N. 13 ORDINANZA 16 gennaio - 6 febbraio 2013

Giudizio su conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. 
 
Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  un senatore per il reato di diffamazione a  mezzo  stampa  commesso
  contro alcuni magistrati - Deliberazione  di  insindacabilita'  del
  Senato della Repubblica - Ricorso per conflitto di attribuzione tra
  poteri dello Stato, proposto dal Giudice monocratico  della  quinta
  sezione penale del Tribunale ordinario di Roma  -  Sussistenza  dei
  requisiti soggettivo ed oggettivo per l'instaurazione del conflitto
  -  Ammissibilita'  del  ricorso  -  Comunicazione  e  notificazione
  conseguenti. 
- Deliberazione del Senato della Repubblica del 3 agosto  2010  (doc.
  IV-ter, n. 17-A). 
- Costituzione, art. 68, primo comma; legge 11  marzo  1953,  n.  87,
  art. 37. 
(GU n.7 del 13-2-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Paolo  Maria  NAPOLITANO,
  Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,  Marta
  CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 3
agosto 2010, relativa alla insindacabilita', ai  sensi  dell'articolo
68, primo comma, della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  nel
libro intitolato «Lo  sbirro  e  lo  Stato»  dall'onorevole  Raffaele
Iannuzzi nei confronti del dottor Guido Lo Forte ed  altri,  promosso
dal  Tribunale  ordinario  di  Roma,  con   ricorso   depositato   in
cancelleria il 9 agosto  2012  ed  iscritto  al  n.  6  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2012, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio  2013  il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 9 agosto 2012, il Giudice
monocratico della quinta sezione penale del  Tribunale  ordinario  di
Roma, ha promosso conflitto di attribuzione tra  poteri  dello  Stato
nei  confronti  del  Senato  della  Repubblica,  in  relazione   alla
deliberazione del 3 agosto 2010 (Doc. IV-ter, n.17-A)  con  la  quale
l'Assemblea ha dichiarato l'insindacabilita' delle opinioni  espresse
da Raffaele Iannuzzi, all'epoca dei fatti senatore della  Repubblica,
nei confronti di Guido Lo Forte, Giancarlo Caselli, Antonio Ingroia e
Ignazio De Francisci; 
    che  oggetto  del  giudizio   de   quo   sono   le   affermazioni
(analiticamente trascritte nei singoli capi di imputazione) contenute
nel  libro  dello  Iannuzzi  intitolato  «Lo  sbirro  e  lo   Stato»,
pubblicato nel 2008 (con il quale l'autore ha tra l'altro  riproposto
un suo precedente articolo, apparso su «Il Giornale» del  7  novembre
2004 e intitolato «Mafia: 13 anni di scontri tra PM e  Carabinieri»),
che hanno determinato  l'instaurazione  a  carico  del  predetto  del
processo per il reato di diffamazione a mezzo stampa, previsto  dagli
artt. 595, primo, secondo e terzo comma, del codice penale, 13  della
legge 8 febbraio 1948, n.  47  (Disposizioni  sulla  stampa),  e  61,
numero 10, del codice penale, in ragione del fatto che  nel  contesto
della pubblicazione - in cui si afferma,  altresi',  che  le  vicende
giudiziarie alle quali avevano preso parte, per le loro  funzioni,  i
querelanti erano conseguenza o comunque espressione di  una  "guerra"
promossa dalla Procura di Palermo contro il ROS dei  Carabinieri  per
delegittimare importanti esponenti dell'Arma, con  finalita'  diverse
da quella istituzionale -  i  suddetti  magistrati  vengono  definiti
«professionisti dell'antimafia», e si assume che  la  loro  attivita'
sarebbe  stata  improntata  a  dolosa   faziosita'   e   ad   intenti
persecutori,  e  comunque  ispirata  da  finalita'  illecite  attuate
mediante comportamenti devianti; 
    che - riferite le vicende processuali, nel corso delle  quali,  a
seguito della richiesta di  rinvio  a  giudizio  dello  Iannuzzi,  il
giudice per le indagini  preliminari  aveva  ordinato  (su  eccezione
della  difesa  ed  opposizione  delle  parti  civili  costituite)  la
trasmissione di copia degli atti al Senato e sospeso il  procedimento
penale, ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 20 giugno 2003, n.
140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art.  68  della  Costituzione
nonche' in materia dei  processi  penali  nei  confronti  delle  alte
cariche dello Stato); procedimento poi ripreso una volta trascorso il
novantesimo giorno dalla ricezione degli atti da parte del Senato,  e
quindi definito con il rinvio a giudizio - il ricorrente deduce  che,
nel frattempo, con la citata delibera del 3 agosto 2010,  l'Assemblea
del Senato non ha approvato la proposta della Giunta delle elezioni e
delle immunita' parlamentari (secondo la quale  le  dichiarazioni  in
esame non ricadevano nell'ipotesi dell'art. 68, primo comma,  Cost.),
e ne ha affermato cosi' l'insindacabilita'; 
    che - secondo quanto riferito nel ricorso -, a  seguito  di  tale
delibera, la difesa dell'imputato ha invocato una  pronuncia  di  non
doversi procedere, mentre il pubblico ministero ed il difensore delle
parti civili hanno chiesto sollevarsi conflitto  di  attribuzione  ai
sensi dell'art. 134 Cost.; 
    che, in accoglimento di  quest'ultima  richiesta,  il  ricorrente
rileva  che,  come  ripetutamente   chiarito   dalla   giurisprudenza
costituzionale, se e' indubbio che la garanzia  dell'insindacabilita'
si estende anche  alle  dichiarazioni  rese  da  un  appartenente  al
Parlamento della Repubblica fuori dall'ambito parlamentare, e'  pero'
necessario che sussista un nesso funzionale tra le affermazioni extra
moenia e le funzioni in concreto svolte dal parlamentare  che  ne  e'
stato l'artefice, non essendo sufficiente (per qualificare  cio'  che
altrimenti realizzerebbe l'esercizio della libera manifestazione  del
pensiero  assicurata  a  tutti  dall'art.  21  Cost.)   un   semplice
collegamento di argomento e/o di contesto  politico  tra  l'attivita'
parlamentare e le dichiarazioni  rese,  le  quali  viceversa  debbono
essere riproduttive delle opinioni sostenute in sede parlamentare, al
fine di renderle note ai cittadini; 
    che  pertanto,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,   la   garanzia
costituzionale della insindacabilita' non opera sulla base di un mero
collegamento  con  lo  status  di  parlamentare  in  se'  considerato
(diversamente trasformandosi l'istituto previsto dall'art.  68  Cost.
in  un  ingiustificato  privilegio  personale  incompatibile  con  il
principio di eguaglianza e con il diritto di accesso  alla  giustizia
da parte dei cittadini lesi dalle dichiarazioni), ma necessita che le
dichiarazioni siano effettivamente e  sostanzialmente  corrispondenti
ai contenuti di attivita' tipicamente  parlamentari  e  costituiscano
divulgazione  o  comunicazione  all'esterno  di  atti  gia'  compiuti
nell'ambito della stretta funzione parlamentare; 
    che, cio' premesso, il ricorrente osserva sia che il  disegno  di
legge avente  ad  oggetto  la  «Istituzione  di  una  commissione  di
inchiesta sulla gestione di coloro che collaborano con la  giustizia»
(A.S. 2292 delle XIV legislatura) - indicato dal  medesimo  Iannuzzi,
nel  corso  della  sua  audizione  da  parte  della  Giunta  per   le
autorizzazioni, quale attivita' parlamentare alla quale  le  opinioni
espresse nel libro sarebbero funzionalmente collegate -  riguarda  il
tema di  carattere  generale  della  gestione  dei  pentiti  e  delle
conseguenze delle dichiarazioni da loro rese; sia che  neppure  nella
relazione che accompagna il  disegno  di  legge  vi  e'  qualsivoglia
riferimento alle specifiche vicende  giudiziarie,  cui  viceversa  si
riferiscono le accuse contenute nel libro; 
    che dunque, secondo il ricorrente - dato anche l'ampio  lasso  di
tempo intercorrente tra la presentazione del  disegno  di  legge  (23
giugno 2003) e la pubblicazione  del  libro  (risalente  al  febbraio
2008), tale  da  farne  escludere  il  carattere  divulgativo  -,  la
condotta addebitabile all'imputato  esulerebbe  dall'esercizio  delle
funzioni  parlamentari,  non  presentando  alcun  legame   con   atti
parlamentari, anche nella loro accezione piu' ampia; 
    che, peraltro, per il giudice a quo,  non  ricorre  (come  invece
eccepito dalla difesa dell'imputato) alcuna ipotesi di  bis  in  idem
per il fatto che il libro «Lo sbirro e lo Stato» riproduce  anche  un
articolo gia' pubblicato nel 2004 sul quotidiano «Il Giornale»  -  in
relazione al quale si era svolto altro procedimento penale, avanti al
Tribunale di Milano, a carico del senatore Iannuzzi, per il reato  di
diffamazione col mezzo della stampa, e sul cui  contenuto  il  Senato
aveva   deliberato   l'insindacabilita'   delle   opinioni   espresse
dall'autore; delibera da cui era conseguita la proposizione di  altro
conflitto di attribuzione, ammesso da questa Corte, ma poi dichiarato
improcedibile per tardivo deposito dell'atto introduttivo notificato,
con successivo proscioglimento, ad opera del GIP,  del  senatore  dal
reato ascrittogli -, giacche' oggetto dell'attuale  procedimento  non
sono le affermazioni contenute  nell'articolo  del  2004,  ma  quelle
riportate nel libro del 2008, il contenuto del quale non si esaurisce
nel precedente scritto; 
    che, in conclusione, il  giudice  a  quo  (sospeso  il  processo)
chiede che la Corte, «dichiari ammissibile  il  presente  conflitto»,
«dichiari che non spettava al Senato della Repubblica la  valutazione
della condotta addebitabile al senatore Iannuzzi in  quanto  estranea
alla previsione di cui all'art. 68 Cost.» e, di conseguenza, «annulli
la delibera del Senato della Repubblica adottata il 3 agosto 2010». 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale), a deliberare,  senza  contraddittorio,  se  il
ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un  conflitto
la cui risoluzione  spetti  alla  sua  competenza»,  sussistendone  i
requisiti soggettivo ed  oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni
ulteriore questione, anche in punto di ammissibilita'; 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo,  va  riconosciuta
la legittimazione del Giudice monocratico del Tribunale ordinario  di
Roma (quinta sezione penale) a promuovere conflitto  di  attribuzione
tra  poteri  dello  Stato,  in  quanto  organo  giurisdizionale,   in
posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente  a
dichiarare definitivamente la  volonta'  del  potere  cui  appartiene
nell'esercizio delle funzioni attribuitegli; 
    che, parimenti, deve essere riconosciuta  la  legittimazione  del
Senato della Repubblica (cui  apparteneva  l'imputato  all'epoca  dei
fatti)  ad  essere  parte  del  presente  conflitto,   quale   organo
competente a dichiarare in modo definitivo  la  propria  volonta'  in
ordine  all'applicabilita'   dell'art.   68,   primo   comma,   della
Costituzione; 
    che, per quanto  attiene  al  profilo  oggettivo,  il  ricorrente
lamenta   la   lesione   della   propria   sfera   di   attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l'insindacabilita'
delle opinioni espresse da un membro di quel ramo del  Parlamento  ai
sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11  marzo
1953, n. 87, il ricorso per  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri
dello Stato indicato in epigrafe, proposto  dal  Giudice  monocratico
della quinta sezione penale del  Tribunale  ordinario  di  Roma,  nei
confronti del Senato della Repubblica; 
    dispone: 
    a) che la cancelleria della Corte  costituzionale  dia  immediata
comunicazione della presente ordinanza al predetto  giudice,  che  ha
proposto il conflitto di attribuzione; 
    b) che il ricorso e la presente  ordinanza  siano  notificati,  a
cura del ricorrente, al Senato della Repubblica, in persona  del  suo
Presidente, entro il termine di sessanta giorni  dalla  comunicazione
di cui al punto a), per essere  successivamente  depositati,  con  la
prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro
il termine di trenta giorni previsto dall'art.  24,  comma  3,  delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI