituzionale, o in virtu' di principi contenuti in norma di rango costituzionale, in quanto le province, una volta istituite, godono ai sensi dell'art. 114, di una vita e di un'autonomia propria. Per altro, la procedura di revisione delle circoscrizioni provinciali (ove si voglia inquadrare l'art. 17 impugnato in tale ipotesi minimalista, ma e' in realta' una soppressione di enti) e' prevista in una di quelle leggi generali di cui all'abrogato 120 Cost., cioe' l'art. 21 del decreto legislativo 267/2000, che, sino all'entrata in vigore della nuova «Carta delle autonomie locali» potrebbe essere derogato solo da norma espressa. In secondo luogo, difettano assolutamente i requisiti di necessita' e di urgenza previsti dall'art. 77 Cost. per l'adozione di un decreto-legge. Su un piano formale, un decreto-legge, contenente norme assai eterogenee, non puo' introdurre norme che vanno ad incidere su principi di rango costituzionale ai sensi dell'art. 114 Cost., e, sul piano sostanziale, il completo ridisegno del sistema delle autonomie provinciali non puo' essere demandato alla decretazione d'urgenza solo sulla base del fine di «contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio». Infatti, la soppressione di una gran numero di province, da un lato comporta un intervento destinato a improntare per decenni la struttura e funzione del sistema delle autonomie, come avviene in genere con l'adozione delle carte costituzionali ed e' un intervento per sua natura incompatibile con le caratteristiche contingenti del decreto-legge; dall'altro comporta attivita' esecutive da parte dello Stato, delle Regioni e dei Comuni (si pensi solo alla redistribuzione del personale, alla strutturazione dei bilanci degli enti accorpati, alla ridefinizione degli uffici), che vanno ben al di la' dell'orizzonte temporale e logico del decreto-legge ed imporrebbero un'approfondita elaborazione e programmazione, oltre che il coinvolgimento dei cittadini ed enti interessati, come previsto dall'art. 133 Cost. La enunciata finalita' di «contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei» si presenta, poi, del tutto incongrua ad integrare i requisiti di necessita' ed urgenza; come e' noto, con il precedente decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, art. 23, si e' proceduto ad una radicale riforma delle funzioni e degli organi delle province; ancor prima, con decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 si era proceduto, all'art. 16, alla «Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali». Non si e' quindi in presenza di una contingente necessita' di provvedere, bensi' di azioni necessariamente di sistema, che vengono pero' realizzate con interventi frammentari e non coordinati, cioe', come direbbero i biologi, una specie di «equilibrio instabile punteggiato». Infine, l'art. 17 del decreto-legge ha solo in apparenza un effetto immediato sul numero delle province, in quanto da un lato pone una (illegittima) deroga al procedimento previsto dall'art. 133 Cost., relativamente al potere di iniziativa, alla consultazione dei cittadini interessati e alla funzione consultiva regionale, ma dall'altro si limita a rinviare ad una futura legge l'effettiva soppressione di alcune province. Legge che potrebbe non arrivare mai. Quindi, la decretazione urgente ha il solo fine di elidere un segmento del procedimento costituzionale ex art. 133, ma non esplica l'effetto «urgente» di diminuire gli apparati degli enti locali. Le violazioni denunciate si risolvono comunque in forte limitazione delle competenze regionali. 2. - Violazione gli art. 3, 5, 114, 117 Cost., in quanto l'art. 17 incide irrazionalmente sul sistema delle autonomie locali costituzionalmente garantito, mediante adozione, per altro, di criteri quali la dimensione territoriale e la popolazione residente, di rango inferiore alle norme costituzionali ed invade la sfera di' competenza legislativa riservata alla Regione. Ad avviso della Regione Calabria, il sistema delineato dall'art. 17 del decreto-legge crea una compressione delle autonomie locali ingiustificabile sotto il profilo costituzionale. In particolare, l'attuazione del decreto-legge porterebbe alla soppressione di un rilevante numero di amministrazioni provinciali, accorpandole per grandi gruppi di popolazione e territorio. La logica della creazione di «mega-province o macro-province» contenenti grossi aggregati di popolazione e di territorio, contrasta con l'art. 5 della Costituzione, che prevede invece il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali, nonche' con l'art. 114, che prevede la loro disciplina costituzionale quali enti autonomi, con statuti, poteri e funzioni, secondo la naturale scansione sociale e territoriale, che e' la sostanza e la ragione d'essere dello Stato delle Autonomie. L'art. 5 introduce, infatti, in via di principio, la garanzia di un'ampia liberta' conferita alle diverse collettivita' territoriali nel perseguimento e nella gestione di interessi locali e disegna un sistema di livelli di governo composti dagli enti locali capaci di dotarsi di un proprio indirizzo politico e amministrativo il piu' vicino possibile al cittadino, con un'autonomia anche finanziaria. In verita', i principi di cui all'art. 5 e 114, in merito alle dimensioni delle province quali enti area vasta, sono attuati e spiegati in maniera del tutto chiara dall'art. 21 - 3° comma del decreto legislativo n. 267/2000, tuttora vigente: «3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'art. 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi: a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente; b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entita' demografica, nonche' per le attivita' produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il dequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale;» I criteri contenuti nelle riportate lettere a) e b) del comma riportato corrispondono poi pienamente ai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza dettati dall'art. 118 Cost.; i criteri di accorpamento ipotizzati dall'art. 17 impugnato contrastano, invece, con i principi sopra enunciati, in quanto la creazione di «mega-province o macro-province» e' giustificata da criteri meramente quantitativi, non previsti in Costituzione (e quindi di rango inferiore alla stessa), che creano un insanabile conflitto con la scala e la dimensione territoriale e demografica delle Regioni e con le funzioni delle stesse; ogni Regione finirebbe infatti per avere al suo interno 2 o 3 grandi province (o addirittura una sola), che esercitano sostanzialmente le medesime funzioni di indirizzo e coordinamento dell'Amministrazione regionale, cioe' degli enti praticamente e realmente inutili. L'adozione del criterio quantitativo evidenzia, inoltre, un grave dissidio con l'art. 3 della Costituzione. Infatti, la fredda considerazione dei soli numeri (estensione geografica e popolazione) crea una palese violazione del principio di eguaglianza formale, del principio di razionalita' normativa e del principio di eguaglianza sostanziale. Il riordino delle province basato sui requisiti minimi di dimensione territoriale e di popolazione residente portera' evidentemente alla soppressione degli enti piu' piccoli con aggregazione degli stessi alle province piu' consistenti, alle quali sara' automaticamente attribuita, ai sensi del comma 4-bis, la citta' capoluogo. Tale criterio priva una parte dei cittadini, quelli degli enti di minori dimensioni, da sopprimere, della possibilita' di usufruire della vicinanza dei servizi e delle istituzioni provinciali, che e' invece riservata ai cittadini dei centri maggiori, creando un evidente vulnus in punto di eguaglianza formale; i criteri adottati, generano, quindi, una irrazionale disparita' di trattamento, che non e' attenuata da alcun valido correttivo, che consideri (al di la' dei numeri) il bacino di rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente o la dimensione dell'Ente non solo in ragione dell'entita' demografica, ma anche delle attivita' produttive esistenti o possibili, e delle necessita' di programmazione dello sviluppo, che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio. La sostanziale concentrazione delle istituzioni provinciali nei centri piu' grandi determina, inoltre, conseguentemente, trattando in modo eguale situazioni diverse, l'impossibilita' di attuare gli strumenti di eguaglianza sostanziale e propulsiva di cui all'art. 3 secondo comma Cost., in quanto relega i cittadini delle comunita' piu' piccole a ruoli inevitabilmente marginali. Tornando a quanto, in parte, sopra accennato, l'art. 17 impugnato viola poi, direttamente e irrimediabilmente l'art. 118 Cost., che impone, nella distribuzione delle funzioni amministrative tra i vari livelli di governo, il rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Secondo la definizione normativa anticipata nella legislazione degli anni 90, il principio di sussidiarieta' comporta l'attribuzione della generalita' del compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunita' montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilita' pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunita', alla autorita' territorialmente e funzionalmente piu' vicina ai cittadini interessati. Il principio di adeguatezza, e' relativo all'idoneita' organizzativa dell'amministrazione ricevente a garantire, anche in forma associata con altri enti, l'esercizio delle funzioni. Il principio di differenziazione nell'allocazione delle funzioni considera le diverse caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi. I tre principi enunciati impongono che l'attivita' legislativa e amministrativa sia improntata alla massima considerazione delle varie e multiformi esigenze degli enti locali, adottando soluzioni duttili e differenziate, al fine di creare organismi e strumenti istituzionali capaci di adattarsi alle piu' varie situazioni geografiche e socio-economiche. L'art. 17 impugnato, invece, irrigidisce l'ente provinciale applicando criteri di accorpamento basati su minimi di territorio e di popolazione, che in realta' tendono a sfumare se non ad annullare la variegata diversita' delle