N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 febbraio 2013

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria  il  15  febbraio  2013  (della  Regione  autonoma  della
Sardegna). 
 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria delle Regioni - Controllo delle  sezioni  regionali  di
  controllo della Corte  dei  conti  sui  bilanci  preventivi  e  sui
  rendiconti consuntivi delle Regioni e degli enti che compongono  il
  servizio  sanitario  nazionale  -  Assoggettamento  del  rendiconto
  generale della Regione al giudizio  di  parifica  della  Corte  dei
  conti - Obbligo del Presidente della Regione  di  trasmettere  alla
  sezione  regionale  della  Corte  dei  conti  una  relazione  sulla
  regolarita' della gestione - Obbligo, in caso  di  accertamento  di
  squilibri economico finanziari e di mancata copertura di spese,  di
  rimuovere  le  irregolarita'  -  Preclusione  dell'attuazione   dei
  programmi di spesa per i  quali  sia  stata  accertata  la  mancata
  copertura - Trasmissione delle  relative  relazioni  redatte  dalle
  sezioni regionali di controllo alla Presidenza  del  Consiglio  dei
  ministri e al  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  per  le
  determinazioni di competenza - Ricorso  della  Regione  Sardegna  -
  Denunciata istituzione, con legge ordinaria, di un nuovo controllo,
  coercitivo e non collaborativo, sul bilancio  regionale,  attinente
  alla disciplina del controllo della Corte dei  conti  sul  bilancio
  regionale  riservata  alle  norme  di   attuazione   statutaria   -
  Impossibilita' della Regione  di  svolgere  le  funzioni  pubbliche
  proprie  -  Violazione  dell'autonomia  finanziaria   regionale   -
  Compressione della competenza regionale concorrente  nella  materia
  del coordinamento della finanza pubblica. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  commi
  1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8. 
- Costituzione, artt. 116, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 127;
  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto  della
  Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 33, 54 e  56;  d.P.R.  16
  gennaio 1978, n. 21, art. 10. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria   delle   Regioni   -    Controlli    sulla    gestione
  economico-finanziaria dei  fondi  assegnati  ai  Gruppi  consiliari
  presso le Regioni - Controllo sul rendiconto di esercizio annuale -
  Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata lesione  dell'autonomia
  finanziaria della Regione,  della  quale  l'autonomia  di  gestione
  delle relative risorse da parte dei  Gruppi  consiliari  presso  il
  Consiglio regionale e'  una  forma  particolare  di  svolgimento  -
  Violazione della norma statutaria che riserva alla legge  regionale
  la determinazione della forma di governo  regionale  -  Alterazione
  del rapporto tra Presidente  della  Giunta  regionale  e  Consiglio
  regionale, a fronte dell'inserimento del Presidente tra i  soggetti
  attivi nel procedimento di controllo  dell'attivita'  dei  Consigli
  regionali - Violazione della  norma  statutaria  che  riserva  alla
  legge  regionale  la  fissazione  dell'indennita'  dei  Consiglieri
  regionali -  Violazione  della  norma  statutaria  che  riserva  al
  Consiglio  regionale   l'adozione   del   proprio   regolamento   -
  Istituzione con legge ordinaria di un nuovo tipo di controllo  (non
  collaborativo) in materia riservata  alle  norme  statutarie  o  di
  attuazione. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  commi
  9, 10, 11 e 12. 
- Costituzione, artt. 116, 117, 119  e  127;  Statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 19, 23, 24, 26, 33, 35, 54  e
  56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, artt. 1, 4 e 5. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento  degli  enti  territoriali  -   Rafforzamento   della
  partecipazione della Corte dei conti al  controllo  sulla  gestione
  finanziaria  delle  Regioni  -  Obbligo  delle  Regioni  a  statuto
  speciale e delle  Province  autonome  di  adeguamento  del  proprio
  ordinamento entro un  anno  -  Ricorso  della  Regione  Sardegna  -
  Denunciata incidenza nel sistema  delle  fonti,  comportando  detto
  adeguamento la revisione, se non dello statuto, quanto  meno  delle
  norme di attuazione  statutaria,  non  rientrante  nella  esclusiva
  disponibilita'  della  Regione   -   Lesione   delle   attribuzioni
  costituzionali e statutarie della Regione. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  1,  comma
  16. 
- Costituzione, artt. 116, 117 e 119; Statuto della Regione Sardegna,
  artt. 7, 8, 15, 19, 26, 33, 35 e 56. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Modifiche  all'art.  1  del
  decreto legislativo n. 149 del 2011 - Relazione di fine legislatura
  - Trasmissione della relazione alla sezione regionale di  controllo
  della Corte dei conti - Previsione di sanzione pecuniaria a  carico
  di determinati organi regionali  in  caso  di  mancato  adempimento
  dell'obbligo di redazione e  di  pubblicazione  della  relazione  -
  Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata previsione di una nuova
  e  particolare  forma  di  controllo  sull'operato   della   Giunta
  regionale da  parte  della  Corte  dei  conti  -  Violazione  della
  competenza esclusiva della ricorrente relativamente alla disciplina
  della  forma  di  governo  della  Regione  -  Intromissione   nella
  regolamentazione del rapporto politico-istituzionale tra  Consiglio
  e Presidente della Regione - Introduzione di  una  nuova  forma  di
  controllo, in violazione delle norme dello Statuto  che  consentono
  la ridefinizione  del  controllo  sugli  atti  della  Regione  solo
  tramite revisione statutaria o norme  di  attuazione  -  Violazione
  delle  norme  statutarie  a   tutela   dell'autonomia   finanziaria
  regionale - Lesione della particolare  autonomia  delle  Regioni  a
  statuto  speciale  -  Violazione  delle  norme  di  attuazione  che
  disciplinano gli strumenti di controllo  degli  atti  regionali  da
  parte della Corte dei conti. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  art.  1-bis,
  comma 1 (modificativo dell'art. 1 del d.lgs. 6 settembre  2011,  n.
  149). 
- Costituzione, artt. 3, 97 e116;  Statuto  della  Regione  Sardegna,
  artt. 7, 8, 15, 35, 37, 54 e 56; d.P.R. 16  gennaio  1978,  n.  21,
  artt. 1, 4 e 5. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Modifiche  all'art.  5  del
  decreto legislativo n. 149  del  2011  -  Verifiche  del  Ministero
  dell'economia e delle  finanze  sulla  regolarita'  della  gestione
  amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ai  sensi
  dell'art. 14, comma 1, lett. d), della legge  n.  196  del  2009  -
  Possibilita' di attivazione anche nei  confronti  delle  Regioni  e
  delle  Province  autonome  -  Ricorso  della  Regione  Sardegna   -
  Denunciata   intromissione   dell'Amministrazione   statale   nelle
  procedure di controllo del bilancio regionale lesiva dell'autonomia
  finanziaria della Regione - Esorbitanza dalla disciplina statutaria
  dei controlli -  Alterazione  del  regime  della  legge  regionale,
  definita da norme di rango costituzionale, non  modificabile  dalla
  legge ordinaria. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  art.  1-bis,
  comma 4 (modificativo dell'art. 5 del d.lgs. 6 settembre  2011,  n.
  149). 
- Costituzione, artt. 116, 117, 119  e  127;  Statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 7, 33, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, art.
  10. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Riduzione dei  costi  della
  politica nelle Regioni - Previsione che, ai fini del  coordinamento
  della finanza pubblica e per il contenimento della spesa  pubblica,
  a  decorrere  dal  2013,  una  quota  pari  all'80  per  cento  dei
  trasferimenti erariali a favore delle Regioni,  diversi  da  quelli
  destinati al finanziamento del Servizio sanitario  nazionale  e  al
  trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione che  la  Regione
  abbia  adottato  una  serie  di  provvedimenti,  concernenti,   tra
  l'altro, le indennita' dei consiglieri regionali - Previsione  che,
  ferme  restando  le  disposte  riduzioni,  in   caso   di   mancato
  adeguamento,  i  trasferimenti  erariali  a  favore  della  Regione
  inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla  meta'
  delle somme da essa destinate per l'esercizio 2013  al  trattamento
  economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e
  ai membri della  giunta  regionale  -  Previsione  che  il  mancato
  adeguamento entro il  termine  ultimo  previsto  costituisca  grave
  violazione di legge ai sensi  dell'art.  126,  primo  comma,  della
  Costituzione  -  Ricorso  della  Regione  Sardegna   -   Denunciata
  violazione della competenza legislativa regionale nella regolazione
  della propria autonomia finanziaria - Esercizio  abnorme  da  parte
  dello  Stato   della   competenza   concorrente   in   materia   di
  coordinamento della finanza  pubblica,  non  limitandosi  le  norme
  impugnate a dettare disposizioni di principio  -  Violazione  delle
  norme statutarie  a  fronte  dell'impedimento  per  la  Regione  di
  svolgere le funzioni pubbliche ad essa assegnate - Violazione delle
  norme  statutarie  che  definiscono  direttamente  il  numero   dei
  componenti  del  Consiglio  regionale,  che  affidano  alla   legge
  regionale la determinazione della forma di governo della Regione  e
  dei rapporti tra i suoi organi, che assegnano alla legge  regionale
  la competenza a fissare l'indennita' dei  consiglieri  regionali  -
  Violazione dell'autonomia della Regione nella determinazione  della
  sua organizzazione interna - Deteriore  trattamento  della  Regione
  ricorrente  rispetto  alle  Regioni  ordinarie  -  Violazione   del
  principio di ragionevolezza. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  2,  commi
  1, 2, 3 e 5. 
- Costituzione, artt. 3, 116, 117, comma terzo (in combinato disposto
  con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3),
  119 e 126; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7,  8,
  15, 16, 26, 35, 50 e 54. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Riduzione dei  costi  della
  politica nelle Regioni  -  Previsione  che  le  Regioni  a  statuto
  speciale e le Province autonome di Trento e di  Bolzano  provvedono
  ad adeguare i propri ordinamenti a  quanto  previsto  dal  comma  1
  dell'art. 2 del  decreto-legge  impugnato,  compatibilmente  con  i
  propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione -
  Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata  mancata  delimitazione
  dell'efficacia del  decreto-legge  impugnato,  nel  rispetto  della
  rigida ripartizione delle competenze e delle specifiche  previsioni
  recate dallo Statuto. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  2,  comma
  4. 
- Costituzione, artt. 3, 116, 117, comma terzo (in combinato disposto
  con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.  3),
  119 e 126; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7,  8,
  15, 16, 26, 35, 50 e 54. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Rafforzamento dei controlli
  in materia di enti locali - Sostituzione dell'art. 148 del  decreto
  legislativo n. 267 del 2011 -  Controlli  esterni  da  parte  delle
  sezioni regionali di controllo della Corte dei conti - Disciplina -
  Ricorso  della  Regione  Sardegna  -  Denunciata  incidenza   nella
  disciplina delle forme dei controlli esterni sulla  finanza  locale
  della Regione - Violazione della competenza  legislativa  esclusiva
  della ricorrente nella materia  ordinamento  degli  enti  locali  -
  Lamentato affidamento a soggetti esterni all'ordinamento  regionale
  dello svolgimento di funzioni amministrative di attuazione di norme
  rientranti nella competenza  legislativa  regionale  -  Conseguente
  violazione del c.d.  principio  del  parallelismo  che  attribuisce
  l'esercizio delle  funzioni  amministrative  allo  stesso  soggetto
  dotato di  competenza  legislativa  -  Intervento  del  legislatore
  ordinario in materia in cui era necessario procedere con  revisione
  dello Statuto o delle norme di attuazione - Lesione della  maggiore
  autonomia garantita alle Regioni speciali. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art.  3,  comma
  1, lett. e). 
- Costituzione, art. 116; Statuto della Regione  Sardegna,  artt.  3,
  comma 1, lett. b), 6, 46, 54 e 56. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Sviluppo degli strumenti di
  controllo  della  gestione   finalizzati   all'applicazione   della
  revisione della spesa presso gli enti locali e  ruolo  della  Corte
  dei conti - Previsione che il Commissario per  la  revisione  della
  spesa previsto dall'art. 2 del decreto-legge n. 52 del  2012  possa
  avvalersi dei servizi ispettivi  della  Ragioneria  generale  dello
  Stato per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica effettuata
  dagli  enti  locali  -  Previsione  che  le  sezioni  regionali  di
  controllo della  Corte  dei  conti,  a  cui  sono  comunicate  tali
  analisi, assegnano alle amministrazioni interessate un termine  per
  le necessarie misure correttive  atte  a  rimuovere  le  criticita'
  gestionali  evidenziate  -  Ricorso  della   Regione   Sardegna   -
  Denunciata violazione della competenza legislativa esclusiva  della
  Regione nella materia ordinamento degli  enti  locali  -  Lamentato
  affidamento a soggetti esterni all'ordinamento regionale di compiti
  che incidono sull'autonomia degli enti locali,  con  lesione  della
  competenza legislativa e amministrativa della Regione -  Intervento
  del  legislatore  ordinario  in  materia  in  cui  era   necessario
  procedere con revisione dello Statuto o delle norme di attuazione -
  Lesione della maggiore autonomia garantita alle Regioni speciali. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 6. 
- Costituzione, art. 116; Statuto della Regione  Sardegna,  artt.  3,
  comma 1, lett. b), 6, 46, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978,  n.  21,
  artt. 1, 4 e 5. 
Finanza pubblica - Disposizioni  urgenti  in  materia  di  finanza  e
  funzionamento degli enti territoriali - Previsione che le Regioni a
  statuto speciale e le Province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
  attuano le disposizioni  del  decreto  nelle  forme  stabilite  dai
  rispettivi  statuti  di  autonomia  e  dalle  relative   norme   di
  attuazione - Ricorso della Regione Sardegna  -  Denunciata  mancata
  previsione nella clausola di salvaguardia del riferimento ai limiti
  stabiliti dalle norme  statutarie  e  da  quelle  di  attuazione  -
  Violazione  delle  disposizioni  costituzionali  e   statutarie   a
  presidio dell'autonomia della Regione ricorrente. 
- Decreto-legge  10   ottobre   2012,   n.   174,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 11-bis. 
- Costituzione, artt. 3,  117,  118  e  119;  Statuto  della  Regione
  Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 19, 33, 34, 35, 46, 50  e
  54. 
(GU n.11 del 13-3-2013 )
    Ricorso della Regione autonoma  della  Sardegna  (codice  fiscale
80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.
69, in persona del Presidente  pro  tempore  Dott.  Ugo  Cappellacci,
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del  presente  atto,
dagli  Avv.ti  Tiziana  Ledda  (cod.  fisc.   LDDTZN52T59B354Q,   fax
0706062418,          posta          elettronica           certificata
tledda@pec.regione.sardegna.it) e Prof. Massimo Luciani  (cod.  fisc.
LCNMSM52L23H501G;  fax  0690236029;  posta  elettronica   certificata
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),   elettivamente   domiciliata
presso lo Studio del secondo in  00153  Roma,  Lungotevere  Raffaello
Sanzio, n. 9, 
    Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in  persona  del
Presidente  pro-tempore,  per  la  dichiarazione  dell'illegittimita'
costituzionale del decreto-legge 10 ottobre  2012,  n.  174,  recante
"Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone terremotate nel maggio 2012", pubblicato in G.U. n. 237  del  10
ottobre 2012, convertito in legge, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, pubblicata in  G.U.  n.
286 del 7 dicembre 2012, Suppl. Ord., ed in particolare gli  articoli
1, 1-bis, 2, 3, 6 e 11-bis. 
 
                                Fatto 
 
    1.  -  Il  decreto  legge  10  ottobre  2012,  n.  174,   recante
"Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone terremotate nel maggio 2012", pubblicato in G.U. n. 237  del  10
ottobre 2012, convertito in legge, con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, pubblicata in  G.U.  n.
286 del 7 dicembre 2012,  Suppl.  Ord.,  ha  disciplinato  una  vasta
pluralita' di oggetti, tra i quali  -  per  citare  solo  quanto  qui
interessa direttamente  -  il  regime  dei  controlli  sull'attivita'
economico-finanziaria e di bilancio delle Regioni e degli enti locali
(artt. 1, 3 e 6), i meccanismi sanzionatori a carico  dei  componenti
degli organi di governo degli enti territoriali  (art.  1-bis)  e  le
misure di contenimento della spesa pubblica dei medesimi  enti  (art.
2). 
    E' agevole constatare che il programma di riforma del regime  dei
controlli sugli enti territoriali  delineato  da  tale  decreto-legge
pretende di riguardare anche le Regioni a statuto speciale, che,  del
resto, l'art. 11-bis (come si vedra') richiama direttamente. Per vari
e significativi profili, pero', questa  estensione  della  disciplina
alle Regioni speciali si rivela del tutto illegittima. 
    Specificamente illegittimi, e violativi delle attribuzioni  della
ricorrente, nelle parti che si indicheranno di  seguito  con  maggior
precisione, sono gli articoli 1, 1-bis, 2, 3, 6 e 1-bis del  d.l.  n.
174 del 2012, per come conv. in l. n.  213  del  2012.  Essi  debbono
essere  pertanto  dichiarati  costituzionalmente  illegittimi  per  i
seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4,
5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 16, del d.l. n. 174 del 2012, come  conv.
in l. n. 213 del 2012. L'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 contiene una
varia  pluralita'   di   previsioni   normative,   tutte,   peraltro,
finalizzate  all'introduzione  di  nuove  forme  di  controllo  sulla
politica di bilancio e  sulla  gestione  economico-finanziaria  delle
Regioni o delle loro articolazioni. E' bene distinguere due gruppi di
disposizioni. Un primo gruppo di disposizioni concerne  l'istituzione
di nuove forme di  controllo  sulla  politica  di  bilancio  e  sulla
gestione  finanziaria  generale  delle  Regioni.  Un  secondo  gruppo
concerne l'istituzione di nuove forme  di  controllo  sulla  gestione
economico-finanziaria dei fondi assegnati ai Gruppi consiliari presso
le Regioni. Di tali gruppi e' bene trattare separatamente. 
    1.1. - Quanto ai controlli sulla politica  di  bilancio  e  sulla
gestione finanziaria generale delle Regioni. 
    Il primo  comma  1  indica  la  (pretesa)  finalita'  dell'intero
articolo, che sarebbe quella di "adeguare [...]  il  controllo  della
Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni". 
    Il secondo comma prevede che "ogni sei mesi le sezioni  regionali
di controllo della Corte dei conti trasmettono ai consigli  regionali
una relazione sulla tipologia delle  coperture  finanziarie  adottate
nelle leggi regionali  approvate  nel  semestre  precedente  e  sulle
tecniche di quantificazione degli oneri". 
    Il terzo comma prevede che "le  sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e  i  rendiconti
consuntivi delle regioni e degli  enti  che  compongono  il  Servizio
sanitario nazionale, con le modalita' e secondo le procedure  di  cui
all'art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23  dicembre  2005,  n.
266, [ossia recependo le relazioni provenienti dai revisori dei conti
degli enti vigilati e analizzandole anche attraverso esperti  esterni
alla Corte medesima] per la verifica  del  rispetto  degli  obiettivi
annuali posti dal patto di stabilita'  interno,  dell'osservanza  del
vincolo previsto in materia di  indebitamento  dall'art.  119,  sesto
comma, della Costituzione, della sostenibilita' dell'indebitamento  e
dell'assenza di irregolarita' suscettibili di pregiudicare, anche  in
prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti". A questo
proposito, il secondo periodo dello stesso  comma  prescrive  che  "i
bilanci preventivi annuali e pluriennali e i rendiconti delle regioni
con i  relativi  allegati  sono  trasmessi  alle  competenti  sezioni
regionali di controllo della Corte dei  conti  dai  presidenti  delle
regioni con propria relazione". 
    Il quarto comma prevede che "le sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti verificano  altresi'  che  i  rendiconti  delle
regioni  tengano  conto  anche  delle  partecipazioni   in   societa'
controllate e alle quali affidata la gestione di servizi pubblici per
la collettivita' regionale e di  servizi  strumentali  alla  regione,
nonche' dei  risultati  definitivi  della  gestione  degli  enti  del
Servizio sanitario nazionale". 
    Il quinto comma assoggetta il rendiconto generale  della  Regione
al giudizio di parifica della Corte dei conti, precisando  che  "alla
decisione di parifica e' allegata una relazione nella quale la  Corte
dei conti formula le sue osservazioni in merito alla  legittimita'  e
alla regolarita' della gestione e propone le misure di  correzione  e
gli  interventi  di  riforma  che  ritiene  necessari  al  fine,   in
particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di  migliorare
l'efficacia e l'efficienza della spesa". 
    Il sesto comma obbliga il Presidente della Regione a  trasmettere
"ogni dodici mesi alla sezione regionale di controllo della Corte dei
conti una relazione sulla regolarita' della gestione e sull'efficacia
e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni  adottato  sulla
base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della
Corte dei conti". 
    I primi  sei  commi  dell'articolo  in  esame,  sopra  brevemente
descritti, disciplinano adempimenti preliminari, che sono preordinati
al sistema di controlli e  sanzioni  previsti  dai  commi  successivi
(sicche' anche per essi valgono le censure che subito  si  diranno  a
proposito di questi). Gia' con tali  procedure,  peraltro,  lo  Stato
condiziona lo svolgimento dell'organizzazione interna della  Regione,
che e' costretta non solo a trasmettere i propri dati di bilancio  al
Giudice contabile, ma anche a dare conto del "sistema  dei  controlli
interni" che adotta (cfr. il comma  6  ora  riportato  testualmente).
Gia' questo dato e' indicativo: non sono solo i conti  della  Regione
ad essere sotto osservazione, ma e' l'intera attivita' amministrativa
ad essere condizionata dallo Stato. 
    In particolare, il comma  7  prevede  che,  nel  caso  in  cui  i
controlli      sopra      indicati       riscontrino       "squilibri
economico-finanziari", "mancata copertura di spese" o "violazione  di
norme  finalizzate  a  garantire  la   regolarita'   della   gestione
finanziaria o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto
di  stabilita'  interno",  le   Amministrazioni   interessate   hanno
"l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del
deposito della pronuncia di accertamento, i  provvedimenti  idonei  a
rimuovere  le  irregolarita'  e  a  ripristinare  gli  equilibri   di
bilancio". Su tali provvedimenti e' previsto un  ulteriore  controllo
da parte della Corte dei conti. Infine e' previsto che, nel  caso  in
cui  "la  regione  non  provveda  alla  trasmissione   dei   suddetti
provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo  dia
esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i
quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della
relativa sostenibilita' finanziaria". 
    Il comma 8, poi, prevede che "le relazioni redatte dalle  sezioni
regionali di controllo della Corte  dei  conti  ai  sensi  dei  commi
precedenti sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei  Ministri
e al Ministero dell'economia e delle finanze per le determinazioni di
competenza". 
    Tutte le disposizioni ora  richiamate  impingono  in  profondita'
nell'autonomia  regionale,  toccando   numerosi   profili   del   suo
esercizio, reintroducendo il  sistema  dei  controlli  preventivi  di
legittimita' e attribuendo particolari competenze sia alla Corte  dei
conti che all'Amministrazione statale, che in parte  illegittimamente
comprimono e in  parte  usurpano  le  attribuzioni  costituzionali  e
statutarie della Regione. 
    1.1.1. - Le disposizioni in esame violano anzitutto gli artt. 7 e
8 dello Statuto, in una con gli artt. 117, comma 3, e 119 Cost. 
    Elemento  cardine  dell'autonomia  finanziaria   della   Regione,
riconosciuta dall'art. 7  dello  Statuto  e  dall'art.  119  Cost.  e
nutrita dai canali  di  finanziamento  di  cui  all'art.  8  St.,  e'
l'autonoma  redazione  e  approvazione  (con  legge  regionale)   del
bilancio regionale. L'istituzione di un nuovo controllo preventivo  e
successivo di legittimita' sul bilancio si risolve in una  violazione
dell'autonomia  finanziaria  regionale.  In  tanto   l'autonomia   di
bilancio ha un senso, infatti,  in  quanto  le  scelte  di  bilancio,
ancorche' possano essere delimitate nei loro contenuti da  un  quadro
di disciplina  generale,  siano  effettivamente  autonome,  cio'  che
invece e' da escludersi in particolare a fronte di  controlli  che  -
come quelli qui contestati - si configurano anche come  preventivi  e
comportano   gravi   conseguenze   di    contenuto    sostanzialmente
sanzionatorio. 
    Violato, poi, e' l'art. 117, comma 3, Cost., perche'  la  lesione
dell'autonomia finanziaria  della  Regione  si  traduce  anche  nella
compressione della competenza  regionale  concorrente  nella  materia
"coordinamento della finanza pubblica".  Detta  competenza,  infatti,
nel  caso  della  Regione  Sardegna,  non  e'  altro  che  la  logica
conseguenza della garanzia fissata dalle ricordate norme  statutarie,
che conferiscono alla Regione l'autonoma gestione delle  sue  risorse
economiche, cosa che e' qui impedita dai controlli  prescritti  dallo
Stato. 
    Violati sono anche gli artt. 3, 4, 5 e 6  dello  Statuto  e  117,
commi 3 e 4, e 118 Cost. (in riferimento all'art. 10 della  l.  cost.
n. 3 del  2001,  che  assicura  alle  autonomie  speciali  almeno  le
medesime  prerogative  di  quelle  ordinarie),  per  il   fatto   che
l'impedimento alla "attuazione dei  programmi  di  spesa"  regionali,
prevista  come  sanzione  nel  caso  di  mancata  ottemperanza   alle
previsioni qui impugnate, si traduce nell'impossibilita' di  svolgere
le funzioni pubbliche attribuite alla Regione dallo Statuto  e  dalla
Costituzione ai sensi delle disposizioni ora invocate. Gli artt. 3, 4
e 5 dello Statuto, infatti, enumerano le competenze legislative della
Regione, rispettivamente in via esclusiva, concorrente e  integrativa
della disciplina statale. Gli artt. 117, commi 3  e  4,  conferiscono
anche alla  Regione  Sardegna  (in  ragione  della  clausola  di  cui
all'art. 10 della l.  cost.  n.  3  del  2001)  ulteriori  competenze
legislative in via concorrente o residuale. A tutte queste competenze
corrispondono, in ragione del c.d. "principio del  parallelismo"  tra
funzioni legislative e amministrative, le funzioni  pubbliche  svolte
dalla Regione,  che  sono  illegittimamente  compresse  dalle  misure
sanzionatorie previste dalla disposizione qui censurata. 
    Violati sono anche gli artt. 33 dello  Statuto  e  127  Cost.  Il
primo prevede, quale unica  forma  di  controllo  "preventivo"  delle
leggi regionali, la comunicazione al Governo  della  legge  approvata
prima della sua promulgazione. Essendo i bilanci regionali  approvati
con  legge,  il  nuovo  tipo  di  controllo  richiesto  dallo  Stato,
esorbitando dal modello di cui all'art. 33 dello  Statuto,  per  cio'
solo lo viola. Ma lo stesso controllo preventivo  previsto  dall'art.
33 St. e' ormai superato dall'art. 127 Cost.,  che  ha  eliminato  il
controllo preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria
(e, in forza dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2011, sulle Regioni
speciali). Anche e soprattutto tale parametro, pertanto, e'  violato.
L'addizione   di   un   controllo   ulteriore   determina,    invero,
l'alterazione  del  regime  della  legge  regionale,  regime  che  e'
definito  da  norme  di  rango  costituzionale  e  non  puo'   essere
modificato da una fonte legislativa ordinaria. 
    1.1.2. - Violati, conseguentemente, sono anche gli artt. 54 e  56
dello Statuto, in combinato disposto con i parametri sopra  invocati,
nonche' con l'art. 116 Cost. e l'art. 10 del d.P.R. 16 gennaio  1978,
n. 21, recante "Norme di attuazione dello  Statuto  speciale  per  la
Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione". 
    Detto art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, prevede che  "il
rendiconto  generale  della  regione  e'  verificato  dalla   sezione
regionale, la quale ne riferisce al presidente della Corte dei conti.
Su di esso pronunciano le sezioni riunite della Corte  dei  conti  in
conformita' all'art. 40 del testo unico delle leggi sulla  Corte  dei
conti approvato con regio decreto  12  luglio  1934,  n.  1214.  Alla
decisione e' unita una relazione nella quale la Corte formula le  sue
osservazioni intorno al modo con cui l'amministrazione  regionale  si
sia conformata alle leggi e suggerisce le variazioni o le riforme che
crede opportune. La  decisione  e  la  relazione  sono  trasmesse  al
presidente del consiglio regionale  che  le  sottopone  al  consiglio
insieme alla relazione della giunta. Copia della  decisione  e  della
relazione suddette sono trasmesse al rappresentante del Governo".  Il
giudizio di "verificazione" del quale qui si parla altro  non  e'  se
non il giudizio di parificazione previsto dal comma 5 dell'articolo 1
del decreto-legge censurato nel  presente  ricorso.  Che  sia  cosi',
oltre che dalla piana lettura del testo della  legge,  lo  si  desume
anche da quanto stabilito dallo  stesso  Giudice  contabile,  che  ha
avuto modo di affermare che "In base all'art. 10, 1° comma, d.p.r. 16
gennaio 1978 n. 21, la sezione regionale del  controllo  della  corte
dei conti per la regione  Sardegna  ha  l'obbligo  di  verificare  il
rendiconto generale della  regione;  tale  adempimento  si  sostanzia
nell'esecuzione dei riscontri prescritti dall'art. 39, 1° e 2° comma,
t.u. 12 luglio 1934 n. 1214"  (C.  conti  Sardegna,  Sez.  contr.,  2
giugno 1992, n. 89). Si noti, peraltro, che le disposizioni del  r.d.
n. 1214 del 1934 menzionate nella citata pronuncia  della  Corte  dei
conti e nell'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978 come norme applicabili
al giudizio di verificazione sono proprio quelle richiamate dal comma
5 dell'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, sicche'  nessun  dubbio  puo'
esservi su cio' che il comma in esame e l'art. 10 del  d.P.R.  n.  21
del 1978 abbiano ad oggetto la medesima fattispecie. 
    Tanto dimostra, senza  ombra  di  dubbio,  che  i  controlli  sul
bilancio  regionale  possono   essere   disposti   solo   con   norme
costituzionali, statutarie o di  attuazione  dello  Statuto,  perche'
detti controlli sono in grado, come sopra constatato, di mettere  nel
nulla l'autonomia economico-finanziaria (e non solo)  della  Regione.
Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha  costantemente  affermato  che
"le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono  un  sicuro
ruolo  interpretativo  ed  integrativo   delle   stesse   espressioni
statutarie che delimitano le sfere di  competenza  delle  Regioni  ad
autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante  atti
adottati con il procedimento appositamente  previsto  negli  statuti,
prevalendo in tal  modo  sugli  atti  legislativi  ordinari  (secondo
quanto ha piu' volte affermato questa Corte; si vedano, fra le molte,
le sentenze n. 341 del 2001, n. 213 e n. 137 del 1998)", sicche'  non
e' certo possibile per  lo  Stato,  oggi,  disciplinare  in  assoluta
solitudine ulteriori  e  diverse  forme  di  controllo  sul  bilancio
regionale, non ricorrendo alla revisione statutaria o quanto meno  al
procedimento disciplinato dall'art. 56 della l. cost. n. 3 del  1948,
ove si demanda ad una commissione paritetica la predisposizione delle
norme di attuazione dello Statuto sardo. 
    Non  si  potrebbe  certo  replicare  che  vi  sarebbero  esigenze
d'ordine generale che avrebbero suggerito di introdurre le  forme  di
controllo qui contestate. Che tali esigenze esistano o  meno,  e  che
esse reclamassero proprio gli interventi qui contestati, non cosa che
possa avere, qui, il minimo rilievo. Vale, infatti, sia pure  mutatis
mutandis,   quanto   gia'   affermato   da   codesta   Ecc.ma   Corte
costituzionale, quando, di fronte alla l. n. 124 del  2008,  osservo'
che le prerogative di garanzia  degli  organi  costituzionali  devono
essere regolate attraverso fonti  di  rango  costituzionale,  perche'
"Questa complessiva architettura istituzionale, ispirata ai  principi
della divisione dei poteri  e  del  loro  equilibrio,  esige  che  la
disciplina delle prerogative contenuta nel testo  della  Costituzione
[nel caso riferiti  alle  guarentigie  dei  componenti  degli  organi
costituzionali, ma puo' dirsi lo stesso oggi quanto alle garanzie  di
autonomia delle  Regioni  speciali]  debba  essere  intesa  come  uno
specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e
assetto di interessi costituzionali; sistema che non e' consentito al
legislatore ordinario alterare ne' in peius ne' in melius" (cosi'  la
sent. n. 262 del 2009, e, per esplicito richiamo, anche la  sent.  n.
23 del 2011). 
    Per tale ragione lo Stato, con le norme impugnate,  ha  anzitutto
violato  l'art.  54   dello   Statuto,   che   riserva   alla   legge
costituzionale (o alla speciale fonte di cui al comma 5) la revisione
dello Statuto. In ogni caso, poi, ha violato l'art. 56 dello  Statuto
(che - rinviando alle norme di attuazione - prevede la  forma  minima
di definizione del regime dei controlli sulla Regione  Sardegna),  in
combinato disposto con l'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978, che, come
detto, contiene le norme di attuazione che disciplinano il  controllo
della Corte dei conti sul bilancio regionale. 
    Conseguentemente, e' violato anche l'art. 116 Cost.,  che  tutela
la particolare autonomia delle Regioni a Statuto speciale,  autonomia
cui e' preordinato lo stesso meccanismo di adozione  delle  norme  di
attuazione dello Statuto. 
    Pel  fatto  che  detto  controllo  e'  esercitato  attraverso  il
giudizio  di  parificazione,  infine,  specificamente  lesivi   delle
attribuzioni statutarie di cui  agli  artt.  7,  8,  54  e  56  dello
Statuto, nonche' 119 della Costituzione, anche in relazione  all'art.
10 del d.P.R. n. 21 del 1978, sono i commi 4  e  5  dell'articolo  in
esame, che pretendono di disciplinare  il  contenuto  del  rendiconto
regionale e il relativo giudizio  di  parificazione  da  parte  della
sezione regionale di controllo della Corte  dei  conti  sostituendosi
alle norme di attuazione, in violazione dell'autonomia finanziaria  e
di bilancio della Regione. 
    1.1.3.  -  In  ogni  caso,  come  chiarito  dalla  giurisprudenza
costituzionale, la previsione di una  forma  di  controllo  ulteriore
della Corte dei conti non puo' che configurare tale controllo in modo
collaborativo. Nella sent. n.  29  del  1995,  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale ha affermato che le forme di controllo della Corte dei
conti sul  bilancio  regionale  debbono  risolversi  in  "un  compito
essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze  pubbliche
costituzionalmente tutelate". Tanto e' vero che l'art. 7 della l.  n.
131 del 2003 (che e' anche  richiamata  dall'art.  1,  comma  1,  del
d.lgs. n. 174  del  2012  qui  impugnato)  prevede  che  "Le  sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto
della  natura  collaborativa  del  controllo   sulla   gestione,   il
perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali  o  regionali
di principio  e  di  programma,  secondo  la  rispettiva  competenza,
nonche'  la  sana  gestione  finanziaria  degli  enti  locali  ed  il
funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli  esiti  delle
verifiche esclusivamente ai consigli degli  enti  controllati,  salvo
quanto disposto dal terzo periodo del presente comma" (ossia nel caso
delle relazioni generali al Parlamento). 
    Nel caso di specie, invece, il controllo della  Corte  dei  conti
non e' concepito in questa forma collaborativa, ma e' preordinato  al
verificarsi di conseguenze sanzionatorie e repressive, tra  le  quali
la trasmissione degli atti alla Presidenza del Consiglio dei ministri
e al Ministero dell'Economia e delle Finanze "per  le  determinazioni
di competenza"  e  -  soprattutto  -  il  blocco  indifferenziato  de
"l'attuazione dei programmi di spesa per i quali e'  stata  accertata
la mancata copertura o l'insussistenza della relativa  sostenibilita'
finanziaria" (si rifletta sugli effetti che avrebbe  tale  previsione
per la Regione Sardegna, che finanzia senza  apporti  dello  Stato  e
solo con le entrate da compartecipazioni servizi pubblici  essenziali
come i trasporti e la sanita'). 
    Tutto questo e' tanto e' vero che, ancora in  tema  di  controlli
sugli enti  autonomi,  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale,  nello
scrutinare alcune previsioni di  legge  che  imponevano  agli  organi
degli enti locali di revisione  economico-finanziaria  il  dovere  di
trasmettere  alle  Sezioni  regionali  della  Corte  dei  conti   una
relazione sul bilancio di previsione dei detti enti e che  affidavano
alle medesime Sezioni  regionali  la  potesta'  di  pronunciarsi  sui
bilanci, ha ritenuto non fondate le censure  proposte  dalla  Regione
(autonoma) allora ricorrente proprio perche' si poteva  "sottolineare
la  natura  collaborativa  del  controllo  disciplinato  dalle  norme
impugnate, che si limita alla segnalazione all'ente controllato delle
rilevate disfunzioni  e  rimette  all'ente  stesso  l'adozione  delle
misure necessarie" (sent. n. 179  del  2007).  Nel  caso  di  specie,
invece, si' va ben oltre la "segnalazione" di eventuali disfunzioni. 
    Se la previsione del  blocco  dell'attuazione  dei  programmi  di
spesa regionale fa temere per la tutela  dei  diritti  costituzionali
dei cittadini, che non possono essere  garantiti  se  non  attraverso
alcuni servizi pubblici (la  salute,  innanzitutto),  particolarmente
odiosa e  lesiva  dell'autonomia  finanziaria  della  Regione  e'  la
previsione di una  diretta  intrusione  dell'apparato  amministrativo
ministeriale nella gestione del bilancio regionale. Non  per  niente,
infatti, la giurisprudenza  costituzionale  ha  ritenuto  non  lesivo
dell'autonomia regionale l'intervento (se in forma di  collaborazione
con l'ente controllato, si ripete) da parte della  Corte  dei  conti,
che e' "organo terzo (sentenza n.  64  del  2005)  a  servizio  dello
«Stato-comunita'» (sentenze n. 29  del  1995  e  n.  470  del  1997)"
(cosi', proprio in tema di controlli sugli enti locali, la  sent.  n.
267 del 2006). 
    Essendo, dunque, il controllo imposto dal legislatore statale non
di natura collaborativa e non essendo esercitato (solo)  da  soggetti
terzi, bensi' dall'apparato burocratico-ministeriale dello Stato,  le
disposizioni impugnate violano, una volta di piu', gli artt.  7  e  8
dello Statuto e 119 Cost., che assicurano alla  Regione  un'autonomia
finanziaria qualificata;  117  Cost.,  che  conferisce  alla  Regione
competenza legislativa concorrente in materia di "coordinamento della
finanza pubblica" (atteso che qui la fonte statale va ben al  di  la'
della fissazione dei principi fondamentali di tale coordinamento, per
abbandonarsi all'introduzione di vere e proprie norme di  dettaglio);
116 Cost., 54, 56 dello Statuto e 10 del d.P.R. n. 21 del  1978,  che
tutelano la maggiore autonomia  economico-finanziaria  della  Regione
Sardegna   (almeno)   attraverso   la   previsione   dello   speciale
procedimento di attuazione statutaria; 3, 4, 5 e 6  dello  Statuto  e
117 Cost., che affidano alla Regione funzioni pubbliche che sarebbero
compromesse dal blocco dei programmi di spesa  previsto  dalle  norme
impugnate. 
    1.2. - Quanto ai controlli sulla  gestione  economico-finanziaria
dei fondi assegnati ai Gruppi  consiliari  presso  le  Regioni,  vale
quanto segue. 
    1.2.1. - Il comma 9 dell'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012  prevede
che  ogni  "gruppo  consiliare  dei  consigli  regionali  approva  un
rendiconto di esercizio  annuale,  strutturato  secondo  linee  guida
deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra  lo  Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano  e  recepite
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per assicurare
la corretta rilevazione dei fatti di gestione e  la  regolare  tenuta
della contabilita', nonche' per definire la documentazione necessaria
a corredo del rendiconto [...]". 
    Il successivo comma 10 prevede che "il rendiconto e' trasmesso da
ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale,  che
lo trasmette al presidente della regione. Entro sessanta giorni dalla
chiusura dell'esercizio, il presidente  della  regione  trasmette  il
rendiconto di ciascun gruppo alla  competente  sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti perche' si pronunci, nel  termine  di
trenta giorni dal ricevimento, sulla  regolarita'  dello  stesso  con
apposita delibera, che e' trasmessa al presidente della  regione  per
il successivo inoltro al presidente del consiglio regionale,  che  ne
cura la pubblicazione. [...] Il rendiconto e',  altresi',  pubblicato
in allegato al conto consuntivo del consiglio regionale  e  nel  sito
istituzionale della regione. 
    Il  comma  11,  prevede  che,  "qualora  la  competente   sezione
regionale di  controllo  della  Corte  dei  conti  riscontri  che  il
rendiconto di esercizio del gruppo  consiliare  o  la  documentazione
trasmessa a corredo dello stesso non sia conforme  alle  prescrizioni
stabilite a norma del  presente  articolo,  trasmette,  entro  trenta
giorni dal ricevimento del rendiconto, al  presidente  della  regione
una   comunicazione   affinche'    si    provveda    alla    relativa
regolarizzazione", comunicazione che e' inoltrata al  Presidente  del
Consiglio regionale "per i successivi adempimenti da parte del gruppo
consiliare interessato". Nel caso in cui il gruppo non provveda  alla
regolarizzazione,  "decade,  per  l'anno  in   corso,   dal   diritto
all'erogazione di risorse da parte del  consiglio  regionale"  ed  e'
obbligato a "restituire le somme ricevute a carico del  bilancio  del
consiglio regionale e non rendicontate". 
    Stessa sanzione e' prevista, ai sensi del comma 12, nel  caso  di
"non regolarita' del rendiconto [accertata] da  parte  della  sezione
regionale di controllo della Corte dei conti". 
    Anche tali disposizioni impingono in  profondita'  nell'autonomia
regionale, alterando numerosi profili del suo esercizio, intervenendo
nell'organizzazione interna dei Consigli  regionali  e,  quindi,  nel
regime degli organi "supremi" della Regione, sconvolgendo il  sistema
delle fonti nell'ordinamento regionale. 
    1.2.2. - Le norme sopra riportate, anzitutto, ledono  l'autonomia
finanziaria della Regione, della quale l'autonomia di gestione  delle
relative risorse da parte dei Gruppi consiliari presso  il  Consiglio
regionale e' una forma particolare di svolgimento.  Pertanto,  ancora
una volta sono violati gli artt. 7 e 8  dello  Statuto,  nonche'  119
Cost.,    che    tutelano    e    garantiscono    detta     autonomia
economico-finanziaria. 
    Violato, poi, e' l'art. 15 dello Statuto, che riserva alla  legge
regionale, col solo limite della "armonia con  la  Costituzione  e  i
principi   dell'ordinamento   giuridico    della    Repubblica"    la
determinazione della "forma di governo della Regione".  E',  infatti,
evidente che la disciplina dell'attivita' dei gruppi consiliari e dei
contributi loro corrisposti concerne la forma di  governo  regionale,
che viene modificata in ispregio dell'esplicita riserva di competenza
in capo alla Regione. 
    La previsione di cui al comma  10,  a  tenor  della  quale  nella
verifica dei rendiconti dei Gruppi consiliari ha competenza - seppure
solo al fine di raccolta e trasmissione degli atti  -  il  Presidente
della Giunta regionale, e'  violativa  degli  artt.  15  e  35  dello
Statuto, che disciplinano il  rapporto  tra  Presidente  e  Consiglio
regionale, relazione che e' addirittura ribaltata  dalla  pretesa  di
inserire il Presidente tra i  soggetti  attivi  nel  procedimento  di
controllo dell'attivita' dei Consigli regionali. 
    Violato e' anche l'art. 26 dello Statuto, che riserva alla  legge
regionale la fissazione dell'indennita' dei Consiglieri regionali. E'
evidente, infatti, che le disposizioni censurate impingono in  questa
sfera  di  assoluta  autonomia  della  Regione,  perche'   anche   le
erogazioni a favore del gruppo regionale, cosi' come le indennita' di
carica dei singoli Consiglieri garantiscono  l'indipendenza  politica
del Gruppo che ne beneficia, in  ossequio  al  principio  del  libero
mandato rappresentativo (sulla scia dell'art. 67 della  Costituzione)
dagli artt. 23 e 24 dello Statuto. Per tale ragione e'  evidente  che
la competenza di cui all'art. 26 dello  Statuto  comprende  anche  la
(sotto)materia dell'erogazione e dei controlli sul denaro erogato  ai
Gruppi consiliari della Regione. 
    Violato  e'  anche  l'art.  19  dello  Statuto,  che  riserva  al
Consiglio regionale l'adozione del proprio "regolamento interno,  che
esso adotta a maggioranza assoluta dei suoi componenti". L'art. 19 e'
preordinato  a  garantire  al  Consiglio  regionale  la   particolare
autonomia  che  si   attaglia   all'organo   regionale   massimamente
rappresentativo, sicche' e' a quella fonte che deve essere  demandata
la materia dei controlli sui Gruppi consiliari. 
    Violato e' anche l'art. 33 dello Statuto, che (fermo restando  il
gia' detto caso del giudizio di parificazione del bilancio regionale,
disciplinato non a caso attraverso Norme di attuazione dello  Statuto
dal d.P.R. n. 21 del 1978) limita le possibilita' di controllo  dello
Stato sull'attivita' legislativa della  Regione  (si  ricordi  che  i
bilanci sono approvati con legge regionale) alla  sola  comunicazione
che interviene tra l'approvazione e la promulgazione della legge.  La
previsione di una nuova forma  di  controllo  e',  dunque,  violativa
anche degli artt. 33 dello Statuto  e  127  Cost.  Come  si  e'  gia'
osservato, la disposizione statuaria prevede, quale  unica  forma  di
controllo "preventivo" delle leggi  regionali,  la  comunicazione  al
Governo della legge approvata prima della sua promulgazione.  Essendo
i bilanci regionali approvati con legge, il nuovo tipo  di  controllo
richiesto dallo Stato, esorbitando dal modello  di  cui  all'art.  33
dello Statuto, per cio' solo lo viola. Ma, anche questo lo si e' gia'
osservato, il controllo preventivo previsto dall'art. 33 St. e' ormai
superato  dall'art.  127  Cost.,  che  ha  eliminato   il   controllo
preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria,  sicche'
anche e soprattutto tale parametro e' violato, in  quanto  l'aggiunta
di un controllo ulteriore determina l'alterazione  del  regime  della
legge regionale, che e' definito da norme di rango  costituzionale  e
non puo' essere modificato da una fonte legislativa ordinaria. 
    Anche in questo caso, poi, e' violato l'art. 56 dello Statuto, in
combinato disposto con l'art. 7 dello Statuto, l'art. 116 Cost. e con
gli artt. 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. Detti articoli del
d.P.R. n. 21 del 1978 riservano  alla  sezione  regionale  Corte  dei
conti il controllo di legittimita' "sugli atti  amministrativi  della
regione, esclusa ogni valutazione di merito". Inoltre  l'art.  5  del
d.P.R. n. 21 del 1978 prevede che "Il controllo di legittimita' sugli
atti amministrativi della regione [...]  si  esercita  esclusivamente
sui regolamenti" e sugli "atti costituenti adempimento degli obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea",  sicche'
e' illegittima la pretesa dello Stato di  sottoporre  a  controllo  i
rendiconti dei Gruppi consiliari. Le norme ora richiamate  dimostrano
che i controlli sui Gruppi consiliari possono  essere  disposti  solo
attraverso una revisione statutaria o le norme  di  attuazione  dello
Statuto, perche' detti controlli sono in grado, come  si  diceva,  di
mettere nel nulla l'autonomia politica ed economico-finanziaria della
Regione. Avendo lo Stato, in assoluta solitudine  previsto  forme  di
controllo sui gruppi consiliari, ha violato una volta  di  piu',  gli
artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., che  assicurano  alla  Regione
un'autonomia finanziaria qualificata; 117 Cost., che conferisce  alla
Regione   competenza   legislativa   concorrente   in   materia    di
"coordinamento della finanza  pubblica"  (atteso  che  qui  la  fonte
statale va ben al di la' della fissazione dei  principi  fondamentali
di tale coordinamento, per abbandonarsi all'introduzione  di  vere  e
proprie norme di dettaglio); 116 Cost., 54, 56 dello Statuto e 4 e  5
del d.P.R. n.  21  del  1978,  che  tutelano  la  maggiore  autonomia
economico-finanziaria della Regione Sardegna (almeno)  attraverso  la
previsione dello speciale procedimento di attuazione  statutaria;  3,
4, 5 e 6 dello  Statuto  e  117  Cost.,  che  affidano  alla  Regione
funzioni pubbliche che sarebbero compromesse dal blocco dei programmi
di spesa previsti dalle norme impugnate. 
    Anche per queste disposizioni, poi, si puo' osservare  che  manca
quella   forma   collaborativa,   richiesta   dalla    giurisprudenza
costituzionale, del controllo esercitato dalla Corte dei conti  sugli
enti autonomi (ed anzi,  sul  massimo  organo  rappresentativo  della
Regione), perche' il controllo della Corte dei conti  e'  preordinato
al verificarsi di conseguenze sanzionatorie e repressive, quali  sono
la decadenza dal diritto  all'erogazione  di  risorse  da  parte  del
Consiglio regionale e l'obbligo a restituire le somme gia'  ricevute.
Tanto, con la conseguente violazione, per un ulteriore profilo, degli
artt. 117 e 119 Cost. e 7, 8, 15, 19, 33 e 56 dello Statuto, anche in
relazione agli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. 
    1.3. - Connesso alle norme sin qui censurate,  ma  meritevole  di
distinto esame, e' infine il comma 16 dell'art. 1 del d.  l.  n.  174
del 2012. 
    Esso obbliga  le  "regioni  a  statuto  speciale  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano" ad adeguare "il proprio  ordinamento
alle disposizioni del presente articolo entro un anno dalla  data  di
entrata in vigore" dello stesso d.l. n. 174 del 2012. 
    Stante tutto quanto gia' osservato nei precedenti  paragrafi,  e'
del tutto evidente che l'adeguamento dell'ordinamento regionale  alle
disposizioni del presente articolo comporta necessariamente  (se  non
la revisione dello Statuto, quantomeno) la revisione delle  Norme  di
attuazione statutaria (eppercio' del d.P.R. n.  21  del  1978).  Dato
che, ai sensi dell'art. 56 dello Statuto, la Regione non ha nella sua
esclusiva disponibilita' la modificazione delle norme di  attuazione,
la disposizione in  esame  e'  di  bel  nuovo  violativa  (oltre  che
dell'art. 54) del medesimo art. 56 dello Statuto,  nonche'  dell'art.
116 Cost., che tutela la maggiore autonomia  delle  Regioni  speciali
proprio attraverso  il  riconoscimento  della  particolare  posizione
dello  Statuto  speciale  (e,  dunque,  delle   relative   norme   di
attuazione) nel sistema delle fonti.  Dato  che,  come  ha  segnalato
codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella recente sent.  n.  198  del
2012 "a tali fonti una legge ordinaria  non  puo'  imporre  limiti  e
condizioni", la disposizione censurata e' radicalmente illegittima. 
    Oltre i parametri anzidetti, sono indirettamente  violati  ancora
una volta, e per le ragioni gia' viste, gli artt. 7, 8, 15,  19,  26,
33 e 35 dello Statuto e 117 e 119 Cost., nella misura in cui il comma
16 qui in esame intende costringere la Regione Sardegna a  subire  le
lesioni delle sue attribuzioni costituzionali e statutarie, messe  in
luce - sin confida - ai precedenti paragrafi. 
    2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, commi 1 e  4,
del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in I. n. 213  del  2012.  L'art.
1-bis del d.l. n. 174 del 2012 reca modifiche al d.lgs.  n.  149  del
2011. Quelle appresso indicate  sono  illegittime  perche'  violative
delle competenze e attribuzioni  statutarie  e  costituzionali  della
Regione. 
    2.1. - L'art. 1-bis, comma 1, lett. c), aggiunge il  comma  3-bis
all'art. 1 del d.lgs. n. 149 del 2011. Detto  comma  prevede  che  la
relazione di fine legislatura che deve redigere il  Presidente  della
Giunta Regionale ai sensi dei commi 2 e 3 dello  stesso  art.  1  del
d.lgs. n. 149 del  2011  "e'  trasmessa,  entro  dieci  giorni  dalla
sottoscrizione del Presidente della Giunta  regionale,  alla  sezione
regionale di controllo della  Corte  dei  conti,  che,  entro  trenta
giorni dal ricevimento, esprime le proprie valutazioni al  Presidente
della Giunta regionale".  Inoltre,  "Le  valutazioni  espresse  dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti sono  pubblicate
nel sito istituzionale della regione entro il  giorno  successivo  al
ricevimento da parte del Presidente della Giunta regionale". 
    L'illegittimita' della previsione ora menzionata emerge de  plano
se la si confronta con quanto  previsto  al  successivo  art.  1-bis,
comma 1, lett. e), che, sostituisce interamente il comma 6  dell'art.
1 del d.lgs. n. 149 del 2011 nel modo che segue: "In caso di  mancato
adempimento dell'obbligo di redazione e di  pubblicazione,  nel  sito
istituzionale dell'ente, della  relazione  di  fine  legislatura,  al
Presidente della Giunta regionale e, qualora non abbiano  predisposto
la relazione, al responsabile del servizio bilancio e  finanze  della
regione e all'organo di  vertice  dell'amministrazione  regionale  e'
ridotto della meta', con riferimento alle successive tre  mensilita',
rispettivamente,  l'importo  dell'indennita'  di  mandato   e   degli
emolumenti. Il Presidente della regione e', inoltre,  tenuto  a  dare
notizia della mancata pubblicazione della relazione,  motivandone  le
ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente". 
    Con le disposizioni in esame il legislatore ha previsto una nuova
e particolare forma di controllo sull'operato della Giunta  regionale
da parte della Corte  dei  conti,  controllo  che  non  si  limita  a
prospettare una forma di collaborazione tra il  giudice  contabile  e
l'Ente,  ma  e'  preordinato  all'adozione   di   specifiche   misure
sanzionatorie in capo al Presidente della Regione. 
    In  questo  modo,  pero',  lo  Stato  ha  violato  la  competenza
esclusiva della ricorrente relativamente alla disciplina della "forma
di governo della Regione", prevista dall'art. 15  dello  Statuto.  La
redazione e la pubblicazione della relazione di fine  legislatura  si
risolve,   infatti,   in   un   dovere    che    risulta    collegato
indissolubilmente        all'esercizio         delle         funzioni
politico-amministrative del Presidente della Regione,  il  quale,  ai
sensi  dell'art.  34  dello  Statuto,  e'  "organo  esecutivo   della
Regione". Un dovere collegato in maniera cosi' stretta  all'esercizio
delle funzioni attribuite al Presidente quale vertice esecutivo della
Regione da incidere in maniera significativa nella "forma di  governo
della Regione", per cio' solo impingendo nella  sfera  di  competenza
esclusiva della Regione. 
    La norma contestata  si  intromette  nella  regolamentazione  del
rapporto politico-istituzionale  tra  Consiglio  e  Presidente  della
Regione, proprio  perche'  non  solo  regola  adempimenti  di  natura
politica del  Presidente  (tra  i  quali  e'  la  relazione  di  fine
mandato),  ma  perche',  sul  piano  giuridico-istituzionale  ne   fa
derivare effetti sfavorevoli per il Presidente stesso,  che,  invece,
dovrebbe  sopportare  simili  conseguenze  pregiudizievoli,  a  tutto
concedere, solo  in  ragione  di  determinazioni  assunte  dall'unico
organo cui e' legato da un rapporto istituzionale qualificato,  ossia
dal Consiglio regionale. Pertanto, oltre all'art.  15,  sono  violati
anche gli artt. 35 e 37  dello  Statuto,  che  regolano  il  rapporto
politico-istituzionale tra Consiglio  regionale  e  Presidente  della
Regione. 
    L'art. 15 dello Statuto, anche  in  combinato  disposto  con  gli
artt. 35 e 37 dello Statuto, e' violato anche per un diverso profilo,
e  anche  in  combinato  disposto  con  gli  artt.  3  e   97   della
Costituzione. Il Presidente della Regione, infatti, non  ha  modo  di
interloquire con la Corte dei  conti,  a  seguito  delle  valutazioni
svolte da quest'ultima sulla relazione  di  fine  legislatura.  Anche
questo elemento e' in grado di modificare la struttura  del  rapporto
che intercorre tra Consiglio regionale e  Presidente  della  Regione,
regolato dagli artt. 15, 33 e 37 dello Statuto, e risulta,  comunque,
irragionevole, in quanto  impedisce  al  Presidente  di  chiarire  le
ragioni giustificatrici dell'azione della Regione, cosi pervenendo ad
esiti  informativi  che  non  sono  compiutamente  soddisfacenti   ed
efficaci. 
    Ancora una volta, poi, sono violati  gli  artt.  54  e  56  dello
Statuto, in combinato disposto con gli artt. 15 e 37  dello  Statuto,
l'art. 116 Cost. e gli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978,  n.
21, recante "Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  per  la
Sardegna concernente il controllo  sugli  atti  della  Regione".  Gli
articoli in  questione,  come  si  e'  gia'  detto,  disciplinano  il
controllo della Corte  dei  conti  sugli  atti  amministrativi  della
Regione Sardegna, che e' demandato alla sezione regionale della Corte
dei conti ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 21 del 1978, precludendo
ogni alterazione di tale disciplina che non passi  da  una  revisione
statutaria o dalla modificazione delle norme di attuazione. 
    La nuova forma di  controllo  della  Corte  dei  conti  viola  il
modello disciplinato nell'art. 5 del d.P.R.  n.  21  del  1978.  Ivi,
infatti, quanto al contenuto del controllo, le  norme  di  attuazione
dello Statuto consentono solamente un  "controllo  di  legittimita'",
essendo   "esclusa   ogni   valutazione   di   merito"   sull'operato
dell'Amministrazione  regionale.  Quanto  all'oggetto,  il  controllo
della  Corte  dei  conti  si  puo'  esercitare  "esclusivamente   sui
regolamenti,  eccetto  quelli  attinenti  l'autonomia  organizzativa,
funzionale e contabile del consiglio regionale". Nel caso  in  esame,
invece, alla Corte dei conti e' consentito entrare nel  merito  delle
concrete scelte politiche effettuate dagli organi  di  governo  della
Regione e le sono  conferite  potesta'  che  esorbitano  dal  modello
previsto nelle norme di attuazione. 
    Ne viene ancora una volta, in una con la violazione  degli  artt.
54 e 56 dello Statuto (che consentono la ridefinizione del  controllo
sugli atti della Regione solo tramite revisione statutaria o norme di
attuazione dello Statuto), la violazione degli  artt.  7  e  8  dello
Statuto, che tutelano e garantiscono  l'autonomia  finanziaria  della
Regione; dell'art. 116 Cost., che  tutela  la  particolare  autonomia
delle Regioni a Statuto speciale, degli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R.  n.
21 del 1978, che, come detto, disciplinano e fissano gli strumenti di
controllo degli atti regionali a disposizione della Corte dei conti. 
    2.2. - Il comma 4 dell'art. 1-bis del d.l. n. 174 del  2012  reca
modificazioni all'art. 5 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 149. 
    In particolare, inserendo le parole "anche  nei  confronti  delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano" nell'alinea
di detto art. 5, estende -  appunto  -  anche  alle  Regioni  e  alle
Province autonome la potesta' della Ragioneria generale  dello  Stato
di   "attivare   verifiche   sulla   regolarita'    della    gestione
amministrativo-contabile [...] qualora un ente evidenzi situazioni di
squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto
utilizzo   dell'anticipazione   di   tesoreria:   b)    disequilibrio
consolidato della parte corrente del bilancio; c)  anomale  modalita'
di gestione dei servizi  per  conto  di  terzi;  c-bis)  aumento  non
giustificato delle spese in favore  dei  gruppi  consiliari  e  degli
organi istituzionali", verifiche previste all'art. 5 del d.l. n.  149
del 2011. 
    La disposizione  in  esame  lede  l'autonomia  finanziaria  della
Regione, in quanto ne sottopone l'esercizio  a  controlli  effettuati
dall'Amministrazione  ministeriale.  Anche  in  questo  caso  vi   e'
un'intromissione  dell'Amministrazione  statale  nelle  procedure  di
controllo del bilancio della Regione che e' gravemente  lesiva  della
sua autonomia finanziaria. Anche in questo caso, dunque, puo'  essere
richiamata quella giurisprudenza costituzionale che ha  ritenuto  non
lesivo  dell'autonomia   regionale   un   intervento   di   controllo
(oltretutto  solo  nella  forma  della  collaborazione   con   l'ente
controllato) da parte della sola Corte dei conti, perche'  questa,  a
differenza dell'apparato ministeriale, e' "organo terzo (sentenza  n.
64 del 2005) a servizio dello «Stato-comunita'» (sentenze n.  29  del
1995 e n. 470 del 1997)" (sent. n. 267 del 2006). Per  tali  ragioni,
la disposizione in questione e' violativa degli artt.  7  e  8  dello
Statuto  e  117  e  119  Cost.,  dai  quali  scaturisce   l'autonomia
finanziaria e di bilancio della Regione. 
    Analogamente a quanto gia' rilevato, sono violati anche gli artt.
33 dello Statuto e 127 Cost. Si deve ripetere ancora una volta che la
disposizione  statuaria  prevede,  quale  unica  forma  di  controllo
"preventivo" delle leggi regionali, la comunicazione al Governo della
legge approvata prima della  sua  promulgazione.  Essendo  i  bilanci
regionali approvati con legge, il nuovo tipo di  controllo  richiesto
dallo Stato,  esorbitando  dal  modello  di  cui  all'art.  33  dello
Statuto, per cio' solo lo viola. Ma,  anche  questo  lo  si  e'  gia'
osservato, il controllo preventivo previsto dall'art. 33 St. e' ormai
superato  dall'art.  127  Cost.,  che  ha  eliminato   il   controllo
preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria,  sicche'
anche e soprattutto tale parametro e' violato, in  quanto  l'aggiunta
di un controllo ulteriore determina l'alterazione  del  regime  della
legge regionale, che e' definito da norme di rango  costituzionale  e
non puo' essere modificato da una fonte legislativa ordinaria. 
    Anche in questo caso, poi, sono violati gli artt. 54 e  56  dello
Statuto, in combinato disposto con l'art. 7 dello Statuto, l'art. 116
Cost. e con l'art. 10 del d.P.R. 16  gennaio  1978,  n.  21,  per  le
ragioni  gia'  esaminate  in  precedenza,  quanto  al  rapporto   fra
tipologia  dei  controlli  e  tipologia  delle  fonti   che   possono
introdurli o modificarli. 
    Si deve ricordare ancora una volta che l'art. 10 del d.P.R. n. 21
del 1978 limita il controllo sugli  atti  relativi  alla  manovra  di
bilancio della Regione Sardegna alla verifica del rendiconto generale
della Regione effettuata dalla  sezione  regionale  della  Corte  dei
conti, sicche' deve escludersi la legittimita' di una disposizione di
legge ordinaria che istituisce altri tipi di controlli e di verifiche
(specie se operati dall'Amministrazione ministeriale) senza  attivare
la procedura garantistica dell'art. 56 dello  Statuto.  Sono  di  bel
nuovo violati gli artt. 54 e 56 dello Statuto, che -  rispettivamente
- prevedono il procedimento di revisione statutaria, che  va  seguito
per modificare il regime dei controlli, e (nella misura in  cui  cio'
non  e'  necessario)  demandano  ad  una  commissione  paritetica  la
predisposizione  delle  norme  di  attuazione  dello  Statuto.  Nella
specie, si  badi,  e'  soprattutto  il  primo  parametro  che  appare
violato, perche'  la  norma  censurata  ha  introdotto  un  controllo
ministeriale  totalmente  sconosciuto  non  solo  allo  Statuto,   ma
all'intero  sistema  costituzionale,  sicche'  le  stesse  norme   di
attuazione sarebbero state inadeguate alla bisogna. In  una  con  gli
indicati parametri, poi, sono violati gli artt. 7 dello Statuto,  che
tutelano e garantiscono l'autonomia finanziaria della Regione; l'art.
116 Cost., che  tutela  la  particolare  autonomia  delle  Regioni  a
Statuto speciale, l'art. 10 del d.P.R. n.  21  del  1978,  che,  come
detto, disciplina il controllo della Corte dei conti. 
    3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2, 3,  4
e 5, del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in  l.  n.  213  del  2012.
L'art. 2 del d.l. n. 174 del  2012  reca  numerose  disposizioni  che
obbligano le Regioni ad intervenire sull'attivita' dei loro organi di
governo.  Esse  sono  talmente  estranee  alla  logica  stessa  della
specialita' che  e'  piu'  che  lecito  dubitare  della  loro  stessa
applicabilita' alla Regione Sardegna. Poiche' il comma 4  impegna  la
Regione all'adeguamento a tali previsioni, tuttavia, la loro  censura
in sede di giudizio  principale  di  legittimita'  costituzionale  e'
inevitabile. 
    Le disposizioni in esame  sono  qui  gravate  da  due  ordini  di
censure. 
    Da  una  parte,  infatti,  vi  e'  la  palese  violazione   della
competenza legislativa della  Regione  ricorrente  nella  regolazione
della propria autonomia  finanziaria  e,  specularmente,  un  abnorme
esercizio da  parte  dello  Stato  della  competenza  concorrente  in
maniera di "coordinamento della finanza pubblica",  oltrepassando  di
gran lunga il  confine  che  separa  le  disposizioni  di  principio,
riservate  allo  Stato,  dalla  concreta   gestione   della   finanza
regionale, che spetta a tutte le Regioni  (ai  sensi  dell'art.  117,
comma 3, Cost., da intendersi di seguito sempre in combinato disposto
con l'art. 10 della l. cost. n.  3  del  2001,  che  garantisce  alle
Regioni speciali almeno la medesima autonomia delle  ordinarie)  e  -
con ancor maggiore ambito di autonomia  -  alla  ricorrente,  che  e'
titolare  di  attribuzioni   in   tema   di   autonomia   finanziaria
guarentigiate da fonti costituzionali in ragione degli artt.  7  e  8
del proprio Statuto, confermati dagli artt. 116  e  119  Cost.  Dette
modalita' non solo hanno illegittimamente  travalicato  l'ambito  dei
principi del coordinamento  della  finanza  pubblica  riservati  allo
Stato, ma, allo stesso tempo, hanno invaso le  competenze  statutarie
della ricorrente in una serie di specifiche materie, di cui si  dara'
conto - si confida - puntualmente nei prossimi paragrafi. 
    Dall'altra parte, poi, lo Stato, con  l'articolo  qui  censurato,
obbliga la ricorrente a produrre  effetti  di  finanza  pubblica  che
possono darsi solo mediante la revisione dello Statuto. Ma,  come  e'
noto, lo Statuto speciale per la  Sardegna  e'  stato  approvato  con
legge costituzionale, sicche' la  ricorrente  non  ne  puo'  disporre
liberamente allo stesso modo di una Regione ordinaria. Pertanto, come
si confida di dimostrare  anche  facendo  rinvio  alla  piu'  recente
giurisprudenza    costituzionale,    le    disposizioni     contenute
nell'articolo in questione sono illegittime per violazione di singoli
parametri statutari (appresso partitamente indicati), sempre anche in
relazione all'art. 116 Cost., che  riconosce  e  tutela  la  maggiore
autonomia delle Regioni speciali, e all'art. 54 Cost., che disciplina
il procedimento di revisione dello Statuto. 
    3.1. -  Fatta  questa  necessaria  premessa,  dovuta  anche  alla
estrema   lunghezza   e   complessita'   (si   direbbe:   sostanziale
illeggibilita') delle disposizioni impugnate, e' necessario riportare
almeno in parte il contenuto dell'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012. 
    Il comma 1 prevede che "una  quota  pari  all'80  per  cento  dei
trasferimenti erariali a favore  delle  regioni,  diversi  da  quelli
destinati al finanziamento del  Servizio  sanitario  nazionale  e  al
trasporto pubblico locale" sia erogata solo se la  regione,  "con  le
modalita' previste dal proprio  ordinamento,  entro  il  23  dicembre
2012, ovvero entro sei mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della
legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a
modifiche statutarie": 
        "a) abbia dato applicazione a quanto previsto  dall'art.  14,
comma 1, lettere a), b), d) ed e), del decreto-legge 13 agosto  2011,
n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011,
n. 148", ossia abbia ridotto il numero dei  consiglieri  regionali  e
degli assessori, nonche' i loro emolumenti; 
        "b) abbia definito l'importo dell'indennita'  di  funzione  e
dell'indennita' di carica,  nonche'  delle  spese  di  esercizio  del
mandato, dei consiglieri e degli assessori  regionali,  spettanti  in
virtu' del loro mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente
l'importo  riconosciuto  dalla  regione  piu'  virtuosa"   A   questo
proposito si prevede che "la regione  piu'  virtuosa  e'  individuata
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Io Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di  Bolzano  entro  il  10  dicembre
2012" e che  "Decorso  inutilmente  tale  termine,  la  regione  piu'
virtuosa e' individuata con decreto del Presidente del Consiglio  dei
ministri o, su sua delega, del Ministro per gli affari regionali,  il
turismo e lo sport, di concerto con i Ministri dell'interno,  per  la
pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'economia e delle
finanze, adottato nei successivi quindici giorni"; 
        "c)  abbia  disciplinato  l'assegno  di  fine   mandato   dei
consiglieri  regionali  in  modo  tale  che  non   ecceda   l'importo
riconosciuto dalla regione piu' virtuosa", individuata  nei  modi  di
cui alla lett. b), ma con l'avvertenza che "Le  disposizioni  di  cui
alla presente lettera non  si  applicano  alle  regioni  che  abbiano
abolito gli assegni di fine mandato"; 
        "d) abbia introdotto il divieto di  cumulo  di  indennita'  o
emolumenti, ivi comprese le indennita' di funzione o di  presenza  in
commissioni  o  organi  collegiali,  derivanti   dalle   cariche   di
presidente della regione, di presidente del consiglio  regionale,  di
assessore o di  consigliere  regionale,  prevedendo  inoltre  che  il
titolare di piu' cariche sia  tenuto  ad  optare,  fin  che  dura  la
situazione di cumulo potenziale, per  uno  solo  degli  emolumenti  o
indennita'; 
        e) abbia previsto, per  i  consiglieri,  la  gratuita'  della
partecipazione  alle   commissioni   permanenti   e   speciali,   con
l'esclusione anche di diarie, indennita' di presenza  e  rimborsi  di
spese comunque denominati; 
        f)  abbia  disciplinato  le  modalita'   di   pubblicita'   e
trasparenza  dello  stato  patrimoniale  dei  titolari   di   cariche
pubbliche elettive e di governo  di  competenza,  prevedendo  che  la
dichiarazione, da pubblicare annualmente, all'inizio e alla fine  del
mandato, nel  sito  istituzionale  dell'ente,  riguardi:  i  dati  di
reddito e di  patrimonio,  con  particolare  riferimento  ai  redditi
annualmente  dichiarati;  i  beni  immobili   e   mobili   registrati
posseduti; le partecipazioni in societa' quotate e  non  quotate;  la
consistenza degli investimenti in titoli  obbligazionari,  titoli  di
Stato o in altre utilita' finanziarie detenute anche tramite fondi di
investimento, SICAV o intestazioni  fiduciarie,  stabilendo  altresi'
sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza; 
        g) fatti salvi i rimborsi  delle  spese  elettorali  previsti
dalla normativa nazionale, abbia definito l'importo dei contributi in
favore dei gruppi consiliari, al netto delle spese per il  personale,
da  destinare  esclusivamente  agli  scopi   istituzionali   riferiti
all'attivita' del consiglio regionale  e  alle  funzioni  di  studio,
editoria e comunicazione, esclusa in ogni caso la  contribuzione  per
partiti o movimenti politici, nonche' per gruppi composti da un  solo
consigliere, salvo quelli che risultino cosi' composti gia' all'esito
delle elezioni,  in  modo  tale  che  non  eccedano  complessivamente
l'importo riconosciuto dalla regione piu' virtuosa,  secondo  criteri
omogenei, ridotto della meta'" (anche stavolta  per  l'individuazione
della Regione piu' virtuosa si rimanda alla lett. b) di cui supra); 
        "h) abbia definito, per le legislature successive a quella in
corso e salvaguardando per le legislature  correnti  i  contratti  in
essere,  l'ammontare  delle  spese  per  il  personale   dei   gruppi
consiliari, secondo un parametro omogeneo, tenendo conto  del  numero
dei consiglieri, delle  dimensioni  del  territorio  e  dei  modelli'
organizzativi di ciascuna regione"; 
        i) abbia dato applicazione alle regole previste dall'art. 6 e
doli' art. 9, comma 28, del decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,  e
successive modificazioni, dall'art. 22, commi da  2  a  4,  dall'art.
23-bis, commi 5-bis e 5-ter, e dall'art. 23-ter del  decreto-legge  6
dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge  22
dicembre 2011, n. 214 , dall'art. 3, commi 4, 5, 6 e 9, dall'art.  4,
dall'art. 5, comma 6, e dall'art. 9, comma  l,  del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135; 
        l) abbia istituito, altresi', un sistema informativo al  quak
affluiscono i  dati  relativi  al  finanziamento  dell'attivita'  dei
gruppi politici, curandone, altresi', la pubblicita' nel proprio sito
istituzionale",  con  la  precisazione  che   "i   dati   sono   resi
disponibili, per via telematica, al sistema informativo  della  Corte
dei conti, al Ministero dell'economia e delle finanze -  Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato, nonche' alla  Commissione  per
la trasparenza e il  controllo  dei  rendiconti  dei  partiti  e  dei
movimenti politici di cui all'art. 9 della legge 6  luglio  2012,  n.
96"; 
        "m) abbia adottato  provvedimenti  volti  a  recepire  quanto
disposto dall'art. 14, colma 1,  lettera  f),  del  decreto-legge  13
agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  14
settembre 2011, n. 144. La regione, a decorrere dalla data di entrata
in vigore del presente decreto e fatti salvi i  relativi  trattamenti
gia' in erogazione a tale data, fino all'adozione  dei  provvedimenti
di cui al primo periodo, puo' prevedere o  corrispondere  trattamenti
pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la
carica di presidente della regione, di  consigliere  regionale  o  di
assessore regionale solo se, a quella data, i beneficiari:  1)  hanno
compiuto sessantasei anni di eta'; 2) hanno ricoperto  tali  cariche,
anche non continuativamente, per un periodo  non  inferiore  a  dieci
anni. Fino  all'adozione  dei  provvedimenti  di  cui  alla  presente
lettera, in assenza dei requisiti di  cui  ai  numeri  1)  e  2),  la
regione non corrisponde  i  trattamenti  maturati  dopo  la  data  di
entrata in vigore del presente decreto". Si  prevede  anche  che  "le
disposizioni di cui alla  presente  lettera  non  si  applicano  alle
regioni che abbiano abolito i vitalizi"; 
        "n) abbia escluso, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice
penale, l'erogazione del vitalizio in favore di chi sia condannato in
via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione". 
    Il secondo comma, poi, aggiunge che, "ferme restando le riduzioni
di cui al comma 1,  alinea,  in  caso  di  mancato  adeguamento  alle
disposizioni di cui al comma  i  entro  i  termini  ivi  previsti,  a
decorrere dal 1° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della
regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente  alla
meta'  delle  somme  da  essa  destinate  per  l'esercizio  2013   al
trattamento economico complessivo spettante ai membri  del  consiglio
regionale e ai membri della giunta regionale". 
    Il  comma  3  del  medesimo  articolo  prevede  che   "Gli   enti
interessati comunicano il documentato rispetto  delle  condizioni  di
cui al comma 1 mediante comunicazione da inviare alla Presidenza  del
Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e  delle  finanze
entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini  di
cui al comma 1". 
    Del comma 4 si e' gia' accennato in premessa e  meglio  si  dira'
sub 3.6. 
    L'ultimo comma, il quinto, prevede che, "qualora le  regioni  non
adeguino i loro ordinamenti entro i termini di cui al comma 1  ovvero
entro quelli  di  cui  al  comma  3,  alla  regione  inadempiente  e'
assegnato, ai sensi dell'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n.  131  ,
il termine di novanta giorni per provvedervi",  con  la  precisazione
che "il mancato rispetto di tale  ulteriore  termine  e'  considerato
grave violazione di legge ai sensi dell'art. 126, primo comma,  della
Costituzione". 
    3.2. - Le disposizioni dell'art. 5, comma 1, del d.l. n. 174  del
2012 esorbitano dalle  attribuzioni  dello  Stato  nella  materia  di
competenza  concorrente  "coordinamento  della   finanza   pubblica",
perche' non si limitano  a  dettare  disposizioni  di  principio,  ma
arrivano a definire  il  piu'  minuto  dettaglio  della  materia  che
regolano. 
    Questa  difesa   non   ignora   la   sedimentata   giurisprudenza
costituzionale che vuole che "il legislatore statale  puo',  con  una
disciplina di principio, legittimamente «imporre agli enti  autonomi,
per  ragioni  di  coordinamento  finanziario  connesse  ad  obiettivi
nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle
politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente,
in limitazioni indirette  all'autonomia  di  spesa  degli  enti»  (da
ultimo, sentenza n. 182 del 2011)", vincoli che "possono considerarsi
rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli  enti  locali  quando
stabiliscono un «limite complessivo,  che  lascia  agli  enti  stessi
ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i  diversi  ambiti  e
obiettivi di spesa» (sentenza n. 182 del 2011,  nonche'  sentenze  n.
297 del 2009, n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007)", ossia fintanto che
e' consentita "l'estrapolazione, dalle singole disposizioni  statali,
di  principi  rispettosi   di   uno   spazio   aperto   all'esercizio
dell'autonomia regionale» (sentenza n. 182 del 2011)" (cosi', tra  le
ultime, la sent. n. 139 del 2012). 
    Nel caso in questione, pero', la realta' e' ben altra.  La  piana
lettura   delle   disposizioni   impugnate   "rende    evidente    la
impossibilita'  di  ricondurre  la  disposizione  censurata   ad   un
esercizio  del  potere  legislativo  di  determinazione  di  principi
fondamentali, nel rispetto del tipo di  legislazione  concorrente  di
cui al terzo comma dell'art.  117  della  Costituzione",  perche'  le
disposizioni normative "sono tutte assai particolareggiate  ed  anche
in  parte  tra  loro  eterogenee"  e  "non  possono  non   applicarsi
integralmente, senza spazi per adeguamento alcuno, anche a Regioni  e
Province autonome", sicche', "quand'anche la  norma  impugnata  venga
collocata nell'area del  coordinamento  della  finanza  pubblica,  e'
palese che il legislatore  statale,  vincolando  Regioni  e  Province
autonome all'adozione di misure analitiche  e  di  dettaglio,  ne  ha
compresso illegittimamente l'autonomia finanziaria,  esorbitando  dal
compito di formulare i  soli  principi  fondamentali  della  materia"
(cosi', in modo particolarmente efficace tra le tante,  la  sent.  n.
159 del 2008). 
    Che nella fattispecie che ne occupa sia esattamente cosi' risulta
da molteplici dati: 
        -  la  lett.  a)  prescrive  un  rigido  livello  massimo  di
consiglieri e assessori regionali, nonche' la  diminuzione  dei  loro
emolumenti; 
      
      
        - le lett. b), c) e g) addirittura impongono un  livellamento
generale delle misure di spesa tra tutte le Regioni italiane.  Questo
e' un dato assolutamente dirimente:  le  Regioni  dovranno  prevedere
tutte la stessa cifra, assimilata a quella dell'Ente  piu'  virtuoso,
per indennita' di funzione, assegni  di  fine  mandato  e  importi  a
favore  dei  gruppi.  E,  si  badi,  l'intervento  della   Conferenza
Stato-Regioni non lascia alle Regioni spazio di autonomia, visto  che
la Conferenza dovra' solo prendere atto di quale sia la Regione  piu'
virtuosa; 
        - le lett. d), e), h)  e  n)  indicano  non  dei  livelli  di
riduzione di spesa, ma  cogenti  modelli  di  regolamentazione  della
spesa, vietando il cumulo tra indennita' ed. emolumenti, prescrivendo
la gratuita partecipazione alle  commissioni,  un  tetto  massimo  di
spese per il personale, una rigida relazione tra  eventuale  condanna
penale dell'ex consigliere regionale e revoca del vitalizio; 
        -  le  lett.  f)  e  l),  prevedono  dettagliate   forme   di
pubblicita' dello stato patrimoniale e l'istituzione  di  un  sistema
informativo sul finanziamento ai gruppi politici. 
    E'  impossibile,  dunque,  ricollegare  dette   disposizioni   al
semplice principio della "riduzione dei costi  della  politica  nelle
regioni", come vorrebbe la rubrica  dell'art.  2  in  esame,  sicche'
risulta evidente la loro  illegittimita',  per  violazione  dell'art.
117, somma 3, Cost. (che  limita  alla  fissazione  dei  principi  la
competenza  statale  in  materia  di  coordinamento   della   finanza
pubblica), ma anche degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost.  (dai
quali si desume la specifica garanzia dell'autonomia finanziaria e di
bilancio della Regione Sardegna). 
    Di conseguenza, sono illegittimi anche i commi  2,  3  e  5,  che
ricollegano effetti ancor piu' lesivi dell'autonomia  regionale  alla
(mancata) ottemperanza alle prescrizioni del comma  1.  Effetti  che,
ripercuotendosi sull'intero e generale finanziamento  della  Regione,
si palesano violativi degli artt. 7 e 8 dello Statuto  e  117  e  119
Cost., ma anche degli artt. 3,  4,  5  e  6  dello  Statuto,  perche'
impediscono  alla  ricorrente  di  svolgere  le  funzioni   pubbliche
confidatele dalla Costituzione, dallo Statuto, dalle leggi. 
    3.3. - Se e' evidente la lesione dell'autonomia finanziaria della
Regione, non meno evidenti sono le violazioni di singole disposizioni
statutarie relative  alle  fattispecie  che  il  legislatore  statale
pretende oggi di regolare. Le  disposizioni  del  comma  1,  infatti,
violano l'art. 16  dello  Statuto,  che  stabilisce  direttamente  il
numero dei componenti del Consiglio regionale della Sardegna. 
    Violato e' anche l'art. 15 dello Statuto, che affida  alla  legge
regionale la determinazione della forma di governo  della  Regione  e
dei rapporti fra i suoi organi. Non v'e' dubbio, infatti,  che  anche
la  determinazione  del  numero  (e  degli  stessi  emolumenti)   dei
consiglieri e degli assessori regionali incida sui rapporti  tra  gli
organi istituzionali che ne qualificano la  forma  di  governo.  Piu'
ancora, e'  specificamente  violato  l'art.  26  dello  Statuto,  che
assegna alla legge regionale la competenza a fissare l'indennita' dei
Consiglieri regionali. 
    Piu' in generale, e' violata l'autonomia della  Regione  Sardegna
nella determinazione  della  sua  organizzazione  interna,  garantita
anche dall'art. 116 Cost. e dall'art. 3, comma  1,  lett.  b),  dello
Statuto. 
    Quanto al comma 2, sono violati anche gli artt. 3  e  119  Cost.,
anche in combinato disposto con gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello  Statuto,
perche' il trasferimento dei fondi necessari per Io svolgimento delle
funzioni statutarie e' - come  gia'  si  diceva  -  irragionevolmente
subordinato  alla  rinuncia  della   Regione   alla   sua   autonomia
costituzionalmente garantita,  con  violazione  anche  dell'autonomia
finanziaria regionale. 
    Violato, poi, e', per  uno  specifico  profilo,  l'art.  8  dello
Statuto, perche' i trasferimenti erariali che si prevede di  bloccare
rientrano tra le quote  di  compartecipazione  erariale  fissate  nel
parametro statutario ora invocato. Il che significa che la  legge  ha
di fatto imposto una sostanziale  riserva  erariale  a  favore  dello
Stato, che e' violativa, appunto dell'art. 8 dello  Statuto.  Per  la
stessa ragione, il blocco dei trasferimenti  erariali,  inteso  quale
sostanziale   disapplicazione    o    elusione    del    regime    di
compartecipazione fissa alle entrate erariali di cui all'art. 8 dello
Statuto, e' equivalente ad un contributo sine causa  e  indeterminato
nel tempo a favore  dello  Stato,  contributo  che,  per  consolidata
giurisprudenza  costituzionale,  esorbita  dalla  competenza  statale
concorrente nella materia "coordinamento della  finanza  pubblica"  e
impinge nella relativa competenza concorrente  regionale.  Anche  per
questo profilo, dunque,  e'  violato  ancora  l'art.  117  Cost.,  in
relazione all'art. 8 dello Statuto. 
    I medesimi vizi affliggono il comma 3. La prova del  "documentato
rispetto delle condizioni di cui al comma 1 mediante comunicazione da
inviare alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  e  al  Ministero
dell'economia e delle finanze entro il quindicesimo giorno successivo
alla scadenza dei termini" e' strumentale e funzionale all'attuazione
delle illegittime previsioni di cui ai commi 1 e 2. 
    3.4. - Il comma 5, poi, disciplinando una  specifica  ipotesi  di
scioglimento del Consiglio  regionale  e  contestuale  rimozione  del
Presidente della Regione, auto-qualifica quale "grave  violazione  di
legge ai sensi dell'art. 126, primo  comma,  della  Costituzione"  il
mancato adeguamento della Regione alle disposizioni dell'intero  art.
2 del d.l. n. 174 del 2012. 
    E'  piu'  che  ragionevole  dubitare  sull'applicabilita'  questa
prescrizione alla Regione  Sardegna,  atteso  che  e'  richiamata  un
parametro costituzionale (art. 126)  applicabile  alle  sole  Regioni
ordinarie. Nondimeno, in mancanza di esplicita esclusione deve  dirsi
che, in questo modo, il legislatore statale ha violato specificamente
non solo lo stesso art. 126 Cost., ma anche gli artt.  15,  35  e  50
dello Statuto, in cui sono disciplinati i  rapporti  fra  gli  organi
regionali e sono dettati tassativamente i casi  di  scioglimento  del
Consiglio regionale medesimo e della  Giunta  regionale,  nonche'  di
fine anticipata del mandato del Presidente della Regione, e (art. 50)
sono altresi' previste speciali forme di (leale)  collaborazione  tra
Stato  e  Consiglio  regionale  nel  caso  in  cui  a  perpetrare  le
violazioni di legge sia la Giunta regionale. 
    Innanzitutto, non basta l'autoqualificazione legislativa per  far
sussumere la fattispecie di cui all'art. 2, comma 5, del d.l. n.  174
del 2012 tra le "gravi violazioni di legge" di cui all'art. 126 Cost.
Tanto anche perche' l'art. 2, comma 1, alinea, del d.l.  n.  174  del
2012, si limita a prevedere mere conseguenze finanziarie penalizzanti
(per quanto estremamente severe) per le Regioni che decidano  di  non
adeguarsi al lungo elenco di oneri di cui al medesimo comma 1. Il che
rende contraddittoria (e violativa dell'art. 3 Cost.)  la  previsione
dello scioglimento  nel  caso  di  mancato  adeguamento.  Tanto  piu'
contraddittoria  e  irragionevole,  si  badi,  se  si   tiene   conto
dell'esiguita' dei termini stabiliti dal medesimo art.  2,  comma  5,
qui censurato. 
    In secondo luogo, si deve considerare che  l'"adeguamento"  della
Regione alle prescrizioni dell'intero art. 2 del d.l. n. 174 del 2012
non richiede solo  determinazioni  del  Consiglio  regionale,  ma  ha
necessita' anche di  provvedimenti  di  competenza  del  solo  organo
esecutivo (si pensi agli incombenti di cui all'art. 2, comma 1, lett.
l), del d.l. n. 174 del 2012, che obbliga la Regione a  comunicazioni
periodiche di dati e alla divulgazione  degli  stessi  attraverso  il
sito internet istituzionale dell'Ente). 
    Cio' considerato, si deve ricordare che gli artt. 35 e  50  dello
Statuto  stabiliscono  procedure  e  casistiche  particolari  per  la
cessazione  del  mandato  del  Presidente  della  Regione  e  per  lo
scioglimento del Consiglio sardo, laddove la norma censurata pretende
di dettare una disciplina valevole per tutte le Regioni, ma  che  qui
e' coperta da una fonte costituzionale. 
    Si aggiunga che l'art. 50 dello Statuto prevede  lo  scioglimento
del Consiglio regionale quando "non proceda alla  sostituzione  della
Giunta regionale o del Presidente che abbiano compiuto analoghi  atti
o violazioni". Come si vede, l'art. 50 prevede la possibilita' che il
Consiglio  regionale,  avvertito  dal   Governo,   possa   deliberare
autonomamente di sostituire la Giunta regionale e il Presidente della
Regione.  Questa  forma  di  coinvolgimento  del  massimo  organo  di
rappresentanza politica non e' prevista, tuttavia,  ne'  dall'art.  2
del d.l. n. 174 del 2012 ne' dall'art. 126 della Costituzione." 
    Il comma 5 viola anche l'art. 3 Cost., in combinato disposto  con
gli artt. 50 e 54  dello  Statuto  e  116  Cost.,  perche'  ricollega
l'ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione  del
Presidente della  Regione  ad  eventi  che,  come  si  vedra'  subito
appresso,   non   sono   nella   disponibilita'   (e   dunque   nella
responsabilita') della Regione medesima,  quali  la  revisione  dello
Statuto. La disposizione, per tale motivo, si palesa violativa  anche
del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., nella parte  in
cui tratta la  Regione  Sardegna  in  modo  deteriore  rispetto  alle
Regioni  ordinarie,  che  possono  liberamente  modificare  il   loro
Statuto, ma anche del principio di ragionevolezza, nella parte in cui
ricollega l'apparato sanzionatorio dell'art. 126, comma 1, Cost.,  ad
ipotesi che sfuggono alla responsabilita' dei componenti degli organi
del governo regionale. 
    3.5. - Non basta. Come si e' visto nei precedenti  paragrafi,  la
gran parte delle "condizioni" richieste dai commi  in  esame  possono
avverarsi solo attraverso una revisione dello Statuto regionale.  Che
sia cosi' lo dimostra la prima "condizione" posta alle Regioni  dalla
lett. a) del  comma  1  dell'articolo  qui  censurato.  Essa  rimanda
all'art. 14 del d.l. n. 138 del 2011, di  cui  codesta  Ecc.ma  Corte
costituzionale si e' occupata nella sent. n. 198 del 2012. Detto art.
14 si componeva di due commi, che utilizzavano una tecnica  normativa
assai simile a quella impiegata nell'art. 3 del d.l. n. 174 del 2012.
Il primo comma prevedeva e prevede alcune limitazioni  puntuali  alla
spesa delle Regioni, il secondo, dedicato  alle  autonomie  speciali,
stabiliva effetti negativi di finanza pubblica per le  Regioni  e  le
Province autonome che non si fossero adeguate a quanto prescritto  al
comma 1. 
    Di fronte alle censure rivolte dalle Regioni a  Statuto  speciale
all'art. 14 del d.l. n. 138 del 2011, la Corte ha affermato  che  "La
disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto speciale e ai
loro componenti e' contenuta nei rispettivi statuti. Questi, adottati
con legge costituzionale, ne garantiscono le  particolari  condizioni
di  autonomia,  secondo   quanto   disposto   dall'art.   116   Cost.
L'adeguamento da parte delle  Regioni  a  statuto  speciale  e  delle
Province autonome ai parametri di  cui  all'art.  14,  comma  1,  del
decreto-legge n. 138 del 2011 richiede, quindi, la modifica di  fonti
di rango costituzionale. A tali fonti una legge  ordinaria  non  puo'
imporre limiti e condizioni". 
    Anche ora,  come  allora,  la  legge  ordinaria,  pretendendo  di
condizionarne   i   contenuti,   aspira   a   porsi   in    posizione
gerarchicamente  sovraordinata  allo  Statuto  speciale,  in   palese
violazione dell'art. 54 dello Statuto e dell'art. 116 Cost. 
    Inoltre, si deve considerare che lo  Statuto,  ai  sensi  proprio
dell'art. 54 dello stesso, si  puo'  riformare  (salva  la  specifica
fattispecie prevista dal comma 5, per le quali si prevedono  comunque
forme di garanzia e  partecipazione  per  la  Regione)  solo  con  il
procedimento  stabilito  per  la  revisione  costituzionale,  sicche'
l'adeguamento ai parametri dell'art. 3 del d.l. n. 174 del  2012  non
e' nella disponibilita' della Regione Sardegna,  che  puo'  solamente
avviare  il  procedimento  di  revisione,  ma  non  puo'  portarlo  a
compimento.  Cio'  aggrava  i  profili   di   illegittimita'   e   di
irragionevolezza della disposizione  censurata,  che  contribuisce  a
creare un meccanismo perverso di distribuzione degli oneri di finanza
pubblica tra gli enti territoriali, che non tiene in alcun  conto  la
specifica situazione della Regione Sardegna, determinata, nel caso di
specie,  dalle  regole  che  disciplinano  le  fonti   dell'autonomia
speciale. Si giunge cosi' ad un duplice paradosso. Anzitutto, che  la
Sardegna e' resa responsabile per scelte  (come  quelle  relative  al
numero  dei  consiglieri   regionali)   delle   quali   non   ha   la
disponibilita'. In secondo luogo, che essa, pur essendo ad  autonomia
speciale (cosa che importa, di conseguenza,  una  maggiore  autonomia
anche  finanziaria  e  di  bilancio),  in  forza  della  disposizione
censurata non puo' ottenere i trasferimenti erariali cui ha diritto. 
    3.6.  -  Si  era  postergato,  prima,   l'esame   del   comma   4
dell'articolo in oggetto. Ebbene: esso  prevede  che  "Le  regioni  a
statuto speciale e le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
provvedono ad adeguare i propri ordinamenti  a  quanto  previsto  dal
comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia  e  con  le
relative norme di attuazione". 
    Detto comma e' anch'esso violativo di tutti i parametri statutari
e costituzionali individuati al  paragrafo  precedente,  in  una  col
principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3  Cost.,  perche'  non
limita l'applicabilita' dell'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 ai  soli
ambiti di competenza  del  legislatore  statale.  In  altri  termini:
quella in oggetto e' una clausola che, sebbene  in  apparenza  sembri
finalizzata alla tutela delle attribuzioni statutarie  della  Regioni
ad autonomia speciale, finisce, al contrario, per mortificarle. 
    La  pretesa  clausola  di  salvaguardia,  infatti,   e'   rivolta
solamente  alle  Regioni,  le  quali  dovranno  "adeguare  i   propri
ordinamenti a quanto previsto  dal  comma  I  compatibilmente  con  i
propri statuti di autonomia e con le relative norme  di  attuazione".
Questa formula (che peraltro, facendo riferimento al solo "comma  1",
fa ragionevolmente dubitare che  gli  altri  si  possano  logicamente
applicare alle Regioni speciali) non e' adatta a limitare  il  raggio
applicativo delle disposizioni che detta, proprio perche' non prevede
espressamente che gli ambiti di competenza delle  Regioni  a  Statuto
speciale  si  intendevano  comunque  fatti  salvi   dall'applicazione
dell'art. 5 d.l. n. 174 del 2012, con buona  pace  delle  illegittime
incursioni dello Stato non solo negli ambiti materiali  riservati  al
legislatore,  ma  addirittura  nei  singoli   istituti   direttamente
disciplinati nello Statuto. 
    La questione dell'operativita' della clausola di salvaguardia  e'
stata chiarita da codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent.  n.
241 del 2012. In quel caso si interpretava l'art. 19-bis del d.l.  n.
138 del 2011, ove si prevedeva che "l'attuazione  delle  disposizioni
del presente  decreto  nelle  regioni  a  statuto  speciale  e  nelle
province autonome di Trento e Bolzano avviene nel rispetto  dei  loro
statuti e  delle  relative  norme  di  attuazione  e  secondo  quanto
previsto dall'art. 27 della legge 5  maggio  2009,  n.  42".  Codesta
Ecc.ma Corte costituzionale affermo' che attraverso "la  clausola  di
salvaguardia, gli evocati  parametri  di  rango  statutario  assumono
[...] la funzione di generale limite per l'applicazione  delle  norme
del decreto-legge  n.  138  del  2011,  nel  senso  che  queste  sono
inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con
gli statuti e le relative norme di attuazione. Detta inapplicabilita'
esclude la fondatezza delle questioni di legittimita'  costituzionale
basate  sulla  violazione  di   tali   parametri   statutari"   salva
l'evenienza  che   "singole   norme   del   decreto-legge   prevedano
espressamente, derogando alla clausola in esame, la  propria  diretta
ed immediata applicabilita' agli enti ad autonomia speciale". 
    Ora, la differenza che intercorre tra l'art. 5, comma 4, del d.l.
n. 174 del 2012  e  l'art.  19-bis  del  d.l.  n.  138  del  2011  e'
assolutamente evidente. Solo replicando la stessa  formula  dell'art.
19-bis del d.l. n. 138 del 2011 (e non quella  ben  piu'  restrittiva
qui  in  questione)  poteva  prodursi  quel   meccanismo   inteso   a
salvaguardare sia la  legittimita'  dell'intervento  statale  che  le
attribuzioni  delle  Regioni  speciali  che  e'  stato   limpidamente
ricostruito nella cit. sent. n. 241 del 2012. 
    Di conseguenza, non avendo delimitato l'efficacia del d.l. n. 174
del 2012 nel rispetto della rigida ripartizione  delle  competenze  e
delle specifiche previsioni recate dallo Statuto, il  legislatore  e'
incorso una volta di piu'  nella  violazione  di  tutti  i  parametri
invocati per il presente articolo, ovverosia degli artt. 3, 4,  5,  6
7, 8, 15, 16, 26 35, 50 e 54 dello Statuto e 3, 116, 117, 119  e  126
della Costituzione, anche in relazione all'art. 10 della l. cost.  n.
3 del 2001. 
    4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  1,  lett.
e), del d.l. n. 174 del 2012, come conv.  in  l.  n.  213  del  2012.
L'art. 3  del  d.l.  n.  174  del  2012  ha  apportato  significative
modifiche al d.lgs. n. 267 del 2012, recante testo unico delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali (TUEL). Per quanto qui  interessa,
il comma 1, lett. e) ha interamente sostituito l'art. 148  del  TUEL.
Nella nuova formulazione il testo  dell'art.  148  del  TUEL  prevede
quanto  segue:  "1.  Le  sezioni  regionali  della  Corte  dei  conti
verificano, con cadenza semestrale, la legittimita' e la  regolarita'
delle gestioni, nonche' il funzionamento  dei  controlli  interni  ai
fini  del  rispetto  delle  regole  contabili  e  dell'equilibrio  di
bilancio  di  ciascun  ente  locale.  A  tale   fine,   il   sindaco,
relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti,
o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore  generale,
quando presente, o del segretario negli enti in cui non  e'  prevista
la figura  del  direttore  generale,  trasmette  semestralmente  alla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sulla
regolarita' della gestione e sull'efficacia  e  sull'adeguatezza  del
sistema dei controlli interni adottato, sulla base delle linee  guida
deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti  entro
trenta  giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione; il referto e',  altresi',  inviato  al  presidente  del
consiglio comunale o provinciale. 
    2. Il Ministero dell'economia  e  delle  finanze  -  Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato puo' attivare  verifiche  sulla
regolarita'  della  gestione   amministrativo-contabile,   ai   sensi
dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,  n.
196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente
evidenzi,  anche  attraverso  le  rilevazioni  SIOPE,  situazioni  di
squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: 
        a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; 
        b)  disequilibrio  consolidato  della  parte   corrente   del
bilancio; 
        c) anomale modalita' di gestione dei  servizi  per  conto  di
terzi; 
        d) aumento non giustificato di spesa  degli  organi  politici
istituzionali. 
    3. Le sezioni  regionali  di  controllo  della  Corte  dei  conti
possono attivare le procedure di cui al comma 2. 
    4. In caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti  e
delle metodologie di cui al secondo periodo del comma 1 del  presente
articolo, fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della  legge  14
gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni,  e  dai  commi  5  e
5-bis  dell'art.  248  del   presente   testo   unico,   le   sezioni
giurisdizionali  regionali  della  Corte  dei  conti  irrogano   agli
amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da
un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione
mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione". 
    Il medesimo art. 3, comma 1, lett. e), del d.l. n. 174  del  2012
ha anche aggiunto al TUEL l'art. 148-bis.  Detto  articolo  prescrive
quanto segue: "1. Le sezioni regionali di controllo della  Corte  dei
conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi  degli
enti locali ai sensi dell'art. 1, commi 166 e seguenti,  della  legge
23 dicembre  2005,  n.  266,  per  la  verifica  del  rispetto  degli
obiettivi  annuali   posti   dal   patto   di   stabilita'   interno,
dell'osservanza del vincolo  previsto  in  materia  di  indebitamento
dall'art. 119, sesto comma, della Costituzione, della  sostenibilita'
dell'indebitamento, dell'assenza di  irregolarita',  suscettibili  di
pregiudicare,     anche     in     prospettiva,     gli     equilibri
economico-finanziari degli enti. 
    2. Ai fini della  verifica  prevista  dal  comma  1,  le  sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti accertano altresi' che i
rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni
in societa' controllate e alle  quali  e'  affidata  la  gestione  di
servizi pubblici per la collettivita' locale e di servizi strumentali
all'ente. 
    3.  Nell'ambito  della  verifica  di  cui  ai  commi   1   e   2,
l'accertamento,  da  parte  delle  competenti  sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti, di  squilibri  economico-finanziari,
della  mancata  copertura  di  spese,  della  violazione   di   norme
finalizzate a garantire la regolarita' della gestione finanziaria,  o
del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita'
interno comporta per gli  enti  interessati  l'obbligo  di  adottare,
entro  sessanta  giorni  dalla  comunicazione  del   deposito   della
pronuncia di accertamento, i  provvedimenti  idonei  a  rimuovere  le
irregolarita' e  a  ripristinare  gli  equilibri  di  bilancio.  Tali
provvedimenti sono trasmessi  alle  sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta  giorni
dal ricevimento. Qualora l 'ente non provveda alla  trasmissione  dei
suddetti provvedimenti o  la  verifica  delle  sezioni  regionali  di
controllo dia esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei  programmi
di spesa per i quali  e'  stata  accertata  la  mancata  copertura  o
l'insussistenza della relativa sostenibilita' finanziaria". 
    4.1.   -    Per    cogliere    immediatamente    l'illegittimita'
costituzionale delle norme qui censurate si deve considerare  che  la
Regione Sardegna ha competenza legislativa  esclusiva  nella  materia
"ordinamento degli enti locali" ai sensi dell'art. 3, comma 1,  lett.
b), dello  Statuto,  in  combinato  disposto  con  l'art.  46.  Detta
competenza, come ha  rilevato  codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale
nella sent. n. 275 del 2007, implica che la  "materia  della  finanza
locale [...] per  la  Regione  sarda,  e'  devoluta  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b),
del relativo statuto speciale". E' evidente, dunque,  che  lo  Stato,
nel disciplinare le forme dei controlli esterni sulla finanza locale,
ha  inciso  la  competenza  legislativa   esclusiva   della   Regione
ricorrente. La competenza attribuita dall'art. 3, comma 1, lett.  b),
dello Statuto concerne non solo l'ordinamento degli enti  locali,  ma
anche i relativi controlli, ivi compresi quelli sulla finanza. Lo  ha
rilevato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n.  415  del
1994, affermando che "la materia del controllo sugli atti [degli enti
locali sardi] di cui all'art. 46 dello Statuto sardo, rientra a pieno
titolo nell'oggetto contemplato dalla lettera b)  dell'art.  3  dello
statuto stesso. Con la  conseguenza  che  la  natura  della  potesta'
legislativa regionale in ordine alla materia dei controlli,  dopo  la
riforma operata dalla  legge  costituzionale,  diventa  esclusiva  e,
quindi, regolata dalla lett. b) dell'art. 3 dello statuto". 
    In ogni  caso,  ferma  la  violazione  anche  dell'art.  3  dello
Statuto, si deve rilevare  che  e'  comunque  violato  specificamente
l'art. 46, che prevede che "il controllo sugli atti degli enti locali
e' esercitato da organi della Regione nei modi e nei limiti stabiliti
con legge regionale". Le norme in esame hanno disciplinato in estremo
dettaglio la materia dei controlli sulla finanza degli  enti  locali,
individuando   addirittura   le   singole   specifiche    rilevazioni
economico-finanziarie che il Ministero potrebbe  e  dovrebbe  operare
(cfr. art. 148, comma 2, del TUEL come novellato  dalla  disposizione
impugnata) e anche la tipologia delle sanzioni che potrebbero  essere
comminate ai componenti degli organi di  governo  degli  enti  locali
(successivo comma 4). Conseguentemente, anche per gli enti locali  ai
quali non si estendesse la competenza esclusiva di  cui  all'art.  3,
comma 1, lett. b), dello Statuto (cfr. sentt. n. 24 del  1957  e  415
del  1994)  verrebbe  comunque  oltrepassata  la  competenza  statale
limitata ai principi fondamentali della materia. 
    Non basta. Con la disposizione impugnata lo Stato ha  affidato  a
soggetti  esterni  all'ordinamento  regionale  lo  svolgimento  delle
funzioni amministrative concernenti la diretta  attuazione  di  norme
che  ricadono  nell'ambito  materiale  della  competenza  legislativa
regionale. Per tale motivo e' violato anche l'art. 6  dello  Statuto,
che, in ossequio al c.d.  "principio  del  parallelismo"  (cfr.  cit.
sent.  n.  51  del  2006),  attribuisce  l'esercizio  delle  funzioni
amministrative  allo  stesso   soggetto   istituzionale   dotato   di
competenza legislativa. 
    Infine, l'art. 3, comma 1, lett. e) del  d.l.  n.  174  del  2012
viola gli artt. 3, comma 1, lett. b), 6 e 46 dello Statuto, anche  in
relazione agli artt. 54 e 56 dello Statuto. Un'ennesima volta si deve
osservare che le regole sui controlli della  Corte  dei  conti  sulla
Regione Sardegna sono state introdotte attraverso norme di attuazione
dello  Statuto,  a  tutela  della  competenza  regionale  a  disporre
dell'autonomia economico-finanziaria. Dato che i controlli sugli enti
locali incidono, come  si  e'  visto,  nella  competenza  legislativa
esclusiva della ricorrente ai sensi dei richiamati art. 3,  comma  1,
lett. b), e  46  dello  Statuto  e  nelle  attribuzioni  di  funzioni
amministrative ai sensi dell'art. 6 dello Statuto,  allora  anche  in
questo caso era  necessario  procedere  con  revisione  statutaria  o
(almeno) attraverso le "norme di attuazione dello  Statuto".  Avendo,
invece, lo Stato adottato un atto avente  forza  di  legge  senza  le
forme di partecipazione  della  Regione  di  cui  all'art.  56  dello
Statuto, la disposizione gravata si palesa radicalmente  illegittima.
Di conseguenza e' violato anche l'art. 116 Cost., che  riconosce  una
maggiore  autonomia  alle  Regioni  speciali  rispetto  alle  Regioni
ordinarie, maggiore autonomia che e' garantita anche dalle  norme  di
attuazione dello Statuto. 
    5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 del  d.l.  n.  174
del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 6 del d.l. n.  174
del 2012 attribuisce all'Amministrazione ministeriale  e  alla  Corte
dei conti ulteriori poteri di  controllo  sull'attivita'  degli  enti
locali. 
    In particolare, il comma 1 prevede  che  il  Commissario  per  la
revisione della spesa previsto dall'art. 2 del d.l. n.  52  del  2012
possa avvalersi dei servizi ispettivi della Ragioneria Generale dello
Stato "per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica  effettuata
dagli enti locali". 
    Il successivo comma 2 prevede che  le  analisi  cosi'  effettuate
siano "comunicate alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei
conti e alla Sezione delle autonomie". 
    Il comma 3, poi, prevede che le Sezioni regionali della Corte dei
conti, una volta effettuati i  controlli  sull'attivita'  degli  enti
locali, "assegnano alle amministrazioni interessate un  termine,  non
superiore a trenta giorni, per  l'adozione  delle  necessarie  misure
correttive dirette a rimuovere le criticita' gestionali evidenziate e
vigilano sull'attuazione delle misure correttive adottate". 
    Infine, il comma 4 prevede che "in  presenza  di  interpretazioni
discordanti delle norme rilevanti  per  l'attivita'  di  controllo  o
consultiva  o  per  la  risoluzione  di  questioni  di   massima   di
particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana  delibera  di
orientamento  alla  quale  le  Sezioni  regionali  di  controllo   si
conformano". 
    5.1. - Anche l'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012  viola  l'art.  3,
comma  1,  lett.  b),  dello  Statuto,  che  affida  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione  la  materia  "ordinamento  degli
enti locali". Detta materia, come si e' detto, compre anche  l'ambito
materiale della "finanza locale", come ha  osservato  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale nella sent. n. 275 del 2007, sicche' e' evidente
che le forme dei controlli esterni sulla finanza locale  non  possono
essere disciplinate dallo Stato, oltretutto nel dettaglio, se non  al
costo della lesione delle attribuzioni statutarie  della  ricorrente.
Di bel nuovo e' violato l'art. 46  dello  Statuto.  Anche  in  questo
caso, come gia' rilevato a proposito dell'art. 3, comma 1, lett.  e),
del d.l. n. 174 del 2012, le norme in esame attribuiscono a  soggetti
esterni all'ordinamento regionale compiti  che  incidono  in  maniera
significativa sull'autonomia degli Enti  locali,  cosi'  violando  la
competenza  legislativa  della  Regione,  che   e'   tutelata   dalle
richiamate nonne statutarie. 
    Come si e'  visto,  poi,  le  disposizioni  impugnate,  oltre  ad
usurpare la competenza legislativa della Regione, affidano a soggetti
non   riconducibili    all'ordinamento    regionale    le    funzioni
amministrative cosi'  disciplinate.  Per  questo  motivo,  come  gia'
visto, e' violato l'art. 6 dello Statuto, che affida alla Regione  le
funzioni amministrative nelle  materie  in  cui  l'Ente  ha  potesta'
legislativa. 
    5.2. - Gli artt. 3, comma 1, lett. b),  6  e  46  dello  Statuto,
inoltre, sono violati anche in combinato disposto con l'art. 56 dello
Statuto, con l'art. 116 Cost. e con l'art. 1 del  d.P.R.  16  gennaio
1978, n. 21, recante "Norme di attuazione dello Statuto speciale  per
la Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione".  Come
gia' piu' volte osservato, il comma 4 dell'art. 6 del d.l. n. 174 del
2012, attribuendo alla Sezione delle autonomie della Corte dei  conti
la possibilita' di adottare una "delibera  di  orientamento"  per  il
controllo sugli enti  locali,  di  fatto  affida  la  nromazione  sul
controllo sugli enti locali della Regione ad  un'articolazione  della
medesima Corte. 
    Per tale ragione Io Stato, con le norme impugnate,  ha  anzitutto
violato  l'art.  54   dello   Statuto,   che   riserva   alla   legge
costituzionale (o alla speciale fonte di cui al comma 5) la revisione
dello Statuto. In ogni caso, poi, ha violato l'art. 56 dello Statuto:
anche ad ammettere (quod non) che non vi sia un ostacolo direttamente
nello  Statuto  (ostacolo  non  superabile  nemmeno  dalle  norme  di
attuazione statutaria),  sarebbe  appunto  violato  l'art.  56  dello
Statuto, che prevede che sia una specifica  fonte  primaria  adottata
sulla base delle indicazioni di una commissione paritetica, e non  il
legislatore statale, in solitudine, a  dettare  norme  di  attuazione
dello Statuto. E' violato, di conseguenza, anche  l'art.  116  Cost.,
che riconosce una maggiore autonomia alle Regioni  speciali  rispetto
alle Regioni ordinarie,  maggiore  autonomia  garantita  anche  dalle
Norme di attuazione dello Statuto. 
    Come gia' osservato a proposito dell'art. 3, comma  1,  lett.  e)
del d.l. n. 174 del 2012, gli artt. 3, comma 1,  lett.  a),  6  e  46
dello Statuto, anche in relazione all'art. 56 dello  Statuto  e  agli
artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. n. 21 del 1978, sono  violati  anche  nella
misura in cui l'intera disciplina dei controlli di cui all'art. 6 del
d.l. n. 174 del 2012 e' stata introdotta non attraverso le "norme  di
attuazione dello Statuto", bensi' da un atto avente  forza  di  legge
adottato dallo Stato senza alcuna partecipazione della Regione. 
    6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11-bis del  d.l.  n.
174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del  2012.  L'art.  11-bis  del
d.l. n. 174 del 2012 prevede che "le regioni a statuto speciale e  le
province autonome di Trento e di Bolzano attuano le  disposizioni  di
cui al presente decreto nelle forme stabilite dai rispettivi  statuti
di autonomia e dalle relative norme di attuazione". 
    Esattamente come la gia' esaminata disposizione di  cui  all'art.
2, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, anche quella ora  in  esame  e'
una clausola inadatta a fare salve le attribuzioni  delle  Regioni  a
Statuto speciale. Essa, infatti, e' rivolta solamente  alle  Regioni,
le quali dovranno "attuare le disposizioni di cui al presente decreto
nelle forme stabilite dai rispettivi statuti  di  autonomia  e  dalle
relative norme di attuazione". 
    Al contrario, il legislatore (non ci si puo' esimere dal ribadire
quanto gia' detto  supra)  doveva  direttamente  limitare  il  raggio
applicativo delle disposizioni  che  andava  dettando,  espressamente
prevedendo che gli ambiti  di  competenza  delle  Regioni  a  Statuto
speciale si intendevano comunque fatti  salvi  dall'applicazione  del
d.l. n. 174 del 2012, come chiarito dalla cit. sent. n. 241 del  2012
a proposito dell'art. 19-bis del d.l. n. 138  del  20122  (cfr.  par.
4.2. del Considerato in diritto). Anche in questo caso, la differenza
che intercorre tra l'art. 11-bis del d.l. n. 174 del  2012  e  l'art.
19-bis del d.l. n. 138 del 2011 e' assolutamente  evidente  e  depone
per l'insufficienza della  formulazione  della  pretesa  clausola  di
salvaguardia. Solo replicando la stessa formula dell'art. 19-bis  del
d.l. n. 138 del 2011 (e  non  quella  ben  piu'  restrittiva  qui  in
questione) poteva prodursi quel meccanismo inteso a salvaguardare sia
la legittimita' dell'intervento statale  che  le  attribuzioni  delle
Regioni speciali che e' stato  limpidamente  ricostruito  nella  cit.
sent. n. 241 del 2012. 
    Per tale ragione l'articolo in esame e' violativo degli artt.  3,
4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 19, 33, 34, 35, 46, 50  e  54  dello  Statuto,
degli  artt.  3,  117,  118  e  119  Cost.   e   del   principio   di
ragionevolezza, nella misura in cui consente che il d.l. n.  174  del
2012 si applichi anche in violazione delle disposizioni statutarie  e
costituzionali indicate ai precedenti paragrafi. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale,  in  accoglimento
del   presente   ricorso,    voglia    dichiarare    l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 1, (con particolare riferimento  ai  commi
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 16); 1-bis, (con  particolare
riferimento ai commi 1, lett c) e 4); 2, (con particolare riferimento
ai commi 1, 2, 3, 4 e 5); 3, comma  1,  lett.  e),  6  e  11-bis  del
decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante "Disposizioni  urgenti
in materia  di  finanza  e  funzionamento  degli  enti  territoriali,
nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel
maggio 2012",  pubblicato  in  G.U.  n.  237  del  10  ottobre  2012,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 7 dicembre 2012, n. 213,  pubblicata  in  G.U.  n.  286  del  7
dicembre 2012, Suppl. Ord., per violazione degli artt. 3, 4, 5, 6, 7,
8, 15, 16, 19, 26, 33, 35, 37, 54 e 56 della l.cost. n. 3  del  1948,
recante Statuto speciale per la Sardegna, e degli artt. 3, 116,  117,
119, 127 Cost., anche in relazione all'art. 10 della I.  cost.  n.  3
del 2001 e agli artt. 4, 5 e 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. 
    Si deposita copia conforme  all'originale  della  Delibera  della
Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna n. 6/1 del  31
gennaio 2013. 
    Comunicazioni ai recapiti del difensore  domiciliatario  indicafi
in epigrafe. 
        Roma - Cagliari, 4 febbraio 2012. 
 
                      Avv. Ledda - Avv. Luciani