N. 291 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 2012
Ordinanza del 30 agosto 2012 emessa dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi nel procedimento di esecuzione nei confronti di G.M.. Reati e pene - Sanzioni sostitutive delle pene detentive o pecuniarie - Lavoro di pubblica utilita' - Previsione che l'attivita' venga svolta nell'ambito della Provincia in cui risiede il condannato - Mancata previsione che il giudice, su richiesta del condannato, possa ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita' presso un Ente non compreso nella Provincia di residenza - Violazione del principio di uguaglianza - Irragionevolezza - Contrasto con il principio della finalita' rieducativa della pena - Lesione dei diritti della famiglia. - Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 54. - Costituzione, artt. 3, 27 e 29.(GU n.1 del 2-1-2013 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti e sciogliendo la riserva di cui all'udienza camerale del 21 agosto 2012 O s s e r v a 1. - Premessa in fatto. G.M., nata a Piombino il 4 giugno 1981 e residente in Vallata (Avellino), difesa dall'avv. Antonietta Galgano, nel processo a suo carico (avente RG 383/2010) per il reato di cui all'art. 187, comma 1, d.lgs. n. 285/1992 (guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti) e' stata condannata dal Tribunale di Sant'Angelo del Lombardi, con sentenza n. 26/2012 del 2 febbraio 2012 (depositata l'8 febbraio 2012 ed irrevocabile il 5 aprile 2012), alla pena di mesi sei e giorni sei di lavoro di pubblica utilita'. In particolare, sulla scorta della convenzione conclusa ex art. 54 d.lgs. n. 274/2000 in data 30 novembre 2011 fra il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi e l'Ente Comunita' Montana «Terminio Cervialto», il Giudice monocratico, nella predetta sentenza, ha ammesso l'imputata allo svolgimento di attivita' lavorativa non retribuita presso tale Comunita' Montana, sotto forma di attivita' di supporto ai servizi interni dell'Ente, quali archivio, fotocopiatura e pulizia locali. Con successiva istanza del 17 luglio 2012 diretta al Giudice dell'esecuzione, la condannata ha domandato l'autorizzazione alla prestazione del lavoro di pubblica utilita' presso la «Casa Sollievo della Sofferenza - Opera di San Pio da Pietrelcina» sita in San Giovanni Rotondo (Foggia), in luogo dell'Ente indicato in sentenza. L'istante ha motivato tale richiesta adducendo (e debitamente documentando): che presso tale struttura ospedaliera e' lungodegente la madre R.M. per gravi patologie nefrologiche; che presso la medesima struttura e' in cura anche il padre G.S.; di essere l'unico soggetto della famiglia in grado di assistere i genitori, giacche' un fratello presta servizio in Sicilia nell'Arma dei Carabinieri ed una sorella vive e lavora a Modena. L'istante ha altresi' depositato una copia del permesso di ingresso e permanenza in ospedale al di fuori dell'orario di visita per assistere la madre, oltre che una dichiarazione scritta del responsabile dell'Ufficio Legale della «Casa Sollievo della Sofferenza», nel corpo della quale si manifesta la disponibilita' a consentire lo svolgimento della prestazione del lavoro di pubblica utilita', previa autorizzazione del Tribunale. Sulla base della succitata documentazione, l'istante ha quindi domandato al Tribunale, in funzione di Giudice dell'esecuzione, di essere autorizzata a svolgere il lavoro di pubblica utilita' in San Giovanni Rotondo (Foggia), allo scopo di poter seguitare ad assistere con continuita' i propri genitori ammalati. Il Tribunale, all'udienza camerate del 21 agosto 2012, sentite le parti, si e' quindi riservato, emettendo all'esito la presente ordinanza, con la quale ritiene di dover investire la Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 54, d.lgs. n. 274/2000, nei sensi di cui si dira' infra. 2. - Le disposizioni applicabili. Viene in rilievo, nella presente vicenda, il disposto dell'art. 187 del Codice della Strada (d.lgs. n. 285/1992), comma 8-bis, come introdotto dalla legge n. 120/2010, secondo cui «Al di fuori dei casi previsti dal comma 1-bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria puo' essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi e' opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilita' di cui all'art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalita' ivi previste e consistente nella prestazione di un'attivita' non retribuita a favore della collettivita' da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, nonche' nella partecipazione ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo del soggetto tossicodipendente come definito ai sensi degli articoli 121 e 122 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Con il decreto penale o con la sentenza il giudice incarica l'ufficio locale di esecuzione penale ovvero gli organi di cui all'art. 59 del decreto legislativo n. 274 del 2000 di verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. In deroga a quanto previsto dall'art. 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilita' ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilita'. In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato. La decisione e' ricorribile in cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione a meno che il giudice che ha emesso la decisione disponga diversamente. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilita', il giudice che procede o il giudice dell'esecuzione, a richiesta del pubblico ministero o di ufficio, con le formalita' di cui all'art. 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dei motivi, della entita' e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della confisca. Il lavoro di pubblica utilita' puo' sostituire la pena per non piu' di una volta». La norma in questione opera un rinvio pressoche' integrale all'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, a mente del quale, per quel che rileva in questa sede: «3. L'attivita' viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non piu' di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalita' e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice puo' ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita' per un tempo superiore alle sei ore settimanali». Dal combinato disposto delle due norme, si rileva pertanto un tassativo ed esplicito vincolo di ordine territoriale, che obbliga il condannato a svolgere il lavoro di pubblica utilita' nella propria provincia di residenza. Tuttavia, ritiene questo Giudice che tale espressa ed inequivoca limitazione territoriale sia di dubbia legittimita' costituzionale, per le considerazioni che seguono. 3. - Una premessa di ordine processuale. In via preliminare, ritiene questo Giudice che le modalita' di esecuzione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' possano essere modificate dal giudice dell'esecuzione ex art. 666 c.p.p., sulla scorta dei principi generali ed in applicazione analogica dell'art. 44, d.lgs. n. 274/2000 («Le modalita' di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui all'art. 53, comma 3, eventualmente imposto, nonche' del lavoro di pubblica utilita', stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi di assoluta necessita' dal giudice osservando le disposizioni dell'art. 666 del codice di procedura penale»). 4. - L'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata. Tanto premesso, questo Giudice non ritiene praticabili interpretazioni costituzionalmente orientate della norma censurata che ne evitino il sindacato costituzionale, dal momento che la dizione testuale dell'art. 54, terzo comma, specifica espressamente che il lavoro di pubblica utilita' debba svolgersi nella provincia di residenza del condannato. Ne' la norma prospetta eccezioni a tale regola, come invece accade per il monte ore di lavoro settimanali, che puo' essere derogato nel massimo su richiesta del condannato (disparita' previsionale che fonda altresi' uno specifico dubbio di costituzionalita', per quanto si dira' a breve). Esiste quindi, nel caso di specie, una corrispondenza univoca tra il testo della legge ed il significato ricavabile dalla sua interpretazione (id est lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' nell'ambito della provincia di residenza del condannato) che preclude qualsiasi potere del Giudice a quo di interpretare la norma secundum constitutionem, offendo quindi una lettura compatibile con i canoni costituzionali che eviti di sottoporre la questione alla Consulta. La proposizione della questione di legittimita' costituzionale si manifesta pertanto ineludibile per il giudice a quo, tanto piu' che, secondo la recente giurisprudenza di legittimita' (Cass. Pen., sez. IV, 18 maggio 2012, n. 19162), «in tema di reato di guida sotto l'influenza dell'alcool, ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniaria irrogata per il predetto reato con quella del lavoro di pubblica utilita' non e' richiesto dalla legge che l'imputato debba indicare l'istituzione presso cui intende svolgere l'attivita' e le modalita' di esecuzione della misura, essendo sufficiente che egli non esprima la sua opposizione». Detto altrimenti, il favor evidentemente manifestato dal Legislatore per l'applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita' (la quale, applicabile fra l'altro ai sensi dell'art. 165 c.p. e degli artt. 102ss. L. n. 689/1981, oltre che per i reati di competenza del giudice di pace, si estende attualmente anche alle fattispecie di cui agli artt. 186 e 187 CdS, di enorme emersione statistica) risulterebbe svilito, laddove lo svolgimento di tale attivita' lavorativa non retribuita fosse confinato al ristretto ambito della provincia di residenza del condannato (nell'ambito della quale, in ipotesi, ben potrebbero non essere state stipulate le Convenzioni prescritte dall'art. 54). Tale favor e' stato vieppiu' vivificato dall'opera ermeneutica della Suprema Corte di Cassazione, la quale con pronuncia molto recente (Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 4927) ha puntualizzato che spetta al giudice determinare le modalita' di esecuzione del lavoro di pubblica utilita', sicche' deve ritenersi illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di sostituzione sul presupposto del mancato assolvimento di tali oneri da parte dell'imputato. 5. - La rilevanza della questione. Le argomentazioni sinora illustrate evidenziano ictu oculi la rilevanza nel giudizio a quo della prospettata questione, giacche' in assenza di risoluzione della stessa il procedimento di esecuzione non puo' giungere a necessaria definizione. Nella presente vicenda, infatti, la norma denunciata (art. 54 d.lgs. n. 274/2000, terzo comma, primo periodo) non e' soltanto genericamente applicabile nel giudizio di esecuzione de quo agitur, ma influisce direttamente sulla sua definizione in un senso o nell'altro (laddove l'applicazione della norma nella sua vigente formulazione conduce al necessario rigetto dell'istanza, mentre una eventuale declaratoria di incostituzionalita' puo' condurre - soddisfatte tutte le altre condizioni - al suo accoglimento). Trattasi quindi di norma ad applicazione necessaria ed ineludibile nel presente procedimento di esecuzione, stante l'esplicito ed integrale rinvio (quanto alle modalita' di esecuzione) operato dall'art. 187 CdS. Ed ancora, ritiene questo Giudice che la rilevanza della questione possa agevolmente desumersi dall'oggettiva idoneita' dell'attivita' lavorativa richiesta a favorire l'emenda della condannata, dal momento che il raggiungimento dello scopo rieducativo insito nell'applicazione della sanzione sostitutiva risulterebbe agevolato dall'inserimento della condannata nell'organizzazione della «Casa Sollievo della Sofferenza», struttura improntata a notori «... principi morali e religiosi...» (cosi', testualmente, dalla dichiarazione di disponibilita' del Responsabile dell'Ufficio Legale dell'Ente). 6. - La non manifesta infondatezza della questione. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, limitatamente all'impossibilita' per il condannato di svolgere la prestazione del lavoro di pubblica utilita' al di fuori della provincia di residenza, si manifestano con riguardo a plurimi profili della Carta fondamentale. L'art. 3 Cost. Viene in rilievo, in primo luogo, l'art. 3 Cost., laddove la previsione di un vincolo territoriale per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' sembra costituire, ad avviso di questo Giudice, un vulnus al canone di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Ed infatti, alla luce della genericita' del dato normativo e dell'assenza di meccanismi sostitutivi, l'eventuale mancata predisposizione di Convenzioni ex art. 54 d.lgs. n. 274/2000 nell'ambito di una qualsivoglia provincia (situazione peraltro non infrequente nella realta' attuale, la quale registra una non omogenea conclusione di tali Convenzioni sul territorio nazionale) finirebbe per precludere, in buona sostanza, la possibilita' per un soggetto condannato ed ivi residente di accedere a tale sanzione sostitutiva, alla quale peraltro la legge correla - nel caso previsto dall'art. 187 CdS ed all'esito positivo dello svolgimento del lavoro - notevoli benefici premiali, tra cui l'effetto estintivo del reato, la riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo sequestrato. Tale situazione di «vuoto applicativo» dell'istituto e' resa possibile dallo scarno contenuto precettivo del d.m. n. 13204/2001 attuativo dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, laddove l'art. 7 si limita a predicare l'istituzione, presso ogni cancelleria di tribunale, di un elenco di tutti gli enti convenzionati che hanno, nel territorio del circondario, una o piu' sedi ove il condannato puo' svolgere il lavoro di pubblica utilita' oggetto della convenzione (senza pero' che a tale omissione siano connesse specifiche conseguenze ovvero poteri di intervento sostitutivo in capo agli attori dei processo). L'irragionevolezza del necessario svolgimento nell'ambito territoriale provinciale di residenza risulta vieppiu' accentuata dalla contermine previsione del secondo comma di cui all'art. 54 in discorso, che consente al giudice, su richiesta del condannato, di ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilita' per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La possibilita' di deroga in peius al numero di ore settimanali di lavoro, rimessa alla libera scelta del condannato, vale a colorare di irragionevolezza la mancata, similare previsione di poter consentire al condannato, previa richiesta, di svolgere il lavoro di pubblica utilita' al di fuori della provincia di residenza, se non altro in tutte quelle situazioni concrete in cui tale prestazione risulterebbe rispettosa delle esigenze di tutela degli interessi costituzionali dei quali lo stesso art. 54 d.lgs. n. 274/2000 fa esplicita menzione. Ed infatti, va evidenziato che nel caso sottoposto alla decisione dei Tribunale, lo svolgimento dell'attivita' lavorativa presso l'Ente convenzionato sito net territorio provinciale risulterebbe oggettivamente pregiudizievole degli interessi familiari della condannata (tanto da aver fondato l'istanza di sostituzione in sede esecutiva), per quanto si dira' piu' diffusamente infra. Puo' quindi ritenersi, con riferimento al canone di cui all'art. 3 Cost., che sussista una irragionevolezza di fondo nella disposizione normativa denunciata, laddove l'imposizione di un criterio territoriale non consenta un rispetto effettivo delle esigenze costituzionalmente protette di cui pure la norma fa menzione. L'art. 27 Cost. La previsione di un vincolo territoriale sembra altresi' contrastante con il finalismo rieducativo della pena di cui all'art. 27 Cost., terzo comma. Ed infatti, sembra chiara ed indubitabile la ripercussione dell'impiego del lavoro di pubblica utilita' sul perseguimento degli obiettivi di rieducazione e risocializzazione del condannato, soprattutto nell'ambito dei reati connessi alla circolazione stradale; mediante la prestazione del lavoro a vantaggio della collettivita' il Legislatore (che si muove verso un affrancamento dal dominio della sanzione detentiva, in particolare carceraria, per quanto desumibile dagli interventi normativi supra riassunti) ha inteso operare una scelta di campo tendente alla sensibilizzazione del condannato verso i valori della solidarieta' sociale, il cui rispetto si sostanzia nell'adempimento degli obblighi lavorativi e, nel contempo, nella mancata commissione di nuovi reati. Parallelamente, deve poi evidenziarsi che la disponibilita' all'emenda ed alla risocializzazione manifestata dal condannato mediante il consenso alla prestazione di attivita' lavorativa socialmente utile finisce per orientare positivamente le impressioni della collettivita' associata, la quale a sua volta - in una sorta di circolo virtuoso - tende ad agevolare la reintegrazione del reo, valutando apprezzabilmente lo sforzo e l'impegno tenuti dal condannato nell'adempimento degli obblighi ordinariamente correlati alla prestazione di un'attivita' di lavoro (peraltro finalisticamente orientata). Se ne deduce che vincolare sic et simpliciter lo svolgimento di tale sanzione paradetentiva ad un dato territoriale sembra porsi, a sommesso avviso di questo Giudice, in conflitto con i succitati precetti costituzionali (l'unica ratio potrebbe rinvenirsi, a ben vedere, nell'opportunita' di consentire l'esecuzione della pena nel luogo che costituisce l'ordinario centro degli affari ed interessi del reo: ma tale ratio appare decisamente recessiva allorquando la volonta' del reo all'espiazione del lavoro socialmente utile anche al di fuori del ristretto ambito provinciale sia sorretta da ragioni di tutela di interessi costituzionalmente tutelati, ai quali pure il disposto dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000 mostra di conferire adeguata rilevanza (le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute). L'art. 29 Cost. Conclusivamente, la circostanza che - come nel caso di specie - nella provincia di residenza esista un Ente convenzionato presso il quale svolgere il lavoro di pubblica utilita', non puo' ritenersi dirimente al fine di precludere all'interessato, sussistendo peculiari ragioni costituzionalmente protette, di espiare tale sanzione presso un Ente situato fuori dal territorio provinciale di riferimento. Il disposto dell'art. 54 in esame, del resto, subordina lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' non solo al vincolo territoriale, ma anche e congiuntamente alla circostanza che le modalita' ed i tempi di effettuazione non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Orbene, appare evidente che nel casus sottoposto all'attenzione del Tribunale, l'espiazione della sanzione sostitutiva presso l'Ente convenzionato costituisca una modalita' oggettivamente pregiudizievole delle esigenze di famiglia della condannata, la quale ha domandato la sostituzione allo scopo di salvaguardare l'integrita' del proprio nucleo familiare. Svolgendo infatti il lavoro di pubblica utilita' proprio presso la struttura che, sebbene non convenzionata ex art. 54 d.lgs. n. 274/2000 e sita fuori dal circondario del Tribunale, ha in cura i propri genitori, la condannata intende coniugare il percorso di risocializzazione mediante il lavoro con l'espletamento di attivita' di assistenza morale e materiale dei propri genitori nel resto della giornata (il che sarebbe invece impossibile, se la condannata fosse costretta a prestare il lavoro sostitutivo presso l'Ente sito nella propria provincia di residenza). Nel bilanciamento degli interessi prospettato dalle disposizioni desumibili dal contenuto precettivo della norma (l'espiazione nell'ambito provinciale da un lato; l'espiazione con modalita' rispettose delle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato dall'altro), ritiene infatti questo Giudice che debba assegnarsi indubbia prevalenza al complesso degli interessi esplicitamente evidenziati dalla seconda parte della norma in argomento, pena la violazione dell'art. 29 Cost. Tale giudizio di prevalenza consente altresi' di concludere che la mancata Iscrizione dell'Ente nell'elenco ex art. 7 d.m. n. 13024/2001 non risulti ostativa alla sua individuazione da parte del Giudice (dal momento che alcuna sanzione e' correlata a tale comportamento, ai sensi dell'art. 3 del medesimo d.m.), allorche' nel caso concreto vengano soddisfatte tutte le condizioni di effettivita' della prestazione lavorativa, di controllo delle attivita' del condannato e di successiva relazione all'Autorita' Giudiziaria analiticamente previste dalla normativa di rango primario. 7. Conclusioni. Per quanto sin qui argomentato, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, in relazione agli artt. 3, 27 e 29 della Costituzione, nella parte in cui impone lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' nella provincia di residenza del condannato, ovvero - subordinatamente (C. Cost., ord. n. 242/2007) - nella parte in cui non prevede l'ipotesi che il giudice, su richiesta del condannato, lo ammetta a svolgere il lavoro di pubblica utilita' presso un Ente non compreso nella provincia di residenza.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, in relazione agli artt. 3, 27 e 29 della Costituzione, nei termini e per le ragioni di cui in motivazione, sospende il procedimento in corso e dispone, a cura della Cancelleria, la notificazione della presente ordinanza alle parti, ai Presidente del Consiglio del Ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera del Deputati e del Senato della Repubblica. Dispone, altresi', l'immediata trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Sant'Angelo dei Lombardi, addi' 30 agosto 2012 Il giudice: Levita