N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2013 (della regione Friuli-Venezia Giulia). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilita' interno per gli anni 2013, 2014 e 2015 - Incremento del concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome in misura di 500 milioni di euro annui, da realizzare mediante accantonamenti annuali, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Richiamo alle argomentazioni gia' svolte dalla medesima Regione con il ricorso n. 159/12 - Denunciata ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle Regioni speciali, disposta su base meramente potestativa - Deroga unilaterale all'Accordo di Roma del 29 ottobre 2010, gia' recepito dalla legge di stabilita' 2011, che ha definito i modi in cui la Regione Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica - Violazione delle disposizioni statutarie che definiscono la finanza della Regione ricorrente - Inosservanza delle procedure d'intesa previste per la revisione e le modifiche dello Statuto e delle norme d'attuazione - Violazione dei principi di leale collaborazione e di ragionevolezza. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 118, modificativo dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135. - Costituzione, artt. 3 e 116, primo comma; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 49, 63, comma quinto, e 65; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 152 e 156. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e correlato finanziamento - Modificazione delle misure in materia sanitaria previste dall'art. 15, comma 13, del decreto-legge n. 95 del 2012 - Riduzione di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1000 milioni di euro dall'anno 2014, rispetto al livello rideterminato dall'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012 - Previsione che, in attesa dell'emanazione delle norme di attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, il concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome e' effettuato mediante accantonamenti annuali, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Richiamo alle argomentazioni gia' svolte dalla medesima Regione con il ricorso n. 159/12 - Denunciata violazione dell'autonomia della Regione nell'organizzazione e gestione del servizio sanitario - Interferenza con la destinazione dei tributi erariali statutariamente spettanti alla ricorrente - Alterazione unilaterale dell'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Regione Friuli-Venezia Giulia - Violazione del principio dell'accordo. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 132. - Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 49 e 63, commi primo e quinto; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 154. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Operazioni immobiliari - Possibilita', dal 1° gennaio 2014, per gli enti territoriali e per quelli del Servizio sanitario nazionale, di effettuare acquisti immobiliari solo se ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilita' e l'indilazionabilita' e se la congruita' del prezzo sia attestata dall'Agenzia del demanio - Divieto, salvo eccezioni, per le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, di acquistare nel 2013 immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Impugnazione proposta per l'ipotesi che le disposizioni censurate siano immediatamente applicabili alla Regione, alle sue ASL e agli enti locali del suo territorio - Denunciata imposizione di norme di dettaglio immediatamente precettive nella materia di coordinamento della finanza pubblica di competenza concorrente - Violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione dell'autonomia organizzativa regionale - Violazione della competenza regionale in materia di finanza locale - Contrasto con il principio dell'accordo in materia finanziaria. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 138, nella parte in cui introduce i commi 1-ter e 1-quater dell'art. 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, titolo IV, art. 4, n. 1-bis; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 154 e 155. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Divieto alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A. di effettuare negli anni 2013 e 2014 spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, di acquistare autovetture o stipulare contratti di leasing fino al 31 dicembre 2014, di conferire incarichi di consulenza in materia informatica, salvo casi eccezionali adeguatamente motivati - Obbligo di versare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dal contenimento di spesa - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Impugnazione proposta per l'ipotesi che le previsioni censurate siano immediatamente applicabili alla Regione e agli enti locali del suo territorio - Denunciata imposizione di norme di dettaglio immediatamente precettive - Imposizione unilaterale ai bilanci della Regione e degli enti locali di un ulteriore contributo - Contrasto con le norme statutarie e con la legge di stabilita' del 2011 che regola i modi in cui la Regione ricorrente concorre agli obiettivi di finanza pubblica - Violazione del principio dell'accordo in materia finanziaria, dell'autonomia regionale di spesa, dell'autonomia finanziaria degli enti locali e della competenza regionale in materia di finanza locale - Violazione del principio di ragionevolezza. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 141, 142, 143 e 146. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, 4, n. 1-bis, 5 e 49; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 154 e 155. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito dell'imposta municipale propria (IMU) - Destinazione - Istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del Fondo di solidarieta' comunale, alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei Comuni - Riserva allo Stato del gettito dell'imposta derivante dagli immobili ad uso produttivo - Conferma per gli anni 2013 e 2014 dell'obbligo (previsto dall'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2001) delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di assicurare il recupero al bilancio statale del maggiore gettito stimato dei Comuni ricadenti nel proprio territorio, mediante accantonamento di pari importo a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Modificabilita' degli importi a seguito della verifica del gettito dell'imposta riscontrato per il 2012 - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia (in via cautelativa con riguardo alla questione sul Fondo di solidarieta') - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione dello Statuto speciale e delle norme di attuazione - Violazione del principio di neutralita' finanziaria e del principio di parita' di trattamento tra Regioni e tra Comuni delle diverse Regioni - Contrasto con il principio dell'accordo tra Stato e Regioni speciali in materia finanziaria. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, in particolare, lett. b), f), h) e i). - Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 1-bis, 49, 51, comma secondo, e 54; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; d.P.R 23 gennaio 1965, n. 114; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 159. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito dell'imposta municipale propria (IMU) - Riserva allo Stato del gettito dell'imposta municipale propria derivante dagli immobili ad uso produttivo - Modificabilita' degli importi a seguito della verifica del gettito dell'imposta riscontrato per 2012 - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata avocazione allo Stato di risorse riscosse a titolo di tributo erariale, corrispondenti a tributi spettanti alla Regione o agli enti locali - Contrasto con il principio consensuale nelle relazioni finanziarie tra lo Stato e le Regioni speciali - Violazione del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione del principio della certezza del diritto. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, in particolare, lett. f) e i). - Costituzione, artt. 3 e 97; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 49, n. 1, e 51, comma secondo; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114, art. 4, primo comma; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art. 6, comma 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Sovragettito percepito dai Comuni in relazione all'aliquota di base dell'imposta municipale propria (IMU) - Conferma per gli anni 2013 e 2014 dell'obbligo (previsto dall'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011) per le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e per le Province autonome di Trento e Bolzano di riversarlo per conto dei Comuni siti nei rispettivi territori, mediante accantonamenti sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione del principio di ragionevolezza - Lesione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione dello Statuto speciale e delle norme di attuazione - Contrasto con il principio consensuale nelle relazioni finanziarie tra lo Stato e le Regioni speciali. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, lett. h). - Costituzione, artt. 3 e 119, commi primo, secondo e quarto; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48, 49, 63 e 65; d.P.R. 23 gennaio 1965, n. 114; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 8, art. 6, comma 2; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 159. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito dell'imposta municipale propria (IMU) - Verifica del gettito dell'imposta municipale propria dell'anno 2012 con la utilizzazione anche dei dati relativi alle aliquote e ai regimi agevolativi deliberati dai singoli comuni e raccolti dall'IFEL nell'ambito dei propri compiti istituzionali sulla base di una metodologia concordata con il Ministero dell'economia e delle finanze - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata rideterminazione ex post delle modalita' di calcolo del maggior gettito IMU, modificate rispetto a quelle previste dall'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011 - Violazione del principio di certezza e dell'autonomia finanziaria degli enti locali e della Regione. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 383. - Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 1-bis, 51 e 54; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 154 e 155. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Obiettivi di finanza pubblica delle Regioni Sardegna, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016 - Possibilita' per lo Stato di rimodulare i meccanismi del patto di stabilita' anche nel caso in cui non venga raggiunto l'accordo fra esse e il Ministero dell'economia e delle finanze - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciato contrasto con l'Accordo di Roma del 29 ottobre 2010, gia' recepito dalla legge di stabilita' 2011, che ha definito i modi in cui la Regione Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica - Violazione del principio di ragionevolezza - Compressione dell'autonomia finanziaria della ricorrente - Violazione del principio di corrispondenza tra funzioni regionali e risorse. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 454 e 456. - Costituzione, artt. 3 e 119; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48, 63, comma quinto, e 65; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 155. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome - Previsione che gli enti locali situati sul territorio regionale siano assoggettati all'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 31 della legge n. 183 del 2011 e, in caso di mancato accordo, alle disposizioni previste in materia di patto di stabilita' interno per gli enti locali del restante territorio nazionale - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione della competenza regionale in materia di finanza locale - Contrasto con le disposizioni della legge di stabilita' 2011 che attribuiscono alla Regione poteri di coordinamento finanziario sugli enti locali - Contrasto con la clausola di salvaguardia di cui al comma 458 dell'art. 1 della legge impugnata. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 457. - Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 4, n. 1-bis, 51 e 54; d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9, art. 9; legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi 154 e 155. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome - Previsione che tali enti concorrono al riequilibrio finanziario anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione di specifiche norme di attuazione statutaria, le quali devono precisare le modalita' e l'entita' dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria regionale - Violazione del principio di corrispondenza tra funzioni e risorse - Incidenza sulle norme di attuazione statutarie. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 459. - Costituzione, art. 119, comma quarto; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, artt. 48 e 65.(GU n.14 del 3-4-2013 )
