N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 febbraio 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 febbraio 2013 (della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni - Previsione che ogni sei mesi le sezioni
  regionali  di  controllo  della  Corte  dei  conti  trasmettono  ai
  consigli regionali una relazione sulla  tipologia  delle  coperture
  finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate  nel  semestre
  precedente e  sulle  tecniche  di  quantificazione  degli  oneri  -
  Ricorso  della   Regione   Friuli-Venezia   Giulia   -   Denunciata
  difformita' dalle  norme  di  attuazione  a  cui  e'  riservata  la
  disciplina e i  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla  Regione
  ricorrente  -  Violazione  della   specialita'   e   dell'autonomia
  finanziaria regionale nella misura in cui l'adeguamento alla  norma
  impugnata sia ritenuto obbligatorio o direttamente applicabile. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  comma
  2. 
- Costituzione,  art.  116;  Statuto   della   Regione Friuli-Venezia
  Giulia, art. 65; d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, art. 33. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria  delle  Regioni  -  Norme  sul  controllo  dei  bilanci
  preventivi  e  dei  rendiconti  delle  Regioni  e  degli  enti  che
  compongono il servizio sanitario nazionale  -  Previsione  che,  in
  caso di accertamento di squilibri economico finanziari, di  mancata
  copertura di  spese,  di  violazione  di  norme  a  garanzia  della
  gestione finanziaria o di  inosservanza  del  patto  di  stabilita'
  interno,  le  amministrazioni  hanno  l'obbligo   di   adottare   i
  provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarita' e a  ripristinare
  gli equilibri di bilancio - Preclusione, in caso di  inadempimento,
  dell'attuazione dei  programmi  di  spesa  per  i  quali  e'  stata
  accertata  la   mancata   copertura   -   Ricorso   della   Regione
  Friuli-Venezia Giulia  -  Denunciata  difformita'  dalle  norme  di
  attuazione  in  materia  ad  esse  riservata  -  Violazione   della
  specialita' e dell'autonomia finanziaria regionale nella misura  in
  cui l'adeguamento alle norme impugnate sia ritenuto obbligatorio  o
  direttamente applicabile - Denunciato carattere  coercitivo  e  non
  collaborativo del controllo implicante obblighi di regolarizzazione
  e sanzioni specifiche - Violazione  delle  competenze  della  Corte
  costituzionale e della stessa Corte dei conti in sede  di  giudizio
  di  parificazione  -  Interferenza  della   legge   statale   sulla
  disciplina  della  struttura  del  rendiconto  della   Regione   di
  competenza regionale - Denunciata  possibilita'  che  il  controllo
  della Corte dei conti comporti la paralisi dei programmi di  spesa,
  incidendo sul regime di efficacia delle leggi regionali di  settore
  -   Lamentata   mancata   previsione   di   strumenti   di   tutela
  giurisdizionale   -   Violazione   dell'autonomia   legislativa   e
  finanziaria regionale. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  commi
  3, 4 e 7. 
- Costituzione, artt. 24, 113, 116, 117, 127  e  134;  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4,  n.  1,  e  65;  d.P.R.  25
  novembre 1975, n. 902, artt. 33 e 36. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni - Previsione che il  rendiconto  generale
  della Regione e' parificato dalla sezione  regionale  di  controllo
  della Corte dei conti - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
  - Denunciata difformita' dalle norme di attuazione  in  materia  ad
  esse  riservata  -Violazione  della  specialita'  e  dell'autonomia
  finanziaria regionale nella misura in cui l'adeguamento alla  norma
  impugnata sia ritenuto obbligatorio o direttamente applicabile. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  comma
  5. 
- Costituzione,  art.  116;  Statuto  della  Regione   Friuli-Venezia
  Giulia, art. 65; d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902,  art.  33,  terzo
  comma. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni -  Previsione  che  il  Presidente  della
  Regione trasmette  ogni  dodici  mesi  alla  sezione  regionale  di
  controllo della Corte dei conti  una  relazione  sulla  regolarita'
  della gestione del sistema dei controlli  interni,  adottato  sulla
  base delle linee guida deliberate  dalla  sezione  delle  autonomie
  della Corte dei conti - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia
  -  Denunciata  illegittimita'  della   norma   impugnata,   qualora
  l'adeguamento ad esse  sia  ritenuto  obbligatorio  e  direttamente
  applicabile, a fronte  della introduzione  di  un  controllo  della
  Corte dei  conti  sull'efficacia  e  adeguatezza  del  sistema  dei
  controlli  interni  -   Violazione   dell'autonomia   organizzativa
  regionale - Difformita' dalle norme di attuazione. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  comma
  6. 
- Costituzione, artt. 116 e 117, comma quarto; Statuto della  Regione
  Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 1; d.P.R. 25  novembre  1975,  n.
  902, art. 33, primo comma. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni - Disciplina del  controllo  della  Corte
  dei conti sul rendiconto di esercizio annuale dei gruppi consiliari
  -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   -   Denunciata
  illegittimita' delle norme impugnate, qualora l'adeguamento ad esse
  sia ritenuto obbligatorio e direttamente applicabile  -  Violazione
  dell'autonomia   del   Consiglio    regionale,    in    particolare
  dell'autonomia contabile e regolamentare -  Lamentata  attribuzione
  di   un   potere   sostanzialmente   normativo   alla    Conferenza
  Stato-Regioni  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   -
  Violazione  dell'autonomia  organizzativa   regionale   -   Mancata
  previsione di tutela giurisdizionale. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  commi
  9, 10, 11 e 12. 
- Costituzione, artt. 24, 113  e  117,  comma  sesto;  Statuto  della
  Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 12, 16, 18 e 21. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni - Previsione che  le  Regioni  a  statuto
  speciale e le Province autonome  adeguano  il  proprio  ordinamento
  entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto - Ricorso
  della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata istituzione di una
  forma di controllo repressivo non previsto dallo Statuto ne'  dalle
  norme di attuazione - Introduzione di un controllo  di  regolarita'
  finanziaria diverso da quello di gestione in senso stretto previsto
  dalle   norme   di   attuazione   -   Limitazione    dell'autonomia
  costituzionale della ricorrente - In subordine, mancata  previsione
  che l'adeguamento avvenga con le modalita' prescritte dallo Statuto
  speciale e dalle norme di attuazione. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  comma
  16. 
- Statuto della Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  Titolo  IV  e  art.
  65, comma quinto; legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 27. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Modifiche  all'art.  1  del
  decreto legislativo n. 149 del 2011 - Relazione di fine legislatura
  regionale - Previsione che la relazione  di  fine  legislatura  sia
  redatta dal servizio bilancio e finanze della Regione e dall'organo
  di vertice dell'amministrazione regionale - Previsione di  sanzione
  pecuniaria a carico di determinati  organi  regionali  in  caso  di
  mancato adempimento dell'obbligo di redazione  e  di  pubblicazione
  della  relazione  di  fine  legislatura  -  Ricorso  della  Regione
  Friuli-Venezia Giulia - Denunciata illegittimita' delle nuove norme
  qualora   ritenute   direttamente    applicabili    -    Violazione
  dell'autonomia organizzativa regionale - Denunciata assenza di  una
  procedura di accertamento del  verificarsi  dei  presupposti  della
  sanzione e di verifica giurisdizionale di tale accertamento. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  art.  1-bis,
  comma 1, lett. a) e lett. e). 
- Costituzione, artt. 24, 97,  113  e  117,  commi  terzo  e  quarto;
  Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 1, e 12, e
  Titolo IV. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Modifiche  all'art.  5  del
  decreto legislativo n. 149 del  2011  -  Applicabilita'  anche  nei
  confronti  delle  Regioni  a  statuto  speciale   delle   verifiche
  ministeriali      sulla      regolarita'       della       gestione
  amministrativo-contabile -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia - Denunciata contraddittorieta' della norma  impugnata  dato
  il richiamo nella stessa all'art. 14, comma 1,  lettera  d),  della
  legge n. 196 del 2009, secondo cui tali verifiche non  si  svolgono
  in relazione alle Regioni e  alle  Province  autonome  -  Lamentata
  introduzione di un ulteriore controllo da parte del  Governo  sulla
  regolarita'   della   gestione   amministrativo-contabile,   lesivo
  dell'autonomia  costituzionale  delle  Regioni  e  delle   Province
  autonome -  Interferenza  con  il  sistema  autonomo  delle  regole
  contabili della Regione ricorrente. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  art.  1-bis,
  comma 4. 
- Costituzione,  art.  117,  comma  quarto;  Statuto  della   Regione
  Friuli-Venezia Giulia, art. 4, n. 1; legge 5 maggio  2009,  n.  42,
  art. 18. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Riduzione dei  costi  della
  politica nelle Regioni - Previsione che, ai fini del  coordinamento
  della finanza pubblica e per il contenimento della spesa  pubblica,
  a  decorrere  dal  2013,  una  quota  pari  all'80  per  cento  dei
  trasferimenti erariali a favore delle Regioni,  diversi  da  quelli
  destinati al finanziamento del Servizio sanitario  nazionale  e  al
  trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione che  la  Regione
  abbia adottato una serie di  provvedimenti  (art.  2,  comma  1)  -
  Previsione che, ferme restando le disposte riduzioni,  in  caso  di
  mancato  adeguamento,  i  trasferimenti  erariali  a  favore  della
  Regione inadempiente sono ridotti  per  un  importo  corrispondente
  alla meta' delle somme da essa destinate per  l'esercizio  2013  al
  trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio
  regionale e ai membri della giunta regionale (art. 2,  comma  2)  -
  Previsione che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome
  provvedono ad  adeguare  i  propri  ordinamenti  alle  prescrizioni
  dell'art. 2, comma 1,  compatibilmente  con  i  propri  statuti  di
  autonomia e con le relative norme di attuazione - Ricorso eventuale
  della Regione Friuli-Venezia  Giulia,  proposto  qualora  le  norme
  impugnate stabilissero  la  riduzione  dei  trasferimenti  erariali
  anche nei confronti della Regione ricorrente -  Denunciata  mancata
  previsione che anche alle prescrizioni dell'art.  2,  comma  2,  la
  Regione e' tenuta ad adeguarsi solo compatibilmente con lo  Statuto
  e con le norme di attuazione - Lamentata mancata previsione che  ad
  essa non si applicano le riduzioni  dei  trasferimenti  erariali  -
  Lesione dell'autonomia  finanziaria  regionale  -  Irragionevolezza
  delle misure sanzionatorie previste. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  2,  commi
  1, 2 e 4. 
- Costituzione, artt. 3 e 116; Statuto della  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia, artt. 12, 19, 48, 49, 54, 63, comma quinto, e 65; legge  13
  dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 152 e ss; legge 5 maggio 2009,
  n. 42, art. 18. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Modifiche  di  disposizioni
  della legge n. 267 del 2000 - Ricorso della Regione  Friuli-Venezia
  Giulia - Denunciata incidenza sulla materia dell'ordinamento  degli
  enti locali attribuita dallo Statuto e dalle  norme  di  attuazione
  alla competenza legislativa  primaria  della  Regione  -  Lamentata
  istituzione di un concreto potere amministrativo di controllo sugli
  enti locali nel settore finanziario e contabile. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  3,  comma
  1, lett. e). 
- Statuto della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  art.  65;  decreto
  legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, artt. 3, 4, 6 e 9. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Sviluppo degli strumenti di
  controllo  della  gestione   finalizzati   all'applicazione   della
  revisione della spesa presso gli enti locali e  ruolo  della  Corte
  dei conti - Previsione che la sezione delle autonomie  della  Corte
  dei conti definisce, sentite le Regioni e le Province  autonome  di
  Trento e di Bolzano, le metodologie necessarie per  lo  svolgimento
  dei controlli per la verifica dell'attuazione delle misure  dirette
  alla razionalizzazione della spesa pubblica degli enti territoriali
  - Previsione che le sezioni regionali  effettuano  i  controlli  in
  base alle metodologie suddette  anche  tenendo  conto  degli  esiti
  dell'attivita' ispettiva e che  in  presenza  di  criticita'  della
  gestione assegnano alle amministrazioni interessate un termine  per
  l'adozione delle  necessarie  misure  correttive  -  Ricorso  della
  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  nell'eventualita'  che  le  norme
  impugnate attribuiscano ai Servizi ispettivi  di  Finanza  pubblica
  della Ragioneria generale dello  Stato  e  alle  sezioni  regionali
  della Corte dei conti, in relazione agli enti locali della Regione,
  poteri di controllo al di la' di quanto consentito dallo Statuto  e
  dalle  norme  di   attuazione,   trattandosi   di   controlli   non
  collaborativi ma implicanti un potere statale di  supremazia  sugli
  enti locali - Lamentata introduzione di un ulteriore  controllo  al
  di fuori  di  quanto  previsto  dallo  Statuto  e  dalle  norme  di
  attuazione, controllo svolto da organi ministeriali  e  non  da  un
  organo imparziale quale la  Corte  dei  conti  -  Violazione  della
  potesta' legislativa primaria in materia di ordinamento degli  enti
  locali e di finanza locale - Violazione della potesta'  legislativa
  primaria della Regione in materia di  organizzazione  interna,  che
  comprende la potesta'  di  regolare  il  bilancio  regionale  e  le
  verifiche contabili -  Irragionevolezza  per  contraddittorieta'  -
  Violazione dell'autonomia finanziaria regionale  -  Violazione  del
  principio dell'accordo che regola i rapporti finanziari tra Stato e
  Regioni speciali. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  6,  commi
  1, 2 e 3. 
- Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 63, comma quinto;
  decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 9, artt. 3, 4, 6 e 9; d.P.R.
  25 novembre 1975, n. 902, art. 33,  primo  comma;  legge  5  maggio
  2009, n. 42, art. 27; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi
  154 e 155. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Previsione che le Regioni a
  statuto speciale e le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
  attuano le disposizioni  del  decreto  nelle  forme  stabilite  dai
  rispettivi  statuti  di  autonomia  e  dalle  relative   norme   di
  attuazione  -  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia   Giulia   -
  Denunciata mancata previsione nella clausola  di  salvaguardia  del
  riferimento ai limiti stabiliti dalle norme statutarie e da  quelle
  di attuazione -  Violazione  delle  disposizioni  costituzionali  e
  statutarie a presidio dell'autonomia della Regione ricorrente. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 11-bis. 
- Costituzione,  art.  116;  Statuto  della  Regione   Friuli-Venezia
  Giulia, artt. 4, n. 1 e n. 1-bis, 12, 13, 41, Titolo IV, e art. 65. 
(GU n.10 del 6-3-2013 )
    Ricorso  della  Regione   Friuli-Venezia   Giulia   (cod.   fisc.
80014930327; P. IVA 00526040324), in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro  tempore  dott.  Renzo  Tondo,  autorizzato  con
deliberazione della Giunta regionale n. 122 del 30 gennaio 2013 (doc.
1), rappresentata e difesa - come da procura a margine  del  presente
atto   -   dall'avv.   prof.   Giandomenico   Falcon   (cod.    fisc.
FLCGDM45C06L736E) di Padova, con  domicilio  eletto  in  Roma  presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in Piazza Colonna, 355; 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        dell'art. 1, commi da 2 a 12 (eccetto l'8) e 16; 
        dell'art. 1-bis, co. 1, lett. a), n. 1, e lett. e), e co. 4; 
        dell'art. 2, co. 1, 2 e 4; 
        dell'art. 3, co. 1, lett. e); 
        dell'art. 6, co. 1, 2 e 3; 
        dell'art. 11-bis; 
        del decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.  174,  Disposizioni
urgenti  in  materia  di   finanza   e   funzionamento   degli   enti
territoriali, nonche' ulteriori disposizioni  in  favore  delle  zone
terremotate nel maggio  2012,  come  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 7  dicembre  2012,  n.  213,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 286 del 7 dicembre 2012, Suppl. ord. n. 206; 
    Per violazione: 
        dello Statuto speciale adottato con legge cost. 1 del 1963; 
        degli articoli 24, 100,  113,  116,  117,  127  e  134  della
Costituzione; 
        delle norme  di  attuazione  (decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 902/1975 e artt. 3, 4, 6, 9 e 18 decreto legislativo n.
9/1997); 
        della legge n. 220/2010; 
        del principio  dell'accordo  in  materia  finanziaria  e  del
principio di leale collaborazione; 
    Per i profili e nei modi di seguito illustrati. 
 
                              F a t t o 
 
    La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'   dotata   di   autonomia
organizzativa (art. 4, n. 1, Statuto), di competenza  in  materia  di
ordinamento degli enti locali e di finanza locale (art. 4, n.  1-bis,
St.  e  art.  9  decreto  legislativo  n.  9/1997)  e  di   autonomia
finanziaria ai sensi delle disposizioni comprese nel Titolo IV  dello
Statuto speciale. Secondo la  regola  stabilita  dall'art.  10  legge
cost. n. 3 del 2001, ad essa le disposizioni del Titolo V della Parte
seconda della Costituzione si applicano in  quanto  le  attribuiscano
una maggiore autonomia. 
    Il Titolo V dello Statuto regola i Controlli sull'Amministrazione
regionale ed il Titolo VII disciplina i Rapporti fra Stato e Regione. 
    La  materia  dei  controlli  statali  sulle   Province   rientra,
all'evidenza, in tali Titoli e l'integrazione  e  l'attuazione  delle
norme statutarie, come noto, puo' essere compiuta solo dalle norme di
attuazione adottate ai sensi dell'art. 65 dello Statuto. 
    La disciplina di tali controlli, dunque, rientra nella competenza
delle norme di attuazione: per quel che riguarda  i  controlli  della
Corte  dei  conti,  rileva  in  particolare  l'art.  33  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 902/1975, come modificato dal  decreto
legislativo n. 125/2003. 
    In  tale  contesto,  e'  ora  intervenuto  il  decreto-legge   n.
174/2012, che detta norme «in  materia  di  finanza  e  funzionamento
degli enti territoriali». L'art. 1 si propone il Rafforzamento  della
partecipazione della Corte dei  conti  al  controllo  sulla  gestione
finanziaria delle regioni. 
    Il comma 1 di  esso  dispone  che,  «al  fine  di  rafforzare  il
coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di
governo statale e regionale, e di garantire il rispetto  dei  vincoli
finanziari   derivanti   dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione
europea,  le  disposizioni  del  presente  articolo  sono  volte   ad
adeguare, ai sensi degli  articoli  28,  81,  97,  100  e  119  della
Costituzione, il controllo  della  Corte  dei  conti  sulla  gestione
finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge  14
gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma  7,  della  legge  5  giugno
2003, n. 131». 
    Delle disposizioni cosi' richiamate, l'art. 3, co.  5,  legge  n.
20/1994  stabilisce  che,  «nei   confronti   delle   amministrazioni
regionali, il controllo  della  gestione  concerne  il  perseguimento
degli obiettivi stabiliti dalle leggi di principio e  di  programma».
L'art. 7, co. 7,  della  legge  n.  131/2003  ha  un  contenuto  piu'
complesso, e dispone quanto segue: «la Corte dei conti, ai  fini  del
coordinamento della finanza  pubblica,  verifica  il  rispetto  degli
equilibri  di  bilancio  da  parte  di   Comuni,   Province,   Citta'
metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilita'  interno
ed ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea. Le sezioni regionali di  controllo  della  Corte  dei  conti
verificano, nel rispetto della  natura  collaborativa  del  controllo
sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi  posti  dalle  leggi
statali  o  regionali  di  principio  e  di  programma,  secondo   la
rispettiva competenza, nonche' la  sana  gestione  finanziaria  degli
enti locali ed il funzionamento dei controlli interni  e  riferiscono
sugli esiti delle verifiche esclusivamente  ai  consigli  degli  enti
controllati... Resta  ferma  la  potesta'  delle  Regioni  a  statuto
speciale,  nell'esercizio  della   loro   competenza,   di   adottare
particolari discipline nel rispetto delle suddette finalita'». 
    Il comma 2 dell'art. 1 del decreto-legge n. 174/2012 prevede  una
relazione semestrale della Corte  dei  conti  sulla  tipologia  delle
coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali,  relazione  che
e' inviata ai Consigli regionali. 
    Il comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge n.  174/2012  disciplina
un controllo delle  sezioni  regionali  della  Corte  dei  conti  sui
bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi delle Regioni e  degli
enti che compongono il servizio sanitario nazionale, rivolto al  fine
di verificare il «rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di
stabilita' interno», l'«osservanza del vincolo previsto in materia di
indebitamento dall'art. 119, sesto  comma,  della  Costituzione»,  la
«sostenibilita' dell'indebitamento»  e  l'«assenza  di  irregolarita'
suscettibili di pregiudicare...  gli  equilibri  economico-finanziari
degli enti». 
    Il comma 4 dell'art. 1 precisa che, «ai  fini  del  comma  3,  le
sezioni regionali di  controllo  della  Corte  dei  conti  verificano
altresi' che i rendiconti delle regioni  tengano  conto  anche  delle
partecipazioni in societa' controllate e alle quali  e'  affidata  la
gestione di servizi pubblici per  la  collettivita'  regionale  e  di
servizi strumentali alla regione, nonche'  dei  risultati  definitivi
della gestione degli enti del Servizio sanitario nazionale». 
    Il comma 5 si occupa del giudizio di parificazione del rendiconto
generale della Regione. Il comma 6 dispone che «il  presidente  della
regione  trasmette  ogni  dodici  mesi  alla  sezione  regionale   di
controllo della Corte dei conti una relazione sulla regolarita' della
gestione  e  sull'efficacia  e  sull'adeguatezza  del   sistema   dei
controlli interni adottato sulla base delle  linee  guida  deliberate
dalla sezione delle autonomie della  Corte  dei  conti  entro  trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto». 
    Il comma 7 disciplina gli effetti del controllo. Esso  stabilisce
in primo luogo che, «nell'ambito della verifica di cui ai commi  3  e
4, l'accertamento, da parte delle  competenti  sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti, di  squilibri  economico-finanziari,
della  mancata  copertura  di  spese,  della  violazione   di   norme
finalizzate a garantire la regolarita' della gestione  finanziaria  o
del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita'
interno comporta per  le  amministrazioni  interessate  l'obbligo  di
adottare, entro sessanta  giorni  dalla  comunicazione  del  deposito
della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei  a  rimuovere
le irregolarita' e a ripristinare gli equilibri di bilancio»  (enfasi
aggiunta). Dispone poi che tali provvedimenti  «sono  trasmessi  alle
sezioni  regionali  di  controllo  della  Corte  dei  conti  che   li
verificano nel termine  di  trenta  giorni  dal  ricevimento»  e  che
qualora «la regione  non  provveda  alla  trasmissione  dei  suddetti
provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo  dia
esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i
quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della
relativa sostenibilita' finanziaria» (enfasi aggiunta). 
    I commi 9, 10, 11 e 12  dell'art.  1  decreto-legge  n.  174/2012
contengono  disposizioni  orientate  in  modo  simile  a  quelle  ora
esposte, riferite pero' non alle Regioni in quanto tali ma ai  gruppi
dei Consigli regionali. 
    In particolare, essi prevedono  che  ciascun  gruppo  elabori  un
rendiconto annuale e che la regolarita' di esso sia controllata dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti.  L'accertamento
della Corte dei conti puo' produrre obblighi  di  regolarizzazione  a
carico del gruppo e, «nel caso in cui il  gruppo  non  provveda  alla
regolarizzazione entro il termine  fissato,  decade,  per  l'anno  in
corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte  del  consiglio
regionale». Tale decadenza «comporta l'obbligo di restituire le somme
ricevute  a  carico  del  bilancio  del  consiglio  regionale  e  non
rendicontate» (co.  11).  In  base  al  comma  12,  «la  decadenza  e
l'obbligo di restituzione di cui al comma 11 conseguono alla  mancata
trasmissione del rendiconto entro il termine individuato ai sensi del
comma 10, ovvero alla delibera di non regolarita' del  rendiconto  da
parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti». 
    Al comma 16, esso detta una clausola di salvaguardia,  disponendo
che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
di Bolzano adeguano il  proprio  ordinamento  alle  disposizioni  del
presente articolo entro un anno dalla data di entrata in  vigore  del
presente decreto». 
    L'art. 1-bis  decreto-legge  n.  174/2012  apporta  modifiche  al
decreto legislativo n. 149/2011, Meccanismi sanzionatori  e  premiali
relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e
26 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Il comma 1  modifica  due  commi
dell'art. 1 decreto legislativo n. 149/2011, in materia di  relazione
di fine legislatura. Il comma 4, lett. a), dell'art.  1-bis  modifica
l'art. 5, co. 1, del decreto legislativo n. 149/2011, aggiungendo  ad
esso un riferimento espresso alle Province autonome. 
    L'art. 2, comma 1, decreto-legge n.  174/2012  dispone  che,  «ai
fini del coordinamento della finanza pubblica e per  il  contenimento
della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all'80  per
cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni,  diversi  da
quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale  e
al trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione che la regione,
con le modalita'  previste  dal  proprio  ordinamento,  entro  il  23
dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in  vigore
della legge di  conversione  del  presente  decreto  qualora  occorra
procedere  a  modifiche  statutarie»,  abbia  rispettato  i  numerosi
vincoli previsti dalle lett. da a) a n) del comma 1. 
    In base al comma 2, «ferme restando le riduzioni di cui al  comma
1, alinea, in caso di mancato adeguamento alle disposizioni di cui al
comma 1 entro i termini ivi previsti, a decorrere dal 1° gennaio 2013
i trasferimenti erariali a favore  della  regione  inadempiente  sono
ridotti per un importo corrispondente alla meta' delle somme da  essa
destinate per l'esercizio 2013 al trattamento  economico  complessivo
spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della  giunta
regionale». 
    Il comma 4 dispone che  «le  regioni  a  statuto  speciale  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano  provvedono  ad  adeguare  i
propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 compatibilmente  con
i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione». 
    L'art. 3, co. 1, lett. e) decreto-legge n.  174/2012  sostituisce
l'art. 148 decreto legislativo n. 267/2000, in materia  di  controlli
esterni sugli enti locali. 
    L'art. 6, intitolato Sviluppo degli strumenti di controllo  della
gestione finalizzati all'applicazione  della  revisione  della  spesa
presso gli enti locali e ruolo della Corte  dei  conti,  dispone,  al
comma 1, che, «per lo svolgimento di  analisi  sulla  spesa  pubblica
effettuata dagli enti locali, il Commissario per la  revisione  della
spesa previsto dall'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52,...
si avvale dei Servizi ispettivi di Finanza pubblica della  Ragioneria
generale dello Stato ai  quali  sono  affidate  analisi  su  campione
relative   alla   razionalizzazione,   efficienza   ed   economicita'
dell'organizzazione e sulla sostenibilita' dei bilanci». 
    Il comma 2  dispone  che  tali  analisi  «sono  svolte  ai  sensi
dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,  n.
196,  sulla  base  di  modelli  di  accertamento   concordati   dalla
Ragioneria generale dello Stato con il Commissario di cui al comma  1
e deliberati dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti»,  e
che gli esiti «dell'attivita' ispettiva sono comunicati  al  predetto
Commissario di cui al comma precedente,  alle  Sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti e alla Sezione delle autonomie». 
    Il comma 3 dispone che «la Sezione delle  autonomie  della  Corte
dei conti definisce, sentite le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, le metodologie necessarie per lo svolgimento dei
controlli per la verifica dell'attuazione delle misure  dirette  alla
razionalizzazione della spesa pubblica degli enti territoriali» e che
le Sezioni regionali «effettuano i controlli in base alle metodologie
suddette anche tenendo conto degli esiti dell'attivita' ispettiva  e,
in  presenza   di   criticita'   della   gestione,   assegnano   alle
amministrazioni  interessate  un  termine,  non  superiore  a  trenta
giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive  dirette  a
rimuovere   le   criticita'   gestionali   evidenziate   e   vigilano
sull'attuazione delle misure correttive adottate». 
    Infine, l'art. 11-bis decreto-legge n.  174/2012  stabilisce  che
«le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e  di
Bolzano attuano le disposizioni di  cui  al  presente  decreto  nelle
forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle  relative
norme di attuazione». 
    Ad avviso della Regione Friuli-Venezia  Giulia,  le  norme  sopra
richiamate risultano lesive delle sue prerogative costituzionali  per
le seguenti ragioni di 
 
                            D i r i t t o 
 
1) Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi  da  2  a  12
(eccetto l'8) e 16. 
A)  Premessa.  I  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla  Regione
Friuli-Venezia Giulia. 
    L'art. 100, comma  2,  della  Costituzione  dispone,  come  noto,
quanto segue: «la Corte dei conti esercita il controllo preventivo di
legittimita' sugli atti del Governo, e anche quello successivo  sulla
gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle  forme
stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria  degli
enti  a  cui  lo  Stato  contribuisce  in  via  ordinaria.  Riferisce
direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito». 
    In relazione agli  enti  locali,  tale  norma  e'  stata  attuata
dapprima con l'art. 13 decreto-legge n. 786/1981 e poi con l'art.  3,
co. 4, legge n. 20/1994, in base al quale «la Corte dei conti svolge,
anche in corso di esercizio, il controllo successivo  sulla  gestione
del  bilancio  e  del  patrimonio  delle  amministrazioni  pubbliche,
nonche' sulle gestioni fuori bilancio  e  sui  fondi  di  provenienza
comunitaria, verificando  la  legittimita'  e  la  regolarita'  delle
gestioni, nonche' il funzionamento dei controlli interni  a  ciascuna
amministrazione» (controllo sulla gestione finanziaria). Era  inoltre
stabilito che la Corte «accerta, anche in  base  all'esito  di  altri
controlli, la rispondenza dei risultati dell'attivita' amministrativa
agli obiettivi  stabiliti  dalla  legge,  valutando  comparativamente
costi, modi e tempi  dello  svolgimento  dell'azione  amministrativa»
(controllo sulla gestione amministrativa). 
    Per le Regioni, l'art. 3, co. 5 legge n.  20/1994  disponeva  che
«nei confronti delle amministrazioni regionali,  il  controllo  della
gestione concerne il perseguimento degli  obiettivi  stabiliti  dalle
leggi di principio e di programma». 
    Dunque, la  legge  n.  20/1994  ha  introdotto  il  controllo  di
gestione da parte della  Corte  dei  conti,  che  gia'  nel  1994  si
articolava in controllo sulla gestione finanziaria e controllo  sulla
gestione amministrativa; era pero' chiarito sin  dall'inizio  che  le
Regioni erano oggetto solo del secondo. 
    L'art. 3 legge n. 20/1994 e' stato impugnato da  diverse  Regioni
(compresa la Regione Friuli-Venezia Giulia) e la sent. 2n. 9/1995  di
codesta Corte lo ha ritenuto costituzionalmente legittimo,  rilevando
che la Corte dei conti va intesa come «organo posto al servizio dello
Stato-comunita'» e  che  l'attribuzione  ad  essa  del  controllo  di
gestione «non puo'  essere  considerata  come  l'attribuzione  di  un
potere statale che si contrappone alle autonomie  delle  regioni,  ma
come la previsione di un compito essenzialmente  collaborativo  posto
al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate» (punto
9.2, enfasi aggiunta). L'art. 3, co.  5,  era  considerato  attuativo
degli artt. 28, 81,  97  e  119  Cost.  (non  dell'art.  100)  ed  il
controllo sulla gestione amministrativa era considerato  esercitabile
anche verso le Regioni speciali. 
    La Corte ha inoltre osservato che, «se la disposizione contestata
dovesse essere interpretata nel senso che il  controllo  di  gestione
dovra' essere compiuto, nel caso delle amministrazioni regionali,  in
riferimento agli obiettivi  posti  dalle  leggi  di  principio  e  di
programma dello Stato,  la  questione  proposta  sarebbe  sicuramente
fondata,  poiche'  da  una  siffatta  norma  risulterebbe  vanificata
l'autonomia  politica  costituzionalmente  garantita  alle  regioni»:
dunque, il controllo di gestione si puo' svolgere sulla «unica  base»
delle leggi regionali (punto 11.3). 
    Dalla sent.  n.  29/1995  risulta  anche  che  «la  verifica  del
funzionamento dei  preesistenti  controlli  interni  non  costituisce
l'oggetto di un autonomo potere di vigilanza  attribuito  alla  Corte
dei conti nei confronti di determinati uffici regionali (potere  che,
se fosse cosi' costruito, sarebbe indubbiamente lesivo dell'autonomia
costituzionale delle regioni), ma rappresenta, piuttosto, un elemento
di valutazione inerente al complessivo controllo sulla gestione,  nel
senso  che,  come  si  e'   gia'   precisato,   l'eventuale   cattivo
funzionamento dei controlli interni puo' essere assunto a elemento  o
indizio per la valutazione connessa all'esercizio del controllo sulla
gestione» (punto 11.5). 
    Dopo la riforma del Titolo V, l'art. 7, co. 7, legge n.  131/2003
ha  previsto  quanto  segue:  «la  Corte  dei  conti,  ai  fini   del
coordinamento della finanza  pubblica,  verifica  il  rispetto  degli
equilibri  di  bilancio  da  parte  di   Comuni,   Province,   Citta'
metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilita'  interno
ed ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea. Le sezioni regionali di  controllo  della  Corte  dei  conti
verificano, nel rispetto della  natura  collaborativa  del  controllo
sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi  posti  dalle  leggi
statali  o  regionali  di  principio  e  di  programma,  secondo   la
rispettiva competenza, nonche' la  sana  gestione  finanziaria  degli
enti locali ed il funzionamento dei controlli interni  e  riferiscono
sugli esiti delle verifiche esclusivamente  ai  consigli  degli  enti
controllati, salvo quanto disposto dal  terzo  periodo  del  presente
comma. Nelle relazioni al Parlamento di  cui  all'art.  3,  comma  6,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20,  e  successive  modificazioni,  e
all'art. 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n.  786,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e  successive
modificazioni, la Corte dei conti riferisce anche sulla base dei dati
e delle informazioni raccolti dalle sezioni regionali  di  controllo.
Resta  ferma  la  potesta'  delle   Regioni   a   statuto   speciale,
nell'esercizio  della  loro  competenza,  di   adottare   particolari
discipline  nel   rispetto   delle   suddette   finalita'.   Per   la
determinazione  dei  parametri  di  gestione  relativa  al  controllo
interno, la Corte dei conti si avvale anche degli studi  condotti  in
materia dal Ministero dell'interno» (enfasi aggiunta). 
    Dunque, l'art. 7 legge n. 131/2003 ha allargato il  controllo  di
gestione sulle Regioni ordinarie alla verifica  sul  «rispetto  degli
equilibri di bilancio», pur ribadendo il carattere collaborativo  del
controllo di gestione; ma e' pacifico che tale norma non  si  applica
alle Regioni speciali, sia per il riferimento espresso  alle  Regioni
speciali contenuto nello stesso art. 7, co. 7, sia per quanto risulta
dall'art. 11 legge n. 131/2003 («Per le Regioni a statuto speciale  e
le Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  resta  fermo  quanto
previsto dai rispettivi statuti speciali e dalle  relative  norme  di
attuazione,  nonche'  dall'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3»). La sent. n. 236/2004 (punto 3.1 del Diritto) ha
confermato che l'art. 7 legge n. 131/2003 non si applica alle Regioni
speciali, per le quali devono essere  adottate  specifiche  norme  di
attuazione. 
