N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 2012

Ordinanza del 22 novembre 2012 emessa  dal  Consiglio  di  Stato  sul
ricorso proposto da  Mori  Paola  contro  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca e  Universita'  degli  studi  «Magna
Graecia» di Catanzaro. 
 
Universita' - Vincoli assunzionali per  le  Universita'  che  abbiano
  superato, per le spese fisse ed obbligatorie per  il  personale  di
  ruolo, il limite parametrico di cui al comma 4 dell'art.  51  della
  legge  27  dicembre  1997,  n.  449  (pari  al  90  per  cento  dei
  trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento  ordinario)  -
  Violazione  del  principio  di  uguaglianza,   sotto   il   profilo
  dell'irragionevolezza - Violazione dell'autonomia  universitaria  -
  Lesione dei  principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge  10  novembre   2008,   n.   180,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 9 gennaio 2009, n. 1, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 33 e 97. 
Universita' - Limitazione dell'assunzione di personale,  per  ciascun
  anno, ad un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50  per
  cento  di  quella  relativa  al  personale  a  tempo  indeterminato
  complessivamente  cessato  dal  servizio  nell'anno  precedente   -
  Previsione che ciascuna Universita'  destina  tale  somma  per  una
  quota non inferiore al 60 per cento all'assunzione di ricercatori a
  tempo indeterminato, nonche' di contrattisti, ai sensi dell'art. 1,
  comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota  non
  superiore al 10 per cento all'assunzione di professori  ordinari  -
  Violazione  del  principio  di  uguaglianza,   sotto   il   profilo
  dell'irragionevolezza - Violazione dell'autonomia  universitaria  -
  Lesione dei  principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge  10  novembre   2008,   n.   180,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 9 gennaio 2009, n. 1, art. 1, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 33 e 97. 
(GU n.11 del 13-3-2013 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1762 del 2012, proposto dalla  professoressa  Paola
Mori, rappresentata  e  difesa  dall'avvocato  Angelo  Clarizia,  con
domicilio eletto presso  il  suo  studio  in  Roma,  via  Principessa
Clotilde, n. 2; 
    Contro  Ministero  dell'Istruzione   dell'Universita'   e   della
Ricerca;  Universita'  degli  Studi  "Magna  Graecia"  di  Catanzaro,
rappresentati e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Per la riforma della sentenza del t.a.r. del Lazio,  22  febbraio
2011, n. 1775; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e  dell'Universita'
degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il  Cons.
Claudio  Contessa  e  uditi  per  le  parti  l'avvocato  Clarizia   e
l'avvocato dello Stato Russo. 
    La professoressa Paola Mori riferisce che nel corso del 2008 ebbe
a partecipare  alla  procedura  di  valutazione  comparativa  indetta
dall'Universita' degli Studi "Magna  Graecia"  di  Catanzaro  per  la
copertura di un posto di Professore ordinario presso la  Facolta'  di
Giurisprudenza -  Settore  scientifico/disciplinare  IUS/14  (Diritto
dell'Unione europea) - e di essere stata dichiarata idonea  all'esito
della relativa procedura. 
    L'appellante precisa, al riguardo, che la procedura in  questione
era stata indetta dalla medesima Universita' presso cui gia' prestava
servizio in qualita'  di  professore  associato  e  in  relazione  al
medesimo settore scientifico/disciplinare gia' a lei affidato. 
    Con delibera in data 24 novembre 2010, il Consiglio  di  Facolta'
di Giurisprudenza,  considerate  le  esigenze  didattico-scientifiche
della  Facolta',  deliberava  di  chiamare  l'odierna  appellante   a
ricoprire il posto di ruolo di prima fascia per il richiamato Settore
scientifico/disciplinare IUS/14. 
    Ciononostante, l'Universita' appellata non procedeva ad  assumere
l'odierna   appellante    come    professore    di    prima    fascia
sull'insegnamento  dalla  stessa  gia'  ricoperto  in   qualita'   di
professore associato. 
    A questo punto  della  vicenda,  l'appellante  rivolgeva  formale
richiesta all'Universita' degli Studi  "Magra  Graecia"  al  fine  di
essere nominata e immessa in ruolo, ma il Rettore respingeva  la  sua
istanza  in  asserita  ottemperanza  al  disposto   della   circolare
ministeriale  n.  478  del  2009   (emanata   in   applicazione   del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180), atteso che l'Universita'  in
questione non era legittimata a procedere all'assunzione  sulla  base
della propria dotazione di posti organico. 
    Ai fini  che  qui  rilevano  giova  osservare  che  la  circolare
Ministeriale in questione, nel disporre l'attuazione della previsione
di cui all'art. 1, del d.l. 180 del 2008, cit., si e'  soffermata  in
particolare sul contenuto  degli  obblighi  ricadenti  in  capo  alle
Universita' c.d. "virtuose" (ossia, degli  Atenei  che,  al  pari  di
quello catanzarese, non abbiano superato, per cio'  che  riguarda  le
spese fisse e obbligatorie per  il  personale  di  ruolo,  il  limite
parametrico di cui al comma 4 dell'art. 51 della  legge  27  dicembre
1997, n. 449 - pari al 90 per cento  dei  trasferimenti  statali  sul
fondo per il  finanziamento  ordinario  ),  stabilendo  le  modalita'
concrete con cui determinare il limite di spesa fissato per procedere
alle nuove assunzione di personale (in base al comma 3  dell'art.  1,
d.l. 180, cit., infatti, tale limite e'  fissato  in  una  soglia  di
spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al  personale  a
tempo indeterminato complessivamente cessato dal  servizio  nell'anno
precedente). 
    Col ricorso n. 4277 del 2011, il provvedimento rettorale  di  cui
sopra veniva  impugnato  dalla  signora  Mori  dinanzi  al  Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio il  quale,  dopo  aver  accolto
l'istanza  di  sospensione  cautelare  del  provvedimento  impugnato,
respingeva nel merito il ricorso ritenendolo infondato. 
    La sentenza in questione e' stata impugnata in  sede  di  appello
dalla  professoressa  Mori,  la  quale  ne  ha  chiesto  la   riforma
articolando i seguenti motivi: 
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.l.  10  novembre
2008, n. 180, convertito - con modificazioni - dalla legge 9  gennaio
2009, n. 1 - motivazione illogica e contraddittoria. 
    Il  T.A.R.  avrebbe  dovuto   rilevare   l'illegittimita'   delle
previsioni di cui alla circolare ministeriale del 27 marzo  2009,  la
quale avrebbe declinato in modo incongruo  le  pertinenti  previsioni
legislative, desumendo un divieto di assunzione che  non  sarebbe  in
alcun modo desumibile dalle previsioni di cui  al  decreto-legge  180
del 2008. 
    In particolare, laddove si ammettesse (come ritenuto dal  T.A.R.)
che la circolare  del  marzo  2009  fosse  pienamente  conforme  alla
previsione  di  legge  e  che  a  quest'ultima  fosse  effettivamente
riferibile  il  divieto  di  assunzione  opposto  all'appellante,  ne
conseguirebbero  effetti  "illogici  e   irragionevoli"   (pagina   8
dell'atto di  appello),  tali  da  palesare  l'implausibilita'  della
proposta ricostruzione interpretativa. 
    In particolare, la  lettura  del  pertinente  quadro  legislativo
offerta dal Tribunale sarebbe erronea, in quanto  comporterebbe  che,
mentre alle Universita' caratterizzate da  una  deteriore  situazione
finanziaria sarebbe comunque consentito procedere ad  assunzioni  dei
professori associati risultati vincitori di concorsi  espletati  alla
data di entrata in  vigore  della  legge  di  conversione  (senza  il
rispetto di alcuna percentuale e con il solo limite del non  aggravio
di spesa), al contrario, la medesima facolta' sarebbe  preclusa  alle
Universita' c.d. "virtuose", persino nelle ipotesi in  cui  cio'  non
determini alcun aggravio di spesa. 
    Sotto tale aspetto, il Tribunale non avrebbe tenuto adeguatamente
conto del fatto che l'assunzione dell'odierna appellante non  avrebbe
determinato alcun aggravio di spesa a carico  dell'Universita'  degli
Studi "Magna Graecia", in considerazione del fatto che: a) essa  gia'
prestava servizio  presso  quell'Ateneo  in  qualita'  di  Professore
associato; b) gli oneri complessivi allo stato connessi  allo  status
di professore associato con alcuni anni  di  anzianita'  di  servizio
erano addirittura superiori a quelli  che  sarebbero  stati  connessi
all'immissione in servizio in qualita' di professore ordinario. 
    Ancora, il T.A.R. non avrebbe considerato che, nel caso in esame,
i divieti e limiti alle nuove assunzioni non potrebbero neppure  -  a
rigore  -  trovare  applicazione   dal   momento   che   l'appellante
professoressa   Mori   gia'   prestava   servizio   presso   l'Ateneo
catanzarese, con la conseguenza che il passaggio  alla  qualifica  di
professore ordinario costituirebbe un mero passaggio di  livello,  in
quanto tale  inidoneo  a  determinare  l'instaurazione  di  un  nuovo
rapporto di impiego. 
2)  Illegittimita'  dei  provvedimenti  impugnati  primo  grado   per
illegittimita' derivata dall'art.  1,  comma  3,  l.  n.  1/2009  per
violazione degli articoli 3, 33 e 97, Cost. 
    In via subordinata rispetto a quanto  affermato  sub  1)  (e  per
l'ipotesi in cui l'art. 1, comma 3, del decreto-legge 180,  cit.  sia
effettivamente da interpretare nel senso che per le  Universita'  ivi
contemplate  il  Legislatore  avrebbe  davvero  inteso   fissare   un
generalizzato limite alle assunzioni, senza  riconoscere  le  deroghe
ammesse nel caso  delle  Universita'  "non  virtuose"),  l'appellante
chiede  che  questo  Giudice  di   appello   sollevi   questione   di
legittimita'  costituzionale  in  ordine  alle  previsioni  di  legge
ostative alla sua effettiva immissione in  servizio,  per  violazione
degli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. 
    Si sono costituiti  in  giudizio  il  Ministero  dell'Istruzione,
dell'Universita' e della ricerca, nonche' l'Universita'  degli  Studi
"Magra Graecia" di Catanzaro, i quali hanno concluso nel senso  della
reiezione dell'appello. 
    Con ordinanza n. 1333 del 2012 (resa all'esito  della  Camera  di
consiglio del 3 aprile 2012), questo Consiglio di  Stato  ha  accolto
l'istanza di sospensione cautelare degli effetti  della  sentenza  in
epigrafe, proposta in via incidentale dalla professoressa Mori. 
    Alla pubblica udienza del 3  luglio  2012  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1. Giunge alla decisione  del  Collegio  il  ricorso  in  appello
proposto da un Professore associato in servizio presso  l'Universita'
degli Studi "Magna Graecia" di  Catanzaro  avverso  la  sentenza  del
Tribunale amministrativo  regionale  del  Lazio,  con  cui  e'  stato
respinto il ricorso  avverso  gli  atti  con  cui  detta  Universita'
(nonche'  il  Ministero  dell'Istruzione,  dell'Universita'  e  della
ricerca, per quanto di rispettiva  competenza)  ha  respinto  la  sua
istanza di ammissione in servizio in qualita' di professore ordinario
(l'atto di diniego e' stato motivato alla luce  delle  previsioni  di
razionalizzazione della spesa di cui all'art. 1, commi  1  e  3,  del
decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180). 
    2. Il Collegio  ritiene  che  ai  fini  della  decisione  risulti
necessario esaminare le deduzioni dell'appellante, sulla legittimita'
costituzionale delle previsioni di cui ai commi 1 e  3,  dell'art.  1
del decreto-legge 10 novembre 2008,  n.  180  (recante  "Disposizioni
urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la
qualita' del sistema universitario e della ricerca e convertito,  con
modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1) in  relazione  agli.
articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. 
    3. Il comma 1, del citato art. 1 (nella formulazione  che  rileva
ai fini del presente giudizio - derivante dalla legge di  conversione
9 gennaio 2009, n. 1 - e anteriore alle modifiche apportate dal comma
1, lettera b) dell'art. 11, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n.
49) stabiliva che "le universita'  statali  che,  alla  data  del  31
dicembre  di  ciascun  anno,  hanno  superato  il   limite   di   cui
all'articolo 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449,  fumo
restando quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge
31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla  legge
28 febbraio 2008, n.  31,  non  possono  procedere  all'indizione  di
procedure   concorsuali   e   di   valutazione    comparativa,    ne'
all'assunzione di personale. Alle stesse universita' e' data facolta'
di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di
cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n.  147,
convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176  e
all'art. 4/bis, comma 17, del decreto-legge 3  giugno  2008,  n.  97,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n.  129,  e
comunque di concorsi espletati alla data di entrata in  vigore  della
legge di conversione del presente decreto, senza oneri  aggiuntivi  a
carico della finanza pubblica". 
    In  estrema  sintesi,  la  disposizione   in   questione   (nella
disposizione che qui rileva)  imponeva  rigidi  vincoli  assunzionali
alle Universita' - per cosi' dire - "non virtuose", le quali avessero
superato, per cio' che riguarda le spese fisse e obbligatorie per  il
personale di ruolo,  il  limite;  parametrico  di  cui  al  comma  4,
dell'art. 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (pari  al  90  per
cento dei  trasferimenti  statali  sul  fondo  per  il  finanziamento
ordinario). 
    Nei confronti di tali Universita' operava,  quindi,  un  generale
divieto di  procedere  a  nuove  assunzioni.  Tuttavia,  in  sede  di
conversione,  la  rigidita'  del  vincolo  in  questione  era   stata
attenuata,   prevedendo   che   alle   medesime   Universita'   fosse
riconosciuta  la  possibilita'  di  completare  le   assunzioni   dei
ricercatori  vincitori  dei  concorsi  di  cui  al  decreto-legge   7
settembre 2007, n. 147, e di cui al decreto-legge 3 giugno  2008,  n.
97, a condizione che cio' avvenisse "senza oneri aggiuntivi a  carico
della finanza pubblica". 
    A sua volta, il comma 3, dell'art. 1 (la cui formulazione non  e'
stata modificata nel  corso  del  tempo)  stabilisce  che  "il  primo
periodo del comma 13, dell'art. 66, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,  n.
133, e' sostituito dai seguenti: 
        «Per il triennio 2009/2011,  le  universita'  statali,  firmi
restando i limiti di cui all'articolo 1, comma 105,  della  legge  30
dicembre 2004, n.  311,  possono  procedere,  per  ciascun  anno,  ad
assunzioni di personale nel limite di un  contingente  corrispondente
ad una spesa pali al  cinquanta  per  cento  di  quella  relativa  al
personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio
nell'anno precedente. Ciascuna universita' destina tale somma per una
quota non inferiore al 60 per cento all'assunzione di  ricercatori  a
tempo indeterminato, nonche' di contrattisti ai  sensi  dell'art.  1,
comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per  una  quota  non
superiore al 10 per  cento  all'assunzione  di  professori  ordinali.
Sotto fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui
all'articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,  nei
limiti delle risorse residue  previde  dal  predetto  art.  1,  comma
650.».". 
    In estrema sintesi la disposizione in questione (che  e'  rivolta
agli Atenei - per cosi dire - "virtuosi", quale  quello  appellato  e
cui effetti sono limitati al triennio  2009/2011)  stabilisce  che  a
tali  Atenei  non  sia  impedito  in  assoluto  procedere   a   nuove
assunzioni, ma che tale possibilita' sia limitata  a  un  contingente
numericamente tale da produrre  una  spesa  non  superiore  a  quella
relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente  cessato
dal servizio nell'ano precedente. 
    Ai fini del  presente  giudizio  mette  conto  osservare  che  la
disposizione di cui al comma  3  (al  contrario  di  quella,  dinanzi
richiamata, di cui al comma 1)  non  contempla  nessuna  clausola  di
salvaguardia  volta  a   favorire   completamento   delle   procedure
concorsuali gia' in atto, sia pure ad invarianza di spesa. 
    4. Ebbene, ad avviso del Collegio, non  risultano  manifestamente
infondate le questioni inerenti la  legittimita'  costituzionale  del
comma 3, dell'art. 1, del decreto-legge n. 180 del 2008, per la parte
in cui prevede che le Universita' - per cosi' dire - "virtuose" siano
astrette in modo rigido al vincolo  assunzionale  del  cinquanta  per
cento del costo connesso alle cessazioni  di  personale  verificatesi
nell'anno precedente, senza  che  alle  stesse  sia  riconosciuta  la
possibilita' di accedere ad alcuna "clausola di salvaguardia"  (quale
quella volta al completamento delle procedure  concorsuali  in  atto)
neppure nel caso che cio' si renda) possibile "senza oneri aggiuntivi
a carico della finanza pubblica". 
    5. In primo luogo, va chiarita la rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  appena  richiamata  in   relazione   al
giudizio a quo. 
    5.1. Il primo aspetto in relazione al quale occorre verificare la
sussistenza della rilevanza della predetta questione di  legittimita'
costituzionale discende dal fatto che oggetto primo  dell'impugnativa
e' rappresentato dalla circolare ministeriale del 27 marzo  2009,  la
quale,  nell'interpretare  le  previsioni  di  cui  all'art.  1,  del
decreto-legge 180 del 2008, ha concluso nel senso che il nuovo regime
assunzionale impedisse  l'assunzione  del  docente  universitario  in
ipotesi quale quella di interesse dell'odierna ricorrente. 
    Occorre,  quindi,  domandarsi  se  la  circolare   in   questione
(nell'escludere   la   possibilita'   di   procedere   all'assunzione
dell'odierna  appellante)   abbia   correttamente   interpretato   le
disposizioni di legge -della cui legittimita' nella presente sede  si
discute - ovvero  se  la  circolare  in  parola  abbia  desunto  tale
impedimento in sostanziale distonia rispetto al paradigma legislativo
di riferimento. 
    Ad avviso del Collegio  al  quesito  di  cui  sopra  deve  essere
fornita risposta nel primo dei sensi indicati, con la conseguenza che
l'impedimento all'assunzione deriva in via immediata dall'art. 1, del
piu' volte richiamato decreto-legge n. 180  del  2008  e  l'ulteriore
conseguenza che l'appellante  avrebbe  potuto  in  concreto  aspirare
all'assunzione solo in assenza (o previa rimozione) della  richiamata
disciplina primaria. 
    Al riguardo si osserva che: 
        la circolare impugnata, laddove non tiene  in  considerazione
(al  fine  di  modulare  il  divieto  all'assunzione)  il  fatto  che
l'assunzione non avrebbe determinato alcun aggravio di spesa - ma, al
contrario, avrebbe determinato nell'immediato un risparmio - attua in
modo coerente il paradigma legislativo di  riferimento  il  quale  in
alcun modo consente di declinare in modo differenziato il  divieto  a
seconda dell'eventuale risparmio connesso alla singola assunzione. Ed
infatti, il comma 3, del decreto n. 180, cit., fa  scattare  in  modo
sostanzialmente automatico il divieto di procedere a nuove assunzioni
non  appena  risulti  superato  il  parametro  della  spesa  pari  al
cinquanta per cento di quella del  personale  a  tempo  indeterminato
complessivamente  cessato  dal  servizio  nell'anno  precedente.   La
medesima  disposizione,   quindi,   non   consente   di   tenere   in
considerazione i maggiori o minori oneri conseguenti  alle  ulteriori
assunzioni, una volta che il richiamato parametro  risulti  superato.
Sotto  tale  aspetto,  quindi,  la  circolare  in  questione  risulta
conforme alla legge; 
        allo stesso modo, la circolare impugnata risulta conforme  al
pertinente paradigma legislativo per la parte in cui ammette che  gli
Atenei (per cosi' dire) "non virtuosi" completino le  assunzioni  dei
docenti vincitori di concorsi (sia pure con il  vincolo  dell'assenza
di oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica), mentre per  gli
Atenei (per cosi' dire) "virtuosi" impone un  indifferenziato  limite
alle nuove assunzioni a prescindere dal se tali assunzioni comportino
o meno  nuovi  o  maggiori  oneri  (e,  nel  caso  in  esame,  almeno
inizialmente  non  vi  sarebbero  maggiori  oneri,  atteso   che   il
trattamento economico del professore ordinario all'atto  della  prima
nomina e' nei fatti inferiore a quello del professore  associato  con
alcuni anni di anzianita'); 
        la   lettura   "costituzionalmente    orientata"    suggerita
dall'appellante (pag. 9 del  ricorso  in  appello)  in  relazione  al
combinato disposto dei commi 1 e 3, dell'art.  1,  cit.,  non  sembra
rinvenite alcun conforto nel disposto testuale  dei  medesimi  commi,
dai quali emerge - senza possibilita' di interpretazioni di  sorta  -
che per le Universita' di cui al  comma  3  il  vincolo  assunzionale
ricondotto nel limite del cinquanta  per  cento  non  ammette  deroga
alcuna in relazione ai vincitori di procedure concorsuali  in  essere
alla data di entrata in vigore della legge (e cio', neppure nel  caso
in cui -  come  nel  caso  in  esame  -  l'ulteriore  assunzione  non
determinerebbe, almeno in una fase iniziale, alcun  onere  aggiuntivo
per le casse dell'Ateneo); 
        neppure puo' essere accolta la tesi secondo cui il  passaggio
da professore associato a  professore  ordinario  non  determinerebbe
l'instaurazione di un  nuovo  rapporto  di  lavoro.  Al  riguardo  si
osserva che, anche ad ammettere che fra le due qualifiche  in  parola
sussista un nesso di sostanziale continuita'  (in  tal  senso:  Cons.
Stato, VI, 16 novembre  2004,  n.  7483),  cio'  non  impedirebbe  di
ritenere che il passaggio dall'una  all'altra  di  esse  comporti  la
soluzione di continuita' rispetto al primo rapporto e l'instaurazione
di un rapporto  lavorativo  nuovo  e  diverso  (in  tal  senso  -  ex
plurimis: Corte cost., 3 novembre 2005, n. 407; id., 16 maggio  2002,
n. 194). 
    Ad ogni modo, il Collegio ritiene che nel caso  di  specie  debba
farsi applicazione dei principi enunciati dall'Adunanza  plenaria  di
questo Consiglio di Stato con la pronuncia 28 maggio 2012, n. 17,  la
quale ha chiarito che il divieto di assunzione previsto  dall'art.  1
del d.l. 10 novembre 2008, n. 180 opera anche per l'inquadramento  in
ruolo, in una fascia superiore, di docenti gia' in servizio presso la
medesima Universita', atteso che il nuovo inquadramento in ruolo  del
docente e' il frutto dell'esito positivo di una procedura concorsuale
aperta la quale da' luogo ad un assunzione in senso proprio e non  al
mero passaggio di qualifica per effetto di procedura riservata. 
    Conseguentemente,  non  vi  e'  motivo  di  ritenere   che   alla
fattispecie in questione  non  si  applichino  i  limiti  alle  nuove
assunzioni di cui all'art. 1, comma 3, cit.: 
        al  caso  in  esame  non   puo'   trovare   applicazione   la
giurisprudenza  la  quale  ha  escluso  che  il  c.d.  "blocco  delle
assunzioni" possa  applicarsi  in  relazione  ai  c.d.  "passaggi  di
livello" (es.: Cons. Stato, VI, 16 novembre 2004, n. 7483). A  tacere
d'altro, e stante il recente pronunciamento  dell'Adunanza  plenaria,
si  osserva   che   la   giurisprudenza   a   tal   fine   richiamata
dall'appellante concerne l'ipotesi dei concorsi c.d.  "interni"  alla
medesima amministrazione, mentre nel caso in esame e' pacifico che la
procedura concorsuale di cui trattasi  costituisse  un  concorso  per
professore ordinario, aperto  anche  a  soggetti  esterni  all'Ateneo
catanzarese; 
        piu' in generale, non sembra che  la  circolare  ministeriale
del 27 marzo 2009 (ossia, l'atto in base al  quale  l'Universita'  ha
respinto l'istanza volta all'immissione in servizio quale  professore
ordinario) abbia introdotto limiti alle assunzioni  nuovi  e  diversi
rispetto a quelli gia' desumibili dal piu' volte  richiamato  dettato
normativo. In particolare, si ritiene che la fissazione di un sistema
di computo atto a  valutare  le  retribuzioni  medie  (attraverso  il
ricorso al metodo dei c.d. "punti organico") al fine  di  determinare
la  spesa  complessivamente  riferibile  al  personale  cessato   dal
servizio nell'anno precedente, costituisca un  parametro  applicativo
non per se' non irragionevole e certamente compatibile con la  litera
e la ratio della disciplina legislativa del 2008. 
    5.2. Il secondo aspetto in relazione al quale occorre  verificare
la  sussistenza  della  rilevanza   della   predetta   questione   di
legittimita' costituzionale  discende  dal  fatto  che  il  comma  3,
dell'articolo  del  decreto-legge  n.  180  del   2008   (ossia,   la
disposizione relativa  agli  Atenei  c.d.  "virtuosi",  per  i  quali
operava il limite assunzionale del cinquanta per  cento  della  spesa
relativa al  personale  cessato  dal  servizio  nel  corso  dell'anno
precedente)  trovava  applicazione  solo  in  relazione  al  triennio
2009/2001. Da cio' deriva che, al momento in cui il presente  appello
e' stato proposto (la notifica dell'atto di appello risale  al  marzo
del 2012), la disposizione della cui legittimita'  costituzionale  si
discute aveva ormai cessato di produrre i suoi effetti e  non  poteva
risultare preclusiva della possibilita' di proporre una nuova istanza
di assunzione. 
    Inoltre,  ai  fini  del  giudizio  di   rilevanza   deve   essere
considerato il fatto che, nelle more  del  giudizio,  e'  entrato  in
vigore il decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, il cui art. 11 ha
abrogato il primo periodo del comma 1, dell'art. 1, del decreto-legge
180 del 2008 (in particolare, la disposizione del 2012  ha  soppresso
la previsione - riferita alle Universita' "non  virtuose"  -  secondo
cui "le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun
anno, hanno superato il limite di cui all'articolo 51, comma 4, della
legge 27 dicembre  1997,  n.  449,  fermo  restando  quanto  previsto
dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge  31  dicembre  2007,  n.
248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008,  n.
31, non possono procedere all'indizione procedure  concorsuali  e  di
valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale"). 
    Sempre al fine di delineare in modo compiuto il pertinente quadro
normativo, si osserva che il comma 3, dell'art. 14, del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95 (convertito  con  modificazioni  dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135), ha aggiunto un comma 13-bis, all'art.  66,  del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con  modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), il quale cosi' dispone:  "13-bis.
Per il triennio 2012/2014 il sistema delle universita' statali,  puo'
procedere ad assunzioni di  personale  a  tempo  indeterminato  e  di
ricercatori  a  tempo  determinato  nel  limite  di  un   contingente
corrispondente ad una  spesa  pari  al  venti  per  cento  di  quella
relativa al corrispondente  personale  complessivamente  cessato  dal
servizio nell'anno precedente. La predetta facolta' e' fissata  nella
misura del cinquanta per cento per l'anno 2015 e del cento per  cento
a decorrere dall'anno 2016 (...)". 
    Ebbene, il Collegio ritiene che la  circostanza  per  cui,  nelle
more del giudizio, la disposizione su cui si fondava  il  diniego  di
assunzione (ossia, l'art. 1, comma 3) abbia  cessato  di  produrre  i
suoi effetti, nonche' la circostanza per cui l'ulteriore disposizione
relativa al caso delle Universita' "non virtuose" (ossia,  l'art.  1,
comma 1 assunto, come si dira' fra breve, a parametro del  vaglio  di
ragionevolezza sulla disposizione di cui al successivo comma  3)  sia
stata espressamente abrogata non incidono sulla  rilevanza,  ai  fini
del decidere, della questione di legittimita' costituzionale relativa
al piu' volte richiamato art. 1, comma 3, in combinato  disposto  con
il comma 1 del medesimo articolo. 
    Al riguardo si ritiene di richiamare l'orientamento  della  Corte
costituzionale secondo cui e' da ritenersi rilevante la questione  di
legittimita' costituzionale di una disposizione che,  medio  tempore,
sia stata abrogata e sostituita  da  altra  norma.  Cio',  in  quanto
l'abrogazione di una disposizione non toglie  di  per  se'  rilevanza
alla questione di legittimita' costituzionale avente  ad  oggetto  la
disposizione  precedente  atteso  che,  ove   un   determinato   atto
amministrativo sia  stato  adottato  sulla  base  di  una  norma  poi
abrogata, la legittimita' dell'atto deve essere esaminata, in  virtu'
del principio tempus regit actum, con  riguardo  alla  situazione  di
fatto e di diritto esistente al momento della sua  adozione  (in  tal
senso: Corte cost., 11 luglio 2012, n. 177). 
    Il   Collegio   ritiene   che   la   richiamata    giurisprudenza
costituzionale (formatasi sull'ipotesi di questione  di  legittimita'
costituzionale relativa a una legge  medio  tempore  abrogata)  possa
trovare applicazione anche in relazione all'ipotesi di una  norma  di
legge che, nelle more del giudizio, abbia aliunde cessato di produrre
i propri effetti (ad esempio, per  decorso  del  lasso  temporale  al
quale era ab initio limitata la sua efficacia). 
    5.2.1. Ad ogni modo, la questione di legittimita'  costituzionale
relativa  alla  disposizione  di  legge  che   ha   sinora   impedito
all'appellante di ottenere l'immissione in servizio e'  rilevante  ai
fini della definizione del giudizio a quo, quanto meno  in  relazione
ai profili risarcitori della vicenda. 
    Ed infatti, ai sensi del comma 3, dell'art.  34  del  codice  del
processo   amministrativo,   "quando,   nel   corso   del   giudizio,
l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta piu' utile per
il ricorrente,  il  giudice  accerta  l'illegittimita'  dell'atto  se
sussiste l'interesse ai fini risarcitoci" (in tal senso: Cons. Stato,
VI, ord. 18 giugno 2012, n. 3541). 
    5.2.2. Si osserva, inoltre, che se - per un verso - e'  vero  che
la disposizione sulla quale e' stato fondato il diniego di assunzione
(ossia, l'art. 1, comma 3) ha cessato  di  produrre  i  suoi  effetti
nelle more del giudizio, per altro verso cio' non ha fatto venir meno
in   punto   di   fatto   l'ostacolo   all'assunzione   in   servizio
dell'appellante, essendo entrato in vigore il comma 3,  dell'art.  14
del decreto-legge n. 95 del 2012 (dinanzi richiamato), il quale ha  a
sua volta introdotto per le Universita' stringenti limiti alle  nuove
assunzioni. 
    In definitiva, il venir meno del vincolo legale su cui era  stato
inizialmente fondato il  diniego  all'assunzione  non  ha  certamente
Comportato    il    soddisfacimento    dell'interesse     sostanziale
dell'appellante, nei cui confronti anche la normativa  medio  tempore
intervenuta opera con valenza preclusiva all'assunzione. 
    5.3. Concludendo sul punto, il Collegio ritiene che la  questione
di legittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi  1  e
3, dell'art. 1 del decreto-legge n. 180 del  2008  sia  rilevante  ai
fini  della  decisione  in  quanto,  in  caso  di  mancata  rimozione
dall'ordinamento della seconda di tali disposizioni,  questo  Giudice
dovrebbe senz'altro dichiarare infondate le pretese della  dottoressa
Mori, anche in relazione ai profili risarcitoti. 
    Il Collegio ritiene, altresi', che il giudizio  di  rilevanza  di
tale questione non resti travolto  ne'  dall'abrogazione  espressa  -
verificatasi in corso di causa - della previsione  di  cui  al  primo
periodo del comma 1, dell'art. 1, del decreto-legge n. 180 del  2008,
ne' dalla cessazione degli effetti della previsione di cui al comma 3
del medesimo art. 1. 
    6. La medesima questione di legittimita'  costituzionale  risulta
altresi' non manifestamente infondata. 
    6.1.  In  particolare,  il  Collegio  ritiene  che  il  combinato
disposto delle due  richiamate  disposizioni  potrebbe  risultare  in
contrasto con il generale  canone  di  ragionevolezza,  riconducibile
alla previsione di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    Al riguardo si  osserva  che,  pur  non  volendo  negare  l'ampio
margine decisionale rimesso all'interpositio legislatoris in sede  di
individuazione di vincoli e limiti alle assunzioni nell'ambito  delle
amministrazioni pubbliche (in specie laddove - come nel caso in esame
- tali  limiti  e  vincoli  siano  finalizzati  al  conseguimento  di
ineludibili obiettivi di risparmio di spesa), cionondimeno le  scelte
in tal modo operate non devono determinare situazioni irragionevoli e
trattamenti sostanziali del tutto ingiustificabili. 
    Ebbene,  il  Collegio  ritiene  che  le  disposizioni  della  cui
legittimita' costituzionale si discute potrebbero aver instaurato  un
sistema il quale - in modo del tutto irragionevole  -  ha  applicato,
per cio'  che  riguarda  i  vincoli  e  limiti  alle  assunzioni  (in
particolare: per cio' che attiene la possibilita' di  procedere  alle
assunzioni dei vincitori delle  procedure  gia'  avviate  al  momento
dell'entrata in vigore della legge di conversione del dl. 180, cit.),
un ingiustificato trattamento di maggior vantaggio per gli  Atenei  -
per cosi' dire - "non virtuosi" rispetto agli Atenei - per cosi' dire
- "virtuosi". 
    Ed infatti, mentre  per  gli  Atenei  "non  virtuosi"  il  rigido
divieto di nuove  assunzioni  viene  temperato  dalla  rilevantissima
eccezione  rappresentata  dalla   possibilita'   di   completare   le
assunzioni dei ricercatori vincitori delle  procedure  selettive  ivi
espressamente richiamate (nonche' dei vincitori di concorsi  comunque
espletati alla data di entrata in vigore della legge  di  conversione
del decreto n. 180, cit.), al contrario per gli  Atenei  virtuosi  il
limite alle nuove assunzioni (che possono essere  effettuate  per  un
contingente massimo corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per
centro  di  quella  relativa  al  personale  a  tempo   indeterminato
complessivamente  cessato  dal  servizio  nell'anno  precedente)  non
conosce alcun temperamento o eccezione, neppure nelle ipotesi in  cui
la singola assunzione - come nel caso in esame -  sarebbe  possibile,
almeno in una prima fase, senza alcun  aggravio  finanziario  per  le
casse dell'Universita'. 
    6.1.1. Non sfugge al Collegio la difficolta' di individuare nelle
previsioni di cui al comma 1 del piu' volte richiamato art.  1,  d.l.
180, cit. un effettivo tertium comparationis per cio' che riguarda la
disciplina dei limiti assunzionali nei  confronti  delle  Universita'
"virtuose" di cui al successivo comma 3, stanti i numerosi  punti  di
eterogeneita' disciplinare che caratterizzano le due disposizioni. 
    In particolare, non sfugge al Collegio che nel caso degli  Atenei
"non virtuosi", al piu' favorevole trattamento per cio' che  concerne
l'assunzione dei vincitori delle procedure selettive gia' in atto  fa
"da contraltare" un piu' rigido limite generale alle nuove assunzioni
(il quale si concreta in un divieto sotto  ogni  aspetto  assoluto  e
generalizzato); mentre  -  al  contrario  -  nel  caso  degli  Atenei
"virtuosi", al meno favorevole trattamento per cio' che  concerne  il
perfezionamento delle procedure pregresse  fa.  "da  contraltare"  un
trattamento oggettivamente di maggior favore per cio' che concerne  i
vincoli assunzionali (per i quali e' posto un limite numerico  e  non
un divieto assoluto). 
    Non sfugge in particolare, che  l'impossibilita'  di  individuare
una sorta di "simmetria" fra le  due  richiamate  disposizioni  renda
difficile operare  un  giudizio  di  legittimita'  sulla  complessiva
scelta legislativa sotto l'aspetto  del  rispetto  del  principio  di
eguaglianza e parita' di trattamento (a meno di impingere  il  merito
delle scelte rimesse all'interpositio legislatoris). 
    Ritiene,  tuttavia,  il  Collegio   che   il   concreto   assetto
disciplinare risultante  dal  combinato  operare  delle  disposizioni
della cui  legittimita'  costituzionale  si  discute  possa  palesare
comunque evidenti  profili  di  irragionevolezza,  in  considerazione
degli effetti concreti che esso e' in grado di determinare. 
    Si osserva al riguardo che: 
        anche a voler tenere in considerazione l'oggettivo  carattere
di maggior rigore che caratterizza la disciplina in  esame  per  cio'
che riguarda i divieti generali di assunzione a carico  degli  Atenei
"non virtuosi", l'effetto pratico prodotto dalla norma e'  quello  di
consentire  a  tale  tipologia  di  Atenei  un  rilevante  numero  di
assunzioni (basti pensare all'ipotesi in cui, alla data di entrata in
vigore del decreto-legge n. 180, cit., la singola Universita'  avesse
in  corso  di  svolgimento  numerose   procedure   concorsuali).   In
definitiva, il complessivo assetto disciplinare determinato dal comma
1,  cit.  e'  tale  da  consentire  che,   nei   fatti,   l'eccezione
(possibilita' di assumere i  vincitori  dei  concorsi  in  precedenza
espletati) travalichi del tutto la regola (divieto  generalizzato  di
nuove assunzioni), sino a renderla nei fatti inoperante; 
        per   converso,   i    limiti    e    vincoli    assunzionali
complessivamente imposti agli Atenei "virtuosi" non presentano alcuna
possibile deroga o eccezione, neppure per l'ipotesi in cui (come  nel
caso in esame) la singola assunzione non potrebbe  comunque  produrre
alcun aggravio di spesa per l'Ateneo. Sotto tale  aspetto,  combinato
operare delle due richiamate disposizioni si  presenta  irragionevole
sotto un diverso profilo, che deve essere  esaminato  sotto  l'angolo
visuale del  generale  obiettivo  di  contenimento  della  spesa  che
caratterizza la previsione di cui al decreto-legge n. 180  del  2008.
Ed infatti: a) mentre nel caso degli Atenei "non virtuosi" il  limite
- per cosi' dire - "fisiologico" all'espansione della spesa per nuove
assunzioni e' rappresentato dall'assenza di oneri aggiuntivi a carico
della finanza pubblica, ossia - nei  fatti  -  dall'invarianza  degli
oneri per il personale registrati nel corso dell'anno precedente  (il
che risulta coerente con l'obiettivo ci contenimento della spesa  nel
complesso  sotteso  all'intervento  legislativo  del  2008);  b)   al
contrario, nel  caso  degli  Atenei  "virtuosi"  il  medesimo  limite
"fisiologico" all'espansione della  spesa  per  nuove  assunzioni  (a
qualunque titolo effettuate) e' posto a  un  livello  di  gran  lunga
inferiore, ossia nella richiamata  misura  del  cinquanta  per  cento
della spesa per il personale cessato dal servizio nel corso dell'anno
precedente. Ebbene, anche sotto tale aspetto, vanno rimessi all'esame
della  Corte  costituzionale  i  risultati  concreti   della   scelta
legislativa di cui si tratta, per verificare  se  sia  manifestamente
irragionevole la disposizione sul conseguimento degli  obiettivi  cui
il medesimo intervento mirava. Ed infatti - per un verso - la  scelta
normativa in parola risulta maggiormente penalizzante  nei  confronti
degli enti che abbiano tenuto comportamenti virtuosi (e  maggiormente
compatibili con il perseguimento degli  obiettivi  fissati)  rispetto
agli enti che abbiano operato in senso contrastante rispetto  a  tali
obiettivi. Per altro verso, il risultato  concreto  della  richiamata
scelta legislativa e' nel senso di consentire ai soli  soggetti  meno
virtuosi di disporre di deroghe tali da vanificare la tenuta concreta
del principio di contenimento cui il complessivo intervento normativo
mirava. 
    6.1.2, Per le ragioni dinanzi richiamate, il Collegio ritiene che
non si potrebbe pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle sin
qui delineate neppure laddove si consideri che le deroghe  consentite
dal comma 1, cit. in favore degli Atenei "non virtuosi"  riguardavano
la sola assunzione  di  ricercatori  universitari,  mentre  nel  caso
all'esame  del  Collegio  si  fa  questione  dell'assunzione  di   un
professore ordinario. 
    Ed infatti, se si riguarda alla questione sotto il piu'  generale
angolo  visuale  della  coerenza  e  ragionevolezza  del  complessivo
disegno normativo delineato nel 2008, cio' che viene in rilievo e' la
possibilita' in se' di poter fruire di  eccezioni  ai  divieti  e  ai
limiti alle nuove assunzioni e non la circostanza  puntuale  relativa
alla tipologia di assunzioni oggetto della deroga legale. 
    Anche sotto tale aspetto, infatti, cio' che nella  presente  sede
viene censurato non e' la disparita' di trattamento  fra  le  ipotesi
disciplinate al comma 1 e quelle disciplinate al  comma  3  del  piu'
volte richiamato art.  1  (il  che  verrebbe  reso  difficoltoso  dal
carattere eterogeneo delle previsioni in questione  e  dall'oggettiva
difficolta'  di  individuate  un  effettivo   tertium   comparationis
nell'ambito di un giudizio  di  parita'  di  trattamento);  quanto  -
piuttosto   -   il   carattere   complessivamente   irragionevole   e
ingiustificato della scelta normativa operata nel corso del 2008. 
    Quindi, impostati  in  tale  modo  i  termini  concettuali  della
questione,  non  sembra  ostare  al   giudizio   di   non   manifesta
infondatezza la circostanza per cui il comma 1, dell'art. 1, cit. non
consenta deroghe per il caso di  assunzioni  di  professori  ordinari
(ossia, per ipotesi assimilabili a quella all'origine  dei  fatti  di
causa). 
    6.1.3. Deve, quindi concludersi nel  senso  della  non  manifesta
infondatezza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
combinato disposto dei commi 1 e 3, dell'art. 1, del decreto-legge 10
novembre 2008, n.  180  (come  modificato  dalla  relativa  legge  di
conversione), in relazione alla previsione di cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    6.2.  Il  Collegio  ritiene,  altresi',  che  la   questione   di
legittimita' costituzionale delle  richiamate  disposizioni  sia  non
manifestamente infondata in relazione alla previsione di cui all'art.
33 della Costituzione, in materia di limiti e  vincoli  all'autonomia
universitaria. Ed infatti, se - per un verso - puo' ritenersi che  il
Legislatore possa del tutto legittimamente imporre vincoli  e  limiti
al pieno esercizio di tale  autonomia  laddove  siffatta  imposizione
risulti finalizzata al perseguimento  di  interessi  e  finalita'  di
rilievo costituzionale (come, nel caso di specie, il perseguimento di
imprescindibili obiettivi di sostenibilita' di bilancio);  per  altro
verso deve ritenersi che l'imposizione di tali vincoli e limiti possa
risultare costituzionalmente illegittima laddove  -  per  le  ragioni
richiamate sub 6.1.1. e  6.1.2.  -  essa  non  rinvenga  un'effettiva
giustificazione  nel  perseguimento  dei  richiamati   obiettivi   di
carattere economico e finanziario. 
    6.3. Ancora, il Collegio ritiene che la richiamata  questione  di
legittimita'  costituzionale  sia  non  manifestamente  infondata  in
relazione alla previsione  di  cui  all'art.  97  della  Costituzione
(principio di buon andamento e imparzialita' nella disciplina e nella
gestione dell'amministrazione pubblica). 
    Anche sotto tale aspetto, se - per un  verso  -  puo'  certamente
ammettersi che l'interpositio legislatoris si spinga sino ad incidere
in modo rilevante sulle variabili sottese ad alcune fra le principali
scelte organizzative e  gestionali  delle  amministrazioni  pubbliche
(come quelle relative alla provvista di personale); per  altro  verso
non puo' ammettersi la legittimita' costituzionale di tali interventi
laddove  gli  stessi  presentino  carattere  di  irragionevolezza   e
incidano in modo contraddittorio e  ingiustificato  sulle  richiamate
variabili organizzative. 
    7. Per le ragioni sin qui esposte  il  Collegio  ritiene  che  il
giudizio in questione debba essere sospeso e che sia  necessario,  ai
fini  della  decisione,  demandare  alla  Corte   costituzionale   la
questione di legittimita' costituzionale relativa alle previsioni  di
cui ai commi 1 e 3, dell'art. 1, del decreto-legge 10 novembre  2008,
n. 180 (recante "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio,  la
valorizzazione del merito e la qualita' del sistema  universitario  e
della ricerca e convertito, con modificazioni, dalla legge 9  gennaio
2009, n. 1) in relazione agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione. 
    Ogni statuizione sulle spese definitivo sara' pronunciata in sede
di definizione del secondo grado del giudizio. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visto l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1,  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e  l'art.  23,  della  legge  11
marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente  infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  commi  1  e  3,
dell'art. 1 del decreto-legge  10  novembre  2008,  n.  180  (recante
"Disposizioni urgenti per il diritto allo studio,  la  valorizzazione
del merito e la qualita' del sistema universitario e della ricerca" e
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n.  1)  in
relazione agli articoli 3, 33 e 97 della Costituzione; 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina che a cura della  segreteria  della  sezione  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle Camere
dei Deputati e del Senato della Repubblica; 
    Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore  statuizione  in
rito, in merito e in ordine alle spese. 
      Cosi' deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio del  giorno 3
luglio 2012. 
 
                       Il Presidente: Maruotti 
 
 
                                                L'estensore: Contessa