realta' provinciali, e a trasformandole in mere circoscrizioni di decentramento regionale. I commi impugnati dell'art. 17, violano in maniera plastica l'art. 117 cost. e invadono la sfera di competenza legislativa riservata alla Regione. In materia di enti locali, l'art. 117 - 2° comma lett. p) riserva alla funzione legislativa esclusiva statale la materia «legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane», mentre attribuisce espressamente alle Regioni, per esclusione, la materia «polizia amministrativa locale», (lett. f). Nel campo della funzione legislativa concorrente, non sembrano esservi materie afferenti l'istituzione e l'ordinamento degli enti locali. Ai sensi dell'art. 117 - comma 4, alla Regione spetta la funzione legislativa residuale, nelle altre materie non espressamente riservate allo Stato. In relazione alla competenza legislativa regionale, la giurisprudenza costituzionale e' giunta a individuare alcuni limiti emergenti dagli elenchi del 2° e 3° comma dell'art. 117: in alcuni casi la norma costituzionale include materie che possono individuarsi solo in termini finalistici, avendo riguardo non alle fattispecie che costituiscono oggetto della legislazione, ma agli scopi che tendono a perseguire; in questo caso la Costituzione attribuisce una competenza «trasversale» che consente allo Stato di incidere sulla disciplina di qualsiasi ambito materiale, nel perseguimento della finalita' assegnata; in altri casi, si e' ritenuto che allorche' lo Stato avochi a se', per sussidiarieta', funzioni amministrative ai sensi dell'art. 118, tali funzioni debbano essere organizzate e regolate dalla legge statale per esigenze di uniformita' su tutto il territorio nazionale. Cio' detto, la competenza residuale regionale va individuata anzitutto con riferimento agli ambiti di competenza legislativa concorrente disciplinati dall'abrogato art. 117; essi erano: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Tali materie rientrano nella competenza residuale regionale, pero' con il problema delle sovrapposizioni con le altre voci elencate nell'art. 117 vigente ed attribuite alla competenza concorrente o esclusiva dello Stato; ad esempio la «caccia» con la «tutela dell'ambiente» o la voce «musei e biblioteche di enti locali» con la «tutela dei beni culturali» o «urbanistica» che coincide con il «governo del territorio». Orbene, la Regione Calabria Ritiene che l'art. 17 del decreto-legge impugnato abbia esercitato anche funzioni legislative esclusivamente riservate alla Regione, perche' non contemplate dall'art. 117 commi 2 e 3, nuovo testo. La norma impugnata, infatti: dispone il riordino delle province e loro funzioni, mediante soppressione degli enti di minori dimensioni (comma 1); la norma e' illegittima, perche' non rientra nella competenza statale la funzione legislativa di riordino territoriale delle province, ma solo la legge di cui all'art. 133 Cost., che e' una legge-provvedimento a contenuto vincolato dalla proposta, preceduta dall'iniziativa dei comuni e dal parere della Regione interessata; demanda al Consiglio dei ministri la determinazione dei requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia (comma 2); la norma e' illegittima, perche' non rientra nella competenza statale la funzione legislativa di fissare requisiti minimi di popolazione e territorio; prevede che il Consiglio delle autonomie locali di ogni regione, approvi una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione e la trasmetta al Governo (comma 3); la norma e' illegittima, perche' non rientra nella competenza statale la funzione legislativa concernente l'organizzazione e il funzionamento del Consiglio delle autonomie locali, che e' riservata, ai sensi dell'art. 123 cost. ultimo comma, allo Statuto regionale; prevede che le province sono riordinate con atto legislativo di iniziativa governativa sulla base delle proposte regionali, previo parere della Conferenza unificata, nel caso in cui manchino una o piu' delle proposte regionali (comma 4); la norma e' illegittima, perche' non rientra nella competenza statale la funzione legislativa di riordino territoriale delle province, ma solo la legge di cui all'art. 133 Cost., che e' una legge-provvedimento a contenuto vincolato dalla proposta, preceduta dall'iniziativa dei comuni e dal parere della Regione interessata: dispone che, in esito al riordino, il comune gia' capoluogo della provincia con maggiore popolazione residente assume il ruolo di capoluogo della nuova provincia accorpata (comma 4-bis); la norma e' illegittima, perche' non rientra nella competenza statale la funzione legislativa di fissare il capoluogo provinciale. E' da ritenersi, per altro, che la stessa funzione legislativa concretatasi nell'art. 21 del decreto legislativo n. 267/2000 menzionato in precedenza, concernente i criteri per la revisione delle circoscrizioni provinciali, rientri nella competenza residuale regionale, proprio perche' non inclusa negli elenchi di cui all'art. 117 - 2° e 3° comma Cost. Non si puo' infine dubitare che la funzione legislativa statale in merito alle «funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane» sia cosa ben diversa dal riordino territoriale e dai criteri per la revisione delle circoscrizioni provinciali; ne' e' prova la circostanza che i progetti di legge in discussione in parlamento aventi ad oggetto la «Carta delle autonomie locali», che disciplina le «funzioni fondamentali» di cui all'art. 117 - 2° comma lett. p), non hanno mai toccato l'argomento oggetto dell'art. 17 oggi impugnato. Per essere ancora piu' chiari e d evitare equivoci: la funzione legislativa in materia di «circoscrizioni provinciali» (popolazione, dimensioni, confini, etc.), rientra nella competenza regionale, cosi come vi rientrava prima della riforma del titolo V (e vi rientra tuttora), la materia di «circoscrizioni comunali». 4) Violazione del procedimento previsto dall'art. 133 Cost., con parziale illegittima delegificazione dei criteri di «riordino». Violazione dell'art. 5 della Convenzione europea relativa alla «Carta europea dell'autonomia locale». La Regione Calabria comprende attualmente cinque province. Le province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria, preesistono all'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica. La provincia di Crotone e' stata istituita con decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 249 in virtu' di delega contenuta nell'art. 63 della L. 142/1990, sulla base dell'iniziativa adottata dai comuni interessati, previo parere espresso in data 29 gennaio 1992 dalla Regione Calabria, a norma dell'art. 133 della Costituzione. La provincia di Vibo Valentia e' stata istituita con analogo decreto legislativo 6 marzo 1992, n. 253, sulla base dell'iniziativa adottata dai comuni interessati, previo parere espresso in data 29 gennaio 1992 dalla Regione Calabria, a norma dell'art. 133 della Costituzione. Il procedimento contenuto nell'art. 17 del decreto-legge impugnato contrasta in maniera evidente con il dettato dell'art. 133. L'art. 17 non prevede in alcun modo l'iniziativa dei comuni interessati, ne' tale iniziativa e' surrogata dalla previsione che l'ipotesi di riordino delle province e' demandata al Consiglio delle autonomie locali dal comma 3 dell'art. 17; infatti, il Consiglio e' organo di consultazione tra le Regione e gli enti locali e non organismo rappresentativo dei comuni. Lo stesso comma 3 dell'art. 17, contiene una disciplina configgente con l'art. 133 Cost., in quanto elide la necessita' della consultazione della Regione, sostituendola con il parere della Conferenza unificata nei casi in cui la Regione non si pronunci, ma soprattutto, impone un procedimento verticistico, che e' l'esatto contrario di quanto imposto dall'art. 133. Che contempla l'iniziativa dal basso. Le deviazioni dal procedimento delineato dall'art. 133 non sono sanate dalla circostanza che il legislatore ha voluto procedere ad una revisione generale delle circoscrizioni provinciali, anzi dato i rilevantissimi effetti di sistema sulla organizzazione e funzionamento delle province interessate, la consultazione dei cittadini e delle amministrazioni interessate avrebbe dovuto essere a maggior ragione preservata. La procedura introdotta dall'art. 17, viola inoltre l'art. 5 della Convenzione europea relativa alla «Carta europea dell'autonomia locale», firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, ratificato con legge 30 dicembre 1989, n. 439 rubricato «Tutela dei limiti territoriali delle collettivita' locali», che recita «Per ogni modifica dei limiti locali territoriali, le collettivita' locali interessate, dovranno essere preliminarmente consultate, eventualmente mediante referendum, qualora cio' sia consentito dalla legge.» E' evidente, infatti, la violazione del vincolo derivante dall'ordinamento internazionale, che si' traduce, nel caso in questione, in una illegittima compressione dei diritti politici dei cittadini regionali. L'art. 17, inoltre, appare difforme dallo schema previsto nell'art. 133, attesa la devoluzione ad un atto amministrativo governativo (art. 17, comma 2) della individuazione dei parametri minimi territoriali e demografici, peraltro gia' previsti a legge ordinaria generale e quindi derogabile solo espressamente (l'art. 21 d.lvo 267/2000). A parere della Regione, infatti, l'art. 133 Cost. contiene un riserva di legge «rafforzata» con la previsione di elementi procedurali ulteriori rispetto alla legge ordinaria, in relazione alla quale deve escludersi che una parte della disciplina possa essere demandata alla fonte amministrativa (e che si ritiene comunque essere di competenza regionale).
P.Q.M. Chiede che la Corte, per i motivi esposti, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata il 14 agosto 2012, limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4 e 4-bis. Si produrranno, all'atto della costituzione in giudizio, la deliberazione della Giunta regionale n. 437 del 5 ottobre 2012, la deliberazione del C.A.L. 1° ottobre 2012, nonche' gli atti ed i documenti specificati nel presente atto e comunque elencati nell'indice del fascicolo di parte. Catanzaro-Roma, 11 ottobre 2012 Avv.ti Arillotta-Ventrice