N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 febbraio 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 febbraio 2013 (della Regione autonoma della Sardegna). Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni - Controllo delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sui bilanci preventivi e sui rendiconti consuntivi delle Regioni e degli enti che compongono il servizio sanitario nazionale - Assoggettamento del rendiconto generale della Regione al giudizio di parifica della Corte dei conti - Obbligo del Presidente della Regione di trasmettere alla sezione regionale della Corte dei conti una relazione sulla regolarita' della gestione - Obbligo, in caso di accertamento di squilibri economico finanziari e di mancata copertura di spese, di rimuovere le irregolarita' - Preclusione dell'attuazione dei programmi di spesa per i quali sia stata accertata la mancata copertura - Trasmissione delle relative relazioni redatte dalle sezioni regionali di controllo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze per le determinazioni di competenza - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata istituzione, con legge ordinaria, di un nuovo controllo, coercitivo e non collaborativo, sul bilancio regionale, attinente alla disciplina del controllo della Corte dei conti sul bilancio regionale riservata alle norme di attuazione statutaria - Impossibilita' della Regione di svolgere le funzioni pubbliche proprie - Violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Compressione della competenza regionale concorrente nella materia del coordinamento della finanza pubblica. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8. - Costituzione, artt. 116, 117, commi terzo e quarto, 118, 119 e 127; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 33, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, art. 10. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni - Controlli sulla gestione economico-finanziaria dei fondi assegnati ai Gruppi consiliari presso le Regioni - Controllo sul rendiconto di esercizio annuale - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata lesione dell'autonomia finanziaria della Regione, della quale l'autonomia di gestione delle relative risorse da parte dei Gruppi consiliari presso il Consiglio regionale e' una forma particolare di svolgimento - Violazione della norma statutaria che riserva alla legge regionale la determinazione della forma di governo regionale - Alterazione del rapporto tra Presidente della Giunta regionale e Consiglio regionale, a fronte dell'inserimento del Presidente tra i soggetti attivi nel procedimento di controllo dell'attivita' dei Consigli regionali - Violazione della norma statutaria che riserva alla legge regionale la fissazione dell'indennita' dei Consiglieri regionali - Violazione della norma statutaria che riserva al Consiglio regionale l'adozione del proprio regolamento - Istituzione con legge ordinaria di un nuovo tipo di controllo (non collaborativo) in materia riservata alle norme statutarie o di attuazione. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 1, commi 9, 10, 11 e 12. - Costituzione, artt. 116, 117, 119 e 127; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 19, 23, 24, 26, 33, 35, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, artt. 1, 4 e 5. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni - Obbligo delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di adeguamento del proprio ordinamento entro un anno - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata incidenza nel sistema delle fonti, comportando detto adeguamento la revisione, se non dello statuto, quanto meno delle norme di attuazione statutaria, non rientrante nella esclusiva disponibilita' della Regione - Lesione delle attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 1, comma 16. - Costituzione, artt. 116, 117 e 119; Statuto della Regione Sardegna, artt. 7, 8, 15, 19, 26, 33, 35 e 56. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Modifiche all'art. 1 del decreto legislativo n. 149 del 2011 - Relazione di fine legislatura - Trasmissione della relazione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti - Previsione di sanzione pecuniaria a carico di determinati organi regionali in caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione della relazione - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata previsione di una nuova e particolare forma di controllo sull'operato della Giunta regionale da parte della Corte dei conti - Violazione della competenza esclusiva della ricorrente relativamente alla disciplina della forma di governo della Regione - Intromissione nella regolamentazione del rapporto politico-istituzionale tra Consiglio e Presidente della Regione - Introduzione di una nuova forma di controllo, in violazione delle norme dello Statuto che consentono la ridefinizione del controllo sugli atti della Regione solo tramite revisione statutaria o norme di attuazione - Violazione delle norme statutarie a tutela dell'autonomia finanziaria regionale - Lesione della particolare autonomia delle Regioni a statuto speciale - Violazione delle norme di attuazione che disciplinano gli strumenti di controllo degli atti regionali da parte della Corte dei conti. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 1-bis, comma 1 (modificativo dell'art. 1 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 149). - Costituzione, artt. 3, 97 e116; Statuto della Regione Sardegna, artt. 7, 8, 15, 35, 37, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, artt. 1, 4 e 5. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Modifiche all'art. 5 del decreto legislativo n. 149 del 2011 - Verifiche del Ministero dell'economia e delle finanze sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lett. d), della legge n. 196 del 2009 - Possibilita' di attivazione anche nei confronti delle Regioni e delle Province autonome - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata intromissione dell'Amministrazione statale nelle procedure di controllo del bilancio regionale lesiva dell'autonomia finanziaria della Regione - Esorbitanza dalla disciplina statutaria dei controlli - Alterazione del regime della legge regionale, definita da norme di rango costituzionale, non modificabile dalla legge ordinaria. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 1-bis, comma 4 (modificativo dell'art. 5 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 149). - Costituzione, artt. 116, 117, 119 e 127; Statuto della Regione Sardegna, artt. 7, 33, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, art. 10. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Riduzione dei costi della politica nelle Regioni - Previsione che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013, una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione che la Regione abbia adottato una serie di provvedimenti, concernenti, tra l'altro, le indennita' dei consiglieri regionali - Previsione che, ferme restando le disposte riduzioni, in caso di mancato adeguamento, i trasferimenti erariali a favore della Regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla meta' delle somme da essa destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della giunta regionale - Previsione che il mancato adeguamento entro il termine ultimo previsto costituisca grave violazione di legge ai sensi dell'art. 126, primo comma, della Costituzione - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata violazione della competenza legislativa regionale nella regolazione della propria autonomia finanziaria - Esercizio abnorme da parte dello Stato della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, non limitandosi le norme impugnate a dettare disposizioni di principio - Violazione delle norme statutarie a fronte dell'impedimento per la Regione di svolgere le funzioni pubbliche ad essa assegnate - Violazione delle norme statutarie che definiscono direttamente il numero dei componenti del Consiglio regionale, che affidano alla legge regionale la determinazione della forma di governo della Regione e dei rapporti tra i suoi organi, che assegnano alla legge regionale la competenza a fissare l'indennita' dei consiglieri regionali - Violazione dell'autonomia della Regione nella determinazione della sua organizzazione interna - Deteriore trattamento della Regione ricorrente rispetto alle Regioni ordinarie - Violazione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 2, commi 1, 2, 3 e 5. - Costituzione, artt. 3, 116, 117, comma terzo (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), 119 e 126; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 26, 35, 50 e 54. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Riduzione dei costi della politica nelle Regioni - Previsione che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 dell'art. 2 del decreto-legge impugnato, compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata mancata delimitazione dell'efficacia del decreto-legge impugnato, nel rispetto della rigida ripartizione delle competenze e delle specifiche previsioni recate dallo Statuto. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 2, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 116, 117, comma terzo (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), 119 e 126; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 26, 35, 50 e 54. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Rafforzamento dei controlli in materia di enti locali - Sostituzione dell'art. 148 del decreto legislativo n. 267 del 2011 - Controlli esterni da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti - Disciplina - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata incidenza nella disciplina delle forme dei controlli esterni sulla finanza locale della Regione - Violazione della competenza legislativa esclusiva della ricorrente nella materia ordinamento degli enti locali - Lamentato affidamento a soggetti esterni all'ordinamento regionale dello svolgimento di funzioni amministrative di attuazione di norme rientranti nella competenza legislativa regionale - Conseguente violazione del c.d. principio del parallelismo che attribuisce l'esercizio delle funzioni amministrative allo stesso soggetto dotato di competenza legislativa - Intervento del legislatore ordinario in materia in cui era necessario procedere con revisione dello Statuto o delle norme di attuazione - Lesione della maggiore autonomia garantita alle Regioni speciali. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 3, comma 1, lett. e). - Costituzione, art. 116; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, comma 1, lett. b), 6, 46, 54 e 56. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Sviluppo degli strumenti di controllo della gestione finalizzati all'applicazione della revisione della spesa presso gli enti locali e ruolo della Corte dei conti - Previsione che il Commissario per la revisione della spesa previsto dall'art. 2 del decreto-legge n. 52 del 2012 possa avvalersi dei servizi ispettivi della Ragioneria generale dello Stato per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica effettuata dagli enti locali - Previsione che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, a cui sono comunicate tali analisi, assegnano alle amministrazioni interessate un termine per le necessarie misure correttive atte a rimuovere le criticita' gestionali evidenziate - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata violazione della competenza legislativa esclusiva della Regione nella materia ordinamento degli enti locali - Lamentato affidamento a soggetti esterni all'ordinamento regionale di compiti che incidono sull'autonomia degli enti locali, con lesione della competenza legislativa e amministrativa della Regione - Intervento del legislatore ordinario in materia in cui era necessario procedere con revisione dello Statuto o delle norme di attuazione - Lesione della maggiore autonomia garantita alle Regioni speciali. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 6. - Costituzione, art. 116; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, comma 1, lett. b), 6, 46, 54 e 56; d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, artt. 1, 4 e 5. Finanza pubblica - Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali - Previsione che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni del decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione - Ricorso della Regione Sardegna - Denunciata mancata previsione nella clausola di salvaguardia del riferimento ai limiti stabiliti dalle norme statutarie e da quelle di attuazione - Violazione delle disposizioni costituzionali e statutarie a presidio dell'autonomia della Regione ricorrente. - Decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n. 213, art. 11-bis. - Costituzione, artt. 3, 117, 118 e 119; Statuto della Regione Sardegna, artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 19, 33, 34, 35, 46, 50 e 54.(GU n.11 del 13-3-2013 )
Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (codice fiscale 80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n. 69, in persona del Presidente pro tempore Dott. Ugo Cappellacci, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto, dagli Avv.ti Tiziana Ledda (cod. fisc. LDDTZN52T59B354Q, fax 0706062418, posta elettronica certificata tledda@pec.regione.sardegna.it) e Prof. Massimo Luciani (cod. fisc. LCNMSM52L23H501G; fax 0690236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9, Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante "Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012", pubblicato in G.U. n. 237 del 10 ottobre 2012, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, pubblicata in G.U. n. 286 del 7 dicembre 2012, Suppl. Ord., ed in particolare gli articoli 1, 1-bis, 2, 3, 6 e 11-bis. Fatto 1. - Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante "Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012", pubblicato in G.U. n. 237 del 10 ottobre 2012, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, pubblicata in G.U. n. 286 del 7 dicembre 2012, Suppl. Ord., ha disciplinato una vasta pluralita' di oggetti, tra i quali - per citare solo quanto qui interessa direttamente - il regime dei controlli sull'attivita' economico-finanziaria e di bilancio delle Regioni e degli enti locali (artt. 1, 3 e 6), i meccanismi sanzionatori a carico dei componenti degli organi di governo degli enti territoriali (art. 1-bis) e le misure di contenimento della spesa pubblica dei medesimi enti (art. 2). E' agevole constatare che il programma di riforma del regime dei controlli sugli enti territoriali delineato da tale decreto-legge pretende di riguardare anche le Regioni a statuto speciale, che, del resto, l'art. 11-bis (come si vedra') richiama direttamente. Per vari e significativi profili, pero', questa estensione della disciplina alle Regioni speciali si rivela del tutto illegittima. Specificamente illegittimi, e violativi delle attribuzioni della ricorrente, nelle parti che si indicheranno di seguito con maggior precisione, sono gli articoli 1, 1-bis, 2, 3, 6 e 1-bis del d.l. n. 174 del 2012, per come conv. in l. n. 213 del 2012. Essi debbono essere pertanto dichiarati costituzionalmente illegittimi per i seguenti motivi di Diritto 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 16, del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 contiene una varia pluralita' di previsioni normative, tutte, peraltro, finalizzate all'introduzione di nuove forme di controllo sulla politica di bilancio e sulla gestione economico-finanziaria delle Regioni o delle loro articolazioni. E' bene distinguere due gruppi di disposizioni. Un primo gruppo di disposizioni concerne l'istituzione di nuove forme di controllo sulla politica di bilancio e sulla gestione finanziaria generale delle Regioni. Un secondo gruppo concerne l'istituzione di nuove forme di controllo sulla gestione economico-finanziaria dei fondi assegnati ai Gruppi consiliari presso le Regioni. Di tali gruppi e' bene trattare separatamente. 1.1. - Quanto ai controlli sulla politica di bilancio e sulla gestione finanziaria generale delle Regioni. Il primo comma 1 indica la (pretesa) finalita' dell'intero articolo, che sarebbe quella di "adeguare [...] il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle regioni". Il secondo comma prevede che "ogni sei mesi le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti trasmettono ai consigli regionali una relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi regionali approvate nel semestre precedente e sulle tecniche di quantificazione degli oneri". Il terzo comma prevede che "le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi delle regioni e degli enti che compongono il Servizio sanitario nazionale, con le modalita' e secondo le procedure di cui all'art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, [ossia recependo le relazioni provenienti dai revisori dei conti degli enti vigilati e analizzandole anche attraverso esperti esterni alla Corte medesima] per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilita' interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'art. 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilita' dell'indebitamento e dell'assenza di irregolarita' suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti". A questo proposito, il secondo periodo dello stesso comma prescrive che "i bilanci preventivi annuali e pluriennali e i rendiconti delle regioni con i relativi allegati sono trasmessi alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti dai presidenti delle regioni con propria relazione". Il quarto comma prevede che "le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano altresi' che i rendiconti delle regioni tengano conto anche delle partecipazioni in societa' controllate e alle quali affidata la gestione di servizi pubblici per la collettivita' regionale e di servizi strumentali alla regione, nonche' dei risultati definitivi della gestione degli enti del Servizio sanitario nazionale". Il quinto comma assoggetta il rendiconto generale della Regione al giudizio di parifica della Corte dei conti, precisando che "alla decisione di parifica e' allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimita' e alla regolarita' della gestione e propone le misure di correzione e gli interventi di riforma che ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa". Il sesto comma obbliga il Presidente della Regione a trasmettere "ogni dodici mesi alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti una relazione sulla regolarita' della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato sulla base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti". I primi sei commi dell'articolo in esame, sopra brevemente descritti, disciplinano adempimenti preliminari, che sono preordinati al sistema di controlli e sanzioni previsti dai commi successivi (sicche' anche per essi valgono le censure che subito si diranno a proposito di questi). Gia' con tali procedure, peraltro, lo Stato condiziona lo svolgimento dell'organizzazione interna della Regione, che e' costretta non solo a trasmettere i propri dati di bilancio al Giudice contabile, ma anche a dare conto del "sistema dei controlli interni" che adotta (cfr. il comma 6 ora riportato testualmente). Gia' questo dato e' indicativo: non sono solo i conti della Regione ad essere sotto osservazione, ma e' l'intera attivita' amministrativa ad essere condizionata dallo Stato. In particolare, il comma 7 prevede che, nel caso in cui i controlli sopra indicati riscontrino "squilibri economico-finanziari", "mancata copertura di spese" o "violazione di norme finalizzate a garantire la regolarita' della gestione finanziaria o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita' interno", le Amministrazioni interessate hanno "l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarita' e a ripristinare gli equilibri di bilancio". Su tali provvedimenti e' previsto un ulteriore controllo da parte della Corte dei conti. Infine e' previsto che, nel caso in cui "la regione non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilita' finanziaria". Il comma 8, poi, prevede che "le relazioni redatte dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai sensi dei commi precedenti sono trasmesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze per le determinazioni di competenza". Tutte le disposizioni ora richiamate impingono in profondita' nell'autonomia regionale, toccando numerosi profili del suo esercizio, reintroducendo il sistema dei controlli preventivi di legittimita' e attribuendo particolari competenze sia alla Corte dei conti che all'Amministrazione statale, che in parte illegittimamente comprimono e in parte usurpano le attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione. 1.1.1. - Le disposizioni in esame violano anzitutto gli artt. 7 e 8 dello Statuto, in una con gli artt. 117, comma 3, e 119 Cost. Elemento cardine dell'autonomia finanziaria della Regione, riconosciuta dall'art. 7 dello Statuto e dall'art. 119 Cost. e nutrita dai canali di finanziamento di cui all'art. 8 St., e' l'autonoma redazione e approvazione (con legge regionale) del bilancio regionale. L'istituzione di un nuovo controllo preventivo e successivo di legittimita' sul bilancio si risolve in una violazione dell'autonomia finanziaria regionale. In tanto l'autonomia di bilancio ha un senso, infatti, in quanto le scelte di bilancio, ancorche' possano essere delimitate nei loro contenuti da un quadro di disciplina generale, siano effettivamente autonome, cio' che invece e' da escludersi in particolare a fronte di controlli che - come quelli qui contestati - si configurano anche come preventivi e comportano gravi conseguenze di contenuto sostanzialmente sanzionatorio. Violato, poi, e' l'art. 117, comma 3, Cost., perche' la lesione dell'autonomia finanziaria della Regione si traduce anche nella compressione della competenza regionale concorrente nella materia "coordinamento della finanza pubblica". Detta competenza, infatti, nel caso della Regione Sardegna, non e' altro che la logica conseguenza della garanzia fissata dalle ricordate norme statutarie, che conferiscono alla Regione l'autonoma gestione delle sue risorse economiche, cosa che e' qui impedita dai controlli prescritti dallo Stato. Violati sono anche gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto e 117, commi 3 e 4, e 118 Cost. (in riferimento all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che assicura alle autonomie speciali almeno le medesime prerogative di quelle ordinarie), per il fatto che l'impedimento alla "attuazione dei programmi di spesa" regionali, prevista come sanzione nel caso di mancata ottemperanza alle previsioni qui impugnate, si traduce nell'impossibilita' di svolgere le funzioni pubbliche attribuite alla Regione dallo Statuto e dalla Costituzione ai sensi delle disposizioni ora invocate. Gli artt. 3, 4 e 5 dello Statuto, infatti, enumerano le competenze legislative della Regione, rispettivamente in via esclusiva, concorrente e integrativa della disciplina statale. Gli artt. 117, commi 3 e 4, conferiscono anche alla Regione Sardegna (in ragione della clausola di cui all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001) ulteriori competenze legislative in via concorrente o residuale. A tutte queste competenze corrispondono, in ragione del c.d. "principio del parallelismo" tra funzioni legislative e amministrative, le funzioni pubbliche svolte dalla Regione, che sono illegittimamente compresse dalle misure sanzionatorie previste dalla disposizione qui censurata. Violati sono anche gli artt. 33 dello Statuto e 127 Cost. Il primo prevede, quale unica forma di controllo "preventivo" delle leggi regionali, la comunicazione al Governo della legge approvata prima della sua promulgazione. Essendo i bilanci regionali approvati con legge, il nuovo tipo di controllo richiesto dallo Stato, esorbitando dal modello di cui all'art. 33 dello Statuto, per cio' solo lo viola. Ma lo stesso controllo preventivo previsto dall'art. 33 St. e' ormai superato dall'art. 127 Cost., che ha eliminato il controllo preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria (e, in forza dell'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2011, sulle Regioni speciali). Anche e soprattutto tale parametro, pertanto, e' violato. L'addizione di un controllo ulteriore determina, invero, l'alterazione del regime della legge regionale, regime che e' definito da norme di rango costituzionale e non puo' essere modificato da una fonte legislativa ordinaria. 1.1.2. - Violati, conseguentemente, sono anche gli artt. 54 e 56 dello Statuto, in combinato disposto con i parametri sopra invocati, nonche' con l'art. 116 Cost. e l'art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, recante "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione". Detto art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, prevede che "il rendiconto generale della regione e' verificato dalla sezione regionale, la quale ne riferisce al presidente della Corte dei conti. Su di esso pronunciano le sezioni riunite della Corte dei conti in conformita' all'art. 40 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione e' unita una relazione nella quale la Corte formula le sue osservazioni intorno al modo con cui l'amministrazione regionale si sia conformata alle leggi e suggerisce le variazioni o le riforme che crede opportune. La decisione e la relazione sono trasmesse al presidente del consiglio regionale che le sottopone al consiglio insieme alla relazione della giunta. Copia della decisione e della relazione suddette sono trasmesse al rappresentante del Governo". Il giudizio di "verificazione" del quale qui si parla altro non e' se non il giudizio di parificazione previsto dal comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge censurato nel presente ricorso. Che sia cosi', oltre che dalla piana lettura del testo della legge, lo si desume anche da quanto stabilito dallo stesso Giudice contabile, che ha avuto modo di affermare che "In base all'art. 10, 1° comma, d.p.r. 16 gennaio 1978 n. 21, la sezione regionale del controllo della corte dei conti per la regione Sardegna ha l'obbligo di verificare il rendiconto generale della regione; tale adempimento si sostanzia nell'esecuzione dei riscontri prescritti dall'art. 39, 1° e 2° comma, t.u. 12 luglio 1934 n. 1214" (C. conti Sardegna, Sez. contr., 2 giugno 1992, n. 89). Si noti, peraltro, che le disposizioni del r.d. n. 1214 del 1934 menzionate nella citata pronuncia della Corte dei conti e nell'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978 come norme applicabili al giudizio di verificazione sono proprio quelle richiamate dal comma 5 dell'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, sicche' nessun dubbio puo' esservi su cio' che il comma in esame e l'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978 abbiano ad oggetto la medesima fattispecie. Tanto dimostra, senza ombra di dubbio, che i controlli sul bilancio regionale possono essere disposti solo con norme costituzionali, statutarie o di attuazione dello Statuto, perche' detti controlli sono in grado, come sopra constatato, di mettere nel nulla l'autonomia economico-finanziaria (e non solo) della Regione. Codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha costantemente affermato che "le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (secondo quanto ha piu' volte affermato questa Corte; si vedano, fra le molte, le sentenze n. 341 del 2001, n. 213 e n. 137 del 1998)", sicche' non e' certo possibile per lo Stato, oggi, disciplinare in assoluta solitudine ulteriori e diverse forme di controllo sul bilancio regionale, non ricorrendo alla revisione statutaria o quanto meno al procedimento disciplinato dall'art. 56 della l. cost. n. 3 del 1948, ove si demanda ad una commissione paritetica la predisposizione delle norme di attuazione dello Statuto sardo. Non si potrebbe certo replicare che vi sarebbero esigenze d'ordine generale che avrebbero suggerito di introdurre le forme di controllo qui contestate. Che tali esigenze esistano o meno, e che esse reclamassero proprio gli interventi qui contestati, non cosa che possa avere, qui, il minimo rilievo. Vale, infatti, sia pure mutatis mutandis, quanto gia' affermato da codesta Ecc.ma Corte costituzionale, quando, di fronte alla l. n. 124 del 2008, osservo' che le prerogative di garanzia degli organi costituzionali devono essere regolate attraverso fonti di rango costituzionale, perche' "Questa complessiva architettura istituzionale, ispirata ai principi della divisione dei poteri e del loro equilibrio, esige che la disciplina delle prerogative contenuta nel testo della Costituzione [nel caso riferiti alle guarentigie dei componenti degli organi costituzionali, ma puo' dirsi lo stesso oggi quanto alle garanzie di autonomia delle Regioni speciali] debba essere intesa come uno specifico sistema normativo, frutto di un particolare bilanciamento e assetto di interessi costituzionali; sistema che non e' consentito al legislatore ordinario alterare ne' in peius ne' in melius" (cosi' la sent. n. 262 del 2009, e, per esplicito richiamo, anche la sent. n. 23 del 2011). Per tale ragione lo Stato, con le norme impugnate, ha anzitutto violato l'art. 54 dello Statuto, che riserva alla legge costituzionale (o alla speciale fonte di cui al comma 5) la revisione dello Statuto. In ogni caso, poi, ha violato l'art. 56 dello Statuto (che - rinviando alle norme di attuazione - prevede la forma minima di definizione del regime dei controlli sulla Regione Sardegna), in combinato disposto con l'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978, che, come detto, contiene le norme di attuazione che disciplinano il controllo della Corte dei conti sul bilancio regionale. Conseguentemente, e' violato anche l'art. 116 Cost., che tutela la particolare autonomia delle Regioni a Statuto speciale, autonomia cui e' preordinato lo stesso meccanismo di adozione delle norme di attuazione dello Statuto. Pel fatto che detto controllo e' esercitato attraverso il giudizio di parificazione, infine, specificamente lesivi delle attribuzioni statutarie di cui agli artt. 7, 8, 54 e 56 dello Statuto, nonche' 119 della Costituzione, anche in relazione all'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978, sono i commi 4 e 5 dell'articolo in esame, che pretendono di disciplinare il contenuto del rendiconto regionale e il relativo giudizio di parificazione da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti sostituendosi alle norme di attuazione, in violazione dell'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione. 1.1.3. - In ogni caso, come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, la previsione di una forma di controllo ulteriore della Corte dei conti non puo' che configurare tale controllo in modo collaborativo. Nella sent. n. 29 del 1995, codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che le forme di controllo della Corte dei conti sul bilancio regionale debbono risolversi in "un compito essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate". Tanto e' vero che l'art. 7 della l. n. 131 del 2003 (che e' anche richiamata dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 174 del 2012 qui impugnato) prevede che "Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competenza, nonche' la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati, salvo quanto disposto dal terzo periodo del presente comma" (ossia nel caso delle relazioni generali al Parlamento). Nel caso di specie, invece, il controllo della Corte dei conti non e' concepito in questa forma collaborativa, ma e' preordinato al verificarsi di conseguenze sanzionatorie e repressive, tra le quali la trasmissione degli atti alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'Economia e delle Finanze "per le determinazioni di competenza" e - soprattutto - il blocco indifferenziato de "l'attuazione dei programmi di spesa per i quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilita' finanziaria" (si rifletta sugli effetti che avrebbe tale previsione per la Regione Sardegna, che finanzia senza apporti dello Stato e solo con le entrate da compartecipazioni servizi pubblici essenziali come i trasporti e la sanita'). Tutto questo e' tanto e' vero che, ancora in tema di controlli sugli enti autonomi, codesta Ecc.ma Corte costituzionale, nello scrutinare alcune previsioni di legge che imponevano agli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria il dovere di trasmettere alle Sezioni regionali della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione dei detti enti e che affidavano alle medesime Sezioni regionali la potesta' di pronunciarsi sui bilanci, ha ritenuto non fondate le censure proposte dalla Regione (autonoma) allora ricorrente proprio perche' si poteva "sottolineare la natura collaborativa del controllo disciplinato dalle norme impugnate, che si limita alla segnalazione all'ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all'ente stesso l'adozione delle misure necessarie" (sent. n. 179 del 2007). Nel caso di specie, invece, si' va ben oltre la "segnalazione" di eventuali disfunzioni. Se la previsione del blocco dell'attuazione dei programmi di spesa regionale fa temere per la tutela dei diritti costituzionali dei cittadini, che non possono essere garantiti se non attraverso alcuni servizi pubblici (la salute, innanzitutto), particolarmente odiosa e lesiva dell'autonomia finanziaria della Regione e' la previsione di una diretta intrusione dell'apparato amministrativo ministeriale nella gestione del bilancio regionale. Non per niente, infatti, la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto non lesivo dell'autonomia regionale l'intervento (se in forma di collaborazione con l'ente controllato, si ripete) da parte della Corte dei conti, che e' "organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello «Stato-comunita'» (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997)" (cosi', proprio in tema di controlli sugli enti locali, la sent. n. 267 del 2006). Essendo, dunque, il controllo imposto dal legislatore statale non di natura collaborativa e non essendo esercitato (solo) da soggetti terzi, bensi' dall'apparato burocratico-ministeriale dello Stato, le disposizioni impugnate violano, una volta di piu', gli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., che assicurano alla Regione un'autonomia finanziaria qualificata; 117 Cost., che conferisce alla Regione competenza legislativa concorrente in materia di "coordinamento della finanza pubblica" (atteso che qui la fonte statale va ben al di la' della fissazione dei principi fondamentali di tale coordinamento, per abbandonarsi all'introduzione di vere e proprie norme di dettaglio); 116 Cost., 54, 56 dello Statuto e 10 del d.P.R. n. 21 del 1978, che tutelano la maggiore autonomia economico-finanziaria della Regione Sardegna (almeno) attraverso la previsione dello speciale procedimento di attuazione statutaria; 3, 4, 5 e 6 dello Statuto e 117 Cost., che affidano alla Regione funzioni pubbliche che sarebbero compromesse dal blocco dei programmi di spesa previsto dalle norme impugnate. 1.2. - Quanto ai controlli sulla gestione economico-finanziaria dei fondi assegnati ai Gruppi consiliari presso le Regioni, vale quanto segue. 1.2.1. - Il comma 9 dell'art. 1 del d.l. n. 174 del 2012 prevede che ogni "gruppo consiliare dei consigli regionali approva un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilita', nonche' per definire la documentazione necessaria a corredo del rendiconto [...]". Il successivo comma 10 prevede che "il rendiconto e' trasmesso da ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale, che lo trasmette al presidente della regione. Entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio, il presidente della regione trasmette il rendiconto di ciascun gruppo alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti perche' si pronunci, nel termine di trenta giorni dal ricevimento, sulla regolarita' dello stesso con apposita delibera, che e' trasmessa al presidente della regione per il successivo inoltro al presidente del consiglio regionale, che ne cura la pubblicazione. [...] Il rendiconto e', altresi', pubblicato in allegato al conto consuntivo del consiglio regionale e nel sito istituzionale della regione. Il comma 11, prevede che, "qualora la competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti riscontri che il rendiconto di esercizio del gruppo consiliare o la documentazione trasmessa a corredo dello stesso non sia conforme alle prescrizioni stabilite a norma del presente articolo, trasmette, entro trenta giorni dal ricevimento del rendiconto, al presidente della regione una comunicazione affinche' si provveda alla relativa regolarizzazione", comunicazione che e' inoltrata al Presidente del Consiglio regionale "per i successivi adempimenti da parte del gruppo consiliare interessato". Nel caso in cui il gruppo non provveda alla regolarizzazione, "decade, per l'anno in corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte del consiglio regionale" ed e' obbligato a "restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate". Stessa sanzione e' prevista, ai sensi del comma 12, nel caso di "non regolarita' del rendiconto [accertata] da parte della sezione regionale di controllo della Corte dei conti". Anche tali disposizioni impingono in profondita' nell'autonomia regionale, alterando numerosi profili del suo esercizio, intervenendo nell'organizzazione interna dei Consigli regionali e, quindi, nel regime degli organi "supremi" della Regione, sconvolgendo il sistema delle fonti nell'ordinamento regionale. 1.2.2. - Le norme sopra riportate, anzitutto, ledono l'autonomia finanziaria della Regione, della quale l'autonomia di gestione delle relative risorse da parte dei Gruppi consiliari presso il Consiglio regionale e' una forma particolare di svolgimento. Pertanto, ancora una volta sono violati gli artt. 7 e 8 dello Statuto, nonche' 119 Cost., che tutelano e garantiscono detta autonomia economico-finanziaria. Violato, poi, e' l'art. 15 dello Statuto, che riserva alla legge regionale, col solo limite della "armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica" la determinazione della "forma di governo della Regione". E', infatti, evidente che la disciplina dell'attivita' dei gruppi consiliari e dei contributi loro corrisposti concerne la forma di governo regionale, che viene modificata in ispregio dell'esplicita riserva di competenza in capo alla Regione. La previsione di cui al comma 10, a tenor della quale nella verifica dei rendiconti dei Gruppi consiliari ha competenza - seppure solo al fine di raccolta e trasmissione degli atti - il Presidente della Giunta regionale, e' violativa degli artt. 15 e 35 dello Statuto, che disciplinano il rapporto tra Presidente e Consiglio regionale, relazione che e' addirittura ribaltata dalla pretesa di inserire il Presidente tra i soggetti attivi nel procedimento di controllo dell'attivita' dei Consigli regionali. Violato e' anche l'art. 26 dello Statuto, che riserva alla legge regionale la fissazione dell'indennita' dei Consiglieri regionali. E' evidente, infatti, che le disposizioni censurate impingono in questa sfera di assoluta autonomia della Regione, perche' anche le erogazioni a favore del gruppo regionale, cosi' come le indennita' di carica dei singoli Consiglieri garantiscono l'indipendenza politica del Gruppo che ne beneficia, in ossequio al principio del libero mandato rappresentativo (sulla scia dell'art. 67 della Costituzione) dagli artt. 23 e 24 dello Statuto. Per tale ragione e' evidente che la competenza di cui all'art. 26 dello Statuto comprende anche la (sotto)materia dell'erogazione e dei controlli sul denaro erogato ai Gruppi consiliari della Regione. Violato e' anche l'art. 19 dello Statuto, che riserva al Consiglio regionale l'adozione del proprio "regolamento interno, che esso adotta a maggioranza assoluta dei suoi componenti". L'art. 19 e' preordinato a garantire al Consiglio regionale la particolare autonomia che si attaglia all'organo regionale massimamente rappresentativo, sicche' e' a quella fonte che deve essere demandata la materia dei controlli sui Gruppi consiliari. Violato e' anche l'art. 33 dello Statuto, che (fermo restando il gia' detto caso del giudizio di parificazione del bilancio regionale, disciplinato non a caso attraverso Norme di attuazione dello Statuto dal d.P.R. n. 21 del 1978) limita le possibilita' di controllo dello Stato sull'attivita' legislativa della Regione (si ricordi che i bilanci sono approvati con legge regionale) alla sola comunicazione che interviene tra l'approvazione e la promulgazione della legge. La previsione di una nuova forma di controllo e', dunque, violativa anche degli artt. 33 dello Statuto e 127 Cost. Come si e' gia' osservato, la disposizione statuaria prevede, quale unica forma di controllo "preventivo" delle leggi regionali, la comunicazione al Governo della legge approvata prima della sua promulgazione. Essendo i bilanci regionali approvati con legge, il nuovo tipo di controllo richiesto dallo Stato, esorbitando dal modello di cui all'art. 33 dello Statuto, per cio' solo lo viola. Ma, anche questo lo si e' gia' osservato, il controllo preventivo previsto dall'art. 33 St. e' ormai superato dall'art. 127 Cost., che ha eliminato il controllo preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria, sicche' anche e soprattutto tale parametro e' violato, in quanto l'aggiunta di un controllo ulteriore determina l'alterazione del regime della legge regionale, che e' definito da norme di rango costituzionale e non puo' essere modificato da una fonte legislativa ordinaria. Anche in questo caso, poi, e' violato l'art. 56 dello Statuto, in combinato disposto con l'art. 7 dello Statuto, l'art. 116 Cost. e con gli artt. 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. Detti articoli del d.P.R. n. 21 del 1978 riservano alla sezione regionale Corte dei conti il controllo di legittimita' "sugli atti amministrativi della regione, esclusa ogni valutazione di merito". Inoltre l'art. 5 del d.P.R. n. 21 del 1978 prevede che "Il controllo di legittimita' sugli atti amministrativi della regione [...] si esercita esclusivamente sui regolamenti" e sugli "atti costituenti adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea", sicche' e' illegittima la pretesa dello Stato di sottoporre a controllo i rendiconti dei Gruppi consiliari. Le norme ora richiamate dimostrano che i controlli sui Gruppi consiliari possono essere disposti solo attraverso una revisione statutaria o le norme di attuazione dello Statuto, perche' detti controlli sono in grado, come si diceva, di mettere nel nulla l'autonomia politica ed economico-finanziaria della Regione. Avendo lo Stato, in assoluta solitudine previsto forme di controllo sui gruppi consiliari, ha violato una volta di piu', gli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost., che assicurano alla Regione un'autonomia finanziaria qualificata; 117 Cost., che conferisce alla Regione competenza legislativa concorrente in materia di "coordinamento della finanza pubblica" (atteso che qui la fonte statale va ben al di la' della fissazione dei principi fondamentali di tale coordinamento, per abbandonarsi all'introduzione di vere e proprie norme di dettaglio); 116 Cost., 54, 56 dello Statuto e 4 e 5 del d.P.R. n. 21 del 1978, che tutelano la maggiore autonomia economico-finanziaria della Regione Sardegna (almeno) attraverso la previsione dello speciale procedimento di attuazione statutaria; 3, 4, 5 e 6 dello Statuto e 117 Cost., che affidano alla Regione funzioni pubbliche che sarebbero compromesse dal blocco dei programmi di spesa previsti dalle norme impugnate. Anche per queste disposizioni, poi, si puo' osservare che manca quella forma collaborativa, richiesta dalla giurisprudenza costituzionale, del controllo esercitato dalla Corte dei conti sugli enti autonomi (ed anzi, sul massimo organo rappresentativo della Regione), perche' il controllo della Corte dei conti e' preordinato al verificarsi di conseguenze sanzionatorie e repressive, quali sono la decadenza dal diritto all'erogazione di risorse da parte del Consiglio regionale e l'obbligo a restituire le somme gia' ricevute. Tanto, con la conseguente violazione, per un ulteriore profilo, degli artt. 117 e 119 Cost. e 7, 8, 15, 19, 33 e 56 dello Statuto, anche in relazione agli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. 1.3. - Connesso alle norme sin qui censurate, ma meritevole di distinto esame, e' infine il comma 16 dell'art. 1 del d. l. n. 174 del 2012. Esso obbliga le "regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano" ad adeguare "il proprio ordinamento alle disposizioni del presente articolo entro un anno dalla data di entrata in vigore" dello stesso d.l. n. 174 del 2012. Stante tutto quanto gia' osservato nei precedenti paragrafi, e' del tutto evidente che l'adeguamento dell'ordinamento regionale alle disposizioni del presente articolo comporta necessariamente (se non la revisione dello Statuto, quantomeno) la revisione delle Norme di attuazione statutaria (eppercio' del d.P.R. n. 21 del 1978). Dato che, ai sensi dell'art. 56 dello Statuto, la Regione non ha nella sua esclusiva disponibilita' la modificazione delle norme di attuazione, la disposizione in esame e' di bel nuovo violativa (oltre che dell'art. 54) del medesimo art. 56 dello Statuto, nonche' dell'art. 116 Cost., che tutela la maggiore autonomia delle Regioni speciali proprio attraverso il riconoscimento della particolare posizione dello Statuto speciale (e, dunque, delle relative norme di attuazione) nel sistema delle fonti. Dato che, come ha segnalato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella recente sent. n. 198 del 2012 "a tali fonti una legge ordinaria non puo' imporre limiti e condizioni", la disposizione censurata e' radicalmente illegittima. Oltre i parametri anzidetti, sono indirettamente violati ancora una volta, e per le ragioni gia' viste, gli artt. 7, 8, 15, 19, 26, 33 e 35 dello Statuto e 117 e 119 Cost., nella misura in cui il comma 16 qui in esame intende costringere la Regione Sardegna a subire le lesioni delle sue attribuzioni costituzionali e statutarie, messe in luce - sin confida - ai precedenti paragrafi. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-bis, commi 1 e 4, del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in I. n. 213 del 2012. L'art. 1-bis del d.l. n. 174 del 2012 reca modifiche al d.lgs. n. 149 del 2011. Quelle appresso indicate sono illegittime perche' violative delle competenze e attribuzioni statutarie e costituzionali della Regione. 2.1. - L'art. 1-bis, comma 1, lett. c), aggiunge il comma 3-bis all'art. 1 del d.lgs. n. 149 del 2011. Detto comma prevede che la relazione di fine legislatura che deve redigere il Presidente della Giunta Regionale ai sensi dei commi 2 e 3 dello stesso art. 1 del d.lgs. n. 149 del 2011 "e' trasmessa, entro dieci giorni dalla sottoscrizione del Presidente della Giunta regionale, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, che, entro trenta giorni dal ricevimento, esprime le proprie valutazioni al Presidente della Giunta regionale". Inoltre, "Le valutazioni espresse dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti sono pubblicate nel sito istituzionale della regione entro il giorno successivo al ricevimento da parte del Presidente della Giunta regionale". L'illegittimita' della previsione ora menzionata emerge de plano se la si confronta con quanto previsto al successivo art. 1-bis, comma 1, lett. e), che, sostituisce interamente il comma 6 dell'art. 1 del d.lgs. n. 149 del 2011 nel modo che segue: "In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione e di pubblicazione, nel sito istituzionale dell'ente, della relazione di fine legislatura, al Presidente della Giunta regionale e, qualora non abbiano predisposto la relazione, al responsabile del servizio bilancio e finanze della regione e all'organo di vertice dell'amministrazione regionale e' ridotto della meta', con riferimento alle successive tre mensilita', rispettivamente, l'importo dell'indennita' di mandato e degli emolumenti. Il Presidente della regione e', inoltre, tenuto a dare notizia della mancata pubblicazione della relazione, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente". Con le disposizioni in esame il legislatore ha previsto una nuova e particolare forma di controllo sull'operato della Giunta regionale da parte della Corte dei conti, controllo che non si limita a prospettare una forma di collaborazione tra il giudice contabile e l'Ente, ma e' preordinato all'adozione di specifiche misure sanzionatorie in capo al Presidente della Regione. In questo modo, pero', lo Stato ha violato la competenza esclusiva della ricorrente relativamente alla disciplina della "forma di governo della Regione", prevista dall'art. 15 dello Statuto. La redazione e la pubblicazione della relazione di fine legislatura si risolve, infatti, in un dovere che risulta collegato indissolubilmente all'esercizio delle funzioni politico-amministrative del Presidente della Regione, il quale, ai sensi dell'art. 34 dello Statuto, e' "organo esecutivo della Regione". Un dovere collegato in maniera cosi' stretta all'esercizio delle funzioni attribuite al Presidente quale vertice esecutivo della Regione da incidere in maniera significativa nella "forma di governo della Regione", per cio' solo impingendo nella sfera di competenza esclusiva della Regione. La norma contestata si intromette nella regolamentazione del rapporto politico-istituzionale tra Consiglio e Presidente della Regione, proprio perche' non solo regola adempimenti di natura politica del Presidente (tra i quali e' la relazione di fine mandato), ma perche', sul piano giuridico-istituzionale ne fa derivare effetti sfavorevoli per il Presidente stesso, che, invece, dovrebbe sopportare simili conseguenze pregiudizievoli, a tutto concedere, solo in ragione di determinazioni assunte dall'unico organo cui e' legato da un rapporto istituzionale qualificato, ossia dal Consiglio regionale. Pertanto, oltre all'art. 15, sono violati anche gli artt. 35 e 37 dello Statuto, che regolano il rapporto politico-istituzionale tra Consiglio regionale e Presidente della Regione. L'art. 15 dello Statuto, anche in combinato disposto con gli artt. 35 e 37 dello Statuto, e' violato anche per un diverso profilo, e anche in combinato disposto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Il Presidente della Regione, infatti, non ha modo di interloquire con la Corte dei conti, a seguito delle valutazioni svolte da quest'ultima sulla relazione di fine legislatura. Anche questo elemento e' in grado di modificare la struttura del rapporto che intercorre tra Consiglio regionale e Presidente della Regione, regolato dagli artt. 15, 33 e 37 dello Statuto, e risulta, comunque, irragionevole, in quanto impedisce al Presidente di chiarire le ragioni giustificatrici dell'azione della Regione, cosi pervenendo ad esiti informativi che non sono compiutamente soddisfacenti ed efficaci. Ancora una volta, poi, sono violati gli artt. 54 e 56 dello Statuto, in combinato disposto con gli artt. 15 e 37 dello Statuto, l'art. 116 Cost. e gli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, recante "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione". Gli articoli in questione, come si e' gia' detto, disciplinano il controllo della Corte dei conti sugli atti amministrativi della Regione Sardegna, che e' demandato alla sezione regionale della Corte dei conti ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. n. 21 del 1978, precludendo ogni alterazione di tale disciplina che non passi da una revisione statutaria o dalla modificazione delle norme di attuazione. La nuova forma di controllo della Corte dei conti viola il modello disciplinato nell'art. 5 del d.P.R. n. 21 del 1978. Ivi, infatti, quanto al contenuto del controllo, le norme di attuazione dello Statuto consentono solamente un "controllo di legittimita'", essendo "esclusa ogni valutazione di merito" sull'operato dell'Amministrazione regionale. Quanto all'oggetto, il controllo della Corte dei conti si puo' esercitare "esclusivamente sui regolamenti, eccetto quelli attinenti l'autonomia organizzativa, funzionale e contabile del consiglio regionale". Nel caso in esame, invece, alla Corte dei conti e' consentito entrare nel merito delle concrete scelte politiche effettuate dagli organi di governo della Regione e le sono conferite potesta' che esorbitano dal modello previsto nelle norme di attuazione. Ne viene ancora una volta, in una con la violazione degli artt. 54 e 56 dello Statuto (che consentono la ridefinizione del controllo sugli atti della Regione solo tramite revisione statutaria o norme di attuazione dello Statuto), la violazione degli artt. 7 e 8 dello Statuto, che tutelano e garantiscono l'autonomia finanziaria della Regione; dell'art. 116 Cost., che tutela la particolare autonomia delle Regioni a Statuto speciale, degli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. n. 21 del 1978, che, come detto, disciplinano e fissano gli strumenti di controllo degli atti regionali a disposizione della Corte dei conti. 2.2. - Il comma 4 dell'art. 1-bis del d.l. n. 174 del 2012 reca modificazioni all'art. 5 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 149. In particolare, inserendo le parole "anche nei confronti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano" nell'alinea di detto art. 5, estende - appunto - anche alle Regioni e alle Province autonome la potesta' della Ragioneria generale dello Stato di "attivare verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile [...] qualora un ente evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria: b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi; c-bis) aumento non giustificato delle spese in favore dei gruppi consiliari e degli organi istituzionali", verifiche previste all'art. 5 del d.l. n. 149 del 2011. La disposizione in esame lede l'autonomia finanziaria della Regione, in quanto ne sottopone l'esercizio a controlli effettuati dall'Amministrazione ministeriale. Anche in questo caso vi e' un'intromissione dell'Amministrazione statale nelle procedure di controllo del bilancio della Regione che e' gravemente lesiva della sua autonomia finanziaria. Anche in questo caso, dunque, puo' essere richiamata quella giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto non lesivo dell'autonomia regionale un intervento di controllo (oltretutto solo nella forma della collaborazione con l'ente controllato) da parte della sola Corte dei conti, perche' questa, a differenza dell'apparato ministeriale, e' "organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello «Stato-comunita'» (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997)" (sent. n. 267 del 2006). Per tali ragioni, la disposizione in questione e' violativa degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., dai quali scaturisce l'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione. Analogamente a quanto gia' rilevato, sono violati anche gli artt. 33 dello Statuto e 127 Cost. Si deve ripetere ancora una volta che la disposizione statuaria prevede, quale unica forma di controllo "preventivo" delle leggi regionali, la comunicazione al Governo della legge approvata prima della sua promulgazione. Essendo i bilanci regionali approvati con legge, il nuovo tipo di controllo richiesto dallo Stato, esorbitando dal modello di cui all'art. 33 dello Statuto, per cio' solo lo viola. Ma, anche questo lo si e' gia' osservato, il controllo preventivo previsto dall'art. 33 St. e' ormai superato dall'art. 127 Cost., che ha eliminato il controllo preventivo sulle leggi delle Regioni ad autonomia ordinaria, sicche' anche e soprattutto tale parametro e' violato, in quanto l'aggiunta di un controllo ulteriore determina l'alterazione del regime della legge regionale, che e' definito da norme di rango costituzionale e non puo' essere modificato da una fonte legislativa ordinaria. Anche in questo caso, poi, sono violati gli artt. 54 e 56 dello Statuto, in combinato disposto con l'art. 7 dello Statuto, l'art. 116 Cost. e con l'art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, per le ragioni gia' esaminate in precedenza, quanto al rapporto fra tipologia dei controlli e tipologia delle fonti che possono introdurli o modificarli. Si deve ricordare ancora una volta che l'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978 limita il controllo sugli atti relativi alla manovra di bilancio della Regione Sardegna alla verifica del rendiconto generale della Regione effettuata dalla sezione regionale della Corte dei conti, sicche' deve escludersi la legittimita' di una disposizione di legge ordinaria che istituisce altri tipi di controlli e di verifiche (specie se operati dall'Amministrazione ministeriale) senza attivare la procedura garantistica dell'art. 56 dello Statuto. Sono di bel nuovo violati gli artt. 54 e 56 dello Statuto, che - rispettivamente - prevedono il procedimento di revisione statutaria, che va seguito per modificare il regime dei controlli, e (nella misura in cui cio' non e' necessario) demandano ad una commissione paritetica la predisposizione delle norme di attuazione dello Statuto. Nella specie, si badi, e' soprattutto il primo parametro che appare violato, perche' la norma censurata ha introdotto un controllo ministeriale totalmente sconosciuto non solo allo Statuto, ma all'intero sistema costituzionale, sicche' le stesse norme di attuazione sarebbero state inadeguate alla bisogna. In una con gli indicati parametri, poi, sono violati gli artt. 7 dello Statuto, che tutelano e garantiscono l'autonomia finanziaria della Regione; l'art. 116 Cost., che tutela la particolare autonomia delle Regioni a Statuto speciale, l'art. 10 del d.P.R. n. 21 del 1978, che, come detto, disciplina il controllo della Corte dei conti. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2, 3, 4 e 5, del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 reca numerose disposizioni che obbligano le Regioni ad intervenire sull'attivita' dei loro organi di governo. Esse sono talmente estranee alla logica stessa della specialita' che e' piu' che lecito dubitare della loro stessa applicabilita' alla Regione Sardegna. Poiche' il comma 4 impegna la Regione all'adeguamento a tali previsioni, tuttavia, la loro censura in sede di giudizio principale di legittimita' costituzionale e' inevitabile. Le disposizioni in esame sono qui gravate da due ordini di censure. Da una parte, infatti, vi e' la palese violazione della competenza legislativa della Regione ricorrente nella regolazione della propria autonomia finanziaria e, specularmente, un abnorme esercizio da parte dello Stato della competenza concorrente in maniera di "coordinamento della finanza pubblica", oltrepassando di gran lunga il confine che separa le disposizioni di principio, riservate allo Stato, dalla concreta gestione della finanza regionale, che spetta a tutte le Regioni (ai sensi dell'art. 117, comma 3, Cost., da intendersi di seguito sempre in combinato disposto con l'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001, che garantisce alle Regioni speciali almeno la medesima autonomia delle ordinarie) e - con ancor maggiore ambito di autonomia - alla ricorrente, che e' titolare di attribuzioni in tema di autonomia finanziaria guarentigiate da fonti costituzionali in ragione degli artt. 7 e 8 del proprio Statuto, confermati dagli artt. 116 e 119 Cost. Dette modalita' non solo hanno illegittimamente travalicato l'ambito dei principi del coordinamento della finanza pubblica riservati allo Stato, ma, allo stesso tempo, hanno invaso le competenze statutarie della ricorrente in una serie di specifiche materie, di cui si dara' conto - si confida - puntualmente nei prossimi paragrafi. Dall'altra parte, poi, lo Stato, con l'articolo qui censurato, obbliga la ricorrente a produrre effetti di finanza pubblica che possono darsi solo mediante la revisione dello Statuto. Ma, come e' noto, lo Statuto speciale per la Sardegna e' stato approvato con legge costituzionale, sicche' la ricorrente non ne puo' disporre liberamente allo stesso modo di una Regione ordinaria. Pertanto, come si confida di dimostrare anche facendo rinvio alla piu' recente giurisprudenza costituzionale, le disposizioni contenute nell'articolo in questione sono illegittime per violazione di singoli parametri statutari (appresso partitamente indicati), sempre anche in relazione all'art. 116 Cost., che riconosce e tutela la maggiore autonomia delle Regioni speciali, e all'art. 54 Cost., che disciplina il procedimento di revisione dello Statuto. 3.1. - Fatta questa necessaria premessa, dovuta anche alla estrema lunghezza e complessita' (si direbbe: sostanziale illeggibilita') delle disposizioni impugnate, e' necessario riportare almeno in parte il contenuto dell'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012. Il comma 1 prevede che "una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale" sia erogata solo se la regione, "con le modalita' previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie": "a) abbia dato applicazione a quanto previsto dall'art. 14, comma 1, lettere a), b), d) ed e), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148", ossia abbia ridotto il numero dei consiglieri regionali e degli assessori, nonche' i loro emolumenti; "b) abbia definito l'importo dell'indennita' di funzione e dell'indennita' di carica, nonche' delle spese di esercizio del mandato, dei consiglieri e degli assessori regionali, spettanti in virtu' del loro mandato, in modo tale che non ecceda complessivamente l'importo riconosciuto dalla regione piu' virtuosa" A questo proposito si prevede che "la regione piu' virtuosa e' individuata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Io Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 10 dicembre 2012" e che "Decorso inutilmente tale termine, la regione piu' virtuosa e' individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con i Ministri dell'interno, per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dell'economia e delle finanze, adottato nei successivi quindici giorni"; "c) abbia disciplinato l'assegno di fine mandato dei consiglieri regionali in modo tale che non ecceda l'importo riconosciuto dalla regione piu' virtuosa", individuata nei modi di cui alla lett. b), ma con l'avvertenza che "Le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle regioni che abbiano abolito gli assegni di fine mandato"; "d) abbia introdotto il divieto di cumulo di indennita' o emolumenti, ivi comprese le indennita' di funzione o di presenza in commissioni o organi collegiali, derivanti dalle cariche di presidente della regione, di presidente del consiglio regionale, di assessore o di consigliere regionale, prevedendo inoltre che il titolare di piu' cariche sia tenuto ad optare, fin che dura la situazione di cumulo potenziale, per uno solo degli emolumenti o indennita'; e) abbia previsto, per i consiglieri, la gratuita' della partecipazione alle commissioni permanenti e speciali, con l'esclusione anche di diarie, indennita' di presenza e rimborsi di spese comunque denominati; f) abbia disciplinato le modalita' di pubblicita' e trasparenza dello stato patrimoniale dei titolari di cariche pubbliche elettive e di governo di competenza, prevedendo che la dichiarazione, da pubblicare annualmente, all'inizio e alla fine del mandato, nel sito istituzionale dell'ente, riguardi: i dati di reddito e di patrimonio, con particolare riferimento ai redditi annualmente dichiarati; i beni immobili e mobili registrati posseduti; le partecipazioni in societa' quotate e non quotate; la consistenza degli investimenti in titoli obbligazionari, titoli di Stato o in altre utilita' finanziarie detenute anche tramite fondi di investimento, SICAV o intestazioni fiduciarie, stabilendo altresi' sanzioni amministrative per la mancata o parziale ottemperanza; g) fatti salvi i rimborsi delle spese elettorali previsti dalla normativa nazionale, abbia definito l'importo dei contributi in favore dei gruppi consiliari, al netto delle spese per il personale, da destinare esclusivamente agli scopi istituzionali riferiti all'attivita' del consiglio regionale e alle funzioni di studio, editoria e comunicazione, esclusa in ogni caso la contribuzione per partiti o movimenti politici, nonche' per gruppi composti da un solo consigliere, salvo quelli che risultino cosi' composti gia' all'esito delle elezioni, in modo tale che non eccedano complessivamente l'importo riconosciuto dalla regione piu' virtuosa, secondo criteri omogenei, ridotto della meta'" (anche stavolta per l'individuazione della Regione piu' virtuosa si rimanda alla lett. b) di cui supra); "h) abbia definito, per le legislature successive a quella in corso e salvaguardando per le legislature correnti i contratti in essere, l'ammontare delle spese per il personale dei gruppi consiliari, secondo un parametro omogeneo, tenendo conto del numero dei consiglieri, delle dimensioni del territorio e dei modelli' organizzativi di ciascuna regione"; i) abbia dato applicazione alle regole previste dall'art. 6 e doli' art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, dall'art. 22, commi da 2 a 4, dall'art. 23-bis, commi 5-bis e 5-ter, e dall'art. 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 , dall'art. 3, commi 4, 5, 6 e 9, dall'art. 4, dall'art. 5, comma 6, e dall'art. 9, comma l, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135; l) abbia istituito, altresi', un sistema informativo al quak affluiscono i dati relativi al finanziamento dell'attivita' dei gruppi politici, curandone, altresi', la pubblicita' nel proprio sito istituzionale", con la precisazione che "i dati sono resi disponibili, per via telematica, al sistema informativo della Corte dei conti, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, nonche' alla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici di cui all'art. 9 della legge 6 luglio 2012, n. 96"; "m) abbia adottato provvedimenti volti a recepire quanto disposto dall'art. 14, colma 1, lettera f), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 144. La regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fatti salvi i relativi trattamenti gia' in erogazione a tale data, fino all'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo, puo' prevedere o corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo se, a quella data, i beneficiari: 1) hanno compiuto sessantasei anni di eta'; 2) hanno ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui alla presente lettera, in assenza dei requisiti di cui ai numeri 1) e 2), la regione non corrisponde i trattamenti maturati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto". Si prevede anche che "le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle regioni che abbiano abolito i vitalizi"; "n) abbia escluso, ai sensi degli articoli 28 e 29 del codice penale, l'erogazione del vitalizio in favore di chi sia condannato in via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione". Il secondo comma, poi, aggiunge che, "ferme restando le riduzioni di cui al comma 1, alinea, in caso di mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma i entro i termini ivi previsti, a decorrere dal 1° gennaio 2013 i trasferimenti erariali a favore della regione inadempiente sono ridotti per un importo corrispondente alla meta' delle somme da essa destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e ai membri della giunta regionale". Il comma 3 del medesimo articolo prevede che "Gli enti interessati comunicano il documentato rispetto delle condizioni di cui al comma 1 mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di cui al comma 1". Del comma 4 si e' gia' accennato in premessa e meglio si dira' sub 3.6. L'ultimo comma, il quinto, prevede che, "qualora le regioni non adeguino i loro ordinamenti entro i termini di cui al comma 1 ovvero entro quelli di cui al comma 3, alla regione inadempiente e' assegnato, ai sensi dell'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 , il termine di novanta giorni per provvedervi", con la precisazione che "il mancato rispetto di tale ulteriore termine e' considerato grave violazione di legge ai sensi dell'art. 126, primo comma, della Costituzione". 3.2. - Le disposizioni dell'art. 5, comma 1, del d.l. n. 174 del 2012 esorbitano dalle attribuzioni dello Stato nella materia di competenza concorrente "coordinamento della finanza pubblica", perche' non si limitano a dettare disposizioni di principio, ma arrivano a definire il piu' minuto dettaglio della materia che regolano. Questa difesa non ignora la sedimentata giurisprudenza costituzionale che vuole che "il legislatore statale puo', con una disciplina di principio, legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti» (da ultimo, sentenza n. 182 del 2011)", vincoli che "possono considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 182 del 2011, nonche' sentenze n. 297 del 2009, n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007)", ossia fintanto che e' consentita "l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale» (sentenza n. 182 del 2011)" (cosi', tra le ultime, la sent. n. 139 del 2012). Nel caso in questione, pero', la realta' e' ben altra. La piana lettura delle disposizioni impugnate "rende evidente la impossibilita' di ricondurre la disposizione censurata ad un esercizio del potere legislativo di determinazione di principi fondamentali, nel rispetto del tipo di legislazione concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione", perche' le disposizioni normative "sono tutte assai particolareggiate ed anche in parte tra loro eterogenee" e "non possono non applicarsi integralmente, senza spazi per adeguamento alcuno, anche a Regioni e Province autonome", sicche', "quand'anche la norma impugnata venga collocata nell'area del coordinamento della finanza pubblica, e' palese che il legislatore statale, vincolando Regioni e Province autonome all'adozione di misure analitiche e di dettaglio, ne ha compresso illegittimamente l'autonomia finanziaria, esorbitando dal compito di formulare i soli principi fondamentali della materia" (cosi', in modo particolarmente efficace tra le tante, la sent. n. 159 del 2008). Che nella fattispecie che ne occupa sia esattamente cosi' risulta da molteplici dati: - la lett. a) prescrive un rigido livello massimo di consiglieri e assessori regionali, nonche' la diminuzione dei loro emolumenti; - le lett. b), c) e g) addirittura impongono un livellamento generale delle misure di spesa tra tutte le Regioni italiane. Questo e' un dato assolutamente dirimente: le Regioni dovranno prevedere tutte la stessa cifra, assimilata a quella dell'Ente piu' virtuoso, per indennita' di funzione, assegni di fine mandato e importi a favore dei gruppi. E, si badi, l'intervento della Conferenza Stato-Regioni non lascia alle Regioni spazio di autonomia, visto che la Conferenza dovra' solo prendere atto di quale sia la Regione piu' virtuosa; - le lett. d), e), h) e n) indicano non dei livelli di riduzione di spesa, ma cogenti modelli di regolamentazione della spesa, vietando il cumulo tra indennita' ed. emolumenti, prescrivendo la gratuita partecipazione alle commissioni, un tetto massimo di spese per il personale, una rigida relazione tra eventuale condanna penale dell'ex consigliere regionale e revoca del vitalizio; - le lett. f) e l), prevedono dettagliate forme di pubblicita' dello stato patrimoniale e l'istituzione di un sistema informativo sul finanziamento ai gruppi politici. E' impossibile, dunque, ricollegare dette disposizioni al semplice principio della "riduzione dei costi della politica nelle regioni", come vorrebbe la rubrica dell'art. 2 in esame, sicche' risulta evidente la loro illegittimita', per violazione dell'art. 117, somma 3, Cost. (che limita alla fissazione dei principi la competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica), ma anche degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 119 Cost. (dai quali si desume la specifica garanzia dell'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione Sardegna). Di conseguenza, sono illegittimi anche i commi 2, 3 e 5, che ricollegano effetti ancor piu' lesivi dell'autonomia regionale alla (mancata) ottemperanza alle prescrizioni del comma 1. Effetti che, ripercuotendosi sull'intero e generale finanziamento della Regione, si palesano violativi degli artt. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., ma anche degli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, perche' impediscono alla ricorrente di svolgere le funzioni pubbliche confidatele dalla Costituzione, dallo Statuto, dalle leggi. 3.3. - Se e' evidente la lesione dell'autonomia finanziaria della Regione, non meno evidenti sono le violazioni di singole disposizioni statutarie relative alle fattispecie che il legislatore statale pretende oggi di regolare. Le disposizioni del comma 1, infatti, violano l'art. 16 dello Statuto, che stabilisce direttamente il numero dei componenti del Consiglio regionale della Sardegna. Violato e' anche l'art. 15 dello Statuto, che affida alla legge regionale la determinazione della forma di governo della Regione e dei rapporti fra i suoi organi. Non v'e' dubbio, infatti, che anche la determinazione del numero (e degli stessi emolumenti) dei consiglieri e degli assessori regionali incida sui rapporti tra gli organi istituzionali che ne qualificano la forma di governo. Piu' ancora, e' specificamente violato l'art. 26 dello Statuto, che assegna alla legge regionale la competenza a fissare l'indennita' dei Consiglieri regionali. Piu' in generale, e' violata l'autonomia della Regione Sardegna nella determinazione della sua organizzazione interna, garantita anche dall'art. 116 Cost. e dall'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto. Quanto al comma 2, sono violati anche gli artt. 3 e 119 Cost., anche in combinato disposto con gli artt. 3, 4, 5 e 6 dello Statuto, perche' il trasferimento dei fondi necessari per Io svolgimento delle funzioni statutarie e' - come gia' si diceva - irragionevolmente subordinato alla rinuncia della Regione alla sua autonomia costituzionalmente garantita, con violazione anche dell'autonomia finanziaria regionale. Violato, poi, e', per uno specifico profilo, l'art. 8 dello Statuto, perche' i trasferimenti erariali che si prevede di bloccare rientrano tra le quote di compartecipazione erariale fissate nel parametro statutario ora invocato. Il che significa che la legge ha di fatto imposto una sostanziale riserva erariale a favore dello Stato, che e' violativa, appunto dell'art. 8 dello Statuto. Per la stessa ragione, il blocco dei trasferimenti erariali, inteso quale sostanziale disapplicazione o elusione del regime di compartecipazione fissa alle entrate erariali di cui all'art. 8 dello Statuto, e' equivalente ad un contributo sine causa e indeterminato nel tempo a favore dello Stato, contributo che, per consolidata giurisprudenza costituzionale, esorbita dalla competenza statale concorrente nella materia "coordinamento della finanza pubblica" e impinge nella relativa competenza concorrente regionale. Anche per questo profilo, dunque, e' violato ancora l'art. 117 Cost., in relazione all'art. 8 dello Statuto. I medesimi vizi affliggono il comma 3. La prova del "documentato rispetto delle condizioni di cui al comma 1 mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini" e' strumentale e funzionale all'attuazione delle illegittime previsioni di cui ai commi 1 e 2. 3.4. - Il comma 5, poi, disciplinando una specifica ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale e contestuale rimozione del Presidente della Regione, auto-qualifica quale "grave violazione di legge ai sensi dell'art. 126, primo comma, della Costituzione" il mancato adeguamento della Regione alle disposizioni dell'intero art. 2 del d.l. n. 174 del 2012. E' piu' che ragionevole dubitare sull'applicabilita' questa prescrizione alla Regione Sardegna, atteso che e' richiamata un parametro costituzionale (art. 126) applicabile alle sole Regioni ordinarie. Nondimeno, in mancanza di esplicita esclusione deve dirsi che, in questo modo, il legislatore statale ha violato specificamente non solo lo stesso art. 126 Cost., ma anche gli artt. 15, 35 e 50 dello Statuto, in cui sono disciplinati i rapporti fra gli organi regionali e sono dettati tassativamente i casi di scioglimento del Consiglio regionale medesimo e della Giunta regionale, nonche' di fine anticipata del mandato del Presidente della Regione, e (art. 50) sono altresi' previste speciali forme di (leale) collaborazione tra Stato e Consiglio regionale nel caso in cui a perpetrare le violazioni di legge sia la Giunta regionale. Innanzitutto, non basta l'autoqualificazione legislativa per far sussumere la fattispecie di cui all'art. 2, comma 5, del d.l. n. 174 del 2012 tra le "gravi violazioni di legge" di cui all'art. 126 Cost. Tanto anche perche' l'art. 2, comma 1, alinea, del d.l. n. 174 del 2012, si limita a prevedere mere conseguenze finanziarie penalizzanti (per quanto estremamente severe) per le Regioni che decidano di non adeguarsi al lungo elenco di oneri di cui al medesimo comma 1. Il che rende contraddittoria (e violativa dell'art. 3 Cost.) la previsione dello scioglimento nel caso di mancato adeguamento. Tanto piu' contraddittoria e irragionevole, si badi, se si tiene conto dell'esiguita' dei termini stabiliti dal medesimo art. 2, comma 5, qui censurato. In secondo luogo, si deve considerare che l'"adeguamento" della Regione alle prescrizioni dell'intero art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 non richiede solo determinazioni del Consiglio regionale, ma ha necessita' anche di provvedimenti di competenza del solo organo esecutivo (si pensi agli incombenti di cui all'art. 2, comma 1, lett. l), del d.l. n. 174 del 2012, che obbliga la Regione a comunicazioni periodiche di dati e alla divulgazione degli stessi attraverso il sito internet istituzionale dell'Ente). Cio' considerato, si deve ricordare che gli artt. 35 e 50 dello Statuto stabiliscono procedure e casistiche particolari per la cessazione del mandato del Presidente della Regione e per lo scioglimento del Consiglio sardo, laddove la norma censurata pretende di dettare una disciplina valevole per tutte le Regioni, ma che qui e' coperta da una fonte costituzionale. Si aggiunga che l'art. 50 dello Statuto prevede lo scioglimento del Consiglio regionale quando "non proceda alla sostituzione della Giunta regionale o del Presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni". Come si vede, l'art. 50 prevede la possibilita' che il Consiglio regionale, avvertito dal Governo, possa deliberare autonomamente di sostituire la Giunta regionale e il Presidente della Regione. Questa forma di coinvolgimento del massimo organo di rappresentanza politica non e' prevista, tuttavia, ne' dall'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 ne' dall'art. 126 della Costituzione." Il comma 5 viola anche l'art. 3 Cost., in combinato disposto con gli artt. 50 e 54 dello Statuto e 116 Cost., perche' ricollega l'ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del Presidente della Regione ad eventi che, come si vedra' subito appresso, non sono nella disponibilita' (e dunque nella responsabilita') della Regione medesima, quali la revisione dello Statuto. La disposizione, per tale motivo, si palesa violativa anche del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., nella parte in cui tratta la Regione Sardegna in modo deteriore rispetto alle Regioni ordinarie, che possono liberamente modificare il loro Statuto, ma anche del principio di ragionevolezza, nella parte in cui ricollega l'apparato sanzionatorio dell'art. 126, comma 1, Cost., ad ipotesi che sfuggono alla responsabilita' dei componenti degli organi del governo regionale. 3.5. - Non basta. Come si e' visto nei precedenti paragrafi, la gran parte delle "condizioni" richieste dai commi in esame possono avverarsi solo attraverso una revisione dello Statuto regionale. Che sia cosi' lo dimostra la prima "condizione" posta alle Regioni dalla lett. a) del comma 1 dell'articolo qui censurato. Essa rimanda all'art. 14 del d.l. n. 138 del 2011, di cui codesta Ecc.ma Corte costituzionale si e' occupata nella sent. n. 198 del 2012. Detto art. 14 si componeva di due commi, che utilizzavano una tecnica normativa assai simile a quella impiegata nell'art. 3 del d.l. n. 174 del 2012. Il primo comma prevedeva e prevede alcune limitazioni puntuali alla spesa delle Regioni, il secondo, dedicato alle autonomie speciali, stabiliva effetti negativi di finanza pubblica per le Regioni e le Province autonome che non si fossero adeguate a quanto prescritto al comma 1. Di fronte alle censure rivolte dalle Regioni a Statuto speciale all'art. 14 del d.l. n. 138 del 2011, la Corte ha affermato che "La disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto speciale e ai loro componenti e' contenuta nei rispettivi statuti. Questi, adottati con legge costituzionale, ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, secondo quanto disposto dall'art. 116 Cost. L'adeguamento da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome ai parametri di cui all'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiede, quindi, la modifica di fonti di rango costituzionale. A tali fonti una legge ordinaria non puo' imporre limiti e condizioni". Anche ora, come allora, la legge ordinaria, pretendendo di condizionarne i contenuti, aspira a porsi in posizione gerarchicamente sovraordinata allo Statuto speciale, in palese violazione dell'art. 54 dello Statuto e dell'art. 116 Cost. Inoltre, si deve considerare che lo Statuto, ai sensi proprio dell'art. 54 dello stesso, si puo' riformare (salva la specifica fattispecie prevista dal comma 5, per le quali si prevedono comunque forme di garanzia e partecipazione per la Regione) solo con il procedimento stabilito per la revisione costituzionale, sicche' l'adeguamento ai parametri dell'art. 3 del d.l. n. 174 del 2012 non e' nella disponibilita' della Regione Sardegna, che puo' solamente avviare il procedimento di revisione, ma non puo' portarlo a compimento. Cio' aggrava i profili di illegittimita' e di irragionevolezza della disposizione censurata, che contribuisce a creare un meccanismo perverso di distribuzione degli oneri di finanza pubblica tra gli enti territoriali, che non tiene in alcun conto la specifica situazione della Regione Sardegna, determinata, nel caso di specie, dalle regole che disciplinano le fonti dell'autonomia speciale. Si giunge cosi' ad un duplice paradosso. Anzitutto, che la Sardegna e' resa responsabile per scelte (come quelle relative al numero dei consiglieri regionali) delle quali non ha la disponibilita'. In secondo luogo, che essa, pur essendo ad autonomia speciale (cosa che importa, di conseguenza, una maggiore autonomia anche finanziaria e di bilancio), in forza della disposizione censurata non puo' ottenere i trasferimenti erariali cui ha diritto. 3.6. - Si era postergato, prima, l'esame del comma 4 dell'articolo in oggetto. Ebbene: esso prevede che "Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione". Detto comma e' anch'esso violativo di tutti i parametri statutari e costituzionali individuati al paragrafo precedente, in una col principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., perche' non limita l'applicabilita' dell'art. 2 del d.l. n. 174 del 2012 ai soli ambiti di competenza del legislatore statale. In altri termini: quella in oggetto e' una clausola che, sebbene in apparenza sembri finalizzata alla tutela delle attribuzioni statutarie della Regioni ad autonomia speciale, finisce, al contrario, per mortificarle. La pretesa clausola di salvaguardia, infatti, e' rivolta solamente alle Regioni, le quali dovranno "adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma I compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione". Questa formula (che peraltro, facendo riferimento al solo "comma 1", fa ragionevolmente dubitare che gli altri si possano logicamente applicare alle Regioni speciali) non e' adatta a limitare il raggio applicativo delle disposizioni che detta, proprio perche' non prevede espressamente che gli ambiti di competenza delle Regioni a Statuto speciale si intendevano comunque fatti salvi dall'applicazione dell'art. 5 d.l. n. 174 del 2012, con buona pace delle illegittime incursioni dello Stato non solo negli ambiti materiali riservati al legislatore, ma addirittura nei singoli istituti direttamente disciplinati nello Statuto. La questione dell'operativita' della clausola di salvaguardia e' stata chiarita da codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 241 del 2012. In quel caso si interpretava l'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011, ove si prevedeva che "l'attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42". Codesta Ecc.ma Corte costituzionale affermo' che attraverso "la clausola di salvaguardia, gli evocati parametri di rango statutario assumono [...] la funzione di generale limite per l'applicazione delle norme del decreto-legge n. 138 del 2011, nel senso che queste sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione. Detta inapplicabilita' esclude la fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale basate sulla violazione di tali parametri statutari" salva l'evenienza che "singole norme del decreto-legge prevedano espressamente, derogando alla clausola in esame, la propria diretta ed immediata applicabilita' agli enti ad autonomia speciale". Ora, la differenza che intercorre tra l'art. 5, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012 e l'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011 e' assolutamente evidente. Solo replicando la stessa formula dell'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011 (e non quella ben piu' restrittiva qui in questione) poteva prodursi quel meccanismo inteso a salvaguardare sia la legittimita' dell'intervento statale che le attribuzioni delle Regioni speciali che e' stato limpidamente ricostruito nella cit. sent. n. 241 del 2012. Di conseguenza, non avendo delimitato l'efficacia del d.l. n. 174 del 2012 nel rispetto della rigida ripartizione delle competenze e delle specifiche previsioni recate dallo Statuto, il legislatore e' incorso una volta di piu' nella violazione di tutti i parametri invocati per il presente articolo, ovverosia degli artt. 3, 4, 5, 6 7, 8, 15, 16, 26 35, 50 e 54 dello Statuto e 3, 116, 117, 119 e 126 della Costituzione, anche in relazione all'art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. e), del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 3 del d.l. n. 174 del 2012 ha apportato significative modifiche al d.lgs. n. 267 del 2012, recante testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL). Per quanto qui interessa, il comma 1, lett. e) ha interamente sostituito l'art. 148 del TUEL. Nella nuova formulazione il testo dell'art. 148 del TUEL prevede quanto segue: "1. Le sezioni regionali della Corte dei conti verificano, con cadenza semestrale, la legittimita' e la regolarita' delle gestioni, nonche' il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell'equilibrio di bilancio di ciascun ente locale. A tale fine, il sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non e' prevista la figura del direttore generale, trasmette semestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sulla regolarita' della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, sulla base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione; il referto e', altresi', inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale. 2. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato puo' attivare verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'art. 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi; d) aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali. 3. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono attivare le procedure di cui al comma 2. 4. In caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di cui al secondo periodo del comma 1 del presente articolo, fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e dai commi 5 e 5-bis dell'art. 248 del presente testo unico, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano agli amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione". Il medesimo art. 3, comma 1, lett. e), del d.l. n. 174 del 2012 ha anche aggiunto al TUEL l'art. 148-bis. Detto articolo prescrive quanto segue: "1. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai sensi dell'art. 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilita' interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'art. 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilita' dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarita', suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. 2. Ai fini della verifica prevista dal comma 1, le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertano altresi' che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in societa' controllate e alle quali e' affidata la gestione di servizi pubblici per la collettivita' locale e di servizi strumentali all'ente. 3. Nell'ambito della verifica di cui ai commi 1 e 2, l'accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarita' della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilita' interno comporta per gli enti interessati l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarita' e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti sono trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Qualora l 'ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, e' preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilita' finanziaria". 4.1. - Per cogliere immediatamente l'illegittimita' costituzionale delle norme qui censurate si deve considerare che la Regione Sardegna ha competenza legislativa esclusiva nella materia "ordinamento degli enti locali" ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto, in combinato disposto con l'art. 46. Detta competenza, come ha rilevato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 275 del 2007, implica che la "materia della finanza locale [...] per la Regione sarda, e' devoluta alla competenza legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b), del relativo statuto speciale". E' evidente, dunque, che lo Stato, nel disciplinare le forme dei controlli esterni sulla finanza locale, ha inciso la competenza legislativa esclusiva della Regione ricorrente. La competenza attribuita dall'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto concerne non solo l'ordinamento degli enti locali, ma anche i relativi controlli, ivi compresi quelli sulla finanza. Lo ha rilevato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 415 del 1994, affermando che "la materia del controllo sugli atti [degli enti locali sardi] di cui all'art. 46 dello Statuto sardo, rientra a pieno titolo nell'oggetto contemplato dalla lettera b) dell'art. 3 dello statuto stesso. Con la conseguenza che la natura della potesta' legislativa regionale in ordine alla materia dei controlli, dopo la riforma operata dalla legge costituzionale, diventa esclusiva e, quindi, regolata dalla lett. b) dell'art. 3 dello statuto". In ogni caso, ferma la violazione anche dell'art. 3 dello Statuto, si deve rilevare che e' comunque violato specificamente l'art. 46, che prevede che "il controllo sugli atti degli enti locali e' esercitato da organi della Regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale". Le norme in esame hanno disciplinato in estremo dettaglio la materia dei controlli sulla finanza degli enti locali, individuando addirittura le singole specifiche rilevazioni economico-finanziarie che il Ministero potrebbe e dovrebbe operare (cfr. art. 148, comma 2, del TUEL come novellato dalla disposizione impugnata) e anche la tipologia delle sanzioni che potrebbero essere comminate ai componenti degli organi di governo degli enti locali (successivo comma 4). Conseguentemente, anche per gli enti locali ai quali non si estendesse la competenza esclusiva di cui all'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto (cfr. sentt. n. 24 del 1957 e 415 del 1994) verrebbe comunque oltrepassata la competenza statale limitata ai principi fondamentali della materia. Non basta. Con la disposizione impugnata lo Stato ha affidato a soggetti esterni all'ordinamento regionale lo svolgimento delle funzioni amministrative concernenti la diretta attuazione di norme che ricadono nell'ambito materiale della competenza legislativa regionale. Per tale motivo e' violato anche l'art. 6 dello Statuto, che, in ossequio al c.d. "principio del parallelismo" (cfr. cit. sent. n. 51 del 2006), attribuisce l'esercizio delle funzioni amministrative allo stesso soggetto istituzionale dotato di competenza legislativa. Infine, l'art. 3, comma 1, lett. e) del d.l. n. 174 del 2012 viola gli artt. 3, comma 1, lett. b), 6 e 46 dello Statuto, anche in relazione agli artt. 54 e 56 dello Statuto. Un'ennesima volta si deve osservare che le regole sui controlli della Corte dei conti sulla Regione Sardegna sono state introdotte attraverso norme di attuazione dello Statuto, a tutela della competenza regionale a disporre dell'autonomia economico-finanziaria. Dato che i controlli sugli enti locali incidono, come si e' visto, nella competenza legislativa esclusiva della ricorrente ai sensi dei richiamati art. 3, comma 1, lett. b), e 46 dello Statuto e nelle attribuzioni di funzioni amministrative ai sensi dell'art. 6 dello Statuto, allora anche in questo caso era necessario procedere con revisione statutaria o (almeno) attraverso le "norme di attuazione dello Statuto". Avendo, invece, lo Stato adottato un atto avente forza di legge senza le forme di partecipazione della Regione di cui all'art. 56 dello Statuto, la disposizione gravata si palesa radicalmente illegittima. Di conseguenza e' violato anche l'art. 116 Cost., che riconosce una maggiore autonomia alle Regioni speciali rispetto alle Regioni ordinarie, maggiore autonomia che e' garantita anche dalle norme di attuazione dello Statuto. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012 attribuisce all'Amministrazione ministeriale e alla Corte dei conti ulteriori poteri di controllo sull'attivita' degli enti locali. In particolare, il comma 1 prevede che il Commissario per la revisione della spesa previsto dall'art. 2 del d.l. n. 52 del 2012 possa avvalersi dei servizi ispettivi della Ragioneria Generale dello Stato "per lo svolgimento di analisi sulla spesa pubblica effettuata dagli enti locali". Il successivo comma 2 prevede che le analisi cosi' effettuate siano "comunicate alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e alla Sezione delle autonomie". Il comma 3, poi, prevede che le Sezioni regionali della Corte dei conti, una volta effettuati i controlli sull'attivita' degli enti locali, "assegnano alle amministrazioni interessate un termine, non superiore a trenta giorni, per l'adozione delle necessarie misure correttive dirette a rimuovere le criticita' gestionali evidenziate e vigilano sull'attuazione delle misure correttive adottate". Infine, il comma 4 prevede che "in presenza di interpretazioni discordanti delle norme rilevanti per l'attivita' di controllo o consultiva o per la risoluzione di questioni di massima di particolare rilevanza, la Sezione delle autonomie emana delibera di orientamento alla quale le Sezioni regionali di controllo si conformano". 5.1. - Anche l'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012 viola l'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto, che affida alla competenza legislativa esclusiva della Regione la materia "ordinamento degli enti locali". Detta materia, come si e' detto, compre anche l'ambito materiale della "finanza locale", come ha osservato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sent. n. 275 del 2007, sicche' e' evidente che le forme dei controlli esterni sulla finanza locale non possono essere disciplinate dallo Stato, oltretutto nel dettaglio, se non al costo della lesione delle attribuzioni statutarie della ricorrente. Di bel nuovo e' violato l'art. 46 dello Statuto. Anche in questo caso, come gia' rilevato a proposito dell'art. 3, comma 1, lett. e), del d.l. n. 174 del 2012, le norme in esame attribuiscono a soggetti esterni all'ordinamento regionale compiti che incidono in maniera significativa sull'autonomia degli Enti locali, cosi' violando la competenza legislativa della Regione, che e' tutelata dalle richiamate nonne statutarie. Come si e' visto, poi, le disposizioni impugnate, oltre ad usurpare la competenza legislativa della Regione, affidano a soggetti non riconducibili all'ordinamento regionale le funzioni amministrative cosi' disciplinate. Per questo motivo, come gia' visto, e' violato l'art. 6 dello Statuto, che affida alla Regione le funzioni amministrative nelle materie in cui l'Ente ha potesta' legislativa. 5.2. - Gli artt. 3, comma 1, lett. b), 6 e 46 dello Statuto, inoltre, sono violati anche in combinato disposto con l'art. 56 dello Statuto, con l'art. 116 Cost. e con l'art. 1 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21, recante "Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione". Come gia' piu' volte osservato, il comma 4 dell'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012, attribuendo alla Sezione delle autonomie della Corte dei conti la possibilita' di adottare una "delibera di orientamento" per il controllo sugli enti locali, di fatto affida la nromazione sul controllo sugli enti locali della Regione ad un'articolazione della medesima Corte. Per tale ragione Io Stato, con le norme impugnate, ha anzitutto violato l'art. 54 dello Statuto, che riserva alla legge costituzionale (o alla speciale fonte di cui al comma 5) la revisione dello Statuto. In ogni caso, poi, ha violato l'art. 56 dello Statuto: anche ad ammettere (quod non) che non vi sia un ostacolo direttamente nello Statuto (ostacolo non superabile nemmeno dalle norme di attuazione statutaria), sarebbe appunto violato l'art. 56 dello Statuto, che prevede che sia una specifica fonte primaria adottata sulla base delle indicazioni di una commissione paritetica, e non il legislatore statale, in solitudine, a dettare norme di attuazione dello Statuto. E' violato, di conseguenza, anche l'art. 116 Cost., che riconosce una maggiore autonomia alle Regioni speciali rispetto alle Regioni ordinarie, maggiore autonomia garantita anche dalle Norme di attuazione dello Statuto. Come gia' osservato a proposito dell'art. 3, comma 1, lett. e) del d.l. n. 174 del 2012, gli artt. 3, comma 1, lett. a), 6 e 46 dello Statuto, anche in relazione all'art. 56 dello Statuto e agli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. n. 21 del 1978, sono violati anche nella misura in cui l'intera disciplina dei controlli di cui all'art. 6 del d.l. n. 174 del 2012 e' stata introdotta non attraverso le "norme di attuazione dello Statuto", bensi' da un atto avente forza di legge adottato dallo Stato senza alcuna partecipazione della Regione. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11-bis del d.l. n. 174 del 2012, come conv. in l. n. 213 del 2012. L'art. 11-bis del d.l. n. 174 del 2012 prevede che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni di cui al presente decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione". Esattamente come la gia' esaminata disposizione di cui all'art. 2, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, anche quella ora in esame e' una clausola inadatta a fare salve le attribuzioni delle Regioni a Statuto speciale. Essa, infatti, e' rivolta solamente alle Regioni, le quali dovranno "attuare le disposizioni di cui al presente decreto nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione". Al contrario, il legislatore (non ci si puo' esimere dal ribadire quanto gia' detto supra) doveva direttamente limitare il raggio applicativo delle disposizioni che andava dettando, espressamente prevedendo che gli ambiti di competenza delle Regioni a Statuto speciale si intendevano comunque fatti salvi dall'applicazione del d.l. n. 174 del 2012, come chiarito dalla cit. sent. n. 241 del 2012 a proposito dell'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 20122 (cfr. par. 4.2. del Considerato in diritto). Anche in questo caso, la differenza che intercorre tra l'art. 11-bis del d.l. n. 174 del 2012 e l'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011 e' assolutamente evidente e depone per l'insufficienza della formulazione della pretesa clausola di salvaguardia. Solo replicando la stessa formula dell'art. 19-bis del d.l. n. 138 del 2011 (e non quella ben piu' restrittiva qui in questione) poteva prodursi quel meccanismo inteso a salvaguardare sia la legittimita' dell'intervento statale che le attribuzioni delle Regioni speciali che e' stato limpidamente ricostruito nella cit. sent. n. 241 del 2012. Per tale ragione l'articolo in esame e' violativo degli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 19, 33, 34, 35, 46, 50 e 54 dello Statuto, degli artt. 3, 117, 118 e 119 Cost. e del principio di ragionevolezza, nella misura in cui consente che il d.l. n. 174 del 2012 si applichi anche in violazione delle disposizioni statutarie e costituzionali indicate ai precedenti paragrafi.
P.Q.M. Chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, (con particolare riferimento ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 16); 1-bis, (con particolare riferimento ai commi 1, lett c) e 4); 2, (con particolare riferimento ai commi 1, 2, 3, 4 e 5); 3, comma 1, lett. e), 6 e 11-bis del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante "Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012", pubblicato in G.U. n. 237 del 10 ottobre 2012, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, pubblicata in G.U. n. 286 del 7 dicembre 2012, Suppl. Ord., per violazione degli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 15, 16, 19, 26, 33, 35, 37, 54 e 56 della l.cost. n. 3 del 1948, recante Statuto speciale per la Sardegna, e degli artt. 3, 116, 117, 119, 127 Cost., anche in relazione all'art. 10 della I. cost. n. 3 del 2001 e agli artt. 4, 5 e 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 21. Si deposita copia conforme all'originale della Delibera della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna n. 6/1 del 31 gennaio 2013. Comunicazioni ai recapiti del difensore domiciliatario indicafi in epigrafe. Roma - Cagliari, 4 febbraio 2012. Avv. Ledda - Avv. Luciani