Ricorso della regione Friuli-Venezia Giulia (codice fiscale 80014930327; partita IVA 00526040324), in persona del presidente della giunta regionale pro tempore dott. Renzo Tondo, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 261 del 20 febbraio 2013 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale FLCGDM45C06L736E) di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della regione, in piazza Colonna n. 355; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118; comma 132; commi 138, 141, 142, 143, 146; commi 380 e 383; commi 454, 456, 457, 459 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012, supplemento ordinario n. 212/L, per violazione: della statuto speciale adottato con legge costituzionale n. 1 del 1963; degli articoli 3, 97, 116, 117, 118, 119 e 134 della Costituzione; delle norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965, decreto legislativo n. 9/1997); della legge n. 220/2010; del principio dell'accordo in materia finanziaria e del principio di leale collaborazione, per i profili e nei modi di seguito illustrati. Fatto e diritto Premessa. Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 228, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013). Tale legge, conformemente alla sua natura, ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno anche le diverse disposizioni qui impugnate. E' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. Alcune delle disposizioni qui impugnate sono certamente destinate ad applicarsi alla regione Friuli-Venezia Giulia, o in quanto si riferiscono alle regioni a statuto speciale in generale, o addirittura espressamente indicano come specifico destinatario la ricorrente regione. In altri casi l'intenzione del legislatore di riferire le discipline contestate alla ricorrente regione non e' certa, ed anzi e' possibile intenderle nel senso che esse non si applichino ad essa. Infatti, la legge n. 228/2012 contiene all'art. 1, comma 554, una clausola di salvaguardia cosi' formulata: «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni di cui alla presente legge nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione». La ricorrente regione ritiene che tale clausola debba essere intesa nel senso di un generale rinvio al meccanismo delle norme di attuazione - quale meccanismo generale previsto dagli statuti speciali - e ad eventuali meccanismi differenziati previsti dalle stesse norme di attuazione per specifici ambiti. Tuttavia, ne' la particolare formulazione della clausola (con l'assegnazione alle stesse regioni speciali e province autonome di un compito attuativo), ne' il contenuto delle singole disposizioni impugnate consentono di escludere che esse intendano applicarsi - sia pure indirettamente - anche in questa regione. Cio' giustifica la loro contestazione con il presente ricorso; qualora, invece, si dovesse condividere che il comma 554 escluda l'applicabilita' delle norme impugnate nelle regioni speciali, senza porre per il futuro vincoli di contenuto alle norme di attuazione dello statuto, le ragioni di doglianza verrebbero meno in relazione a tutte le disposizioni che non si riferiscono espressamente ne' alle regioni speciali ne' in particolare alla regione Friuli-Venezia Giulia. La regione desidera comunque premettere alla esposizione dei singoli motivi di ricorso che - se anche alcune delle impugnate disposizioni non fossero ad essa riferibili - la continua e progressiva sottrazione di risorse al suo bilancio ed alle sue capacita' di spesa, operata con le diverse manovre con ritmo sempre accelerato, ha ormai raggiunto e superato il livello di guardia, il livello oltre il quale e' a rischio il finanziamento delle funzioni di base. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118. Il comma 118 modifica l'art. 16, comma 3, quarto periodo del decreto-legge n. 95/2012. L'art. 16, comma 3, stabilisce ora che «con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015» (primo periodo). Inoltre, si prevede che, fino «all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza» Stato-regioni «e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno» (secondo periodo, modificato dall'art. 1, comma 469, legge n. 228/2012); ma, in caso di mancato accordo, «l'accantonamento e' effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE» (terzo periodo, modificato dall'art. 1, comma 469, legge n. 228/2012). Ancora, si prevede inoltre che, fino «all'emanazione delle norme di attuazione ..., gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi incrementati di 500 milioni di euro annui derivanti dalle predette procedure» (quarto periodo, come modificato dall'art. 1, comma 118, legge n. 228/2012). Dunque, la norma impugnata aumenta di 500 milioni annui gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle regioni speciali e, in sostanza, anche la misura del concorso delle stesse regioni alla finanza pubblica, previsto dal primo periodo dell'art. 16, comma 3. Questa regione ha gia' impugnato l'art. 16, comma 3, decreto-legge n. 95/2012 con il ricorso n. 159/2012. Per l'art. 1, comma 118, si possono dunque richiamare le argomentazioni svolte in quella sede: «Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle regioni speciali, che si aggiunge a quelle previste dall'art. 14, decreto-legge n. 78/2010, dall'art. 20, comma 5, decreto-legge n. 98/2011, dall'art. 1, comma 8, decreto-legge n. 138/2011 (come sintetizzati e ripartiti dal comma 10 dell'art. 32 della legge n. 183 del 2011) e dall'art. 28, comma 3, decreto-legge n. 201/2011. Come le precedenti, essa e' disposta su base meramente potestativa, come se le norme statutarie che definiscono la finanza della regione Friuli-Venezia Giulia non avessero alcun valore, o fossero liberamente disponibili da parte del legislatore statale. Infatti, la sottrazione di risorse qui contestata non ha alcuna base statutaria. Al contrario, le disposizioni dello statuto, a partire dal fondamentale art. 49, sono rivolte ad assicurare alla regione le finanze necessarie all'esercizio delle funzioni: ed e' chiaro che la devoluzione statutaria di importanti percentuali dei tributi riscossi nella regione non avrebbe alcun senso, se poi fosse consentito alla legge ordinaria dello Stato di riportare all'erario tali risorse, per di piu' con determinazione unilaterale e meramente potestativa. La ricorrente regione ha potuto far valere con successo la garanzia di cui all'art. 49, ad esempio, nella controversia definita con la sentenza n. 74/2009. Inoltre, lo Stato ha gia' definito (con la legge n. 220/2010) i modi in cui la regione Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica, con norme che hanno recepito l'accordo di Roma del 29 ottobre 2010: si rinvia, su cio', al punto 2. Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale: vedasi le sentenze nn. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010. L'"obbligo generale di partecipazione di tutte le regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all'azione di risanamento della finanza pubblica" - puntualizza la Corte con la sentenza n. 82/2007 - "deve essere contemperato e coordinato con la speciale autonomia in materia finanziaria di cui godono le predette regioni, in forza dei loro statuti. In tale prospettiva, come questa Corte ha avuto occasione di affermare, la previsione normativa del metodo dell'accordo tra le regioni a statuto speciale e il Ministero dell'economia e delle finanze, per la determinazione delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, deve considerarsi un'espressione della descritta autonomia finanziaria e del contemperamento di tale principio con quello del rispetto dei limiti alla spesa imposti dal cosiddetto ʽpatto di stabilitaʼ (sentenza n. 353 del 2004)". Questo principio, sul piano della legislazione ordinaria, ha trovato fino ad ora varie concretizzazioni. E' sufficiente richiamare qui, per la sua portata sistematica, l'art. 27, legge n. 42/2009, che rimette alle norme di attuazione statutaria la attuazione dei principi del c.d. federalismo fiscale (tra i quali vi e' il rispetto del patto di stabilita' e dei vincoli finanziari europei), tenendo "conto della dimensione della finanza delle [...] regioni e province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva, delle funzioni da esse effettivamente esercitate e dei relativi oneri ...". Le stesse misure particolari dei ricordati commi 152 e 156 dell'art. 1, legge n. 220/2010, specificamente concernenti l'apporto della regione Friuli-Venezia Giulia al risanamento delle finanze pubbliche, sono state oggetto di confronto e discussione tra Governo e regione. Con il principio costituzionale di collaborazione si pongono in contrasto le disposizioni impugnate. L'art. 16, comma 3, deroga unilateralmente all'accordo di Roma del 2010, fra l'altro penalizzando irragionevolmente quelle regioni speciali che nel 2009 e nel 2010 avevano gia' concordato il loro contributo al risanamento finanziario, privandosi di notevoli risorse, rispetto a quelle che non hanno mai assunto simili impegni. Le risorse spettanti alla regione non possono essere semplicemente "acquisite" dallo Stato, mentre la regione stessa concorre al risanamento della finanza pubblica nei modi direttamente previsti dalla legge n. 220/2010. Si tratta di un regime speciale, che non puo' essere alterato unilateralmente dal legislatore ordinario. Di fronte a tale violazioni dei parametri costituzionali, non varrebbe certo obiettare che tutte le autonomie territoriali - regioni speciali comprese - sono soggette ai principi di coordinamento della finanza pubblica, inevitabilmente fissati a livello nazionale, anche in adempimento di obblighi europei (sentenza n. 82/2007); che la attribuzione di quote fisse di tributi erariali puo' condurre ad un incremento delle risorse regionali, in funzione di manovre tributarie statali, senza che vi sia necessita' - da parte della regione - di nuove risorse per nuove funzioni, o per un migliore assolvimento di compiti precedenti (ma le entrate potrebbero anche diminuire, per l'andamento negativo del ciclo economico ...); che lo stesso art. 49 statuto, nel momento in cui riconosce alla regione autonomia finanziaria, aggiunge subito che essa si svolge (si deve svolgere) "in armonia con i principi della solidarieta' nazionale". Infatti, la considerazione di tali valori deve essa stessa manifestarsi mediante strumenti costituzionalmente ammissibili nell'ordinamento. Cosi', anzitutto, le stesse norme di attuazione statutaria - radicate direttamente nel principio di solidarieta' nazionale (sentenza n. 75/1967) - consentono di eccettuare dalla attribuzione alla regione le nuove entrate tributarie statali il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime, a termini dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1965, n. 114. Ma la legittimita' costituzionale della riserva e' subordinata alla corretta destinazione di tali risorse in base alla citata disposizione: il che nel caso presente non avviene. Inoltre, le stesse disposizioni statutarie sulla autonomia finanziaria (art. 49 compreso) possono sempre essere modificate (come varie volte e' gia' accaduto) senza ricorrere alla revisione con legge costituzionale, purche' vi sia il coinvolgimento della regione (art. 63, comma 5, statuto). Non puo' ingannare, in questo come negli altri casi, il rinvio alle norme di attuazione dello statuto. In primo luogo, l'accantonamento previsto in attesa delle norme di attuazione e' gia' autonomamente lesivo, traducendosi in diretta violazione dell'art. 49 statuto, e in una sottrazione delle risorse disponibili per la regione. La riduzione delle risorse e' operata direttamente e unilateralmente dal legislatore statale, in contrasto con lo statuto e con il principio consensuale che domina i rapporti tra Stato e regioni speciali in materia finanziaria (vedasi le sentenze sopra citate). In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione, l'art. 49 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 63 statuto, e non in sede di attuazione. Inoltre, l'art. 16, comma 3, determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio. In definitiva, come detto, l'art. 16, comma 3, viola l'art. 63, comma 5, statuto (che richiede il coinvolgimento della regione per la modifica delle norme del titolo IV dello statuto) e l'art. 65 statuto, perche' una fonte primaria pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione. Ancora, l'art. 16, comma 3, viola l'art. 49 statuto, perche' diminuisce l'importo spettante alla regione a titolo di compartecipazioni, in base alla suddetta norma statutaria. Infine, per le ragioni gia' viste, e' violato il principio di leale collaborazione. E' vero che la sentenza n. 193/2012 ha fatto salvi l'art. 20, commi 4 e 5, decreto-legge n. 98/2011 e l'art. 1, comma 8, decreto-legge n. 138/2011 (dichiarando illegittimo solo il carattere non temporaneo dei tagli) ma e' arrivata a tale conclusione semplicemente richiamando la sentenza n. 148/2012 (che aveva respinto la questione di costituzionalita' dell'art. 14, commi 1 e 2, decreto-legge n. 78/2010 sollevata da una regione ordinaria), senza - dunque - esaminare la peculiare situazione, sopra descritta, della regione Friuli-Venezia Giulia. Inoltre, l'art. 16, comma 3, si traduce in concreto sia in una diminuzione della capacita' di spesa della regione (come chiarisce del resto il comma 4 dello stesso articolo) che in una correlativa diminuzione delle entrate statutarie ad essa spettanti. Diversamente e' accaduto per l'art. 14, decreto-legge n. 78/2010 e per l'art. 20, decreto-legge n. 98/2011 e l'art. 1, decreto-legge n. 138/2011, che hanno determinato unicamente limiti alla capacita' di spesa regionale, ferma restando ogni prerogativa d'entrata. E' poi, ulteriormente e specificamente illegittimo e lesivo l'art. 16, comma 3, la' dove prevede il criterio del riparto dell'accantonamento ("in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE"). Infatti, tale criterio non risulta in alcun modo pariteticamente concordato tra Stato e regioni speciali, in contrasto con il principio consensuale di cui sopra, oggi stabilito espressamente nell'art. 1, comma 132, legge n. 220/2010 per la determinazione del patto di stabilita' (e comunque sempre seguito nelle precedenti leggi finanziarie dello Stato). Da ultimo, e ferme restando le censure fino ad ora esposte, la disposizione di cui al comma 3 e' autonomamente altresi' illegittima nella parte in cui dispone un concorso