N. 289 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 2012
Ordinanza del 28 maggio 2012 emessa dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile promosso da Corticella Molini e Pastifici S.p.a. contro INPS e INAIL.. Contratto, atto e negozio giuridico - Appalto di opere o servizi - Responsabilita' solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, estesa anche al debito per sanzioni civili o somme aggiuntive - Irragionevolezza. - Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, comma 2, come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in relazione all'art. 21, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 4 aprile 2012, n. 35. - Costituzione, art. 3. Lavoro e occupazione - Impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria - Omesso versamento dei contributi e premi - Prevista sanzione non inferiore a euro 3.000 per ogni lavoratore, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata - Irragionevolezza. - Decreto-legge 4 agosto 2006, n. 248 (recte: decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248), art. 36-bis, comma 7. - Costituzione, art. 3.(GU n.1 del 2-1-2013 )
IL TRIBUNALE Il Giudice unico, dott. Giovanni Benassi, a scioglimento della riserva di cui all'udienza del 23 maggio 2012, ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 3412/2010 R.G.Lav. promosso da: Corticella Molini Pastifici S.p.a., in persona del dott. Stefano Cometto, procuratore speciale giusta procura rilasciata in data 9 gennaio 2008 con scrittura privata autenticata dal notaio dott. Vincenzo Minna, rappresentata e difesa per mandato posto a margine del ricorso introduttivo dall'avv. Grazia Cumani, presso il cui studio e' pure elettivamente domiciliata in Bologna, via A. Costa n. 129, ricorrente; Contro Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS, in persona del legale rappresentanze pro tempore, che agisce in proprio e quale mandatario speciale della Societa' per la cartolarizzazione dei crediti INPS - S.C.C.I. S.p.a., giusta procura a rogito del notaio G. Tomazzoli di Roma del 15 febbraio 2000, rep. n. 9320, rappresentato e difeso in giudizio dall'avvocato Roberta Lezzi, per procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero notaio L. Blasi di Roma del 31 ottobre 2003, rep. 73809, elettivamente domiciliato presso l'Avvocatura della sede provinciale dell'Istituto, in Bologna, via Gramsci n. 6, convenuto; E contro Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in persona del Direttore generale pro tempore dell'Emilia-Romagna, rappresentato e difeso dall'avvocato Torquato Pirani, per procura generale alle liti rilasciata per atto notaio G. Bertuzzi, in Bologna, del 18 novembre 2008, rep. n. 20350, elettivamente domiciliato in Bologna, via Amendola n. 3, presso la sede dell'Avvocatura regionale INAIL, convenuto, avente ad oggetto: accertamento negativo obbligo contributivo. 1. Con ricorso depositato in data 8 ottobre 2010, la S.p.a. Corticella Molini Pastifici ha esposto quanto segue: a) in data 8 aprile 2008 aveva sottoscritto con la Societa' cooperativa MP Service, con sede in Eboli (Salerno), un contratto d'appalto per lo svolgimento di diverse attivita' inerenti alla gestione del suo stabilimento produttivo situato a Bologna; b) a seguito di un accertamento ispettivo, svoltosi fra il 24 novembre 2009 e il 18 gennaio 2010, ed afferente al periodo 1° maggio 2008-30 novembre 2009, i funzionari della vigilanza avevano contestato alla MP Service di avere impiegato personale dipendente in assenza di un regolare contratto di assunzione, con conseguente omissione dei dovuti versamenti contributivi e di avere versato, giugno 2008-novembre 2009, solo parte dei contributi risultanti dai modelli DM 10 presentati; c) dall'accertamento erano, quindi, emerse omissioni contributive per € 2.253,00 per l'impiego di personale non in regola, aumentati di € 45.000,00 a titolo di sanzione, ex art. 116, comma 8 e seguenti, legge n. 388/2000 e 36-bis decreto-legge n. 233/2006 nonche' omessi versamenti in relazione a quanto dichiarato nei DM 10 per € 136.942,00; d) in data 29 gennaio 2010 aveva ricevuto notifica di verbale di obbligazione solidale n. 519/2010 ex art. 29 decreto legislativo n. 276/2003 come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge n. 296/2006 in forza del quale le era stato intimato di provvedere entro trenta giorni al pagamento delle somme di cui al precedente punto c); e) a seguito del rigetto del ricorso amministrativo - comunicato con raccomandata del 2 luglio 2010, aveva provveduto, in data 16 luglio 2010, ad effettuare i versamenti per le omissioni contributive e per le sanzioni civili al solo fine di evitare l'aggravio per spese ed interessi che sarebbe derivato dall'iscrizione a ruolo delle somme pretese dall'INPS; f) successivamente, l'INAIL, con nota 1° settembre 2010, sempre a seguito degli accertamenti ispettivi svolti dall'INPS e dalla DPL di Bologna, aveva contestato l'omesso versamento dei premi in relazione ai lavoratori presuntivamente impiegati «in nero» da MP Service per € 460,52 e la debenza della connessa sanzione di € 45.000,00 ex art. 36-bis citato. Cio' premesso, la societa' ricorrente ha chiesto che venisse condannato l'INPS a rimborsare le somme di € 2.253,00 e di € 45.000,00 gia' corrisposte in ottemperanza al verbale ispettivo INPS-DPL, n. 519/10, nonche' l'accertamento della non debenza delle somme il cui pagamento era stato sollecitato dall'INAIL. Radicatosi il contraddittorio con l'INPS e l'INAIL, che hanno chiesto il rigetto della domanda, e' stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio contabile al fine di verificare l'esattezza dei conteggi eseguiti in sede ispettiva. 2. Nella specie viene, in primo luogo, in rilievo l'applicazione dall'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003 nel testo modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella parte in cui prevede, in caso di appalto di opere o di servizi, che committente imprenditore o datore di lavoro sia obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti. In particolare, la societa' ricorrente contesta che tale norma, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dall'art. 21, comma 1, del decreto-legge n. 5/2012, convertito in legge n. 35/2012, trovi applicazione al credito degli enti previdenziali per le somme aggiuntive o sanzioni civili, sostenendo che la prevista solidarieta' passiva sia limitata ai contributi previdenziali in senso stretto. Ad avviso del giudicante, questa impostazione difensiva non puo' essere condivisa per l'assorbente ragione che le somme aggiuntive di cui trattasi hanno natura di sanzione civile e sono applicate quale effetto automatico, previsto dalla legge, in caso di inadempimento dell'obbligazione contributiva. Va, al riguardo, evidenziato che il regime degli accessori sui debiti contributivi e', in deroga alla normativa generale in materia di inadempimento delle obbligazioni pecuniarie (articoli 1224 e 1282 del codice civile), dettagliatamente disciplinato da leggi speciali (art. 4, legge n. 48/1988, art. 1, comma 217, legge n. 662/1996, art. 116, legge n. 338/2000), le quali stabiliscono criteri e misura per la determinazione delle somme aggiuntive. E' noto, poi, che le citate norme, nel fissare i criteri di calcolo delle somme aggiuntive, prevedono una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardo, allo scopo di rafforzare l'obbligazione contributiva a risarcire, in misura predeterminata dalla legge con presunzione «iuris ed de iure», il danno cagionato all'ente previdenziale, con la conseguenza che non e' consentita alcuna indagine sull'imputabilita' o sulla colpa in ordine all'omissione o al ritardo del pagamento della contribuzione al fine di escludere o ridurre l'obbligo suindicato (vedi, Cass. n. 8329/00, n. 2689/95, n. 10964/92). La giurisprudenza della Corte di cassazione, con la recente decisione n. 14475/09, ha, al riguardo, riaffermato il principio che, in tema di omesso o ritardato versamento di contributi previdenziali, le somme aggiuntive dovute secondo la legge dal contribuente hanno natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo effetto automatico delle violazioni a cui conseguono, con funzione di rafforzamento dell'obbligo contributivo e di predeterminazione legale (con presunzione «juris et de jure») del danno cagionato all'ente previdenziale, cosicche' per esse non opera l'intrasmissibilita' agli eredi disposta dall'art. 7 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Ne consegue, dunque, che, in caso di inadempimento dell'obbligazione contributiva da parte dell'appaltatore, il debito per contributi si estende, per effetto diretto della legge, fino a comprendere quello per le somme aggiuntive, con il corollario che la responsabilita' solidale del committente non resta circoscritta ai contributi ma incorpora anche le sanzioni civili. Infatti, nell'ipotesi dell'inadempimento dell'appaltatore, i trattamenti contributivi previdenziali dovuti si intendono riferiti - come ben evidenzia la parola «dovuti» - sia ai contributi (credito per capitale) sia alle somme aggiuntive (credito per sanzioni civili). Il quadro normativo di riferimento e' stato, pero', innovato dall'art. 21 del decreto-legge n. 5/2012, convertito in legge n. 35/2012, il cui comma 1 ha sostituito il testo previgente dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, introducendo il principio, in questa sede rilevante, che dalla responsabilita' solidale del committente «resta escluso qualsiasi obbligo per sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento». Contrariamente a quanto sostenuto dalla societa' ricorrente, il citato comma 1 dell'art. 21 decreto-legge n. 5/2012 non ha portata interpretativa e, quindi, efficacia retroattiva, sia perche' la formulazione letterale della disposizione in esame non contiene alcun appiglio formale atto a supportare una siffatta lettura, sia, e soprattutto, perche' viene ad assumere, rispetto al previgente quadro normativo, come interpretato dalla Corte di cassazione, una portata fortemente innovativa perche', presumibilmente per la prima volta, dissocia, sia pure ai limitati fini della delimitazione della responsabilita' solidale del committente, il debito per contributi dal debito per sanzioni civili, nel caso di inadempimento all'obbligo contributivo, per altro in deroga alla disciplina generale sulle obbligazioni solidali dettata dal codice civile. Cio' detto, pero', l'entrata in vigore del nuovo testo del comma 2 dell'art. 29, come ora modificato, ha comportato una differenziazione della responsabilita' solidale dei committenti nel senso che il committente risponde in via solidale anche del debito per le sanzioni civili a seconda della data in cui si colloca l'inadempimento dell'appaltatore. In altri termini, se l'inadempimento si colloca prima dell'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 29, comma 2, il committente deve rispondere, come nel caso di specie, anche del debito per le sanzioni civili; mentre, in caso contrario, il medesimo committente e' tenuto a versare. in via solidale, soltanto l'importo dei contributi. Se, quindi, il quadro normativo viene valutato nel suo complesso, emerge che il regime della responsabilita' solidale del committente in materia previdenziale resta soggetto a due diverse discipline a seconda della data in cui si viene collocare l'inadempimento dell'appaltatore, con conseguente possibilita' di ipotizzare un conflitto con l'art. 3 della Costituzione. Infatti, la medesima situazione giuridica - cioe' quella in cui versa il committente in caso di inadempimento dell'appaltatore al debito contributivo - viene disciplinata dal legislatore in due modi completamente diversi senza alcuna giustificazione apparente, che non sia la mera casualita' nella quale si colloca la data dell'inadempimento. Al riguardo, e' bene considerare - come ben dimostra il caso in esame - la diversa incidenza economica che viene ad assumere per le imprese il contenuto della solidarieta' passiva che risulta essere molto piu' onerosa - comprendendo anche l'obbligo di pagare le sanzioni civili - per gli inadempimenti degli appaltatori ancora soggetti, ratione temporis, alla disciplina previgente. Cio' che crea un risultato del tutto opposto ed irragionevole rispetto a quello che era l'intento del legislatore del 2012 di semplificare la disciplina in materia di appalti pubblici. Infatti, se si consolidasse il vigente quadro normativo, gli oneri economici a carico delle imprese, derivatiti dalla disciplina della solidarieta' passiva negli appalti, continuerebbero a restare particolarmente gravosi quanto alle situazioni ante riforma, mentre risulterebbero particolarmente alleggeriti quanto alle situazioni successive, con la conseguenza che inadempimenti del medesimo importo avrebbero un'incidenza economica a carico delle imprese committenti ben diversa e difficilmente giustificabile sotto il profilo della ragionevolezza. Infine, non puo' essere trascurato un altro aspetto. La novella del 2012 pone a carico del solo appaltatore l'onere del pagamento delle sanzioni civili, cosi' alleggerendo l'obbligazione solidale del committente. Sotto il profilo giuridico, quindi, la nuova normativa esprime il principio che, in materia contributiva, le conseguenze sanzionatorie e risarcitorie previste in caso di inadempimento restano a carico del soggetto - datore di lavoro cui puo' essere soggettivamente imputato l'inadempimento per non avere provveduto al tempestivo pagamento dei contributi. Questa previsione normativa, rende ulteriormente irragionevole quella precedente rispetto alla quale l'inadempimento dell'appaltatore era oggettivamente posto a carico del committente, chiamato a rispondere per capitale e sanzioni per il solo fatto dell'inadempimento. La nuova disciplina, infatti, pur con la finalita' di favorire lo sviluppo dell'economia in un momento di crisi, ha modificato la natura giuridica del debito per sanzioni civili, introducendo un elemento soggettivo che in precedenza le era del tutto estraneo, come posto in evidenza dalla giurisprudenza, secondo cui il debito per le sanzioni civili restava soggetto alle regole generali in materia di obbligazioni, secondo cui debitore in solido, essendo obbligato alla medesima prestazione, puo' essere costretto all'adempimento per la totalita' del credito (capitale ed interessi) (art. 1292 e seguenti del codice civile). La novella del 2012, quindi, rende, sotto questo profilo, ulteriormente irragionevole e, quindi, in sospetta violazione dell'art. 3 Cost., il permanere della disciplina previgente in forza della quale il debito per le sanzioni civili, in forza dei principi generali in tema delle obbligazioni solidali, resta automaticamente a carico del committente, cioe' di un soggetto al quale non puo' essere materialmente imputato l'inadempimento. Risulta, quindi, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in relazione all'art. 21, comma 1, del decreto-legge n. 5/2012, convertito in legge n. 35/2012, nella parte in cui prevede che la responsabilita' solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, comprenda anche il debito per le sanzioni civili o somme aggiuntive per violazione dell'art. 3 Cost. 3. Sotto altro profilo e', nella specie, rilevante l'art. 36-bis, comma 7, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l'art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge n. 73 del 23 aprile 2002, introducendo, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, una sanzione civile, connessa all'omesso versamento dei contributi e premi riferita a ciascun lavoratore non inferiore ad € 3.000,00 indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata (c.d. maxi sanzione per lavoro nero). Nel caso di specie, poiche' per le ragioni esposte la responsabilita' solidale del committente comprende le somme dovute per contributi e per sanzioni civili, la societa' ricorrente e' tenuta, altresi', al pagamento anche della c.d. «maxi sanzione» per il lavoro nero, trattandosi, come si desume dalla formulazione letterale della norma di riferimento, di una vera e propria sanzione civile conseguente ad un inadempimento ritenuto dal legislatore di particolare gravita' e non di una sanzione amministrativa, avente finalita' esclusivamente punitiva e sanzionatoria. Come confermato dalla consulenza tecnica d'ufficio, nel caso di specie l'importo di questa sanzione appare, all'evidenza, eccessivo e sproporzionato rispetto alla gravita' dell'inadempimento. Nel caso in esame. infatti, sul computo complessivo della sanzione ha, pesantemente, influito la circostanza che l'appaltatore ha impiegato, per periodi molto brevi, numerosi lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria. Di conseguenza, un inadempimento contributivo nei confronti dell'INPS pari ad € 2.253,00 ha dato luogo all'applicazione di una sanzione civile di € 45.000,00; e, addirittura, l'inadempimento nei confronti dell'INAIL di soli € 450,62 ha, analogamente, comportato la sanzione civile di € 45.000,00. In tale contesto, non occorrono molte parole per spiegare come l'applicazione della sanzione - che spetta a ciascuno dei due enti previdenziali per complessivi € 90.000,00 - appaia sproporzionata alla gravita' complessiva dell'inadempimento, eccessiva, irragionevole e ingiustamente vessatoria nei confronti del datore di lavoro, al quale viene richiesta una sanzione 33 volte superiore al debito contributivo complessivo evaso (dato che, se si considera il caso INAIL, sale a quasi 100 volte il valore dell'inadempimento). E l'irrazionalita' di questa disciplina legislativa emerge in modo ancora piu' evidente qualora si consideri la modifica legislativa introdotta con l'art. 4 della legge n. 183 del 2010, secondo cui l'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare e' aumentato del 50%. La riforma del 2010, che, essendo entrata in vigore dal 24 novembre 2010 non e' applicabile nel caso di specie perche' il comportamento illecito dell'appaltatore e' cessato il 12 gennaio 2009 e gli accertamenti ispettivi sono stati compiuti in epoca antecedente, ha abolito la soglia minima per le sanzioni € 3.000,00 per ciascun lavoratore occupato in nero, introdotta dalla legge n. 248 del 2006 a partire dagli accertamenti compiuti dopo il 12 agosto 2006 (comma 7, art. 36-bis citato), ed ha in sostanza ripristinato la normativa prevista dall'art. 116, comma 8, lettera b) della legge n. 388/2000, che prevede l'applicazione, in ragione d'anno, della sanzione civile del 30% all'ammontare contributivo evaso, maggiorato del 50%. In sostanza, la sanzione si applica all'importo ottenuto dopo avere applicato le sanzioni civili pari al 30%, che va aumentato dei 50%, cosi' determinando, nel caso di specie, un consistente abbattimento della sanzione dovuta. Nella specie, secondo i conteggi, a fronte di un'evasione contributiva complessiva INPS e INAIL di € 2.713,53, l'importo delle somme aggiuntive da € 90.000,00 (€ 45,000,00 richiesti da ciascun istituto previdenziale) si attesterebbe sulla minore cifra di € 1.221,09. Cio' detto, non puo' non rilevarsi l'irragionevolezza complessiva cosi' venutasi a creare nell'ordinamento, nel quale, nel breve periodo di vigenza della disposizione contenuta nell'art. 36-bis, comma 7, lettera a) del decreto-legge n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006 - nel cui ambito ricade l'odierna fattispecie in esame, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria, continua a trovare applicazione una sanzione determinata sulla base di una soglia minima, particolarmente affluiva e, come dimostra il caso concreto, del tutto sproporzionata alla gravita' dell'inadempimento, mentre lo stesso legislatore, avvertendo la particolare vessatorieta' della sanzione, e' successivamente intervenuto per ridurne non tanto l'impatto economico ma per realizzare un sistema caratterizzato allo stesso tempo, da efficacia dissuasiva e da maggiore equita' perche' la determinazione della sanzione resta comunque agganciata alla gravita' dell'inadempimento. Secondo la difesa degli enti previdenziali convenuti, la previsione di una soglia minima si giustifica, anche sul piano costituzionale, con l'esigenza primaria di indurre una maggiore osservanza degli obblighi contributivi e di rafforzarne il rispetto, in un paese nel quale si e' sempre registrata una diffusa evasione contributiva. In senso contrario, pero', puo' essere rilevato, in primo luogo, come proprio il legislatore, con la modifica introdotta dall'art. 4 della legge n. 183 del 2010, abbia riconosciuto l'eccessivita' dalla c.d. «maxi sanzione» con l'approvazione di una diversa normativa che ha abolito proprio quella soglia minima che, nel caso in esame porta a risultati afflittivi abnormi, per cui, sotto questo profilo, l'applicazione della previgente disciplina appare del tutto irragionevole perche' determina proprio quegli effetti riflessi che sono stati espunti dall'ordinamento. Inoltre, la razionalizzazione del sistema sanzionatorio attuata con la legge n. 123 del 2010 non va colta nella riduzione della c.d. «maxi sanzione» in quanto tale, bensi' nel tentativo di realizzare un meccanismo volto ad impedire proprio quegli effetti distorsivi che si sono verificati nella fattispecie in esame, posto che l'entita' della sanzione nel caso di evasione contributiva e' stata in qualche modo ancorata alla gravita' dell'inadempimento posto in essere dal datore di lavoro, al quale e' imposto, oltre al versamento dei contributi, il pagamento di una sanzione civile, che, pur mantenendo efficacia dissuasiva. si connette comunque all'entita' dei contributi omessi. Risulta, quindi, non manifestamente infondata anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36-bis, comma 7, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l'art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge n. 73 del 23 aprile 2002, in relazione all'art. 4 della legge n. 183 del 2010, nella parte in cui ha previsto, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, una sanzione civile, connessa all'omesso versamento dei contributi e premi riferita a ciascun lavoratore non inferiore ad € 3.000,00 indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata per violazione dell'art. 3 Cost. Il presente procedimento va, dunque. sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale per quanto di sua competenza.
P.Q.M. Visti l'art. 134 Cost., l'art. 1 legge cost. n. 1 del 1948 e l'art. 23 della legge n. 87 del 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita': a) dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in relazione all'art. 21, comma 1, del decreto-legge n. 5/2012, convertito in legge n. 35/2012, nella parte in cui prevede che la responsabilita' solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, comprenda anche il debito per le sanzioni civili o somme aggiuntive per violazione dell'art. 3 Cost.; b) dell'art. 36-bis, comma 7, della legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha modificato l'art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito in legge n. 73 del 23 aprile 2002, in relazione all'art. 4 della legge n. 183 del 2010, nella parte in cui ha previsto, nel caso di impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, una sanzione civile, connessa all'omesso versamento dei contributi e premi riferita a ciascun lavoratore non inferiore ad € 3.000,00 indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata per violazione dell'art. 3 Cost.; sospende il giudizio e dispone, a cura della cancelleria, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale alle parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei ministri; manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Bologna, 28 maggio 2012 Il Giudice unico: Benassi