N. 195 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 dicembre 2012

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 24 dicembre 2012 (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Mafia e criminalita' organizzata  -  Norme  della  Regione  Umbria  -
  Previsione che  la  giunta  regionale,  sentite  le  organizzazioni
  imprenditoriali e sindacali operanti nel territorio, puo' adottare,
  con atto proprio, misure e criteri per l'attribuzione alle imprese,
  individuali  o  collettive,  vittime  di  reati  di  mafia   e   di
  criminalita' organizzata, di posizioni preferenziali nei bandi  per
  la concessione di finanziamenti pubblici  e  per  l'affidamento  di
  contratti con la Regione e gli enti, aziende e societa'  regionali,
  individuando altresi' i requisiti necessari per  il  riconoscimento
  della predetta qualita' - Previsione che le misure  stesse  possono
  consistere anche nell'affidamento in via prioritaria  di  contratti
  di cottimo fiduciario,  secondo  le  disposizioni  contenute  negli
  artt. 125 e seguenti del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei  contratti)
  - Ricorso del  Governo  -  Denunciata  violazione  della  sfera  di
  competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela della
  concorrenza. 
- Legge della Regione Umbria 19 ottobre 2012, n. 16, art.  10,  commi
  1, 2. 
- Costituzione,  art.  117,  comma   secondo,   lett.   e);   decreto
  legislativo 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. 
(GU n.6 del 6-2-2013 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  rappresentato
e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e'
legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12. 
    Contro la Regione Umbria, in persona del suo Presidente p.t., per
la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  10
commi 1 e 2, della Legge della Regione Umbria n. 16  del  19  ottobre
2012, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria del 24
ottobre 2012, n. 46, come da delibera del Consiglio dei  Ministri  in
data 11 dicembre 2012. 
 
                                Fatto 
 
    In data 24 ottobre 2012  e'  stata  pubblicata,  sul  n.  46  del
Bollettino Ufficiale della Regione Umbria, la Legge Regionale  n.  16
del 19 ottobre 2012,  recante  «misure  per  l'attuazione  coordinata
delle politiche regionali a favore del contrasto  e  prevenzione  del
crimine organizzato  e  mafioso,  nonche'  per  la  promozione  della
cultura  della   legalita'   e   della   cittadinanza   responsabile.
Integrazione alla legge regionale 14  ottobre  2008,  n.  13  recante
disposizioni  relative  alla  promozione  del  sistema  integrato  di
sicurezza urbana ed alle politiche  per  garantire  il  diritto  alla
sicurezza dei cittadini - abrogazione della legge regionale 19 giugno
2002, n. 12». 
    Alcune delle  disposizioni  contenute  nella  detta  Legge,  come
meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccedono dalle  competenze
regionali  e  sono   violative   di   previsioni   costituzionali   e
illegittimamente  invasive  delle  competenze  dello  Stato;   devono
pertanto essere impugnate con  il  presente  atto  affinche'  ne  sia
dichiarata  la   illegittimita'   costituzionale,   con   conseguente
annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di 
 
                               Diritto 
 
    1. All'interno del Capo III della  L.  R.  n.  16/2012,  l'art.10
(«Interventi regionali di sostegno alle imprese vittime di  reati  di
mafia e di criminalita' organizzata»), per quanto qui particolarmente
interessa, dispone, ai commi 1 e 2, che, «nel rispetto del codice dei
contratti  e  del  relativo  regolamento  d'attuazione,   la   Giunta
regionale, sentite  le  organizzazioni  imprenditoriali  e  sindacali
operanti sul territorio regionale, puo' adottare, con  proprio  atto,
misure e criteri  per  l'attribuzione  alle  imprese,  individuali  o
collettive, vittime di reati di mafia e di criminalita'  organizzata,
di  posizioni  preferenziali  nei  bandi  per   la   concessione   di
finanziamenti pubblici  e  per  l'affidamento  di  contratti  con  la
Regione e con gli enti, aziende e  societa'  regionali,  individuando
altresi' i requisiti  necessari  ai  fini  del  riconoscimento  della
predetta qualita'». 
    «Le  misure  di  cui  al  comma  1   possono   consistere   anche
nell'affidamento  in  via  prioritaria  di   contratti   di   cottimo
fiduciario, secondo le disposizioni contenute negli  articoli  125  e
seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE)». 
    Il  Legislatore  regionale  ha  cosi'  inciso   nella   fase   di
individuazione  di  soggetti  privati  destinatari  di  provvedimenti
pubblici ampliativi della loro sfera  soggettiva,  introducendo,  per
determinati casi, una limitazione legale a monte  nella  possibilita'
di scelta  tra  i  soggetti,  privilegiandone  taluni  (per  ragioni,
indubbiamente, commendevoli, e lungo una linea in  astratto  conforme
ad altre disposizioni contenute in leggi statali). 
    Cosi' operando, tuttavia, il Legislatore regionale e' incorso  in
una patente violazione della propria sfera di attribuzioni,  poiche',
pur  precisandosi  all'art.  1  della  Legge  che   la   materia   e'
regolamentata «in armonia  con  i  principi  costituzionali»  e  «nel
rispetto delle competenze dello  Stato»,  si  va  a  disciplinare  un
settore rimesso, ai sensi dell'art. 117,  comma  2,  lett.  e)  della
Carta fondamentale, alla legislazione esclusiva dello Stato. 
    2. Non appare seriamente dubitatile che - come lo stesso comma  1
della  norma  oggi  impugnata  chiarisce   attraverso   un   generico
riferimento al Codice dei contratti  -  le  disposizioni  di  cui  si
tratta, regolando la materia della  scelta  del  contraente  e  della
concessione  di  finanziamenti  pubblici  da  parte  della   pubblica
Amministrazione, vanno ad incidere nel campo dell'intervento  diretto
o indiretto dello Stato nell'attivita' economica. 
    Trattasi di materia nella quale e' evidentemente  prioritaria  la
tutela della concorrenza, che non puo'  essere  alterata  a  pena  di
incorrere in violazione di norme nazionali e sovranazionali. 
    La delicatezza del settore ha  pertanto  indotto  il  Legislatore
costituzionale  a  concentrare  in  capo  allo  Stato   le   relative
competenze legislative, anche al fine di  scongiurare  una  possibile
disparita' di trattamento sul territorio nazionale.  Le  stesse  sono
pertanto inequivocabilmente sottratte alle  Regioni  in  forza  della
espressa indicazione contenuta nell'art. 117, comma 2, lett. e) della
Costituzione, che rimette, tra le altre  materie,  anche  la  «tutela
della concorrenza» alla competenza legislativa esclusiva statale. 
    3. Tale principio e' ribadito proprio dal richiamato  codice  dei
contratti, il quale, all'art. 4, comma 3 del decreto  legislativo  n.
163/06,  espressamente  dispone  che  «le   regioni,   nel   rispetto
dell'articolo 117, comma secondo,  della  Costituzione,  non  possono
prevedere una disciplina diversa da quella  del  presente  codice  in
relazione: alla qualificazione  e  selezione  dei  concorrenti;  alle
procedure  di  affidamento,  esclusi  i  profili  di   organizzazione
amministrativa; ai  criteri  di  aggiudicazione;  al  subappalto;  ai
poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati  all'Autorita'
per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e
forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani  di  sicurezza;
alla  stipulazione  e  all'esecuzione  dei  contratti,  ivi  compresi
direzione  dell'esecuzione,  direzione  dei  lavori,  contabilita'  e
collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione  e  contabilita'
amministrative; al contenzioso». 
    La norma ora riportata e' stata impugnata dinanzi codesta  Ecc.ma
Corte da piu' Regioni,  che  dubitavano  della  legittimita'  di  una
disciplina che ponesse con legge statale addirittura una normativa di
dettaglio in materie rientranti - nella ipotesi ricostruttiva - nella
competenza regionale, ed affermandone inoltre la inderogabilita'. 
    Nell'affermare la legittimita' costituzionale della norma per  la
parte che  qui  interessa,  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  compiutamente
evidenziato che e'  necessario  «assicurare  l'adozione  di  uniformi
procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee  a
garantire, in particolare, il rispetto dei  principi  di  parita'  di
trattamento,  di  non  discriminazione,  di  proporzionalita'  e   di
trasparenza. 
    Sul piano interno, l'osservanza di tali principi costituisce, tra
l'altro,  attuazione  delle  stesse   regole   costituzionali   della
imparzialita' e del buon andamento, che devono guidare l'azione della
pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 97 Cost.». 
    D'altronde,  prosegue  codesto  Ecc.mo  Collegio,   «la   nozione
comunitaria di concorrenza, che viene in rilievo in questa sede e che
si riflette su quella di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., e' definita come concorrenza "per" il mercato, la quale impone
che il contraente venga scelto mediante  procedure  di  garanzia  che
assicurino il rispetto dei valori comunitari e  costituzionali  sopra
indicati». La tutela  della  concorrenza  ha  d'altro  canto  «natura
trasversale, non presentando i caratteri di una materia di estensione
certa, ma quelli di  «una  funzione  esercitabile  sui  piu'  diversi
oggetti» (sentenza numero  14  del  2004;  si  vedano,  altresi',  le
sentenze numeri 29 del 2006; 336 del 2005  e  272  del  2004).  Nello
specifico  settore  degli  appalti  deve,  pero',  ritenersi  che  la
interferenza con competenze regionali si atteggia, in modo peculiare,
non realizzandosi normalmente  un  intreccio  in  senso  stretto  con
ambiti materiali di pertinenza regionale, bensi' la prevalenza  della
disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Ne consegue che  la
fase della procedura di evidenza pubblica, riconducibile alla  tutela
della concorrenza, potra' essere interamente disciplinata,  ...,  dal
legislatore statale». (cosi' Corte Cost., 19 novembre 2007, n. 401). 
    4.  Alla  luce  di  tali  principi  e'  dunque  evidente  che  le
disposizioni oggi impugnate, e cioe' l'art. 10 commi  1  e  2,  della
Legge della Regione Umbria n. 16 del 19 ottobre 2012,  sono  invasive
della competenza statale, poiche' -  a  prescindere  dalle  finalita'
perseguite e dei mezzi a tal  fine  utilizzati  -  vanno  comunque  a
regolamentare per la sola Regione Umbria una materia il  cui  assetto
e' rimesso unicamente allo Stato. 
    Esse dovranno pertanto essere annullate in  quanto  in  contrasto
con l'art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione nella  parte  in
cui  rimette  la  regolazione  della  materia  della  «tutela   della
concorrenza» alla esclusiva competenza statale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Si  chiede  che  codesta  Ecc.ma  Corte   costituzionale   voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittimi,   e   conseguentemente
annullare, per i motivi sopra specificati, i commi 1 e 2 dell'art. 1,
della  Legge  della  Regione  Umbria  n.  16  del  19  ottobre  2012,
pubblicata nel Bollettino  Ufficiale  della  Regione  Umbria  del  24
ottobre 2012, n. 46, come da delibera del Consiglio dei  Ministri  in
data 11 dicembre 2012. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
    1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre
2012; 
    2. copia della Legge regionale impugnata; 
    3. rapporto del Dipartimento degli Affari Regionali. 
    Con ogni salvezza. 
      Roma, 17 dicembre 2012 
 
                L'Avvocato dello Stato: Salvatorelli