che "a decorrere dall'anno 2015" si protrae a tempo indeterminato. In effetti, anche nei casi in cui codesta Corte costituzionale ha ammesso la legittimita' di speciali contribuzioni verso lo Stato, e' pur sempre rimasto fermo che tali contribuzioni si correlano a situazioni temporalmente definite, e non possono divenire il regime permanente dei rapporti finanziari (vedasi in particolare sentenza n. 193/2012). Di qui la palese illegittimita' anche in relazione a questo specifico profilo. La mancanza di base statutaria del contributo richiesto alla regione e' base sufficiente per la richiesta di declaratoria di illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata. Per tuziorismo, la ricorrente regione fa valere in subordine anche le seguenti considerazioni. Violato e' in primo luogo l'art. 116, comma 1, Cost., il quale riconosce alle regioni speciali forme e condizioni particolari di autonomia, che non possono non riguardare - data la formulazione della disposizione - anche la autonomia finanziaria (sentenza n. 82/2007). L'art. 16, comma 3, lede la disposizione in quanto riserva alle regioni speciali - e, per quanto interessa qui, alla regione Friuli-Venezia Giulia - un trattamento deteriore rispetto a quanto vale per le regioni ordinarie (vedasi l'entita' dei tagli di cui all'art. 16, comma 2, e all'art. 16, comma 3). L 'irragionevolezza del trattamento deteriore si apprezza considerando che queste differenziazioni operano in un contesto normativo stabile, quanto alle funzioni, per le regioni ordinarie, mentre e' aumentato il concorso specifico della regione Friuli-Venezia Giulia al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'assolvimento degli obblighi derivanti dall'ordinamento europeo e dal patto di stabilita' interno. Si rammenta qui il comma 152 dell'art. 1 della legge di stabilita' per il 2011 (legge n. 220/2010), secondo cui "nel rispetto dei principi indicati nella legge 5 maggio 2009, n. 42, a decorrere dall'anno 2011, la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia contribuisce all'attuazione del federalismo fiscale, nella misura di 370 milioni di euro annui, mediante: a) il pagamento di una somma in favore dello Stato; b) ovvero la rinuncia alle assegnazioni statali derivanti dalle leggi di settore, individuate nell'ambito del tavolo di confronto di cui all'art. 27, comma 7, della citata legge n. 42 del 2009; c) ovvero l'attribuzione di funzioni amministrative attualmente esercitate dallo Stato, individuate mediante accordo tra il Governo e la regione, con oneri a carico della regione. Con le modalita' previste dagli articoli 10 e 65 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, di cui alla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, lo Stato e la regione definiscono le funzioni da attribuire". Il trattamento gravoso riservato alle autonomie speciali, e tra esse alla ricorrente regione, non puo' essere giustificato sulla base della considerazione della relativa maggiore ampiezza - rispetto alle regioni ordinarie - delle risorse ad esse riservate. Tale maggiore ampiezza infatti e' il frutto delle valutazioni dell'ordinamento costituzionale dello Stato, e non puo' essere alterata se non seguendo le vie costituzionalmente prescritte: le quali, del resto, esistono. E' poi da evidenziare che, anche se la autonomia finanziaria, intesa come disponibilita' di risorse sufficienti ad esercitare le proprie attribuzioni costituzionali e come effettiva capacita' di spesa, va valutata nel complesso, e che "contenimenti" transitori delle spese non sono necessariamente incostituzionali (secondo quanto risulta ad esempio, in ordine ai vincoli derivanti dal patto di stabilita', dalla sentenza n. 284/2009), tuttavia, se non si vuole privare l'art. 119 Cost. e, per il Friuli-Venezia Giulia, l'art. 48 statuto, della capacita' di fungere da parametri di costituzionalita', occorre riconoscere che singoli provvedimenti normativi (gli unici contro i quali - ex art. 127 Cost. - la regione puo' reagire, ed entro termini tassativi) possano essere sindacati e, se del caso, censurati, anche alla luce di altri singoli provvedimenti, l'insieme dei quali si dimostra lesivo dell'autonomia finanziaria regionale. Nel caso, la regione si trova nella condizione di affermare che l'ulteriore "taglio" di risorse, in una con le riduzioni della legge n. 220/2010, determina la incostituzionalita' dell'art. 16, comma 3, anche in quanto impone riduzioni consistenti alla spesa, tali da pregiudicare l'assolvimento delle funzioni pubbliche ad essa attribuite, in violazione dell'art. 119 Cost. (vedasi soprattutto il principio di corrispondenza tra risorse e funzioni di cui al comma 4: "Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite") e dell'art. 48 statuto. Le misure di stabilizzazione finanziaria che non siano quantificate in stretta relazione ai fabbisogni di spesa della regione, anche a fronte della variabilita' del gettito ad essa attribuito, pregiudicano la possibilita' che la stessa sia in grado di finanziare il complesso delle proprie funzioni e, in particolare, riesca ad assicurare sul proprio territorio la soddisfazione dei livelli base delle prestazioni inerenti a diritti fondamentali della persona demandati alla sua cura. A parere della regione, tale vizio rileva gia' sul piano astratto, per il solo fatto che lo Stato omette ogni tipo di valutazione nel merito del fabbisogno di spesa. Secondo la regione, al contrario, tale indagine costituirebbe il necessario presupposto per operare contenimenti finanziari anche di natura temporanea nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, dovendo questi essere espressi sulla quota di risorse che eccedono il livello di fabbisogno di spesa considerato incomprimibile. Diversamente accade agli enti finanziati con trasferimenti statali, la' dove lo Stato compie una valutazione di adeguatezza all'atto del trasferimento delle risorse ovvero della quantificazione dell'aliquota di spettanza. La quantificazione del livello di fabbisogno strettamente necessario, in tale contesto, non costituirebbe a ben vedere parte del tema di prova richiesto alla regione che ricorre contro il provvedimento di contenimento, bensi' un presupposto strutturale del contenimento stesso che condiziona esplicitamente la legittimita' della misura. Non sono, dunque, legittime misure di contenimento che riducono la capacita' di spesa della regione e la sua autonomia di entrata, senza alcuna considerazione dei livelli di spesa minimi da finanziare. E' da sottolineare che dal 2011 al 2014 la contrazione della spesa imposta alla regione e' aumentata del 422,9% e quella di entrata del 388,9%. Nel 2014 la regione avra' circa il 17,69% in meno di risorse disponibili per impegni di spesa rispetto a quelle su cui poteva contare nel 2010. Anche letto alla luce dell'art. 3 della Costituzione, l'incremento annuo e il valore assoluto dei tagli imposti alla regione e' del tutto irragionevole». Per le stesse ragioni e' illegittirno l'art. 1, comma 118. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 132. Premesso che l'art. 1, comma 131, della legge n. 228/2012 modifica le misure in materia sanitaria gia' previste dall'art. 15, comma 13, decreto-legge n. 95/2012, determinando «una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi», il comma 132 stabilisce che, «in funzione delle disposizioni recate dal comma 131 e dal presente comma, il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, come rideterminato dall'art. 15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, ... e' ridotto di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014». Stabilisce altresi' che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione della regione siciliana, «assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42», e che, inoltre, fino «all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato art. 27 della legge n. 42 del 2009, l'importo del concorso alla manovra di cui al presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali». Dunque, il comma 132 regola il concorso delle regioni speciali alla riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento. L'art. 15, comma 22, decreto-legge n. 95/2012 gia' aveva ridotto il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e aveva regolato il concorso delle regioni speciali con una disciplina (contenuta negli ultimi due periodi del comma 22) uguale a quella di cui all'art. 1, comma 132, legge n. 228/2012, che gia' e' stata impugnata dalla ricorrente regione con il ricorso n. 159/2012. Data l'identita' della disposizione, anche la nuova disciplina risulta illegittima per le medesime ragioni svolte nel gia' citato ricorso n. 159/2012, che si possono qui richiamare. Vanno premesse, pero', alcune considerazioni generali. Lo statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia attribuisce alla regione potesta' legislativa concorrente in materia di «igiene e sanita', assistenza sanitaria ed ospedaliera» (art. 5, n. 16), e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 8 statuto). A tali norme e' stata data attuazione con il decreto del Presidente della Repubblica n. 869/1966 e con gli articoli 8 e 9 decreto del Presidente della Repubblica n. 902/1975. La competenza della regione in materia di sanita' si e' ampliata a seguito della riforma del titolo V, in quanto ad essa si estende la competenza di cui all'art. 117, comma 3, Cost., che, secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo statuto (sentenze nn. 240/2007, 162/2007 e 181/2006). Tuttavia, l'autonomia della regione Friuli-Venezia Giulia in campo sanitario ha ormai da piu' di 15 anni una caratteristica che la differenzia radicalmente dalla condizione delle regioni ordinarie. Infatti, in relazione all'assetto statutario delle competenze sopra descritto e quale concorso della regione Friuli-Venezia Giulia al riequilibrio della finanza pubblica nazionale, si deve rammentare che «a decorrere dal 1997 sono soppresse le quote del Fondo sanitario nazionale a carico del bilancio dello Stato a favore della regione Friuli-Venezia Giulia che provvede al finanziamento dell'assistenza sanitaria con i proventi dei contributi sanitari e con risorse del proprio bilancio» (art. 1, comma 144, legge n. 662/1996). Lo Stato, dunque, non puo' limitare direttamente una voce di spesa delle ASL del Friuli-Venezia Giulia, dato che il finanziamento di queste e' a carico del bilancio regionale (si veda la sentenza n. 341/09, punto 6: lo Stato non ha «ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa sanitaria che e' interamente sostenuta dalla provincia autonoma di Trento» (alla cui situazione, sotto questo profilo, corrisponde quella della ricorrente regione; vedasi anche sentenza n. 133/2010, punto 3). Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia finanziaria regionale. In attuazione di un accordo stipulato tra regione e Stato, la legge n. 220/2010 ha statuito che, «per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale ... concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia e delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla manovra, determinato ai sensi del comma 131» (comma 132). In base al comma 152, «a decorrere dall'anno 2011, la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia contribuisce all'attuazione del federalismo fiscale, nella misura di 370 milioni di euro annui, mediante: a) il pagamento di una somma in favore dello Stato; b) ovvero la rinuncia alle assegnazioni statali derivanti dalle leggi di settore, individuate nell'ambito del tavolo di confronto di cui all'art. 27, comma 7, della citata legge n. 42 del 2009; c) ovvero l'attribuzione di funzioni amministrative attualmente esercitate dallo Stato, individuate mediante accordo tra il Governo e la regione, con oneri a carico della regione». Il comma 154 dispone quanto segue: «la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, gli enti locali del territorio, i suoi enti e organismi strumentali, le aziende sanitarie e gli altri enti e organismi il cui funzionamento e' finanziato dalla regione medesima in via ordinaria e prevalente costituiscono nel loro complesso il «sistema regionale integrato». Gli obiettivi sui saldi di finanza pubblica complessivamente concordati tra lo Stato e la regione sono realizzati attraverso il sistema regionale integrato. La regione risponde nei confronti dello Stato del mancato rispetto degli obiettivi di cui al periodo precedente. Le disposizioni previste dal presente comma si applicarlo successivamente all'adozione del bilancio consolidato previsto dalle disposizioni relative all'armonizzazione dei bilanci». In base al comma 155, «a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, l'accordo annuale relativo al patto di stabilita' interno della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' costruito considerando complesso delle spese filiali, al netto delle concessioni di crediti, valutate prendendo a riferimento le corrispondenti spese considerate nell'accordo per l'esercizio precedente. L'obiettivo e' determinato tenendo conto distintamente dell'andamento tendenziale della spesa sanitaria regionale, in coerenza con quello nazionale. In attuazione di quanto previsto dall'art. 17, comma 1, lettera c), della legge 5 maggio 2009, n. 42, in merito agli obiettivi sui saldi di finanza pubblica, spetta alla regione individuare, con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le modalita' necessarie al raggiungimento degli obiettivi complessivi di volta in volta concordati con lo Stato per il periodo di riferimento, compreso il sistema sanzionatorio. Qualora la regione non provveda ad individuare le predette modalita' entro il 31 maggio, si applicano le disposizioni previste a livello nazionale. Salvo quanto previsto dal periodo precedente, le disposizioni statali relative al patto di stabilita' interno non trovano applicazione con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale integrato». Infine, in base al comma 156, «la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia garantisce un effetto positivo sull'indebitamento netto, ulteriore rispetto a quello previsto dalla legislazione vigente, ... di 150 milioni di euro nel 2011, di 200 milioni di euro nel 2012, di 250 milioni di euro nel 2013, di 300 milioni di euro nel 2014, di 350 milioni di euro nel 2015, di 340 milioni di euro nel 2016, di 350 milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e di 370 milioni di euro annui a decorrere dal 2031». Da tali norme risulta che lo Stato - nel quadro dei vincoli finanziari che esso concorda con la regione (vedasi l'art. 1, comma 132, legge n. 220/2010) - deve lasciare a questa il compito di regolare i rispettivi obblighi finanziari propri e dei propri enti strumentali. Ne' varrebbe replicare che anche le regioni speciali devono concorrere al risanamento della finanza pubblica. Infatti, lo Stato ha gia' definito - con le norme appena citate, che hanno recepito l'accordo di Roma del 29 ottobre 2010 - i modi in cui la regione Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica. Puo' essere anche utile ricordare che codesta stessa Corte costituzionale ha pronunciato sentenze recenti nelle quali ha stabilito che altre regioni ad autonomia speciale non sono soggette ai vincoli finanziari posti da atti legislativi statali, sulla base di norme ed argomenti che ben si adattano anche alla situazione della regione Friuli-Venezia Giulia. Cosi' le sentenze nn. 215/2012, 151/2012 e 173/2012, hanno stabilito che i vincoli di cui al decreto-legge n. 78/2010 non si applicano alla regione Valle d'Aosta dopo la gia' citata legge n. 220/2010, dato che essa concorre all'assolvimento degli obblighi finanziari nei modi previsti dalla stessa legge n. 220/2010. Nella decisione ha assunto particolare rilievo l'art. 1, comma 132, legge n. 220/2010 (secondo cui «per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trenta e di Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell'economia e delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla manovra, determinato ai sensi del comma 131»), che vale sia per la Valle d'Aosta sia per il Friuli-Venezia Giulia. Ed il comma 136, poi, dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai commi 132, 133 e 134, anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione, con le modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria». Tenuto conto della speciale autonomia finanziaria della regione, sia nel settore sanitario che in generale, la legge ordinaria dello Stato non puo' limitare le spese regionali in campo sanitario. Poiche', come sopra esposto, la regione Friuli-Venezia Giulia provvede al finanziamento del Servizio sanitario nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, ne deriva che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). Inoltre, le limitazioni sarebbero incongrue anche se commisurate alla generale autonomia finanziaria regionale, quale definita dalle disposizioni sopra illustrate e dal principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010): da tali norme e principi risulta che lo Stato deve concordare con la regione gli obiettivi relativi ai saldi di finanza pubblica, mentre spetta alla regione il potere di coordinamento finanziario sulle proprie ASL. In definitiva, e' illegittima l'assimilazione della regione Friuli-Venezia Giulia alle regioni ordinarie, dato che essa finanzia con proprie risorse il Servizio sanitario nazionale ed e' dotata di uno speciale regime per quel che riguarda il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, regime che prevede espressamente, tra l'altro, il potere della regione di raggiungere gli obiettivi concordati con lo Stato «attraverso il sistema regionale integrato» (art. 1, comma 154, legge n. 220/2010), cioe' anche attraverso le ASL. Premesso cio', valgono anche avverso l'art. 1, comma 132, della legge n. 228/2012 le seguenti argomentazioni, gia' svolte nel ricorso n. 159/2012 contro l'art. 15, comma 22, decreto-legge n. 95/2012: «Dunque, nella disciplina cosi' stabilita le norme di razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la premessa di un minor fabbisogno e di un minore "correlato finanziamento", cioe' di una minore dimensione del Fondo sanitario nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor trasferimento di risorse dallo Stato alle regioni che partecipano di tale fondo. Sin qui il meccanismo e' logico. Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita' e' a carico della regione stessa: come accade appunto per la regione Friuli-Venezia Giulia. In esse non esiste un separato finanziamento per il servizio sanitario, che e' invece finanziato con il bilancio generale. La regione, che finanzia in proprio il servizio, rivendica - come esposto ai punti precedenti - di non essere soggetta alle forzose riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove tali riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa - si tratterebbe pur sempre di una minore incidenza della spesa sanitaria sull'autonomo bilancio complessivo della regione, come definito dalle entrate che lo statuto attribuisce ad essa e dalle spese necessarie o opportune. Nel meccanismo ideato dalle norme qui contestate, invece, la violazione dell'autonomia della regione nella organizzazione e gestione del servizio sanitario, con la forzosa riduzione dei suoi livelli, si traduce addirittura in una forzosa acquisizione allo Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla regione Friuli-Venezia Giulia. Tale, e non altro, e' infatti il significato del passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia nelle funzioni si somma l'illegittima sottrazione di risorse. E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione dell'art. 49 dello statuto e del principio di leale collaborazione - il principio stesso di tale acquisizione. Infatti l'art. 49 statuto, attribuisce alla regione quote del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato, percepite nel rispettivo territorio, affinche' queste vengano spese nell'esercizio delle funzioni e competenze costituzionali della regione stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo piacimento. In pratica, il comma 22 determina unilateralmente un contributo straordinario permanente, a carico della regione, al risanamento della finanza pubblica statale. E' opportuno ricordare che la sentenza n. 133/2010 ha annullato, per violazione del principio di leale collaborazione, l'art. 22, comma 3, decreto-legge n. 78/2009, nella parte in cui si applicava alla Valle d'Aosta e alle province autonome, in quanto "l'art. 22, commi 2 e 3, incide ... in modo unilaterale sull'autonomia finanziaria di entrambe le ricorrenti, imponendo loro di riversare nel bilancio dello Stato le somme ricavate dalle economie sulla spesa farmaceutica. La specialita' dell'autonomia finanziaria delle stesse ricorrenti sarebbe vanificata se fosse possibile variare l'assetto dei rapporti finanziari con lo Stato con una semplice legge ordinaria, in assenza di un accordo bilaterale che la preceda". In effetti, le norme del comma 22 alterano unilateralmente l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e regione Friuli-Venezia Giulia, violando il principio dell'accordo che domina tali rapporti (anche su cio' vedasi sopra) e l'art. 63, commi 1 e 5, dello statuto, che regolano la procedura di revisione dello statuto e la particolare procedura di modifica delle norme finanziarie di esso. Inoltre, lo Stato ha gia' definito (con la legge n. 220/2010) i modi in cui la regione Friuli-Venezia Giulia concorre al risanamento della finanza pubblica, con norme che hanno recepito l'accordo di Roma del 29 ottobre 2010: si rinvia, su cio', al punto precedente. [...] Il quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal quarto e quinto periodo: il quarto periodo effettua un rinvio alle norme di attuazione dello statuto, mentre il quinto prevede che, fino all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali previste dallo statuto, l'importo del concorso della regione Friuli-Venezia Giulia alla riduzione della spesa sanitaria. Ora, il rinvio alle norme di attuazione (quarto periodo) e' comunque illegittimo, in quanto la norma in questione determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio e contrasta con l'art. 65 statuto. Infine, la previsione dell'accantonamento di un importo imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 49 statuto, dato che le somme da esso garantite alla regione vengono indebitamente ridotte. Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il principio stesso del trasferimento di risorse regionali allo Stato, sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti». 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 138, nella parte in cui introduce i nuovi commi 1-ter e 1-quater dell'art. 12 del decreto-legge n. 98/2011. L'art. 1, comma 138, aggiunge diversi commi nell'art. 12, decreto-legge n. 98/2011, tra i quali rilevano qui i commi 1-ter e 1-quater. Il comma 1-ter dispone che «a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilita' interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilita' e l'indilazionabilita' attestate dal responsabile del procedimento. La congruita' del prezzo e' attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni e' data preventiva notizia, con l'indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell'ente». Tale norma, qualora fosse ritenuta applicabile a questa regione, alle sue ASL e agli enti locali del suo territorio, sarebbe lesiva delle prerogative costituzionali regionali sotto diversi profili. In primo luogo, si tratta di una norma che interviene nella materia del coordinamento della finanza pubblica ma non ha carattere di principio fondamentale, in quanto e' una norma dettagliata, direttamente applicabile, che limita una voce puntuale di spesa e pone un vincolo non temporaneo. Essa, dunque, viola l'autonomia finanziaria della regione (titolo IV dello statuto e decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965) e l'art. 117, comma 3, Cost. (se ritenuto piu' favorevole), che prevede la competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Essa viola anche l'autonomia organizzativa della regione (art. 4, n. 1, statuto, o art. 117, comma 4, Cost., se ritenuto piu' favorevole) e la competenza regionale in materia di finanza locale, risultante dall'art. 4, n. 1-bis statuto, e dall'art. 9, decreto legislativo n. 9/1997, in base al quale «spetta alla regione disciplinare la finanza locale, l'ordinamento finanziario e contabile, l'amministrazione del patrimonio e i contratti degli enti locali»; inoltre, «la regione finanzia gli enti locali con oneri a carico del proprio bilancio, salvo il disposto di cui al comma 3». Inoltre, la norma in questione viola la legge n. 220/2010 ed il gia' citato principio dell'accordo in materia finanziaria, in quanto la legge n. 220/2010, adottata sulla base di un accordo tra Stato e regione Friuli-Venezia Giulia, regola in modo esaustivo le modalita' di concorso della regione al risanamento della finanza pubblica e le procedure di definizione del patto di stabilita' interno, e attribuisce poteri di coordinamento della finanza pubblica alla regione in relazione alle ASL e agli enti locali, che costituiscono il «sistema regionale integrato» (art. 1, comma 154 e 155: vedasi il punto 2; e' da ricordare che ricordato che questa regione non partecipa alla ripartizione del Fondo sanitario nazionale). Anche di recente, codesta ecc.ma Corte ha ribadito che il coordinamento della finanza pubblica per le regioni speciali e' stato assegnato alla competenza delle norme di attuazione dall'art. 27, commi 1 e 3, legge n. 42/2009 (vedasi sentenze nn. 193/2012 e 118/2012). In particolare, dalla sentenza n. 193/2012 risulta che l'art. 27, legge n. 42/2009 «possiede una portata generale ed esclude - ove non sia espressamente disposto in senso contrario per casi specifici da una norma successiva - che le previsioni finalizzate al contenimento della spesa pubblica possano essere ritenute applicabili alle regioni a statuto speciale al di fuori delle particolari procedure previste dai rispettivi statuti». La sentenza n. 118/2012 ha confermato che «l'accordo e' lo strumento, ormai consolidato (in quanto gia' presente nella legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» e poi confermato da tutte le disposizioni che si sono occupate successivamente della materia) per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata». Ancora, il vincolo a far attestare la congruita' del prezzo dall'Agenzia del demanio, «previo rimborso delle spese» viola sia l'autonomia amministrativa che l'autonomia finanziaria regionale. Quanto alla prima, le scelte dell'amministrazione regionale o dell'ente regionale sarebbero condizionate da un organo statale, realizzando cosi' una forma di controllo di merito anomala e non prevista ne' dallo statuto ne' dalla Costituzione. Quanto all'autonomia finanziaria, risulta evidentemente incongruo che il legislatore statale obblighi la regione a corrispondere un rimborso per una prestazione che essa sarebbe costretta a richiedere, pur avendo gli uffici regionali piena competenza e capacita' in materia, in quanto titolari della competenza, tra l'altro, in materia di espropriazioni. Il nuovo art. 12, comma 1-quater, decreto-legge n. 98/2011 statuisce che «per l'anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT [...], non possono acquistare immobili a titolo oneroso ne' stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni piu' vantaggiose, la disponibilita' di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilita' di immobili venduti. [...]». Anche tale norma, qualora fosse applicabile alla regione e agli enti locali del suo territorio, sarebbe illegittima per le medesime ragioni illustrate con riferimento all'art. 12, comma 1-ter, poiche' anch'essa e' una norma dettagliata di coordinamento della finanza pubblica, direttamente applicabile. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 141, 142, 143 e 146. L'art. 1, comma 141, legge n. 228/2012 stabilisce quanto segue: «ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle vigenti disposizioni, negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) [...] non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso il collegio dei revisori dei conti o l'Ufficio centrale di bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che devono essere superiori alla minore spesa derivante dall'attuazione del presente comma. La violazione della presente disposizione e' valutabile ai fini della responsabilita' amministrativa e disciplinare dei dirigenti». Il comma 142, dal canto suo, dispone che «le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141 sono versate annualmente, entro il 30 giugno di ciascun anno, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Il presente comma non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali». In base al comma 143, «ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle disposizioni vigenti, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2014, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 141 non possono acquistare autovetture ne' possono stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture. Le relative procedure di acquisto iniziate a decorrere dal 9 ottobre 2012 sono revocate». Il comma 144 precisa che «le disposizioni dei commi da 141 a 143 non si applicano per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza». Il comma 145 dispone che «per le regioni l'applicazione dei commi da 141 a 144 costituisce condizione per l'erogazione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali di cui all'art. 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174». Infine, il comma 146 stabilisce che «le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, [...] possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione della disposizione di cui al presente comma e' valutabile ai fini della responsabilita' amministrativa e disciplinare dei dirigenti». I commi 141, 143 e 146 sono norme dettagliate di coordinamento finanziario, che limitano voci ultra-minute di spesa (acquisto di mobili e arredi, compravendite e contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture, consulenze in materia informatica). Si tratta di norme direttamente applicabili e, nel caso del comma 146, non temporanee (mentre i commi 141 e 143 fissano un limite temporale). Dunque, qualora tali norme fossero ritenute applicabili alla regione e agli enti locali del suo territorio (nonostante la clausola di salvaguardia di cui all'art. 1, comma 554), esse sarebbero illegittime per le ragioni sopra illustrate con riferimento al comma 138, che si intendono qui richiamate. Quanto al comma 142, esso «non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali» e, quindi, si puo' ritenere che, a maggior ragione, esso non dovrebbe applicarsi alla regione Friuli-Venezia Giulia e agli enti locali del suo territorio (tenendo conto anche del comma 554). Esso dovrebbe intendersi dunque nel senso che - essendo le regioni speciali gia' tutelate dalla clausola di salvaguardia - non vi era bisogno per esse di specificare la non applicazione. Nel caso in cui, invece, esso sia inteso come rivolto anche a questa regione e agli enti locali situati nel suo territorio, si dovrebbe censurare l'obbligo di versare «le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141 ... ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato», in quanto esso si tradurrebbe in un ulteriore contributo a carico dei bilanci della regione e degli enti locali. La previsione di tale contributo da parte della regione violerebbe, da un lato, l'art. 49 statuto, in quanto parte delle risorse affluite alla regione in base a tale norma statutaria sarebbe unilateralmente avocata dal legislatore statale; dall'altro la succitata legge n. 220/2010, che regola in modo compiuto i modi in cui la regione concorre agli obiettivi di finanza pubblica, ed il principio dell'accordo in materia finanziaria (su questi profili si puo' rinviare anche agli argomenti illustrati nei punti 1 e 2 del presente ricorso). Inoltre, sarebbe violata l'autonomia regionale di spesa in quanto il comma 142 verrebbe ad impedire alla regione di utilizzare liberamente le risorse frutto dei risparmi per altri scopi, da essa individuati nell'esercizio della propria autonomia organizzativa e delle proprie competenze di settore (articoli 4 e 5 statuto, e art. 117, commi 3 e 4, Cost.). In relazione agli enti locali, la previsione del contributo violerebbe l'autonomia finanziaria degli enti locali e la competenza della regione in materia di finanza locale (vedasi l'art. 4, n. 1-bis, dello statuto e l'art. 9, decreto legislativo n. 9/1997), perche' le risorse risparmiate, che erano affluite agli enti locali dalla regione, non tornerebbero alla regione o non sarebbero spese nell'ambito della propria autonomia dagli enti locali ma dovrebbero essere versate al bilancio statale. Cio' rappresenta anche violazione del principio di ragionevolezza, con evidente ripercussione di tale vizio sulla competenza regionale, dato che si verte in materia regionale e si tratta di risorse regionali. Inoltre, il comma 142 violerebbe l'art. 1, commi 154 e 155, legge n. 220/2010, che attribuiscono alla regione poteri di coordinamento della finanza pubblica in relazione agli enti locali e sono norme definite di comune accordo, sulla base del principio consensuale che - nell'ambito del quadro statutario - domina i rapporti finanziari tra Stato e regioni speciali. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 380. A) Premessa. La disciplina dell'IMU e la sottrazione delle risorse al sistema locale. Illegittimita' costituzionale delle lettere b), f), h) e i). Il comma 380 detta diverse norme «al fine di assicurare la spettanza ai comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di cui all'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, [...] per gli anni 2013 e 2014». Si tratta, in altre parole, della disciplina e soprattutto della destinazione dell'IMU. Converra' ricordare che l'art. 13, decreto-legge n. 201/2011 ha regolato l'anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, stabilendo (comma 1) che l'istituzione di tale imposta «e' anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed e' applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono», e che conseguentemente, «l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria e' fissata al 2015». Il riferimento a «tutti i comuni del territorio nazionale» ha indotto a ritenere che l'art. 13 intenda applicarsi anche nella regione Friuli-Venezia Giulia, ed in relazione alla relativa disciplina questa regione ha introdotto il ricorso n. 50/2012 tuttora pendente. Quanto al contenuto della disciplina, l'art. 8, comma 1, decreto legislativo n. 23/2011, richiamato dall'art. 13, comma 1, del decreto-legge n. 201/2011 ora citato, stabilisce che l'imposta municipale propria istituita dallo stesso articolo «sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili». Dunque, l'IMU sostituisce - oltre all'ICI, gia' destinata ai comuni - imposte destinate alla regione: o per sei decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 49 statuto) o interamente, come le addizionali regionale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati e l'ICI: va infatti ricordato che, in base all'art. 51, comma 2, statuto, «il gettito relativo a tributi propri e a compartecipazioni e addizionali su tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla regione con riferimento agli enti locali del proprio territorio, ferma restando la neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato». Del resto, la regione e' competente in materia di finanza locale, ai sensi degli articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54 statuto, e 9 decreto legislativo n. 9/1997. Ora, se lo Stato si fosse limitato a rinunciare, in favore della finanza comunale, a determinati tributi, non vi sarebbe nulla da eccepire. Ma se, come avviene nel vigente disegno normativo dell'IMU, il reddito dell'imposta «municipale» viene assegnato allo Stato, ne risulta una violazione dello statuto, che determina un complessivo impoverimento del sistema locale: dietro la «municipalizzazione», infatti, vi e' sempre l'imposta erariale, soltanto che il suo gettito viene sottratto alla regione, con evidente sostanziale violazione degli articoli 49 e 51 dello statuto. Cio' e' avvenuto con le disposizioni dell'art. 13, decreto-legge n. 201/2011 (che percio', come detto, e' stato impugnato da questa regione) e accade ora con le disposizioni dell'art. 1, comma 380, del quale tocca ora esaminare il contenuto specifico. La lettera a) - che non e' qui impugnata - sopprime «la riserva allo Stato di cui al comma 11 del citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011». Il comma 11 riservava «allo Stato la quota di imposta pari alla meta' dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze ..., l'aliquota di base». La lettera b) istituisce, «nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarieta' comunale che e' alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui al citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014». E' stabilito che in caso «di mancato accordo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e' comunque emanato entro i quindici giorni successivi». L'ammontare iniziale «del predetto Fondo e' pari, per l'anno 2013, a 4.717,9 milioni di euro e, per l'anno 2014, a 4.145,9 milioni di euro». Corrispondentemente, «nei predetti esercizi e' versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni». Dal comma 382 risulta che il dispone che il Fondo di solidarieta' comunale e' ripartito tra i comuni delle regioni a statuto ordinario e i comuni della regione Siciliana e della regione Sardegna. La lettera f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'art. 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento». La lettera h) abroga l'art. 13, comma 11, decreto-legge n. 201/2011 e l'art. 2, commi 3 e 7, decreto-legge n. 23/2011; inoltre, precisa che «per gli anni 2013 e 2014 non operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo art. 2» e che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano». Infine, la lettera i) stabilisce che «gli importi relativi alle lettere a), c), e) ed f) possono essere modificati a seguito della verifica del gettito dell'imposta municipale propria riscontrato per il 2012, da effettuarsi ai sensi del comma 3 dell'art. 5 dell'accordo del 1° marzo 2012 presso la Conferenza Stato, citta' e autonomie locali». Cosi' descritti i contenuti dell'art. 1, comma 380, occorre ora esaminare in quali parti essi incidano sull'autonomia finanziaria. Non e' chiaro se riguardi il territorio di questa regione il «Fondo di solidarieta' comunale» alimentato «con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni», di cui alla lettera b). Infatti, dato che dal comma 382 risulta che esso viene ripartito «ai comuni delle regioni a statuto ordinario ed ai comuni della regione Siciliana e della regione Sardegna», si deve supporre, che esso non sia alimentato con l'imposta spettante ai comuni delle regioni escluse dal riparto, tra le quali la regione Friuli-Venezia Giulia. Tuttavia, il succitato comma 380, lettera b), non stabilisce espressamente cio': percio', esso deve venire qui impugnato in via cautelativa, per il caso in cui la disposizione dovesse intendersi nel senso che anche i comuni trentini debbano contribuire al Fondo di solidarieta' comunale. Riguarda invece sicuramente la regione Friuli-Venezia Giulia ed i suoi comuni la disposizione di cui alla lettera f), che riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'art. 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento». Ad avviso della regione, tale riserva e' illegittima per le ragioni che di seguito si esporranno. Poiche' gli importi di cui (tra l'altro) alla lettera f) possono essere modificati ai sensi della lettera i), anche questa e' impugnata. Inoltre, secondo la lettera h) «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano». Si tratta della disposizione secondo la quale lo Stato si appropria di tutto il maggior gettito, cioe' ogni importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni della regione Friuli-Venezia Giulia in base alle norme previgenti: e lo fa acquisendo tali fondi dalla regione. Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone - in relazione alle autonomie speciali competenti in materia di finanza locale - che «con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio». Ed il quarto periodo precisa che, «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo». Il quinto periodo, infine, prevede che «l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro». E sembra da ritenere che - al di la' dell'oscuro riferimento alla «riduzione del recupero» - i numeri indicati rappresentino la quantificazione del «recupero» a carico delle autonomie speciali. Tale disposizione e' gia' stata contestata con il ricorso n. 50/2012, e per le corrispondenti ragioni deve essere impugnata anche con il presente ricorso. In sintesi, del comma 380 sono qui impugnati: la lettera b) in via cautelativa; la lettera f) e - in quanto collegata ad essa - la lettera i); la lettera h), in quanto confermativa del regime del comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011. Tutte le norme impugnate determinano una attribuzione allo Stato - o in via diretta attraverso la riserva di cui alla lettera f), o in via indiretta attraverso i meccanismi del Fondo di solidarieta' di cui alla lettera b), qualora non si accolga l'interpretazione sopra prospettata - di risorse devolute al sistema finanziario locale. Nel caso del Fondo di solidarieta', le risorse «tornano» ai comuni, ma non a quelli del Friuli-Venezia Giulia, per cui resta fermo che la lettera b) - se intesa in senso lesivo - determinerebbe una sottrazione di risorse che spettano al sistema regionale in base allo statuto e alle norme di attuazione. Inoltre, ove il Fondo di solidarieta' fosse alimentato dalle risorse dei comuni del Friuli-Venezia Giulia, sarebbe illegittima l'omissione della partecipazione della regione all'accordo sulla dimensione della contribuzione, in quanto lesiva sia dell'autonomia finanziaria regionale sia della competenza istituzionale in materia di finanza locale; e sarebbe illegittimo altresi' il meccanismo che prevede che in caso di mancato accordo il decreto sia emanato nei quindici giorni successivi, senza alcun meccanismo di composizione del dissenso, dato che cio' rende il raggiungimento dell'accordo meramente potestativo da parte dello Stato, come e' stato sancito anche da codesta Corte costituzionale con le sentenze nn. 121/2010 e 179/2012. Infine, come visto, la lettera h) tiene ferma l'applicazione dell'art. 13, comma 17, decreto-legge n. 201/2011 in questa regione. In relazione alla regione Friuli-Venezia Giulia, dunque, la nuova disciplina conserva le caratteristiche e il contenuto sostanziale della precedente, gia' impugnata. Lo Stato ha provveduto a ristrutturare le imposte «immobiliari» e a rideterminare le basi imponibili, ma - nel periodo 2013-2014 - i maggiori incassi derivanti da questa operazione sono interamente destinati allo Stato, il quale in parte li riceve direttamente dai contribuenti in base alla riserva di cui al comma 380, lettera f), in parte li riceve dalla regione con i meccanismi di «recupero» o «accantonamento» di cui all'art. 13, comma 17, decreto-legge n. 201/2011, e in parte dai comuni (per il Fondo di solidarieta' di cui alla lettera b), ove questa risultasse applicabile). Come gia' accennato, l'IMU sostituisce - oltre all'ICI, gia' destinata ai comuni - imposte destinate alla regione in base allo statuto: o per sei decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 49 statuto) o interamente, come le addizionali regionale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati e l'ICI (dopo la modifica dell'art. 51 statuto, operata dalla legge n. 220/2010): va infatti ricordato che, in base all'art. 51, comma 2, statuto, gettito relativo a tributi propri e a compartecipazioni e addizionali su tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla regione con riferimento agli enti locali del proprio territorio, ferma restando la neutralita' finanziaria per il bilancio dello Stato». Del resto, la regione e' competente in materia di finanza locale, ai sensi degli articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54 statuto, («Allo scopo di adeguare le finanze delle province e dei comuni al raggiungimento delle finalita' ed all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, il consiglio regionale puo' assegnare ad essi annualmente una quota delle entrate della regione») e 9, decreto legislativo n. 9/1997 («Spetta alla regione disciplinare la finanza locale, l'ordinamento finanziario e contabile, l'amministrazione del patrimonio e i contratti degli enti locali. La regione finanzia gli enti locali con oneri a carico del proprio bilancio, salvo il disposto di cui al comma 3»). In questi termini, attraverso una nominalistica comunalizzazione dei tributi immobiliari si realizza il transito delle corrispondenti risorse dal bilancio regionale al bilancio statale, per effetto delle norme di cui alle lettere b), f) e h). La regione, che prima «integrava» la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie dei comuni, in base alle norme appena citate, e dovrebbe contestualmente versare allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle maggiori entrate dei comuni, o comunque in misura corrispondente a quella a priori determinata dall'art. 13, comma 17, decreto-legge n. 201/2011. Anche volendo prescindere dalla destinazione alla regione anche dei tributi comunali propri (dopo la modifica dell'art. 51 statuto, operata dalla legge n. 220/2010), in un sistema nel quale la regione ha la responsabilita' complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria regionale: in questi termini, la devoluzione di parte dell'IMU allo Stato viola lo statuto (articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54) e l'art. 9, decreto legislativo n. 9/1997 anche in relazione alle risorse sostitutive dell'ICI, cioe' dell'imposta che affluiva ai comuni. Dunque, le lettere b), f) e h) (e la collegata lettera i) violano gli articoli 4, n. 1-bis, 49, 51, comma 2, 54 statuto, e l'art. 9, decreto legislativo n. 9/1997 in quanto attribuiscono allo Stato risorse che spettano alla regione (per sei decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati - art. 49 statuto - o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari: art. 51, comma 2, statuto) o che rappresentano una componente essenziale della finanza comunale, con ripercussioni sulla responsabilita' regionale in materia (art. 54 statuto, e art. 9, decreto legislativo n. 9/1997). Inoltre, la lettera f) e la lettera h) violano anche l'art. 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 e l'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 8/1997, perche' riservano allo Stato parte del gettito IMU in assenza dei presupposti previsti dalle succitate norme di attuazione (su cio' vedasi amplius infra, punto B). Ancora, le norme impugnate violano il principio di «neutralita' finanziaria» (riconosciuto dallo stesso legislatore statale all'art. 1, comma 159, legge n. 220/2010, cui deve attribuirsi valore interpretativo dello statuto: «Qualora con i decreti legislativi di attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, siano istituite sul territorio nazionale nuove forme di imposizione, in sostituzione totale o parziale di tributi vigenti, con le procedure previste dall'art. 27 della medesima legge n. 42 del 2009, e' rivisto l'ordinamento finanziario della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia al fine di assicurare la neutralita' finanziaria dei predetti decreti nei confronti dei vari livelli di governo»), in quanto esse regolano un nuovo tributo, sostituendolo a tributi preesistenti, con il risultato di spostare risorse dal sistema regionale allo Stato. La lettera h) e la lettera h) violano poi il principio di parita' di trattamento tra regioni e tra comuni delle diverse regioni (art. 3 Cost.), perche' solo i comuni del Friuli-Venezia Giulia (e di altre due regioni speciali) non beneficiano del Fondo di solidarieta' (lettera b) e solo il maggior gettito ad essi destinato viene avocato allo Stato (lettera h): la regione e' legittimata ad invocare tale parametro dato che la discriminazione colpisce essa ed i comuni della cui finanza e' responsabile. Infine, tutte le norme impugnate violano il principio dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e regioni speciali in materia finanziaria (Corte costituzionale, sentenze nn. 133/2010, 74/2009, 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000). In effetti, e' chiaramente illegittimo che lo Stato, con una fonte avente valore di legge ordinaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e regione, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia. B) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lettera f) e lettera i). Come sopra esposto, il comma 380, lettera f) riserva «allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria ..., derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato art. 13». In base al comma 380, lettera g), «i comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo del citato art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D». Dunque, l'IMU derivante dagli immobili produttivi e' versata direttamente allo Stato, che regola anche la possibilita' dei comuni di aumentare l'aliquota. L'art. 49 dello statuto speciale dispone che «spettano alla regione le seguenti quote fisse delle sottoindicate entrate tributarie erariali riscosse nel territorio della regione stessa: 1) sei decimi del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche». L'art. 51, comma 2, come gia' visto, stabilisce che «il gettito relativo a tributi propri e a compartecipazioni e addizionali su tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla regione con riferimento agli enti locali del proprio territorio». Dunque, alla regione spettano i 6/10 dell'Irpef e le addizionali Irpef (regionale e comunali). L'art. 13, decreto-legge n. 201/2011 sostituisce l'IMU a tali imposte (per la quota fondiaria) ma l'operazione si rivela elusiva, fittizia, perche' il comma 380, lettera f) in parte riporta le somme in questione allo Stato. Non basta, pero', un semplice cambio di «etichetta» del tributo per eludere il sistema statutario. La lettera viola gli articoli 49, n. 1, e 51, comma 2, perche' avoca allo Stato risorse riscosse a titolo di tributo erariale e che sostanzialmente corrispondono a tributi spettanti alla regione (pro quota o interamente). Qualora, invece, si volesse valorizzare lo status di tributo locale dell'IMU, allora la lettera f) violerebbe l'art. 51, comma 2, la' dove dispone che «il gettito relativo a tributi propri ... che le leggi dello Stato attribuiscano agli enti locali spetta alla regione con riferimento agli enti locali del proprio territorio». L'IMU e' un tributo attribuito agli enti locali ma la lettera f) riserva parte del gettito allo Stato, in contrasto con l'art. 51, comma 2, statuto. Ne' varrebbe replicare che, in base all'art. 4, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965, a certe condizioni e' ammessa la riserva all'erario del «gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o da altre modificazioni in ordine ai tributi devoluti alla regione». Tali condizioni, infatti, non ricorrono nella norma di cui alla lettera f). Infatti, i requisiti sono: a) la destinazione per legge «alla copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo, che non rientrano nelle materie di competenza della regione, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; b) la delimitazione temporale del gettito; c) la contabilizzazione distinta nel bilancio statale e la quantificabilita'. Ora, ad avviso della regione ricorrente risulta evidente che e' assente il primo requisito sopra indicato, in quanto la lettera f) non destina le maggiori entrate a «nuove specifiche spese»: nel caso in questione, infatti, ne' si tratta di «spese», ne' le situazioni alle quali si vuole far fronte sono «nuove» ne' «specifiche» (vedasi sul punto la sentenza n. 182/2010). Non puo' essere dubbio che i requisiti posti dall'art. 4, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965, sono requisiti essenziali, il cui rispetto non puo' essere legittimamente pretermesso. Escluso che la lettera f) possa trovare fondamento nell'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965, e' anche da escludere che esso possa ricondursi all'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 8/1997, in base al quale, «nelle more del completamento del processo di trasferimento e di delega di funzioni dallo Stato alla regione, qualora la quota delle spese relative all'esercizio delle funzioni delegate eventualmente a carico della regione ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera b) [decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965], fosse insufficiente al raggiungimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica, una quota del previsto incremento del gettito tributario spettante alla regione - ad esclusione in ogni caso degli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale ed al netto delle eventuali previsioni di riduzioni di gettito - derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita', non considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo all'esercizio finanziario precedente, puo' essere destinata al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai predetti provvedimenti, tenuto conto altresi' delle spese a carico della regione per funzioni trasferite in data successiva al 1° gennaio 1997». Ad avviso della ricorrente regione questa norma non e' applicabile alla disciplina qui contestata, in quanto essa non ha portata generale ma opera in relazione allo specifico accordo annuale, tra Governo e regione, che determinava «l'eventuale quota che rimane a carico del bilancio della regione - per l'esercizio oggetto dell'accordo - delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla medesima, in relazione alle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita', da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito tributario derivante dalle manovre medesime, ad esclusione in ogni caso degli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale ed al netto delle eventuali previsioni di riduzione del gettito» (art. 4, comma 2, lettera b), decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965). In ogni modo, anche qualora la disposizione di cui all'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 8/1997 fosse ritenuta applicabile, la lettera f) non vi corrisponderebbe per l'unilateralita' della riserva (essendo chiaro che l'art. 6, comma 2, presuppone l'accordo: vedasi anche l'art. 6, comma 3). Dunque, nella denegata ipotesi dell'applicabilita' dell'art. 6, comma 2, decreto legislativo n. 8/1997, lo Stato avrebbe pur sempre dovuto cercare l'accordo con la regione, non potendo unilateralmente alterare le regole statutarie. La lettera f), dunque, violerebbe pur sempre il principio di leale collaborazione e, in particolare, il principio consensuale che domina le relazioni finanziarie fra lo Stato e le regioni speciali (vedasi le sentenze nn. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 74/2009 e 133/2010). In effetti, e' chiaramente illegittimo che lo Stato, con una fonte primaria unilateralmente adottata, alteri in modo cosi' rilevante l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e regione, laddove il principio consensuale e' da tempo riconosciuto in questa materia. Inoltre, ed in subordine alla totale illegittimita' della riserva allo Stato, la lettera f) sarebbe comunque illegittima nella parte in cui individua la quota statale con riferimento ad una particolare categoria di immobili, cioe' agli immobili «produttivi» (gruppo catastale D), determinando forti sperequazioni tra comuni a seconda della tipologia di immobili in essi presente, ne' vi e' alcuna plausibile ragione per una simile differenziazione. Cio' rappresenta violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e produce gravi effetti negativi sui bilanci di taluni comuni, specie di medio-piccole dimensioni, in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.); a tali effetti non rimedia il Fondo di solidarieta', dai quali i comuni del Friuli-Venezia Giulia sono esclusi, con ovvia necessita' di intervento perequativo della regione. La regione e' legittimata a far valere tali parametri perche' la norma rientra in materia regionale (finanza locale). La lettera i), secondo la quale gli importi relativi alle lettere a), c), e) ed f) possono essere modificati a seguito della verifica del gettito dell'imposta municipale propria riscontrato per il 2012, da effettuarsi ai sensi del comma 3 dell'art. 5 dell'accordo del 1° marzo 2012 presso la Conferenza Stato, citta' e autonomie locali», e' del tutto incomprensibile in relazione alle lettere a) ed e), le quali si limitano a sopprimere riserve o fondi. Qui interessa comunque quanto essa dispone in collegamento con la lettera f): cosi' disponendo, infatti, essa rende del tutto incerto il contenuto della disposizione, con violazione del principio della certezza del diritto (che questa regione e' legittimata a denunciare dato che la norma rientra in materia regionale). Inoltre l'illegittimita' della stessa riserva di cui alla lettera f), sopra illustrata, comporta l'illegittimita' anche della facolta' di cui alla lettera i). C) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lettera h). Come visto, il comma 380, lettera h), stabilisce che «il comma 17 dell'art. 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano». L'art. 13, comma 17, terzo periodo prevede che «con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le province autonome di Trento e di Balzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio». Il quarto periodo aggiunge che, «fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso art. 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo». In base al quinto periodo, «l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro». Come detto, tali norme sono state impugnate con il ricorso n. 50/2012. Dunque, lo Stato non solo trattiene direttamente una parte dell'IMU come entrata erariale (in base alla lettera f), ma vorrebbe incamerare dalla regione anche tutto l'importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni in base alle norme previgenti. Si noti che - come gia' rilevato con il ricorso n. 50/2012 - il comma 17 e' formulato in modo tale da poter essere inteso nel senso che l'importo IMU 2012 non debba essere confrontato con l'importo 2011 dei tributi sostituiti ma solo con l'importo dei tributi sostituiti percepiti dai comuni (cioe', l'ICI 2011). Se cosi' fosse, il taglio delle risorse assumerebbe un carattere del tutto particolare rispetto alla regione Friuli-Venezia Giulia. Infatti, delle tre componenti sostituite dall'IMU (cioe' l'Irpef fondiaria, le addizionali regionale e comunali e l'ICI), l'ICI era precedentemente riscossa direttamente dai comuni (anche se destinata alla regione, dopo le modifiche apportate all'art. 51 statuto, dalla legge n. 220/2010), mentre sia le risorse derivanti dall'Irpef fondiaria che quelle derivanti dalle addizionali spettavano alla regione. Ne risulta che - concentrata la fiscalita' - il «maggior gettito stimato dei comuni» della regione sara' particolarmente elevato, comprendendo anche il gettito dei tributi che prima costituivano entrate della regione. Se cosi' fosse, la regione e i suoi enti locali risulterebbero depauperati: dei sei decimi dell'Irpef sui redditi immobiliari, soppressi; delle addizionali regionale e comunale precedentemente previste (la seconda era destinata alla regione in luogo dei comuni). Inoltre, il comma 17 potrebbe essere interpretato anche nel senso che dal gettito precedente sia esclusa la somma che perveniva ai comuni (tramite la regione) ai sensi dell'art. 1, comma 4, decreto-legge n. 98/2008, che aveva previsto un fondo sostituivo delle entrate comunali relative all'ICI sull'abitazione principale (norma ora abrogata dall'art. 13, comma 14, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011). Se cosi' fosse, ne risulterebbe un ulteriore rilevante depauperamento del sistema regionale. Gia' questa incertezza delle disposizioni e' irragionevole (art. 3 Cost.) e rappresenta una lesione dell'autonomia finanziaria della regione e dei comuni, perche' si riflette in incertezza sulle risorse disponibili e in impossibilita' di un'adeguata programmazione nelle diverse materie. Il terzo e quarto periodo del comma 17 violano l'art. 49 statuto, e gli articoli 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 e 6, comma 2, decreto legislativo n. 8/1997, perche' pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza regionale, al di fuori dei casi previsti. Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17 produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima spettavano alla regione a titolo di compartecipazione all'Irpef fondiaria (art. 49 statuto,) e di addizionali regionale e comunale (art. 51, comma 2, statuto,), sia nel caso in cui si ritenga che la regione dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di «far tornare» nelle casse statali risorse spettanti alla regione e ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo statuto e dalle norme di attuazione (comma 17, terzo periodo). Ancora, il terzo e quarto periodo del comma 17 violano gli articoli 63 e 65 statuto, proprio perche' pretendono di derogare agli articoli 49 e 51 statuto, e al decreto del Presidente della Repubblica n. 114/1965 con una fonte primaria «ordinaria». L'art. 65 statuto e' violato anche perche' il comma 17, terzo periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. * Inoltre, il comma 17, terzo e quarto periodo, viola l'autonomia finanziaria regionale (assicurata dagli articoli 48 e 49 statuto, e dall'art. 119, commi 1, 2, e 4, Cost.) in quanto produce l'effetto di infliggere un nuovo, rilevante «taglio» di risorse al sistema regionale. Le norme in questione producono l'effetto di «espropriare» la regione e gli enti locali delle risorse corrispondenti ai 6/10 dell'Irpef fondiaria, alle addizionali regionale e comunali e a quelle che l'art. 1 decreto-legge n. 93/2008 (ora abrogato) attribuiva ai comuni (tramite la regione) per compensare l'esenzione lei sulla prima casa. Si tratta di una quota rilevante di risorse, la cui eliminazione si aggiunge ai tagli gia' operati con l'art. 14, decreto-legge n. 78/2010, l'art. 20, comma 5, decreto-legge n. 98/2011, l'art. 1, comma 8, decreto-legge n. 138/2011 e l'art. 1, comma 156, primo periodo, della legge n. 220/2010. Le risorse «avocate» dalle norme qui impugnate (soprattutto quelle compensative dell'ICI sulla prima casa) erano dirette al finanziamento delle «funzioni normali» dei comuni, per cui la loro sottrazione produce gravi squilibri e incide sulla finanza regionale (vedasi l'art. 54 statuto, e l'art. 9 decreto legislativo n. 9/1997). Lo Stato non puo' revocare quote cosi' rilevanti di risorse senza alcuna compensazione. Il gia' citato principio di «neutralita' finanziaria» (art. 1, comma 159, legge n. 220/2010) e' stravolto dalle norme qui impugnate, che regolano un nuovo tributo, sostituendolo a tributi preesistenti, con il risultato di spostare risorse dal sistema regionale allo Stato. E' anche violato il principio consensuale che domina i rapporti finanziari tra Stato e regioni speciali (vedasi le sentenza nn. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), perche' lo Stato ha proceduto a sovvertire l'assetto della finanza regionale e comunale del tutto unilateralmente, anzi violando le norme (come il succitato principio di neutralita' finanziaria) concordate con la regione (l'art. 1, comma 159, legge n. 220/2010 recepisce l'art. 11 del protocollo di intesa Tondo-Tremanti). Infine, e' da sottolineare che le norme impugnate colpiscono essenzialmente le regioni speciali, sia perche' solo esse dispongono delle compartecipazioni e delle addizionali locali, sia perche' i comuni delle regioni ordinarie non perdono la «compensazione» dell'ICI sulla prima casa (che e' confluita nel fondo sperimentale di riequilibrio). Di qui la violazione dell'art. 3 Cost., con ovvie ripercussioni sull'autonomia finanziaria della regione e degli enti locali situati nel suo territorio. Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del quarto periodo del comma 17 che prevede lo «accantonamento» delle quote di compartecipazione previste dall'art. 49 statuto. Va rilevato, infatti, che tale «accantonamento» contrasta anch'esso frontalmente con l'art. 49 dello statuto e con l'intero sistema finanziario della regione da esso istituito. E' evidente, infatti, che le risorse che lo statuto prevede come entrate regionali sono cosi' stabilite perche' esse vengano utilizzate dalla regione per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e non perche' esse vengano «accantonate». L'istituto dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza alcuna. Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva del trasferimento. Specifica illegittimita' colpisce poi il quinto periodo del comma 17, che stabilisce in un ammontare fisso e determinato l'importo del «recupero», stimandolo a priori con criteri del tutto oscuri. Si tratta di una norma irragionevole, che prevede un importo fisso senza contemplare alcun meccanismo di conguaglio o rimborso in caso di inesattezza. L'irragionevolezza, naturalmente, si riflette sull'autonomia finanziaria della regione, tenuta ad assicurare il «recupero». Inoltre e' violato il gia' citato principio consensuale in materia di finanza delle regioni speciali, perche' la norma avrebbe dovuto prevedere una determinazione concordata dell'importo in questione. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 383. Il comma 383 stabilisce che «la verifica del gettito dell'imposta municipale propria dell'anno 2012, di cui al comma 6-bis dell'art. 9 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, ... avviene utilizzando anche i dati relativi alle aliquote e ai regimi agevolativi deliberati dai singoli comuni e raccolti dall'IFEL nell'ambito dei propri compiti istituzionali sulla base di una metodologia concordata con Ministero dell'economia e delle finanze». Il richiamato art. 9, comma 6-bis, decreto-legge n. 174/2012 dispone che, «a seguito della verifica del gettito dell'imposta municipale propria dell'anno 2012, da effettuare entro il mese di febbraio 2013, si provvede all'eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e i comuni, nell'ambito delle dotazioni del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali previste a legislazione vigente». Il comma 383, dunque, ridetermina ex post le modalita' di calcolo del maggior gettito IMU, che l'art. 13, comma 17, decreto-legge n. 201/2011 riserva allo Stato. Mentre quest'ultima disposizione fa riferimento al «gettito stimato ad aliquota di base», il comma 383 prevede di utilizzare «anche i dati relativi alle aliquote e ai regimi agevolativi deliberati dai singoli comuni». Pur non essendo del tutto chiaro quale risultato differenziale si ottenga, nelle specifiche situazioni, dal mutato merito di calcolo, risulta evidente che - ove esso si traducesse in minori disponibilita' rispetto a quelle derivanti dal precedente metodo - cio' si tradurrebbe in una incolpevole ma irrimediabile compromissione del bilancio degli enti interessati. E' dunque illegittimo modificare in peius, a fine 2012, una regola (quantificazione del gettito in base all'aliquota base) che e' stata il principio di riferimento che ha guidato la formazione dei bilanci comunali dello scorso anno. Lo Stato non puo' modificare a posteriori e unilateralmente regole gia' prese a riferimento per la programmazione delle politiche locali e gia' impegnate nella spesa. Facendolo, il comma 383 viola il principio di certezza e l'autonomia finanziaria degli enti locali e, di conseguenza, della regione, competente in materia di finanza locale. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 448. Il comma 454 dispone che, «al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, le regioni a statuto speciale, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, concordano, con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, l'obiettivo in termini di competenza finanziaria e di competenza eurocompatibile, determinato riducendo il complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'art. 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ... come rideterminato dall'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, ... e dall'art. 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, ...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ...; d) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali». Inoltre, il comma 454 stabilisce che «il complesso delle spese finali in termini di competenza finanziaria di ciascuna autonomia speciale di cui al presente comma non puo' essere superiore, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, all'obiettivo di competenza eurocompatibile determinato per il corrispondente esercizio ai sensi del presente comma». A tal fine, «entro il 31 marzo di ogni anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze». Il comma 456 stabilisce che, «in caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni Sardegna, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta sono determinati sulla base dei dati trasmessi, ai sensi dell'art. 19-bis, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, ... ridotti degli importi previsti dal comma 454». Dunque, il comma 454 prevede in teoria l'accordo tra la regione ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo programmatico e' «determinato riducendo il complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011» degli importi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. In questi termini, i commi 454 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 1, comma 155, legge n. 220/2010, che e' norma adottata sulla base di un accordo tra Stato e regione Friuli-Venezia Giulia e codifica, in relazione al patto di stabilita', il gia' citato principio consensuale che domina i rapporti finanziari tra Stato e regioni speciali (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010), stabilendo che, «a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, l'accordo annuale relativo al patto di stabilita' interno della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' costruito considerando il complesso delle spese finali, al netto delle concessioni di crediti, valutate prendendo a riferimento le corrispondenti spese considerate nell'accordo per l'esercizio precedente». E' da ricordare che, in base alla sentenza n. 118/2012, «l'accordo e' lo strumento, ormai consolidato (in quanto gia' presente nella legge 27 dicembre 1997, n. 449, ... e poi confermato da tutte le disposizioni che si sono occupate successivamente della materia) per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata (ex plurimis sentenza n. 353 del 2004)». La Corte ha sottolineato che «nel solco di questo indirizzo normativo l'art. 1, comma 132, della legge n. 220 del 2010, ha stabilito che per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze le concrete modalita' attuative del patto di stabilita' e del concorso alla manovra di finanza pubblica». Inoltre, la sentenza n. 3/2013 (punto 7.3 del diritto) ha annullato una norma legislativa di questa regione, per violazione del principio di leale collaborazione, in quanto contrastava con una norma della legge n. 220/2010, adottata in recezione del Protocollo d'intesa firmato a Roma il 29 ottobre 2010. E' poi da sottolineare che, mentre l'art. 1, comma 155, legge n. 220/2010 considerava come punto di partenza per il patto di stabilita' le «spese considerate nell'accordo per l'esercizio precedente», il comma 454 fa riferimento al «complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011», cioe' alle spese effettivamente sostenute anziche' a quelle sostenibili nei termini dell'accordo. Il tetto di competenza eurocompatibile per il 2013 e' pertanto piu' basso di quasi 600 milioni di euro rispetto al previgente tetto di cassa 2013, il tutto anteriormente all'applicazione delle manovre statali previste per gli anni 2013 e seguenti: il che rende il limite reale ancora inferiore, ed in termini assai rilevanti. Infatti, per un effetto cumulato delle manovre e della ridefinizione della base di partenza, la regione Friuli-Venezia Giulia si trovera' a dover osservare nell'anno 2013 un limite ai propri impegni di spesa di 1,4 miliardi inferiore rispetto al tetto 2011, con un'incidenza percentuale del 23,55%. L'entita' della riduzione comporta il gravissimo rischio, per non dire la certezza, che sia compromesso l'esercizio di funzioni fondamentali esercitate dalla regione e risulti - secondo calcoli oggettivi effettuati dai competenti uffici regionali - insostenibile qualora rapportato alle grandezze rappresentate dai dovuti trasferimenti al sistema sanitario, alle autonomie locali ed alle spese obbligatorie cui far fronte. Tale distorsione e' determinata dalla utilizzazione quale base di partenza delle risultanze finali di un esercizio finanziario, scelto in base a criteri non esplicitati e senza tenere in considerazione alcuna le peculiarita' che possono aver segnato l'andamento della spesa e non averne permesso il perfezionamento, talora anche per importi rilevanti e magari dipendenti dalla stessa dinamica dei trasferimenti statali. Cio' conduce alla grottesca conclusione che l'essersi mantenuti al di sotto dei tetti di spesa per l'anno 2011 abbia indotto delle conseguenti ben piu' serie di quelle che avrebbe comportato, nel medesimo esercizio, l'inosservanza del patto per sforamento dei tetti in questione. Le spese effettivamente sostenute sono spesso condizionate da eventi specificamente ascrivibili all'esercizio di riferimento, che non e' congruo possano condizionare l'accordo degli esercizi successivi. Il comma 454 e' dunque irragionevole (con violazione dell'art. 3 Cost.) e viola altresi' l'autonomia finanziaria regionale (art. 48 ss. statuto, e art. 119 Cost.) ed il principio di corrispondenza tra funzioni regionali e risorse (art. 119, comma 4, Cost.). Un ulteriore aspetto di irragionevolezza insito nell'aprioristica applicazione delle risultanze di un esercizio quale base di partenza per l'obiettivo del patto di stabilita' e' rappresentato dal fatto che la minore spesa puo' essere stata determinata, anche solo in parte, dalla decisione di avvalersi di una specifica previsione statale (precisamente l'art. 1, comma 138, legge n. 220/2010, secondo il quale «a decorrere dall'anno 2011, le regioni, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo programmatico attraverso un aumento dei pagamenti in conto capitale e contestualmente e per lo stesso importo procedono a rideterminare il proprio obiettivo programmatico in termini di cassa o di competenza»), che consente alle regioni di abbassare volontariamente i propri obiettivi di spesa, al fine di cedere spazi finanziari agli enti locali del proprio territorio, per un importo definito annualmente e con esclusivo riferimento all'esercizio in corso. Quindi una riduzione della spesa, autonomamente - e provvisoriamente - determinata da una regione per sopperire a gravi esigenze di spesa dei propri enti locali, viene fatta propria ed incamerata dallo Stato senza alcuna disamina della ratio sottostante e delle conseguenze. Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del suo contenuto. I commi 454 e 456 contraddicono anche il comma 458, in base al quale «l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di attuazione». La regione e' legittimata a far valere il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in materia regionale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono sull'autonomia finanziaria della regione. Il comma 456, in particolare, ha per effetto la vanificazione della previsione di un'intesa di natura forte con lo Stato, prevedendo che al «mancato accordo» segua la determinazione unilaterale (predefinita dalla legge) degli obiettivi finanziari. Cio' implica violazione del principio di leale collaborazione, che si declina nell'art. 1, comma 155, legge n. 220/2010 e nelle norme che richiedono il consenso della regione per la disciplina dei rapporti finanziari con lo Stato (articoli 63, comma 5, e 65 statuto speciale). Il legislatore statale non puo' prevedere che la possibilita' di una decisione unilaterale scatti semplicemente «in caso di mancato accordo», dato che cio' «vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti "un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata [...] dalla paritaria codeterminazione dell'atto" (sentenza n. 121/2010); e' invece necessario, come messo in luce dalla giurisprudenza costituzionale, che il legislatore preveda meccanismi paritetici volti a superare il dissenso (sentenza n. 383/2005). 8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 457. Il comma 457 stabilisce che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che esercitano in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale definiscono, per gli enti locali dei rispettivi territori, nell'ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455, le modalita' attuative del patto di stabilita' interno mediante l'esercizio delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione e fermo restando l'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183». Inoltre, il comma 457 dispone che, «in caso di mancato accordo, si applicano, per gli enti locali di cui al presente comma, le disposizioni previste in materia di patto di stabilita' interno per gli enti locali del restante territorio nazionale». Anche tale disposizione risulta illegittima, come puo' essere evidenziato sotto tre profili. In primo luogo, essa prevede che la regione definisca il patto di stabilita' per gli enti locali «nell'ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455», il che non e' conforme allo statuto (articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54) e all'art. 9, decreto legislativo n. 9/1997, che attribuiscono competenza alla regione in materia di finanza locale. Inoltre e' violato l'art. 1, commi 154 e 155, legge n. 220/2010 (che, come visto supra, e' fonte «rinforzata») che attribuiscono alla regione poteri di coordinamento finanziario sugli enti locali; in particolare, il comma 155 dispone che, «in merito agli obiettivi sui saldi di finanza pubblica, spetta alla regione individuare, con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le modalita' necessarie al raggiungimento degli obiettivi complessivi di volta in volta concordati con lo Stato per il periodo di riferimento, compreso il sistema sanzionatorio». Sono tali disposizioni - e non gli «accordi di cui ai commi 454 e 455 - a definire il quadro entro il quale la regione definisce il patto di stabilita' per i rispettivi enti locali». Inoltre, l'illegittimita' del comma 454 (il comma 455 non riguarda la ricorrente regione) si riverbera in via derivata sul comma 457. Inoltre, il comma 457 assoggetta anche gli enti locali del territorio della regione allo «obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 31» per gli enti locali del restante territorio nazionale. Ma cio' si pone in primo luogo in contrasto con la gia' citata clausola di salvaguardia di cui al comma 458: contrasto che - data la puntualita' della disposizione impugnata - non sembra possa essere superato in via di interpretazione del comma 457. Inoltre cio' si pone in contrasto con i succitati commi 154 e 155 dell'art. 1, legge n. 220/2010, che attribuiscono alla regione poteri di coordinamento finanziario sugli enti locali, in attuazione della competenza regionale in materia di finanza locale (articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54 statuto, e art. 9, decreto legislativo n. 9/1997). Il comma 155, oltre a stabilire che, «in merito agli obiettivi sui saldi di finanza pubblica, spetta alla regione individuare, con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale integrato, gli obiettivi per ciascun ente e le modalita' necessarie al raggiungimento degli obiettivi complessivi di volta in volta concordati con lo Stato per il periodo di riferimento», dispone che, salvo il caso di inerzia regionale, «le disposizioni statali relative al patto di stabilita' interno non trovano applicazione con riferimento agli enti locali costituenti il sistema regionale integrato». Infine, il comma 457 e' illegittimo anche la' dove regola la fattispecie del mancato accordo, stabilendo che in caso di mancato accordo si applichino le regole stabilite per gli enti locali del restante territorio nazionale. Valgono le medesime ragioni gia' illustrate a proposito dell'analoga norma contenuta nel comma 456, che sia consentito qui di richiamare. Ancora, la diretta applicazione agli enti locali di norme statali contraddice l'esclusiva responsabilita' della regione per il coordinamento finanziario degli enti locali (articoli 4, n. 1-bis, 51 e 54 statuto, art. 9, decreto legislativo n. 9/1997 e art. 1, commi 154 e 155, legge n. 220/2010). 9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 459. Il comma 459 dispone che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai commi 454, 455 e 457, anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione, con le modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria; tali norme di attuazione precisano le modalita' e l'entita' dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite». Tale disposizione viola l'autonomia finanziaria regionale (art. 48 ss. statuto), e in particolare il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse (art. 119, comma 4 Cost.), in quanto prevede l'assunzione - da parte regionale - dell'esercizio di funzioni statali senza un corrispondente trasferimento di risorse. Il comma 459 viola anche l'art. 65 statuto, perche' pretende di vincolare, in parte, il contenuto delle norme di attuazione statutaria.
P. Q. M. La regione Friuli-Venezia Giulia, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118; comma 132; commi 138, 141, 142, 143, 146; commi 380 e 383; commi 454, 456, 457, 459 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova, 25 febbraio 2013 Il prof. avv.: Falcon ALLEGATI 1) Deliberazione della giunta regionale 20 febbraio 2013, n. 261.