    Che  i  controlli   della   Corte   dei   conti   sulla   Regione
Friuli-Venezia  Giulia  siano  materia  riservata   alle   norme   di
attuazione e' confermato anche dalla  giurisprudenza  costituzionale:
la sent.  n.  267/2006  ha  dichiarato  infondata  una  questione  di
costituzionalita' sollevata con riferimento ad una legge della  Valle
d'Aosta  che   disciplinava   l'istituzione   ed   il   funzionamento
dell'Autorita' di vigilanza sulla  gestione  finanziaria,  affermando
che tale Autorita' poteva coesistere con il controllo di gestione, di
natura collaborativa, affidato alla Corte dei conti; e la sentenza ha
concluso osservando che, «nel  richiamato  quadro  ordinamentale,  lo
Stato e la  Regione  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  dovranno  dunque
provvedere, secondo la procedura di cui all'art. 48-bis dello statuto
valdostano, all'istituzione  della  sezione  regionale  di  controllo
della Corte dei conti». L'art. 48-bis dello  Statuto  VdA  regola  la
procedura di adozione delle norme di attuazione: percio' la sent.  n.
267/2006 conferma che  la  disciplina  dei  controlli  statali  sulle
Regioni speciali e' riservata alle norme di attuazione. 
    Cio' e' stato  ulteriormente  ribadito  dalla  recente  legge  n.
243/2012 (di attuazione del nuovo art. 81  Cost.),  il  cui  art.  20
stabilisce quanto segue: «La Corte  dei  conti  svolge  il  controllo
successivo sulla gestione dei bilanci degli enti di cui agli articoli
9 [Regioni] e 13, ai fini del coordinamento della finanza pubblica  e
dell'equilibrio dei bilanci di cui all'art. 97 della Costituzione. Le
regioni a statuto speciale e le province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano  provvedono  a  quanto  disposto  dal   presente   comma   in
conformita'  ai  rispettivi  statuti  e  alle   relative   norme   di
attuazione. (enfasi aggiunta)». 
    Tale disposizione conferma  che,  per  le  Regioni  speciali,  la
materia del controllo successivo sulla gestione  dei  bilanci  spetta
alle norme di attuazione. 
    Cio' posto, del resto, e' chiaro che una materia  non  puo',  nei
rapporti tra Stato e Regione speciale, appartenere contemporaneamente
all'ambito della attuazione statutaria  e  all'ambito  di  competenza
della legislazione ordinaria: se non, naturalmente, quando  a  questa
rinviino le norme di attuazione, e nei corrispondenti limiti. 
    Non pare quindi del tutto esatto  l'esito  cui  e'  pervenuta  la
sent. n. 179/2007 di codesta Corte. La legge  n.  266/2005  (art.  1,
commi 166-169) aveva ulteriormente regolato il  potere  di  controllo
della Corte dei conti sulla «sana gestione  finanziaria»  degli  enti
locali, con norme, pero', applicabili anche  alle  Regioni  speciali.
Nonostante tali norme si ricollegassero  ai  gia'  vigenti  art.  13,
decreto-legge n. 786/1981, all'art. 3, co.  4,  legge  n.  20/1994  e
all'art. 7, co. 7, legge n. 131/2003, la sent. n. 179/2007 di codesta
Corte, di fronte ad un ricorso di questa Regione, ha ritenuto che non
vi fosse un contrasto con la disciplina statutaria e delle  norme  di
attuazione in quanto le  norme  censurate  avrebbero  introdotto  «un
nuovo tipo di  controllo  affidato  alla  Corte  dei  conti»,  avente
fondamento costituzionale nell'art. 100 Cost. e nel potere statale di
«coordinamento della finanza pubblica». Si trattava,  infatti,  dello
stesso tipo di controllo per il quale sembrava pacifica la competenza
delle norme di attuazione. 
    La stessa sent. n. 179/2007 ha peraltro sottolineato  «la  natura
collaborativa del controllo disciplinato dalle norme  impugnate,  che
si limita  alla  segnalazione  all'ente  controllato  delle  rilevate
disfunzioni  e  rimette  all'ente  stesso  l'adozione  delle   misure
necessarie» (punto 3.1); nel punto 4.1  si  legge  che  il  controllo
previsto dai commi da 166 a 169 dell'art. 1 della legge  n.  266  del
2005 «risulta dettato da esigenze  di  tutela  dell'unita'  economica
della Repubblica e di coordinamento della  finanza  pubblica,  ed  e'
finalizzato (nel quadro del controllo disciplinato dalla legge n. 131
del 2003), con funzione collaborativa, alla  tempestiva  segnalazione
agli Enti  interessati  di  situazioni  inerenti  agli  equilibri  di
bilancio, per l'adozione delle necessarie misure correttive». 
    Il carattere  collaborativo  era  chiaramente  sottolineato  come
condizione di legittimita' costituzionale. 
    Poste  tali  premesse,  conviene  ora   esporre   la   disciplina
statutaria e delle norme di attuazione in merito ai  controlli  della
Corte dei conti sulla Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e  sugli  enti
locali della Regione. 
    Il  Titolo  V  dello  Statuto   speciale   regola   i   Controlli
sull'Amministrazione  regionale  e  prevede  che  «Il  controllo   di
legittimita' sugli atti amministrativi della Regione  e'  esercitato,
in  conformita'  delle  leggi  dello  Stato   che   disciplinano   le
attribuzioni della Corte dei conti, da una  delegazione  della  Corte
stessa, avente sede nel  capoluogo  della  Regione».  Il  Titolo  VII
disciplina i rapporti tra Stato e Regione, senza prevedere  ulteriori
controlli. 
    La norma di attuazione introdotta con il decreto  legislativo  n.
125/2003 ha modificato le precedenti  norme  di  attuazione  relative
alla Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di controlli, contenute
nel decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975,  adeguandole
all'evoluzione della legislazione statale, avvenuta con la  legge  n.
20/1994 e con la legge cost. n. 3/2001; ed a seguito  della  modifica
l'art. 33 di tale decreto dispone quanto segue: 
    «La  sezione  regionale  di  controllo  esercita,  nel   rispetto
dell'ordinamento regionale ed ai sensi dell'art. 3, commi 4, 5  e  6,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nell'ambito dei programmi annuali
dalla stessa  deliberati  anche  sulla  base  delle  richieste  della
regione, il controllo sulla gestione dell'amministrazione regionale e
degli enti strumentali, ai fini del referto al  Consiglio  regionale,
nonche' il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali  e
loro  enti  strumentali,  e  delle  altre  istituzioni  pubbliche  di
autonomia aventi  sede  nella  regione,  per  riferirne  agli  organi
rappresentativi  di  detti  enti.  La  sezione,  nell'esercizio   del
controllo sulla gestione, valuta le deduzioni  delle  amministrazioni
controllate, evidenziandole nei referti di cui sopra,  ed  esamina  i
risultati  dei  controlli  interni   eventualmente   effettuati.   Il
controllo  comprende   anche   la   verifica   della   gestione   dei
cofinanziamenti  regionali  per  interventi   sostenuti   con   fondi
comunitari; tale attivita' deve adeguarsi  ai  sistemi  di  controllo
espressamente previsti, collateralmente ai sistemi gestionali,  dalle
specifiche normative dell'Unione europea. 
    2. La sezione delibera il programma annuale di cui  al  comma  1,
tenendo conto  degli  altri  controlli  esterni  gia'  programmati  o
effettuati, al fine di evitare la duplicazione dei controlli. 
    3. La sezione regionale, oltre a riferire annualmente con  una  o
piu' relazioni al consiglio regionale gli esiti del  controllo  sulle
gestioni e ad assumere le decisioni in materia di  parificazione  del
rendiconto generale della regione ai  sensi  del  combinato  disposto
dell'art. 36 del presente decreto e degli articoli 39 e 41 del  testo
unico approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n.  1214,  presenta
allo   stesso   consiglio   una   dichiarazione   in   cui    attesta
l'affidabilita' del conto e la legittimita' e  la  regolarita'  delle
relative operazioni, esplicitando le modalita' di verifica. 
    4. La sezione, a richiesta del consiglio regionale, procede  alla
valutazione degli effetti  finanziari  delle  norme  legislative  che
comportino spese riferendone con una o piu'  relazioni  al  consiglio
stesso; a richiesta dell'amministrazione  controllata,  puo'  rendere
motivati avvisi sulle materie di contabilita' pubblica. 
    5. La sezione  inoltre  esercita,  ai  sensi  delle  disposizioni
vigenti, il controllo sugli atti ed attivita'  delle  amministrazioni
dello Stato aventi sede nella regione». 
    Il  decreto  legislativo  n.   125/2003,   dunque,   ha   dettato
un'organica disciplina dei controlli che  la  Corte  dei  conti  puo'
svolgere nei confronti della Regione Friuli-Venezia  Giulia.  Accanto
al tradizionale giudizio di parificazione del rendiconto  (affiancato
dalla presentazione al Consiglio di una «dichiarazione in cui attesta
l'affidabilita' del conto e la legittimita' e  la  regolarita'  delle
relative operazioni»), si introduce il controllo di gestione,  avente
carattere collaborativo (i programmi  annuali  di  controllo  vengono
deliberati  anche  sulla  base   delle   richieste   della   Regione;
nell'esercizio  del  controllo   la   Corte   valuta   le   deduzioni
dell'Amministrazione; degli esiti del controllo  viene  informato  il
Consiglio regionale; la collaborazione si  esplica  anche  sul  piano
organizzativo,   tant'e'    che    la    Regione    concorre    anche
all'organizzazione dell'attivita' di supporto alla sezione,  mettendo
a tale fine a disposizione della Corte risorse umane, beni immobili e
mobili). 
B) Illegittimita' dei commi da 2 a 12 (eccetto 1'8) e 16 dell'art. 1 
    L'art. 1, co. 1, decreto-legge n. 174/2012 rende esplicito che le
norme dello stesso art. 1 «sono volte ad  adeguare,  ai  sensi  degli
articoli 28, 81, 97, 100 e 119 della Costituzione, il controllo della
Corte dei conti sulla  gestione  finanziaria  delle  regioni  di  cui
all'art. 3, comma 5, della legge 14 gennaio 1994, n. 20,  e  all'art.
7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131». Poiche' l'art. 3, co.
5, riguarda in realta' il controllo  sulla  gestione  amministrativa,
l'art. 1 decreto-legge n. 174/2012 viene ad integrare l'art.  7,  co.
7, legge n. 131/2003, la cui inapplicabilita' alle  Regioni  speciali
e' stata sempre pacifica. 
    Infatti, come visto, l'art. 1, co. 16, decreto-legge n.  174/2012
dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome  di
Trento e di Bolzano adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni
del presente articolo entro un anno dalla data di entrata  in  vigore
del presente decreto», e  l'art.  11-bis  decreto-legge  n.  174/2012
stabilisce che «le regioni a statuto speciale e le province  autonome
di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni  di  cui  al  presente
decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di  autonomia  e
dalle relative norme di attuazione». 
    Queste clausole  evitano  la  diretta  applicazione  dell'art.  1
decreto-legge n. 174/2012 (benche',  per  la  loro  formulazione,  si
prestino ad alcune censure: v. infra), ma presuppongono  comunque  il
necessario «adeguamento alle disposizioni» dell'art. 1, vincolando in
modo illegittimo  o  la  potesta'  legislativa  regionale  (la'  dove
l'adeguamento possa avvenire con  legge  regionale)  o  il  contenuto
delle norme di attuazione: percio' si contestano qui anche le singole
disposizioni, per il loro contenuto. 
    Naturalmente, le disposizioni dell'art. 1  sarebbero  a  fortiori
illegittime  qualora,  in  denegata  ipotesi,  si  ritenesse  che  le
clausole di salvaguardia sopra riportate fossero inidonee ad  evitare
la diretta  applicazione  dell'art.  1  alla  Regione  Friuli-Venezia
Giulia. 
    Il comma 2 prevede che «ogni sei mesi  le  sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti trasmettono ai consigli regionali una
relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate  nelle
leggi regionali approvate nel semestre precedente e sulle tecniche di
quantificazione degli oneri». Tale norma  e'  difforme  dall'art.  33
decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975, al quale -  come
visto - spetta la disciplina dei  controlli  della  Corte  dei  conti
sulla Regione Friuli-Venezia Giulia. In  particolare,  mentre  l'art.
33, comma 4, stabilisce che «la sezione, a  richiesta  del  consiglio
regionale, procede alla valutazione degli  effetti  finanziari  delle
norme legislative che comportino spese riferendone  con  una  o  piu'
relazioni   al   consiglio   stesso»    (e    che,    «a    richiesta
dell'amministrazione controllata, puo' rendere motivati avvisi  sulle
materie di contabilita' pubblica»), l'art.  1,  co.  2,  impone  alla
Corte dei conti di trasmettere  una  relazione  ogni  sei  mesi  e  a
prescindere  dalla  richiesta  regionale;  inoltre,   l'oggetto   del
controllo e' diverso. 
    Il comma 2, dunque, dettando una disciplina diversa dall'art.  33
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  902/1975  in  materia
riservata alle norme di attuazione, viola - oltre a questa norma - la
specialita' della Regione Friuli-Venezia  Giulia  (art.  116  Cost.),
l'autonomia finanziaria regionale  (Titolo  IV)  e  l'art.  65  dello
Statuto, nella misura in  cui  l'adeguamento  ad  esso  sia  ritenuto
obbligatorio ai sensi del comma 16 o, addirittura,  nella  misura  in
cui esso sia ritenuto direttamente applicabile. 
    I commi 3, 4 e 7  -  come  visto  nel  Fatto  -  disciplinano  il
controllo sulla gestione finanziaria della Regione. Il  controllo  ha
ad oggetto i bilanci preventivi  ed  i  rendiconti  consuntivi  delle
Regioni e degli enti che compongono il servizio  sanitario  nazionale
ed e' rivolto al fine di  verificare  il  «rispetto  degli  obiettivi
annuali posti dal patto di  stabilita'  interno»,  l'«osservanza  del
vincolo previsto in materia di  indebitamento  dall'art.  119,  sesto
comma, della Costituzione», la «sostenibilita' dell'indebitamento»  e
l'«assenza  di  irregolarita'  suscettibili  di  pregiudicare...  gli
equilibri economico-finanziari degli enti» (co. 3). 
    Le  sezioni  regionali  di  controllo  della  Corte   dei   conti
«verificano altresi' che i rendiconti  delle  regioni  tengano  conto
anche delle partecipazioni in societa' controllate e  alle  quali  e'
affidata  la  gestione  di  servizi  pubblici  per  la  collettivita'
regionale  e  di  servizi  strumentali  alla  regione,  nonche'   dei
risultati definitivi della gestione degli enti del Servizio sanitario
nazionale» (co. 4). 
    Se, nell'ambito della verifica di cui ai commi 3 e  4,  la  Corte
accerta «squilibri economico-finanziari», la  «mancata  copertura  di
spese»,  la  «violazione  di  norme  finalizzate   a   garantire   la
regolarita' della gestione finanziaria» o il «mancato rispetto  degli
obiettivi  posti  con   il   patto   di   stabilita'   interno»,   le
amministrazioni  interessate  hanno  l'obbligo  di  adottare,   entro
sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della  pronuncia  di
accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarita' e a
ripristinare gli  equilibri  di  bilancio»  (enfasi  aggiunta).  Tali
provvedimenti «sono trasmessi alle  sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta  giorni
dal ricevimento»; qualora «la regione non provveda alla  trasmissione
dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni  regionali  di
controllo dia esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei  programmi
di spesa per i quali  e'  stata  accertata  la  mancata  copertura  o
l'insussistenza della relativa  sostenibilita'  finanziaria»  (enfasi
aggiunta). 
    I commi 3,  4  e  7,  dunque,  dettando  una  disciplina  diversa
dall'art. 33 decreto del Presidente della Repubblica n.  902/1975  in
materia riservata alle norme di attuazione, violano - oltre a  questa
norma - la specialita' della Regione Friuli-Venezia Giulia (art.  116
Cost.), l'autonomia finanziaria regionale  (Titolo  N)  e  l'art.  65
dello Statuto, nella misura in cui l'adeguamento ad essi sia ritenuto
obbligatorio ai sensi del comma 16 o, addirittura,  nella  misura  in
cui essi siano ritenuti direttamente applicabili. 
    E' da sottolineare, in particolare,  che  il  controllo  regolato
dalle norme impugnate  non  ha  affatto  carattere  collaborativo  ma
coercitivo,   in   quanto   si   puo'   tradurre   in   obblighi   di
regolarizzazione ed in sanzioni specifiche. 
    L'art. 1 dovrebbe regolare «il controllo della  Corte  dei  conti
sulla gestione finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma  5,
della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e  all'art.  7,  comma  7,  della
legge 5 giugno 2003, n. 131» (cosi' il comma 1),  ma  tali  controlli
hanno natura collaborativa, come e' stato confermato anche da codesta
Corte (dalla sent. n.  267/2006  risulta  che  il  controllo  di  cui
all'art. 7,  co.  7,  mantiene  natura  collaborativa).  Il  comma  3
dell'art. 1 decreto-legge n. 174/2012 richiama l'art.  1,  commi  166
ss. legge n. 266/2005 e la  sent.  n.  179/2007  ha  sottolineato  il
carattere collaborativo del «nuovo» controllo. Invece, il comma 7  si
discosta nettamente  dall'impostazione  finora  seguita  dalle  leggi
statali,   introducendo    effetti    coercitivi    e    sanzionatori
dell'attivita' di controllo. 
    Attraverso la nuova disciplina,  dunque,  si  istituisce  non  un
controllo collaborativo, ma un vero e proprio  potere  di  supremazia
dello Stato sulle Regioni, che non e' ammesso  ne'  dallo  Statuto  e
dalle sue nonne di attuazione, ne' dallo stesso Titolo V della  Parte
seconda della Costituzione, che ha soppresso i controlli  ad  effetto
giuridico preclusivo prima esistenti. 
    Inoltre, il bilancio regionale viene approvato con legge, per cui
le norme impugnate finiscono per prevedere un anomalo controllo della
Corte dei conti su una legge regionale (controllo che in alcuni  casi
e' di costituzionalita' perche' ha come  parametri  il  principio  di
copertura finanziaria di cui  all'art.  81,  l'art.  119,  co.  6,  i
vincoli del patto di stabilita'). Cio' si sovrappone alle  competenze
della Corte costituzionale (artt. 127 e 134  Cost.)  e  al  controllo
svolto  dalla  stessa  Corte  dei  conti  in  sede  di  giudizio   di
parificazione (artt. 33 e 36 decreto del Presidente della  Repubblica
n.  902/1975).   La   violazione   delle   competenze   della   Corte
costituzionale  si  riflette  in  una   lesione   delle   prerogative
regionali, che vedono la propria legge di bilancio sottoposta  ad  un
controllo ulteriore, ad opera di un organo  non  giurisdizionale  (la
sezione di controllo) e comunque diverso dalla Corte costituzionale. 
    Il comma 4 e' specificamente  illegittimo  perche'  con  esso  lo
Stato punta a regolare la struttura del rendiconto della Regione.  La
materia «ordinamento degli uffici» (art. 4, n. 1, St. o art. 117, co.
4, se ritenuto piu' favorevole) comprende la  contabilita'  regionale
(v. sentenza n. 107  del  1970  della  Corte  costituzionale),  e  la
Regione ha esercitato tale  competenza  con  la  legge  regionale  n.
21/2007,  Norme  in  materia  di  programmazione  finanziaria  e   di
contabilita' regionale. La legge cost. n. 1/2012 ha  attribuito  alla
legge statale attuativa del nuovo art. 81 il compito di regolare  «il
contenuto della legge di bilancio dello Stato» (non il bilancio delle
Regioni). Tale legge e' la legge n. 243/2012 ed essa  salvaguarda  le
prerogative delle Regioni speciali (v. art. 9, co. 6, e art. 20).  In
materia di bilanci regionali v. anche la sent. n.  178/2012,  che  ha
annullato in parte il decreto legislativo n. 118/2011. 
    Anche la sanzione prevista dal comma 7 e' gravemente  lesiva  per
l'autonomia legislativa e finanziaria regionale, perche'  si  traduce
nella paralisi dei programmi di spesa approvati con legge  regionale:
il comma 7, dunque,  incide  sul  regime  di  efficacia  delle  leggi
regionali di settore, che e' fissato da norme costituzionali e non e'
disponibile da parte del legislatore ordinario. 
    Infine,  il   comma   7   non   prevede   strumenti   di   tutela
giurisdizionale a favore della Regione contro gli accertamenti  delle
irregolarita'  e  contro  l'esito   negativo   della   verifica   dei
provvedimenti di  regolarizzazione.  Qualora  il  comma  7  fosse  da
intendere nel senso della assenza di una tutela giurisdizionale, esso
sarebbe e' illegittimo per violazione degli artt. 24 e 113 Cost., con
ridondanza della violazione sull'autonomia legislativa e  finanziaria
della Regione, dato che la norma in questione regola un controllo sul
bilancio regionale, e che proprio la Regione sarebbe  priva  di  ogni
strumento di tutela. 
    L'art. 1 co. 5, dispone che «il rendiconto generale della regione
e' parificato dalla sezione regionale di controllo  della  Corte  dei
conti ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del testo unico di  cui  al
regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214». Alla  decisione  di  parifica
«e' allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula  le
sue osservazioni in merito alla legittimita' e alla regolarita' della
gestione e propone le  misure  di  correzione  e  gli  interventi  di
riforma che ritiene necessari al fine, in particolare, di  assicurare
l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e  l'efficienza
della spesa». La «decisione di parifica e la relazione sono trasmesse
al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale». 
    Il comma 5, dettando una disciplina diversa dall'art. 33, co.  3,
decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  902/1975  in  materia
riservata alle norme di attuazione, viola - oltre a questa norma - la
specialita' della Regione Friuli-Venezia  Giulia  (art.  116  Cost.),
l'autonomia finanziaria regionale  (Titolo  IV)  e  l'art.  65  dello
Statuto, nella misura in  cui  l'adeguamento  ad  esso  sia  ritenuto
obbligatorio ai sensi del comma 16 o, addirittura,  nella  misura  in
cui esso sia ritenuto direttamente applicabile. 
    Il comma 6 stabilisce che «il presidente della regione  trasmette
ogni dodici mesi alla sezione regionale di controllo della Corte  dei
conti una relazione sulla regolarita' della gestione e sull'efficacia
e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni  adottato  sulla
base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della
Corte dei conti entro trenta giorni dalla data di entrata  in  vigore
della legge di conversione del presente decreto». 
    L'art. 33, co. 1, decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
902/1975 dispone che «la sezione, nell'esercizio del controllo  sulla
gestione, valuta  le  deduzioni  delle  amministrazioni  controllate,
evidenziandole nei referti di cui sopra, ed esamina i  risultati  dei
controlli interni eventualmente effettuati». 
    Stando  alla  lettera  dell'art.  1,  co.  6,  le  «linee  guida»
dovrebbero riguardare non la relazione  annuale  ma  il  sistema  dei
controlli interni. E' possibile che si tratti di un lapsus calami (al
posto di «adottato»  dovrebbe  leggersi  «adottata»)  e  che  in  via
interpretativa la disposizione possa essere corretta,  nel  senso  di
riferire le linee guida non al sistema dei controlli interni ma  alla
relazione. 
    In caso contrario, il comma  6  sarebbe  palesemente  illegittimo
(nella misura in cui l'adeguamento ad esso sia ritenuto  obbligatorio
ai sensi del comma 16 o, addirittura, nella misura in  cui  esso  sia
ritenuto direttamente applicabile) per violazione dell'art. 4, n.  1,
Statuto (o dell'art. 117, co. 4, se  ritenuto  piu'  favorevole),  in
quanto    la    disciplina    dei    controlli    interni     rientra
nell'organizzazione regionale e la Regione puo' essere vincolata solo
dai limiti costituzionali e non certo da anomale «linee guida»  della
Corte dei conti. 
    A parte cio', il comma 6 risulta illegittimo (sempre nei casi  di
ritenuta obbligatorieta' o applicabilita')  in  quanto  introduce  un
controllo della Corte dei conti  «sull'efficacia  e  sull'adeguatezza
del sistema dei  controlli  interni»,  in  violazione  dell'autonomia
organizzativa regionale e dell'art. 33, co. 1, decreto del Presidente
della Repubblica n. 902/1975, dal quale risulta che la Corte «esamina
i  risultati  dei   controlli   interni   eventualmente   effettuati»
nell'ambito del  controllo  di  gestione,  in  conformita'  a  quanto
affermato da codesta Corte costituzionale  nella  sent.  n.  29/1995,
punto 11.5 («la verifica del funzionamento dei preesistenti controlli
interni non costituisce l'oggetto di un autonomo potere di  vigilanza
attribuito alla Corte dei conti nei confronti di  determinati  uffici
regionali  (potere   che,   se   fosse   cosi'   costruito,   sarebbe
indubbiamente lesivo dell'autonomia costituzionale delle regioni), ma
rappresenta,  piuttosto,  un  elemento  di  valutazione  inerente  al
complessivo controllo sulla gestione»). 
    I commi 9, 10, 11 e 12 disciplinano il controllo della Corte  dei
conti sul «rendiconto di esercizio annuale» dei gruppi consiliari. In
base al comma 9, «ciascun gruppo consiliare  dei  consigli  regionali
approva un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee
guida deliberate» dalla  Conferenza  Stato-Regioni  «e  recepite  con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per assicurare  la
corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della
contabilita', nonche' per definire  la  documentazione  necessaria  a
corredo del rendiconto». In ogni caso «il  rendiconto  evidenzia,  in
apposite  voci,  le  risorse  trasferite  al  gruppo  dal   consiglio
regionale, con indicazione del titolo del trasferimento,  nonche'  le
misure  adottate  per  consentire  la  tracciabilita'  dei  pagamenti
effettuati». 
    Il comma 10 dispone che «il rendiconto e'  trasmesso  da  ciascun
gruppo consiliare al  presidente  del  consiglio  regionale,  che  lo
trasmette al presidente della regione». Entro sessanta  giorni  dalla
chiusura dell'esercizio, «il presidente della  regione  trasmette  il
rendiconto di ciascun gruppo alla  competente  sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti perche' si pronunci, nel  termine  di
trenta giorni dal ricevimento, sulla  regolarita'  dello  stesso  con
apposita delibera, che e' trasmessa al presidente della  regione  per
il successivo inoltro al presidente del consiglio regionale,  che  ne
cura la pubblicazione». In caso «di mancata pronuncia nei  successivi
trenta  giorni,  il  rendiconto  di  esercizio  si  intende  comunque
approvato». 
    In base al comma 11, «qualora la competente sezione regionale  di
controllo della Corte  dei  conti  riscontri  che  il  rendiconto  di
esercizio del gruppo  consiliare  o  la  documentazione  trasmessa  a
corredo dello stesso non sia conforme alle prescrizioni  stabilite  a
norma del presente  articolo,  trasmette,  entro  trenta  giorni  dal
ricevimento  del  rendiconto,  al  presidente   della   regione   una
comunicazione affinche' si provveda alla  relativa  regolarizzazione,
fissando un termine non superiore a trenta giorni». La  comunicazione
«e' trasmessa al presidente del consiglio regionale per i  successivi
adempimenti da parte del gruppo consiliare interessato e sospende  il
decorso del termine per la pronuncia della sezione». Nel caso «in cui
il  gruppo  non  provveda  alla  regolarizzazione  entro  il  termine
fissato, decade, per l'anno in corso, dal diritto  all'erogazione  di
risorse da parte del consiglio regionale». Tale  decadenza  «comporta
l'obbligo di restituire le somme ricevute a carico del  bilancio  del
consiglio regionale e non rendicontate». 
    Infine, il comma 12 stabilisce che «la decadenza e  l'obbligo  di
restituzione di cui al comma 11 conseguono alla mancata  trasmissione
del rendiconto entro il termine individuato ai sensi  del  comma  10,
ovvero alla delibera di non regolarita' del rendiconto da parte della
sezione regionale di controllo della Corte dei conti». 
    Le norme sopra riferite  prevedono,  dunque,  l'approvazione  del
rendiconto da parte dei  gruppi  consiliari,  regolano  in  parte  il
contenuto di esso e in parte affidano il compito di disciplinarlo  ad
un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, stabiliscono un
controllo della Corte  dei  conti  su  di  esso  che  non  ha  natura
collaborativa  ma  puo'  avere  effetti   coercitivi   (obblighi   di
regolarizzazione) ed implicare pesanti sanzioni, che possono impedire
l'attivita'  di  organismi  essenziali  per  il   funzionamento   del
Consiglio. 
    Tali norme sono lesive nella misura in cui l'adeguamento ad  esse
sia ritenuto obbligatorio ai sensi  dell'art.  1,  co.  16,  o  nella
denegata ipotesi in cui siano  ritenute  direttamente  applicabili  a
questa Regione. 
    Esse sono illegittime in quanto violano l'autonomia del Consiglio
regionale  (artt.  16,  18  e  21  dello  Statuto),  in   particolare
l'autonomia contabile (v. sent.  n.  143/1968  di  codesta  Corte)  e
regolamentare, dato  che  il  Consiglio  ha  un  proprio  regolamento
interno (previsto dall'art. 21 dello  Statuto)  al  quale  spetta  di
disciplinare i gruppi consiliari ed il  bilancio  (infatti  i  gruppi
sono previsti dal regolamento, non dallo  Statuto).  L'autonomia  del
Consiglio  risulta  anche  dall'art.  5  della  legge  statutaria  n.
17/2007, che, essendo stata approvata ai  sensi  dell'art.  12  dello
Statuto, gode di  una  competenza  riservata  nella  quale  non  puo'
interferire il legislatore  statale.  L'art.  5  legge  regionale  n.
17/2007 dispone che «il Consiglio regionale ha autonomia di bilancio,
contabile,  funzionale  e  organizzativa»  e  che   «il   regolamento
contabile del Consiglio e' approvato dall'Ufficio di  Presidenza  del
Consiglio  regionale,  nel  rispetto  dei  principi  delle  leggi  di
contabilita' della Regione». Infatti, l'attuale  regolamento  interno
del Consiglio regionale si occupa nel bilancio all'art. 198, dettando
una disciplina di base e rinviando per il resto ad un regolamento  di
contabilita'  approvato  dall'Ufficio  di  presidenza  del  Consiglio
stesso. 
    E' anche da ricordare che la legge  regionale  n.  52/1980,  come
modificata dalla legge regionale n. 21/2012,  prevede,  all'art.  15,
che «ciascun gruppo consiliare presenta  annualmente  all'Ufficio  di
Presidenza  del  Consiglio  regionale  una   relazione   illustrativa
sull'impiego dei contributi» e che «le spese  effettuate  dai  gruppi
consiliari  con  i  fondi  erogati  dal  Consiglio   regionale   sono
sottoposte al controllo da parte di un Collegio di tre  revisori  dei
conti,  iscritti  nel  registro  dei  revisori  contabili,   nominato
dall'Ufficio  di  Presidenza  all'inizio  di  ogni  legislatura».  Il
Collegio dei revisori «e' composto da  tre  membri  effettivi  e  due
supplenti, resta  in  carica  per  la  durata  della  legislatura  e,
comunque, fino  alla  nomina  del  nuovo».  L'Ufficio  di  Presidenza
«disciplina i termini e le modalita' per  l'attuazione  del  presente
articolo». 
    In  particolare,  poi,  il  comma  9   e'   illegittimo   perche'
attribuisce  un  potere  sostanzialmente  normativo  alla  Conferenza
Stato-regioni (alla quale, tra l'altro, i  consigli  sono  totalmente
estranei) e al Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Anche ove, in denegata  ipotesi,  lo  Stato  fosse  competente  a
regolare il bilancio dei gruppi consiliari, esso dovrebbe  provvedere
a cio' con legge e non rinviando alla Conferenza Stato-Regioni  e  ad
un anomalo decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la
deliberazione delle «linee guida» relative al bilancio: il  comma  9,
dunque, viola anche l'art. 117, co. 6, Cost., dal  quale  risulta  il
divieto di fonti secondarie statali nelle materie regionali. 
    I commi 10 e 11 definiscono anche le funzioni dei singoli  organi
regionali (Presidente del Consiglio e Presidente della Giunta), cosi'
violando l'autonomia organizzativa regionale, prevista, in  relazione
agli organi politici, dall'art. 12 dello Statuto,  che  rimette  alla
«legge statutaria» la disciplina dei rapporti tra  gli  organi  della
Regione. 
    Infine,  i  commi  11  e  12  sono  illegittimi  qualora  vengano
interpretati nel senso che non sia  prevista  tutela  giurisdizionale
contro l'accertamento di irregolarita' (co. 11) e la delibera di  non
regolarita' (co. 12), per violazione degli artt. 24 e 113 Cost.,  che
si traduce in lesione  dell'autonomia  del  Consiglio  e  dei  gruppi
consiliari in particolare. 
    Il comma 16, come  visto,  dispone  che  «le  regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento e di  Bolzano  adeguano  il
proprio ordinamento alle disposizioni del presente articolo entro  un
anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto». 
    Ad  avviso  della  ricorrente  Regione,  tale   disposizione   e'
illegittima sotto diversi profili. 
    In primo luogo, essa e' illegittima nella parte in cui prevede un
obbligo di adeguamento ad  una  forma  di  controllo  repressivo  non
previsto ne' dallo Statuto ne' dalle norme di attuazione. Come  sopra
esposto,  infatti,  l'art.  1  decreto-legge  n.  174/2012  non  solo
introduce un controllo di regolarita' finanziaria diverso  da  quello
di gestione in senso stretto previsto dalle norme di  attuazione,  ma
addirittura   fa   derivare   dal   nuovo   controllo   obblighi   di
regolarizzazione e sanzioni (v. i commi 7, 11 e 12). 
    In altre parole, l'art. 1 del decreto-legge n. 174 istituisce  un
controllo  che  non  ha  affatto  carattere  collaborativo,  non   e'
finalizzato a portare  determinate  situazioni  nella  consapevolezza
della Regione, affinche' questa istituisca i rimedi che autonomamente
individua, ma e' un controllo  dal  cui  esercizio  derivano  effetti
giuridici vincolanti e, in ipotesi di non attuazione delle correzioni
cosi' divenute obbligatorie, specifiche misure sanzionatorie. 
    In altre e sintetiche parole, e' un controllo  dal  quale  deriva
una precisa limitazione giuridica dell'autonomia costituzionale della
Regione, e che esprime un potere di supremazia dello Stato. 
    Sembra  evidente  che  un  simile  controllo  non   puo'   essere
introdotto senza un preciso fondamento  nello  Statuto  o  nelle  sue
norme di attuazione, emanate secondo l'apposito procedimento. 
    Essendo il nuovo controllo del  tutto  privo  di  quel  carattere
collaborativo che la  Corte  ha  talora  sottolineato  nella  propria
giurisprudenza, per far salvi determinati controlli sulle  Regioni  o
sugli enti locali, risulta evidente  l'illegittimita'  costituzionale
della  sua  introduzione,  ed  allo  stesso  modo  della  statuizione
dell'obbligo  della  Regione  di  adeguare   ad   esso   il   proprio
ordinamento. 
    In subordine, la disposizione impugnata e' illegittima  e  lesiva
delle prerogative costituzionali della Regione  non  solo  in  quanto
stabilisce l'obbligo di adeguamento, ma anche in quanto  -  ove  pure
l'adeguamento  fosse  dovuto  -  non  dispone  che  tale  adeguamento
dell'ordinamento regionale avvenga con le modalita' prescritte  dallo
Statuto speciale, cioe' tramite le  norme  di  attuazione  o  con  le
procedure prescritte per le modifiche dello Statuto. 
    Come visto,  il  decreto  legislativo  n.  125/2003,  dunque,  ha
dettato un'organica disciplina dei controlli che la Corte  dei  conti
puo' svolgere nei  confronti  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.
L'integrazione di tale disciplina non puo' avvenire che con ulteriori
norme di attuazione, emanate con l'apposita procedura in  commissione
paritetica, e non unilateralmente, ad opera del legislatore statale. 
