N. 5 ORDINANZA 14 - 18 gennaio 2013
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro - Appalto di opere o di servizi - Trattamenti retributivi e contributi previdenziali dovuti ai lavoratori - Obbligo in solido del committente imprenditore o del datore di lavoro con l'appaltatore nonche' con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto - Asserito contrasto con il criterio direttivo dettato dalla legge delega - Censura di una norma che e' stata sostituita attraverso una legge formale - Conseguente inidoneita' della legge delega a fungere da parametro e superamento del vizio di eccesso di delega - Omessa motivazione sulla applicabilita' della norma censurata - Manifesta inammissibilita' della questione. - D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 29, comma 2. - Costituzione, art. 76.(GU n.4 del 23-1-2013 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Alfonso QUARANTA; Giudici :Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), promosso dal Tribunale di Sanremo nel procedimento vertente tra A. G. ed altri e Pietro Mazzoni Ambiente s.p.a. ed altra con ordinanza del 26 gennaio 2012, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella. Ritenuto che il Tribunale di Sanremo, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 26 gennaio 2012, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), laddove dispone che: «in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro e' obbligato in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti»; che il giudice rimettente muove dalla premessa che tale disposizione sia stata adottata dal Governo sulla scorta della delega promanante dall'art. 1, comma 2, della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro), il quale, sub lettera p), numero 3), aveva stabilito la «previsione di un regime particolare di solidarieta' tra appaltante e appaltatore, nei limiti di cui all'articolo 1676 del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda»; che il giudice a quo ne desume, in punto di non manifesta infondatezza, che la norma emanata dal legislatore delegato, a fronte di un criterio direttivo indicato in modo cosi' specifico, avrebbe assunto una portata eccessivamente ampia, prevedendo una solidarieta' del committente verso i lavoratori utilizzati nell'appalto senza ulteriori precisazioni e cosi' violando le prescrizioni contenute nella delega, non solo perche' riferite ad un'ipotesi d'inadempimento connesso alla cessione di un ramo di azienda, ma, soprattutto, perche' intese a circoscrivere quantitativamente, sia pure per relationem, la responsabilita' patrimoniale del committente nei limiti del suo debito residuo nei confronti dell'appaltatore, ai sensi dell'art 1676 cod. civ.; che quanto alla rilevanza della questione, invece, il Tribunale di Sanremo evidenzia che i lavoratori ricorrenti avevano convenuto in giudizio la societa' committente proprio sulla scorta della norma sospettata d'illegittimita' costituzionale e che tale societa' aveva specificamente eccepito e documentato che i titoli esecutivi ad essa notificati quale debitrice solidale della societa' appaltatrice recavano importi nettamente superiori all'entita' del suo debito nei confronti di quest'ultima; che conseguentemente, a parere del rimettente, una eventuale caducazione del censurato art. 29, comma 2, del d. lgs. n. 276 del 2003 - o anche soltanto una dichiarazione d'illegittimita' dello stesso laddove non prevede la limitazione di' responsabilita' del committente in misura corrispondente al quantum dallo stesso dovuto all'appaltatore - «influirebbe, quanto meno in astratto, in modo determinante sull'esito della controversia, facendo venir meno il supporto giuridico delle domande proposte dai lavoratori»; che con atto depositato l'11 settembre 2012 e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, instando per la dichiarazione di manifesta infondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Sanremo con l'ordinanza succitata; che, in particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo avere ripercorso tutta l'evoluzione normativa interessante la disciplina in esame, opina che la norma impugnata sarebbe stata censurabile per eccesso di delega solo se la sua previsione non fosse stata confermata con successivi interventi legislativi, segnatamente dall'art. l, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) e poi dalle ulteriori novelle; che dunque, ad avviso della difesa dello Stato, essendo venuto meno il presupposto logico dell'ordinanza di rimessione, la questione con essa proposta, se non addirittura priva di rilevanza (sentenza n. 134 del 2000), sarebbe non fondata, perche' la legge sopravvenuta avrebbe nella specie spezzato il legame tra decreto legislativo e legge di delegazione, rendendo le disposizioni in oggetto pienamente conformi al dettato costituzionale (sentenza n. 208 del 2002). Considerato che il Tribunale di Sanremo, in funzione di giudice del lavoro, dubita, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), censurato nella formulazione che recita: «in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro e' obbligato in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti»; che invero, ad avviso del rimettente, la norma succitata si pone in contrasto con il criterio direttivo specifico dettato dalla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro) sub art. 1, comma 2, lettera p), numero 3); che la questione di legittimita' costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 76 Cost., e' manifestamente inammissibile, in quanto, in primo luogo, il giudice rimettente omette qualunque motivazione circa la ritenuta applicabilita' al caso di specie dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003 (piu' volte modificato a seguito di ius superveniens) proprio nella versione specificamente sottoposta allo scrutinio di questa Corte, come novellata dall'art. 1, comma 911, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007); che, inoltre, il rimettente non considera che l'art. 1, comma 911, della legge n. 296 del 2006, sostituendo il testo del citato art. 29, comma 2, nei termini in cui esso forma oggetto di censura, all'interno del medesimo decreto legislativo n. 276 del 2003, ha trasformato la natura della norma de qua da legge in senso materiale a legge in senso formale, cosi' affrancandola dal vizio di eccesso di delega (ordinanza n. 123 del 2002); che, infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'art. 76 Cost. riguarda esclusivamente i rapporti tra legge delegante e decreto legislativo delegato (ordinanze n. 89 del 2009 e n. 150 del 2006), mentre la norma in esame e' frutto di un intervento del legislatore successivo ed estraneo al rapporto di delegazione, sicche' rispetto ad essa il profilo del rispetto della legge di delega non viene in evidenza ed e' pertanto fuor d'opera assumere il parametro costituzionale invocato «quale stregua del giudizio di legittimita'» (sentenza n. 218 del 1987; ordinanze n. 253 del 2005; n. 294 e n. 159 del 2004); che, pertanto, la questione proposta e' da ritenere manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dal Tribunale di Sanremo, in funzione di giudice del lavoro, con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 2013. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Luigi MAZZELLA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2013. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI