N. 35 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 marzo 2013
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 marzo 2013 (della Provincia autonoma di Trento). Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Maggior gettito tributario derivante dall'aumento d'importo del contributo unificato per le controversie davanti alla giustizia amministrativa - Riserva all'entrata del bilancio statale per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia amministrativa - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciato contrasto con la particolare disciplina finanziaria prevista per le Province autonome - Contrasto con le norme statutarie e di attuazione che riservano ad esse, in tutto o in parte, l'entrata di cui trattasi - Insussistenza dei requisiti per la riserva statale. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 25, lett. b), n. 4 (modificativo dell'articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111) e 28. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 75, primo comma, lett. g); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10 e 10-bis. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilita' interno per gli anni 2013, 2014 e 2015 - Incremento del concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome in misura di 500 milioni di euro annui, da realizzare mediante accantonamenti annuali, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Richiamo alle argomentazioni gia' svolte dalla medesima Provincia con il ricorso n. 156/12 - Denunciata ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle Regioni speciali, disposta su base meramente potestativa - Violazione del principio dell'accordo che regola il regime dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali - Contrasto con le disposizioni statutarie e di attuazione riguardanti il concorso della Provincia agli obiettivi di finanza pubblica - Inosservanza delle procedure d'intesa previste per la revisione e le modifiche del titolo VI dello Statuto speciale - Lesione dell'autonomia finanziaria provinciale - Mancata determinazione di limiti certi alla durata dell'obbligo. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 118 (modificativo dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135). - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), Titolo VI, in particolare, artt. 75 e 79, e artt. 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 9. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e correlato finanziamento - Riduzione di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1000 milioni di euro dall'anno 2014, rispetto al livello rideterminato dall'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012 - Previsione che, in attesa dell'emanazione delle norme di attuazione di cui all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, il concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome e' effettuato mediante accantonamenti annuali, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Richiamo alle argomentazioni gia' svolte dalla medesima Provincia con il ricorso n. 156/12 - Denunciata violazione dell'autonomia della Provincia nell'organizzazione e gestione del servizio sanitario - Interferenza con la destinazione dei tributi erariali statutariamente spettanti alla ricorrente - Alterazione unilaterale dell'assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Provincia ricorrente - Violazione del principio dell'accordo - Inosservanza della procedura di revisione dello Statuto speciale. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 132. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 103, 104 e 107; legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 108. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Operazioni immobiliari - Possibilita', dal 1° gennaio 2014, per gli enti territoriali e per quelli del Servizio sanitario nazionale, di effettuare acquisti immobiliari solo se ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilita' e l'indilazionabilita' e se la congruita' del prezzo sia attestata dall'Agenzia del demanio - Divieto, salvo eccezioni, per le pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, di acquistare nel 2013 immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnazione proposta per l'ipotesi che le disposizioni censurate siano immediatamente applicabili alle Province autonome ed agli enti locali dei rispettivi territori - Denunciata imposizione di norme di dettaglio immediatamente precettive in materie di competenza delle Province autonome - Violazione della loro autonomia finanziaria e amministrativa- Violazione della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica - Violazione del regime di separazione tra fonti statali e provinciali nelle materie di competenza provinciale - Contrasto con la norma statutaria che regola il concorso della Provincia al risanamento della finanza pubblica e alla definizione del patto di stabilita' . - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 138, nella parte in cui introduce i commi 1-ter e 1-quater dell'art. 12 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111. - Costituzione, art. 117, comma terzo; Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), Titolo VI, in particolare, art. 79, e art. 104; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, artt. 2 e 4; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 16 e 17, comma 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Divieto alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A. di effettuare negli anni 2013 e 2014 spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, di acquistare autovetture o stipulare contratti di leasing fino al 31 dicembre 2014, di conferire incarichi di consulenza in materia informatica, salvo casi eccezionali adeguatamente motivati - Obbligo di versare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dal contenimento di spesa - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnazione proposta per l'ipotesi che le previsioni censurate siano immediatamente applicabili alla Provincia agli enti locali del suo territorio - Denunciata imposizione di norme di dettaglio immediatamente precettive - Imposizione unilaterale ai bilanci della Provincia e degli enti locali di un ulteriore contributo - Contrasto con le norme statutarie che regolano i modi in cui la ricorrente concorre agli obiettivi di finanza pubblica - Violazione del principio dell'accordo in materia finanziaria - Lesione dell'autonomia finanziaria degli enti locali e della competenza provinciale in materia di coordinamento della finanza locale. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 141, 142, 143 e 146. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 80 e 81; d.lgs . 16 marzo 1992, n. 268, art. 17. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito dell'imposta municipale propria (IMU) - Destinazione - Istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, del Fondo di solidarieta' comunale, alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei Comuni - Riserva allo Stato del gettito dell'imposta derivante dagli immobili ad uso produttivo - Conferma per gli anni 2013 e 2014 dell'obbligo (previsto dall'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2001, gia' impugnato dalla medesima Provincia con il ricorso n. 34/12) delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di assicurare il recupero al bilancio statale del maggiore gettito stimato dei Comuni ricadenti nel proprio territorio, mediante accantonamento di pari importo a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Modificabilita' degli importi a seguito della verifica del gettito dell'imposta riscontrato per il 2012 - Ricorso della Provincia autonoma di Trento (in via cautelativa con riguardo alla questione sul Fondo di solidarieta') - Denunciata violazione dell'autonomia finanziaria provinciale - Contrasto con la norma statutaria che regola il concorso della Provincia al risanamento della finanza pubblica e alla definizione del patto di stabilita' - Contrasto con il principio dell'accordo tra Stato, Regioni speciali e Province autonome in materia finanziaria. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, in particolare, lett. b), f), h) e i). - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 80 commi primo e primo-ter, e 81, secondo comma, 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10 e 10-bis. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Gettito dell'imposta municipale propria (IMU) - Riserva allo Stato del gettito dell'imposta municipale propria derivante dagli immobili ad uso produttivo - Modificabilita' degli importi a seguito della verifica del gettito dell'imposta riscontrato per 2012 - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata avocazione allo Stato di risorse riscosse a titolo di tributo erariale, corrispondenti a tributi spettanti alla Provincia o agli enti locali - Contrasto con il principio consensuale nelle relazioni finanziarie tra lo Stato, le Regioni speciali e le Province autonome - Insussistenza dei requisiti posti dall'art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992 per la riserva statale - Violazione del principio della certezza del diritto. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, in particolare, lett. f) e i). - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 75, primo comma, lett. g); d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10 e 10-bis. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Sovragettito percepito dai Comuni in relazione all'aliquota di base dell'imposta municipale propria (IMU) - Conferma per gli anni 2013 e 2014 dell'obbligo (previsto dall'art. 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011, gia' impugnato dalla medesima Provincia con il ricorso n. 34/12) per le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e per le Province autonome di Trento e Bolzano di riversarlo per conto dei Comuni siti nei rispettivi territori, mediante accantonamenti sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata lesione violazione dell'autonomia finanziaria provinciale - Violazione delle norme statutarie che configurano un sistema completo di concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica non derogabili se non con le modalita' statutarie. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 380, lett. h). - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 75, 79, 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9 e 10. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica - Assoggettamento di tali enti al rispetto dei commi da 449 a 472 dell'art. 1 della legge predetta, qualificati come principi fondamentali di coordinamento finanziario - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata alterazione unilaterale dell'assetto dei rapporti in materia finanziaria disegnato dallo Statuto speciale - Violazione del principio dell'accordo per la modifica di tali rapporti - Violazione della normativa di attuazione statutaria che esclude la diretta applicazione di norme statali in materie di competenza regionale e prescrive l'adeguamento della legislazione regionale - Indebita evocazione di un potere sostitutivo diverso da quelli previsti dalle norme di attuazione statutaria. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 448. - Costituzione, art. 120; Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 79; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, art. 8. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica - Previsione, con disposizioni qualificate come principi fondamentali di coordinamento finanziario, che i predetti enti concordano con il Ministero dell'economia e finanze, per gli anni dal 2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato unilateralmente aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011 con importi e contributi predefiniti da alcune leggi e che tali contributi sono applicati anche in caso di mancato accordo - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della normativa statutaria, che vieta la regolazione unilaterale degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno - Violazione del principio dell'accordo tra Stato e autonomie speciali in materia finanziaria - Violazione del principio di ragionevolezza, per contraddittorieta' intrinseca - Vanificazione del regime dell'intesa "forte" - Violazione del principio di leale collaborazione. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 455 e 456. - Costituzione, art. 3; Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), Titolo VI, in particolare art. 79, comma terzo, e artt. 104 e 107. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome - Previsione che gli enti locali situati sul territorio regionale siano assoggettati all'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'art. 31 della legge n. 183 del 2011 e, in caso di mancato accordo, alle disposizioni previste in materia di patto di stabilita' interno per gli enti locali del restante territorio nazionale - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della competenza provinciale in materia di finanza locale - Contrasto con le disposizioni della legge di stabilita' 2011 in materia - Contrasto con la clausola di salvaguardia di cui al comma 458 dell'art. 1 della legge impugnata. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 457. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 79, comma terzo, 80 e 81; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 2. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Concorso della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica - Previsione che tali enti concorrono al riequilibrio finanziario anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione di specifiche norme di attuazione statutaria, le quali devono precisare le modalita' e l'entita' dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata esorbitanza dalla competenza del legislatore statale ordinario - Contrasto con la speciale disciplina statutaria sul concorso provinciale agli obiettivi di finanza pubblica. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 459. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 79, 104 e 107. Bilancio e contabilita' pubblica - Legge di stabilita' 2013 - Condizioni per l'adempimento del patto di stabilita', casi di inadempimento e relative sanzioni - Applicabilita' di tali previsioni alle Regioni ad autonomia speciale e alle Province autonome - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciato contrasto con la speciale disciplina statutaria degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno - Violazione del principio consensuale nei rapporti finanziari tra Stato e Regioni speciali - Inosservanza delle forme procedimentali necessarie per la modifica o l'attuazione del Titolo VI dello Statuto speciale - In via eventuale (qualora le norme impugnate fossero intese applicabili anche in relazione agli obblighi concernenti i patti di stabilita' degli enti locali): violazione delle competenze provinciali in riferimento agli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e alle funzioni di coordinamento degli enti locali - Violazione della competenza legislativa provinciale in materia di finanza locale. - Legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 461, 462, 463, 464 e 465. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), art. 79, (in via eventuale: artt. 79, commi terzo e quarto, 80 e 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, art. 2, (in via eventuale: d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, art. 17, comma 3).(GU n.15 del 10-4-2013 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore, previa deliberazione della Giunta provinciale 8 febbraio 2013, n. 220 (doc. 1), e delibera di ratifica del Consiglio provinciale 19 febbraio 2013, n. 3 (doc. 2), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 27853 del 26 febbraio 2013 (doc. 3), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento, con domicilio eletto presso l'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma in via Confalonieri, n.5, Roma; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 25, lett. b), n. 4, e comma 28; comma 118; comma 132; se ed in quanto riferibili alle Province autonome, commi 138; 141; 142; 143; 146; 380, in particolare lett. b), f), h) e i); 448; 455; 456; 457; 459; da 461 a 465 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2012 suppl. ord. n. 212/L; Per violazione: degli articoli 75, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale); del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 79, 80 e 81; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare degli articoli 9, 10, 10-bis, 17, 18 e 19, e del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115; dell'articolo 9, n. 10) e dell'articolo 16 dello Statuto speciale nonche' delle relative norme di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare dell'articolo 2), e dell'articolo 8 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526; degli articoli 117, 118, 119 e 120 della Costituzione in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; del principio di leale collaborazione, nei modi e peri profili di seguito illustrati. Fatto e diritto Premessa. Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della legge 24 dicembre 2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013). Tale legge, conformemente alla sua natura, ha contenuto eterogeneo, e contenuto eterogeneo hanno anche le diverse disposizioni qui impugnate. E' risultato percio' preferibile evitare una illustrazione generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. Alcune delle disposizioni qui impugnate sono certamente destinate ad applicarsi alla ricorrente Provincia, in quanto esse espressamente includono le Province autonome di Trento e di Bolzano tra i propri destinatari. In altri casi l'intenzione del legislatore di riferire le discipline contestate alla ricorrente Provincia non e' certa, ed anzi e' possibile intenderle nel senso che esse non si applichino ad essa. Infatti, la legge n. 228/2012 contiene all'art. l, comma 554 una clausola di salvaguardia cosi formulata: "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano attuano le disposizioni di cui alla presente legge nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione". La ricorrente Provincia ritiene che tale clausola debba essere intesa nel senso di un generale rinvio al meccanismo delle norme di attuazione - quale meccanismo generale previsto dagli Statuti speciali - e ad eventuali meccanismi differenziati previsti dalle stesse norme di attuazione per specifici ambiti. Tuttavia, ne' la particolare formulazione della clausola (con l'assegnazione alle stesse Regioni speciali e province autonome di un compito attuativo), ne' il contenuto delle singole disposizioni impugnate consentono di escludere che esse intendano applicarsi - sia pure indirettamente - anche in provincia di Trento. Cio' giustifica la loro contestazione con il presente ricorso; qualora, invece, si dovesse condividere che il comma 554 escluda l'applicabilita' delle norme impugnate in provincia di Trento, senza porre per il futuro vincoli di contenuto alle norme di attuazione dello statuto, le ragioni di doglianza verrebbero meno, in relazione a tutte le disposizioni che non si riferiscono espressamente alla ricorrente Provincia. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 25, lett. b), n. 4 e comma 28. L'art. 1, comma 25, lett. b), n. 4 modifica l'art. 37, comma 10, d.l. n. 98/2011. La modifica consiste nell'aggiunta, alla fine, del seguente periodo: «Il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 6, lettera s), e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, alimentato con le modalita' di cui al periodo precedente, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia amministrativa». L'art. 37, comma 6, lett. s) ridetermina il contributo unificato per i giudizi amministrativi. A sua volta, l'art. 1, comma 28 stabilisce che "il maggior gettito derivante dall'applicazione dei commi 25, lettera a), e 27 e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al capitolo di cui all'articolo 37, comma 10, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,... introdotto dal comma 25, lettera b), numero 4), del presente articolo". Il maggior gettito di cui al comma 25, lett. a), e' sempre quello derivante dall'aumento del contributo unificato per i giudizi amministrativi, perche' tale disposizione modifica l'art. 37, comma 6, lett. s) d.l. 98/2011. Il comma 27 dispone che "il contributo di cui all'articolo 13, comma 6-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, come da ultimo modificato dal comma 25, lettera a), del presente articolo, e' aumentato della meta' per i giudizi di impugnazione": anche l'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. 115/2002 riguarda "il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato". Dunque, entrambe le norme impugnate riservano al bilancio statale il maggior gettito derivante dall'aumento del contributo unificato per i giudizi amministrativi, con lo scopo di effettuare "interventi urgenti in materia di giustizia amministrativa". Ed entrambe violano l'art. 75 dello Statuto. Infatti, l'art. 75 dello Statuto speciale dispone che "sono attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici". La natura "erariale" del contributo unificato e' pacifica: v. la sent. di codesta Corte 73/2005, punto 3 del Diritto. Dunque, il maggior gettito del contributo unificato - riservato allo Stato dalle norme impugnate - rientra evidentemente tra le "entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate", di cui all'art. 75, comma l, lett. g), St. In questi termini, i nove decimi di esso spettano alla Provincia. Percio' l'art. 1, comma 25, lett. b), n. 4 e comma 28 sono costituzionalmente illegittimi. La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992. Per quanto qui rileva, infatti, l'art. 9 di tale decreto dispone che "il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile"; si aggiunge poi che "fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis". Per una piu' completa comprensione di questa clausola conviene ricordare che l'art. 10 regolava la "quota variabile" di cui all'art. 78 dello Statuto, quota che e' stata soppressa dall'art. 1, comma 107, della legge n. 191 del 2009 (comma emanato ai sensi dell'art. 104 dello Statuto di autonomia), come parte del contributo delle Province autonome al conseguimento degli obbiettivi di perequazione e di stabilita'. In relazione ad essa il comma 6 dell'art. 10 stabiliva che "una quota del previsto incremento del gettito tributario, escludendo comunque gli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale, spettante alle province autonome e derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita' e non considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo all'esercizio finanziario precedente, da valutarsi al netto delle eventuali previsioni di riduzione di gettito conseguenti all'applicazione di norme connesse, puo' essere destinata, limitatamente agli esercizi previsti dall'accordo, al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti". A sua volta, l'art. 10-bis dispone che "entro la data di cui al comma 2 dell'art. 10 e' altresi' definito l'accordo tra il Governo e il presidente della giunta regionale che individua: a) la quota da destinare al bilancio dello Stato del gettito tributario derivante da maggiorazioni di aliquote di tributi o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all'art. 9, qualora il predetto gettito non risulti distintamente contabilizzato nel bilancio dello Stato, ovvero temporalmente delimitato; b) l'eventuale quota delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione, che rimane a carico del bilancio della regione medesima, in relazione alle disposizioni di cui al comma 6 dell'art. 10, da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito tributario derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica, nonche' tenuto conto della quota di cui alla lettera a)". In altre parole, sin da prima della modifica dello Statuto concordata nel 2009 tra lo Stato e la Regione e le Province autonome (e tradotta - a termini dell'art. 104 dello Statuto - nelle pertinenti disposizioni della legge n. 191 del 2009), solo attraverso lo strumento dell'accordo possono essere riservate risorse allo Stato, secondo le disposizioni degli artt. 10 e 10-bis dello stesso d.lgs. n. 268/1992 , al di fuori dei rigorosi presupposti per la riserva all'erario di cui all'art. 9 del d.lgs. 268/1992. Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che, in relazione al contributo unificato, non sussistono i requisiti posti dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario del "gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010, secondo la quale "tale articolo richiede, per la legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; e) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". Ora, l'art. 1, comma 25, lett. b), n. 4 e comma 28 non prevedono una limitazione temporale ne' del maggior gettito ne' della riserva di esso al bilancio statale e, inoltre, non prevedono la separata contabilizzazione, per cui non consentono di quantificare l'entita' della riserva. Inoltre, le spese cui e' destinato il maggior gettito sono specifiche ma non risulta il loro carattere "non continuativo": non e' assicurato, infatti, che gli "interventi urgenti in materia di giustizia amministrativa" siano temporanei. Pare chiara, dunque, l'illegittimita' delle norme impugnate, per violazione dell'art. 75, lett. g), dello Statuto speciale e degli arti. 9, 10 e 10-bis d.lgs. 268/1992. Si puo' qui ricordare che la sent. 142/2012 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 21, d.l. 98/2011, "nella parte in cui dispone che sia integralmente versato al bilancio dello Stato il gettito dell'addizionale erariale sulla tassa automobilistica provinciale percetto nei rispettivi territori delle Province autonome di Trento e di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali Province autonome i nove decimi di detto gettito". 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 118. Il comma 118 modifica l'art. 16, comma 3, quarto periodo del d.l. 95/2012. L'art. 16, comma 3, stabilisce ora che, "con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015" (primo periodo). Inoltre, si prevede che fino "all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza" Stato-Regioni "e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 31 gennaio di ciascun anno" (secondo periodo, modificato dall'art. 1, comma 469, legge 228/2012); ma in caso di mancato accordo, "l'accantonamento e' effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 febbraio di ciascun anno, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE" (terzo periodo, modificato dall'art. 1, comma 469, legge 228/2012). Ancora, si prevede inoltre che fino "all'emanazione delle norme di attuazione..., gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi incrementati di 500 milioni di euro annui derivanti dalle predette procedure" (quarto periodo, come modificato dall'art. 1, comma 118, legge n. 228/2012). Dunque, la norma impugnata aumenta di 500 milioni annui gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle Regioni speciali e, in sostanza, anche la misura del concorso delle stesse Regioni alla finanza pubblica, previsto dal primo periodo dell'art. 16, comma 3. Questa Provincia ha gia' impugnato l'art. 16, comma 3, d.l. 95/2012 con il ricorso n. 156/2012. Per l'art. 1, comma 118, si possono dunque richiamare le argomentazioni svolte in quella sede: "Siamo, dunque, di fronte ad una ulteriore rilevante sottrazione di risorse alle Regioni speciali, che si aggiunge a quelle previsti dall'art. 14 d.l. 78/2010, dall'art. 20, comma 5, d.l. 98/2011, dall'art. 1, comma 8, d.l. 138/2011 (come sintetizzati e ripartiti dal comma 10 dell'art. 32 della legge n. 183 del 2011) e dall'art. 28, comma 3, d.l. 201/2011. Come le precedenti, essa e' disposta su base meramente potestativa, come se le norme statutarie che definiscono la finanza della Provincia autonoma di Trento non avessero alcun valore, o fossero liberamente disponibili da parte del legislatore statale. Infatti, la sottrazione di risorse qui contestata non ha alcuna base statutaria. Al contrario, le disposizioni dello Statuto, a partire dal fondamentale art. 75, sono rivolte ad assicurare alla Provincia le finanze necessarie all'esercizio delle funzioni: ed e' chiaro che la devoluzione statutaria di importanti percentuali dei tributi riscossi nella provincia non avrebbe alcun senso, se poi fosse consentito alla legge ordinaria dello Stato di riportare all'erario tali risorse, per di piu' con determinazione unilaterale e meramente potestativa. Per di piu', come gia' ricordato, l'art. 79 dello Statuto di autonomia disciplina ormai in modo preciso, esaustivo ed esclusivo le regole secondo le quali le Province assolvono gli "obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (comma 1): e - come lo stesso art. 79 esplicitamente precisa - tali regole "possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104", mentre "fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (comma 2). Ed il comma 4 ribadisce che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta'... non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Con le disposizioni statutarie sopra ricordate l'impugnato art. 16, comma 3, si pone in insanabile conflitto. Le risorse spettanti alla Provincia non possono essere semplicemente "acquisite" dallo Stato, mentre la Provincia stessa concorre al risanamento della finanza pubblica nei modi direttamente previsti dall'art. 79 o comunque in quelli regolati dall'art. 79 (v. il comma 3). Si tratta di un regime speciale, che non puo' essere alterato unilateralmente dal legislatore ordinario. Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale: v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010. Non puo' ingannare, in questo come negli altri casi, il rinvio alle norme di attuazione dello Statuto. In primo luogo, l'accantonamento previsto in attesa delle norme di attuazione e' gia' autonomamente lesivo, traducendosi in diretta violazione dell'art. 75 St. e in una sottrazione delle risorse disponibili per la Provincia, al di fuori delle regole di coordinamento finanziario stabilite dall'art. 79 (v. anche argomenti esposti sopra). La riduzione delle risorse e' operata direttamente e unilateralmente dal legislatore statale, in contrasto con lo Statuto e con il principio consensuale che domina i rapporti tra Stato e Regioni speciali in materia finanziaria (v. le semi. sopra citate). In secondo luogo, quanto alle stesse norme di attuazione, l'art. 79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione. In terzo luogo, l'art. 16, comma 3, determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio. In definitiva, come detto, l'art. 16, comma 3, viola l'art. 79 St., comma 1, 2, e 4, primo periodo, perche' i modi in cui la Provincia concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica o sono fissati direttamente dallo stesso art. 79 o vanno concordati tra Stato e Provincia, sempre in base all'art. 79. Corrispondentemente, e' violato l'art. 104, che richiede il consenso della Provincia per la modifica delle norme del Titolo VI dello Statuto. Inoltre, e' violato l'art. 107 St., perche' una fonte primaria pretende di vincolare il contenuto delle norme di attuazione. Ancora, l'art. 16, comma 3, viola l'art. 75 St., perche' diminuisce l'importo spettante alla Provincia a titolo di compartecipazioni, in base alla suddetta norma statutaria. E', poi, ulteriormente e specificamente illegittimo e lesivo l'art. 16, comma 3, la' dove prevede il criterio del riparto dell'accantonamento ("in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SlOPE"). Infatti, tale criterio non risulta in alcun modo pariteticamente concordato tra Stato e Regioni speciali, in contrasto con il principio consensuale di cui sopra, oggi stabilito espressamente nello Statuto speciale per la determinazione del patto di stabilita' (e comunque sempre seguito nelle precedenti leggi finanziarie dello Stato). Da ultimo, e ferme restando le censure fino ad ora esposte, la disposizione di cui al comma 3 e' autonomamente altresi' illegittima nella parte in cui dispone un concorso che "a decorrere dall'anno 2015" si protrae a tempo indeterminato. In effetti, anche nei casi in cui - peraltro sul fondamento di basi giuridiche che non possono essere applicate alla ricorrente Provincia - codesta Corte costituzionale ha ammesso la legittimita' di speciali contribuzioni verso lo Stato, e' pur sempre rimasto fermo che tali contribuzioni si correlano a situazioni temporalmente definite, e non possono divenire il regime permanente dei rapporti finanziari (v. in particolare sent. 193/2012). Di qui la palese illegittimita' anche in relazione a questo specifico profilo". Per le stesse ragioni e' illegittimo l'art. 1, comma 118. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 132. Premesso che l'art. 1, comma 131, della legge 228/2012 modifica le misure in materia sanitaria gia' previste dall'art. 15, comma 13, d.l. 95/2012, determinando "una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi", il comma 132 stabilisce che, "in funzione delle disposizioni recate dal comma 131 e dal presente comma, il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, come rideterminato dall'articolo 15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...e' ridotto di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014". Stabilisce altresi' che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione della Regione siciliana, "assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42" e che, inoltre,fino "all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27 della legge n. 42 del 2009, l'importo del concorso alla manovra di cui al presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali" Dunque, il comma 132 regola il concorso delle Regioni speciali alla riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento. L'art. 15, comma 22, d.l. 95/2012 gia' aveva ridotto il livello del fabbisogno del SSN e aveva regolato il concorso delle Regioni speciali con una disciplina (contenuta negli ultimi due periodi del comma 22), uguale a quella di cui all'art. 1, comma 132, legge 228/2012, che gia' e' stata impugnata dalla ricorrente Provincia con il ricorso 156/2012. Data l'identita' della disposizione, anche la nuova disciplina risulta illegittima per le medesime ragioni svolte nel gia' citato ricorso 156/2012, che si possono qui richiamare. Vanno premesse, pero', alcune considerazioni generali. Lo Statuto speciale del Trentino-Alto Adige attribuisce alle Province autonome potesta' legislativa concorrente in materia di igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera, e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9, n. 10), e art. 16) St.). Tali norme statutarie sono state attuate ed integrate con il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita') e con il d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanita' approvate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474). La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita' si e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto ad essa si estende la competenza di cui all'art. 117, comma 3, Cost., che, secondo codesta Corte, e' "assai piu' ampia" di quella prevista dallo Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006). Tuttavia, l'autonomia della Provincia di Trento in campo sanitario ha ormai da quasi due decenni una caratteristica che la differenzia radicalmente dalla condizione delle Regioni ordinarie. Infatti, in relazione all'assetto statutario delle competenze sopra descritto e quale concorso delle Province autonome al riequilibrio della finanza pubblica nazionale, gia' l'articolo 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha disposto che le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, utilizzando prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle altre imposte sostitutive e, ad integrazione, le risorse dei propri bilanci. Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia finanziaria provinciale. Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza, tra l'altro, per la previsione espressa di una disposizione volta a disciplinare in modo completo i termini e le modalita' del concorso della Regione e delle Province autonome al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale (articolo 79, comma 1, St.). Tali misure "possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1". L'art. 79, comma 3, stabilisce che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo". Fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, "spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie...", e "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Le province "vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma ed esercitano sugli stessi il controllo successivo sulla gestione dando notizia degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti". Anche il comma 4 ribadisce che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Tenuto conto della speciale autonomia finanziaria della Provincia, sia nel settore sanitario che in generale, lo Stato non puo' limitare le spese provinciali in campo sanitario. Poiche', come sopra esposto, le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato, ne deriva che "lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario" (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). Inoltre, le limitazioni sarebbero incongrue anche se commisurate alla generale autonomia finanziaria provinciale, quale definita dalle disposizioni sopra illustrate del Titolo VI dello Statuto. Da esse, ed in particolare dalla disciplina di cui all'art. 79 St. e dal principio dell'accordo, che domina il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010), risulta che la Provincia non e' soggetta alle misure di coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie, ma a quelle stabilite a priori dallo Statuto ed a quelle ulteriori concordate con lo Stato. In definitiva, e' illegittima l'assimilazione alle Regioni ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie risorse il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che riguarda il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, regime che prevede espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia di "provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento... alle aziende sanitarie" (art. 79, comma 3, statuto). Premesso cio', valgono anche avverso l'art. 1, comma 132, della legge 228/2012 le seguenti argomentazioni, gia' svolte nel ricorso 156/2012 contro l'art. 15, comma 22, d.l. 95/2012: "Dunque, nella disciplina cosi' stabilita le norme di razionalizzazione della spesa contenute nell'art. 15 costituiscono la premessa di un minor fabbisogno e di un minore "correlato finanziamento", cioe' di una minore dimensione del Fondo sanitario nazionale: che poi si traduce, ovviamente, in un minor trasferimento di risorse dallo Stato alle Regioni che partecipano di tale fondo. Sin qui il meccanismo e' logico. Non si puo' dire ugualmente della applicazione delle disposizioni sopra descritte alle autonomie speciali nelle quali la sanita' e' a carico della Regione stessa: come accade appunto per la Provincia di Trento. In esse non esiste un separato finanziamento per il servizio sanitario, che e' invece finanziato con il bilancio generale. La Provincia, che finanzia in proprio il servizio, rivendica - come esposto ai punti precedenti - di non essere soggetta alle forzose riduzioni dei livelli delle prestazioni sopra descritti. Ma ove tali riduzioni si verificassero - e con esse un minore livello di spesa - si tratterebbe pur sempre di una minore incidenza della spesa sanitaria sull'autonomo bilancio complessivo della Provincia autonoma, come definito dalle entrate che lo Statuto attribuisce ad essa e dalle spese necessarie o opportune. Nel meccanismo ideato dalle norme qui contestate, invece, la violazione dell'autonomia della Provincia nella organizzazione e gestione del servizio sanitario, con la forzosa riduzione dei suoi livelli, si traduce addirittura in una forzosa acquisizione allo Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato del passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia nelle funzioni si somma l'illegittima sottrazione di risorse. E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione dell'art. 75 dello statuto - il principio stesso di tale acquisizione, infatti l'art. 75 St. attribuisce alle Province quote del gettito di determinate entrate tributarie della Stato, percepite nei rispettivi territori provinciali, e poi "nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate" (comma 1, lett. g), affinche' queste vengano spese nell'esercizio delle funzioni e competenze costituzionali della Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo piacimento. In pratica, il comma 22 determina un contributo straordinario permanente, a carico della Provincia, al risanamento della finanza pubblica statale. Inoltre, e' violato anche l'art. 79 St., in quanto si dispone un concorso della Provincia al risanamento della finanza statale, al di la' di quanto previsto dalla noi statutaria, che definisce in modo esaustivo gli strumenti con cui la Provincia conce agli obiettivi di finanza pubblica, come gia' esposto ai punti 1 e 2. Ancora, le norme del comma 22 alterano unilateralmente l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il principio dell'accordo domina tali rapporti (anche su cio' v. i punti 1 e 2) e gli artt. 103 e 104 dello Statuto che regolano la procedura di revisione dello Statuto e la particolare procedure modifica delle norme finanziarie di esso. [...] Il quomodo del concorso e' definito nei modi previsti dal quarto e quinto periodo quarto periodo effettua un rinvio alle norme di attuazione dello statuto, mentre il quinto prevede che, fino all'emanazione di esse, lo Stato trattenga ogni anno, si quote di compartecipazione ai tributi erariali previste dallo Statuto, l'importo concorso della Provincia alla riduzione della spesa sanitaria. Ora, il rinvio alle norme di attuazione (quarto periodo) e' comunque illegittimo, quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione. Inoltre, la norma in questione determina (illegittimamente) vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio e contrasta con l'art. 107 St. Infine, la previsione dell'accantonamento di un importo imprecisato su tali quote autonomamente viola l'art. 75, dato che le somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte. Esso viola altresi' l'art. 2, comma 108, legge 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, comma 106, legge 191/2009), che, nel dare attuazione all'art. 75 St., ha stabilito che "le quote dei proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle province autonome di Trento e di Boa ai sensi degli articoli 69, 70 e 75" dello Statuto, "a decorrere dal 1° gennaio 2011, sono riversate dalla struttura di gestione individuata dall'articolo 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i tributi oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai soggetti a cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla regione e alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai medesimi enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato, nei modi e nei tempi da definire con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la regione e le province autonome". Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato, sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti". 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 138, nella parte in cui introduce i nuovi commi 1-ter e 1-quater dell'art. 12 del d.l. 98/2011. L'art. 1, comma 138, aggiunge diversi commi nell'art. 12 d.l. 98/2011, tra i quali rilevano qui commi 1-ter e 1-quater. Il comma 1-ter dispone che "a decorrere dal l ° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilita' interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l'indispensabilita' e l'indilazionabilita' attestate dal responsabile del procedimento. La congruita' del prezzo e' attestata dall'Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni e' data preventiva notizia, con l'indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell'ente". Tale norma, qualora fosse ritenuta applicabile a questa Provincia autonoma e agli enti locali trentini, sarebbe lesiva delle prerogative costituzionali provinciali sono diversi profili. In primo luogo, si tratta di una norma che interviene nella materia del coordinamento della finanza pubblica ma non ha carattere di principio fondamentale, in quanto e' una norma dettagliata, direttamente applicabile, che limita una voce puntuale di spesa e pone un vincolo non temporaneo. Essa, dunque, viola l'autonomia finanziaria della Provincia (Titolo VI dello Statuto e d.lgs. 268/1992) e l'art. 117, comma 3, Cost. (se ritenuto piu' favorevole), che prevede la competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. E' opportuno ricordare che "spetta alla regione e alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti da esse dipendenti" (art. 16 d.lgs. 268/1992) e che "le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale" (art. 17, comma 3, d.lgs. 268/1992). Inoltre, il nuovo art. 12, comma 1-ter, d.l. 98/2011, dettando norme direttamente applicabili in una materia di competenza provinciale, viola l'art. 2 d.lgs. 266/1992, che stabilisce un regime di separazione tra fonti statali e fonti provinciali nella materie di competenza provinciale. L'obbligo di mero adeguamento, previsto dall'art. 2 d.lgs. 266/1992, e' ribadito - per le leggi aventi finalita' di coordinamento della finanza pubblica che concretano limiti statutari - dall'art. 79, comma 4, secondo periodo, dello Statuto speciale. Ancora, il vincolo a far attestare la congruita' del prezzo dall'Agenzia del demanio, "previo rimborso delle spese" viola sia l'autonomia amministrativa che l'autonomia finanziaria provinciale. Quanto alla prima, risulta in particolare violato l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che vieta l'assunzione da parte statale di funzioni amministrative locali, nelle materie di competenza provinciale. Inoltre, le scelte dell'amministrazione provinciale o dell'ente provinciale sarebbero condizionate da un organo statale, realizzando cosi' una forma di controllo di merito anomala e non prevista ne' dallo Statuto ne' dalla Costituzione. Quanto all'autonomia finanziaria, risulta evidentemente incongruo che il legislatore statale obblighi la provincia a corrispondere un rimborso per una prestazione che essa sarebbe costretta a richiedere, pur avendo gli uffici provinciali piena competenza e capacita' in materia, in quanto titolari della competenza, tra l'altro, in materia di espropriazioni. Infine, ricordato che la Provincia non partecipa alla ripartizione del Fondo sanitario nazionale, la norma in questione viola l'art. 79 dello Statuto, che regola in modo esaustivo le modalita' di concorso della Provincia al risanamento della finanza pubblica e le procedure di definizione del patto di stabilita' interno, precisando che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (comma 2), che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo", che "spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, ai propri enti e organismi strumentali, alle aziende sanitarie,[...]", che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale" (comma 3) e che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo" (comma 4). Il nuovo art. 12, comma 1-quater, d.l. 98/2011 statuisce che "per l'anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT [...], non possono acquistare immobili a titolo oneroso ne' stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni piu' vantaggiose, la disponibilita' di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilita' di immobili venduti[...]". Anche tale norma, qualora fosse applicabile alla Provincia e agli enti locali trentini, sarebbe illegittima per le medesime ragioni illustrate con riferimento all'art. 12, comma 1-ter, poiche' anch'essa e' una norma dettagliata di coordinamento della finanza pubblica, direttamente applicabile. 5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 141, 142, 143 e 146. L'art. 1, comma 141, legge 228/2012 stabilisce quanto segue: "ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle vigenti disposizioni, negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) [...] non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l'acquisto di mobili e arredi, salvo che l'acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso il collegio dei revisori dei conti o l'ufficio centrale di bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che devono essere superiori alla minore spesa derivante dall'attuazione del presente comma. La violazione della presente disposizione e' valutabile ai fini della responsabilita' amministrativa e disciplinare dei dirigenti". Il comma 142, dal canto suo, dispone che "le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141 sono versate annualmente, entro il 30 giugno di ciascun anno, dagli enti e dalle amministrazioni dotate di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Il presente comma non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trenta e di Bolzano e dagli enti locali". In base al comma 143, "ferme restando le misure di contenimento della spesa gia' previste dalle disposizioni vigenti, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2014, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 141 non possono acquistare autovetture ne' possono stipulare contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture. Le relative procedure di acquisto iniziate a decorrere dal 9 ottobre 2012 sono revocate". Il comma 144 precisa che "le disposizioni dei commi da 141 a 143 non si applicano per gli acquisti effettuati per le esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza". Il comma 145 dispone che "per le regioni l'applicazione dei commi da 141 a 144 costituisce condizione per l'erogazione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174". Infine, il comma 146 stabilisce che "le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,[...] possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione della disposizione di cui al presente comma e' valutabile ai fini della responsabilita' amministrativa e disciplinare dei dirigenti". I commi 141, 143 e 146 sono norme dettagliate di coordinamento finanziario, che limitano voci ultra-minute di spesa (acquisto di mobili e arredi, compravendite e contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture, consulenze in materia informatica). Si tratta di norme direttamente applicabili e, nel caso del comma 146, non temporanee (mentre i commi 141 e 143 fissano un limite temporale). Dunque, qualora tali norme fossero ritenute applicabili alla Provincia e agli enti locali trentini (nonostante la clausola di salvaguardia di cui all'art. 1, comma 554), esse sarebbero illegittime per le ragioni illustrate sopra con riferimento al comma 138, che si intendono qui richiamate. Quanto al comma 142, esso "non si applica agli enti e agli organismi vigilati dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali" e, quindi, si puo' ritenere che, a maggior ragione, esso non dovrebbe applicarsi alla Provincia di Trento e agli enti locali trentini (tenendo conto anche del comma 554). Esso dovrebbe intendersi dunque nel senso che - essendo la Provincia autonoma gia' tutelata dalla clausola di salvaguardia - non vi era bisogno per essa di specificare la non applicazione. Nel caso in cui, invece, esso sia inteso come rivolto anche alle Province autonome e agli enti locali situati nel loro territorio, si dovrebbe censurare l'obbligo di versare "le somme derivanti dalle riduzioni di spesa di cui al comma 141... ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato", in quanto esso si tradurrebbe in un ulteriore contributo a carico dei bilanci provinciali e comunali. La previsione di tale contributo da parte della Provincia violerebbe, da un lato, l'art. 75 Statuto, in quanto parte delle risorse affluite alla Provincia in base a tale norma statutaria sarebbe unilateralmente avocata dal legislatore statale; dall'altro l'art. 79 St., che regola in modo compiuto i modi in cui la Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica, ed il principio dell'accordo in materia finanziaria (si possono qui richiamare anche gli argomenti illustrati nel punto 2 del presente ricorso). In relazione agli enti locali, la previsione del contributo violerebbe, da un lato, l'autonomia finanziaria degli enti locali e la competenza della Provincia in materia di finanza locale (v. gli artt. 80 e 81 dello Statuto e l'art. 17 d.lgs. 268/1992), dall'altro l'art. 79, comma 3, dello Statuto, che attribuisce alla Provincia poteri di coordinamento della finanza pubblica in relazione agli enti locali. 6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 380. A) Premessa. La disciplina dell'Imu e la sottrazione delle risorse al sistema locale. Illegittimita' costituzionale delle lett. b), f), h) e i). Il comma 380 detta diverse norme "al fine di assicurare la spettanza ai Comuni del gettito dell'imposta municipale propria, di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,[...] per gli anni 2013 e 2014". Si tratta, in altre parole, della disciplina e soprattutto della destinazione dell'IMU. Converra' ricordare che l'art. 13 d.l. 201/2011 ha regolato l'Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, stabilendo (comma 1) che l'istituzione di tale imposta "e' anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed e' applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono", e che conseguentemente, "l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria e' fissata al 2015". Il riferimento a "tutti i comuni del territorio nazionale" ha indotto a ritenere che l'art. 13 intenda applicarsi anche nella regione Trentino-Alto Adige, ed in relazione alla relativa disciplina la Provincia autonoma di Trento ha introdotto il ricorso n. 34/2012 tuttora pendente. Quanto al contenuto della disciplina, l'art. 8, comma 1, d.lgs. 23/2011, richiamato dall'art. 13, comma 1, del d.l. 201/11 ora citato, stabilisce che l'imposta municipale propria istituita dallo stesso articolo "sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, e l'imposta comunale sugli immobili". Dunque, l'Imu e' venuta a sostituire - oltre all'ICI, gia' destinata ai Comuni - imposte destinate alla Provincia: o per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 75 Statuto) o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati: va infatti ricordato che, in base all'art. 80, comma 1-ter, St., le addizionali altrimenti comunali spettano alla Provincia, nel quadro della sua complessiva competenza e responsabilita' in materia di finanza locale prevista dall'art. 80, comma 1, St. Ora, se lo Stato si fosse limitato a rinunciare, in favore della finanza comunale, a determinati tributi, non vi sarebbe nulla da eccepire. Ma se, come avviene nel vigente disegno normativo dell'IMU, il reddito dell'imposta "municipale" viene assegnato allo Stato, ne risulta una violazione dello Statuto, che determina un complessivo impoverimento del sistema locale: dietro la "municipalizzazione", infatti, vi e' sempre l'imposta erariale, soltanto che il suo gettito viene sottratto alla Provincia autonoma, con evidente sostanziale violazione dell'art. 75 dello Statuto. Cio' e' avvenuto con le disposizioni dell'art. 13 d.l. 201/2011 (che percio', come detto, e' stato impugnato da questa Provincia)) e accade ora con le disposizioni dell'art. 1, comma 380, del quale tocca ora esaminare il contenuto specifico. La lett. a) - che non e' qui impugnata - sopprime "la riserva allo Stato di cui al comma 11 del citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011". Il comma 11 riservava "allo Stato la quota di imposta pari alla meta' dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze..., l'aliquota di base". La lett. b) istituisce, "nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarieta' comunale che e' alimentato con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, di cui al citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, definita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Citta' ed autonomie locali, da emanare entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014", E' stabilito che in caso "di mancato accordo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e' comunque emanato entro i 15 giorni successivi". L'ammontare iniziale "del predetto Fondo e' pari, per l'anno 2013, a 4.717,9 milioni di euro e, per l'anno 2014, a 4.145,9 milioni di euro". Corrispondentemente, "nei predetti esercizi e' versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni". Dal comma 382 risulta che il dispone che il Fondo di solidarieta' comunale e' ripartito tra i comuni delle Regioni a statuto ordinario e i comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna. La lett. f) riserva "allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento". La lett. h) abroga l'art. 13, comma 11, d.l. 201/2011 e l'art. 2, commi 3 e 7, d.l. 23/2011; inoltre, precisa che "per gli anni 2013 e 2014 non operano i commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9 del medesimo articolo 2" e che "il comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano". Infine, la lett. i) stabilisce che "gli importi relativi alle lettere a), c), e) ed possono essere modificati a seguito della verifica del gettito dell'imposta municipale propria riscontrato per il 2012, da effettuarsi ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 dell'Accordo del 1° marzo 2012 presso la Conferenza Stato citta' e autonomie locali". Cosi' descritti i contenuti dell'art. 1, comma 380, occorre ora esaminare in quali parti essi incidano sull'autonomia finanziaria. Non e' chiaro se riguardi il territorio provinciale il "Fondo di solidarieta' comunale" alimentato "con una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni", di cui alla lett. b), Infatti, dato che dal comma 382 risulta che esso viene ripartito "ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ed ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna", si deve supporre, che esso non sia alimentato con l'imposta spettante ai comuni delle Regioni escluse dal riparto, tra le quali la Provincia di Trento. Tuttavia, il succitato comma 380, lett. b), non stabilisce espressamente cio': percio', esso deve venire qui impugnato in via cautelativa, per il caso in cui la disposizione dovesse intendersi nel senso che anche i comuni trentini debbano contribuire al Fondo di solidarieta' comunale. Riguarda invece sicuramente la Provincia di Trento ed i suoi comuni la disposizione di cui alla lett. f) riserva "allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento". Ad avviso della Provincia, tale riserva e' illegittima per le ragioni che di seguito si esporranno. Poiche' gli importi di cui (tra l'altro) alla lett. f) possono essere modificati ai sensi della lett. i), anche questa e' impugnata. Inoltre, secondo la lett. h) "il comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Eriuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano". Si tratta della disposizione secondo la quale lo Stato si appropria di' tutto il maggior gettito, cioe' ogni importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni della provincia di Trento in base alle norme previgenti: e lo fa acquisendo tali fondi dalla Provincia. Infatti, il comma 17, terzo periodo, dispone - in relazione alle autonomie speciali competenti in materia di finanza locale - che "con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio". Ed il quarto periodo precisa che, "fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo". Il quinto periodo, infine, prevede che "l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di euro, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro". E sembra da ritenere che al di la' dell'oscuro riferimento alla "riduzione del recupero" - i numeri indicati rappresentino la quantificazione del "recupero" a carico delle autonomie speciali. Tale disposizione e' gia' stata contestata con il ricorso n. 34/2012, e per le corrispondenti ragioni deve essere impugnata anche con il presente ricorso. In sintesi, del comma 380 sono qui impugnati: la lett. b) in via cautelativa; la lett. f) e - in quanto collegata ad essa - la lett. i); la lett. h), in quanto confermativa del regime del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011. Tutte le norme impugnate determinano una attribuzione allo Stato - o in via diretta attraverso la riserva di cui alla lettera f), o in via indiretta attraverso i meccanismi del Fondo di solidarieta' di cui alla lettera b), qualora non si accolga l'interpretazione sopra prospettata - di risorse devolute al sistema finanziario locale. Nel caso del Fondo di solidarieta', le risorse "tornano" ai comuni, ma non a quelli trentini, per cui resta fermo che la lett. b) - se intesa in senso lesivo - determinerebbe una sottrazione di risorse che spettano al sistema trentino in base allo Statuto e alle norme di attuazione. Inoltre, ove il Fondo di solidarieta' fosse alimentato dalle risorse dei Comuni trentini, sarebbe illegittima l'omissione della partecipazione della Provincia di Trento all'accordo sulla dimensione della contribuzione, in quanto lesiva sia dell'autonomia finanziaria provinciale sia della competenza istituzionale in materia di finanza locale; e sarebbe illegittimo altresi' il meccanismo che prevede che in caso di mancato accordo il decreto sia emanato nei 15 giorni successivi, senza alcun meccanismo di composizione del dissenso, dato che cio' rende il raggiungimento dell'accordo meramente potestativo da parte dello Stato, come e' stato sancito anche da codesta Corte costituzionale con le sentenze n. 179/2012 e n. 121 del 2010. Infine, come visto, la lett. h) tiene ferma l'applicazione dell'art. 13, comma 17, d.l. 201/2011 nella provincia di Trento. In relazione alla Provincia di Trento, dunque, la nuova disciplina conserva le caratteristiche e il contenuto sostanziale della precedente, gia' impugnata. Lo Stato ha provveduto a ristrutturare le imposte "immobiliari" e a rideterminare le basi imponibili, ma - nel periodo 2013-2014 - i maggiori incassi derivanti da questa operazione sono interamente destinati allo Stato, il quale in parte li riceve direttamente dai contribuenti in base alla riserva di cui al comma 380, lett. f), in parte li riceve dalla Provincia con i meccanismi di "recupero" o "accantonamento" di cui all'art. 13, comma 17, d.l. 201/2011, e in parte dai comuni (per il Fondo di solidarieta' di cui alla lett. b, ove questa risultasse applicabile). Come gia' accennato, l'Imu sostituisce - oltre all'ICI, gia' destinata ai Comuni - imposte destinate alla Provincia in base allo Statuto: o per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati (art. 75 Statuto) o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari degli immobili non locati: va infatti ricordato che, in base all'art. 80, comma 1-ter, St., le addizionali altrimenti comunali spettano alla Provincia, nel quadro della sua complessiva competenza e responsabilita' in materia di finanza locale prevista dall'art. 80, comma 1, St. e dall'art. 81, comma 2, St. ("Allo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento delle finalita' e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento e di Bolzano corrispondono ai comuni stessi idonei mezzi finanziari, da concordare fra il Presidente della relativa Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni"). In questi termini, attraverso una nominalistica comunalizzazione dei tributi immobiliari si realizza il transito delle corrispondenti risorse dal bilancio provinciale al bilancio statale, per effetto delle norme di cui alle lett. b), f) e h). La Provincia, che prima "integrava" la finanza locale avvalendosi delle predette risorse, ora ne e' priva ma dovra' comunque far fronte alle necessita' finanziarie dei comuni (art. 81, comma 2, St.), e dovrebbe contestualmente versare allo Stato proprie risorse in misura corrispondente alle maggiori entrate dei Comuni, o comunque in misura corrispondente a quella a priori determinata dall'art. 13, comma 17, d.l. 201/2011. In un sistema nel quale la Provincia ha la responsabilita' complessiva della finanza locale, la sottrazione ai comuni delle risorse derivanti dalle imposte ad essi destinate costituisce contemporaneamente una lesione dell'autonomia finanziaria provinciale: in questi termini, la devoluzione di parte dell'Imu allo Stato viola lo Statuto (artt. 80 e 81) anche in relazione alle risorse sostitutive dell'Ici, cioe' dell'imposta che affluiva ai comuni. Dunque, le lett. b), f) e h) (e la collegata lett. i) violano gli artt. 75, 80, comma 1 e comma 1-ter, e 81, comma 2, St. in quanto attribuiscono allo Stato risorse che spettano alla Provincia (per nove decimi, come l'Irpef relativa ai redditi fondiari degli immobili non locati - art. 75 St. - o interamente, come le addizionali provinciale e comunale relative ai redditi fondiari: art. 80, comma 1-ter, St.) o che rappresentano una componente essenziale della finanza comunale, con ripercussioni sulla responsabilita' provinciale in materia (art. 81, comma 2, St.). Inoltre, la lett. f) e la lett. h) violano l'articolo 79 St., che definisce in modo completo i termini e le modalita' del concorso delle Province autonome e degli enti locali trentini al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale. Infatti, la devoluzione di parte dell'Imu al bilancio statale rappresenta una misura di concorso al raggiungimento degli obiettivi finanziari dello Stato (su cio' v. amplius infra, punto C). Le norme in questione violano anche gli artt. 9, 10 e 10-bis del d.lgs. 268/1992, perche' riservano allo Stato parte del gettito Imu in assenza dei presupposti previsti dalle succitate norme di attuazione (su cio' v. amplius infra, punto B). Infine, tutte le norme impugnate violano il principio dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e Regioni speciali in materia finanziaria (Corte costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000). In particolare per questa Provincia la Corte costituzionale (sentenza n. 133 del 2010) ha ribadito che i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome sono regolati secondo procedure paritetiche garantite a norma degli articoli 103, 104 e 107 dello Statuto speciale. 8) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. f) e lett. i). Come sopra esposto, il comma 380, lett. f) riserva "allo Stato il gettito dell'imposta municipale propria..., derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo, del citato articolo 13". In base al comma 380, lett. g), "i comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal comma 6, primo periodo del citato articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D". Dunque, l'Imu derivante dagli immobili produttivi e' versata direttamente allo Stato, che regola anche la possibilita' dei comuni di aumentare l'aliquota. L'art. 75 dello Statuto speciale dispone che "sono attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali:... g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici". Dunque, la quota di Imu riservata allo Stato dalla lett. f) rientra tra le "entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate", di cui all'art. 75, comma 1, lett. g), St. Infatti, il senso della disposizione statutaria e' esattamente quello di riservare al sistema locale i nove decimi di tutte le entrate tributarie destinate in via generale allo Stato. In questi termini, i nove decimi di essa sono destinati alla Provincia, ai sensi dell'art. 75 Statuto: ma la lett. f) contraddice tale destinazione, e la clausola di salvaguardia di cui al comma 554 non e' in grado di garantire un'applicazione della lett. f) conforme a Statuto. Percio' la lett. f) si pone in contrasto con l'art. 75, comma l, lett. g) dello Statuto. La fondatezza della censura sopra esposta non potrebbe essere contestata facendo valere la clausola di possibile riserva all'erario statale prevista dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. 268/1992. Per quanto qui rileva, infatti, l'art. 9 di tale decreto dispone che "il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile"; si aggiunge poi che "fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis". Per una piu' completa comprensione di questa clausola conviene ricordare che l'art. 10 regolava la "quota variabile" di cui all'art. 78 dello Statuto, quota che e' stata soppressa dall'art. 1, comma 107, della legge n. 191 del 2009 (comma emanato ai sensi dell'art. 104 dello Statuto di autonomia), come parte del contributo delle Province autonome al conseguimento degli obbiettivi di perequazione e di stabilita'. In relazione ad essa il comma 6 dell'art. 10 stabiliva che "una quota del previsto incremento del gettito tributario, escludendo comunque gli incrementi derivanti dall'evoluzione tendenziale, spettante alle province autonome e derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica previste dalla legge finanziaria e dai relativi provvedimenti collegati, nonche' dagli altri provvedimenti legislativi aventi le medesime finalita' e non considerati ai fini della determinazione dell'accordo relativo all'esercizio finanziario precedente, da valutarsi al netto delle eventuali previsioni di riduzione di gettito conseguenti all'applicazione di norme connesse, puo' essere destinata, limitatamente agli esercizi previsti dall'accordo, al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica previsti dai precedenti provvedimenti". A sua volta, l'art. 10-bis dispone che "entro la data di cui al comma 2 dell'art. 10 e' altresi' definito l'accordo tra il Governo e il presidente della giunta regionale che individua: a) la quota da destinare al bilancio dello Stato del gettito tributario derivante da maggiorazioni di aliquote di tributi o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, delle spese di cui all'art. 9, qualora il predetto gettito non risulti distintamente contabilizzato nel bilancio dello Stato, ovvero temporalmente delimitato; b) l'eventuale quota delle spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione, che rimane a carico del bilancio della regione medesima, in relazione alle disposizioni di cui al comma 6 dell'art. 10, da determinarsi nei limiti del previsto incremento del gettito tributario derivante dalle manovre correttive di finanza pubblica, nonche' tenuto conto della quota di cui alla lettera a)". In altre parole, sin da prima della modifica dello Statuto concordata nel 2009 tra lo Stato e la Regione e le Province autonome (e tradotta - a termini dell'art. 104 dello Statuto - nelle pertinenti disposizioni della legge n. 191 del 2009) solo attraverso lo strumento dell'accordo possono essere riservate risorse allo Stato, secondo le disposizioni degli artt. 10 e 10-bis dello stesso d.lgs. n. 268/1992, al di fuori dei rigorosi presupposti per la riserva all'erario di cui all'art. 9 del d.lgs. 268/1992. Ad avviso della ricorrente Provincia risulta evidente che in relazione alla quota erariale dell'Imu non sussistono i requisiti posti dall'art. 9 d.lgs. 268/1992 per la riserva all'erario del "gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". Tali requisiti sono stati sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010, secondo la quale "tale articolo richiede, per la legittimita' della riserva statale, che: a) detta riserva sia giustificata da «finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del 1992, e cioe' da finalita' diverse tanto dal «raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6) quanto dalla copertura di «spese derivanti dall'esercizio delle funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1, lettera b); b) il gettito sia destinato per legge «alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali»; e) il gettito sia «temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»". Ora, il comma 380, lett. f) non contiene alcuna specifica destinazione, ne' alcuna ulteriore particolare disposizione che possa riferirsi all'applicazione dell'art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992: sicche' da questo punto di vista e' chiara l'illegittimita' della riserva. La lett. i), secondo la quale "gli importi relativi alle lettere a), c), e) ed f) possono essere modificati a seguito della verifica del gettito dell'imposta municipale propria riscontrato per il 2012, da effettuarsi ai sensi del comma 3 dell'articolo 5 dell'Accordo del 1° marzo 2012 presso la Conferenza Stato citta' e autonomie locali", e' del tutto incomprensibile in relazione alle lett. a) ed e), le quali si limitano a sopprimere riserve o fondi. Qui interessa comunque quanto essa dispone in collegamento con la lett. f): cosi' disponendo, infatti, essa rende del tutto incerto il contenuto della disposizione, con violazione del principio della certezza del diritto. Inoltre l'illegittimita' della stessa riserva di cui alla lett. f), sopra illustrata, comporta l'illegittimita' anche della facolta' di cui alla lett. i). C) Specifica illegittimita' costituzionale del comma 380, lett. h). Come visto, il comma 380, lett. h) stabilisce che "il comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 continua ad applicarsi nei soli territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano". L'art. 13, comma 17, terzo periodo prevede che "con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio". Il quarto periodo aggiunge che, "fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo". In base al quinto periodo, "l'importo complessivo della riduzione del recupero di cui al presente comma e' pari per l'anno 2012 a 1.627 milioni di curo, per l'anno 2013 a 1.762,4 milioni di euro e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro". Come detto, tali norme sono state impugnate con il ricorso 34/2012. Dunque, lo Stato non solo trattiene direttamente una parte dell'Imu come entrata erariale (in base alla lett. f), ma vorrebbe incamerare dalla Provincia anche tutto l'importo eccedente le entrate che affluivano ai comuni in base alle norme previgenti. Si noti che - come gia' rilevato con il ricorso 34/2011 - il comma 17 e' formulato in modo tale da poter essere inteso nel senso che l'importo Imu non debba essere confrontato con l'importo 2011 dei tributi sostituiti ma solo con l'importo dei tributi comunali sostituiti (cioe', l'Ici 2011). Se cosi fosse, il taglio delle risorse assumerebbe un carattere del tutto particolare rispetto alla Provincia di Trento (ed ovviamente a quella di Bolzano). Infatti, delle tre componenti sostituite dall'Imu (cioe' l'Irpef fondiaria, le addizionali provinciali e comunali e l'ICI), soltanto l'ICI era precedentemente destinata direttamente ai comuni, mentre sia le risorse derivanti dall'Irpef fondiaria che quelle derivanti dalle addizionali pervenivano poi ai comuni per il tramite del finanziamento provinciale. Ne risulta che - concentrata la fiscalita' nell'Imu - il "maggior gettito stimato dei comuni" della Provincia sara' particolarmente elevato, comprendendo anche il gettito dei tributi che prima costituivano entrate della Provincia. Se cosi' fosse, la Provincia e i suoi enti locali risulterebbero depauperati: dei nove decimi dell'Irpef sui redditi immobiliari, soppressi; delle addizionali provinciale e comunale precedentemente previste (la seconda era incassata dalla Provincia in luogo dei comuni); Inoltre, il comma 17 potrebbe essere interpretato anche nel senso che dal gettito precedente sia esclusa la somma che perveniva ai comuni (tramite le Province autonome) ai sensi dell'art. 1, comma 4, d.l. 98/2008, che aveva previsto un fondo sostituivo delle entrate comunali relative all'ICI sull'abitazione principale (norma ora abrogata dall'art. 13, comma 14, lett. a), del d.l. n. 201 del 2011). Se cosi' fosse, ne risulterebbe un ulteriore rilevante depauperamento del sistema provinciale. Il terzo e quarto periodo del comma 17 violano l'art. 75 St. e gli artt. 9 e 10 d.lgs. 268/1992 perche' pretendono di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al di fuori dei casi previsti. Cio' e' vero sia nel caso in cui si ritenga che il comma 17 produca l'effetto di avocare allo Stato le risorse che prima spettavano alla Provincia a titolo di compartecipazione all'Irpef fondiaria (art. 75 St.) e di addizionali provinciale e comunale (art. 80, comma 1-ter), sia nel caso in cui si ritenga che la Provincia dovrebbe assicurare il recupero allo Stato del maggior gettito con le proprie risorse ordinarie, per cui il comma 17 produce l'effetto di "far tornare" nelle casse statali risorse spettanti alla Provincia e ad essa affluite in attuazione delle regole finanziarie poste dallo Statuto e dalle norme di attuazione (comma 17, terzo periodo). Inoltre, essi violano l'art. 79 St. perche' l'avocazione e' disposta con il fine del concorso al risanamento della finanza pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di concorso delle Province agli obiettivi di finanza pubblica, non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto. In particolare, l'art. 79, comma 1, fissa gli strumenti con i quali le Province concorrono "al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale", ed il comma 2 precisa che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1". Il comma 3 stabilisce che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo", e attribuisce alle Province poteri di coordinamento della finanza pubblica in relazione agli enti locali, precisando che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Infine, il comma 4 dispone che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo". Ancora, il terzo e quarto periodo del comma 17 violano gli artt. 103, 104 e 107 St., proprio perche' pretendono di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs. 268/1992 con una fonte primaria "ordinaria". L'art. 107 St. e' violato anche perche' il comma 17, terzo periodo, pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. Una menzione separata e specifica richiede l'illegittimita' del quarto periodo del comma 17 che prevede lo "accantonamento" delle quote di compartecipazione previste dall'art. 75 Statuto. Va rilevato, infatti, che tale "accantonamento" contrasta anch'esso frontalmente con l'art. 75 dello Statuto e con l'intero sistema finanziario della Provincia da esso istituito. E' evidente, infatti, che le risorse che lo Statuto prevede come entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e non perche' esse vengano "accantonate". L'istituto dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza alcuna. Inoltre, l'illegittimita' del trasferimento previsto determina anche l'illegittimita' dell'accantonamento disposto nella prospettiva del trasferimento. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 448. Il comma 448 dispone che, "ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 449 a 472, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione". Il comma 448 mira ad assimilare la Provincia di Trento alle Regioni ordinarie e alle altre Regioni speciali, assoggettandola alle disposizioni dettate dalla legge 228/2012 in materia di patto di stabilita'. Si e' gia' visto, pero' (v. il punto 6, lett. C), che l'art. 79 dello Statuto, introdotto a seguito di esplicito accordo con lo Stato, concluso ai sensi dell'art. 104 dello stesso Statuto, disciplina in modo specifico la posizione delle Province autonome di Trento e di Bolzano e regola in modo completo le modalita' con cui le Province autonome concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, precisando in modo espresso che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1", che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale" (comma 3) e che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo" (comma 4). Il comma 448 si pone in chiaro e netto contrasto con l'art. 79 St. Il legislatore ordinario non puo' alterare unilateralmente l'assetto dei rapporti in materia finanziaria disegnato dallo Statuto, assimilando la posizione delle Province autonome - regolate da disciplina speciale - a quella delle Regioni ordinarie. Del resto, tutto il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e' dominato dal principio dell'accordo, pienamente riconosciuto nella giurisprudenza costituzionale: v. le sentt. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010. Inoltre, il comma 448 viola l'art. 2 d.lgs. 266/1992, in quanto esso presuppone la diretta applicabilita' delle norme richiamate, mentre il d.lgs. 266/1992 esclude la diretta applicazione delle norme statali in materia provinciale (come il coordinamento della finanza pubblica). L'esistenza di un mero dovere di adeguamento alle leggi statali aventi finalita' di coordinamento della finanza pubblica e' ribadita dallo stesso art. 79, comma 4, dello Statuto speciale: "La regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5". Ne' il comma 448 potrebbe fondarsi sul riferimento alla "tutela dell'unita' economica della Repubblica", che evoca il potere sostitutivo di cui all'art. 120 Cost.: basti dire che, per le materie statutarie (il coordinamento della finanza pubblica era materia concorrente gia' nel sistema statutario), restano fermi i poteri sostitutivi previsti dalle norme di attuazione (art. 8 d.P.R. 526/1987), come chiarito da codesta Corte nella sent. 236/2004. D'altronde, il rinvio generico fatto ai commi da 449 a 472 risulta chiaramente incongruo, se si analizza il loro contenuto. In particolare, i commi da 449 a 453 si rivolgono espressamente alle sole Regioni ordinarie e l'estensione dei vincoli che esse pongono alle autonomie speciali in quanto "costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica" contraddice il regime specifico di cui tali autonomie - e in ogni caso la ricorrente Provincia - godono secondo lo Statuto. Il comma 454 esclude espressamente la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano dal proprio ambito di applicazione. Invece, i commi da 455 a 457, 459, nonche' da 461 a 465 si rivolgono anche o solo alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, e sono specificamente impugnati nei punti che seguono. 8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 455 e 456. Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...; d) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". A tale fine, "entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio,... gli obiettivi della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455". Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Provincia ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo programmatico e' "determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, comma 3, primo periodo dello Statuto (secondo il quale "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno. Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010). Ancora, le norme sono affette da irragionevolezza in quanto internamente contraddittorie, perche' da un lato prevedono un accordo e, dall'altro, lo vanificano tramite una definizione aprioristica del suo contenuto. I commi 455 e 456 contraddicono anche il comma 458, in base al quale "l'attuazione dei commi 454, 455 e 457 avviene nel rispetto degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano e delle relative norme di attuazione". La Provincia e' legittimata a far valere il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) perche' le norme impugnate rientrano in materia provinciale (coordinamento della finanza pubblica) e incidono sull'autonomia finanziaria della Provincia. Il comma 456, in particolare, ha per effetto la vanificazione della previsione di un'intesa di natura forte con lo Stato, prevedendo che al "mancato accordo" segua la determinazione unilaterale (predefinita dalla legge) degli obiettivi finanziari. Cio' implica violazione del principio di leale collaborazione, che si declina nell'art. 79, comma 3, primo periodo e nelle norme che richiedono il consenso della Provincia per la disciplina dei rapporti finanziari con lo Stato (artt. 104 e 107 Statuto speciale). Il legislatore statale non puo' prevedere che la possibilita' di una decisione unilaterale scatti semplicemente "in caso di mancato accordo", dato che cio' "vanifica la previsione dell'intesa, in quanto attribuisce ad una delle parti 'un ruolo preminente, incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata [...] dalla paritaria codeterminazione dell'atto"' (sent. 121/2010); e' invece necessario, come messo in luce dalla giurisprudenza costituzionale, che il legislatore preveda meccanismi paritetici volti a superare il dissenso (sent. 383/2005). Ma il punto decisivo e' che comunque - come sopra esposto - di fronte al vincolo posto dall'art. 79, comma 3, dello Statuto, liberamente e volontariamente posto dallo Stato ad un livello superiore a quello della legislazione ordinaria, tale legislatore ordinario non puo' neppure esso stabilire una propria disciplina per il caso di mancato accordo. Per esercitare un potere unilaterale lo Stato deve utilizzare una fonte di rango pari o superiore allo Statuto speciale, secondo le regole proprie delle sue diverse parti. E non occorre ricordare che lo Statuto speciale e' esso stesso una fonte statale, in parte di livello costituzionale, in parte - con riferimento al Titolo VI - di livello subcostituzionale, ma comunque superiore alla legge ordinaria. 9) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 457. Il comma 457 stabilisce che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che esercitano in via esclusiva le funzioni in materia di finanza locale definiscono, per gli enti locali dei rispettivi territori, nell'ambito degli accordi di cui ai commi 454 e 455, le modalita' attuative del patto di stabilita' interno mediante l'esercizio delle competenze alle stesse attribuite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione e fermo restando l'obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183". Inoltre, il comma 457 dispone che, "in caso di mancato accordo, si applicano, per gli enti locali di cui al presente comma, le disposizioni previste in materia di patto di stabilita' interno per gli enti locali del restante territorio nazionale". Anche tale disposizione risulta illegittima, come puo' essere evidenziato sotto tre profili. In primo luogo, essa prevede che la Provincia definisca il patto di stabilita' per gli enti locali "nell'ambito degli accordi ci cui ai commi 454 e 455", il che non e' conforme allo Statuto: ne' all'art. 79, comma 3 (secondo il quale spetta alla Provincia il potere di "stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali"), ne' agli artt. 80 e 81 (che prevedono la potesta' legislativa concorrente in materia di finanza locale e un principio di accordo con i comuni); inoltre e' violato l'art. 17 d.lgs. 268/1992 (che affida alla legge provinciale "i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale"). Sono tali disposizioni - e non gli "accordi di cui ai commi 454 e 455 - a definire il quadro entro il quale le Province definiscono il patto di stabilita' per i rispettivi enti locali. Inoltre, l'illegittimita' del comma 455 (il comma 454 non riguarda la ricorrente Provincia) si riverbera in via derivata sul comma 457. Si noti che la Provincia di Trento esercita da anni la propria competenza in materia di finanza locale sulla base dell'art. 3 l.p. 36/1993, che - correttamente e legittimamente attuando le citate disposizioni - precisa che "in sede di definizione dell'accordo previsto dall'articolo 81 dello Statuto speciale sono stabilite, oltre alla quantita' delle risorse finanziarie da trasferire ai comuni e agli altri enti locali, le misure necessarie a garantire il coordinamento della finanza comunale e quella provinciale, con particolare riferimento alle misure previste dalla legge finanziaria per il perseguimento degli obiettivi della finanza provinciale correlati al patto di stabilita' interno". Inoltre, il comma 457 assoggetta anche gli enti locali del territorio della Provincia autonoma allo "obiettivo complessivamente determinato in applicazione dell'articolo 31" per gli enti locali del restante territorio nazionale. Ma cio' si pone in primo luogo in contrasto con la gia' citata clausola di salvaguardia di cui al comma 458: contrasto che - data la puntualita' della disposizione impugnata - non sembra possa essere superato in via di interpretazione del comma 457. Inoltre cio' si pone in contrasto con l'art. 79, comma 3, St., che attribuisce alle Province, "fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica", il potere di "stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali". Ne' l'obiettivo complessivo del patto di stabilita' relativo agli enti locali delle regioni ordinarie (art. 31 legge 183/2011), richiamato nel comma 457, puo' essere confuso o identificato con gli "obiettivi complessivi di finanza pubblica" di cui all'art. 79, comma 3, St., che attengono ai limiti definiti consensualmente per il sistema provinciale. Infine, il comma 457 e' illegittimo anche la' dove regola la fattispecie del mancato accordo, stabilendo che in caso di mancato accordo si applichino le regole stabilite per gli enti locali del restante territorio nazionale: disposizione che frontalmente contrasta con l'espressa previsione dell'art. 79, comma 3, secondo cui "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Inoltre, valgono le medesime ragioni gia' illustrate a proposito dell'analoga nonna contenuta nel comma 456, che sia consentito qui di richiamare. Ancora, la diretta applicazione agli enti locali della provincia di norme statali contraddice l'esclusiva responsabilita' della Provincia per il coordinamento finanziario degli enti locali (art. 79, comma 3, secondo periodo, dello Statuto), la competenza legislativa provinciale in materia di finanza locale (artt. 80 e 81 St. e art. 17, comma 3, d.lgs. 268/1992), e l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che subordina la diretta applicazione di sopravvenute norme statali all'accertamento da parte di codesta ecc.ma Corte costituzionale del mancato adeguamento della legislazione provinciale. 10) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 459. Il comma 459 dispone che "le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono al riequilibrio della finanza pubblica, oltre che nei modi stabiliti dai commi 454, 455 e 457, anche con misure finalizzate a produrre un risparmio per il bilancio dello Stato, mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali, attraverso l'emanazione, con le modalita' stabilite dai rispettivi statuti, di specifiche norme di attuazione statutaria; tali norme di attuazione precisano le modalita' e l'entita' dei risparmi per il bilancio dello Stato da ottenere in modo permanente o comunque per annualita' definite". Anche tale disposizione eccede la competenza del legislatore ordinario. Infatti, la fattispecie dell'assunzione di funzioni statali e' anch'essa disciplinata dall'art. 79 dello Statuto, il quale dispone che "le province concorrono... all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale:... c) con il concorso finanziario ulteriore al riequilibrio della finanza pubblica mediante l'assunzione di oneri relativi all'esercizio di funzioni statali, anche delegate, definite d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, nonche' con il finanziamento di iniziative e di progetti, relativi anche ai territori confinanti, complessivamente in misura pari a 100 milioni di curo annui a decorrere dall'anno 2010 per ciascuna provincia". Nel comma 2 si aggiunge che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1". Poiche' e' pacifico che il legislatore ordinario non puo' sovrapporsi alla speciale disciplina dettata dallo Statuto, se non con la procedura di cui all'art. 104 St., ne risulta in modo piano l'illegittimita' della disposizione impugnata. Il comma 459 viola anche l'art. 107 St., perche' pretende di vincolare, in parte, il contenuto delle norme di attuazione statutaria. 11) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 461-465. I commi da 461 a 465 prevedono le condizioni per l'adempimento del patto di stabilita', i casi di inadempimento e le relative sanzioni, anche in relazione alla Provincia di Trento. Il comma 461 dispone che, "ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno, ciascuna regione e provincia autonoma e' tenuta ad inviare, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, ai Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo i prospetti e con le modalita' definite dal decreto di cui al comma 460". La disposizione prosegue statuendo che "la mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento al patto di stabilita' interno"; nel caso "in cui la certificazione, sebbene trasmessa in ritardo, attesti il rispetto del patto, si applicano le sole disposizioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149". Il comma 462 stabilisce quanto segue: "In caso di mancato rispetto del patto di stabilita' interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza: a) e' tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilita' interno, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. Dal 2013, per gli enti per i quali il patto di stabilita' interno e' riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di competenza eurocompatibile o di competenza finanziaria. In caso di mancato versamento si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita[...]; b) non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; c) non puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilita' interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non puo' procedere al finanziamento o a] collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione; d) non puo' procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresi' divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione; e) e' tenuta a rideterminare le indennita' di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010". Il comma 463 dispone che "le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che si trovano nelle condizioni indicate dall'ultimo periodo dell'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, si considerano adempienti al patto di stabilita' interno se, nell'anno successivo: a) non impegnano spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio; b) non ricorrono all'indebitamento per gli investimenti; c) non procedono ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto"; dispone ancora che "e' fatto, altresi', divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione", che "a tal fine, il rappresentante legale e il responsabile del servizio finanziario certificano trimestralmente il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a) e b) e di cui alla presente lettera", e che "la certificazione e' trasmessa, entro i dieci giorni successivi al termine di ciascun trimestre, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato"; che "in caso di mancata trasmissione della certificazione, le regioni si considerano inadempienti al patto di stabilita' interno", e che "lo stato di inadempienza e le sanzioni previste, ivi compresa quella di cui all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, hanno effetto decorso il termine perentorio previsto per l'invio della certificazione". In base al comma 464, "alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, per le quali la violazione del patto di stabilita' interno sia accertata successivamente all'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, si applicano, nell'anno successivo a quello in cui e' stato accertato il mancato rispetto del patto di stabilita' interno, le sanzioni di cui al comma 462"; e' inoltre disposto che "in tali casi, la comunicazione della violazione del patto e' effettuata al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato entro 30 giorni dall'accertamento della violazione da parte degli uffici dell'ente". Infine, in base al comma 465 "i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilita' interno sono nulli". Ad avviso della ricorrente Provincia anche tali disposizioni sono illegittime per violazione dell'art. 79 St., che pone le regole per la definizione del patto di stabilita', precisando che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale" (comma 3) e in particolare che "le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo" (comma 4). E' evidente, nella disposizione concordata dell'art. 79 Statuto, l'intento di creare una disciplina del patto di stabilita' completa e completamente sostitutiva della normativa statale ordinaria concernente il patto di stabilita', codificando la permanente specialita', sotto questo profilo, della Regione Trentino-Alto/Südtirol. Ugualmente, e' evidente che le disposizioni qui impugnate sono "relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno" e che dunque esse "non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province" e sono "sostituite da quanto previsto dal presente articolo": in questo caso come "in ogni caso", secondo l'espressa previsione dell'art. 79 Statuto. E' dunque illegittima, nelle impugnate disposizioni, la previsione che esse si applichino alla ricorrente Provincia. Posto il quadro statutario, il legislatore statale ordinario, infatti, non puo' definire unilateralmente le condizioni perche' la Provincia sia considerata adempiente al patto di stabilita', le fattispecie di inadempimento e le sanzioni, in violazione del gia' illustrato principio consensuale che domina i rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali e degli artt. 103, 104 e 107 St,, che richiedono o il procedimento di revisione costituzionale o comunque un procedimento concertato per la modifica o attuazione del Titolo VI dello Statuto. Nel caso in cui le norme succitate fossero intese come applicabili anche in relazione agli obblighi concernenti il patto di stabilita' degli enti locali, esse violerebbero l'art. 79, comma 4, dello Statuto (sopra citato) e l'art. 79, comma 3, in base al quale spetta alle Province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali, mentre "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale"; inoltre, viene stabilito che "le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma". Inoltre, sarebbero violati gli artt. 80 e 81 St., che garantiscono competenza legislativa alle Province in materia di finanza locale, e l'art. 17, comma 3, d.lgs. 268/1992, che attribuisce alle Province il potere di disciplinare "con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale". Tale potesta' legislativa e' stata attuata con la l.p. 36/1993, il cui art. 3 - come visto - dispone che "in sede di definizione dell'accordo previsto dall'articolo 81 dello Statuto speciale sono stabilite... le misure necessarie a garantire il coordinamento della finanza comunale e quella provinciale, con particolare riferimento alle misure previste dalla legge finanziaria per il perseguimento degli obiettivi della finanza provinciale correlati al patto di stabilita' interno". Le norme in questione, dunque, pretendono di sovrapporsi con diretta applicabilita' ad una disciplina gia' vigente in provincia, con conseguente violazione dell'art. 2 d.lgs. 266/1992.
P.Q.M. Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, comma 25, lett. b), n. 4, e comma 28; comma 118; comma 132; se ed in quanto riferibili alle Province autonome, commi 138; 141; 142; 143; 146; 380, in particolare lett. b), f), h) e i); 448; 455; 456; 457; 459; da 461 a 465 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2013), nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Padova-Trento, 25 febbraio 2013 Prof. avv. Falcon - avv. Pedrazzoli