    Infatti,  le  norme  di  attuazione  sono  una  fonte  dotata  di
competenza separata e riservata rispetto alle  altre  fonti  primarie
statali, per cui ad esse non si puo' derogare con atti aventi  valore
di legge ordinaria (v., ad es., sentt. 341/2009,  51/2006,  341/2001,
237/1983, 180/1980). 
    Dunque,  le  forme   di   controllo   contemplate   dall'art.   1
decreto-legge n. 174/2012, se pure fossero ammesse dallo  Statuto  (e
dalla Costituzione) potrebbero essere introdotte solo modificando  le
norme di attuazione. 
    Inoltre, se pure rinviasse alle norme di  attuazione,  l'art.  1,
co. 16, sarebbe illegittimo in quanto rivolto  a  vincolarle  sia  in
termini di contenuto sostanziale (cioe' l'adeguamento di  cui  si  e'
detto),  sia  in  quanto  pone  anche  un  termine  che  risulterebbe
illegittimo, dato che le procedure di concertazione che portano  alle
norme di attuazione non possono essere sottoposte ad un  termine  dal
legislatore ordinario. 
    Ad avviso della ricorrente  Regione  e'  pacifico  che  le  norme
dell'art. 1 decreto-legge  n.  174/2012  riguardano  la  materia  dei
rapporti Stato-Regione e, in particolare, la materia dei controlli, e
dunque il livello fondamentale di autonomia ad esse riconosciuto. 
    In  particolare,  percio',  e'  da  escludere  che  l'ambito   di
intervento  possa  essere  ricondotto  ad  un   concetto   ampio   di
coordinamento della finanza pubblica: sembra evidente,  infatti,  che
tale coordinamento (il quale, si ricordi, in relazione alle autonomie
speciali si configura come  un  compito  statale  da  attivare  nelle
materie di competenza regionale attraverso i meccanismi  interni  del
riparto di competenza in tali materie, e non come un separato  ambito
materiale di competenza  attribuito  allo  Stato)  si  deve  svolgere
all'interno dei dati istituzionali di base,  cosi'  come  configurati
dallo Statuto e dalle norme di attuazione. 
    In ogni  modo,  le  conclusioni  sopra  esposte  non  muterebbero
persino qualora si volesse estendere l'ambito del coordinamento  fino
ad  includervi  l'alterazione  delle  basilari  regole  del  rapporto
intersoggettivo tra Stato e Regione speciale. 
    Infatti  e'  pacifico  che  anche  la  disciplina  dei   rapporti
finanziari tra lo Stato e le Regioni speciali e' tipicamente  oggetto
di norme statutarie o di attuazione statutaria o comunque concertate:
si veda il Titolo IV e l'art. 65, co. 5, dello Statuto  e  l'art.  27
legge n. 42/2009. 
    La giurisprudenza costituzionale ha piu' volte riconosciuto che i
rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali  sono  dominati  dal
principio dell'accordo (v. le sentenze n. 82 del  2007,  n.  353  del
2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010) e,  anche  di
recente, ha ribadito che il coordinamento della finanza pubblica  per
le Regioni speciali e' stato assegnato alla competenza delle norme di
attuazione dall'art. 27, commi 1 e 3, legge n. 42/2009 (v. sentt.  n.
193/2012 e n. 118/2012). In  particolare,  dalla  sent.  n.  193/2012
risulta che l'art. 27 legge n. 42/09 «possiede una  portata  generale
ed esclude - ove non sia espressamente disposto  in  senso  contrario
per casi specifici da  una  norma  successiva  -  che  le  previsioni
finalizzate al  contenimento  della  spesa  pubblica  possano  essere
ritenute applicabili alle Regioni a  statuto  speciale  al  di  fuori
delle particolari procedure  previste  dai  rispettivi  statuti».  La
sent. n. 118/2012 ha confermato che «l'accordo e' lo strumento, ormai
consolidato (in quanto gia' presente nella legge 27 dicembre 1997, n.
449, recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» e
poi  confermato  da  tutte  le  disposizioni  che  si  sono  occupate
successivamente della materia) per  conciliare  e  regolare  in  modo
negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale  alla
manovra  di  finanza  pubblica  e  la  tutela  della  loro  autonomia
finanziaria, costituzionalmente rafforzata». 
    Infine, l'art. 1, co.  16,  e'  ulteriormente  illegittimo  nella
parte in cui prevede l'adeguamento «alle  disposizioni  del  presente
articolo» anziche' ai principi risultanti dall'art.  1  decreto-legge
n. 174/2012. 
    Infatti, persino se i  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla
Regione non fossero considerati materia rientrante  nella  competenza
delle norme di attuazione  ma  fossero  ricondotti  al  coordinamento
della finanza  pubblica  (materia  di  competenza  concorrente),  non
potrebbe ammettersi un  vincolo  della  Regione  alle  «disposizioni»
dell'art. 1. 
    Ne' potrebbe eccepirsi che la Regione non puo' dettare  norme  di
dettaglio in relazione ai  controlli  della  Corte  dei  conti  sulla
stessa Regione: la necessita' di una normativa completa verrebbe solo
a confermare che essa dev'essere  concordata  in  sede  di  norme  di
attuazione, non  potendo  essere  adottata  dal  legislatore  statale
nell'esercizio   della   competenza   concorrente   in   materia   di
coordinamento finanziario. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, co. 1, lett. a), n.
1, e lett. e). 
    L'art. 1-bis, co. 1, lett. a) e  lett  e)  del  decreto-legge  n.
174/2012 modifica l'art. 1 decreto legislativo n. 149/2011,  relativo
alla Relazione di fine legislatura regionale. 
    In  base  all'art.  13  decreto  legislativo  n.  149/2011,   «la
decorrenza e le modalita' di applicazione delle disposizioni  di  cui
al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto
speciale e delle Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  nonche'
nei confronti degli enti locali  ubicati  nelle  medesime  Regioni  a
statuto speciale e Province autonome, sono stabilite, in  conformita'
con i relativi statuti, con le procedure previste dall'art. 27  della
legge 5 maggio 2009,  n.  42,  e  successive  modificazioni».  Pero',
«qualora entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del  presente
decreto legislativo non risultino concluse le  procedure  di  cui  al
primo periodo, sino al completamento  delle  procedure  medesime,  le
disposizioni di cui al presente decreto trovano immediata  e  diretta
applicazione nelle  Regioni  a  statuto  speciale  e  nelle  province
autonome di Trento e di Bolzano». 
    Il fatto che le nuove norme siano state inserite  nel  corpo  del
decreto legislativo n. 149/2011 rende possibile ipotizzare  che  esse
divengano - alla condizione ora detta -  direttamente  applicabili  a
questa Regione, e per questa ipotesi, esse  vengono  qui  contestate,
per le ragioni di seguito esposte. 
    Qualora, invece,  fosse  ritenuta  «prevalente»  la  clausola  di
salvaguardia  di  cui  all'art.  11-bis  decreto-legge  n.   174/2012
(secondo cui «le regioni a statuto speciale e le province autonome di
Trento e di Bolzano  attuano  le  disposizioni  di  cui  al  presente
decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di  autonomia  e
dalle relative norme di attuazione»), la censura non avrebbe  ragione
di essere. 
    L'art. 1-bis, co. 1, lett. a), n. 1 modifica  nel  modo  seguente
l'art. 1, co. 2, decreto legislativo n. 149/2011:  «La  relazione  di
fine legislatura, redatta  dal  servizio  bilancio  e  finanze  della
regione e dall'organo di vertice dell'amministrazione  regionale,  e'
sottoscritta dal Presidente  della  Giunta  regionale  non  oltre  il
novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della  legislatura
[...]». 
    La nuova norma introduce la prescrizione che la relazione di fine
legislatura sia  redatta  «dal  servizio  bilancio  e  finanze  della
regione e dall'organo di vertice dell'amministrazione regionale»:  in
tal modo, la norma impugnata  lede  l'autonomia  organizzativa  della
Regione, in quanto la legge statale non puo' individuare direttamente
l'organo regionale competente a svolgere una certa funzione,  perche'
il riparto «interno» della competenza fra gli organi regionali spetta
alla Regione stessa, nei  limiti  di  quanto  risulta  dallo  Statuto
speciale. Cio' e' stato ribadito anche di  recente,  dalla  sent.  n.
293/2012: «La Corte ha gia' concluso per  l'illegittimita'  di  norme
statali che provvedevano a indicare specificamente l'organo regionale
titolare della funzione amministrativa, trattandosi di "normativa  di
dettaglio  attinente  all'organizzazione   interna   della   Regione"
(sentenza n. 387 del 2007; inoltre, sentenze n. 22 del 2012 e  n.  95
del 2008)» (v. anche la sent. 407/1989). 
    L'autonomia organizzativa della Regione e' prevista dall'art.  4,
n. 1, dello Statuto speciale, che attribuisce alla  Regione  potesta'
legislativa primaria in materia di «ordinamento degli Uffici e  degli
Enti dipendenti dalla Regione». Peraltro, codesta Corte  ha  ritenuto
che tale materia rientri ora nell'art. 117, co. 4, Cost.,  in  virtu'
della clausola di cui all'art. 10 legge cost. n. 3/2001 (v. le sentt.
95/2008 e 274/2003). 
    In entrambi i casi e'  evidente  l'illegittimita'  delle  dirette
individuazioni statali. 
    L'art. 1-bis, co. 1,  lett.  e)  sostituisce  l'art.  1,  co.  6,
decreto legislativo n. 149/2011,  nel  modo  seguente:  «In  caso  di
mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel
sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine legislatura, al
Presidente della Giunta regionale e, qualora non abbiano  predisposto
la relazione, al responsabile del servizio bilancio e  finanze  della
regione e all'organo di  vertice  dell'amministrazione  regionale  e'
ridotto della meta', con riferimento alle successive tre  mensilita',
rispettivamente,  l'importo  dell'indennita'  di  mandato   e   degli
emolumenti. Il Presidente della regione e', inoltre,  tenuto  a  dare
notizia della mancata pubblicazione della relazione,  motivandone  le
ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente». 
    La disposizione previgente stabiliva  che  «in  caso  di  mancato
adempimento  dell'obbligo  di  redazione  della  relazione  di   fine
legislatura il Presidente della Giunta regionale e'  tenuto  a  darne
notizia, motivandone le ragioni, nella  pagina  principale  del  sito
istituzionale dell'ente». 
    Dunque, il decreto-legge n. 174/2012 ha introdotto  una  sanzione
pecuniaria, a carico di determinati organi regionali, per il caso  di
«mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di  pubblicazione...
della relazione di fine legislatura». 
    Tale   disposizione    presenta    motivi    di    illegittimita'
costituzionale che riguardano le situazioni soggettive  dei  soggetti
interessati, nella completa assenza di una procedura di  accertamento
del  verificarsi  dei  presupposti  della  sanzione,  e  di  verifica
giurisdizionale di tale accertamento, con violazione  degli  articoli
97, 24 e 113  della  Costituzione.  Ma  data  l'interferenza  con  la
funzionalita' degli organi regionali anche la Regione e'  legittimata
a far valere la lesione,  almeno  in  relazione  al  difetto  di  una
procedura contraddittoria di accertamento. 
    Per quanto riguarda gli aspetti piu' propriamente  organizzativi,
la norma riguarda lo status dell'organo regionale di vertice, che  e'
rimesso all'autonomia delle stesse Regioni, nel caso della ricorrente
Regione attraverso la c.d. legge statutaria di cui all'art. 12  dello
Statuto. Le sanzioni statali avverso gli organi regionali di  vertice
sono stabilite dall'art.  22  dello  Statuto.  Ove  potessero  essere
integrate in via attuativi, dovrebbero esserlo con lo strumento delle
norme di  attuazione  previste  dall'art.  65,  e  non  costituiscono
materia di legislazione ordinaria. A cio'  si  aggiunge  che  secondo
l'art. 41 Statuto la disciplina dell'indennita' del Presidente  della
Regione e' rimessa alla legge regionale. 
    Per quanto riguarda  il  responsabile  del  servizio  bilancio  e
finanze   della   regione,   la   materia   di   riferimento   appare
l'«organizzazione interna», materia di potesta' regionale piena. 
    La disposizione impugnata e' affetta in primo luogo dallo  stesso
vizio  lamentato  in  relazione  alla  lett.  a),  dal  momento   che
l'imputazione  di  una   responsabilita'   presuppone   evidentemente
l'individuazione dell'organo responsabile, il  che  non  spetta  allo
Stato per le ragioni sopra  esposte  e  piu'  volte  riconosciute  da
codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
    Quanto sopra esposto rende evidente che lo Stato  non  puo',  con
norma  direttamente  operativa,   intromettersi   nell'organizzazione
costituzionale e nell'organizzazione amministrativa della Regione. 
    Se pure  si  ritenesse  che  le  disposizioni  impugnate  abbiano
finalita' di «coordinamento della finanza pubblica», sembra  evidente
che la legislazione statale dovrebbe esprimersi mediante la posizione
di un principio fondamentale, che le Regioni dovrebbero poi attuare e
sviluppare  mediante  la  propria  autonomia   legislativa,   e   non
attraverso una disposizione dettagliata ed  immediatamente  operante:
cio' sia per  il  carattere  concorrente  della  competenza  statale,
limitata dunque ai  principi  fondamentali,  sia  per  l'interferenza
nell'organizzazione propria della Regione. 
    Da cio' deriva la violazione dell'art. 4, n. 1,  e  dell'art.  12
dello Statuto, nonche' dell'autonomia finanziaria della Regione, come
configurata dal Titolo IV dello Statuto (v.  soprattutto  l'art.  48:
«La Regione ha una  propria  finanza,  coordinata  con  quella  dello
Stato, in armonia con i principi della  solidarieta'  nazionale,  nei
modi stabiliti dagli  articoli  seguenti»);  inoltre,  qualora  siano
ritenuti - in relazione ai rispettivi ambiti  -  piu'  favorevoli  ex
art. 10 legge cost. n. 3/2001, si deduce qui la violazione  dell'art.
117, co. 3 e 4, Cost., nella parte in cui attribuiscono alla  Regione
competenza  concorrente  e  piena  in  materia,  rispettivamente,  di
coordinamento della finanza pubblica e di organizzazione regionale. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, comma 4. 
    L'art. 1-bis, co. 4, decreto-legge n. 174/2012 modifica l'art.  5
decreto legislativo n. 149/2011  nel  modo  seguente:  "Il  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  -  Dipartimento  della   Ragioneria
generale dello Stato puo' attivare verifiche sulla regolarita'  della
gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'art.  14,  comma  1,
lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, anche nei confronti
delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, oltre
che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un  ente  evidenzi
situazioni  di  squilibrio   finanziario   riferibili   ai   seguenti
indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;  b)
disequilibrio consolidato  della  parte  corrente  del  bilancio;  c)
anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi;  c-bis)
aumento non giustificato delle spese in favore dei gruppi  consiliari
e degli organi istituzionali. Le verifiche  di  cui  all'alinea  sono
attivate  anche  attraverso  le  rilevazioni  SIOPE,  rispetto   agli
indicatori di cui alle lettere a), b) e  c),  e  le  rilevazioni  del
Ministero dell'interno, per gli enti locali, e del  Dipartimento  per
gli' affari regionali, il turismo e lo  sport  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri, per le regioni  e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, rispetto  all'indicatore  di  cui  alla  lettera
c-bis). 1-bis. Qualora siano evidenziati squilibri finanziari,  anche
attraverso le rilevazioni SIOPE, rispetto agli indicatori di  cui  al
comma 1, lettere  a),  b)  e  c),  e  le  rilevazioni  del  Ministero
dell'interno, per gli enti locali, e del Dipartimento per gli  affari
regionali, il turismo e lo  sport,  per  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, rispetto all'indicatore  di  cui  al
comma l, lettera c-bis), il Ministero dell'economia e delle finanze -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ne  da'  immediata
comunicazione alla sezione regionale di  controllo  della  Corte  dei
conti competente per territorio». 
    Conviene ricordare che il SIOPE e' il Sistema  informativo  sulle
operazioni degli enti pubblici, che  e'  un  sistema  di  rilevazione
telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri  di
tutte le amministrazioni pubbliche; esso nasce  dalla  collaborazione
tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e 1' ISTAT,
in  attuazione  dall'art.  28  della  legge  n.   289/2002,   ed   e'
disciplinato dall'art. 14, commi 6-11, della legge n. 196 del 2009. 
    Dunque, l'art. 1-bis decreto-legge n. 174/2012 rende  applicabili
anche nei  confronti  delle  Regioni  a  statuto  speciale  verifiche
ministeriali      «sulla       regolarita'       della       gestione
amministrativo-contabile, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera d),
della legge 31 dicembre 2009, n. 196». 
    Quest'ultima disposizione stabilisce quanto segue: «in  relazione
alle esigenze di controllo e di monitoraggio  degli  andamenti  della
finanza pubblica,  utilizzando  anche  i  dati  di  cui  al  comma  1
dell'art.  13,  il  Ministero  dell'economia  e   delle   finanze   -
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a:...  d)
effettuare,  tramite  i  servizi  ispettivi  di   finanza   pubblica,
verifiche sulla regolarita' della  gestione  amministrativo-contabile
delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano. I referti delle  verifiche,
ancorche'  effettuate  su  richiesta  delle   amministrazioni,   sono
documenti accessibili nei limiti e con le  modalita'  previsti  dalla
legge 7 agosto 1990, n. 241. In ogni caso, per gli enti  territoriali
i predetti servizi effettuano verifiche volte  a  rilevare  eventuali
scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e procedono  altresi'
alle verifiche richieste  dal  Ministro  competente  all'avvio  della
procedura di cui all'art. 8 della legge 5  giugno  2003,  n.  131.  I
referti delle verifiche di cui al terzo  periodo  sono  inviati  alla
Conferenza permanente per il  coordinamento  della  finanza  pubblica
affinche' possa valutare l'opportunita' di attivare  il  procedimento
denominato  «Piano  per   il   conseguimento   degli   obiettivi   di
convergenza» di cui all'art. 18 della legge 5  maggio  2009,  n.  42,
come modificato dall'art. 51, comma 3, della presente legge». 
    Si pone in  primo  luogo  un  problema  interpretativo.  Infatti,
l'art. 14, co. 1, lett. d) legge n. 196/2009, richiamato dalla  nuova
disposizione, prevede «verifiche  sulla  regolarita'  della  gestione
amministrativo-contabile   delle   amministrazioni   pubbliche,    ad
eccezione delle regioni e delle province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano». 
    In questi termini, dopo la modifica  apportata  dall'art.  1-bis,
co. 4, la situazione  normativa  risultante  appare  contraddittoria:
infatti, l'art. 5, co. 1, decreto legislativo n. 149/2011 prevede ora
verifiche «ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31
dicembre 2009, n. 196, anche nei  confronti  delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento e di Bolzano», ma l'art. 14, co. 1, lett.
d) legge n. 196/2009 - che e' richiamato come  tale,  non  modificato
ne' abrogato -  prevede,  come  detto,  che  tali  verifiche  non  si
svolgano in relazione alle  regioni  e  delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano. Dunque, la  normativa  statale  e'  internamente
contraddittoria  ed  irrazionale,  con   conseguente   illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 3 Cost. E' da  ricordare  che
le Regioni sono legittimate ad invocare anche i parametri estranei al
Titolo V, quando le norme statali che li violano attengono a  materie
regionali, cosi' condizionando in  modo  illegittimo  lo  svolgimento
dell'autonomia  regionale  (v.,  da  ultimo,  le   sentt.   311/2012,
200/2012, 199/2012, 80/2012,  22/2012).  Nel  presente  caso,  l'art.
1-bis, co. 4, attiene all'organizzazione regionale  o,  comunque,  ai
rapporti Stato-Regione o al coordinamento della finanza pubblica:  in
tutti i  casi,  e'  chiaro  che  si  tratta  di  norme  che  incidono
direttamente sull'autonomia regionale. 
    A parte la  contraddittorieta',  l'art.  1-bis,  co.  4,  risulta
comunque illegittimo. 
    Infatti, esso introduce, al di fuori  di  quanto  previsto  dallo
Statuto e dalle norme di attuazione, un ulteriore controllo da  parte
del     Governo      sulla      «regolarita'      della      gestione
amministrativo-contabile»  delle  Regioni,  un  controllo  che   puo'
condurre all'attivazione  di  specifici  procedimenti,  quale  quello
previsto dall'art. 18 della legge n. 42 del 2009: esso, pertanto,  e'
illegittimo per le ragioni gia' esposte nel punto 1, con l'aggravante
che, in questo caso, il controllo e' svolto dal Ministero e non da un
organo imparziale quale la Corte dei conti. E' anche da  sottolineare
che altre possibili conseguenze del  controllo  restano  incerte,  in
quanto il nuovo art. 5, co. 1-bis, decreto  legislativo  n.  149/2011
non precisa a che fini il Ministero dell'economia e delle  finanze  -
Dipartimento della Ragioneria  generale  dello  Stato  comunica  alla
sezione regionale di controllo della Corte dei  conti  gli  squilibri
finanziari eventualmente accertati. 
    Si noti che la consapevolezza dell'autonomia costituzionale delle
regioni e delle Province autonome era esattamente la ragione  per  la
quale l'art. 14, co. 1, lett. d) legge n.  196/2009  aveva  stabilito
l'inapplicabilita'  ad  esse  dei  controlli  in  questione.  Non  si
trattava - allora - di una mera scelta di politica legislativa, ma di
rispetto della Costituzione; e non si tratta ora di un  mutamento  di
politica legislativa, ma della  violazione  della  Costituzione,  che
allora era stata rispettata. 
    Che si tratti di materia di  competenza  regionale  non  si  puo'
dubitare, in base all'art. 4, n. 1, Statuto. Tale competenza e' stata
esercitata da ultimo con la Legge regionale 8  agosto  2007,  n.  21,
Norme in materia di  programmazione  finanziaria  e  di  contabilita'
regionale,  che  disciplina  anche  il   controllo   di   regolarita'
contabile. 
    L'art. 1-bis, co. 4, dunque, viene ora anche ad  interferire  con
il  sistema  autonomo  delle  regole  contabili  di  questa  Regione,
violando l'art. 4, n. 1, dello Statuto (o l'art. 117, co.  4,  Cost.,
se ritenuto piu' favorevole). 
4) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 4. 
    L'art. 2 decreto-legge n. 174/2012 e'  rubricato  «Riduzione  dei
costi della politica nelle regioni». 
    Alla presente impugnazione sembra  opportuno  premettere  che  la
Regione Friuli-Venezia Giulia certo non  disconosce  la  esigenza  di
ridurre i «costi della politica», ma al  contrario  e'  di  una  tale
riduzione attrice convinta, tanto che lo scorso 22 gennaio la  Camera
dei Deputati ha approvato in  via  definitiva  un  disegno  di  legge
costituzionale di iniziativa del  Consiglio  regionale,  mediante  il
quale lo Statuto speciale viene modificato, riducendo il  numero  dei
consiglieri (v. Atto Camera n. 5148-B). Inoltre, con la recente legge
regionale 29 ottobre  2012,  n.  21  si  sono  ridotte  le  spese  di
funzionamento dei gruppi consiliari,  e'  stato  previsto  che  siano
assoggettate al controllo di un collegio di revisori dei conti, e che
se ne dia pubblicita' nel sito istituzionale del Consiglio regionale. 
    Se dunque essa contesta - in quanto fossero ad essa applicabili -
le disposizioni dell'art. 2, cio' non e' per perseguire un  indirizzo
diverso, ma perche' ritiene che anche l'indirizzo piu'  condivisibile
nel merito vada perseguito, da parte dello Stato, senza alterare  gli
equilibri che nella Costituzione regolano i compiti, i  poteri  e  le
liberta' rispettive dello Stato e delle  comunita'  locali,  e  delle
Regioni in particolare. 
    Cio' premesso, l'art. 2 stabilisce al comma 1 che  «ai  fini  del
coordinamento della finanza pubblica  e  per  il  contenimento  della
spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all'80 per  cento
dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da  quelli
destinati al finanziamento del  Servizio  sanitario  nazionale  e  al
trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione  che  la  regione,
con le modalita'  previste  dal  proprio  ordinamento,  entro  il  23
dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in  vigore
della legge di  conversione  del  presente  decreto  qualora  occorra
procedere a modifiche statutarie», abbia adottato una  nutrita  serie
di provvedimenti, indicati nelle lettere che seguono  e  concernenti,
riassuntivamente: 
        a) la riduzione del numero dei consiglieri e degli  assessori
regionali entro il massimo stabilito dallo Stato, la correlazione fra
trattamento economico dei consiglieri e partecipazione ai lavori  del
Consiglio nonche' la istituzione del collegio dei revisori dei conti; 
        b) il contenimento delle indennita' dei consiglieri  e  degli
assessori regionali entro «l'importo riconosciuto dalla regione  piu'
virtuosa»; 
    c) il contenimento entro lo stesso importo dell'assegno  di  fine
mandato dei consiglieri; 
    d) il divieto di cumulo di emolumenti derivanti dalle cariche  di
Presidente della Regione, di presidente del consiglio  regionale,  di
assessore o di consigliere; 
    e) la gratuita' della partecipazione dei  consiglieri  ai  lavori
delle commissioni permanenti e speciali; 
    f) la pubblicita' e la trasparenza dello stato  patrimoniale  dei
titolari di cariche pubbliche elettive e di governo; 
    g)  la  utilizzazione  dei   contributi   regionali   ai   gruppi
consiliari,  il  cui  ammontare  e'  da  contenere  entro  la   meta'
dell'importo riconosciuto dalla «regione piu' virtuosa»; 
    h) le spese per il personale dei gruppi; 
    i) la «riduzione dei costi degli apparati amministrativi» (art. 6
decreto-legge n. 78/2010), stringenti limitazioni alle assunzioni  di
personale pubblico in generale (art. 9, comma  28,  decreto-legge  n.
78/2010), la riduzione degli organi collegiali degli enti e organismi
strumentali  (art.  22,  commi  2-4,  decreto-legge   n.   201/2011),
limitazioni ai compensi di amministratori e  dipendenti  di  societa'
pubbliche (23-bis, commi 5-bis e 5-ter, decreto-legge  n.  201/2011),
«il trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva  a
carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni  nell'ambito
di  rapporti  di  lavoro  dipendente   o   autonomo   con   pubbliche
amministrazioni statali» (art. 23-ter decreto-legge n. 201/2012);  la
rinegoziazione dei contratti di locazione passiva (art. 3,  commi  4,
5, 6, decreto-legge n. 95/2012), il rapporto tra numero di dipendenti
pubblici e  superficie  dei  locali  utilizzati  (art.  3,  comma  9,
decreto-legge n. 95/2012), lo scioglimento delle societa' strumentali
(art. 4 decreto-legge n. 95/2012), la «riduzione  delle  spese  delle
pubbliche amministrazioni» (art.  5  decreto-legge  n.  95/2012),  la
riduzione degli oneri finanziari in misura non inferiore  al  20  per
cento relativi a enti, agenzie e organismi comunque denominati  e  di
qualsiasi natura giuridica che esercitano, anche in via  strumentale,
funzioni fondamentali di cui all'art. 117, comma secondo,  lett.  p),
Cost. o funzioni  amministrative  spettanti  a  comuni,  province,  e
citta' metropolitane ai sensi dell'art. 118 Cost. (art. 9,  comma  1,
decreto-legge n. 95/2012); 
    l) un sistema informativo con dati relativi al finanziamento  dei
gruppi politici; 
    m) il passaggio  al  sistema  previdenziale  contributivo  per  i
consiglieri regionali (nell'immediato, e in attesa della riforma  del
sistema, l'art. 2, comma 1, prevede che i trattamenti pensionistici o
vitalizi del Presidente della regione, di consigliere o di  assessore
possano essere corrisposti sono a chi ha compiuto sessantasei anni di
eta' e ha ricoperto la carica per un periodo non  inferiore  a  dieci
anni); 
    n) la esclusione dai vitalizi di chi e' stato condannato  in  via
definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione. 
    Il comma 2 dello stesso art. 2 aggiunge che  «ferme  restando  le
riduzioni di cui al comma 1, alinea, in caso di  mancato  adeguamento
alle disposizioni di cui al comma 1 entro i termini ivi  previsti,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della
regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente  alla
meta'  delle  somme  da  essa  destinate  per  l'esercizio  2013   al
trattamento economico complessivo spettante ai membri  del  consiglio
regionale e ai membri della giunta regionale». 
    Considerati nel loro tenore letterale, i commi 1 e 2 non appaiono
stabilire un vero obbligo in capo  alle  Regioni,  ma  «soltanto»  un
onere,  una  «condizione»  da  osservare  al  fine  di   ottenere   i
trasferimenti erariali nella misura intera. 
    In realta', pero', si deve parlare non di un onere, ma di un vero
e proprio  obbligo.  Che  la  realizzazione  delle  «condizioni»  sia
obbligatoria risulta infatti senza equivoci dal successivo comma 5, a
tenore del quale «qualora le regioni non adeguino i loro  ordinamenti
entro i termini di cui al comma 1 ovvero entro quelli di cui al comma
3, alla regione inadempiente e' assegnato, ai sensi dell'art. 8 della
legge 5 giugno 2003,  n.  131,  il  termine  di  novanta  giorni  per
provvedervi.  Il  mancato  rispetto  di  tale  ulteriore  termine  e'
considerato grave violazione di legge ai sensi dell'art.  126,  primo
comma, della Costituzione»: violazione  di  legge  che  conduce  allo
scioglimento sanzionatorio del Consiglio regionale. 
    Ne risulta che al mancato adeguamento (di cio' si tratta piu' che
di reale violazione) ai vincoli di cui al comma 1 conseguono  sia  le
sanzioni economiche di cui ai commi l e 2, sia la sanzione «organica»
di cui al comma 5. 
    Il comma 1 dell'art. 2 decreto-legge n. 174/2012, coordinato  con
i commi 2 e 5, pone dunque obblighi a carico delle Regioni: si tratta
di obblighi eterogenei, dei quali peraltro solo alcuni possono essere
ragionevolmente   ricondotti   ai   «costi   della    politica»;    e
l'inadempimento anche di  uno  solo  di  tali  obblighi  implica  due
«sanzioni» di tipo finanziario, la seconda delle quali e' commisurata
ad una specifica voce di spesa regionale, e la sanzione  organica  di
cui si e' detto. 
    Non puo' sfuggire la gravita' di tali disposizioni. Da una parte,
eccettuati i  fondi  relativi  alle  spese  per  due  grandi  servizi
pubblici (il  servizio  sanitario  ed  i  servizi  di  trasporto)  il
finanziamento delle Regioni verrebbe ridotto ad un  livello  tale  da
rendere chiaramente impossibile l'esercizio delle  proprie  funzioni:
non potendosi pensare di provvedervi con meno del 20% di  quello  che
oggi richiedono. Dall'altra, lo  scioglimento  degli  organi  lede  -
oltre alle situazioni soggettive dei titolari,  che  non  vengono  in
rilievo nel presente giudizio - sia obbiettivamente l'interesse della
Regione  alla  continuita'  della  propria  azione  e  della  propria
organizzazione. 
    La Regione Friuli-Venezia  Giulia  ritiene  che  l'art.  2  possa
essere interpretato nel senso che  i  commi  1  e  2  non  riguardino
direttamente le Autonomie speciali. 
    Infatti, il comma 4 stabilisce che «le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad  adeguare
i propri ordinamenti a quanto previsto dal  comma  1  compatibilmente
con i propri  statuti  di  autonomia  e  con  le  relative  norme  di
attuazione» (enfasi  aggiunta).  La  disposizione  e'  da  intendere,
secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, nel duplice
senso che le  misure  e  i  provvedimenti  considerati  dal  comma  1
vincolano la Regione se  e  nella  misura  in  cui  siano  nella  sua
«disponibilita'» e non contrastino con lo Statuto speciale e  con  la
normativa di  attuazione,  e  che  alla  Regione  speciale  non  sono
applicabili le «sanzioni» della riduzione dei trasferimenti  erariali
(ne' quella prevista dal comma 1, ne' quella stabilita dal comma 2). 
    Il comma 5, poi,  qualificando  sempre  lo  stesso  inadempimento
regionale quale grave violazione di legge «ai  sensi  dell'art.  126,
primo comma, della Costituzione» richiama la norma che  vale  per  le
sole Regioni ordinarie, mentre  la  materia,  per  il  Friuli-Venezia
Giulia, e' regolata dall'art. 22 Statuto. 
    Infine - ma non  si  tratta  certo  dell'argomento  minore  -  la
finanza della  Regioni  speciali,  ed  in  particolare  quella  della
Regione Friuli-Venezia Giulia, non si basa  su  un  sistema  di  meri
«trasferimenti erariali», ma si basa sulla  spettanza  costituzionale
di una percentuale di tributi, precisati dall'art. 49  dello  Statuto
(tra i quali, come ben noto, dei sei decimi del gettito  dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche, dei quattro  decimi  e  mezzo  del
gettito dell'imposta sul reddito delle  persone  giuridiche  e  degli
otto decimi del gettito dell'imposta  sul  valore  aggiunto).  Sembra
dunque  evidente  che  il  riferimento  dell'art.  2,  comma  1,   ai
trasferimenti erariali e' rivolto al tipico sistema di  finanziamento
proprio delle Regioni a statuto ordinario. 
    La  presente  impugnazione  viene  dunque  proposta  -  data   la
rilevanza anche  finanziaria  della  questione,  per  una  necessaria
cautela tuzioristica della Regione nel proteggere gli  interessi  che
fanno da ultimo capo alla propria comunita'. La clausola di  salvezza
si riferisce, letteralmente, al solo comma 1, e non anche al comma 2,
che  pure  prevede  una  distinta  ed  aggiuntiva  sanzione  per   la
violazione degli stessi obblighi elencati al comma 1; la  statuizione
del dovere di adeguamento, sia pure compatibilmente, rimane  ambiguo.
D'altro lato, il comma 2, al quale testualmente non fa riferimento la
clausola di salvaguardia,  afferma  che  rimangono  «ferme  [...]  le
riduzioni di cui al comma 1, alinea». Ora, per l'ipotesi che da  tali
difetti redazionali si volesse  dedurre  una  possibile  applicazione
delle disposizioni indicate alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  e'
prospettata in via subordinata la presente impugnazione.  Non  vi  e'
dubbio, infatti, che l'intero meccanismo di cui all'art. 2, commi  1,
2, sarebbe costituzionalmente illegittimo, ove applicato ad essa. 
    La Regione impugna  conseguentemente  l'art.  2,  commi  l  e  2,
decreto-legge  n.  174/2012,  nella  parte  in  cui  stabilissero  la
riduzione  dei  trasferimenti  erariali  anche  nei   confronti   del
Friuli-Venezia Giulia, nonche' il comma 4 dello stesso art. 2,  nella
parte in cui non prevede che anche alle prescrizioni del comma  2  la
Regione e' tenuta ad adeguarsi solo compatibilmente con lo Statuto  e
con le norme di attuazione, e nella parte in cui non prevede  che  ad
essa non si applicano le riduzioni dei trasferimenti erariali. 
    Per l'ipotesi e le parti indicate, i commi 1  e  2  dell'art.  2,
sono incostituzionali per lesione  dell'autonomia  finanziaria  della
Regione e per violazione dell'art. 3 Cost., in quanto irragionevoli. 
    L'art. 48 Statuto  riconosce  che  «la  Regione  ha  una  propria
finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi
della solidarieta' nazionale»; per l'art. 49 «spettano alla  regione»
quote fisse di entrate tributarie erariali riscosse nella Regione;  e
la disponibilita' di adeguate risorse finanziarie e' strumentale  non
solo all'esercizio delle funzioni costituzionali  della  Regione,  ma
anche all'azione delle Province e dei Comuni, ai  quali  la  Regione,
sulla base dell'art. 54 Statuto, assegna quote delle proprie  entrate
per  consentire  loro   il   «raggiungimento   delle   finalita'»   e
l'«esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi». 
    Lo Stato ha competenza in materia di  coordinamento  finanziario,
ma essa deve essere esercitata sia nel rispetto  delle  norme  e  dei
principi  costituzionali  generali,  sia  delle  particolari   regole
dettate per la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.  Tra  queste  ultime
rilevano qui i commi 152 ss. della legge 13  dicembre  2010,  n.  220
(legge di stabilita' 2011), i quali sono stati approvati  sulla  base
di un accordo con la Regione, anche agli effetti dell'art. 63,  comma
5, Statuto, che consente di variare lo Statuto medesimo, per la parte
relativa  all'ordinamento  finanziario,  «con  leggi  ordinarie,   su
proposta di ciascun membro delle Camere, del Governo e della Regione,
e, in ogni caso, sentita la Regione». 
    Con  queste  disposizioni  e'  in  contrasto  la  riduzione   dei
trasferimenti   disposta   dall'impugnato   comma   1   dell'art.   2
decreto-legge n. 174/2012, nonostante  esso  si  autoqualifichi  come
norma dettata «ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per
il contenimento della spesa pubblica». 
    La lesione degli  artt.  48  e  49  Statuto  sarebbe  addirittura
macroscopica, se nei «trasferimenti erariali a favore delle  regioni»
che vengono decurtati dell'80% si dovessero includere le quote  delle
entrate tributarie erariali elencate in  questa  ultima  disposizione
statutaria. Esse sono attribuite alla  Regione  immediatamente  dalla
fonte costituzionale, e lo Stato non ha alcun  titolo  per  disporne,
ne' in base alla Costituzione ne' in base allo Statuto, ne'  in  base
alla  normativa  di  attuazione,  nemmeno  per  finalita'   di   tipo
sanzionatorio. In altri termini, lo  Stato  -  esercitando  i  propri
poteri  legislativi  sulle  diverse  materie  -  potra'   determinare
conseguenze finanziarie di vario genere a carico  della  Regione,  ma
non puo' certo modificare i  meccanismi  di  finanziamento  regionale
statutariamente previsti,  o  imporre  alla  Regione  decurtazioni  o
obblighi di riversamento, o condizionamenti di varia natura. 
    Fondamentale in proposito e' la sentenza n. 74 del 2009,  con  la
quale la Corte ha annullato una disposizione statale la quale fissava
un tetto  fisso  all'ammontare  di  una  quota  di  tributo  erariale
spettante  alla  Regione  sulla  base   dell'art.   49   Statuto,   e
condizionava la attribuzione dei maggiori  introiti  derivanti  dalla
applicazione al gettito del tributo  della  percentuale  indicata  in
Statuto  all'eventuale  trasferimento  alla  Regione   di   ulteriori
funzioni e compiti, che sarebbero quindi risultati finanziati  -  per
unilaterale decisione statale - con i proventi della quota tributaria
erariale (in tema v. anche la sent. n. 133/2010). 
    La sanzione della riduzione dei  trasferimenti  lede  l'autonomia
finanziaria regionale anche se la base di calcolo non comprendesse le
quote di tributi erariali di cui all'art. 49 Statuto. Come ricordato,
rilevano qui le particolari norme della legge n. 220/2010.  Il  comma
152 prevede che «nel rispetto dei principi  indicati  nella  legge  5
maggio 2009, n. 42, a decorrere dall'anno 2011, la  regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia  contribuisce  all'attuazione  del  federalismo
fiscale, nella misura di 370 milioni di euro annui, mediante:  a)  il
pagamento di una somma in favore dello Stato; b) ovvero  la  rinuncia
alle  assegnazioni  statali  derivanti  dalle   leggi   di   settore,
individuate nell'ambito del tavolo di confronto di cui  all'art.  27,
comma 7, della citata legge n. 42 del 2009; c) ovvero  l'attribuzione
di  funzioni  amministrative  attualmente  esercitate  dallo   Stato,
individuate mediante accordo tra il Governo e la regione, con oneri a
carico della regione [...].» 
    La utilizzazione  delle  «assegnazioni  statali  derivanti  dalle
leggi di settore» (pur non determinate in misura fissa dalla legge n.
220) rappresenta una delle modalita' attraverso le quali  la  Regione
concorre al «conseguimento  degli  obiettivi  di  perequazione  e  di
solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti,
nonche' al patto  di  stabilita'  interno  e  all'assolvimento  degli
obblighi  posti  dall'ordinamento   comunitario»;   l'uso   di   tali
assegnazioni a fini di risanamento finanziario nazionale e'  soggetto
ad accordo tra Regione e Governo, ed esse non possono di  conseguenza
essere unilateralmente utilizzate dallo Stato a fini sanzionatori. 
    Le  norme  impugnate  sono  testualmente  dettate  «ai  fini  del
coordinamento della finanza pubblica  e  per  il  contenimento  della
spesa pubblica». Ma il richiamo alla potesta' legislativa statale  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, lungi dall'escludere
la violazione dell'autonomia finanziaria regionale,  fa  emergere  un
ulteriore motivo di incostituzionalita'. 
    Come evidenziato, alla decurtazione va indubbiamente riconosciuto
carattere sanzionatorio, e la giurisprudenza costituzionale  ha  piu'
volte riconosciuto che leggi di coordinamento della finanza  pubblica
possono stabilire sanzioni (in senso lato) a carico  degli  enti  che
non adempiono agli  obblighi  legittimamente  imposti.  Da  un  lato,
pero', tali sanzioni non possono mai porsi in  contrasto  con  quanto
espressamente  risultante  dallo  Statuto  o   dalla   normativa   di
attuazione: come sarebbe se la sanzione  incidesse  sulle  quote  dei
tributi di cui all'art. 49, o sulla  destinazione  dei  finanziamenti
quale risultante dalla legge n. 220/2010. 
    D'altro lato, tra vincoli sostanziali e misure  sanzionatorie  (o
anche  premiali)  deve  sussistere   una   correlazione   diretta   e
ragionevole. La giurisprudenza sul punto e' consolidata (v. ad es. la
sent. 190/2008, punto 6, di annullamento di talune «sanzioni» imposte
alle  Regioni  e  non  coerenti  con  l'obbligo  sostanziale  rimasto
inadempiuto), ed e' stata arricchita anche di recente.  Rilevante  in
proposito e' la sentenza n. 8 del 2013, con  la  quale  la  Corte  ha
ritenuto non incostituzionale la norma secondo cui  l'adeguamento  ai
principi di liberalizzazione delle attivita' economiche, da parte  di
Regioni ed enti locali, costituisce  elemento  di  valutazione  della
«virtuosita'» degli enti stessi, alla quale si connettono conseguenze
di ordine finanziario. La Corte  ha  evidenziato  e  sottolineato  un
collegamento tra «liberalizzazioni» (concetto del quale  peraltro  e'
puntualizzato   il   significato    di    «razionalizzazione    della
regolazione», che «mantenga le normative necessarie a  garantire  che
le dinamiche economiche non si svolgano in contrasto  con  l'utilita'
sociale  e  con  gli  altri   principi   costituzionali»),   crescita
economica, e partecipazione degli enti locali  al  risanamento  delle
finanze pubbliche (punto 5.2); e ha ritenuto non irragionevole che la
Regione  o  l'ente  locale,  il  quale  -   attraverso   il   proprio
comportamento - non concorra allo scopo comune  della  sollecitazione
dell'economia, sia chiamato a sottostare a  piu'  stringenti  vincoli
del patto di  stabilita':  «introdurre  un  regime  finanziario  piu'
favorevole per  le  Regioni  che  sviluppano  adeguate  politiche  di
crescita  economica  costituisce  [...]  una  misura   premiale   non
incoerente rispetto alle politiche economiche che  si  intendono,  in
tal modo, incentivare» (punto 5.3). 
    Nel comma 1 dell'art. 2 decreto-legge n. 174 questa  correlazione
non c'e'. 
    La  riduzione  dei  trasferimenti  e'  connessa  ad   una   serie
assolutamente eterogenea di  misure  sostanziali  (attinenti  ora  al
trattamento economico del personale politico in  senso  stretto,  ora
alla  organizzazione  dei  servizi  degli  organi  di  vertice  della
Regione, ora al personale regionale e agli enti strumentali,  cui  e'
affidata la generalita' dei compiti amministratici, ora agli  edifici
in cui i dipendenti lavorano...); talune delle misure non  hanno  poi
nemmeno un significato finanziario: tale e' il caso delle norme sulla
pubblicita' delle spese dei gruppi  consiliari,  o  della  situazione
patrimoniale dei titolari di cariche elettive e di governo,  o  sulla
esclusione dal vitalizio di chi sia stato condannato per  determinati
reati. 
    La irragionevolezza del taglio del finanziamento risulta anche da
cio', che si tratta di una decurtazione in misura  fissa,  quale  che
sia il numero delle «condizioni» che la Regione non ha realizzato. 
    Il comma 2 dell'art. 2, oltre che tenere ferma la  riduzione  del
comma precedente, prevede che «in caso di  mancato  adeguamento  alle
disposizioni di cui al comma  1  entro  i  termini  ivi  previsti,  a
decorrere dal l° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della
regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente  alla
meta'  delle  somme  da  essa  destinate  per  l'esercizio  2013   al
trattamento economico complessivo spettante ai membri  del  consiglio
regionale e ai membri della giunta regionale». 
    Si evidenzia che il presupposto della sanzione non e' il  mancato
adeguamento  a  quanto  stabilito  dalla  norma  statale   circa   il
trattamento economico complessivo dei consiglieri e degli  assessori;
il presupposto e' il medesimo del comma 1,  fungendo  il  trattamento
economico riconosciuto in concreto dalla  Regione  solo  come  misura
dalla sanzione aggiuntiva. 
    Anche tale misura non ha dunque alcun collegamento con un vincolo
sostanziale, e il comma 2 dell'art.  2,  nella  parte  relativa  alla
previsione della sanzione, si rivela incostituzionale per le medesime
ragioni illustrate con riferimento al comma 1. 
    Come ricordato, l'art. 2, comma 4, stabilisce che «le  regioni  a
statuto speciale e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Balzano
provvedono ad adeguare i propri ordinamenti  a  quanto  previsto  dal
comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia  e  con  le
relative norme di attuazione». 
    La disposizione, se intesa nel senso  di  far  salvi  lo  Statuto
speciale e le norme di attuazione solo agli effetti del  comma  1,  e
non anche del comma 2, e' incostituzionale per  violazione  dell'art.
116 Cost., e dell'art. 65 Statuto. 
    Basti  considerare  che  molte  delle   «condizioni»   prese   in
considerazione dal comma 1, e richiamate dal comma 2, richiedono, per
la loro attuazione, modifiche statutarie. 
    Ad esempio, la  prescrizione  della  lett.  a)  circa  il  numero
massimo di consiglieri regionali  (pari  a  30  per  le  Regioni  con
popolazione fino a due milioni di abitanti, come e' la ricorrente) si
pone in contrasto con l'art. 13, comma 2, Statuto, per cui il «numero
dei consiglieri regionali e'  determinato  in  ragione  di  uno  ogni
20.000 abitanti  o  frazioni  superiori  a  10.000  abitanti»  (e  in
contrasto e' pure con l'art. 13 Statuto, nel testo  risultante  dalla
gia' citata legge costituzionale di riforma approvata il  22  gennaio
2013,  secondo  cui  a  partire  dalle  prossime  imminenti  elezioni
regionali «il numero dei  consiglieri  regionali  e'  determinato  in
ragione di uno ogni 25.000 abitanti o  frazioni  superiori  a  10.000
abitanti»). 
    La norma  sul  numero  degli  assessori  collide  con  l'art.  12
Statuto, il quale rimette ad  una  specifica  fonte  regionale  (c.d.
«legge statutaria»),  approvata  seguendo  un  particolare  iter,  la
determinazione della «forma di  governo»  della  Regione;  e  con  la
riserva dell'art. 12 Statuto contrastano pure le norme  di  cui  alle
lettere f), g), h), l). 
    Quanto alle indennita' spettanti  ai  titolari  e  ai  componenti
degli organi  di  vertice  della  Regione,  rilevano  sia  l'art.  19
Statuto,  per  cui  «al  Presidente  del   Consiglio   regionale   e'
attribuita, con legge regionale,  una  indennita'  di  carica./  Agli
altri  membri  del  Consiglio  regionale  e'  attribuita,  con  legge
regionale,  una  indennita'  di  presenza  per  i  giorni  di  seduta
dell'Assemblea e delle Commissioni», che l'art. 41, il quale  dispone
che «al Presidente della Regione ed agli assessori e' attribuita  con
legge regionale una indennita' di carica». 
    Ora, le modifiche costituzionali non possono certo essere imposte
da una fonte di rango legislativo ordinario. La Corte ha recentemente
stabilito  che  «l'adeguamento  da  parte  delle  Regioni  a  statuto
speciale e delle Province autonome ai parametri di cui  all'art.  14,
comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiede [...] la modifica
di fonti di rango costituzionale. A tali fonti  una  legge  ordinaria
non puo' imporre limiti e condizioni» (sent. n. 198/2012,  punto  5).
Se questo vale nel caso in cui  all'adeguamento  la  legge  ordinaria
colleghi misure premiali, a maggior ragione vale nel caso in  cui  il
mancato adeguamento sia considerato alla stregua di inadempimento  da
sanzionare. 
    Subordinatamente  al  mancato  accoglimento  dell'interpretazione
adeguatrice  sopra  accolta,  l'art.   2,   comma   4,   e'   inoltre
incostituzionale nella parte in cui  non  prevede  che  alla  Regione
Friuli-Venezia Giulia non si applicano le riduzioni dei trasferimenti
erariali. 
    Il taglio dei trasferimenti, in quanto riconducibile  alla  norma
del  comma  4,  si  espone  evidentemente   alle   medesime   censure
argomentate sopra con riferimento ai commi 1 e 2, e in  relazione  ai
medesimi parametri. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. e). 
    L'art. 3 decreto-legge n. 174/2012 modifica numerose disposizioni
del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli  enti  locali,  il
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 
    La lettera e) del primo comma sostituisce l'art. 148  e  aggiunge
l'art. 148-bis: in larga parte i due nuovi articoli hanno ad  oggetto
ulteriori poteri di controllo della Corte dei  conti  sulla  gestione
degli enti locali. Eccentrico rispetto a tali previsioni e' il  comma
2  del  nuovo  art.  148,  il  quale  dispone   che   «il   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  -  Dipartimento  della   Ragioneria
generale dello Stato puo' attivare verifiche sulla regolarita'  della
gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'art.  14,  comma  1,
lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n.  196,  oltre  che  negli
altri casi previsti dalla legge,  qualora  un  ente  evidenzi,  anche
attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario
riferibili   ai   seguenti   indicatori:   a)    ripetuto    utilizzo
dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio  consolidato  della
parte corrente del bilancio; c) anomale  modalita'  di  gestione  dei
servizi per conto di terzi; d)  aumento  non  giustificato  di  spesa
degli organi politici istituzionali». 
    Il richiamato art. 14, comma  1,  lett.  d),  legge  n.  196/2009
stabilisce  che  il  Ministero  dell'economia  e  delle   finanze   -
Dipartimento  della  Ragioneria  generale  dello  Stato  provvede   a
effettuare,  tramite  i  servizi  ispettivi  di   finanza   pubblica,
verifiche sulla regolarita' della  gestione  amministrativo-contabile
delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle regioni  e  delle
province autonome di Trento e di  Balzano:  il  riferimento  ad  esso
nulla aggiunge al potere di verifica autonomamente previsto dal nuovo
art. 148 decreto legislativo n. 267/2000. 
    Il  novellato  art.  148,   comma   2,   incide   sulla   materia
dell'«ordinamento degli enti locali», che l'art. 4, n. 1-bis, Statuto
attribuisce alla competenza legislativa primaria  della  Regione.  La
materia  statutaria  e'  stata  specificata   mediante   il   decreto
legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione  dello  statuto
speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia  Giulia  in   materia   di
ordinamento degli enti locali e delle relative  circoscrizioni),  del
quale rilevano qui gli artt. 3, 4, 6, e 9. 
    L'art. 3 della citata norma di  attuazione  affida  alla  Regione
«tutte le attribuzioni amministrative  concernenti  gli  enti  locali
precedentemente esercitate da  organi  centrali  o  periferici  dello
Stato comprese quelle di intervento sostitutivo»; l'art. 6 stabilisce
che «la  regione,  con  proprie  leggi,  determina  la  natura  e  la
disciplina dei controlli nei confronti degli enti locali»; l'art.  9,
comma 1, riconosce che «spetta alla regione disciplinare  la  finanza
locale, l'ordinamento finanziario e contabile, l'amministrazione  del
patrimonio e i contratti degli enti locali». 
    Con questi parametri si pone in contrasto il  comma  2  dell'art.
148: istituisce un concreto potere amministrativo di controllo  sugli
enti locali, nel settore dell'ordinamento finanziario e contabile,  e
lo affida ad una amministrazione dello Stato. 
    L'art. 4, decreto  legislativo  n.  9/1997  indica  le  «Funzioni
amministrative riservate allo Stato»: «l. Restano di competenza degli
organi dello Stato le funzioni in materia di tutela della sicurezza e
dell'ordine pubblico, di lotta alla criminalita' organizzata, nonche'
quelle in materia  di  protezione  civile  esercitate  nell'interesse
nazionale. 2. Resta altresi' di competenza degli organi  dello  Stato
il controllo sui servizi dello stato civile, anagrafe, leva militare,
servizio elettorale, nonche' servizi di statistica limitatamente alle
funzioni  proprie  dell'Istituto  nazionale  di  statistica.»  Sembra
evidente che il potere statale di controllo di cui al nuovo art. 148,
comma  2,  non  trova  alcun  fondamento  nelle  riserve  allo  Stato
contemplate dalla norma di attuazione statutaria. 
    La disposizione impugnata affida dunque allo  Stato  funzioni  di
controllo che in base alle norme di  attuazione  di  cui  al  decreto
legislativo n. 9/1997 spettano alla Regione. 
    La violazione delle norme di attuazione determina  la  violazione
indiretta dell'art. 65 Statuto, che tale fonte istituisce. 
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 1, 2 e 3. 
    L'art. 6 e' inserito nel Titolo  II,  Province  e  comuni,  e  si
intitola  Sviluppo  degli  strumenti  di  controllo  della   gestione
finalizzati all'applicazione della revisione della spesa  presso  gli
enti locali e ruolo della Corte dei conti. 
    Il comma l dispone che, «per  lo  svolgimento  di  analisi  sulla
spesa pubblica effettuata dagli enti locali, il  Commissario  per  la
revisione della spesa previsto dall'art. 2 del decreto-legge 7 maggio
2012, n. 52,... si avvale dei Servizi ispettivi di  Finanza  pubblica
della Ragioneria generale dello Stato ai quali sono affidate  analisi
su  campione   relative   alla   razionalizzazione,   efficienza   ed
economicita' dell'organizzazione e sulla sostenibilita' dei bilanci».
Il comma 2 precisa che le analisi di cui al comma 1  sono  svolte  ai
sensi del gia' citato art. 14, co. 1, lett.  d)  legge  n.  196/2009,
«sulla base di modelli di accertamento  concordati  dalla  Ragioneria
generale dello  Stato  con  il  Commissario  di  cui  al  comma  1  e
deliberati dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti».  Gli
esiti  «dell'attivita'  ispettiva   sono   comunicati   al   predetto
Commissario..., alle Sezioni regionali di controllo della  Corte  dei
conti e alla Sezione delle autonomie». 
    I commi 1 e 2 non sono applicabili alle Regioni e  alle  Province
autonome: cio' si ricava  dalla  loro  collocazione  nel  Titolo  II,
dedicato a Province e comuni, dal fatto che l'epigrafe ed il comma  1
dell'art. 6 menzionano solo gli «enti locali», dal richiamo  all'art.
14, co. 1, lett. d) legge n. 196/2009 (che prevede  «verifiche  sulla
regolarita'    della    gestione    amministrativo-contabile    delle
amministrazioni  pubbliche,  ad  eccezione  delle  regioni  e   delle
province autonome di Trento e di Bolzano») e dal richiamo all'art.  2
decreto-legge n. 52/2012, che non e' destinato  alle  Regioni  (v.  i
commi 2 e 5). 
    Ugualmente, i commi 1 e 2 - di per se'  -  non  sono  applicabili
agli  enti  locali  della  Regione,  in  virtu'  della  clausola   di
salvaguardia  di  cui  all'art.  11-bis  decreto-legge  n.   174/2012
(peraltro piu' avanti impugnata, per particolari profili). 
    Il comma 3 dell'art. 6, pero', stabilisce che «la  Sezione  delle
autonomie della Corte dei conti definisce, sentite le  Regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano, le  metodologie  necessarie
per lo svolgimento dei  controlli  per  la  verifica  dell'attuazione
delle misure dirette  alla  razionalizzazione  della  spesa  pubblica
degli  enti  territoriali»  (enfasi  aggiunta),  e  che  le   Sezioni
regionali «effettuano i controlli in base alle  metodologie  suddette
anche tenendo  conto  degli  esiti  dell'attivita'  ispettiva  e,  in
presenza di criticita' della gestione, assegnano alle amministrazioni
interessate un termine, non superiore a trenta giorni, per l'adozione
delle necessarie misure correttive dirette a rimuovere le  criticita'
gestionali  evidenziate  e  vigilano  sull'attuazione  delle   misure
correttive adottate».  Dunque,  il  controllo  in  questione  non  e'
meramente collaborativo in quanto si puo'  tradurre  nell'obbligo  di
adottare specifiche misure, a loro volta soggette a controllo. 
    Cosi'  essendo  la  disposizione,  occorre  chiarire   che   cosa
significhi l'espressione «sentite le Regioni e le  Province  autonome
di Trento e di Bolzano». Ove essa fosse soltanto un modo inusuale  di
indicare il parere della Conferenza Stato-Regioni,  il  comma  3  non
inciderebbe sul  significato  sopra  attribuito  al  complesso  delle
disposizioni dei primi tre commi dell'art. 6, e la ricorrente Regione
non avrebbe ragioni di doglianza. 
    Tuttavia,  la  predetta  espressione,  ed   in   particolare   il
riferimento espresso alle regioni, potrebbe  indicare  che  lo  Stato
intenda rivolgere i controlli di cui allo stesso comma 3  anche  agli
enti  locali  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia.  E,   dato   il
collegamento tra il  controllo  di  cui  al  comma  3  e  l'attivita'
ispettiva» di cui ai commi 1 e 2  (il  comma  3  stabilisce  che  «le
Sezioni regionali effettuano i controlli  in  base  alle  metodologie
suddette anche tenendo conto degli esiti dell'attivita' ispettiva», e
di «attivita' ispettiva» si parla anche nel comma 2), ne risulterebbe
che anche i commi 1 e 2 potrebbero essere intesi  come  rivolti  agli
enti locali della Regione. 
    In  questo  caso,  i  primi  tre  commi  dell'art.  6   sarebbero
illegittimi nella parte in cui attribuiscono ai Servizi ispettivi  di
Finanza pubblica della Ragioneria generale dello Stato e alle sezioni
regionali della Corte dei conti, in relazione agli enti locali  della
Regione, poteri di controllo al di la'  di  quanto  consentito  dallo
Statuto e dalle norme di attuazione. 
    Si consideri che non  solo  la  ricorrente  Regione  ha  potesta'
legislativa primaria in materia di «ordinamento degli enti  locali  e
di finanza locale ai sensi dell'art. 4, n. 1-bis),  dello  Statuto  e
dell'art. 9 decreto legislativo n. 9/1997, ma che, specificamente, in
base all'art. 60 dello Statuto «il controllo sugli  atti  degli  Enti
locali e' esercitato da organi della Regione nei modi  e  nei  limiti
stabiliti con legge regionale in armonia con i principi  delle  leggi
dello  Stato»;  l'art.  33,  co.  1,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 902/1975 prevede che la Corte dei conti eserciti  sugli
enti locali solo il controllo di gestione in senso stretto. 
    Inoltre, l'art. 1, co. 154,  legge  n.  220/2010  (basata  su  un
espresso  accordo,  secondo  il  principio  che  domina  i   rapporti
finanziari tra Stato e Regioni speciali) ha statuito che «la  regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia, gli enti  locali  del  territorio,  i
suoi enti e organismi strumentali, le aziende sanitarie e  gli  altri
enti e organismi il cui funzionamento  e'  finanziato  dalla  regione
medesima  in  via  ordinaria  e  prevalente  costituiscono  nel  loro
complesso il "sistema regionale integrato"», che «gli  obiettivi  sui
saldi di finanza pubblica complessivamente concordati tra lo Stato  e
la regione sono realizzati attraverso il sistema regionale integrato»
e che «la regione risponde nei  confronti  dello  Stato  del  mancato
rispetto degli obiettivi di cui al periodo precedente». 
    Inoltre,  dal  comma  155  risulta  che  «spetta   alla   regione
individuare, con riferimento agli enti locali costituenti il  sistema
regionale integrato, gli obiettivi per ciascun ente  e  le  modalita'
necessarie al raggiungimento degli obiettivi complessivi di volta  in
volta concordati con lo Stato per il periodo di riferimento, compreso
il sistema sanzionatorio», e che  e'  la  regione  che  trasmette  al
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -   Dipartimento   della
Ragioneria generale dello Stato, relativamente a ciascun ente locale,
gli elementi  informativi  riguardanti  le  risultanze,  espresse  in
termini  di  competenza  mista,  occorrenti  per  la   verifica   del
mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica. 
    E' dunque evidente che, ove applicabile agli  enti  locali  della
Regione,  le  disposizioni  impugnate   sarebbero   illegittime   per
violazione del  complesso  di  regole  statutarie  ed  attuative  ora
ricordato. 
    Per quanto riguarda specificamente  il  controllo  attribuito  ai
Servizi ispettivi di Finanza pubblica della Ragioneria generale dello
Stato, se  riferibile  anche  agli  enti  locali  del  Friuli-Venezia
Giulia, esso si pone in contrasto anche con gli artt. 3, 4,  6,  e  9
delle norme di attuazione del decreto legislativo 2 gennaio 1997,  n.
9, esattamente per gli stessi motivi che si sono indicati  sopra,  in
relazione all'impugnativa  dell'art.  3  decreto-legge  n.  174/2012,
nella parte in cui introduce il nuovo  art.  148,  comma  2,  decreto
legislativo n. 267/2000. 
    Si ribadisce poi che il controllo di cui all'art. 6, co.  3,  non
ha carattere meramente collaborativo, dato che le sezioni  regionali,
«in  presenza  di   criticita'   della   gestione,   assegnano   alle
amministrazioni  interessate  un  termine,  non  superiore  a  trenta
giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive  dirette  a
rimuovere   le   criticita'   gestionali   evidenziate   e   vigilano
sull'attuazione delle misure correttive adottate». 
    In definitiva, l'applicazione  agli  enti  locali  della  Regione
sarebbe  illegittima  sia  in  quanto  non  si  tratta  di  controlli
collaborativi, ma di controlli che esprimono  un  potere  statale  di
supremazia sugli enti locali, non previsto ne' ammesso dallo  Statuto
e dalle norme di attuazione, sia  in  quanto,  in  precisa  e  palese
contraddizione con lo Statuto e le norme di attuazione,  istituiscono
un potere di controllo sugli  enti  locali  parallelo  e  concorrente
rispetto a quello che e' espressamente attribuito alla Regione. 
    Mentre il comma 1 parla di «enti locali», il comma 3 riferisce  i
controlli ivi regolati  agli  «enti  territoriali»  in  generale.  La
ricorrente  Regione  ritiene  che  diversi  elementi   conducano   ad
escludere che il comma 3 sia rivolto anche alle Regioni (ordinarie  e
speciali): il titolo dell'art. 6, la sua collocazione nel  Titolo  II
del decreto-legge, il collegamento tra i controlli di cui al comma  3
con l'«attivita' ispettiva»  di  cui  ai  commi  1  e  2  (senz'altro
destinata solo agli enti locali, come gia' visto). Dunque, le Regioni
-  eventualmente,  come  sopra  accennato,  mediante  la   Conferenza
Stato-Regioni - sono «sentite» solo in quanto  dotate  di  competenza
concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica e  non
in quanto destinatarie dei controlli. 
    Cionondimeno, l'uso dell'espressione «enti territoriali» consente
un'interpretazione diversa e, percio', a  scopo  cautelativo  qui  si
impugnano i commi 1, 2 e 3 dell'art. 6 nel caso in cui si ritenga che
il comma 3 e, conseguenzialmente, i commi 1 e 2 siano  rivolti  anche
alle Regioni speciali. 
    In tal caso, i commi 1 e 2 sarebbero illegittimi per  le  ragioni
gia' esposte nel punto 3 (art. 1-bis, co. 4) ed il  comma  3  per  le
ragioni gia' esposte nel punto 1. 
    Infatti, i commi 1 e 2 dell'art. 6 presentano elementi in  comune
con l'art.  1-bis,  co.  4,  decreto-legge  n.  174/2012  (il  rinvio
all'art. 14, co. 1, lett. d) legge n. 196/2009 e l'attribuzione della
vigilanza ai Servizi ispettivi  di  finanza  pubblica),  per  cui  si
possono estendere ad essi le censure avanzate in  relazione  all'art.
1-bis, co. 4: a) previsione di un ulteriore controllo al di fuori  di
quanto previsto dallo Statuto e dalle norme di attuazione,  controllo
svolto da organi ministeriali e non da un organo imparziale quale  la
Corte dei conti; b) violazione della  potesta'  legislativa  primaria
della Regione in materia di organizzazione interna, che comprende  la
potesta' di regolare il bilancio regionale e le verifiche  contabili;
c)   irragionevolezza   per   contraddittorieta',    dato    che    -
nell'interpretazione qui ipotizzata - l'art.  6,  commi  1  e  2,  si
applicherebbe alle Regioni richiamando l'art. 14,  co.  1,  lett.  d)
legge n.  196/2009,  che  non  e'  destinato  alle  Regioni.  Per  le
argomentazioni si rinvia al punto 2 del ricorso. 
    L'art. 6, co. 3, decreto-legge n. 174/2012,  nell'interpretazione
qui prospettata a  titolo  cautelativo,  introdurrebbe  un  ulteriore
controllo della Corte dei conti sulla Regione, controllo  non  avente
carattere  meramente  collaborativo  (come   visto):   percio'   esso
risulterebbe illegittimo per violazione dello Statuto e  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 902 del 1975, che regolano in modo
completo i controlli statali sulla Regione, e  per  violazione  della
speciale autonomia finanziaria della Regione, quale  configurata  dal
Titolo IV e dall'art. 63, co. 5, dello Statuto, dall'art. 27 legge n.
42/2009 e dal principio dell'accordo che regola i rapporti finanziari
tra Stato e Regioni speciali: su entrambi i punti  v.  gli  argomenti
svolti nel punto 1 del presente ricorso. 
7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11-bis, nella parte in cui
si riferisce alle «disposizioni» anziche' ai «principi» ed alle  sole
«forme» anziche' «ai limiti e alle forme». 
    L'art.  11-bis  riguarda  specificamente  le  Regioni  a  statuto
speciale e province autonome di Trento e di Bolzano. Al  comma  1  ed
unico esso dispone che «le regioni a statuto speciale e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano attuano le  disposizioni  di  cui  al
presente decreto nelle forme  stabilite  dai  rispettivi  statuti  di
autonomia e dalle relative norme di attuazione». 
    Si tratta di una disposizione introdotta in sede di  conversione,
con il palese intento di introdurre una clausola di  salvaguardia  in
relazione alle Regioni a statuto speciale ed alle Province  autonome,
nelle quali l'introduzione di regole corrispondenti a quelle  che  il
decreto pone per le Regioni ordinarie deve conseguire ad una verifica
delle regole statutarie e seguire le forme previste dallo statuto per
la definizione dei rapporti tra esse e lo Stato. 
    Ovviamente la Regione Friuli-Venezia  Giulia  non  contesta  tale
disposizione, nella parte in cui essa esclude che l'attuazione  delle
regole poste dal  decreto-legge  n.  174  avvenga  per  essa  in  via
diretta. Tuttavia, essa ritiene che  -  forse  per  la  fretta  della
stesura di un decreto la cui conversione era ormai  urgente  a  causa
delle vicende politiche che  contestualmente  si  svolgevano,  e  che
hanno   portato   alla   convocazione   anticipata   delle   elezioni
parlamentari - la stesura abbia tradito tale intento. 
    In particolare, essa ritiene che prima ancora del  richiamo  alle
«forme»  stabilite  dai  rispettivi  statuti  di  autonomia  e  dalle
relative norme di attuazione vi dovesse essere un richiamo ai  limiti
che essi pongono a tale introduzione; ed in  relazione  a  cio'  essa
ritiene  che  non  ci  si   dovesse   riferire   genericamente   alle
disposizioni  del  decreto,  ma  piuttosto  ai  principi   che   esse
esprimono. 
    Si  noti  che  nello  stesso  decreto  n.  174  si   trova,   una
disposizione di salvaguardia che esprime tali concetti, in  relazione
alla Riduzione dei costi della politica prevista dall'art. 2, che «le
regioni a statuto speciale e le province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto
dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia  e  con
le relative norme di attuazione» (comma 4). 
    Dunque, la clausola di salvaguardia, o di compatibilita' rispetto
alle  autonomie  speciali  di  cui  all'art.  11-bis  va  in  termini
costituzionalmente corretti riformulata come segue: 
        «Alle regioni a statuto speciale e alle province autonome  di
Trento e di Bolzano i principi derivanti dalle disposizioni di cui al
presente decreto si applicano nei limiti e nelle forme stabiliti  dai
rispettivi  statuti  di  autonomia  e   dalle   relative   norme   di
attuazione». 
    Al contrario, rinviare genericamente  a  tutte  le  disposizioni,
senza neppure riferirsi ai  limiti  che  la  loro  applicazione  alle
autonomie speciali incontra, significa in definitiva porre in  dubbio
la differenziazione degli ambiti di  autonomia,  che  e'  la  ragione
stessa dell'introduzione  della  disposizione,  in  violazione  delle
disposizioni  costituzionali  e  statutarie   che   presidiano   tale
autonomia: l'art. 116, comma primo, Cost. e in particolare  -  quanto
allo Statuto - l'art. 4, n. 1 e n. 1-bis (in relazione alla  potesta'
primaria  in  materia  di  ordinamento  degli  Uffici  e  degli  Enti
dipendenti dalla Regione, nonche' di ordinamento degli enti  locali),
l'art. 12 (sulla forma di governo regionale e sulla fonte  competente
a determinarla), l'art. 13 (sul numero  dei  consiglieri  regionali),
l'art. 19 (sulle indennita' di carica dei componenti del  Consiglio),
l'art. 41 (sulle indennita' del  Presidente  della  Regione  e  degli
assessori), il Titolo IV (in  relazione  all'autonomia  finanziaria),
nonche' l'art. 65, che prevede la speciale procedura per l'attuazione
dello statuto. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale  accogliere  il
ricorso, dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
commi da 2 a 12 (eccetto 1'8) e 16; dell'art. 1-bis, co. 1, lett. a),
n. 1, e lett. e), e co. 4; dell'art. 2, co. 1, 2 e  4;  dell'art.  3,
co. 1, lett. e); dell'art. 6, co. 1, 2 e  3;  dell'art.  11-bis,  del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174,  Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012, come convertito, con  modificazioni,  nella  legge  7  dicembre
2012, n. 213, nelle parti  e  per  i  profili  esposti  nel  presente
ricorso. 
      Padova, 3 febbraio 2013 
 
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon