N. 58 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 gennaio 2013
Ordinanza del 23 gennaio 2013 emessa dal Consiglio di Stato sui ricorsi riuniti proposti da Barreca Francesco altri contro Universita' degli studi Mediterranea di Reggio Calabria. Universita' e istituzioni di alta cultura - Divieto di assunzione a carico delle Universita' non virtuose - Mancata previsione, altresi', della sospensione del termine di durata delle idoneita' conseguite nei concorsi di ricercatore e professore universitario, per tutto il tempo in cui opera il divieto di assunzione - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione per la perdita definitiva per gli idonei della possibilita' di assunzione tutte le volte in cui le Universita' non rientrino nei parametri di legge durante il periodo di validita' dell'idoneita'. - Decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, nella legge 9 gennaio 2009, n. 1, art. 1, comma 1. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.13 del 27-3-2013 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la presente, ordinanza. Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale e sentenza parziale. 1) sul ricorso numero di registro generale 8862 del 2011, proposto da Francesco Barreca e Maria Teresa Russo, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Bruno Tassone in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, n. 19; Contro Universita' degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 2) sul ricorso numero di registro generale 8864 del 2011, proposto da Angelo Federico, Vincenzo D'Ascola, Nicola Moraci, Claudio De Capua, Giorgio Fontana, Giovanni Spampinato, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Bruno Tassone in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, n. 19; Contro Universita' degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 3) sul ricorso numero di registro generale 8865 del 2011, proposto da Domenico Nicolo', rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Bruno Tassone in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, n. 19; Contro Universita' degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 4) sul ricorso numero di registro generale 8866 del 2011, proposto da Giuseppe Tropea, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Romano, con domicilio eletto presso Bruno Tassone in Roma, via G. Pierluigi da Palestrina, n. 19; Contro Universita' degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; Tutti e quattro gli appelli per la riforma: della sentenza del T.a.r. Calabria - Reggio Calabria n. 666/2011, resa tra le parti, concernente diniego immissione in servizio; Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Universita' degli studi Mediterranea in tutti e quattro gli appelli; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti l'avvocato Romano e l'avvocato dello Stato Dettori; Fatto e Diritto 1. I quattro appelli indicati in epigrafe sono stati gia' riuniti con l'ordinanza collegiale 5 marzo 2012 n. 1249 e con la decisione dell'adunanza plenaria 28 maggio 2012 n. 17. 2. Gli odierni appellanti hanno la qualita': o di professori associati confermati o ricercatori confermati presso l'Universita' degli studi «Mediterranea» che hanno superato, con valutazione di idoneita', rispettivamente, i concorsi per professore ordinario e per professore associato banditi dall'Universita' nel giugno del 2008; ai sensi dell'art. 5, comma 4, d.P.R. n. 117/2000 gli stessi sono stati proposti per la nomina (c.d. «chiamata») dai rispettivi Consigli di Facolta' (con approvazione atti e delibera di chiamata in varie date, meglio specificate in atti; v. relazione allegata alla memoria di costituzione dell'Avvocatura distrettuale dello Stato in primo grado); ovvero di professore associato confermato e ricercatore confermato presso la medesima Universita' degli studi «Mediterranea», che hanno conseguito una valutazione di idoneita' presso altra Universita', sempre nella II sessione del 2008. 3. Gli appellanti hanno chiesto all'Universita' resistente di essere assunti nella qualifica per la quale sono risultati idonei. A tale richiesta l'Universita' ha opposto un diniego fondato sulla ritenuta applicabilita' del c.d. «blocco delle assunzioni» disposto dal d.l. 10 novembre 2008, n. 180 (art. 1, commi 1 e 3), conv. in legge 9 gennaio 2009, n. 1 in quanto l'Universita' resistente risulta aver superato il limite del 90% del rapporto tra le spese fisse e la misura del FFO (fondo di finanziamento ordinario) alla data del 31 dicembre 2010. 4. Contro il diniego gli odierni appellanti hanno proposto separati ricorsi al T.a.r. della Calabria - Reggio Calabria che, con la sentenza in epigrafe (12 agosto 2011, n. 666) ha respinto i ricorsi. 4.1. In sintesi, la sentenza appellata, ha ritenuto che: l'art. 1, d.l. n. 180/2008, nel prevedere il divieto, per le Universita' che superino il suddetto limite del 90%, di procedere ad assunzioni, conterrebbe una norma a regime, dettata sia da ragioni finanziarie che organizzative, applicabile anche alle procedure concorsuali gia' bandite e/o espletate; anche il blocco del turn over previsto dall'art. 1, comma 3, d.l. n. 180/2008 si applicherebbe al caso di specie, anche se in ipotesi dalle nuove assunzioni per le Universita' non deriva un aumento di costi, sia perche' la norma non risponderebbe solo a ragioni finanziarie, ma anche organizzative, sia perche' nel caso specifico non vi sarebbe aumento di costi solo per i primi tre anni; non sarebbe violato il diritto all'assunzione o all'aspettativa acquisita, perche' non vi sarebbe una definitiva preclusione all'assunzione, ma solo un suo differimento fino all'esercizio finanziario in cui l'Universita' rientrera' nei parametri di legge; quanto, poi, in particolare, alla posizione di coloro che sono stati dichiarati idonei in concorsi banditi da altre Universita', ostativa all'assunzione sarebbe la mancanza della previa programmazione triennale; non sarebbero fondate le dedotte censure di costituzionalita', in relazione alla lesione dei principi di uguaglianza, imparzialita', buon andamento dell'amministrazione, autonomia universitaria. 5. La sentenza e' impugnata con quattro separati appelli, che contengono censure di identico tenore, salvo una censura aggiuntiva per i ricorrenti che hanno conseguito l'idoneita' presso Universita' diverse da quella dove prestano servizio attualmente come ricercatori o professori associati. 6. La causa e' stata chiamata una prima volta, per la decisione di merito, all'udienza del 14 febbraio 2012, davanti alla sezione VI. 6.1. A tale udienza la sezione, riuniti gli appelli, con ordinanza 5 marzo 2012, n. 1249 ha ritenuto che nell'ordine logico delle questioni, fosse prioritario l'esame del terzo motivo di appello, nella parte in cui si assume che il divieto di assunzione non si applicherebbe nel caso di ricercatori e professori associati gia' in servizio presso l'Universita' Mediterranea, che siano risultati idonei nei concorsi, rispettivamente, di' professori associati e di professori ordinari, in quanto non si tratterebbe di assunzione ma di passaggio a qualifica superiore [Cons. St., sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2217; Id., 16 novembre 2004 n. 7483]. 6.2. Tale ordinanza ha rilevato che la dedotta questione della natura giuridica di assunzione o passaggio di qualifica non aveva avuto una soluzione univoca e che si delineava un contrasto di giurisprudenza, assumendo che: «Secondo l'orientamento giurisprudenziale ricordato dagli appellanti e posto a sostegno del motivo di ricorso, il divieto di assunzione (imposto dal legislatore per esigenze di carattere finanziario) non si applicherebbe nel caso di ricercatori e professori associati gia' in servizio che siano risultati idonei nei concorsi, rispettivamente, di professori associati e di professori ordinari, in quanto non si tratterebbe di assunzione ma di passaggio a qualifica superiore [Cons. St., sez VI, 21 apille 2010, n. 2217; Id., 16 novembre 2004, n. 7483]. Tuttavia, secondo il diverso orientamento espresso da Cons. St., comm. spec. pubblico impiego, 9 novembre 2005, n. 3556/05, il blocco delle assunzioni concerne, oltre che le assunzioni derivanti da procedure selettive pubbliche, altresi' le progressioni da un'area all'altra conseguenti a procedure di riqualificazione del personale dipendente. Il Collegio non Ritiene condivisibile la tesi di cui alla citata decisione n. 2217/2010 e preferibile quella di cui alla citata commissione speciale. Anzitutto, nel caso di specie, la progressione di carriera deriva da un concorso pubblico, sicche' sembrerebbe trattarsi di assunzione in senso proprio e non di mero passaggio di qualifica. Anche a ritenere che si tratti di passaggio di qualifica, sembra preferibile la soluzione della citata commissione speciale, che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica. Invero, la ratio legis sembra quella di impedire qualsivoglia "assunzione" conseguente ad un concorso pubblico, anche per coloro che sono gia' dipendenti dell'Universita' e conseguono una posizione superiore in virtu' di concorso pubblico.». 6.3. L'ordinanza, rilevata l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza, e pur avendo espresso una preferenza per una delle due tesi in conflitto, ne ha rimesso l'esame e la soluzione all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato. 7. L'adunanza plenaria si e' pronunciata con sentenza parziale, sul solo terzo motivo degli appelli, con la decisione 28 maggio 2012, n. 17. Il terzo motivo di appello e' stato respinto dalla plenaria sulla scorta dei seguenti argomenti. «(...) il divieto di assunzione Operi anche per l'inquadramento in ruolo, in una fascia superiore, di docenti gia' in servizio presso la medesima universita'. Nel caso di specie, non viene rilievo una procedura concorsuale interna finalizzata all'attribuzione di una qualifica superiore ma un diverso inquadramento in ruolo per effetto dell'idoneita' conseguita all'esito di un concorso esterno, aperto anche a soggetti non legati da alcun rapporto con l'universita' e non in possesso, ancora piu' in radice, dello status di docenti universitari. La circostanza che non si tratti di procedura riservata a soggetti gia' aventi la qualifica di docenti universitari o comunque legati da un rapporto di lavoro all'amministrazione universitaria, dimostra che la selezione non e' finalizzata alla progressione in carriera ma all'assunzione, id est all'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro caratterizzato da una soluzione di continuita' rispetto alla pregressa posizione eventualmente rivestita dal soggetto idoneo. Non a' chi non veda, d'altronde, come urna diversa soluzione ermeneutica, che escludesse l'operativita' del divieto solo per i docenti gia' in servizio presso l'Universita' che operi la chiamata, discriminerebbe in modo illogico la posizione dei soggetti che abbiano conseguito l'idoneita' all'esito della medesima procedura in base al dato, accidentale ed estrinseco rispetto ai caratteri ed alla finalita' della procedura selettiva, della sussistenza di un progresso rapporto con l'amministrazione universitaria. Si deve soggiungere che la ratio legis, identificata nelle richiamate esigenze di contenimento della spesa e di stimolazione di condotte virtuose, si estende anche all'inquadramento in un diverso ruolo di personale docente gia' in servizio presso l'universita'. Si