N. 52 SENTENZA 25 - 28 marzo 2013

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Enti. 
 
Imposte e tasse - Decreti del Ministro dell'economia e delle  finanze
  recanti aumento dell'accisa sull'energia elettrica a seguito  della
  soppressione  dell'addizionale  provinciale  e   della   cessazione
  dell'applicazione dell'addizionale comunale nelle regioni a statuto
  ordinario - Ricorsi per conflitto di  attribuzione  promossi  dalla
  Regione Sardegna - Prospettazione di una violazione  di  legge  che
  non si ripercuote  sulle  competenze  regionali  costituzionalmente
  garantite  -  Insussistenza  di  materia  per   un   conflitto   di
  attribuzione  -  Inammissibilita'  dei   ricorsi   -   Assorbimento
  dell'istanza di  sospensione  cautelare  dei  decreti  ministeriali
  impugnati. 
- Decreti del Ministro dell'economia e delle finanze nn. 11-A1-6869 e
  11-A1-6870 del 30 dicembre 2011. 
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 39. 
(GU n.14 del 3-4-2013 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Franco GALLO; 
Giudici :Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,  Giuseppe
  TESAURO,  Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe   FRIGO,   Alessandro
  CRISCUOLO, Paolo  GROSSI,  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta
  CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,  Mario  Rosario  MORELLI,  Giancarlo
  CORAGGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorti  a
seguito dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze del 30
dicembre  2011,  n.  11-A1-6869  (Aumento  dell'accisa   sull'energia
elettrica    a    seguito    della    cessazione    dell'applicazione
dell'addizionale comunale  all'accisa  sull'energia  elettrica  nelle
regioni a statuto ordinario) e  n.  11-A1-6870  (Aumento  dell'accisa
sull'energia elettrica a seguito della  cessazione  dell'applicazione
dell'addizionale  provinciale  all'accisa  sull'energia   elettrica),
promossi dalla Regione autonoma Sardegna, con ricorsi  notificati  il
29 febbraio 2012, depositati  in  cancelleria  il  9  marzo  2012  ed
iscritti ai nn. 2 e 3 del registro conflitti tra enti 2012. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  26  febbraio  2013  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per la  Regione  autonoma  della
Sardegna e l'avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo per il Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione autonoma Sardegna, con due distinti ricorsi  (reg.
confl. enti n. 2 e n. 3 del 2012), entrambi  notificati  in  data  29
febbraio 2012 e depositati in data 9 marzo 2012 nella cancelleria  di
questa Corte, ha promosso giudizi per conflitto di  attribuzione  nei
confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in  relazione  a
due decreti ministeriali, entrambi adottati in data 30 dicembre  2011
dal Ministro dell'economia e delle finanze. 
    In particolare, la Regione  ha  chiesto  di  dichiarare  che  non
spetta allo Stato, e per  esso  al  Ministro  dell'economia  e  delle
finanze,  adottare  i  due  impugnati  decreti  ministeriali  e,  per
l'effetto,  di  annullarli,  previa  loro  sospensione  cautelare  in
considerazione del danno grave e irreparabile che  deriverebbe  dalla
loro applicazione. 
    1.1.- Con i decreti ministeriali oggetto del conflitto  e'  stata
aumentata,  anche  nelle  Regioni  a  statuto  speciale,   l'aliquota
dell'accisa  sull'energia  elettrica  per   neutralizzare   l'effetto
dell'abolizione dell'addizionale comunale e provinciale disposta, per
le sole Regioni a statuto  ordinario,  rispettivamente  dall'art.  2,
comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2001, n.  23  (Disposizioni
in materia di federalismo fiscale municipale) e dall'art.  18,  comma
5, del decreto legislativo 6 maggio  2011,  n.  68  (Disposizioni  in
materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto  ordinario  e
delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario). 
    L'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011  stabilisce  che  «a
decorrere  dall'anno  2012  l'addizionale   all'accisa   sull'energia
elettrica di cui all'articolo 6,  comma  1,  lettere  a)  e  b),  del
decreto-legge   28   novembre   1988,   n.   511,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge  27  gennaio  1989,  n.  20   [id   est:
l'addizionale comunale], cessa di essere applicata  nelle  regioni  a
statuto ordinario ed e' corrispondentemente aumentata,  nei  predetti
territori,  l'accisa  erariale  in  modo  tale   da   assicurare   la
neutralita'  finanziaria  del  presente  provvedimento  ai  fini  del
rispetto dei saldi di finanza  pubblica.  Con  decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 31  dicembre  2011
sono stabilite le modalita' attuative del presente comma». 
    L'art. 18, comma 5, del d.lgs. n. 68  del  2011  prevede  che  «a
decorrere  dall'anno  2012   l'addizionale   provinciale   all'accisa
sull'energia elettrica di cui all'articolo 52 del decreto legislativo
26 ottobre 1995, n. 504 e' soppressa e  il  relativo  gettito  spetta
allo Stato. A tal fine, con  decreto  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze e'  rideterminato  l'importo  dell'accisa  sull'energia
elettrica in modo da assicurare l'equivalenza del gettito». 
    In forza delle previsioni contenute nei due  decreti  legislativi
di cui sopra, sono stati adottati i decreti  ministeriali  impugnati,
che stabiliscono piu' precisamente quanto segue. 
    L'articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 30 dicembre  2011
n. 11-A1-6869 (Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito
della   cessazione   dell'applicazione   dell'addizionale    comunale
all'accisa sull'energia elettrica nelle regioni a statuto  ordinario)
stabilisce che: «l'aliquota dell'accisa sull'energia elettrica di cui
all'Allegato  I  al  testo  unico  delle   disposizioni   legislative
concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi  approvato  con
il  decreto  legislativo  26  ottobre  1995,  n.  504,  e  successive
modificazioni, impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni,
e' determinata in  euro  0,0227  per  ogni  chilowattora  di  energia
impiegata». Nel preambolo al decreto si  precisa  altresi'  che  «non
risulta possibile, ai sensi dei principi giuridici posti a fondamento
della predetta direttiva del Consiglio 2003/96/CE, applicare aliquote
di accisa sull'energia elettrica impiegata per qualsiasi applicazione
nelle abitazioni, diversificate in relazione al luogo  geografico  in
cui ne avviene il consumo e che pertanto  non  risulterebbe  coerente
con il diritto comunitario  la  determinazione  di  una  aliquota  di
accisa sull'energia elettrica impiegata, per il predetto  uso,  nelle
Regioni a statuto ordinario differente dall'aliquota  applicata  alla
medesima  energia  elettrica  impiegata  nelle  Regioni   a   statuto
speciale» e che si rende altresi' «necessario rinviare alla procedura
di cui  all'articolo  27  della  legge  5  maggio  2009,  n.  42,  la
definizione delle modalita' per la  neutralizzazione,  nei  confronti
delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto». 
    L'articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 30 dicembre  2011
n. 11-A1-6870 (Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito
della  cessazione  dell'applicazione   dell'addizionale   provinciale
all'accisa  sull'energia  elettrica)  stabilisce   che:   «l'aliquota
dell'accisa sull'energia elettrica di cui  all'Allegato  I  al  testo
unico delle disposizioni legislative  concernenti  le  imposte  sulla
produzione e sui consumi approvato  con  il  decreto  legislativo  26
ottobre 1995, n.  504,  e  successive  modificazioni,  impiegata  per
qualsiasi uso  in  locali  e  luoghi  diversi  dalle  abitazioni,  e'
determinata  in  euro  0,0121  per  ogni  chilowattora   di   energia
impiegata». Nel preambolo al decreto  si  precisa  altresi'  che  «si
rende necessario ed urgente emanare il predetto decreto del  Ministro
dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 18, comma 5, del
decreto legislativo n. 68 del 2011,  tenuto  conto  che  a  decorrere
dall'anno  2012  l'addizionale  provinciale  all'accisa  sull'energia
elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), del  richiamato
decreto-legge n. 511 del  1988,  verra'  soppressa  nelle  Regioni  a
statuto  ordinario  e  che  nel  contempo  e'  necessario  assicurare
l'equivalenza del  gettito»  e  che  si  rende  altresi'  «necessario
rinviare alla procedura di cui all'articolo 27 della legge  5  maggio
2009, n. 42, la definizione delle modalita' per la  neutralizzazione,
nei confronti delle Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  province
autonome di Trento e di Bolzano, delle maggiori entrate derivanti dal
presente decreto». 
    1.2.- Ad avviso della ricorrente,  i  due  decreti  ministeriali,
aumentando le aliquote dell'accisa sull'energia elettrica anche nelle
Regioni a statuto speciale, sarebbero stati adottati in violazione di
legge. Infatti, l'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 e l'art.
18, comma 5, del d.lgs. n. 68 del 2011 non riguardano in  alcun  modo
le Regioni a statuto speciale, ne' avrebbero potuto  riguardarle,  in
quanto entrambi i decreti legislativi sono stati  adottati  in  forza
della delega contenuta nella legge 5 maggio 2009, n.  42  (Delega  al
Governo in materia di federalismo fiscale,  in  attuazione  dell'art.
119 della Costituzione), la quale non comprende, tra le  disposizioni
applicabili alle Regioni a statuto speciale, quelle aventi ad oggetto
il regime fiscale dei prodotti energetici, qual e'  appunto  l'accisa
sull'energia elettrica. 
    Ne' l'applicazione dell'aumento delle accise anche nelle  Regioni
ad autonomia speciale sarebbe desumibile dalla direttiva  27  ottobre
2003, n. 2003/96/CE  (Direttiva  del  Consiglio  che  ristruttura  il
quadro comunitario  per  la  tassazione  dei  prodotti  energetici  e
dell'elettricita'). La direttiva  in  esame,  infatti,  si  limita  a
prescrivere livelli minimi di  imposizione  uniformi  fra  gli  Stati
membri, senza che rilevi, ai fini della direttiva medesima,  il  modo
in cui le corrispondenti entrate debbano essere ripartite all'interno
dei singoli Stati. 
    I decreti ministeriali impugnati avrebbero,  dunque,  travalicato
l'ambito territoriale di efficacia definito dall'art. 6, comma 2, del
d.lgs. n. 23 del 2011 e dall'art. 18, comma 5, del d.lgs. n.  68  del
2011, nonche' dagli artt. 1, comma 2, 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26
della legge n. 42 del 2009. 
    1.3.- In conseguenza della lamentata violazione di legge, secondo
la Regione autonoma, si sarebbe verificato un ingiustificato  aumento
del carico  fiscale  nei  confronti  dei  contribuenti  residenti  in
Sardegna, i quali sarebbero sottoposti  sia  all'aumento  dell'accisa
erariale sia alle addizionali comunali e provinciali, eliminate nelle
Regioni a statuto ordinario e la cui applicazione persisteva  invece,
in quel momento, nelle Regioni a statuto speciale. 
    In tal modo la Regione autonoma si sarebbe  vista  indirettamente
menomata nell'esercizio di proprie competenze costituzionali. 
    Segnatamente, sarebbe stata indirettamente incisa  la  competenza
legislativa  esclusiva   della   Regione   autonoma   nella   materia
«ordinamento degli enti locali» di cui all'art.  3  dello  statuto  e
nella materia «finanza locale»,  nonche'  la  competenza  legislativa
concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del
sistema  tributario»,  di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,   della
Costituzione. 
    1.4.- Inoltre, secondo la difesa regionale,  lo  sviamento  e  la
falsa applicazione  della  direttiva  del  Consiglio  n.  2003/96/CE,
realizzatisi con l'adozione dei predetti decreti ministeriali avrebbe
leso anche l'art. 117, primo comma, Cost., con ulteriore  pregiudizio
per l'autonomia finanziaria della Regione  autonoma,  quale  tutelata
dall'art.  7  dello  statuto,  e  con  ulteriore  compressione  della
competenza della medesima Regione a  partecipare  all'attuazione  del
diritto comunitario nelle materie di sua competenza  ai  sensi  degli
artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia  e  ai  sensi  dell'art.  117,
quinto comma, Cost. 
    1.5.- L'illegittimo aumento  dell'imposizione  fiscale  sui  soli
contribuenti residenti nelle Regioni ad  autonomia  speciale  avrebbe
poi determinato una violazione  dei  principi  di  eguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto,  degli  art.
3, 7 e 8 dello statuto della Regione autonoma Sardegna, nonche' degli
artt.  116,  117  e  119   Cost.   Il   Governo,   infatti,   avrebbe
illegittimamente introdotto con uno  strumento  regolamentare,  nelle
Regioni a statuto speciale, un meccanismo di  prelievo  contrario  ai
principi di perequazione, solidarieta' fiscale e  maggiore  autonomia
finanziaria della Regioni medesime, autonomia garantita dalle  citate
norme statutarie e dalla Costituzione, senza neppure  coinvolgere  ad
alcun titolo la Regione autonoma Sardegna  nell'operazione  predetta,
in violazione pertanto anche del principio di leale collaborazione di
cui agli artt. 5 e 117 Cost. 
    2.-  Con  memoria  depositata  in  data  10  aprile  2012  si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei  ministri,  chiedendo  che
ciascun ricorso venga dichiarato improcedibile,  o  inammissibile,  o
venga comunque respinto. 
    2.1.- I ricorsi sarebbero  inammissibili,  in  primo  luogo,  per
carenza di interesse, in quanto  l'aumento  dell'accisa  erariale,  a
seguito della soppressione delle relative addizionali,  comporterebbe
comunque un aumento del  gettito  destinato  alla  Regione  ai  sensi
dell'art. 8 dello statuto della Regione autonoma. 
    2.2.- I ricorsi sarebbero poi inammissibili in quanto diretti non
gia'  avverso  le  norme  primarie,  che  avrebbero  determinato   la
lamentata lesione, ma solo contro atti  meramente  applicativi  delle
stesse, di tal che  non  sarebbe  stato  rispettato  il  termine  per
l'impugnazione delle norme statali primarie. 
    2.3.- Ad avviso  della  difesa  erariale,  ciascuno  dei  ricorsi
sarebbe comunque improcedibile per cessata materia del contendere, in
quanto le censure proposte risulterebbero superate dall'art. 4, comma
10, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  semplificazioni   tributarie,   di   efficientamento   e
potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  26  aprile  2012,   n.   44,   che   ha
esplicitamente  abrogato  le  addizionali  comunali   e   provinciali
all'accisa sull'energia  elettrica  anche  nelle  Regioni  a  statuto
speciale, rendendo in  tal  modo  uniforme  su  tutto  il  territorio
nazionale la tassazione in materia. 
    2.4.- In ogni caso, secondo la  difesa  dello  Stato,  i  decreti
ministeriali impugnati non  violerebbero  neppure  indirettamente  le
competenze della Regione autonoma Sardegna, in quanto non vi sarebbe,
appunto, alcuna diminuzione del gettito regionale, ne' una normazione
primaria in materia, ma solo una diversa regolamentazione del sistema
delle addizionali del tributo erariale. 
    Gli atti censurati, quindi, non  avrebbero  invaso  la  sfera  di
attribuzioni  della  Regione  che,  del  resto,  non  avrebbe  potuto
adottare  alcuna  modificazione  senza   ledere   il   principio   di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 
    Secondo il resistente, infatti,  la  disciplina  da  parte  dello
Stato della materia de qua sarebbe l'unica via per assicurare in modo
univoco,      inscindibile      e      conforme       all'ordinamento
giuridico-costituzionale, la valutazione e il contemperamento di ogni
interesse dei soggetti che compongono l'ordinamento della Repubblica,
tenendo conto altresi' degli  impegni  assunti  dallo  Stato  con  la
comunita' internazionale, in modo da garantire il pari trattamento  e
la pari  dignita'  sociale  dei  cittadini  e  assicurare,  ai  sensi
dell'art. 5 Cost., l'unita' e indivisibilita'  della  Repubblica  nel
rispetto delle autonomie locali e delle  finalita'  di  decentramento
amministrativo. 
    3.- Con memoria depositata in data 5 febbraio  2013,  la  Regione
autonoma Sardegna ha replicato  alle  eccezioni  statali,  insistendo
perche' venga  riconosciuta  l'ammissibilita'  e  la  fondatezza  dei
ricorsi. 
    3.1.- Ad avviso della ricorrente, infatti, cio' che rileva e'  il
fatto che i decreti ministeriali, in quanto recano disposizioni sulle
accise applicabili alle  Regioni  ad  autonomia  speciale,  avrebbero
violato la  legge  e  in  particolare  la  clausola  di  salvaguardia
contenuta  nella  legge  n.  42  del   2009,   cosi'   indirettamente
comprimendo,  senza  valido  fondamento,  la  competenza  legislativa
esclusiva della ricorrente  nella  materia  «ordinamento  degli  enti
locali» di cui all'art. 3, comma 1,  lettera  b),  dello  statuto  di
autonomia e la sua competenza legislativa concorrente  nella  materia
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». 
    3.2.-  Sussisterebbe,  quindi,  l'interesse  della  ricorrente  a
difendere le  sue  attribuzioni,  alla  luce  del  nesso  qualificato
sussistente tra territorio e imposizione, in forza dell'art. 8, comma
1, lettera d),  dello  statuto  di  autonomia,  che  conferisce  alla
Regione  una  quota  fissa   dei   «nove   decimi   dell'imposta   di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta  nel
territorio della regione». 
    3.3.- Parimenti non  fondata  risulterebbe  poi  l'eccezione  del
resistente in ordine alla mancata impugnazione della  norma  primaria
sulla base della quale e' stato adottato il decreto ministeriale,  in
quanto le norme primarie espressamente escludevano  che  la  modifica
del regime delle addizionali potessero sortire effetti nei  territori
delle Regioni a statuto speciale, di tal che non sussisterebbe alcuna
ragione in forza della quale la Regione avrebbe dovuto impugnare tali
disposizioni anziche' il decreto  ministeriale,  invero  adottato  in
loro violazione. 
    3.4.- La Regione ha poi contestato l'intento perequativo  addotto
dallo Stato a sostegno  del  decreto  ministeriale,  in  quanto  esso
avrebbe invece differenziato le posizioni  tributarie  dei  cittadini
italiani, aumentando il carico  fiscale  di  quelli  residenti  nelle
Regioni a statuto speciale, con conseguente interesse  della  Regione
autonoma Sardegna a garantire un ragionevole trattamento  fiscale  ai
contribuenti residenti sul suo territorio. 
    3.5.- Inoltre, quanto al  sopravvenuto  art.  4,  comma  10,  del
decreto-legge n. 16 del 2012, la Regione ricorrente osserva come tale
disposizione confermi in realta' l'assunto dalla medesima  sostenuto,
in quanto lo Stato e' stato costretto ad intervenire,  eliminando  le
addizionali comunali e provinciali all'accisa sull'energia  elettrica
anche nelle Regioni  a  statuto  speciale,  proprio  per  evitare  la
distorsione che su questi ultimi territori aveva provocato  l'aumento
generalizzato dell'aliquota dell'accisa medesima. 
    Non potrebbe quindi ritenersi verificata alcuna cessazione  della
materia del contendere, in quanto per i primi tre mesi  del  2012  il
vulnus arrecato da ciascun decreto ministeriale risulterebbe  essersi
prodotto. 
    3.6.- Al contrario la ricorrente rimarca  come  persista  il  suo
interesse a ricorrere anche sotto ulteriori profili. Invero,  secondo
la prospettazione della difesa, la Regione non godra' alcun  concreto
beneficio dall'aumento delle accise sull'energia, in  quanto  la  sua
quota di compartecipazione e' trattenuta dallo Stato a titolo maggior
contributo di finanza pubblica. Inoltre, la  Regione  neppure  godra'
del  gettito  complessivamente  maggiore  conseguente  alla   manovra
fiscale sulle accise, essendo questo riservato  allo  Stato,  e  anzi
dovra' ristorare gli enti locali  dei  suoi  territori  delle  minori
entrate derivanti dalla  soppressione  delle  addizionali  locali  in
forza dell'art. 4, comma 10, del decreto legge n. 16 del 2012. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione autonoma Sardegna,  con  i  due  distinti  ricorsi
indicati  in  epigrafe,  ha  promosso  giudizi   per   conflitto   di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,
in relazione a due decreti, entrambi adottati  in  data  30  dicembre
2011 dal Ministro dell'economia e delle finanze, con i  quali  veniva
aumentata l'accisa sull'energia elettrica per neutralizzare l'effetto
dell'eliminazione,  rispettivamente,  delle  addizionali  comunali  e
provinciali nelle Regioni a statuto ordinario. 
    In particolare, la ricorrente sostiene che gli impugnati  decreti
ministeriali - previsti dall'art. 2, comma 6, del decreto legislativo
14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo  fiscale
municipale) e dall'art. 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle
regioni  a  statuto  ordinario   e   delle   province,   nonche'   di
determinazione dei  costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel  settore
sanitario) - hanno aumentato  l'aliquota  delle  accise  sull'energia
elettrica anche nelle Regioni a statuto speciale, cosi'  violando  le
disposizioni dei decreti legislativi citati, a cui  avrebbero  dovuto
dare attuazione, che prevedevano invece l'aumento delle accise  nelle
sole  Regioni  a  statuto  ordinario,  in  conformita'  alla   delega
contenuta nella legge 5 maggio 2009, n.  42  (Delega  al  Governo  in
materia di federalismo fiscale, in  attuazione  dell'art.  119  della
Costituzione). 
    Tale violazione di legge avrebbe determinato un eccessivo  carico
fiscale  nei  confronti  dei  contribuenti  residenti  in   Sardegna,
soggetti non solo all'aumento dell'accisa, ma anche alle  addizionali
comunali e provinciali, eliminate nelle Regioni a statuto  ordinario,
ma  rimaste  in  vigore  nelle  Regioni  a  statuto   speciale   fino
all'entrata  in  vigore  del  decreto-legge  2  marzo  2012,  n.   16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. 
    Secondo  la   ricorrente,   simile   violazione   di   legge   si
ripercuoterebbe  indirettamente  sulle   competenze   legislative   e
amministrative della Regione autonoma Sardegna  e,  segnatamente,  su
quelle previste dall'art. 3 dello statuto in materia  di  ordinamento
degli enti locali e delle relative circoscrizioni; dall'art. 4  dello
statuto  in  ordine  alla  competenza  legislativa  in   materia   di
produzione e distribuzione dell'energia elettrica; dall'art. 6  dello
statuto in ordine alle funzioni amministrative riservate alla Regione
nelle  materie  in  cui  ha  competenza  legislativa  ai  sensi   del
precedente art. 3; dall'art. 7 dello statuto in  materia  di  finanza
locale  propria;  dall'art.   8   dello   statuto   in   materia   di
partecipazione (determinata in percentuale)  al  gettito  di  tributi
erariali riscossi nella Regione; dall'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione in ordine alla  competenza  legislativa  concorrente  in
materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario;   dall'art.   117,   primo   e   quinto   comma,    Cost.
sull'attuazione del diritto comunitario nelle materie  di  competenza
regionale;  dall'art.  117,  sesto  comma,  Cost.  in   ordine   alla
competenza   regolamentare   dello   Stato;   dall'art.   119   Cost.
sull'autonomia finanziaria degli enti  territoriali;  dall'art.  5  e
dall'art. 117 Cost. in ordine al principio di leale cooperazione. 
    2.- Data la loro evidente connessione, i giudizi  vanno  riuniti,
in quanto sono state dedotte le medesime violazioni. 
    3.- Entrambi i conflitti devono essere dichiarati inammissibili. 
    3.1.-  I   ricorsi   prospettano   una   violazione   di   legge,
determinatasi con l'adozione dei decreti ministeriali impugnati,  che
non  si  ripercuote  sulle  competenze  regionali  costituzionalmente
garantite;   essi,   pertanto,   deducono   un   vizio   degli   atti
amministrativi  impugnati  che  puo'  essere   fatto   valere   dagli
interessati nelle appropriate  sedi  giurisdizionali,  ma  non  dalla
Regione in sede di conflitto di attribuzioni davanti a questa Corte. 
    Infatti,  benche'  la  Regione  lamenti  formalmente   anche   la
violazione di disposizioni statutarie e costituzionali, essa si e' in
realta' limitata a evocare, o principi che non attengono  al  riparto
delle   competenze   (principi   di   ragionevolezza,    eguaglianza,
perequazione  e  solidarieta'  fiscale),  oppure   norme   di   rango
costituzionale  che  riguardano  competenze  regionali  attinenti  ad
ambiti del tutto  inconferenti  rispetto  al  contenuto  dei  decreti
ministeriali impugnati. 
    Le attribuzioni regionali citate dalla ricorrente, infatti,  sono
estranee all'oggetto dei decreti ministeriali impugnati nel  presente
giudizio. Questi ultimi,  rideterminando  l'aliquota  di  un  tributo
erariale, qual e' l'accisa sull'energia  elettrica,  afferiscono  con
tutta evidenza alla materia del sistema tributario dello  Stato,  che
rientra nelle competenze esclusive dello stesso, ai  sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    La lesione lamentata, dunque, si sostanzia e si  esaurisce  nella
asserita erronea  applicazione  della  legge  da  parte  dei  decreti
ministeriali. 
    Pertanto, i ricorsi non configurano un conflitto di  attribuzione
tra enti quale definito dall'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), cioe' come controversia in  ordine  all'invasione  o
alla menomazione di «competenze assegnate dalla Costituzione».  Essi,
dunque,  devono  essere  dichiarati  inammissibili,  in  ossequio  al
principio affermato da questa Corte, secondo  il  quale,  quando  «il
denunciato  pregiudizio  e'  riconducibile  esclusivamente  al   modo
erroneo in cui e' stata applicata la legge, non sussiste materia  per
un conflitto di attribuzione» (ex plurimis, sentenze n. 380 del  2007
e n. 497 del 1997). 
    3.2.- Quanto poi alla possibilita', prospettata dalla ricorrente,
che la Regione, in quanto ente esponenziale a  fini  generali,  possa
far valere, in sede di conflitto di attribuzione, gli  interessi  dei
contribuenti residenti nel suo territorio, la tesi  non  puo'  essere
condivisa. Infatti, secondo la giurisprudenza  di  questa  Corte  (ex
plurimis, sentenze n. 380 del 2007 e n.  27  del  2006),  le  Regioni
possono proporre ricorso per conflitto di attribuzioni  a  norma  del
citato art. 39, primo comma, della legge n. 87 del 1953, quando  esse
lamentino, non una qualsiasi conseguenza avvertita come  negativa  in
relazione al proprio territorio regionale,  ma  una  alterazione  del
riparto di competenza indicato dalla Costituzione o comunque da norme
di rango costituzionale. 
    4.-  La  presente  pronuncia  assorbe  l'istanza  di  sospensione
cautelare dei decreti ministeriali impugnati dalla  Regione  autonoma
Sardegna. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    dichiara inammissibili i ricorsi per  conflitto  di  attribuzione
(reg. confl. enti n. 2 e  n.  3  del  2012)  promossi  dalla  Regione
autonoma Sardegna nei confronti dello Stato, e per esso del  Ministro
dell'economia e delle finanze, in relazione ai  decreti  adottati  da
detto Ministro in data 30 dicembre 2011, recanti aumento  dell'accisa
sull'energia elettrica a seguito della soppressione  dell'addizionale
provinciale e  della  cessazione  dell'applicazione  dell'addizionale
comunale nelle Regioni a statuto ordinario. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2013. 
 
                                F.to: 
                      Franco GALLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2013. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI