N. 19 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 febbraio 2013

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale  depositato   in
cancelleria  il 12 febbraio 2013 (del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Professioni - Norme della Regione Toscana - Esercizio  dell'attivita'
  di tassidermia e imbalsamazione - Subordinazione alla presentazione
  di  una  segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'   (SCIA),
  anziche' alla denuncia di inizio attivita' prevista in precedenza -
  Obbligo di frequenza di apposito corso di formazione professionale,
  salvo per chi e' autorizzato all'esercizio dell'attivita' stessa in
  altre regioni, in luogo  della  preesistente  abilitazione  tramite
  esami  -  Previsione  che  i  contenuti  del  corso  di  formazione
  obbligatoria sono definiti con atto del dirigente della  competente
  struttura regionale - Ricorso del Governo -  Denunciata  violazione
  della  sfera  di  competenza  legislativa  concorrente  statale  in
  materia di professioni, riguardo  all'individuazione  delle  figure
  professionali e dei titoli abilitativi. 
- Legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69, artt. 1, 2 e 3. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo. 
Acque e acquedotti - Acque minerali e termali - Norme  della  regione
  Toscana - Inizio dell'attivita' di utilizzazione di acqua  minerale
  naturale  e  di  sorgente  -  Subordinazione  ad  una  segnalazione
  certificata di inizio attivita' (SCIA), presentata  allo  sportello
  unico per le attivita' produttive (SUAP),  attestante  il  possesso
  dei requisiti previsti dall'art. 42 del Regolamento CE 852/2004 del
  Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 - Ricorso del
  Governo - Denunciata violazione della sfera di  competenza  statale
  in  materia  di  tutela  della  salute,  nonche'   degli   obblighi
  internazionali derivanti da diritto comunitario. 
- Legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69, art. 17. 
- Costituzione, art. 117, commi primo e terzo. 
Edilizia - Energia - Norme della Regione Toscana - Interventi di  cui
  ai commi 3 e 4  della  legge  regionale  n.  39/2005  -  Previsione
  dell'assoggettamento a SCIA ai fini degli adempimenti in materia di
  edilizia e di energia - Ricorso del Governo - Denunciata violazione
  della sfera  di  competenza  statale  in  materia  di  governo  del
  territorio e di protezione civile. 
- Legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69, art. 35. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo. 
Energia - Norme della Regione Toscana -  Impianti  di  produzione  di
  energia elettrica e  termica  alimentata  da  fonti  rinnovabili  -
  Regime abilitativo - Ricorso del Governo  -  Denunciata  violazione
  della  sfera  di  competenza  statale  in  materia  di  produzione,
  trasferimento e distribuzione nazionale dell'energia. 
- Legge della Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69, art. 37. 
- Costituzione, art. 117, comma terzo. 
(GU n.10 del 6-3-2013 )
    Ricorso  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   (C.F.
80188230587), rappresentata e difesa dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato     (C.F.      80224030587)      fax:      0696514000      PEC:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici domicilia  ex
lege in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 domicilia; 
    Contro Regione Toscana, in persona del  Presidente  della  Giunta
Regionale p.t. per la declaratoria di incostituzionalita' della legge
Regione Toscana 3 dicembre 2012, n. 69 pubblicata sul  B.U.R.  n.  67
del 7 dicembre 2012. 
    Con la legge indicata in epigrafe la Regione Toscana  ha  dettato
disposizioni tese all'attuazione del principio di semplificazione dei
rapporti fra cittadini, imprese e  istituzioni.  Pur  nella  assoluta
condivisibilita'  dell'obiettivo  perseguito,  ritiene  peraltro   la
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  che  talune   disposizioni
presentino profili di incostituzionalita'. 
    1) Gli articoli 1, 2 e  3  apportano  modifiche  alla  previdente
normativa in materia di esercizio  dell'attivita'  di  tassidermia  e
imbalsamazione. In particolare, con  l'articolo  l  viene  modificato
l'articolo  2  della  1.r.   n.3/1995   («Norme   sull'attivita'   di
tassidermia ed imbalsamazione»),  mentre  con  gli  articoli  2  e  3
vengono abrogati gli articoli 3 e 4 della citata legge  regionale  n.
3/1995, che prevedevano, ai sensi della legge n. 157/1992 («Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio»),  che  l'accesso  all'attivita'  di   tassidermia   fosse
soggetto ad una  apposita  autorizzazione  regionale  attraverso  una
specifica  abilitazione  rilasciata  dalla  regione,  a  seguito   di
superamento di un esame presso una commissione regionale  nonche'  di
una  dichiarazione  di  inizio  di  attivita'.  Con  le  disposizioni
censurate la Regione, oltre  a  prevedere  la  SCIA  in  luogo  della
preesistente DIA, abroga le  disposizioni  relative  all'abilitazione
tramite esame, ai sensi dell'abrogato articolo 3 della 1.r. n.  3/95,
e prevede, in sostituzione, l'obbligo di frequenza  di  un  corso  di
formazione  professionale  obbligatoria,  i  cui  contenuti  sono  da
definirsi a cura della regione sulla base delle proprie  disposizioni
in materia di formazione professionale entro 120 giorni  dall'entrata
in vigore della legge regionale. Tale  previsione  contrasta  con  il
costante orientamento di codesta Ecc.ma Corte  Costituzionale,  (cfr.
sentt. Nn. 300/2010; 57/2007; 424/2006; 153/2006)  secondo  il  quale
«la potesta' legislativa regionale nella  materia  concorrente  delle
professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione
delle  figure  professionali,  con  i  relativi  profili   e   titoli
abilitanti,  e'  riservata,  per  il  suo  carattere  necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza  delle  regioni  la
disciplina  di  quegli   aspetti   che   presentano   uno   specifico
collegamento con la realta' regionale. Tale principio al di la' della
particolare attuazione ad opera dei singoli  precetti  normativi,  si
configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla
legge  regionale.»  Le  disposizioni  in  esame,  pertanto,  per   le
argomentazioni sopra esposte,  violano  i  principi  fondamentali  in
materia di professioni  di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    2) L'articolo 17 della legge regionale sostituisce l'articolo  41
della legge regionale n. 38/2004, relativo alla disciplina dell'avvio
dell'attivita' di utilizzazione dell'acqua  minerale  naturale  e  di
sorgente e prevede  al  comma  l  che  «l'avvio  di  un'attivita'  di
utilizzazione  dell'acqua  minerale  naturale  e   di   sorgente   e'
assoggettato ad una  segnalazione  certificata  di  inizio  attivita'
(SCIA), ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990,  n.  241
presentata allo sportello unico per le attivita'  produttive  (SUAP),
attestante il possesso dei requisiti previsti dall'articolo 42 e  dal
regolamento (CE) 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio  del
29 aprile 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari [...]». I commi  3
e 4 dell'articolo riformulato prevedono, poi, che «il comune esercita
una  verifica  del  rispetto  delle  disposizioni  di  legge   e   di
regolamento, entro sessanta giorni dalla data di presentazione  della
SCIA» e che «l'azienda USL puo' effettuare, entro trenta  giorni  dal
ricevimento della SCIA di cui al comma 1, un sopralluogo di  verifica
presso la sede dell'attivita' di  utilizzazione  dell'acqua  minerale
naturale e di sorgente [...]». 
    Si osserva, al riguardo, che  la  suddetta  disciplina  regionale
contrasta con la normativa nazionale  di  riferimento,  rappresentata
dagli articoli 6 e 22 del d.lgs. n.  176/2011  (di  attuazione  della
direttiva    europea    2009/54/CE,    sull'utilizzazione    e     la
commercializzazione delle acque minerali naturali), secondo  i  quali
l'utilizzazione di  un'acqua  minerale  naturale  e  di  un'acqua  di
sorgente e' subordinata ad autorizzazione regionale  (art.  6,  comma
1), e che tale autorizzazione e' rilasciata «previo accertamento  che
gli impianti destinati all'utilizzazione siano realizzati in modo  da
escludere ogni pericolo di inquinamento e da conservare all'acqua  le
proprieta', corrispondenti alla sua  qualificazione,  esistenti  alla
sorgente». Gli articoli 7 e 23 della  medesima  normativa  nazionale,
relativi  alle  condizioni  per  il   rilascio   dell'autorizzazione,
stabiliscono gli accertamenti  che  devono  essere  effettuati  dagli
organi regionali ai fini del rilascio dell'autorizzazione medesima. 
    La disposizione regionale  in  esame,  pertanto,  prevedendo,  in
luogo dell'autorizzazione (forma di  controllo  preventivo)  la  SCIA
(che implica invece dei controlli successivi), espone i cittadini  al
rischio di danni per la salute, tanto piu' in considerazione  che  la
medesima norma  regionale  prevede  i  sopralluoghi  da  parte  delle
Autorita' Sanitarie come meramente facoltativi («l'azienda  USL  puo'
effettuare, entro trenta giorni dal ricevimento della SCIA di cui  al
comma 1, un sopralluogo di verifica ...)». 
    Codesta Corte, con sentenza n. 244/2012,  a  seguito  di  ricorso
promosso dalla medesima regione Toscana avverso i citati articoli  6,
7 comma 1, 22 e 23 del d.lgs. n. 176/2011 ha ritenuto non fondate  le
questioni sollevate dalla  regione,  rilevando  in  primo  luogo  che
l'istituto  dell'autorizzazione  e'   previsto   direttamente   dalla
normativa comunitaria e che non puo' essere derogato  dalla  Regione,
precisando che  «il  legislatore  comunitario,  nell'esercizio  della
propria discrezionalita' normativa, ha ritenuto prevalente,  rispetto
a quella della semplificazione amministrativa  dei  procedimenti,  la
finalita' di' assicurare la tutela della salute  dei  consumatori  di
acque minerali. 
    Nell'ordinamento  nazionale  analoga  finalita'  costituisce   un
interesse generale, costituzionalmente rilevante, in  quanto  species
del piu' ampio genus della  salute  del  singolo  individuo  e  della
collettivita' di cui all'art. 32 Cost. e, nel caso di  specie,  anche
pienamente  conforme   alla   regola   introdotta   dal   legislatore
comunitario». 
    Infine, la Corte ha affermato che la disciplina di cui al  d.lgs.
n. 176 del 2011, «proprio perche'  in  larga  misura  pedissequamente
riproduttiva  delle   previsioni   comunitarie   -   sintetiche   per
definizione quanto ai loro  enunciati  -  contenute  nella  direttiva
2009/54/CE, detta nella specie  una  disciplina  di  principio  della
materia, comunque non modificabile dalla  fonte  regionale,  pena  la
mancata o incompleta attuazione dell'atto comunitario.  Poiche'  tale
normativa si pone quale disciplina di principio [...] essa non appare
in contrasto ne' con l'art. 117, terzo  comma,  ne'  con  l'art.  118
Cost». Pertanto, la disposizione regionale in esame, contrastando con
gli articoli 6  e  22  del  d.lgs.  n.  176/2011,  recanti  norme  di
principio in materia di tutela della salute,  viola  l'articolo  117,
terzo comma della Costituzione. Essa, inoltre,  disattendendo  quanto
previsto  dalla  normativa  comunitaria  (si  veda   l'allegato   II,
paragrafo 1, della direttiva europea 2009/54/CE, ai sensi  del  quale
«l'utilizzazione  di  una  sorgente  d'acqua  minerale  naturale   e'
subordinata all'autorizzazione dell'autorita' responsabile del  paese
in cui l'acqua e'  stata  estratta,  previo  accertamento  della  sua
conformita' ai  criteri  di  cui  all'allegato  I,  parte  I),  viola
altresi' l'articolo 117, comma 1 della  Costituzione,  ai  sensi  del
quale la potesta' legislativa regionale, come  quella  statale,  deve
essere in ogni caso esercitata nel  rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    3) L'articolo 35 sostituisce l'articolo 16 della L.R. 39/2005 ove
al comma 1 viene previsto che: «Gli interventi di cui ai commi 3 e  4
sono soggetti a SCIA, ai fini degli adempimenti in materia edilizia e
di energia, nel rispetto delle disposizioni di cui al titolo VI della
LR. n. 1/2005, delle disposizioni di cui ai  commi  2,  5  e  6,  del
presente articolo, nonche' nel  rispetto  degli  articoli  3,  3-bis,
3-ter, 8, 10, 18, 20, 21, 26, 39 e 42, della presente legge.» 
    Al riguardo, si ritiene che  la  predetta  disposizione  presenti
profili di incostituzionalita' in materia di governo del territorio e
protezione civile di cui all'art. 117, comma  3,  Cost.,  laddove  fa
riferimento alla necessita' del rispetto delle  disposizioni  di  cui
all'articolo 10 della medesima LR. N. 39/2005 (in  materia  sismica),
per le quali, nella seduta  del  3  agosto  2012,  il  Consiglio  dei
Ministri  aveva  deliberato  l'impugnativa   con   riferimento   alle
modifiche apportate a tale LR n.  39/2005  ad  opera  della  L.R.  n.
29/2012,  che  avevano  escluso  talune  opere  dal  rilascio   delle
autorizzazioni per l'inizio dei lavori nelle zone sismiche  da  parte
del competente ufficio tecnico della regione. 
    Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, della  legge
n. 241/1990, le disposizioni in materia di SCIA non si applicano, tra
l'altro, ai casi previsti dalla normativa per le costruzioni in  zone
sismiche. 
    Si fa rilevare, poi, che il fatto che le  succitate  disposizioni
regionali violino principi  fondamentali  contenuti  nella  normativa
statale di  riferimento  nella  suddetta  materia,  che,  come  noto,
impongono specifici obblighi in capo agli Enti  regionali,  e'  anche
dimostrata dall'abrogazione del comma 5 dell'articolo 12 della LR  n.
39/2005,   per   effetto   dell'articolo   32,   comma   2,   nonche'
dall'abrogazione della lettera k) del comma 2 dell'articolo 39  della
L.R. n. 39/2005, disposta dall'articolo 47, comma 5  della  legge  in
esame. 
    Infatti, la prima delle predette disposizioni  prevedeva  che  la
Regione potesse intervenire nel procedimento e  nella  conferenza  di
servizi di cui al comma 2 (conferenza  di  servizi  per  il  rilascio
dell'autorizzazione unica), al fine di  assicurare  il  coordinamento
interregionale ed infraregionale.  La  seconda,  che  il  regolamento
regionale di attuazione della suddetta LR n. 39/2005 disciplinasse le
modalita' e le forme di redazione e di presentazione degli  elaborati
progettuali e della documentazione di cui all'articolo 10, commi 5  e
6,  da  presentare  ai  competenti  uffici  regionali  ai   fini   di
prevenzione del rischio sismico. 
    4) L'art. 37, che sostituisce l'art. 17 della  1.r.  39/2005,  ai
commi 2, lett. a) b) f), 3 lett. a), 5 lett. a) b) c), e 11 individua
una serie di interventi inerenti l'installazione di impianti a  fonti
rinnovabili che  producono  energia  elettrica  e  termica  che  «non
necessitano di titolo abilitativo». 
    Tali  disposizioni  disciplinano  in  modo  diverso   il   regime
abilitativo per gli interventi sopra previsti in difformita'  con  la
normativa statale di cui agli articoli 6, comma 11, e 7, commi 1, 2 e
5 del d.lgs. n. 28/2011 e con le disposizioni di cui alle linee guida
nazionali approvate con d.m. 10 settembre 2010, e pertanto si pongono
in  contrasto  con  essa  in  relazione  alla  natura  di   principio
fondamentale  della  materia  dei   regimi   di   abilitazione   alla
costruzione ed esercizio degli  impianti  di  produzione  di  energia
elettrica e termica da fonti rinnovabili, eccedendo dalla  competenza
legislativa concorrente  di  cui  all'articolo  117,  comma  3  della
Costituzione. 
    In particolare, l'articolo  6,  comma  11,  del  d.lgs.  28/2011,
tramite rinvio alle linee guida nazionali, individua  gli  interventi
da assoggettare a mera comunicazione, precisando che «Le Regioni e le
Province autonome possono estendere il regime della comunicazione  di
cui al precedente periodo ai progetti di impianti alimentati da fonti
rinnovabili con potenza nominale fino a 50 kW, nonche' agli  impianti
fotovoltaici di qualsivoglia potenza  da  realizzare  sugli  edifici,
fatta salva la  disciplina  in  materia  di  valutazione  di  impatto
ambientale e di tutela delle risorse idriche». Lo stesso va affermato
per quanto riguarda il regime di abilitazione  per  gli  impianti  di
produzione di energia termica da fonti rinnovabili come  disciplinato
dall'art. 7 del d.lgs. 28/2011. 
    L'articolo 7 del d.lgs. 28/2011, commi 1, 2 e 5, prevede, in base
alla tipologia di impianto e in presenza di  determinate  condizioni,
l'applicazione di due differenti regimi della  comunicazione  (quella
di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 e quella di  cui
ai d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). 
    Dal  raffronto  delle  disposizioni  regionali  indicate  con  le
evocate disposizioni nazionali, i profili di contrasto possono essere
cosi' sintetizzati: 
        a) la norma statale  (art.  7,  commi  1  e  2)  consente  la
comunicazione di inizio lavori secondo il regime speciale di  cui  al
d.P.R. 380/2001 ovvero al d.lgs. 115/2008, qualora  ricorrano  talune
specifiche condizioni; la  disposizione  regionale  (nuovo  art.  17,
comma 2, lett. a) e b)) prevede per gli stessi interventi  il  regime
della comunicazione, senza tuttavia specificare a quale dei due  tipi
di comunicazione ci si  debba  riferire  (quella  di  cui  al  d.P.R.
380/2001 ovvero quella di cui al d.lgs. 115/2008) e senza recepire le
condizioni indicate nella norma statale per  l'applicazione  di  tale
regime semplificato. 
        B) la norma statale (art. 6, comma 11) consente alle  Regioni
di prevedere la Comunicazione per gli impianti a  fonte  rinnovabile,
indipendentemente dalla fonte rinnovabile di alimentazione e dal tipo
di energia che producono (elettrica o termica), a condizione che tali
impianti abbiano  una  potenza  non  superiore  a  50  KW;  la  norma
regionale (comma 2, lett. f), prevede illegittimamente l'applicazione
della comunicazione agli impianti alimentati da biomassa fino  a  0,5
MW termici e quindi di potenza superiore alla soglia dei 50 KW di cui
alla norma statale; 
        c) dal combinato disposto dell'art. 6, coma  11,  del  d.lgs.
28/2011 e del paragrafo 12.5, lett. a) delle linee  guida  nazionali,
il regime della comunicazione e' applicabile  ai  singoli  generatori
eolici, a condizione che siano collocati su edifici esistenti  e  che
abbiano una potenza  nominale  massima  di  50  KW;  la  disposizione
regionale (comma 3, lett. a) non fissa il limite di potenza di 50 KW,
ed estende l'applicazione del predetto regime anche agli impianti non
collocati su edifici (ad es., a terra). 
        D) la norma regionale (comma 5, lett.  a)  contrasta  con  la
norma statale (art. 6, comma 11, d.lgs. 28/2011), nella parte in  cui
ricomprende tra gli impianti assoggettati a comunicazione  anche  gli
impianti di produzione di energia elettrica e termica  alimentati  da
fonti rinnovabili non fissando per questi ultimi il limite di potenza
fino a 50 KW come indicato dalla norma statale; 
        e) la norma  regionale  (comma  5,  lett.  b),  assoggetta  a
comunicazione di inizio lavori gli  impianti  che  producono  energia
elettrica aventi una capacita'  di  generazione  compatibile  con  il
regime di scambio  sul  posto  (che  sono  quelli  con  capacita'  di
generazione fino a 200 KW, e in alcuni casi  anche  superiore  a  200
KW), mentre la norma statale (art. 6, comma  11)  per  l'applicazione
della comunicazione fissa il limite di potenza fino a 50 KW. 
        F) la norma regionale (comma 5, lett.  c)  contrasta  con  le
norme statali (art. 7, commi 1 e 2. del d.lgs. 28/2011), nella  parte
in cui assoggetta a comunicazione gli impianti solari  termici  senza
richiamare le  condizioni  previste  dalla  predetta  norma  statale.
Inoltre, non viene specificato a quale tipo di comunicazione  occorre
riferirsi (quella di cui al d.P.R. 380/2001 ovvero quella di  cui  al
d.lgs. 115 /2008); la medesima norma contrasta, inoltre,  con  l'art.
7, comma 5, in quanto consente la collocazione degli impianti in siti
diversi da quelli  contemplati  dalla  norma  statale  che  sono  gli
edifici e gli spazi liberi privati annessi. 
    Altri profili di incostituzionalita'  si  rilevano  nell'articolo
17,  comma  11,  della  legge  regionale  39/2005,  come   sostituito
dall'art. 37 della legge in esame. 
    Tale  disposizione  stabilisce  che  non  necessitano  di  titolo
abilitativo le modifiche e manutenzioni degli impianti  di  cui  agli
articoli 11, 13, 15, 16. comma 3, e 16 bis, comma 4, esistenti  o  in
corso di realizzazione;  l'articolo  13  reca  disposizioni  relative
all'autorizzazione unica e al relativo procedimento di  rilascio  per
la realizzazione  e  l'esercizio  degli  impianti  di  produzione  di
energia elettrica da fonti rinnovabili. 
    Il predetto articolo 17, comma 11, contrasta con quanto  previsto
dalla normativa nazionale all'art. 5, comma 3,  del  d.lgs.  28/2011,
secondo cui «Con decreto del Ministro dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare,  previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata,  di  cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281,  sono
individuati per ciascuna  tipologia  di  impianto  e  di  fonte,  gli
interventi di modifica sostanziale degli impianti da assoggettare  ad
autorizzazione unica, fermo restando il  rinnovo  dell'autorizzazione
unica in caso di modifiche qualificate come sostanziali ai sensi  del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.  Fino  all'emanazione  del
decreto di cui al periodo precedente non sono considerati sostanziali
e sono sottoposti alla disciplina di cui all'articolo 6  (cioe'  alla
procedura abilitativa semplificata PAS) gli interventi da  realizzare
sugli impianti fotovoltaici, idroelettrici  ed  eolici  esistenti,  a
prescindere dalla potenza nominale,  che  non  comportano  variazioni
delle dimensioni fisiche degli  apparecchi,  della  volumetria  delle
strutture e dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi,  ne'
delle opere connesse. Restano ferme, laddove previste,  le  procedure
di verifica di assoggettabilita' e valutazione di impatto  ambientale
di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152....». 
    La previsione nazionale rinvia ad un apposito decreto statale  la
definizione degli interventi di modifica sostanziale degli impianti a
fonti  rinnovabili  che  sono  da  assoggettare  ad   autorizzazione,
dettando i criteri valevoli in via  transitoria  per  individuare  le
modifiche non sostanziali degli impianti  esistenti  da  assoggettare
alla   procedura   abilitativa   semplificata   (PAS)   nelle    more
dell'emanazione di detto decreto. 
    Al riguardo, va ribadito anche che la individuazione  del  regime
abilitativo delle modifiche, in quanto principio  fondamentale  della
materia, spetta al legislatore statale. Cio' sia  perche'  il  regime
non puo' che essere lo stesso su tutto il territorio nazionale,  pena
l'ingiustiticata discriminazione tra le iniziative  economiche  nelle
diverse Regioni del Paese, sia perche' tale  uniformita'  del  regime
abilitativo  garantisce  la  sussistenza  di  un  equilibrio  tra  la
competenza esclusiva statale in materia di  ambiente  e  paesaggio  e
quella concorrente in materia di energia, garantendo,  in  tal  modo,
una preventiva ponderazione concertata tra le esigenze connesse  alla
produzione di energia e gli interessi ambientali, anche attraverso la
prevista intesa della Conferenza unificata in ossequio  al  principio
di leale cooperazione in ragione delle  diverse  materie  interessate
(tutela del territorio, tutela dell'ambiente, produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia). 
    La norma regionale in quanto assoggetta tout court  le  modifiche
impiantistiche (senza specificarne la natura sostanziale  o  non)  al
regime  della   libera   attivita',   prevedendo   quindi   la   mera
comunicazione, contrasta con l'art. 5, comma 3, del  d.lgs.  28/2011,
che in via transitoria assoggetta a PAS  (quindi  ad  un  regime  che
sebbene semplificato e' tuttavia piu'  stringente  e  rigoroso  della
mera comunicazione) le sole modifiche non sostanziali e  per  i  soli
impianti esistenti. 
    Per quanto riguarda le modifiche sostanziali degli  impianti,  va
osservato  che,  in  attesa  dell'emanazione  del  predetto   decreto
interministeriale, il legislatore nazionale ha  implicitamente  fatto
salvo il principio, corollario del generale principio  di  legalita',
della identita' di forma  (contrarius  actus)  tra  il  provvedimento
abilitativo originario e la sua variante. Le  disposizioni  regionali
indicate contrastano quindi con l'art. 117, comma 3, della Cost.,  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia». 
 
                              P. Q. M. 
 
    Propone impugnativa della legge regionale in  epigrafe  chiedendo
dichiararsi la incostituzionalita' delle disposizioni richiamate. Con
ogni conseguente statuizione. 
        Roma, 4 febbraio 2013 
 
                  L'avvocato dello Stato: Nunziata