deve, in particolare, convenire, sulla scorta di questa prospettiva ermeneutica, che l'assunto, sostenuto dagli appellanti, secondo cui non vi sarebbe aumento di costi in caso di nomina in ruolo di soggetti gia' inquadrati presso la stessa universita' ad un livello inferiore e', da un lato, infondato in fatto, e, dall'altro, irrilevante in punto di diritto. Quanto al primo aspetto, infatti, il mancato aumento di costi si registra, in caso di transito ad una fascia superiore della docenza, solo per il primo triennio e non a regime, in quanto la conferma del docente non e' un fatto meramente eventuale ma l'evenienza fisiologica da prendete in considerazione ai fini dell'indagine in merito agli effetti finanziati sortiti, alla stregua dell'id quod plerunque accidit, dall'inquadramento nel nuovo ruolo. D'altro canto, come correttamente ritenuto dal Primo Giudice, il divieto di assunzione risponde a esigenze anche organizzative ed a logiche incentivanti che prescindono dalla sussistenza, o meno, di un immediato aggravio finanziario. Le considerazioni che precedono consentono di approdare alla conclusione secondo cui il blocco delle assunzioni interessa anche i casi in esame in quanto il nuovo inquadramento in ruolo del docente e' il frutto dell'esito positivo di una procedura concorsuale aperta che da' luogo ad un'assunzione in senso proprio e non al mero passaggio di qualifica per effetto di procedura, riservata. Si deve per completezza osservare, con riguardo al piu' ampio tema oggetto del contrasto interpretativo prima evidenziato, che risulta preferibile la tesi, sostenuta dal citalo parere reso dalla Commissione speciale, che estende il blocco delle assunzioni ai passaggi di qualifica. A fondamento di tale indirizzo si pone il principio, ribadito a piu' riprese dalla giurisprudenza della Corte delle leggi (v., da ultimo, Corte cost. 10 novembre 2011, n. 299), secondo cui il principio del concorso come strumento di accesso all'impiego pubblico (art. 97, comma 3, Cost.) comprende sia le procedure preordinate all'ingresso ex novo di personale nei ruoli dell'amministrazione sia quelle finalizzate al passaggio dei dipendenti ad una qualifica superiore. La regola del concorso pubblico si atteggia, in definitiva, a principio costituzionale, passibile di deroga solo nell'ipotesi in cui la progressione non determini la novazione, con effetti estintivo-costitutivi, dei rapporto di lavoro preesistente. La Corte costituzionale, in sede di interpretazione della portata della regola del concorso pubblico, ha altresi' sottolineato che la facolta' del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico aperto e' stata delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell'amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle (ex plurimis, sentenze n. 52 del 2011 e n. 195 del 2010). In particolare, si e' piu' volte ribadito che il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell'agevolazione del buon andamento della pubblica amministrazione, con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno. La valorizzazione della caratterizzazione sostanzialmente novativa degli effetti sortiti, a fronte della posizione originaria, dall'attribuzione di una qualifica superiore per effetto della procedura concorsuale, e' l'argomento posto a sostegno anche dell'indirizzo ermeneutico della Come di legittimita' che, in punto di riparto di giurisdizione, afferma la giurisdizione del giudice amministrativo sulla cognizione del contenzioso relativo alle procedure riservate volte a sancire la progressione verticale interna, ossia il passaggio tra diverse aree di inquadramento previste dalla contrattazione collettiva. Posto il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'urea o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso - al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione di candidati esterni -, si osserva che il quarto comma dell'art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo «le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni», fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale gia' assunto ad una fascia o area superiore: il temine «assunzione» deve essere conciato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica (Cassazione civile, sez. un. 15 ottobre 2003, n. 15403). E' stato, da ultimo rimarcato (Cassazione civile, sez. un. 5 maggio 2011, n. 9844), che «per procedure concorsuali di assunzione ascritte al diritto pubblico e all'attivita' autoritativa dell'amministrazione (alla stregua dell'art. 63, comma 4, d.lgs. 30 manzo 2001, n. 165/2001), si intendono non soltanto quelle preordinate alla costituzione «ex novo» dei rapporti di lavoro, ma anche le prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale gia' assunto ad una fascia o area funzionale superiore, e cioe' ad una progressione verticale che consista nel passaggio ad una posizione funzionale qualitativamente diversa, tale da comportale una novazione oggettiva del rapporto di lavoro; tale accesso deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso. Alla stregua dell'interpretazione enunciata, assume avanza determinante, ai fini dell'indicato criterio di riparto della giurisdizione, il contenuto della contrattazione collettiva, sicche' in presenza di progressioni, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, che comportino una progressione verticale nel senso indicato, la cognizione della controversia resta riservata al giudice amministrativo; sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie attinenti a concorsi per soli dipendenti interni che comportino il passaggio da una qualifica all'altra, ma nell'ambito della stessa area (o categoria), sia con acquisizione di posizioni piu' elevate meramente retributive sia con il conferimento di qualifiche superiori, in base a procedure che l'amministrazione pone in essere con le capacita' e i poteri del privato datore di lavoro». Si deve allora concludere, in fina dei rilievi fin qui svolti, che soggiacciono al blocco delle assunzioni di cui alla normativa in esame anche le progressioni verticali e le procedine di riqualificazione variamente denominate che sanciscono il passaggio ad una diversa area con la conseguente attribuzione di un nuovo posto per effetto della novazione del precedente rapporto». 8. Respinto il terzo motivo di appello, la plenaria ha rimesso alla Sezione VI, ai sensi dell'art. 99, comma 4, del codice del processo amministrativo, la definizione del giudizio con riguardo agli altri motivi che investono tematiche estranee al quesito devoluto al vaglio della plenaria, e ha rimesso alla sentenza definitiva anche la statuizione sulle spese di giudizio. 8.1. Occorre pertanto passare all'esame dei residui motivi di appello. 9. Con il primo motivo di appello si contesta l'interpretazione che il T.a.r. ha dato dell'art. 1, d.l. n. 180/2008. 9.1. Si assume con l'appello che essendo tale disposizione normativa successiva al bando delle procedure comparative in cui gli appellanti sono risultati idonei, essa sarebbe inapplicabile ad esse, avendo i ricorrenti maturato una situazione di aspettativa e di legittimo affidamento. Il silenzio della disposizione normativa sarebbe da interpretare nel senso della sua non retroattivita'. 9.2. Inoltre, mentre il d.l. n. 180/2008 aveva inizialmente bloccato le procedure concorsuali della prima sessione 2008, la legge di conversione le ha riavviate con nuove regole; sarebbe percio' contraddittorio far proseguire le procedure concorsuali e poi bloccare le assunzioni. 9.3. Ancora, il d.m. n. 665/2010 che ripartisce il FFO per il 2010, all'art. 5 pone a carico dello Stato le chiamate di idonei in dette procedure concorsuali, a condizione che l'Universita' non abbia sfondato il tetto del 90% del rapporto spese fisse-FFO. Sarebbe una disposizione premiale e incentivante da cui si desumerebbe che lo sfondamento del 90% e il blocco del turn over non sarebbero condizioni ostative all'assunzione. 9.4. La stessa adunanza plenaria, con la decisione 24 maggio 2011, n. 9, avrebbe affermato, sia pure con riguardo a fattispecie diversa (le regole sull'ammissione dei candidati), che lo ius superveniens non puo' modificare procedure in itinere. 9.5. Ove, poi, si insistesse a interpretare l'art. 1, d.l. n. 180/2008 nel senso di applicarsi anche alle procedure concorsuali in itinere, la disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, perche' creerebbe una irragionevole discriminazione tra soggetti vincitori di concorsi banditi nella medesima sessione, che, in base a circostanze del tutto contingenti (la rapidita' maggiore o minore delle Universita' nell'espletare le procedure concorsuali), sono stati o meno assunti prima dell'entrata in vigore della disposizione in commento. Le norme della CEDU sarebbero immediatamente applicabili nell'ordinamento nazionale, con il conseguente obbligo per il giudice nazionale di interpretare le leggi nazionali in coerenza con il principio internazionale di non discriminazione. 9.6. Il T.a.r. avrebbe dato una visione restrittiva dei criteri di riparto del FFO, tra i quali rientra anche la qualita' della classe docente. Errerebbe, poi, il T.a.r., laddove afferma che i concorsi e i relativi atti finali rimangono solo in stato di quiescenza, potendo dare luogo all'assunzione quando l'Universita' sara' rientrata nei parametri di legge. In tal modo il T.a.r. ignorerebbe che l'idoneita' ha una precisa durata temporale, pari a cinque anni, decorsi i quali gli idonei non potrebbero comunque essere piu' assunti. 10. Le censure devono essere respinte. 10.1. Si deve anzitutto escludere che in capo ai ricorrenti sussista un diritto o una aspettativa all'assunzione, ancorche' siano risultati vincitori nelle procedure concorsuali. E' costante affermazione della giurisprudenza di questo Consesso che i vincitori di un concorso pubblico non hanno un diritto soggettivo incondizionato all'assunzione atteso che l'amministrazione ha il potere di non procedere ala loro nomina tutte le volte in cui siano presenti non solo valide e motivate ragioni di interesse pubblico che abbiano fatto venir meno la necessita' o la convenienza alla copertura dei posti messi a concorso, ma anche, e a maggior ragione, quando sia sopravvenuto un intervento normativo che si sia posto come factm pincipis impeditivo della nomina [Cons. St., sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7497]. Anche con riguardo alla normativa del blocco delle assunzioni, si e' affermato che essa non si arresta a fronte di un asserito diritto all'assunzione, nemmeno con riguardo alle c.d. categorie protette [Cons. St., scz. VI, 7 agosto 2007 n. 4378: «Coloro che fanno parte delle categorie protette non maturano il diritto all'assunzione nel caso in cui abbiano superato le prove di una procedura selettiva ad una certa data, qualora, nelle more del c.d. blocco delle assunzioni, l'amministrazione abbia rideterminato la propria pianta organica riducendone i posti, con esubero del personale gia' in servizio nella qualifica interessata al concorso»]. 10.2. Cio' premesso, occorre procedere all'esegesi dell'art. 1, comma 1, d.l. 10 novembre n. 180 conv. in legge 9 gennaio 2009, n. 1. Esso dispone (nel testo vigente e applicabile ratione temporis, prima che il primo periodo venisse soppresso dal d.lgs. n. 49/2012) che «Le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all'art. 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall'art. 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all'indiziane di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale. Alle stesse universita' e' data facolta' di completare le assunzioni dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e all'art. 4-bis, comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica». E' evidente che la previsione in commento impedisce, in caso di superamento del limite di cui all'art. 51, comma 4, legge n. 449/1997 (a tenore della quale disposizione «le spese fisse e obbligatorie per il personale di ruolo delle universita' statali non possono eccedere il novanta per cento dei trasferimenti statali sul fondo per il finanziamento ordinario») sia l'indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, sia le assunzioni di personale. Il divieto di assunzioni e' netto e assoluto, e si riferisce chiaramente anche alle assunzioni a cui dovrebbe procedersi sulla base di procedure concorsuali gia' bandite, in corso di espletamento, o concluse. Che questa sia la corretta interpretazione discende da due dati testuali inequivoci: infatti, si prevede una espressa deroga al divieto di assunzioni, con riferimento ai soli ricercatori che siano vincitori di procedure concorsuali gia' espletate alla data di entrata in vigore della legge n. 1/1999; se ne desume, come argomento a contrario, che il divieto di assunzione (in caso di superamento del predetto limite), opera in tutti gli altri casi di procedure concorsuali in itinere, vale a dire di procedure concorsuali che riguardino professori ordinari o associati, ovvero di procedure concorsuali che riguardino ricercatori, ma per le quali non si sia ancora arrivati alla selezione dei vincitori; in secondo luogo, se la disposizione non trovasse applicazione alle procedure concorsuali bandite prima della sua entrata in vigore, sarebbe stato del tutto superfluo l'inciso secondo cui le Universita' non possono procedere «all'assunzione di personale»; sarebbe infatti stato sufficiente l'inciso secondo cui le Universita' «non possono procedere all'indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa». E, invero, la disposizione in commento contiene un duplice divieto per le Universita', quello di indire nuove procedure concorsuali, quello di procedere ad assunzioni: e' evidente che se si volevano far salve le procedure concorsuali gia' bandite e in corso di espletamento, non si sarebbe posto il divieto di assunzioni, essendo sufficiente il divieto di bandire nuovi concorsi. 10.3. E' irrilevante l'argomento difensivo secondo cui la legge n. 1/2009 ha inteso riavviare le procedure concorsuali bandite nel 2008, sulla base di nuove regole circa le commissioni di concorso (art. 1, comma 4, d.l. n. 180/2008). Non vi e' infatti alcuna contraddittorieta' tra l'art. 1, comma 1 e l'art. 1, comma 4, d.l. n. 180/2008, il primo che blocca le assunzioni per le Universita' che superino i parametri legali, e il quarto che riavvia le procedure concorsuali bandite nel 2008. E' chiaro che la prosecuzione delle procedure concorsuali esitera' nell'assunzione solo se si verifichi la condizione del comma 1, ossia il rispetto dei parametri legali. 10.4. Neppure convince l'argomento difensivo che fa leva sul d.m. n. 665/2010 che ripartisce il FFO per il 2010, il cui art. 5 pone a carico dello Stato le chiamate di idonei in dette procedure concorsuali, a condizione che l'Universita' non abbia sfondato il tetto del 90% del rapporto spese fisse-FFO. Infatti da un lato tale disposizione non fa che confermare la necessita' del rispetto del suddetto tetto del 90%, dall'altro lato si tratta comunque di un atto di natura amministrativa, che pertanto non vincola il giudice nell'interpretazione delle norme di legge. 10.5. Neppure e' pertinente il richiamo alla sentenza dell'adunanza plenaria 24 maggio 2011, n. 9, che, con riguardo a fattispecie diversa (le regole sull'ammissione dei candidati), ha affermato che lo ius superveniens non puo' modificare procedure in itinere. Il citato pronunciamento della plenaria ha statuito che nei pubblici concorsi le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attivita' (quale e' quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell'indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti per le quali non e' configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, non modificano, di regola, i concorsi gia' banditi a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse. La pronuncia della plenaria, dunque, da un lato si riferisce allo ius superveniens nella fase di espletamento del concorso, e non a quello che incide sulla fase successiva dell'assunzione, dall'altro lato ammette che lo ius superveniens possa applicarsi alle procedure in concorso, se cosi' sia stabilito dallo ius superveniens medesimo. Ora, nel caso di specie, lo ius superveniens non incide sullo svolgimento dei concorsi universitari, ma si limita a impedire l'assunzione, che e' successiva all'espletamento dei concorsi medesimi, per le sole Universita' che non rispettino i parametri di legge. 10.6. Non sussiste la lamentata violazione dell'art. 14 della CEDU. Infatti il divieto di discriminazione posto da tale disposizione si riferisce al godimento dei diritti e delle liberta' riconosciute dalla CEDU, tra i quali diritti e liberta' non rientra il diritto all'assunzione nei pubblici impieghi. La lamentata discriminazione e' pertanto al di fuori del campo di applicazione della CEDU. In ogni caso, e per completezza, il Collegio osserva che la c.d. «trattatizzazione» della Carta di Nizza, e dunque dei diritti fondamentali in essa riconosciuti, peraltro con ambito limitato alle materie di competenza dell'Unione europea, non ha comportato anche una «comunitarizzazione» della CEDU; per l'effetto, eventuali norme nazionali in contrasto con la CEDU non possono essere disapplicate dal giudice nazionale (come invece accade nel caso di contrasto tra la norma nazionale e la norma comunitaria), ma solo denunciate con incidente di costituzionalita' [Corte cost. 7 marzo 2011, n. 80]. Anche la Carta di Nizza, nel porre il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazioni, si riferisce alle materie di competenza dell'Unione europea, tra cui non rientra l'accesso a pubblici impieghi. Ne' puo' ravvisarsi una violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., in quanto la disposizione dell'art. 1, comma 1, d.l. n. 180/2008 non pone direttamente alcuna discriminazione, che semmai discende, in concreto, dalla prassi amministrativa, a seconda che le Universita' siano state piu' o meno rapide nell'espletamento delle procedure concorsuali. 10.7. Quanto, infine, alla circostanza che l'idoneita' nei concorsi universitari ha una durata di cinque anni, sicche' il divieto di assunzione, imposto alle Universita' non virtuose, rischia di tradursi in una definitiva penalizzazione per gli idonei, ove in ipotesi l'Universita' non rientri nei parametri di legge durante l'arco temporale di durata dell'idoneita', la stessa, dal momento che pone una questione di legittimita' della legge, e non dei provvedimenti impugnati, verra' esaminata dopo l'esame di tutte le altre censure dedotte. 11. Con il secondo motivo di appello si lamenta che anche ammesso che il citato art. 1, comma 1, d.l. n. 180/2008 si applicasse alle procedure bandite nella I sessione 2008, comunque il blocco del turn over e delle assunzioni sarebbe divenuto inapplicabile in virtu' del ius superveniens e, segnatamente, dell'art. 1, comma 24, legge di stabilita' 2011; e se e' vero che tale disposizione eccettua dal blocco del turn over solo i ricercatori che diventano professori associati, tuttavia per identita' di ratio andrebbe applicata anche agli associati che diventano ordinari, e anche al divieto di assunzioni per sfioramento del parametro del 90%. 11.1. La censura e' infondata. Dispone l'art. 1, comma 24, 1. n. 220/2010 (legge di stabilita' 2011) che «la dotazione del Fondo per il finanziamento ordinario delle universita' e' incrementata, per l'anno 2011, di 800 milioni di euro, nonche' di 500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012. A valere su quota parte delle risorse di cui al primo periodo del presente comma, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'univensila' e della ricerca, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e' approvato un piano straordinario per la chiamata di professori di seconda fascia per ciascuno degli anni 2011-2016. Per le predette chiamate non trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni». La disposizione e' di stretta interpretazione, come tutte le disposizioni di finanza pubblica, e si riferisce ai soli ricercatori che diventano professori associati, comportando, solo per essi, una deroga al blocco del over di cui all'art. 66, comma 13, di. n. 112/2008. La previsione non comporta alcuna deroga, e alcuna inapplicabilita' sopravvenuta, in relazione all'art. 1, comma 1, d.l. n. 180/2008. 12. Il terzo motivo di appello, come gia' osservato, e stato esaminato e respinto dalla sentenza parziale dell'adunanza plenaria n. 17/2012. 13. Con il quarto motivo di appello si contesta il capo di sentenza relativo all'interpretazione dell'art. 1, comma 3, d.l. n. 180/2008. I provvedimenti rettorali impugnati hanno ammesso l'esistenza di risorse da destinare all'assunzione di professori ordinari e associati, attraverso la formula dei punti organico (0,68 quale residuo del turn over 2008 e 1,10 per il 2009). Si lamenta che l'art. 1, comma 3, citato non parla di punto organico, e siccome i ricorrenti sarebbero immessi in servizio a costo zero, la somma da destinarsi per la presa di servizio dei ricorrenti sarebbe pari a zero. Errerebbe il T.a.r. a ritenere che il blocco del turn over risponde ad una ratio non solo finanziaria ma anche qualitativa. 13.1. Il mezzo e' infondato. L'art. 1, comma 3, d.l. n. 180/2008 dispone che l primo periodo del comma 13, dell'art. 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' sostituito dai seguenti: «Per il triennio 2009-2011, le universita' statali, firmi restando i limiti di cui all'art. 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. Ciascuna universita' destina tale somma per una quota non inferiore al 60 per cento all'assunzione di ricercatori a tempo [determinato e] indeterminato, nonche' di contrattisti ai sensi dell'art. 1 comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, e per una quota non superiore al 10 per cento all'assunzione di professori ordinari. Sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all'art. 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue previste dal predetto art. 1, comma 650.». Conseguentemente, l'autorizzazione di spesa di cui all'art. 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle universita', e' integrata.... (Omissis)». La previsione in commento pone un limite al c.d. turn over; che va letto in coerenza con il blocco delle assunzioni di cui al comma 1 della medesima disposizione. Le assunzioni previste dal comma 3 sono, da un lato, ovviamente, facoltative, e dall'altro lato sono subordinate all'assenza del divieto di cui al comma 1. Non essendo in fatto contestata la violazione, da parte dell'Universita' appellata, del limite del comma 1, non vi e' spazio per l'applicazione del comma 3. Ne' puo' dirsi che rispetto all'art. 1, comma 3, l'assunzione dei ricorrenti sarebbe a costo zero, atteso che il contingente da assumere deve comportare una spesa pari al 50% di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell'anno precedente; sicche' i ricorrenti gia' in servizio presso l'Universita', andrebbero da un lato computati nel contingente che cessa dal servizio, e dall'altro lato nel contingente dei nuovi assunti, con l'ulteriore limite all'assunzione di professori ordinari e associati rispetto all'assunzione di ricercatori. 14. Con il quinto motivo degli appelli n. 8865/2011 e 8866/2011 si propone una censura che riguarda solo la posizione degli idonei che hanno conseguito l'idoneita' presso Atenei diversi dall'Universita' appellata. Si contesta il capo di sentenza secondo cui per tali idonei ulteriore ostacolo all'assunzione deriva dalla circostanza che il posto preteso non e' stato previsto dall'Universita' appellata nella programmazione triennale del fabbisogno del personale. Si lamenta che la normativa vigente all'epoca di pubblicazione del bando prevedeva la doppia idoneita', e che il T.a.r. avrebbe fornito una interpretatio abrogans: di tale doppia idoneita'. Gli appellanti avrebbero una posizione qualificata e differenziata, sia per la regola della doppia idoneita', sia perche' chiamati dall'Universita' Mediterranea, essendo il diniego di assunzione successivo a detta chiamata. 14.1. Il mezzo e' infondato. Disponeva l'art. 2, comma 1, lett. g) legge n. 210/1998, vigente ratione temporis, che i regolamenti relativi alle procedure per la nomina in ruolo devono, tra l'altro, prevedere «la possibilita', nel caso di procedure relative a professori associati e ordinari, per le universita' che non hanno emanato il bando per la copertura del posto ovvero che, pur avendolo emanato, non hanno nominato in ruolo gli idonei di cui alla lettera f), di nominare in ruolo per chiamata i candidati risultati idonei a seguito di valutazioni comparative svoltesi in altre sedi universitarie per lo stesso settore scientifico-disciplinare, dopo il decorso nelle medesime sedi del termine di cui alla lettera f). Gli idonei nelle procedure di valutazione comparativa relative a professori associati e ordinati, salvo il caso di rinuncia ai sensi della lettera n. 1), hanno titolo alla nomina in ruolo da parte delle universita' entro il termine di tre anni, decorrente dalla data del provvedimento di accertamento della regolarita' formale degli atti della commissione che li ha proposti». Alla luce di tale previsione, e considerato anche che gli appellanti, ancorche' vincitori del concorso per professore associato o universitario presso altre Universita', erano stati chiamati dall'Universita' appellata, effettivamente la loro posizione non puo' essere differenziata rispetto a quella di coloro che hanno vinto il concorso presso la medesima Universita' appellata. 15. Con il sesto motivo degli appelli n. 8865/2011 e 8866/2011 e con il quinto motivo degli altri due appelli, si propone una censura di incostituzionalita' dell'art. 1, comma 1, d.l. n. 180/2008. Si lamenta che la disposizione violerebbe il principio di autonomia dell'Universita', recato dall'art. 33 Cost. atteso che si preclude all'Universita' l'immissione in ruolo anche se a costo zero, cosi' compromettendo le scelte strategiche dell'Ateneo. Siccome la norma si baserebbe su ragioni non economiche, essa inciderebbe sulle scelte autonome delle Universita'. Sarebbe violato l'art. 97 Cost., sotto il profilo che un divieto di assunzioni non motivato da esigenze economiche inciderebbe sul buon andamento dell'Universita'. Se poi il blocco delle assunzioni dovesse essere ritenuto giustificato da intenti sanzionatori, sarebbe incostituzionale in quanto colpisce i vincitori di concorso, anziche' le sole Universita' da sanzionare. 15.1. Le tre censure sono infondate. Ai sensi dell'art. 33, ultimo comma, Cost., le universita' hanno diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti da leggi dello Stato. Se dunque la Costituzione demanda alle leggi dello Stato di porre limiti all'autonomia universitaria, non puo' ritenersi incostituzionale una legge dello Stato per il solo fatto che ponga limiti all'autonomia universitaria. Puo' semmai discutersi della ragionevolezza e proporzionalita' di tali limiti. Ma nel caso di specie il limite posto dal legislatore, dettato per esigenze di finanza pubblica e di razionalizzazione delle assunzioni presso le Universita', non appare ne' irragionevole ne' sproporzionato, e inoltre l'assunto degli appellanti, che le assunzioni avverrebbero a costo zero, e' dimostrato solo in una prospettiva di breve periodo (primo triennio) e non in una prospettiva di lungo periodo, che e' quella a cui avere riguardo in una logica di seria riforma e programmazione. Per le stesse ragioni non e' violato l'art. 97 Cost. Infine non e' fondato il terzo profilo di censura, non avendo le disposizioni in commento alcun intento sanzionatorio, ma solo di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione delle assunzioni presso le Universita'. 16. Va, infine, esaminata la censura, contenuta nel primo motivo di appello, con cui si deduce che l'idoneita' nei concorsi universitari ha una durata di cinque anni, sicche' il divieto di assunzione, imposto alle Universita' non virtuose, rischia di tradursi in una definitiva penalizzazione per gli idonei, ove in ipotesi l'Universita' non rientri nei parametri di legge durante l'arco temporale di durata dell'idoneita'. La censura si rivolge, a ben vedere, contro la stessa legge, e ad avviso del Collegio si pone una questione di legittimita' costituzionale rilevante e non manifestamente infondata. Dispone l'art. 1, comma 1, d.l. 10 novembre n. 180 conv. in legge 9 gennaio 2009, n. 1 (nel testo vigente e applicabile ratione temporis, prima che il primo periodo venisse soppresso dal d.lgs. n. 49/2012) che «Le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di ciascun anno, hanno superato il limite di cui all'art. 51, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto previsto dall'art. 12, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, non possono procedere all'indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, ne' all'assunzione di personale. Alle stesse universita' e' data facolta' di completare le assuntemi dei ricercatori vincitori dei concorsi di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, e all'art. 4-bis., comma 17, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129, e comunque di concorsi espletati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sella oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica». La disposizione dell'art. 1, comma 1, d.l. n. 180/2008, si limita a porre un divieto di assunzione per le Universita' non virtuose, senza considerare la possibile penalizzazione per i vincitori di procedure concorsuali, per i quali il rischio non e' solo il differimento dell'assunzione, ma anche quello della perdita definitiva della chance di assunzione, tutte le volte in cui l'Universita' non virtuosa non rientri nei parametri di legge durante l'arco temporale di durata dell'idoneita' (pari a cinque anni). In tal modo, una misura, che mira a razionalizzare la finanza pubblica e l'organizzazione universitaria, si traduce anche in una penalizzazione per soggetti che hanno partecipato, con esito vittorioso, ad un concorso pubblico. Tale penalizzazione puo' ritenersi giustificata dalle superiori esigenze di finanza e organizzazione pubblica solo se sia un sacrificio temporalmente limitato (differimento dell'assunzione) e non anche se sia un sacrificio definitivo (perdita della chance di assunzione), che sarebbe manifestamente sproporzionato rispetto alle finalita' perseguite. L'art. 1, comma 1, di n. 180/2008 si limita, invece, a vietare le assunzioni alle Universita' non virtuose, senza preoccuparsi del decorso del termine di durata delle idoneita'. In tal modo, la disposizione ha come possibile effetto una penalizzazione definitiva dei vincitori di concorsi. La penalizzazione definitiva, sembra contrastare con il principio di razionalita' e ragionevolezza della legge, dando luogo ad eccesso di potere legislativo, nonche' con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, atteso che a causa del divieto delle assunzioni, in combinazione con il decorso del termine di durata delle idoneita', si toglie efficacia a procedure concorsuali gia' espletate, sicche' le Universita' devono bandire all'occorrenza nuove procedure, sostenendo aggravi di tempi e di costi. La disposizione normativa avrebbe pertanto dovuto prevedere, in concomitanza con il divieto di assunzioni e per tutta la durata di tale divieto, una sospensione del termine di durata delle idoneita'. Appare pertanto rilevante, nel giudizio in corso, e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, d.l. 10 novembre 2008, n. 180 conv. in legge 9 gennaio 2009, n. 1, nella parte in cui, nel prevedere il divieto di assunzione - a carico delle Universita' non virtuose - non prevede anche una sospensione del termine di durata delle idoneita' conseguite nei concorsi di ricercatore e professore universitario, per tutto il tempo in cui opera il divieto di assunzione, cosi' determinando l'effetto sproporzionato, irragionevole e in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione, che il termine di durata dell'idoneita' decorre durante il periodo in cui opera il divieto di assunzione, sicche' il divieto stesso imposto alle Universita' si traduce anche in una perdita definitiva, per gli idonei, della chance di assunzione, tutte le volte in cui le Universita' non rientrino nei parametri di legge durante il periodo di validita' dell'idoneita'. 17. In conclusione, il giudizio va sospeso limitatamente all'esame di un profilo del primo motivo di appello, sul quale va sollevata questione di legittimita' costituzionale; gli appelli vanno nel resto respinti. La pronuncia sulle spese e' riservata alla decisione definitiva.
P. Q. M. a) visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, d.l. 10 novembre 2008 n. 180 conv. in legge 9 gennaio 2009, n. 1, nella parte in cui, nel prevedere il divieto di assunzione - a carico delle Universita' non virtuose - non prevede anche una sospensione del termine di durata delle idoneita' conseguite nei concorsi di ricercatore e professore universitario, per tutto il tempo in cui opera il divieto di assunzione, cosi' determinando l'effetto sproporzionato, irragionevole e in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione, che il termine di durata dell'idoneita' decorre durante il periodo in cui opera il divieto di assunzione, sicche' il divieto di assunzione imposto alle Universita' si traduce anche in una perdita definitiva, per gli idonei, della ebano di assunzione, tutte le volte in cui le Universita' non rientrino nei parametri di legge durante il periodo di validita' dell'idoneita'; b) per l'effetto sospende il giudizio in relazione al profilo del primo motivo di appello indicato in motivazione, su cui viene sollevato incidente di costituzionalita'; c) respinge, nel resto, gli appelli; d) riserva alla decisione definitiva la pronuncia sulle spese; e) ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; f) ordina che a cura della segreteria della sezione la presente ordinanza-sentenza parziale sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle Camere dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012. Il Presidente: Giovannini L'estensore: De Nictolis