N. 291 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 2012

Ordinanza del 30 agosto 2012 emessa dal Tribunale di Sant'Angelo  dei
Lombardi nel procedimento di esecuzione nei confronti di G.M.. 
 
Reati e pene - Sanzioni sostitutive delle pene detentive o pecuniarie
  - Lavoro di pubblica utilita' - Previsione  che  l'attivita'  venga
  svolta nell'ambito della Provincia in cui risiede il  condannato  -
  Mancata previsione che il giudice,  su  richiesta  del  condannato,
  possa ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica  utilita'  presso
  un Ente non compreso nella Provincia di residenza - Violazione  del
  principio di uguaglianza -  Irragionevolezza  -  Contrasto  con  il
  principio della finalita' rieducativa  della  pena  -  Lesione  dei
  diritti della famiglia. 
- Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 54. 
- Costituzione, artt. 3, 27 e 29. 
(GU n.1 del 2-1-2013 )
 
                            IL TRIBUNALE 
 
    Letti gli atti  e  sciogliendo  la  riserva  di  cui  all'udienza
camerale del 21 agosto 2012 
 
                            O s s e r v a 
 
    1. - Premessa in fatto. 
    G.M., nata a Piombino il 4 giugno 1981  e  residente  in  Vallata
(Avellino), difesa dall'avv. Antonietta Galgano, nel processo  a  suo
carico (avente RG 383/2010) per il reato di cui all'art.  187,  comma
1,  d.lgs.  n.  285/1992   (guida   sotto   l'effetto   di   sostanze
stupefacenti) e' stata condannata dal Tribunale  di  Sant'Angelo  del
Lombardi, con sentenza n. 26/2012 del 2 febbraio 2012 (depositata l'8
febbraio 2012 ed irrevocabile il 5 aprile 2012), alla  pena  di  mesi
sei e giorni sei di lavoro di pubblica utilita'. 
    In particolare, sulla scorta della convenzione conclusa  ex  art.
54 d.lgs. n. 274/2000 in data 30 novembre 2011 fra  il  Tribunale  di
Sant'Angelo  dei  Lombardi  e  l'Ente  Comunita'  Montana   «Terminio
Cervialto», il  Giudice  monocratico,  nella  predetta  sentenza,  ha
ammesso l'imputata  allo  svolgimento  di  attivita'  lavorativa  non
retribuita presso tale Comunita' Montana, sotto forma di attivita' di
supporto ai servizi interni dell'Ente, quali archivio,  fotocopiatura
e pulizia locali. 
    Con successiva istanza del 17  luglio  2012  diretta  al  Giudice
dell'esecuzione, la condannata  ha  domandato  l'autorizzazione  alla
prestazione del lavoro di pubblica utilita' presso la «Casa  Sollievo
della Sofferenza - Opera di San  Pio  da  Pietrelcina»  sita  in  San
Giovanni Rotondo (Foggia), in luogo dell'Ente indicato  in  sentenza.
L'istante  ha  motivato  tale  richiesta  adducendo  (e   debitamente
documentando): che presso tale struttura ospedaliera e'  lungodegente
la madre  R.M.  per  gravi  patologie  nefrologiche;  che  presso  la
medesima struttura e' in cura anche il padre G.S.; di essere  l'unico
soggetto della famiglia in grado di assistere i genitori, giacche' un
fratello presta servizio in Sicilia nell'Arma dei Carabinieri ed  una
sorella vive e lavora a Modena. 
    L'istante ha  altresi'  depositato  una  copia  del  permesso  di
ingresso e permanenza in ospedale al di fuori dell'orario  di  visita
per assistere la madre,  oltre  che  una  dichiarazione  scritta  del
responsabile  dell'Ufficio  Legale   della   «Casa   Sollievo   della
Sofferenza», nel corpo della quale si manifesta la  disponibilita'  a
consentire lo svolgimento della prestazione del  lavoro  di  pubblica
utilita', previa autorizzazione del Tribunale. 
    Sulla base della succitata documentazione,  l'istante  ha  quindi
domandato al Tribunale, in funzione di  Giudice  dell'esecuzione,  di
essere autorizzata a svolgere il lavoro di pubblica utilita'  in  San
Giovanni Rotondo (Foggia), allo scopo di poter seguitare ad assistere
con continuita' i propri genitori ammalati. 
    Il Tribunale, all'udienza camerate del 21 agosto 2012, sentite le
parti, si  e'  quindi  riservato,  emettendo  all'esito  la  presente
ordinanza,  con  la  quale  ritiene  di  dover  investire  la   Corte
costituzionale della questione di legittimita' dell'art.  54,  d.lgs.
n. 274/2000, nei sensi di cui si dira' infra. 
    2. - Le disposizioni applicabili. 
    Viene in rilievo, nella presente vicenda, il  disposto  dell'art.
187 del Codice della Strada (d.lgs. n. 285/1992), comma  8-bis,  come
introdotto dalla legge n. 120/2010, secondo cui «Al di fuori dei casi
previsti dal comma 1-bis del presente articolo, la pena  detentiva  e
pecuniaria puo' essere sostituita, anche con  il  decreto  penale  di
condanna, se non vi e' opposizione da parte dell'imputato, con quella
del lavoro di pubblica  utilita'  di  cui  all'art.  54  del  decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalita' ivi previste
e consistente nella prestazione  di  un'attivita'  non  retribuita  a
favore della collettivita' da svolgere, in via prioritaria, nel campo
della sicurezza  e  dell'educazione  stradale  presso  lo  Stato,  le
regioni, le province, i comuni o  presso  enti  o  organizzazioni  di
assistenza sociale e di volontariato, nonche' nella partecipazione ad
un  programma  terapeutico   e   socio-riabilitativo   del   soggetto
tossicodipendente come definito ai sensi degli articoli 121 e 122 del
testo unico di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  9
ottobre 1990, n. 309. Con il decreto penale  o  con  la  sentenza  il
giudice incarica l'ufficio locale di  esecuzione  penale  ovvero  gli
organi di cui all'art. 59 del decreto legislativo n. 274 del 2000  di
verificare l'effettivo svolgimento del lavoro di  pubblica  utilita'.
In deroga a quanto previsto dall'art. 54 del decreto  legislativo  n.
274  del  2000,  il  lavoro  di  pubblica  utilita'  ha  una   durata
corrispondente a quella della sanzione  detentiva  irrogata  e  della
conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno
di lavoro di pubblica utilita'. In caso di svolgimento  positivo  del
lavoro di pubblica utilita', il giudice fissa  una  nuova  udienza  e
dichiara estinto il reato, dispone  la  riduzione  alla  meta'  della
sanzione della sospensione della patente e  revoca  la  confisca  del
veicolo sequestrato. La decisione e' ricorribile  in  cassazione.  Il
ricorso non sospende l'esecuzione a meno che il giudice che ha emesso
la decisione disponga  diversamente.  In  caso  di  violazione  degli
obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di  pubblica  utilita',
il giudice che procede o il giudice dell'esecuzione, a richiesta  del
pubblico ministero o di ufficio, con le formalita'  di  cui  all'art.
666 del codice di procedura penale, tenuto conto  dei  motivi,  della
entita' e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della
pena sostitutiva con ripristino di quella sostituita e della sanzione
amministrativa della sospensione della patente e della  confisca.  Il
lavoro di pubblica utilita' puo' sostituire la pena per non  piu'  di
una  volta».  La  norma  in  questione  opera  un  rinvio  pressoche'
integrale all'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, a mente del quale, per quel
che rileva in questa sede: «3. L'attivita' viene  svolta  nell'ambito
della  provincia  in  cui  risiede  il  condannato  e   comporta   la
prestazione di non piu' di sei ore di lavoro settimanale da  svolgere
con modalita' e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di
studio, di famiglia e di  salute  del  condannato.  Tuttavia,  se  il
condannato lo richiede, il giudice  puo'  ammetterlo  a  svolgere  il
lavoro di pubblica utilita' per  un  tempo  superiore  alle  sei  ore
settimanali». 
    Dal combinato disposto delle due norme,  si  rileva  pertanto  un
tassativo ed esplicito vincolo di ordine territoriale, che obbliga il
condannato a svolgere il lavoro di pubblica  utilita'  nella  propria
provincia di residenza. 
    Tuttavia, ritiene questo Giudice che tale espressa ed  inequivoca
limitazione territoriale sia di dubbia  legittimita'  costituzionale,
per le considerazioni che seguono. 
    3. - Una premessa di ordine processuale. 
    In via preliminare, ritiene questo Giudice che  le  modalita'  di
esecuzione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita'
possano essere modificate dal giudice  dell'esecuzione  ex  art.  666
c.p.p.,  sulla  scorta  dei  principi  generali  ed  in  applicazione
analogica  dell'art.  44,  d.lgs.  n.  274/2000  («Le  modalita'   di
esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui all'art.
53, comma 3, eventualmente imposto, nonche' del  lavoro  di  pubblica
utilita', stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono  essere
modificate per motivi di assoluta necessita' dal  giudice  osservando
le disposizioni dell'art. 666 del codice di procedura penale»). 
    4. - L'impossibilita'  di  un'interpretazione  costituzionalmente
orientata. 
    Tanto  premesso,   questo   Giudice   non   ritiene   praticabili
interpretazioni costituzionalmente orientate  della  norma  censurata
che ne evitino  il  sindacato  costituzionale,  dal  momento  che  la
dizione testuale dell'art. 54, terzo comma,  specifica  espressamente
che il lavoro di pubblica utilita' debba svolgersi nella provincia di
residenza del condannato. Ne' la norma  prospetta  eccezioni  a  tale
regola, come invece accade per il monte ore  di  lavoro  settimanali,
che puo' essere derogato nel  massimo  su  richiesta  del  condannato
(disparita' previsionale che fonda altresi' uno specifico  dubbio  di
costituzionalita', per quanto si dira' a breve). 
    Esiste quindi, nel caso di specie, una corrispondenza univoca tra
il  testo  della  legge  ed  il  significato  ricavabile  dalla   sua
interpretazione  (id  est  lo  svolgimento  del  lavoro  di  pubblica
utilita' nell'ambito della provincia di residenza del condannato) che
preclude qualsiasi potere del Giudice a quo di interpretare la  norma
secundum constitutionem, offendo quindi una lettura compatibile con i
canoni costituzionali che  eviti  di  sottoporre  la  questione  alla
Consulta. 
    La proposizione della questione di legittimita' costituzionale si
manifesta pertanto ineludibile per il giudice a quo, tanto piu'  che,
secondo la recente giurisprudenza di legittimita' (Cass.  Pen.,  sez.
IV, 18 maggio 2012, n. 19162), «in  tema  di  reato  di  guida  sotto
l'influenza  dell'alcool,  ai  fini  della  sostituzione  della  pena
detentiva o pecuniaria irrogata per il predetto reato con quella  del
lavoro  di  pubblica  utilita'  non  e'  richiesto  dalla  legge  che
l'imputato debba indicare l'istituzione presso cui  intende  svolgere
l'attivita' e  le  modalita'  di  esecuzione  della  misura,  essendo
sufficiente che egli non esprima la sua opposizione». 
    Detto  altrimenti,  il  favor   evidentemente   manifestato   dal
Legislatore per l'applicazione della sanzione sostitutiva del  lavoro
di pubblica utilita' (la quale,  applicabile  fra  l'altro  ai  sensi
dell'art. 165 c.p. e degli artt. 102ss. L. n. 689/1981, oltre che per
i reati di competenza del giudice di  pace,  si  estende  attualmente
anche alle fattispecie di cui agli artt. 186 e  187  CdS,  di  enorme
emersione statistica) risulterebbe svilito, laddove lo svolgimento di
tale attivita' lavorativa non retribuita fosse confinato al ristretto
ambito della provincia di residenza del condannato (nell'ambito della
quale, in ipotesi, ben  potrebbero  non  essere  state  stipulate  le
Convenzioni prescritte dall'art. 54). 
    Tale favor e' stato vieppiu'  vivificato  dall'opera  ermeneutica
della Suprema Corte di  Cassazione,  la  quale  con  pronuncia  molto
recente (Sez. IV, 2 febbraio 2012,  n.  4927)  ha  puntualizzato  che
spetta al giudice determinare le modalita' di esecuzione  del  lavoro
di  pubblica  utilita',  sicche'  deve   ritenersi   illegittimo   il
provvedimento di rigetto dell'istanza di sostituzione sul presupposto
del mancato assolvimento di tali oneri da parte dell'imputato. 
    5. - La rilevanza della questione. 
    Le argomentazioni sinora illustrate  evidenziano  ictu  oculi  la
rilevanza nel giudizio a quo della prospettata questione, giacche' in
assenza di risoluzione della stessa il procedimento di esecuzione non
puo' giungere  a  necessaria  definizione.  Nella  presente  vicenda,
infatti, la norma denunciata  (art.  54  d.lgs.  n.  274/2000,  terzo
comma, primo periodo) non e' soltanto genericamente  applicabile  nel
giudizio di esecuzione de quo agitur, ma influisce direttamente sulla
sua definizione in un  senso  o  nell'altro  (laddove  l'applicazione
della norma nella sua  vigente  formulazione  conduce  al  necessario
rigetto  dell'istanza,   mentre   una   eventuale   declaratoria   di
incostituzionalita'  puo'  condurre  -  soddisfatte  tutte  le  altre
condizioni - al  suo  accoglimento).  Trattasi  quindi  di  norma  ad
applicazione necessaria ed ineludibile nel presente  procedimento  di
esecuzione, stante  l'esplicito  ed  integrale  rinvio  (quanto  alle
modalita' di esecuzione) operato dall'art. 187 CdS. 
    Ed  ancora,  ritiene  questo  Giudice  che  la  rilevanza   della
questione  possa  agevolmente  desumersi   dall'oggettiva   idoneita'
dell'attivita'  lavorativa  richiesta  a  favorire   l'emenda   della
condannata, dal momento che il raggiungimento dello scopo rieducativo
insito  nell'applicazione  della  sanzione  sostitutiva  risulterebbe
agevolato dall'inserimento della condannata nell'organizzazione della
«Casa Sollievo della Sofferenza», struttura improntata a notori  «...
principi  morali  e   religiosi...»   (cosi',   testualmente,   dalla
dichiarazione di disponibilita' del Responsabile dell'Ufficio  Legale
dell'Ente). 
    6. - La non manifesta infondatezza della questione. 
    I dubbi di legittimita' costituzionale  dell'art.  54  d.lgs.  n.
274/2000,  limitatamente  all'impossibilita'  per  il  condannato  di
svolgere la prestazione del lavoro di pubblica utilita' al  di  fuori
della provincia di residenza, si manifestano con riguardo  a  plurimi
profili della Carta fondamentale. 
    L'art. 3 Cost. 
    Viene in rilievo, in primo luogo,  l'art.  3  Cost.,  laddove  la
previsione di un vincolo territoriale per lo svolgimento  del  lavoro
di pubblica utilita' sembra costituire, ad avviso di questo  Giudice,
un vulnus al canone di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. 
    Ed infatti, alla luce della  genericita'  del  dato  normativo  e
dell'assenza   di   meccanismi   sostitutivi,   l'eventuale   mancata
predisposizione  di  Convenzioni  ex  art.  54  d.lgs.  n.   274/2000
nell'ambito di una qualsivoglia provincia  (situazione  peraltro  non
infrequente nella realta' attuale, la quale registra una non omogenea
conclusione di tali Convenzioni sul territorio  nazionale)  finirebbe
per precludere, in buona sostanza, la possibilita'  per  un  soggetto
condannato ed ivi residente di accedere a tale sanzione  sostitutiva,
alla quale peraltro la legge correla - nel  caso  previsto  dall'art.
187 CdS ed all'esito positivo dello svolgimento del lavoro - notevoli
benefici  premiali,  tra  cui  l'effetto  estintivo  del  reato,   la
riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della patente e
la revoca della confisca del veicolo sequestrato. 
    Tale situazione di  «vuoto  applicativo»  dell'istituto  e'  resa
possibile dallo scarno contenuto precettivo del  d.m.  n.  13204/2001
attuativo dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, laddove l'art. 7 si limita
a predicare l'istituzione, presso ogni cancelleria di  tribunale,  di
un elenco di tutti gli enti convenzionati che hanno,  nel  territorio
del circondario, una o piu' sedi ove il condannato puo'  svolgere  il
lavoro di pubblica utilita' oggetto della  convenzione  (senza  pero'
che a tale omissione siano  connesse  specifiche  conseguenze  ovvero
poteri di intervento sostitutivo in capo agli attori dei processo). 
    L'irragionevolezza   del   necessario   svolgimento   nell'ambito
territoriale provinciale di  residenza  risulta  vieppiu'  accentuata
dalla contermine previsione del secondo comma di cui all'art.  54  in
discorso, che consente al giudice, su richiesta  del  condannato,  di
ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica  utilita'  per  un  tempo
superiore alle sei ore settimanali.  La  possibilita'  di  deroga  in
peius al numero di ore settimanali di  lavoro,  rimessa  alla  libera
scelta  del  condannato,  vale  a  colorare  di  irragionevolezza  la
mancata, similare  previsione  di  poter  consentire  al  condannato,
previa richiesta, di svolgere il lavoro di pubblica  utilita'  al  di
fuori della provincia di residenza, se  non  altro  in  tutte  quelle
situazioni concrete in cui tale prestazione  risulterebbe  rispettosa
delle esigenze di tutela degli interessi costituzionali dei quali  lo
stesso art. 54 d.lgs. n. 274/2000 fa esplicita menzione. 
    Ed infatti, va evidenziato che nel caso sottoposto alla decisione
dei Tribunale, lo svolgimento dell'attivita' lavorativa presso l'Ente
convenzionato   sito   net   territorio   provinciale    risulterebbe
oggettivamente  pregiudizievole  degli  interessi   familiari   della
condannata (tanto da aver fondato l'istanza di sostituzione  in  sede
esecutiva), per quanto si dira' piu' diffusamente infra. Puo'  quindi
ritenersi, con riferimento al canone di cui  all'art.  3  Cost.,  che
sussista una irragionevolezza di fondo nella  disposizione  normativa
denunciata, laddove l'imposizione di  un  criterio  territoriale  non
consenta un  rispetto  effettivo  delle  esigenze  costituzionalmente
protette di cui pure la norma fa menzione. 
    L'art. 27 Cost. 
    La  previsione  di  un  vincolo  territoriale   sembra   altresi'
contrastante con il finalismo rieducativo della pena di cui  all'art.
27 Cost., terzo comma. 
    Ed  infatti,  sembra  chiara  ed  indubitabile  la  ripercussione
dell'impiego del lavoro di pubblica utilita' sul perseguimento  degli
obiettivi  di  rieducazione  e  risocializzazione   del   condannato,
soprattutto  nell'ambito  dei  reati   connessi   alla   circolazione
stradale; mediante  la  prestazione  del  lavoro  a  vantaggio  della
collettivita' il Legislatore (che si muove verso un affrancamento dal
dominio della sanzione  detentiva,  in  particolare  carceraria,  per
quanto desumibile dagli  interventi  normativi  supra  riassunti)  ha
inteso operare una scelta di campo  tendente  alla  sensibilizzazione
del condannato verso i valori  della  solidarieta'  sociale,  il  cui
rispetto si sostanzia nell'adempimento degli obblighi  lavorativi  e,
nel contempo, nella mancata commissione di nuovi reati. 
    Parallelamente,  deve  poi  evidenziarsi  che  la  disponibilita'
all'emenda  ed  alla  risocializzazione  manifestata  dal  condannato
mediante  il  consenso  alla  prestazione  di  attivita'   lavorativa
socialmente utile finisce per orientare positivamente le  impressioni
della collettivita' associata, la quale a sua volta - in una sorta di
circolo virtuoso - tende ad  agevolare  la  reintegrazione  del  reo,
valutando  apprezzabilmente  lo  sforzo  e   l'impegno   tenuti   dal
condannato nell'adempimento degli obblighi  ordinariamente  correlati
alla prestazione di un'attivita' di lavoro (peraltro finalisticamente
orientata). 
    Se ne deduce che vincolare sic et simpliciter lo  svolgimento  di
tale sanzione paradetentiva ad un dato territoriale sembra  porsi,  a
sommesso avviso di questo  Giudice,  in  conflitto  con  i  succitati
precetti costituzionali (l'unica ratio  potrebbe  rinvenirsi,  a  ben
vedere, nell'opportunita' di consentire l'esecuzione della  pena  nel
luogo che costituisce l'ordinario centro degli  affari  ed  interessi
del reo: ma tale ratio appare decisamente  recessiva  allorquando  la
volonta' del reo all'espiazione del lavoro socialmente utile anche al
di fuori del ristretto ambito provinciale sia sorretta da ragioni  di
tutela di interessi costituzionalmente tutelati,  ai  quali  pure  il
disposto dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000 mostra di conferire adeguata
rilevanza (le esigenze  di  lavoro,  di  studio,  di  famiglia  e  di
salute). 
    L'art. 29 Cost. 
    Conclusivamente, la circostanza che - come nel caso di  specie  -
nella provincia di residenza esista un Ente convenzionato  presso  il
quale svolgere il lavoro di pubblica  utilita',  non  puo'  ritenersi
dirimente  al  fine  di   precludere   all'interessato,   sussistendo
peculiari  ragioni  costituzionalmente  protette,  di  espiare   tale
sanzione presso un Ente situato fuori dal territorio  provinciale  di
riferimento. Il disposto dell'art. 54 in esame, del resto,  subordina
lo svolgimento del lavoro di pubblica utilita' non  solo  al  vincolo
territoriale, ma anche  e  congiuntamente  alla  circostanza  che  le
modalita' ed i tempi di effettuazione non pregiudichino  le  esigenze
di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. 
    Orbene, appare evidente che nel casus  sottoposto  all'attenzione
del Tribunale, l'espiazione della sanzione sostitutiva presso  l'Ente
convenzionato    costituisca     una     modalita'     oggettivamente
pregiudizievole delle esigenze di famiglia della condannata, la quale
ha domandato la sostituzione allo scopo di salvaguardare l'integrita'
del proprio nucleo familiare. Svolgendo infatti il lavoro di pubblica
utilita' proprio presso la struttura che, sebbene  non  convenzionata
ex art. 54 d.lgs. n.  274/2000  e  sita  fuori  dal  circondario  del
Tribunale, ha in  cura  i  propri  genitori,  la  condannata  intende
coniugare il percorso di risocializzazione  mediante  il  lavoro  con
l'espletamento di attivita' di  assistenza  morale  e  materiale  dei
propri genitori nel resto  della  giornata  (il  che  sarebbe  invece
impossibile, se la condannata fosse costretta a  prestare  il  lavoro
sostitutivo presso l'Ente sito nella propria provincia di residenza). 
    Nel bilanciamento degli interessi prospettato dalle  disposizioni
desumibili  dal  contenuto  precettivo  della   norma   (l'espiazione
nell'ambito  provinciale  da  un  lato;  l'espiazione  con  modalita'
rispettose delle esigenze di lavoro, di  studio,  di  famiglia  e  di
salute del condannato dall'altro), ritiene infatti questo Giudice che
debba assegnarsi indubbia prevalenza  al  complesso  degli  interessi
esplicitamente  evidenziati  dalla  seconda  parte  della  norma   in
argomento, pena la violazione dell'art. 29 Cost. 
    Tale giudizio di prevalenza consente altresi' di  concludere  che
la mancata  Iscrizione  dell'Ente  nell'elenco  ex  art.  7  d.m.  n.
13024/2001 non risulti ostativa alla sua individuazione da parte  del
Giudice  (dal  momento  che  alcuna  sanzione  e'  correlata  a  tale
comportamento, ai sensi dell'art. 3 del medesimo d.m.), allorche' nel
caso concreto vengano soddisfatte tutte le condizioni di effettivita'
della  prestazione  lavorativa,  di  controllo  delle  attivita'  del
condannato  e  di  successiva  relazione  all'Autorita'   Giudiziaria
analiticamente previste dalla normativa di rango primario. 
    7. Conclusioni. 
    Per quanto sin  qui  argomentato,  si  ritiene  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 54 d.lgs. n. 274/2000, in relazione agli artt. 3, 27  e  29
della Costituzione, nella parte in  cui  impone  lo  svolgimento  del
lavoro  di  pubblica  utilita'  nella  provincia  di  residenza   del
condannato, ovvero - subordinatamente (C. Cost., ord. n. 242/2007)  -
nella parte in cui non prevede l'ipotesi che il giudice, su richiesta
del condannato, lo ammetta a svolgere il lavoro di pubblica  utilita'
presso un Ente non compreso nella provincia di residenza. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 L. 11 marzo 1953, n. 87,  ritenuta
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 54 d.lgs. n.  274/2000,  in  relazione  agli
artt. 3, 27 e 29 della Costituzione, nei termini e per le ragioni  di
cui in motivazione, sospende il procedimento in corso  e  dispone,  a
cura della Cancelleria, la  notificazione  della  presente  ordinanza
alle  parti,  ai  Presidente  del  Consiglio  del   Ministri   e   la
comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera del Deputati  e
del Senato della Repubblica. 
    Dispone, altresi', l'immediata trasmissione  dell'ordinanza  alla
Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova
delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. 
        Sant'Angelo dei Lombardi, addi' 30 agosto 2012 
 
                         Il giudice: Levita